lunedì 25 maggio 2020

Il tormentone dell'assicurazione (3)


Bonus malus. Tutti i miei lettori certamente sapranno che cos’è il bonus malus. In ogni caso descriviamolo in breve, poi ne esamineremo alcuni aspetti tecnici. Si tratta in sostanza di un meccanismo di calcolo del premio (l’importo da pagare ogni anno) per un’assicurazione RCA. Il meccanismo è semplice: sopra una base che dipende da vari fattori – caratteristiche dell’auto, del conducente, della zona – e che comunque è a discrezione di ogni compagnia, si applica un coefficiente che risulta tanto maggiore quanti più incidenti (detti sinistri) il contraente ha provocato negli anni passati. Vale soltanto il numero degli incidenti, non l’entità dei danni. In alternativa al bonus malus c’è il sistema della franchigia, con il quale il premio non varia a seconda della sinistrosità, ma l’assicurato paga una parte del danno che provoca, con modalità di vario tipo. In tempi recenti si sono affermati anche sistemi misti, che all’epoca non c’erano e che quindi qui non c’interessano.
Il sistema del bonus malus favorisce i conducenti più virtuosi. Le compagnie lo hanno spinto a partire dagli anni ’80 per diminuire il peso delle truffe, tantoché oggi quasi tutte le polizze sono di questo tipo. Ma vediamone il meccanismo. Tutti gli assicurati vengono suddivisi in 18 classi di merito, ognuna delle quali prevede una maggiorazione (classi malus) oppure una diminuzione (classi bonus) rispetto al premio base. La classe del premio base, quella che viene assegnata al neopatentato, è la 14, le classi superiori sono le malus, le classi inferiori sono le bonus. Il passaggio da una classe all’altra viene attuato anno per anno attraverso l’esame di un periodo di osservazione, che corrisponde all'ultimo anno anticipato,
per consentire i conteggi, di due mesi rispetto all’annualità del relativo premio. Se, per esempio, l’annualità inizia e termina ogni 20 marzo, il periodo di osservazione inizia e termina ogni 20 gennaio precedente.
Il meccanismo per gli spostamenti di classe è il seguente: se nel periodo di osservazione non ci sono stati incidenti la classe viene diminuita di 1, in caso contrario viene aumentata secondo la formula 3 x N 1, dove “N” è il numero d’incidenti e “x” è il segno della moltiplicazione [addendum: in realtà la formula vale anche per zero incidenti!]. L’assicurato si porta dietro la propria classe anche quando cambia compagnia o sostituisce il proprio veicolo con un altro. A far fede c’era una volta un attestato di rischio cartaceo, oggi l’informazione è in un database generale accessibile a tutte le compagnie.
Le regole precedenti valgono oggi, e sono state illustrate per completezza, ma negli anni ’80 ne valevano di un po’ diverse. Come si vede dalla tabella sottostante, le classi di merito erano 13, e andavano dalla 1b, la migliore, alla 11, la peggiore. Chi stipulava per la prima volta una polizza di tipo bonus malus entrava in classe 6. Bisogna tener presente che all’epoca c’erano in giro ancora tante polizze con franchigia, quindi l’ingresso in una bonus malus spesso dipendeva da un cambiamento di condizioni, magari associate a un cambiamento di assicuratore e di compagnia.


Sulla colonna di destra la tabella riporta un coefficiente che fornisce le maggiorazioni e gli sconti per ogni classe, fatto 1 quello della classe d’ingresso, la 6 appunto.
Sotto vediamo un’altra tabella dove invece vengono illustrate le modalità di passaggio da una classe all’altra.


Purtroppo il software di conversione OCR ha prodotto diversi errori, ma con un po’ d’intuito si riesce abbastanza bene a comprendere la regola generale. Con nessun sinistro succedeva quel che succede oggi, la classe scendeva di 1, mentre in presenza di sinistri la classe saliva del loro numero, fino a un massimo di 4.
Alle due tabelle precedenti si deve aggiungere un’ulteriore differenza rispetto alle regole odierne: il periodo di osservazione si arrestava non due ma tre mesi prima della scadenza annuale della polizza, evidentemente per i conteggi meno agevoli in presenza di un’informatizzazione ancora embrionale.

La sinistrosità di Lotti. Veniamo adesso al caso Lotti. La sua polizza 67053 con la Allsecures Preservatrice era iniziata il 20 marzo 1983 con l’acquisto della Fiat 128 nell’officina Bellini. I documenti disponibili non lo specificano in chiaro, però dal contesto delle varie deposizioni si trae la ragionevole certezza che quella fosse la prima volta in cui Lotti acquistava dai Bellini, che approfittarono dell’occasione per portarlo sotto la loro gestione assicurativa. Nel contempo dovette cambiare anche la tipologia della sua copertura, dalla vecchia franchigia al nuovo bonus malus. A confermarlo è l’immagine sottostante – per la quale ringrazio ancora una volta Francesco Cappelletti – che ci dà la possibilità di esaminare due documenti assicurativi sequestrati a Lotti nella perquisizione del 23 gennaio 1996.


