mercoledì 16 dicembre 2015

Pacciani era un guardone?

Con questo post inauguriamo l’etichetta nuova "Pacciani", il cui scopo sarà quello di discutere del personaggio prima dell'avvento dei "Compagni di merende", quando veniva visto come serial killer solitario, al massimo favorito dalla connivenza di qualche amichetto. Il lettore ricorderà che in quella veste era stato condannato in primo grado e assolto in secondo. Nel guazzabuglio di sedicenti prove e indizi che avrebbero dovuto dimostrare la sua colpevolezza, l'accusa e i giudici avevano dato grande importanza a una sua presunta attività di guardone, nell'intento di aumentarne la compatibilità con l’assassino delle coppiette. Ma si era trattato di un'operazione grossolana, nella quale si cercava di attribuire al soggetto una generica tendenza a qualsiasi perversione, tra cui incesto con le figlie e violenze sulla Sperduto (queste però soltanto presunte), dimenticando che le perversioni lasciate intravedere dal comportamento del Mostro erano tutt'altra cosa. Aveva scritto dieci anni prima l'equipe De Fazio: 

Vi sono alcuni aspetti delle modalità dell'esecuzione dei delitti che contraddicono l'ipotesi che l'omicida sia essenzialmente un voyeur nel senso usualmente inteso nell'ambito della nosografia delle perversioni, vale dire in termini di struttura psicologica legata alle modalità ed abitudini per il conseguimento dell'eccitazione e della gratificazione sessuale.
Già di per sé il compimento di un duplice atto omicidiario, vale a dire l'estrinsecazione di un atto in cui vengono convogliate ed agite elevate cariche sadistico-aggressive, mal si concilia con la struttura psicologica del voyeur, che è connotata essenzialmente da passività, ed assimilabile perciò in un certo senso alla personalità masochistica, e che nella ricerca di gratificazione sessuale si colloca in una posizione passiva in cui le cariche aggressive (e, se si vuole, sadistiche), sono investite e convertite nell'azione del guardare senza essere visti, nella quale generalmente si appagano e si esauriscono. Inoltre, va considerato che, nei casi in esame, di fatto (casualmente o per scelta dell'autore dei delitti) l'atto sessuale viene generalmente impedito e ciò contrasta con quanto ci si aspetterebbe da un voyeur, vale a dire da una persona che trae la massima eccitazione e la più intensa gratificazione sessuale dall'atto di spiare un rapporto sessuale; in quanto un individuo siffatto indulgerebbe all'attesa del compimento dell'atto sessuale, o del suo pervenire ad una fase avanzata allo scopo di aumentare l'eccitazione sessuale.,
Se ne deve quindi concludere che difficilmente, quantomeno all'epoca dei delitti commessi dall'81 in poi l'omicida ha manifestato abitudini di voyeur.

Da par suo Pacciani respinse sdegnato l’accusa, pronunciando sempre giudizi molto negativi nei confronti di chi aveva quelle abitudini, con una fermezza che avrebbe anche potuto apparire convincente se la sua perenne tendenza a negare sempre tutto non l’avesse già da tempo squalificata. In ogni modo i testimoni portati in aula dall’accusa non parvero troppo affidabili. Se davvero Pacciani si fosse dedicato all'attività di guardone, c'è da scommettere che sarebbero stati trovati testimoni ad abundantiam pronti a dichiarare di averlo notato in atteggiamento sospetto, e non una volta sola. Tutti i guardoni fanno presto a diventare noti per il loro vizietto. Invece per Pacciani furono rintracciate persone che forse l'avevano sorpreso, in un'occasione soltanto, molti anni prima, tantoché alla fin fine che davvero avesse fatto il guardone non apparve per niente dimostrato.
Sull’argomento furono sentite le figlie, che per metter loro le mani addosso il padre portava anche nei boschi. Il PM cercò in ogni modo di scoprire se nell’occasione l'individuo guardava anche delle coppiette, riuscendo a far dire a Rosanna (vedi): “Guardava qualche volta, si, quando c’era questi ragazzini che si baciavano, insomma…”. Un po’ poco per qualificarlo come guardone.
Anche a Giuliano Pucci, un muratore che aveva lavorato in casa Pacciani, Canessa cercò di tirar fuori qualcosa, ma l’uomo, guardone dichiarato, accennò soltanto a racconti di donne spiate mentre facevano il bagno nude in un laghetto, il che non era proprio un comportamento da guardone (vedi).
Maria Antonietta Sperduto, dichiaratasi amante saltuaria dell’uomo per anni (ma non solo di lui, a quanto sembra esercitava una forma casereccia di prostituzione), raccontò di essere stata spiata nella piazzola degli Scopeti mentre era in compagnia di altri uomini (vedi). Ma i monosillabi che il PM le tirò fuori a forza rammentandole precedenti dichiarazioni rilasciate alla polizia non furono per niente convincenti, tanto da far scrivere alla testimone oculare Liliana Elisei, nel suo interessante libroSignori, la Corte: “Più pilotata di così questa teste si muore”.
Un po' più convincente poteva sembrare la deposizione di Romano Pierini (vedi), che una sera del '78-'79, mentre era appartato in auto sulla piazzola di Scopeti con la fidanzata, divenuta poi moglie, sarebbe stato spiato da Pacciani. La difesa contestò la certezza del riconoscimento, in una scena durata pochi istanti e con la torcia del guardone puntata in faccia. In effetti pare difficile che nel buio chi si trova abbagliato riesca a riconoscere chi lo sta abbagliando. La moglie non aveva avuto modo di vedere bene, però avallò la testimonianza di Pierini, poiché lo avrebbe sentito affermare già la sera stessa che l’uomo era Pacciani (vedi). Ma, a giudicare dalle loro deposizioni un po' esitanti, non si può eliminare il sospetto che i due testimoni fossero da porre tra coloro che si erano lasciati andare a una chiacchiera di troppo, nel momento in cui la figura di Pacciani era divenuta famosa. Giunta la voce alle forze dell'ordine, erano stati convocati, e non avevano avuto il coraggio di negare: non per niente la signora affermò di essere stata interrogata da ben quattro o cinque persone, si può immaginare in quale difficile condizione psicologica.
Un’altra teste, Paola Lapini (vedi), raccontò di aver visto gli occhi dell’imputato dietro il lunotto posteriore dell’auto dove si trovava in intimità con un ragazzo non rintracciato, su una piazzola vicina a quella di Scopeti. La donna conosceva Pacciani, ma il riconoscimento, effettuato soltanto attraverso gli occhi, fu ritenuto non del tutto rassicurante dal giudice Ferri, considerati per di più il buio e la brevissima durata della scena. Anche in questo caso pare ragionevole ritenere che la donna fosse stata segnalata alle forze dell’ordine da qualcuno cui doveva aver riferito delle confidenze forse con troppo azzardo.
Bisogna infine raccontare di Benito Acomanni, “il più grande venditore di automobili di Firenze", come lui stesso si definì (vedi). A suo dire, l'uomo era stato protagonista di uno strano episodio, avvenuto prima del febbraio 1981, mentre era appartato di giorno con una ragazza sul suo furgoncino. Un individuo dal fare di guardone, guanti neri, un cappellino con visiera e un paio d’occhiali privi di lenti (“assenza di riflessi sulla superficie vetrosa”, così l’estroso teste spiegò come l’aveva capito) era comparso tra i cespugli, inducendo la coppia ad allontanarsi di vari chilometri. Ma, inforcato un motorino rosso, il presunto guardone li aveva seguiti, e una volta fermi li aveva affrontati con fare minaccioso muovendosi verso di loro “con il ventre proteso verso il terreno”. Per niente impaurito, Acomanni aveva reagito lanciandogli dei sassi, fino a farlo scappare.
Lo strano comportamento dello strano individuo rendeva l’episodio già poco credibile, ma il racconto proseguì con inverosimiglianza ancora maggiore. Nel 1982, infatti, Acomanni si era trovato per caso a tu per tu con Pacciani, che non conosceva, in casa di comuni amici. L’incontro doveva essere stato piuttosto lungo e ravvicinato, se è vero che il contadino lo aveva portato a visitare la propria casa in Piazza del Popolo. Era trascorso appena un anno dall’incontro con lo strano guardone, e Acomanni, soprannominato dai compagni di scuola “Pico della Mirandola” per la sua memoria prodigiosa, non aveva fatto alcun collegamento. Ma dieci anni dopo aveva visto Pacciani in un servizio televisivo, in testa un cappellino con visiera molto simile a quello dell’antico disturbatore, ed era stato proprio quel particolare ad accendergli in testa una lampadina: i due erano la medesima persona!
Scrisse il giudice di secondo grado:

Totalmente inattendibile, invece, è apparsa a questa Corte la deposizione di Acomanni Benito, emblematica dei possibili effetti nocivi che all'imputato possono derivare dalle suggestioni dei mezzi di informazione. […]
Siffatta deposizione si commenta da sola. Il racconto dell'episodio del guardone presenta aspetti di totale inverosimiglianza, quali il persistere di quell'individuo nel voler spiare proprio quella coppia fino ad inseguirla (laddove è noto che l'atteggiamento del guardone è essenzialmente passivo, e privilegia la situazione di luogo e non la coppia, e che il c.d. "mostro" a sua volta non si interessa alla specifica coppia, ma alla situazione di luogo ed il procedere dell'individuo ventre a terra, come nei più smaccati stereotipi dei film gialli). Ma ciò che va più rimarcato è la totale inattendibilità di un riconoscimento asseritamente operato dal teste non già a distanza di circa un anno dall'episodio, quando aveva rivisto l'individuo e si era intrattenuto a lungo con lui, ma a distanza di circa undici anni, quando televisione e giornali avevano ormai messo in moto il meccanismo dello "sbatti il mostro in prima pagina" ed il Pacciani era divenuto il possibile oggetto di tutte le suggestioni popolari.

In ogni modo la prova ritenuta più schiacciante su Pacciani guardone fu l’assegno pubblicitario che gli era stato trovato nel portafoglio con sopra scritto, di suo pugno, "coppia FI F73759"; persino il sempre scettico giudice di secondo grado si sentì in dovere di ammettere in sentenza che “l'attività di guardone del Pacciani sembra essere comunque provata, documentalmente, dall'appunto”. Perché infatti segnarsi il numero di targa dell’auto di una coppia? Ma riflettendo un po’ sorgono consistenti dubbi su questa interpretazione, tanto da portare a escludere che il contesto nel quale il contadino aveva preso l’appunto fosse quello di una perlustrazione per boschi alla ricerca di coppiette da spiare.
Fu appurato che quel numero di targa corrispondeva a una Fiat 131 appartenuta, negli anni dal 1985 al 1988, a Claudio Pitocchi, un ragazzo al quale capitava sovente di appartarvisi in dolce compagnia nei boschi attorno a Mercatale e San Casciano. Da quanto fu detto in aula il 30 maggio 1994 (vedi) sembra di capire che l’auto, acquistata usata, avesse avuto in origine una targa differente, di altra provincia (Forlì). Risultava assicurata a nome Pitocchi a partire dal 21 novembre 1985, ma il cambio di targa era stato effettuato soltanto il 17 giugno 1987. Il 30 luglio successivo Pacciani entrava in carcere per la questione delle figlie, quindi poteva aver preso l’appunto soltanto nel mese e mezzo scarso tra le due date. In quel periodo Pitocchi aveva una ragazza fissa, Scilla Lapini, la quale confermò in aula un rapporto di due anni a partire dal 1987, senza poter precisare il mese d’inizio che non ricordava (vedi).
A varie riprese, Pacciani aveva dato giustificazioni contraddittorie e anche inverosimili per quel suo appunto, come quella di voler risalire agli occupanti per avvertirli del pericolo Mostro. Tra tutte una però poteva sembrare plausibile, visto anche il carattere del personaggio: Pacciani affermò di essere stato infastidito dalle coppie che spesso sostavano in auto davanti casa sua, a suo dire per lo spettacolo amorale cui le figlie dovevano assistere, in realtà probabilmente preoccupato che ne potessero ricevere stimoli per sfuggire alle sue grinfie. Ecco come raccontò lui stesso l’episodio durante il quale avrebbe annotato il numero di targa (dichiarazioni in aula del 18 ottobre 1994 riportate dalla sentenza di primo grado):

E allora io presi un catino d'acqua, dalla rabbia gliene tirai sopra il tetto di questa macchina. Questo che gli era dentro, un tangano, un ragazzaccio, venne fora, me ne disse di tutti i colori. Allora io gli dissi le mie ragioni e poi gli presi il numero di targa. Ora, dico, con questo numero di targa, se ci ritorna, lo fo cercare, perché con la targa e si fa presto a vedere chi è e chi non è e compagnia bella. Ecco e allora presi un biglietto, un foglio di un giornale, un mi ricordo, lì, che gli era sulla tavola e scrissi: coppia, matricola tot di questa macchina; e gli presi il numero di macchina.

Cinque mesi prima, in dibattimento, né Claudio Pitocchi né Scilla Lapini avevano accennato al fatto. C'è da dire però che le loro deposizioni erano apparse molto imbarazzate: non vedevano l’ora di alzarsi e andarsene. Anche la difesa non ne aveva parlato, ma può darsi benissimo che Pacciani avesse rammentato l’episodio in un secondo tempo, eventualità plausibile per l'età e per i sette anni trascorsi. In ogni caso, ragionando su alcuni elementi, si potrebbe anche ritenere veritiero il suo racconto.
Innanzitutto non si comprende quale sarebbe stato lo scopo, per un Pacciani guardone, di segnarsi quel numero di targa. Si potrebbe ritenere per ricordarsi una macchina "buona". Dovremmo quindi pensare che l'individuo, foglietto alla mano, una volta adocchiata una Fiat 131 tra i cespugli si sarebbe avvicinato per verificare la targa ancor prima di gettare un'occhiata all'interno: un'operazione che non ha molto senso già di per sé, e lo ha ancora meno per un numero solo. Semmai si potrebbe immaginare che dietro vi fosse l'opera  di un guardone ben organizzato, il quale, una volta rientrato a casa, avrebbe inserito quel numero in un elenco di "auto buone", corredandolo di altre indispensabili informazioni, come luogo, data e orario dell'avvistamento, modello e colore dell'auto, caratteristiche dei soggetti e così via. Il numero di targa sarebbe stato un di più, però ci poteva anche stare per un soggetto "precisino". Ma niente di tutto questo fu mai trovato tra le cose di Pacciani. E poi, perché scrivere accanto al numero la parola "coppia"? In questo scenario sarebbe stata una precisazione inutile.
Un altro elemento che stona è il supporto cartaceo: per un appunto preso durante una perlustrazione nei boschi torna poco che si fosse trattato di un foglietto pubblicitario. Pacciani si sarebbe dunque portato dietro una matita ma non un block notes, però avrebbe avuto con sé quel foglietto, chissà per quale motivo. La sua asserzione di averlo trovato sul tavolo di casa appare ben più plausibile: sarà stato uno dei tanti che ancor oggi riempiono le cassette delle lettere. Poi, perché conservarlo per più di quattro anni? Il foglietto gli fu sequestrato all’uscita dal carcere, il 3 dicembre 1991, da una delle tasche del portafoglio, e quindi pare logico considerarlo un appunto messo lì un giorno e poi dimenticato.
L’ipotesi che Pacciani, dopo una litigata, si fosse segnato quel numero di targa per eventuali azioni future, riponendo il foglietto nel portafoglio per non perderlo e magari chiedere informazioni a un amico carabiniere che pure aveva, nella sostanza appare plausibile, viste le caratteristiche del personaggio. Ma l’elemento più favorevole alla sua versione è il fatto che Scilla Lapini abitasse proprio vicino casa sua, e che in dibattimento la donna avesse ammesso che sì, lei e Pitocchi si fermavano un po’ in auto quando lui la riaccompagnava. Quindi l’episodio della baruffa ci poteva anche stare.
In ogni caso, se si volesse percorrere comunque la strada dell'appunto preso durante un appostamento nei boschi, si dovrebbe accettare una singolare coincidenza, cui nessuno fino a oggi pare aver fatto caso, neppure l’attentissimo giudice di secondo grado: tra tutte le auto di cui l’imputato avrebbe potuto annotarsi il numero di targa, gli sarebbe capitata proprio quella di un ragazzo che amoreggiava con la fidanzata sotto casa sua.

49 commenti:

  1. Lei ha perfettamente ragione sul fatto che il numero di targa annotato da Pacciani non fosse riconducibile alla sua attività (pur probabile per alcune testimonianze) di guardone. Ma paradossalmente è proprio la spiegazione data da Pacciani a gettare una luce inquietante sul suo rapporto con le "coppie". Quello che disse nell'interrogatorio del 6 luglio 1990, ad esempio: "Io non sono stato mai a guardare coppiette che facevano all'amore perché sono cose che mi fanno schifo ed urlavo quando vedevo delle coppiette che facevano all'amore nei giardini di Mercatale proprio davanti a casa mia..... non potevo sopportare che in un luogo pubblico dove tutti passano le coppie si facessero delle effusioni, per di più davanti alla porta di casa mia". In questa ottica si possono interpretare l'articolo "Le inquietudini dei fidanzati" trovato nell'auto di Pacciani dopo più di vent'anni dalla pubblicazione (che risaliva al 1968) e l'episodio del numero di targa: a tal punto era irritato dal vedere due giovani che si scambiavano effusioni davanti alla sua casa da annotare perfino la targa. Siamo evidentemente nel campo delle suggestioni, ma mi sembrano dei particolari trascurati perfino dall'accusa, che insistette su alcune scemenze, come il quadro o le residenze della Bugli, per non parlare poi della deposizione ridicola della Sperduto, cui si cercò di tirar fuori di tutto, perfino una forzatissima fissazione di Pacciani per il seno sinistro della donna. Credo che inquadrare le due personalità più inquietanti nella vicenda del mostro, Lotti e Pacciani, e a partire proprio dalle loro dichiarazioni, potrebbe essere utile per sbrogliare questa incredibile matassa.

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    1. Mi sembra di capire che la sua ipotesi sia orientata verso il coinvolgimento di entrambi i personaggi. La mia è differente. Credo che Pacciani sia stato soltanto il tramite attraverso il quale il vero Mostro, che era Lotti, è entrato nelle indagini. I critici meno superficiali della mia ipotesi vedono nella singolare coincidenza di un Mostro vero che frequentava un Mostro falso un ostacolo pressochè insormontabile alla plausibilità dell'ipotesi stessa. Ma sbagliano, poiché ogni tanto le coincidenze ci sono davvero, e in una vicenda tanto complessa e articolata non possiamo escludere che qualcuna ci sia stata.
      In questo caso, peraltro, la coincidenza non sta tanto nel fatto che Lotti e Pacciani si conoscessero, quanto in quello che Pacciani andò, verso la fine degli anni '70, ad abitare abbastanza vicino a Lotti. Il resto venne da sè, poichè i due erano entrambi assassini, e non mi pare fuori luogo vedere un Lotti curioso che, approfittando del postino Vanni che conosceva tutti, volle conoscere un assassino come era lui.