A sinistra si vede il certificato della polizza 67053 per la semestralità 20 settembre 1984 - 20 marzo 1985. A destra viene indicata la classe di merito della corrispondente annualità, iniziata il semestre precedente: quinta con provenienza dalla sesta. E, come si era sopra ipotizzato, questo porta a pensare che Lotti avesse acceso tale polizza il 20 marzo 1983, in concomitanza con l’acquisto della 128 rossa, entrando in sesta classe. Nel riportare il passaggio alla quinta, il documento ci dice inoltre che fino al 20 dicembre successivo – termine del periodo d’osservazione – l’individuo non aveva provocato alcun incidente.
Purtroppo la documentazione in mano a chi scrive non comprende informazioni sulle successive classi di merito, però dall’importo del premio sulla 128 nel periodo 20 marzo 1985 – 20 marzo 1986 (questo noto dalla prima semestralità) si può tentare di arguire se dal 21 dicembre 1983 al 20 dicembre 1984 Lotti avesse provocato o no incidenti.
L’immagine sopra ci dice che il premio annuale pagato dal 20 marzo 1984 al 20 marzo 1985 fu di 353.100 lire (176.550 x 2). Applicando all’inverso il coefficiente della classe quinta troviamo il premio base dell’annata, quello della classe sesta: 353.100 / 0,92 = 383.800 lire. Cerchiamo di ipotizzare adesso quale dovette essere più o meno il premio base dell’annata successiva, applicando il coefficiente d’inflazione del periodo, circa il 12%: 383.800 x 1,12 = 429.850 lire. Il premio effettivo pagato da Lotti fu invece di 196.790 x 2 = 393.580 lire (vedi). A questo punto calcoliamo il coefficiente bonus malus che era stato applicato: 393.580 / 429.850 = 0,915.
Che cosa risulta dal calcolo precedente, Lotti aveva provocato incidenti nel periodo dal 21 dicembre 1983 al 20 dicembre 1984? No, non ne aveva provocati, poiché nel periodo successivo la sua classe di merito era diminuita ancora, diventando 4. Il coefficiente della classe 4 era infatti 0,85, soltanto un po’ migliore dello 0,915 sopra calcolato. La differenza è senz'altro dovuta al fatto che la compagnia aveva maggiorato il premio base un po’ di più del tasso d’inflazione medio, dopo aver fatto i propri conti di redditività. Con un incidente invece Lotti sarebbe tornato in classe sesta e avrebbe pagato il premio pieno, cioè le 429.850 lire e più sopra ipotizzate.

Addendum 9 luglio 2020: Grazie all'immenso archivio di Francesco Cappelletti, è emerso il certificato che attesta la classe bonus malus di Lotti anche per l'annualità 20 marzo 1985 – 20 marzo 1986. Come si vede, in accordo con i calcoli sopra effettuati la classe è proprio la 4.

Fine addendum.

Continuiamo a muoverci lungo la linea del tempo. Per i cinque mesi dal 21 dicembre 1984 al 24 maggio 1985, gli ultimi di utilizzo della 128 secondo la difesa Vanni, purtroppo nulla possiamo dire, mancando le informazioni necessarie. Chi scrive pensa che se incidenti ci fossero stati, essendo il periodo a ridosso della data di voltura in qualche modo sarebbero emersi, dai controlli di Propato e dalla deposizione di Bartoli. Dal fascicolo della polizza di voltura, la 68731,  sappiamo invece per certo che fino al 20 marzo 1986 gli incidenti furono soltanto i due con Giuliani e Tartagli, poiché tracce di altri non ne vennero trovate.
Alla fine di questa verifica dobbiamo accontentarci di un risultato parziale: se niente sappiamo sulla sinistrosità di Lotti nei cinque anni di guida precedenti il 20 marzo 1983, possiamo però ritenere abbastanza certo – con soltanto cinque mesi di lieve dubbio – che nei tre anni dal 20 marzo 1983 al 20 marzo 1986 l’individuo non avesse mai provocato un incidente. A parte i due in questione (per di più molto vicini l’uno all’altro), che quindi vedono aumentare ancora la loro sospettosità. Il lettore si faccia la propria idea.
Prima di passare oltre vediamo ancora un’anomalia di questi due tediosissimi incidenti. Come logica suggerisce e come mi ha confermato il mio consulente, ogni sinistro aveva il proprio fascicolo archiviato per data. Dentro vi si poteva trovare tutta la documentazione della pratica, spesso abbondantissima: l’eventuale constatazione amichevole o comunque la denuncia, lettere, perizie, fotografie, quietanze, in caso di danni alle persone certificati vari, e chi più ne ha più ne metta. È chiaro che tutto questo cartame non avrebbe potuto albergare nel fascicolo della polizza, nel quale veniva segnato soltanto un riferimento a quello del sinistro, numero e data. Nell’ufficio di Giancarlo Gaviraghi tale riferimento era costituito da una riga su una scheda sinistri.
Ebbene, perché nel fascicolo della famigerata polizza 68731 erano state inserite le fotocopie della lettera di denuncia di Lotti relativa al primo incidente e della lettera di richiesta danni di Tartagli relativa al secondo? Gaviraghi non è riuscito a trovare una valida motivazione, si è detto però d’accordo con l’ipotesi che la presenza di questi due documenti costituisse indizio di qualche problema di gestione dei due sinistri, del resto confermato dall’abnorme tempistica dell’unico rimborso del quale venne trovata traccia. Probabilmente anche la scheda sulla quale tale rimborso era registrato non doveva trovarsi nel fascicolo della polizza, forse però faceva le veci della riga di Gaviraghi. Tra l’altro suona strano che l’agente responsabile di allora, Roberto Longo, di questi due anomali incidenti non avesse tenuto memoria, visto i grattacapi che in qualche modo avevano dovuto dargli.