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    2. La sua teoria è sostenuta con robusto ingegno, e sbaglia chi la rifiuta a priori. Mi pare di capire che si basi su un'analisi approfondita delle scene dei delitti (che la orienta verso il mostro unico) e delle dichiarazioni di Lotti, palesemente contraddittorie proprio quando il presunto pentito doveva assegnare un ruolo ai componenti della fantomatica banda.
      A mio avviso, chiunque fosse, il mostro aveva senz'altro tre caratteristiche: conoscenza a menadito dei luoghi (boschi, campagne, stradine sterrate) frequentati dalle coppie in cerca di intimità; confidenza con le armi, sia da sparo che da taglio; fissazione maniacale per le coppiette. Nessuno possedeva questi requisiti più di Pacciani. C'è poi una singolare coincidenza: la prima segnalazione anonima su Pacciani fu inviata dopo il delitto dei francesi, e proprio nei pressi degli Scopeti molti testimoni (non tutti attendibili, ma neanche tutti bugiardi) sostennero in dibattimento di aver riconosciuto Pacciani. Questo mi fa pensare che in quei giorni i comportamenti strani di Pacciani abbiano insospettito alcune persone, di cui l'anonimo si fece portavoce.
      Lotti merita un discorso a parte. Anche io lo ritengo molto scaltro: non diceva mai più del necessario e sapeva schivare le domande più "pericolose" di Canessa e Filastò. Ma alcuni fatti non mi tornano: soprattutto dopo la morte di Pacciani, avrebbe potuto accusarlo anche dei tre delitti precedenti, assegnandosi un ruolo marginale o riferendo "de relato" alcuni particolari sulle dinamiche degli omicidi. E avrebbe potuto raccontare qualcosa anche sulla pistola, attribuendo a Pacciani la paternità dell'impossessamento dell'arma. In questo modo avrebbe reso molto più solido il suo status di pentito, venendo totalmente incontro agli inquirenti, che avrebbero praticamente risolto il caso. Nell'ipotesi che fosse stato lui l'autore di tutti i delitti (escluso Signa, ovviamente), non correva certo il rischio che venisse fuori il vero assassino. Chi avrebbe potuto confutare le sue confessioni?

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    3. In che modo il mostro avrebbe dimostrato confidenza con le armi? Ha dato prova di possedere una determinazione implacabile, ma non mi pare che le sue azioni denotino particolare precisione o abilità con armi da taglio e da fuoco.

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    4. Sicuramente non era necessaria una grande organizzazione logistica per uccidere delle persone inermi, appartate in luoghi isolati e nell'oscurità della notte; e neppure ci voleva molto a sfuggire alle forze dell'ordine. Ma io non vedo dilettantismo nelle azioni del mostro: ha mai lasciato a metà qualche impresa? Certamente avrà desistito molte volte quando le condizioni favorevoli non si erano verificate: quando la luce dell'abitacolo non era accesa, per esempio, come sostiene giustamente Segnini. Con confidenza intendo anche l'abilità nel disfarsi delle armi, dato che non sono stati trovati né i coltelli né soprattutto la famigerata beretta. Sempre che non si voglia credere che il mostro non sia mai stato scalfito dalle indagini, come purtroppo molti appassionati del caso continuano ostinatamente a fare.

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    5. pacciani era un maniaco sessuale: SI, violento ripetutamente x anni le figlie e la moglie anche con oggetti, obbligandole alle posizioni che lui vedeva su riviste pornografiche. Oltre a moglie e figlie violentó sicuramente una sua amante.
      pacciani era in grado di uccidere? Si, ed è l'ha dimostrato nel 1951, in seguito all'omicidio fece l'amore a fianco del cadavere.
      pacciani era abile con armi da taglio e da fuoco? : Si "perché di notte era solito uscire x andare a caccia, qualcuno lo definì abile tiratore di fagiani, inoltre come contadino e tuttofare aveva una grande manualità con i coltelli.
      Pacciani era guardone: Si, è stato riconosciuto da diversi teste come spione di coppiette ed anche dalle stesse figlie... oltretutto possedeva molte immagini pornografico in cui evidenziava le parti intime e il seno sinistro.
      pacciani conosceva molto bene i posti dove avvennero i delitti? SI, pacciani era soliti aggirarsi di notte tra i boschi e le campagne x andare a caccia perciò sapeva muoversi bene nell'oscurità.

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    6. Ammesso e non concesso che quello che lei scrive sia vero, e a mio modesto parere non tutto lo é, basterebbe questo per farlo diventare il Mostro? Se vuole intervenire ancora metta almeno una sigla nel testo, per farsi riconoscere.

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    7. @unknown.
      si ma mettetevi d'accordo un pò tutti quanti, eh!
      Pacciani mostro 'ipersessuato': come è che lo fate a far combaciare con il mostro "iposessuato", che dovrebbe escludere la pista sarda ad esempio?
      E come si fa a far combaciare la 'assai presunta'(=inventata dal nulla e dal nulla comprovata) "iposessuatezza" con il non far sesso con... con dei cadaveri [che chiamasi NECROFLIIA, ed è tutt'altra devianza] visto che il mdf la prima cosa che fa è scaricare un caricatore di colpi addosso alle vittime, uccidendole, e poi dandogli ancora qualche coltellatina per sicurezza?

      Ma poi, ma i super-investigatori & super-PM, non ci han detto, che il PP sparava (e Vanni tagliava e Lotti faceva il palo mentre il Dottore aspettava di scavar fuori dalla buca e Pucci faceva la pipì) a prescindere dalla "sessuatezza, iper-o-ipo che fosse, ma perchè invece veniva pagato (per poi seppellir feticci nei pressi dei luoghi dei delitti, anche se nel 1968, 1974, 1982, 1983 di feticci non ne prese manco uno)?

      GOD BLESS la Perizia Minervini (come se tutto il resto non bastasse già abbastanza per capire l'evidenza)

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    8. Chi si deve mettere d'accordo? che senso ha un intervento del genere? È logico che chi pensa che il mostro fosse Pacciani non crede all'ipotesi che il killer fosse un iposessuato. Lo stesso vale per Salvatore Vinci, che in comune con Pacciani ha anche la modesta statura, secondo molti incompatibile con alcuni indizi (come l'altezza degli spari sul pullmino dei tedeschi). La differenza è che Pacciani era un assassino ed è l'unico che ha ucciso un uomo a colpi di coltello. Gli altri, a quanto ne sappiamo, col coltello affettavano il pane e la frutta, non esseri umani. Prove non ce ne sono su nessuno, fare dell'ironia fuori luogo mettendo un po' di tutto nel frullato a cosa serve? Ovviamente il super-investigatore è riferito a Giuttari e non a Perugini, che non c'entra un fico secco con i gruppi e le sette.

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    9. @Giorgio:
      chi pensa che il mostro sia Pacciani, appunto: lo'pensa' (lecitamente).
      Ma il 'pensarlo' NON è portarne prove di colpevolezza.
      In compenso ed al contempo, è però anche un 'pensare' di evitare di ricordarsi:
      - della Perizia Minervini,
      - del quadro 'bruto e cativo' affibbiato al PP che avrebbe dovuto dimostrare chissà che
      - delle figlie portate a testimoniare in aula su un crimine che nulla aveva a che fare con quelli del mostro e per il quale il colpevole accertato aveva già scontato la sua condanna
      - il fare uscire un libro, palesemente accusatorio, da parte di una parte in causa (Perugini) a processo PP non ancora terminato in ogni suo ordine e grado
      - dell'assoluzione in 2°grado (ripresa sul filo del rasoio solo ed esclusivamente grazie al voler credere alle impossibilità fisiche raccontateci dal Lotti e compagni bella)
      - dell'incongruenza fattuale sostanziale tra il racconto del Nesi e quello del Lotti
      - dello scintillio di un proiettile interrato in un pomeriggio di cielo grigio
      - dall'assenza di Minoliti proprio quando ritrovano il mezzo straccio a fiorellini combaciante
      - del delitto degli Scopeti che non avvenne la domenica sul lunedì, ma ben prima
      - del dimenticarsi di cosa il Ferri scrisse
      - di cosa il Tony disse
      - del perchè un taccagno come il PP, dalle escee dei crimini portasse vie robacce e lasciasse invece quelle di valore
      - del non aver portato mai alcun elemento nemmeno minimamnete indiziario che gli mettesse in mano l'arma che sparò a Signa nel 1968
      - iposessuatezza by Quantico e De Fazio e ipersessuatezza by Pacciani e Perugini (e anche by Giuttari, che lo pone ipersessuato al punto pure da inchiappettarsi il Lotti)
      - del fatto che se come prima cosa uccidi le vittime, poi, a meno di non essere un necrofilo, è ovvio risulti una assenza di 'intervento' sessuale: e quindi come si fa a dire se il mdf era iposessuato o ipersessuato? si può giusto dire che non era necrofilo.
      - etc. etc. etc.

      Insomma, il PP lo si può vedere ('pensare') colpevole di essere il mdf, solo ed esclusivamente quando si accetta di credere ciecamente ed in modo assoluto ad ogni singola parola dei compagni di merende (cosa sinceramente impossibile anche solo per mezza frase), parole dalla prima all'ultima che però smentiscono il castello accusatorio del Perugini fino alle fondamenta. (del resto, già era stato smontato con l'assoluzione del 2° grado).

      Quindi, come vedi, da qualche parte bisognerà pure che 'qualcuno si metta d'accordo' almeno sui punti principali (sessuatezza poca o tanta, compresa)

      Hzt

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    10. Le solite cose trite e ritrite che nulla hanno a che fare con quanto ho detto. La perizia Minervini non la conosco, ma ritengo di nessun valore gli indizi a carico di Pacciani. Ho detto che non ci sono prove su nessuno. Signa è un mistero totale, non sappiamo se il Mostro commise quel delitto, vi partecipò da complice o da spettatore. Se pensiamo che Natalino Mele dice oggi di non sapere neppure se qualcuno lo accompagnò dal De Felice, stiamo freschi... Perugini aveva il diritto di scrivere quello che voleva, forse il libro era già pronto ma gli editori pensarono di farlo uscire in concomitanza col processo per un vantaggio commerciale, ma non mi interessa. Anche Ferri pensò bene di scrivere un libro quando la Cassazione doveva ancora pronunciarsi. Non mi piace sindacare sui comportamenti altrui. Sul mostro iposessuato il suo discorso è una contraddizione in termini: prima lo usa contro i paccianisti (di cui non faccio parte) poi ne ridicolizza le motivazioni perché il suo colpevole non era iposessuato. Anche io dubito che chi uccideva a sangue freddo e asportava parti intime alle donne fosse iposessuato, ma l'argomento non può essere usato secondo le proprie convenienze.

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    11. @Giorgio
      io non argomentato secondo le mie convenienze: io ho fatto notare che mettere su un piatto di una bilancia una "ipotetica caratteristica come possibile discriminante" sia argomentazione di talmente nullo valore che proprio non ha basi nemmeno per essere 'pensata'.
      Le suggestioni non sono altro che suggestioni, ma i riscontri sono e restano riscontri (anche nella loro assenza).
      Ed al momento, i riscontri dicono che nessuno sappia se il mdf fosse 'iposessuato', 'normalmente sessuato' o 'ipersessuato'.
      [nè tanto meno quanto fosse alto: visti gli -ammessi- errori peritali nel valutare la posizione delle vittime per Giogoli; e visto che nessuno sa di chi siano nè quando siano state lasciate il paio di impronte di ginocchio per Vicchio]
      Tuttalpiù dicono che pare non fosse interessato alla necrofilia. Punto.
      Quindi, ergo: includere o escludere qualsiasi soggetto (noto o ignoto) tirando in ballo quella suggestione: vale meno di nulla nei fatti, nelle indagini e nelle discussioni.
      Quello era ed è il succo di questi miei commenti. Non c'è altro dentro da leggerci (nè di pro nè di contro 'conveninetemente pro domo' parlando. Metodologia, riscontri, al limite paragoni esemplificativi, e basta).

      PS:
      Ferri, a differenza del Perugini, per dare alle stampe il suo libro prima ebbe il buon gusto, la signorilità e l'onestà intellettuale di dimettersi dalla funzione e carica che ricopriva.
      Cosa di cui, invece, si guardò di fare bene il Perugini.

      HzT

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    12. Continuo a non capire il senso delle osservazioni sul mostro ipo o ipersessuato, dal momento che nessuno in questa sede ha fatto considerazioni sull'argomento per includere o escludere qualche soggetto. Non sono d'accordo nemmeno su Perugini e Ferri. Se lei dice che Perugini, pubblicando un libro a processo in corso, rischiava di influenzarne lo svolgimento, lo stesso vale per Ferri. La Cassazione doveva ancora pronunciarsi sul ricorso della Procura avverso la sentenza di assoluzione di Pacciani. Perugini della SAM non faceva più parte da tempo. Doveva dimmettersi da poliziotto? e cosa sarebbe cambiato? Chiedo ad Antonio Segnini se non ritiene, da storico della vicenda, che il giudice Ferri abbia contribuito al giudizio di quasi tutti su Lotti e Pucci, dal momento che per primo ne parlò come di due mentecatti.

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    13. Io penso che poliziotti e magistrati non dovrebbero interferire in alcun modo con il destino delle persone al di fuori delle loro indagini. Se poi, a bocce ferme, vogliono contribuire alla ricostruzione della verità storica, va bene. Ma, ripeto, a bocce ferme. Quindi disapprovo la pubblicazione anche del libro di Ferri, rimanendo comunque ammirato della sua stupenda sentenza, una delle poche luci in questa storia di tenebre della ragione. Che purtroppo sta continuando.

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    14. @Antonio, @Giorgio
      Francesco Ferri ha PRIMA lasciato la magistratura (diventando così un comune cittadino) e POI pubblicato il libro.
      Perugini per il suo libro: non ha lasciato nulla di nulla, nè prima nè dopo.
      Differenza -umana e di correttezza- nè fa eccome.