Il diavolo fa le pentole ma… È davvero incredibile l’insieme di stranezze che si possono rilevare nella compravendita della Fiat 124 di Lotti. Si tenga presente che l’intero scenario è racchiuso nell’ambito dell’officina Bellini, dove ci si occupava dell’operazione in tutti i suoi aspetti, compresa la polizza assicurativa e le pratiche del passaggio di proprietà, oltre naturalmente alla messa a punto del mezzo meccanico. Un servizio davvero completo, quindi, nel quale, per quanto ne sappiamo, erano impegnate almeno quattro persone di famiglia: padre, figlio, figlia e marito della figlia. Vediamo adesso alcune anomalie di gestione, ripercorrendo la vicenda sulla base delle date che i documenti ci hanno tramandato. In nome della chiarezza, il lettore dovrà perdonare qualche inevitabile ripetizione.
La data in cui il precedente proprietario, Karl Schwarzenberg, consegnò la vettura all’officina affinché se ne tentasse la vendita non è nota, dalla sua deposizione possiamo però collocarla ragionevolmente nella prima metà del maggio 1985. Si ha invece certezza che il 25 maggio l’auto venne assicurata a nome Giancarlo Lotti. La nuova polizza sostituiva la precedente valida per la sua Fiat 128, la cui copertura, da quel momento in poi, aveva quindi termine. Sappiamo che l’assicuratore, in questo caso Mery Bellini, avrebbe dovuto chiedere indietro certificato e contrassegno della vecchia polizza. Ma sappiamo bene che non lo fece, poiché 13 anni dopo il certificato era ancora tra i documenti di Lotti. È ragionevole ritenere che il contrassegno fosse rimasto sul parabrezza, e fosse andato perduto al momento della rottamazione dell’auto. In ogni caso non venne rintracciato tra le carte d’agenzia, dove avrebbe dovuto trovarsi spillato alla polizza di voltura.
Dalle parole di Roberto Longo abbiamo già visto a quali conseguenze negative avrebbe potuto portare, per la compagnia assicuratrice, il mancato ritiro di certificato e contrassegno della polizza volturata. E allora ci si deve chiedere il perché a Lotti i due documenti non fossero stati ritirati. Disse Longo: “Su duecento, trecento contratti emessi poteva capitare che cinque o sei non avessero il certificato o il contrassegno precedente allegato al simplo della polizza”. Ma, a giudizio del mio consulente – al quale, a sua memoria, l’evento sarà capitato una o due volte – tale frequenza non è per niente ragionevole. In tempi nei quali l’informatizzazione faceva parte di un futuro ancora molto lontano, il ritiro dei vecchi documenti della polizza volturata era obbligatorio, e soltanto in casi eccezionali poteva essere posticipato, ma al più di qualche giorno (esempio: un’urgenza imprescindibile per un cliente fidato che li aveva lasciati a casa). Capitavano casi in cui i documenti non venivano più rintracciati, ma allora il cliente doveva recarsi dai carabinieri e denunciarne lo smarrimento. La consegna della denuncia faceva poi le veci dei documenti perduti, e la compagnia era comunque esentata dal continuare a coprire anche gli eventuali danni della vecchia polizza.
Riguardo Lotti, ammesso e non concesso che l’officina Bellini avesse nutrito riguardi particolari verso lo squattrinato individuo – ma c’è da dubitarne – per quale motivo gli era stata stipulata una polizza di voltura senza la richiesta contestuale dei vecchi documenti? Per quali imprescindibili ragioni d’urgenza si sarebbe passati sopra alla mancata consegna? Infine, perché nei quattro mesi dalla voltura del 25 maggio alla scadenza del 20 settembre tali documenti non gli furono mai richiesti, dandogli così la possibilità pratica di circolare in quel periodo senza copertura assicurativa valida?
Passiamo a un’altra anomalia. A rigore, al momento dell’accensione della polizza della 124, sul relativo foglio complementare avrebbe dovuto comparire il nome del nuovo proprietario, Giancarlo Lotti, ma, lo abbiamo già visto, era prassi non formalizzarsi troppo per una mancanza del genere, visti i lunghi tempi di trascrizione effettiva da parte del PRA a partire dalla relativa richiesta. Richiesta che doveva comprendere l’atto di vendita firmato dal precedente proprietario. Ma allora, perché Karl Schwarzenberg venne invitato a recarsi all’ACI di San Casciano soltanto a luglio (data di firma il 3)? Fino a quel momento l’auto era ancora sua, poteva quindi pentirsi sulla vendita, visto che con i Bellini c’era stato un semplice accordo verbale. Se, per esempio, in quel mese e più la figlia avesse cambiato idea e fosse tornata a vivere con lui, poteva tornare in officina a riprendersi l’auto. A quel punto che sarebbe successo con l’assicurazione di Lotti oramai volturata?
Gino Coli era ben consapevole dell’anomalia, come dimostra questo frammento della sua deposizione. Siamo in primo grado, quando pareva che la polizza 68731 della 124 fosse partita il 20 settembre 1985, e la data del 25 maggio era ignota alla Corte. Il presidente stava cercando di capire il perché del ritardo di due mesi e mezzo dell’assicurazione rispetto al momento in cui il precedente proprietario aveva firmato l’atto di vendita, il 3 luglio.