      @Giorgio
      Vedi il commento a firma Unknown, del 2 agosto 2020 07:28

      E' a quello che ho risposto in prima battuta.
      (poi, non so se Unknown sia tu o altri, tu sei intervenuto successivamente in risposta al mio a lui commento e da lì si è sviluppata la chiacchierata)

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    15. Come ha detto Segnini, cambia poco, perché il libro di Ferri non uscì a bocce ferme. Inoltre Ferri aveva settant'anni, Perugini meno di cinquanta. Doveva aspettare di andare in pensione per scrivere un libro, ho capito. È questo manicheismo tipicamente italiano che non amo. Da una parte ci sono i buoni, dall'altra i cattivi. Bisogna essere più equilibrati. L'utente unknown non sono io, mi scuso se ne ho preso impropriamente le difese. Semplicemente, pur non condividendo del tutto il suo intervento, non vi ho visto nessuna contraddizione. Semmai chi ritiene Pacciani innocente usa l'argomento dell'iposessualità del mostro, che personalmente considero tutt'altro che risolutivo. Saluti

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    16. @Giorgio
      Ferri NON ha aspettato di andare in pensione per scrivere il suo libro.
      Si è volontariamente e appositamente dimesso (proprio per evitare possibili sovrapposizioni di ruolo/giudizi).

      Nessuno, io meno che meno, ha detto che Perugini "Doveva aspettare di andare in pensione per scrivere un libro, ho capito."[cit]... mi sa proprio di no.


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  2. MI sembra inoltre dimostrato che Pacciani non avesse nessuna fissazione per le coppiette.

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    1. Se lei scrivesse un numero su un foglietto non sapendo se mai le sarà utile, non metterebbe anche un qualcosa per ricordarsi a che cosa si riferisce?
      Mettiamoci invece nella situazione di un Pacciani che fa il guardone. Guardone di che, di capre? No, di coppie, quindi scrivere "coppia" era quasi come scrivere "palla" sopra una palla.

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    3. Con quante coppie pensa che Pacciani possa aver avuto problemi? Avrebbe dovuto scrivere: lui moro capelli lunghi, lei bionda occhi azzurri, altezza 1.80 lui, lei bella gnocca e così via?
      A me la situazione pare chiara. Pacciani litiga con qualcuno sotto casa, teme che questo qualcuno gli possa procurare noie, oppure vuole informarsi chi è con l'aiuto di qualche amico carabiniere, sale in casa, prende un foglietto pubblicitario tra i tanti che riempono sempre la cassetta della posta e vi scrive il numero di targa con un breve promemoria, "coppia", appunto.
      Poi lo mette in una taschina del portafoglio per darlo all'amico carabiniere alla prima occasione, oppure per tenerlo da parte in caso di bisogno. Infine lo dimentica, pronto per le malevoli interpretazioni future.
      Ecco, provi lei a descrivermi delle possibili circostanze in cui un guardone scriverebbe un numero di targa con accanto la parola coppia su un foglietto pubblicitario. Se lo era portato dietro per boschi, quel foglietto? Apposta per usarlo come block notes, quindi con tanto di matita? E per farne che, per riportare quel numero su un registro? E una volta riportato su un registro, che ne avrebbe fatto?
      La prego Marletti, dia fondo alla sua inventiva e ipotizzi uno scenario plausibile in cui quell'appunto possa assumere un senso compiuto. Ma non glissi, stavolta voglio delle spiegazioni chiare e plausibili. Altrimenti lasci perdere l'argomento.
      L'invito vale anche per gli altri miei lettori "paccianisti".

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    5. Le chiacchiere hanno lo strano potere di moltiplicarsi.
      Ma non mi ha risposto Marletti su che cosa se ne sarebbe fatto Pacciani guardone di quel numero di targa. Forza, ci provi, e se non ci riesce lo ammetta, farà miglior figura.

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    7. Non cambi discorso Marletti, mi spieghi come Pacciani guardone avrebbe potuto utilizzare quell'annotazione di numero di targa, oppure dichiari che non lo sa, quindi che quell'annotazione niente dimostra che sia stata fatta per uno scopo differente da quello che lui ha raccontato. O qualsiasi altro, ma non che riguardasse la sua attività di presunto guardone.
      Come spiega bene il mio articolo, niente dimostra che Pacciani fosse un guardone, e io personalmente non lo credo.

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    9. Insomma, alla fine mi par di capire che l'unica spiegazione che lei riesce a dare è che Pacciani collezionasse numeri di targa come qualcuno colleziona autografi. Direi che ulteriori parole non sono necessarie per offrire a tutti i lettori la sua splendida capacità di arrampicarsi sugli specchi!

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  4. La sequenza è strana: se io litigo con qualcuno e non ho con me un foglietto e una penna pronta al uso, la prima cosa che vado a scrivere una volta trovato tutto l'occorrente è, sicuramente, il numero di targa, perché è possibile che me lo dimentichi o che lo trascrive male.
    Se la sequenza di scrittura è come sopra citata ossia: coppia, matricola e targa, personalmente a me pare strano.
    Ripeto io avrei scritto la targa e basta perché del fatto successo e di chi erano i "colpevoli" non me ne sarebbe importato nulla visto che me lo sarei ricordato a prescindere.
    È come se scrivessi:" ladro, matricola e targa" su un foglietto per appuntarmi la macchina di un ladro che mi ha appena derubato.
    PS: è stata fatta una perizia calligrafica sul foglietto per capire se fosse la scrittura del Piacciani?
    Saluti.

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    1. Non ho ben capito. Che c'è di strano a scrivere accanto a un numero di targa un promemoria che gli dia un senso per utilizzi futuri? In questo caso era una parola che ricordava a Pacciani una coppietta colta ad amoreggiare davanti alla finestra delle figlie. Magari si era appuntato altri numeri di targa di altri alterchi, e quelli non ci sono stati tramandati perché non interessavano.
      D'altra parte la coincidenza che la ragazza abitasse accanto a Pacciani la trovo di una significatività enorme nel rendere plausibile la versione di Pacciani. Non capisco come possa essere trascurata.

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    2. Io non credo che Piacciani fosse il mostro, ma che fosse un guardone credo proprio di sì.
      Il Piacciani non scrisse accanto al numero di targa la parola coppia, ma scrisse prima di tutto coppia poi tutto il resto.
      Vado chiaramente a sensazione ma se io litigo con qualcuno non scrivo per prima cosa che ho litigato e poi la matricola e la targa; casomai, se ho problemi di memoria gravi, scrivo prima la targa e poi che ho litigato.
      Mi sembra che ci sia una netta differenza tra la descrizione dei fatti e la conseguente annotazione sul foglietto.
      La descrizione è molto particolareggiata, quindi è rimasta bene impressa nella mente del Piacciani (sempre che sia vera) e il fatto di scrivere come prima cosa coppia non ha alcun senso se consideriamo l'accaduto.
      Io vorrei, ma non so dove e se possibile trovarle, delle informazioni sul "modus operandi" dei guardoni, non tanto sul atto ma piuttosto su come erano organizzati e poi vorrei sapere da che periodo a periodo girassero le coppie di poliziotti in borghese appartate come finte coppiette.
      La domanda è questa: se nel tuo gruppo di guardoni c'è anche qualche rappresentante delle forze del ordine e tutto il gruppo è stato informato da questo che circolano queste coppiette di poliziotti in borghese, è possibile che un annotazione come quella del Piacciani servisse proprio a capire quale coppie spiare e quali, invece, no?
      Ripeto in conclusione che la mia idea non è quella di Piacciani mostro di Firenze, mq semplicemente di Piacciani guardone.
      Saluti

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    3. Prima di tutto vorrei capire quale sarebbe, secondo lei, il contesto in cui Pacciani avrebbe preso quel numero di targa: mentre i due amoreggiavano sotto casa sua o durante una perlustrazione per boschi?
      Chiarito questo, mi dovrebbe poi spiegare il possibile utilizzo di questa informazione. Le dico subito che quella di andare a colpo sicuro evitando coppie di poliziotti la trovo poco ragionevole. Come minimo in quel caso avrebbe messo almeno modello e colore dell'auto, che si vedono da lontano, la targa invece bisogna andar lì. Però attendo sue spiegazioni.