Presidente: Senta, e la cosa all'ACI, la pratica all'ACI? La scrittura privata per rivendita, eccetera, quando la facevate?
Coli: No, noi si portava il libretto e il complementare. E all'ACI si prendeva residenza, e la fotocopia della... E dopo il proprietario andava a firmare la vendita.
Presidente: Questo avveniva prima del pagamento, o dopo il pagamento?
Coli: Mah, normalmente il pagamento veniva un po' prima. Perché la pratica, noi all'ACI si lascia tutto lì, va bene? Ci danno il foglio di via. Poi, dopo un giorno o due, il cliente va a firmare quando c 'è il notaro.
Presidente: Quando questo, la macchina è già venduta, già consegnata, o no?
Coli: É già consegnata, perché lui va via con il foglio di via e l’assicurazione.
Presidente: Allora, questa cosa non torna. Allora, diciamo subito questo: che la polizza di questa macchina comincia a decorrere dal 20 settembre, mentre la scrittura privata di cessione dello Schwarzenberg a Lotti è del 3 luglio dell'85.
Coli: Può darsi che in quel periodo fosse fuori il cliente.
Presidente: E com'è, com'è questo intervallo? Ecco, lei mi deve spiegare com'è questo intervallo qui.
Coli: É probabile che il cliente, in quel periodo, sia andato all'estero. Perché normalmente, qualche volta, andava all'estero, capito, questo signore. E allora che non ci fosse stato subito per firmare la vendita. Eh, oppure...
Presidente: No, no, la vendita è prima, la vendita è prima. È due mesi prima.

La vendita è prima, è due mesi prima!”, esclamò stupito il presidente, senza rendersi conto che aveva appena scoperto un altarino. Come ben si comprende, infatti, Coli intendeva giustificare una data di firma successiva a quella di partenza dell’assicurazione, non precedente, come invece gli veniva contestato. Quindi già sapeva dell’esistenza di quel rateo di semestralità antecedente, con partenza al 25 maggio, che sarebbe venuto alla luce soltanto in appello, ma si guardò bene dal farlo presente. Perché?
Ma lasciamo da parte l’altarino, e mettiamoci nella condizione di polizza accesa il 25 maggio con urgenza causa un imprescindibile bisogno di Lotti di portarsi via l’auto (per esempio perché la 128 si era fermata). Poteva il ritardo di un mese e mezzo nella firma di Karl Schwarzenberg essere dipeso da un suo viaggio all’estero, come ipotizzato in anticipo da Coli, oppure da un qualsiasi altro motivo a lui addebitabile? A giudicare dalla sua deposizione si direbbe di no:

Lui mi telefona e dice: “L'abbiamo venduta, vada all'ACI di San Casciano per firmare il contratto di vendita”. Cosa che ho fatto […].
La macchina non l'ho più veduta da che l'ho affidata al garage Bellini, che è successo alcune settimane prima della vendita dell'auto. Non so se è rimasta nel garage, o se il garage l'ha imprestata. Questo non lo so, non l'ho più rivista. L'ho consegnata, poi mi hanno telefonato, credo alcune settimane dopo, per dire che avevano finalmente trovato l'acquirente.

Certo, potrebbe esserci stato qualche difetto nei ricordi di Schwarzenberg, visto che in questa storia i vuoti di memoria paiono frequentissimi, e forse qualche lettore tenacemente abbarbicato alle proprie convinzioni non esiterà a farmelo notare. Però sembra plausibile che i maligni possano pensar male.
Passiamo alla terza anomalia. Quando Karl Schwarzenberg andò all’ACI di San Casciano a firmare l’atto di vendita, i documenti della 124 dovevano essere già lì, come logico e come del resto avrebbe detto Coli in aula. Allora ci si deve chiedere il perché, subito dopo quella firma, non fosse partita la pratica di trascrizione al PRA del nuovo proprietario sul foglio complementare, sempre di competenza dell’ACI. Forse l’officina aveva chiesto di tenerla in sospeso perché Lotti ancora doveva saldare il conto? Probabilmente sì, e questo depone a favore di un pagamento e di un ritiro successivi. Di quanto? Il maligno pensa: stai a vedere che Lotti aveva detto il vero in primo grado, poiché, per arrivare al 20 settembre, non è che mancasse poi molto!
In ogni caso quella pratica messa da parte sarebbe stata riesumata quasi un anno dopo, il primo aprile 1986, quando l’ACI andò a rimetter mano nelle faccende di Lotti alla sua richiesta di demolizione della 128. La pratica si chiuse poi il 26 novembre successivo.
Delle numerose anomalie dei due incidenti abbiamo già visto, e non è il caso di ripetersi. Ce n’è però una che probabilmente a essi si ricollega. Come ormai sappiamo bene, al 25 maggio 1985 era stata accesa la polizza 68731, con il recupero del rateo residuo della semestralità già pagata sulla 67053, quella della 128. Va tenuto presente che tutte le RCA sono polizze annuali, eventualmente pagabili in due rate semestrali, come faceva Lotti. Ogni annualità della sua 67053 decorreva dal 20 marzo, quindi la prima semestralità era 20 marzo – 20 settembre, proprio quella di cui venne sfruttato il rateo. La 68731 assunse la medesima cadenza, quindi al 20 settembre venne pagata la seconda semestralità. Ebbene, al cambio di annualità del 20 marzo successivo la polizza venne dimenticata. Semplicemente Lotti cessò di pagarla, e proprio per questo nel 1992 venne annullata dalla compagnia, come raccontò Bartoli in aula, lo abbiamo già visto.
Per quale motivo Lotti smise di pagare la polizza 68731? Semplicemente perché sulla sua 124 ne venne accesa un’altra, la 69395, della quale il 20 marzo 1986 pagò la prima semestralità (
vedi). Quale fu il motivo di questa operazione del tutto inusuale? Nel caso della voltura dalla 128 alla 124 è chiaro che la polizza, in presenza di un cambio di auto, doveva anch’essa cambiare. Ma al 20 marzo 1986 l’auto rimaneva quella, la 124 blu. Che motivo c’era di abbandonare la polizza 68731 e stipularne una nuova?
Dopo aver preso in esame varie ipotesi assieme al mio consulente, l’unica ragionevole – a dire il vero tra le sole “oneste”; in tempi di gestione cartacea qualche trucco si poteva anche fare, però c’era sempre il pericolo delle ispezioni – ci è parsa quella di un cambio di tipologia. Continuando con il bonus malus Lotti sarebbe risalito in classe 6, quindi al rinnovo avrebbe dovuto pagare il premio base, invece di quello scontato del 20% della classe 3. Questo a causa dei due incidenti. Supponiamo che di quei due incidenti l’individuo fosse stato all’oscuro: come avrebbe giustificato il suo agente il notevole aumento di premio, già gravato degli inevitabili adeguamenti all’inflazione? Magari Lotti si sarebbe arrabbiato – se è vero che “nel loro piccolo anche le formiche s’incazzano”, forse ogni tanto i babbei le imitano – e l’anno dopo si sarebbe rivolto a qualcun altro.
Abbandonando il bonus malus per una franchigia opportunamente calibrata il premio poteva subire ribassi notevoli. Certo, a eventuali incidenti per sua colpa Lotti avrebbe dovuto pagare parte dell’indennizzo di tasca propria, quindi non sarebbe stato molto contento. In effetti, da alcune sue frasi smozzicate in appello si capisce che qualche problema dovette averlo avuto, con quell’assicurazione:

Lotti: Indove comprai la macchina a San Casciano dal Bellini, lui faceva anche l'assicurazione delle macchine, però era un'assicurazione... non tanto... i danni non è che te li facessero... era un'assicurazione non tanto...
Pellegrini: Non dava tante garanzie.
Lotti: No, a dire la verità no. Era un po’ bassa come cose... come si chiamano?

Chi lo sa se andò così? Di sicuro per quell’inusuale cambio di polizza un motivo dovette esserci, e non è detto che Lotti ne fosse stato consapevole, viste le sue difficoltà con la parola scritta.

Conclusioni. Siamo arrivati a un punto in cui qualcuno dei miei lettori si sarà già fatto un’idea di ciò che potrebbe essere accaduto attorno alle due macchine di Lotti, in quei mesi di primavera-estate 1985. Chi scrive la propria ipotesi ce l’ha, ma poiché non è possibile esibire prove tangibili a sostegno, bensì soltanto semplici ragionamenti su testimonianze interpretabili a discrezione – anche se soggette alla logica – è meglio che essa venga espressa attraverso una storia di fantasia, dove ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti sia puramente casuale (qui).
Si potrebbe allora sostenere che questo articolo non ha dimostrato nulla? Questo non è vero. Se gli eventi li ha soltanto ipotizzati, ha però dimostrato la superficialità dei tanti che fino a oggi vi hanno costruito sopra scenari di parte, trascurando o interpretando in modo opportunistico i numerosi aspetti anomali evidenziati dai documenti e dalle testimonianze. Vediamo qualche piccola perla.
Disse il relatore d’appello, Bruno Loche, commentando i tre certificati d’assicurazione consegnati da Bertini (17 maggio 1999, vedi):

Uno che attesta il pagamento della semestralità di premio fino al settembre dell'85 e si attiene al 128, un altro che attesta il pagamento di una semestralità di premio dal settembre '85 e riguarda la macchina 124 e poi un terzo che direi non ce ne importa proprio nulla, che è una polizza che sostituisce la precedente del 124.

Peccato che quel terzo certificato “che direi non ce ne importa proprio nulla” andava invece analizzato in profondità, alla ricerca delle motivazioni che avevano determinato il conseguente cambio di polizza. Ma Loche si trovava in buona compagnia, poiché di quell’anomalo cambio di polizza nessuno parve accorgersi.
Si legge in Storia delle merende infami: “Come spesso accade la registrazione del contratto di acquisto della per dir così, 'nuova' vettura, è avvenuta con un ritardo di due mesi”. Qui Filastò commette due errori al prezzo di uno. Innanzitutto confonde la registrazione del contratto di acquisto, che è a carico del PRA (ente pubblico) e che nel caso in questione avvenne il 26 novembre 1986 su domanda del primo aprile precedente – quindi con un ritardo molto più grande! –, con la firma dell’atto di vendita davanti a un notaio messo a disposizione dall’ACI (ente privato). Detto questo, bisogna comunque osservare che non viene mai stipulata un’assicurazione prima di tale atto e del conseguente avvio della pratica di trascrizione al PRA, quindi non è vero che accade spesso: sarebbe come vendere la pelle dell’orso prima di averlo preso.
Veniamo poi a un libro molto più recente, Al di là di ogni ragionevole dubbio di Paolo Cochi, che ambisce a smontare “una a una le dichiarazioni del reo confesso Giancarlo Lotti, questa volta senza possibilità alcuna di appello”, e che quindi, per tale improbo compito, non dovrebbe permettersi neppure un errore. Vi si legge:

Da qualche parte nelle carte del P.R.A. saltò fuori la data in cui era stata fatta l’autenticazione dal notaio. La data che si leggeva era appunto il 3 luglio 1985, quindi almeno da quel giorno il Lotti era materialmente in possesso dell’auto e non dal novembre ‘86 come annotato dal registro.