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    4. Per quanto riguarda la prima domanda non credo che il contesto sia quello raccontato da Piacciani, quale sia il reale contesto, sinceramente, non saprei.
      Il numero di targa può servire a risalire al proprietario della macchina e forse a quel punto anche al mestiere.
      Io non sono ferratissimo sul argomento "coppiette di poliziotti" ma non mi pare di ricordare che arrestarono qualcuno, anche solo un incauto guardone, e allora mi vengono in mente due considerazioni: la prima è che queste false coppiette fossero veramente molto poche e posizionate in punti poco "strategici", la seconda considerazione, invece, mi porta a pensare che questo gruppo di guardoni fosse molto vasto e comprendesse membri di diversa estrazione sociale e dai mestieri più disparati e che quindi fosse diventata una sorta di organizzazione che condivideva informazioni e manteneva un silenzio omertoso grazie al quale tutti si coprivano a vicenda.
      Saluti

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    5. Però il contesto è importante per il significato che si vuol dare all'azione di Pacciani. L'uso di un assegno pubblicitario come supporto lascia pensare che l'appunto fosse stato preso in casa, con la macchina parcheggiata sotto. Il che si accorda bene con il fatto che la ragazza abitasse proprio lì.
      Se Pacciani avesse scritto quel numero vedendo l'auto durante qualche sua perlustrazione boschiva dovremmo innanzitutto giustificare l'uso del biglietto pubblicitario, poco plausibile in quel contesto, poi la grande coincidenza che la ragazza dentro l'auto fosse proprio una sua vicina di casa. Sorprendente, no?
      Quindi direi che dovremmo vedere Pacciani mentre segna il numero di un'auto parcheggiata vicino casa sua.
      Quale uso avrebbe mai potuto fare di quell'informazione nell'ambito di una attività di guardone?
      Si sarebbe appuntato il numero di targa per poter riconoscere l'auto andando per boschi? Come dire, spero di incontrare questi e li voglio riconoscere?
      Guardi, io non trovo ragioni, quindi mi appello a tutti i miei lettori affinchè propongano qualche buona ipotesi.

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    6. Se avesse scritto: "coppia, matricola, targa" stando a casa a me sembra inverosimile che lo abbia scritto su un biglietto pubblicitario perché Piacciani aveva diversi quaderni dove annotava un po' di tutto, quindi rientrando a casa è difficile che abbia scelto proprio un biglietto pubblicitario piuttosto che i vari quaderni o fogli che sicuramente aveva.
      Questo non significa che lo abbia annotato per forza durante una perlustrazione boschiva ma, per esempio, lei dice che questi biglietti affollavano le cassette della posta di chiunque ed è certamente vero ma spesso si trovano anche "incastrati" tra i tergicristalli della macchina.
      Quindi, paradossalmente, avrebbe potuto averli sia a casa che in macchina.
      Il fatto che la coppia non si ricordi la particolare discussione che ebbe con Piacciani mi fa pensare che il fatto non sia mai accaduto o che sia accaduto con un altra coppia che il Piacciani confonde.
      Quindi il biglietto lo può aver scritto in qualsiasi altra occasione che a noi non è dato sapere.
      Saluti

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    7. Uno tirchio come Pacciani? Io non mi stupirei affatto che avesse avuto un pacchetto di foglietti con qualche spazio bianco da usare per i suoi appunti.
      Le deposizioni dei due furono molto imbarazzate, è assai plausibile che, non essendogli stato chiesto, non abbiano tirato fuori quella storia.
      Però ripeto, qui va affrontato l'argomento principe: che cavolo se ne sarebbe fatto, da guardone o anche da Mostro, di quel numero di targa?

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    8. Da mostro sicuramente nulla perché non era il mostro.
      Da guardone, le ripeto, quel biglietto sarebbe potuto servire come informazione, magari non per lui che già li conosceva visto che erano vicini di casa, ma piuttosto per altri guardoni.
      Però mi rendo conto che non è una spiegazione bastante, anche se sembra strano che le coppiette finte non abbiano mai beccato nessuno.
      Quando lei dice che,allora, sarebbe stato meglio appuntare il colore o il tipo di macchina non dice, certamente, una cosa scontata ma i guardoni sarebbero stati molto più sicuri avendo un elenco di numeri di targa che sapevano essere appartenuti a coppie che non erano poliziotti.
      Il guardone non rimane distante 30 metri dalla coppia che spia, anzi si avvicina il più possibile ( un mio amico mi ha raccontato una storia incredibile che gli è successa circa un anno fa) quindi riconoscere un numero di targa "conosciuta" piuttosto che un numero di targa sospetto non è poi così difficile.

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    9. Spero si renda conto anche lei della debolezza delle sue argomentazioni. Se le prove su Pacciani guardone fossero state inequivocabili, si poteva anche pensare a quell'appunto come un qualcosa dal significato poco chiaro ma comunque inerente all'attività in questione. Ma proprio quella è la prova principale di Pacciani guardone, altre non ne esistono (Sperduto? Acomanni? Pierini il boccalone che si sarebbe rimangiato volentieri le sue improvvide vanterie?) quindi mi consenta di guardarla con molto distacco.

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    10. Le finte coppiette c'erano. Ma non credo proprio che si spogliassero e si lasciassero andare a preliminari o tanto meno si spingevano oltre. Anche perché all'epoca le donne in polizia erano poche, non credo proprio che ordinassero ad agenti, magari sposati, di spogliarsi e simulare un rapporto sessuale. Molto probabilmente le finte coppie chiacchieravano, si fumavano una sigaretta e al massimo si davano due bacetti. Sempre con un occho vigile e la mano libera sulla fondina, visto che in teoria stavano rischiando la vita. I guardoni esperti si accorgeranno sicuramente che non erano una vera coppia. E quelli meno esperti si saranno ritrovati a stare ore ad aspettare mentre non succedeva niente. Il Mostro stesso non è mai caduto in trappola. Evidentemente queste finte coppie erano facilmente riconoscibili.