Quindi almeno da quel giorno il Lotti era materialmente in possesso dell’auto”, sostiene l’autore. Ma non è per niente detto! Quando c’è di mezzo un intermediario, in questo caso l’officina Bellini, i due eventi sono scissi (anche se generalmente contestuali). Da una parte l’intermediario dà i soldi al venditore dopo che questi ha firmato l’atto di vendita, dall’altra lo stesso intermediario consegna l’auto all’acquirente dopo che questi ha pagato.
Un secondo esempio dal medesimo libro:

Come possa aver fatto un incidente il 22 giugno con la 124 che era stata acquistata il 3 luglio, lo spiega il terzo documento: un contratto assicurativo datato 26 maggio 1985. Quel contratto, polizza 69.395, riguarda infatti un passaggio di assicurazione dalla 128 rossa al 124 blu, effettuato il 25 maggio del 1985. In sostanza, Lotti era entrato in possesso del 124 almeno sin dalla fine di maggio e questa doveva essere la vera data in cui era materialmente stata redatta la scrittura privata e che evidentemente era stata autenticata solo tempo dopo.

La scrittura privata sarebbe stata autenticata solo tempo dopo? Ma che vuol dire? In caso di vendita di un’auto il proprietario  va dal notaio e firma una dichiarazione che trova pronta. L’autenticazione è contestuale. Lasciamo poi perdere l’errore sul numero di polizza, che non è il 69395 ma il 68731, alla terza edizione non ancora corretto.
In questo terzo esempio vediamo un’ipotesi che non tiene conto delle testimonianze:

Dalla cartellina dell’avvocato Mazzeo purtroppo non uscirono fuori i tagliandi, quelli che si espongono sul parabrezza. Presumibilmente erano stati trasmessi dall’agenzia sub mandataria alla sede centrale e quindi distrutti dopo dieci anni. Fu così che Lotti poté sostenere di aver lasciato il tagliando sul parabrezza della 128, cosa che gli avrebbe permesso di continuare a usare quell’auto senza rischiare a un eventuale controllo di vedersela sequestrare, poiché l’assicurazione sarebbe risultata ancora valida.

Sappiamo invece, dalla testimonianza Bartoli, che il fascicolo della polizza di voltura non era affatto andato al macero, e dentro avrebbe dovuto trovarsi il tagliando o contrassegno della polizza volturata. Ma non c’era. E non c’era neppure il corrispondente certificato, che infatti la Corte ebbe da Bertini. Quindi è ragionevole ritenere che quel contrassegno fosse rimasto davvero sul parabrezza della 128 di Lotti, e che davvero quell’auto avesse potuto continuare a circolare impunemente anche senza assicurazione.
Oggi purtroppo i tanti bla bla hanno ormai inquinato in modo irreparabile l’argomento. Si continuerà a perpetuare all’infinito lo scenario della macchina rossa che a Scopeti non poteva esserci, perché aveva l’assicurazione scaduta, perché era ferma senza le ruote, perché Lotti ne aveva comprata un’altra. Come in
questa serie di quattro articoli, dove l’altrimenti ottimo Omar Quatar non dà certo il meglio di sé nel tentativo di dimostrare che Lotti era un bugiardo. Perché, qualcuno aveva dei dubbi?
Ma forse, nel loro piccolo, anche i bugiardi qualche volta dicono la verità...

martedì 19 maggio 2020

Il tormentone dell'assicurazione (2)


Colpo di scena in appello. Nell’anno circa intercorrente tra la condanna di Vanni e Lotti in primo grado e l’inizio del processo d’appello, le ricerche della difesa Vanni sull’acquisto della Fiat 124 blu proseguirono. Quando si era ormai quasi a ridosso del nuovo procedimento, dalla sede di Firenze della compagnia Axa Assicurazioni – subentrata alla Allsecures Preservatrice – venne fuori un certificato che anticipava dal 20 settembre al 25 maggio la sostituzione della polizza 67053 sulla 128 con la polizza 68731 sulla 124. Quindi alle ore 10 del 25 maggio 1985 il rateo residuo della semestralità 20 marzo – 20 settembre della polizza della 128 era stato trasferito sulla nuova polizza della 124, e la 128 era rimasta priva di copertura assicurativa. Naturalmente Filastò e Mazzeo si affrettarono a integrare i motivi di appello con la clamorosa novità.
Ecco l’annuncio del relatore nel corso dell’udienza del 17 maggio 1999 (vedi):

In serie di motivi aggiunti di appello i difensori del Vanni hanno prodotto un documento. Ci hanno detto che hanno effettuato loro indagini, si sono limitati a recarsi presso l'agenzia di quella compagnia assicuratrice di Firenze e l'agente della compagnia assicuratrice gli ha consegnato tanto di polizza, che noi abbiamo in fotocopia ma che speriamo di leggere in originale attinente al 124. Io non ci ho letto nulla ma quello che si legge è un timbro. Sembrerebbe che questa polizza sia stata stipulata il 25 maggio 1985, quindi sembra che la 124 abbia iniziato a circolare, diversamente era inutile assicurarla, dal mese di maggio '85. Questa è la novità importante in questa sede di appello.

Preso atto della novità, il procuratore generale Daniele Propato, futuro rappresentante dell’accusa, aveva fatto anch’egli visita alla sede di Firenze della compagnia assicuratrice. E lì non soltanto aveva avuto modo di verificare la fondatezza dei motivi d’appello, ma si era anche trovato di fronte alle tracce di due incidenti stradali avuti da Lotti alla guida della 124. Quando? Nell’estate del 1985, prima del delitto degli Scopeti! Lo raccontò lui stesso nel suo primo intervento (17 maggio, vedi):

Spontaneamente la signora che era lì in ufficio mi ha dichiarato – e voi trovate il verbale – che il Lotti ha avuto due incidenti con la Fiat 124. Ha avuto un incidente il 22 giugno '85 alle ore 21,45 in via del Poggio Imperiale, Firenze. Questo incidente è stato denunziato dal Lotti, di questo incidente io non ho preso il nome dell'altra parte dell'incidente, perché ce n'è stato un altro in data 31 luglio con questa Fiat 124, 31 luglio '85 e di questo ho preso il nominativo e questa persona vi chiedo anche di sentire.