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    11. Una domanda: ma secondo lei perché la strategia delle coppiette finte non ha portato a nulla, neanche alla scoperta di qualche fastidioso ma innocuo guardone?
      Vorrei solo una sua opinione senza nessun retropensiero.
      Saluti

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    13. Non ho i verbali dei due testimoni, ma da quel che si capisce dalle deposizioni la moglie fu sentita per prima e due volte, il marito una volta. Innanzitutto come arrivarono a loro? Non furono loro a farsi avanti, furono cercati, molto probabilmente perché qualcuno che li aveva sentiti raccontare l'episodio aveva poi parlato alle forze dell'ordine. Quindi la possibilità che il tutto fosse stata una vanteria di Pierini una volta che era uscita la storia delle accuse a Pacciani è reale. Una vanteria dalla quale poi i due, interrogati da una task force di agguerriti inquirenti, non poterono più tirarsi indietro.
      Poi nella sua prima audizione la moglie non disse che il tizio era Pacciani. E' vero che non l'avrebbe riconosciuto lei ma il marito, però poi disse che il marito gliel'aveva detto che era Pacciani, e allora perché nella prima audizione no?
      Ci sono poi le incongruenze tra i due coniugi su ora e lato, e soprattutto le perplessitò sul fatto che di notte, in una frazione di secondo, uno riesca a vedere chi tiene in mano una pila che lo sta illuminando.

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    14. x PeppeNimrod
      Condivido le considerazioni di Lorenzo Franciotti. In più credo che queste coppiette dovessero essere state molto poche.

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  5. Ma il Mostro di Firenze, serial killer di giovani coppie, aveva bisogno di scrivere "coppia" su un fogliettino, per ricordarsi che uccideva le coppie? Come se un attaccante, come promemoria prima di una partita, scrivesse sulla lavagna dello spogliatoio "fare gol".

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    1. Qui siamo nella confusione più totale, sia che si voglia vedere quel foglietto come promemoria per una presunta attività di guardone, sia come promemoria per una presunta attività di mostro.
      In realtà questa storia dimostra solo che su Pacciani le interpretazioni malevole di ogni sua azione sono state l'asse portante del processo.

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  6. Personalmente ritengo molto probabile che Pacciani fosse un guardone ma, come scrissi tempo fa, non per il numero di targa: che ha scarso valore perché fu l'unico trovato nelle varie abitazioni di Pacciani associato alla parola "coppia".
    Pacciani era a mio avviso un guardone perché alcune testimonianze lo confermano ed era voce di popolo che lo fosse: evidentemente qualcuno lo aveva visto, non è una leggenda che può essere nata dal nulla.
    L'episodio del numero di targa ci dice semmai un'altra cosa interessante: che Pacciani era un personaggio davvero singolare. Le figlie non dovevano assistere a scene d'amore tra giovani, pena gravi turbamenti psichici e sessuali: un comportamento da genitore irreprensibile... Conoscendo il resto della storia ci sarebbe da ridere, se non fosse una vicenda drammatica.
    Alle interpretazioni malevole ha contribuito anche Pacciani, mentendo e smentendosi a più non posso.
    Ricordo una precedente discussione sul masochismo di Pacciani: le frasi sulle coppiette (da me riportate nel primo commento al post) si commentano da sole. Colpevole o innocente che fosse.

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    1. Quando ero un baldo giovincello senza macchina, come molti altri nelle mie medesime condizioni nella buona stagione mi appartavo nelle pinete della Maremma toscana. Ho una certa esperienza di guardoni, quindi, da noi detti anche "saltamacchioni" (macchione = folto cespuglio), poiché era in pineta, appunto, che lavoravano di più. Il guardonismo è quasi una malattia, i guardoni vanno ogni giorno a guardare, io credo che abbiano il pensiero in testa in ogni momento, e sono conosciuti da tutti. L'attività di un guardone è complessa, l'improvvisazione non le appartiene, deve sapere dove vanno le coppie, le cura, e deve anche tener conto dei suoi colleghi e rivali.
      Veniamo a Pacciani. Fosse stato un vero guardone la sua conseguente attività sarebbe stata pesante, anche le sue stesse donne di casa se ne sarebbero accorte, e in ogni caso le testimonianze sarebbero fioccate. Ora, quali sono le testimonianze di Pacciani guardone? Sopra le ho riportate e sono del tutto inconsistenti. Ne ho dimenticata qualcuna? La prego di segnalarmelo.
      In realtà il personaggio Pacciani, già chiacchierato di suo, divenne un enorme catalizzatore di ogni maldicenza del circondario, e la maldicenza dei toscani, quale anch'io sono, è di livello astronomico. I toscani godono di cuore a parlar male degli altri. Come un ronzio dei cui ti accorgi soltanto quando cessa, di quanto tremendo fosse questo brutto vizio me ne sono reso conto soltanto poco dopo essermi trasferito in Lombardia, dove la gente si fa molto di più i fatti propri.

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  7. Salve Antonio, innanzitutto mi fa molto piacere vedere che è tornato operativo dopo un periodo difficile. Una domanda che vedo viene ancora molto dibattuta dagli appassionati è se Pacciani è morto innocente o colpevole. Quando io sostengo che è morto innocente arriva il Paccianista di turno che ribatte che la corte di cassazione ha annullato l' assoluzione in secondo grado quindi P.P è da considerarsi colpevole. Detto che ciò non cambierebbe nulla sul fatto che io personalmente lo ritengo innocente secondo lei come stanno le cose in senso giuridico?

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    1. Bella domanda la sua. Purtroppo non sono la persona giusta per risponderle, ma forse farebbe fatica anche un giurista. Posso risponderle secondo logica.
      Io comincerei a escludere Pacciani dai processi ai CdM, dove non ebbe alcuna possibilità di dire la sua. La legge non può condannare una persona senza darle la possibilità di difendersi, quindi per lui quei processi non contavano. Chi afferma che Pacciani risulta giuridicamente colpevole perché, nel condannare Vanni e Lotti, i giudici lo avevano considerato loro complice, è nel torto.
      Quindi dobbiamo pensare solo ai due processi a Pacciani in quanto tale. L'appello venne annullato, quindi rimane valido soltanto il processo di primo grado. Credo quindi che tecnicamente si sia nella condizione di chi viene condannato in primo grado, chiede e ottiene l'appello e poi muore. Colpevole o innocente? Credo colpevole.
      Personalmente ho sempre evitato di addentrarmi in queste sottigliezze giuridiche, che non portano da nessuna parte. A mio parere Pacciani è morto innocente come serial killer solitario, è morto colpevole come componente della scalcagnata banda dei compagni di merende. Per un'aberrazione giuridica che la storia condannerà duramente.

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