Era chiaro che esistevano tutti gli estremi per riaprire il dibattimento con l’ascolto dei testimoni indicati dal Procuratore Generale, nonché, se disponibile, dello stesso Lotti. Il giorno dopo, 18 maggio, venne sentito per primo l’agente assicurativo Alberto Bartoli, responsabile per Firenze della Axa Assicurazioni. Di tale intervento è disponibile una trascrizione parziale qui, e l’audio completo qui. Va premesso che nel 1985 Bartoli non lavorava per la precedente Allsecures Preservatrice, quindi il suo intervento servì più che altro a fornire e illustrare la documentazione da lui ritrovata negli archivi dell’agenzia.
Queste furono le sue parole riguardo il contratto 68731 con il quale la copertura della 128 era stata trasferita sulla 124. Tale contratto era stato inserito tra gli annullati (vedremo più avanti la significatività di tale condizione).

Procuratore Generale: Quando lei dice di aver trovato questo contratto tra i contratti annullati, che vuol dire?
Bartoli: Vuol dire che le polizze annullate vengono inserite in un certo archivio, e in questo archivio io ho trovato questo contratto qua.
Filastò: Sì, ma che vuol dire annullato?
Bartoli: Annullato vuol dire… questo contratto ha avuto una certa storia. È partito dal maggio dell'85 per il 124 ed ha proseguito fino al marzo dell'86/87, poi è stato annullato perché il cliente non ha più pagato la rata. Noi lo abbiamo annullato nel settembre del '92, però già dall'88 riguardava un veicolo diverso.
PG: Questa polizza è un trasferimento, una sostituzione, una rinnovazione, un passaggio da una vettura all'altra.
Bartoli: È un passaggio. Alle ore 10:00 del 25 maggio '85 fu assicurato, al posto di un'altra autovettura, un Fiat 124.

Questo cambiamento di polizza aveva comportato una spesa per il contraente? No, anzi, pare che ci fosse stato un rimborso. In effetti ai tempi si andava per cilindrata, con i cosiddetti cavalli fiscali, e la 128 era di cilindrata superiore (1300 contro 1200).

PG: Come cilindrata delle macchine c’era un rimborso, lì c’è una compensazione, mi pare di leggere, o no?
Bartoli: Sì, sulla prima rata c’è un importo compensato.

A conferma si riporta il successivo scambio con Mazzeo.

Mazzeo: Le risulta, sempre esaminando questo documento che le viene sequestrato oggi, se l'assicurato per fare questa sostituzione ha dovuto pagare qualche cosa?
Bartoli: No. Il premio è stato compensato fino alla rata del settembre '85.
Mazzeo: Quindi per fare questa sostituzione non ha pagato niente... era coperto fino al settembre dell'85, avendo pagato in anticipo il 20 marzo '85 l'intero premio sulla macchina precedente.
Bartoli: Giusto

Altro argomento importante fu quello dei documenti che venivano richiesti in caso di voltura dell’assicurazione.

PG: Quando un cliente viene dall'assicuratore e vuol fare questa operazione, l'assicuratore che documentazione richiede?
Bartoli: Richiedo i documenti della vecchia vettura e faccio una sostituzione, contrassegno e certificato di assicurazione, dopodiché effettuo la voltura e il cliente mi dovrebbe portare il libretto della nuova autovettura da assicurare.
PG: Se no non fa questa polizza?
Bartoli: Se no non la fo. Però a quell’epoca lì… quello che la società di allora richiedeva questo non lo so. Ora le regole sono queste.
PG: Allora, ci vuole il certificato di assicurazione, il contrassegno della vecchia, e poi per la macchina che acquisto ci vuole?
Bartoli: Il cliente mi dovrebbe portare il libretto della nuova autovettura, dal quale risulti che l’auto è di tizio. Queste sono le regole che ci sono oggi… può essere che allora le cose fossero diverse. Il cliente mi riporta indietro senz’altro il certificato e il contrassegno, poi può essere che senz’altro l’assicuratore prenda e sostituisca la polizza su semplici dichiarazioni del cliente.

Le regole indicate da Bartoli per le sue polizze valevano tal quali nel 1985. In caso di voltura il cliente doveva consegnare il certificato della vecchia assicurazione, quello normalmente conservato nel cruscotto dell’auto, e il relativo contrassegno che invece andava esposto sul parabrezza. Doveva anche mostrare il libretto della nuova auto dal quale risultasse il passaggio di proprietà a suo nome. C’è da dire che mentre la consegna di vecchio certificato e vecchio contrassegno era pressoché obbligatoria – nonostante Bartoli avesse ammesso la possibilità di eccezioni, vedremo quanto frequenti – quella del libretto con trascritto il nome del nuovo proprietario molto meno, essendo troppo lunghi i tempi che al PRA intercorrevano tra richiesta ed effettiva trascrizione.
Bartoli raccontò poi dei due incidenti, che più oltre esamineremo in modo approfondito. Riguardo il secondo, quello del 31 luglio, a seguire venne ascoltata la persona coinvolta, Federico Tartagli, il quale, con una deposizione brevissima, dichiarò di non rammentare assolutamente nulla. Il lettore prenda atto dell’ennesimo e totale vuoto di memoria, più avanti esamineremo la deposizione in dettaglio.
A questo punto, prima dell’esame delle spiegazioni di Lotti – che giunsero a ruota – conviene effettuare un temporaneo salto in avanti, per la precisione al giorno dopo, quando venne sentito Roberto Longo, l’agente responsabile della Allsecures Preservatrice nel 1985 (qui l’audio), al quale il presidente iniziò a chiedere delucidazioni sulla polizza 68731 partita il 25 maggio 1985 sulla 124.

Presidente: Questa polizza risulta rilasciata dalla sua agenzia
Longo: Certo. Dalla mia agenzia.
Presidente: Ricorda se l’ha rilasciata personalmente?
Longo: Personalmente no. Perché io su San Casciano mi servivo dell’officina Bellini che vendeva automobili nuove e usate. L’esazione vera e propria avveniva tramite l’officina Bellini. Io preparavo la polizza, gliela davo, loro incassavano e me la ritornavano firmata. Quindi io il cliente non lo vedevo.
Presidente: Mi sembra di aver letto negli atti che in realtà si occupava dei contatti con lei…
Longo: Esatto, la signora Mary Bellini, sì.

Dopo il timido accenno del marito Gino Coli in primo grado (“Qualche volta era in contatto e faceva delle assicurazioni con questa compagnia qui”), Longo consentì di scoprire – ma dalle parole del Presidente pare che la notizia fosse già agli atti – che la signora Mery Bellini nel 1985 era il suo subagente per San Casciano, dove interfacciava in modo diretto i clienti. Quindi delle polizze di Lotti si era occupata lei.
Poi il presidente chiese informazioni sulla questione del mancato ritiro di certificato e contrassegno della polizza vecchia:

Presidente: Questa polizza è sostanzialmente la voltura di una polizza precedente su una macchina diversa. Prima di rilasciare questa polizza, voi ritiravate il certificato di assicurazione rilasciato sulla macchina che ora non era più assicurata e ritiravate anche il tagliando da esporre o no? E nel caso specifico, le risulta che sia avvenuto questo o no?
Longo: Nel caso specifico, signor giudice, non me lo ricordo, però la prassi regolare era quella che dovevano ritirare il vecchio certificato e il contrassegno, se no la compagnia rischiava di coprire due vetture, cioè la vettura che veniva sostituita e la nuova autovettura. Siccome il certificato e il contrassegno portano la firma della compagnia, la compagnia è responsabile fino alla scadenza del contratto della circolazione del veicolo, quindi se non viene fatto questo atto la compagnia rischia su due vetture, mentre invece risulterebbe solo una vettura per il premio incassato. Questa è la prassi però, ora, signor giudice, non mi ricordo se in quel caso fu fatto o meno.
Presidente:  Lei sostanzialmente mi dice che non attendeva che le pervenissero questi documenti prima di rilasciare la polizza, visto che lei agiva per interposta persona?
Longo: Le polizze emesse nel mese precedente venivano sistemate una volta al mese, nel mese successivo. Passava un mese dall’emissione del contratto, quindi a volte io non lo sapevo se venivano ritirati al momento o dopo il certificato e il contrassegno vecchi. Perché era una prassi che non avveniva immediatamente presso il mio ufficio, avveniva presso la subagenzia di San Casciano, che io andavo una volta al mese regolarmente. Quindi non potrei confermare se in quella fattispecie fu fatto come doveva essere fatto.
PG: Volevo capire meglio che cosa facevate a Firenze e che cosa si faceva San Casciano, cioè la polizza la compilavate qua a Firenze, poi la mandavate tramite qualcuno a San Casciano?
Longo: Esatto. I contratti vengono emessi esclusivamente dalle agenzie, perché le agenzie sono responsabili  nei confronti della compagnia della emissione delle polizze, poi il subagente cura l’incasso e rimette i simpli [documenti] all’agenzia.
PG: Quindi la signora a San Casciano faceva da tramite, consegnava materialmente la documentazione e ritirava il certificato.
Longo: Esatto. Doveva ritirare il certificato vecchio.
PG: E gliel’avevate chiesto? Lo sapeva questa signora?
Longo: Lo sapeva quello che doveva fare, poi se nella fattispecie l’ha fatto io non glielo posso dire. Però la prassi che doveva ritirare il vecchio certificato e dare quello nuovo, sì.
PG: Questo certificato… il contrassegno…
Longo: È quello esposto al vetro che si chiama contrassegno e il certificato quello che dovrebbe stare nel [cruscotto].
PG: E lei cosa voleva di questi due?
Longo: Tutti e due.
PG: Tutti e due. Poi questo certificato non l’ha avuto perché l’abbiamo noi.

Essendo rimasto a Lotti il certificato della vecchia polizza – quello consegnato dal suo legale alla Corte in primo grado – si deve ragionevolmente presumere gli fosse stato lasciato anche il contrassegno esposto sul parabrezza. La qual cosa gli avrebbe consentito di circolare con la 128 non più assicurata senza temere i controlli della polizia, visto che ai tempi non c’era l’informatizzazione di oggi. Anzi, non avendogli ritirato i due documenti, in caso di sinistro la compagnia assicuratrice sarebbe comunque stata obbligata a coprire eventuali danni, come affermò chiaramente Longo su domanda di Bertini (“Fino al 20 settembre 1985 può darsi che il cliente abbia avuto in mano anche il certificato vecchio, se non è stato ritirato. Quindi la compagnia era responsabile fino al 20 settembre 1985”). E questo per legge, quindi è evidente l’importanza dell’operazione di ritiro.
Non si comprende il perché non fosse stata convocata anche Mery Bellini, tanto più dopo la testimonianza Longo. Chi meglio di lei poteva raccontare come si erano svolti i fatti? Si trattò di un gravissimo errore della Corte e del Procuratore Generale, che fece il paio con quello, grave soltanto un po’ meno, del non aver convocato la persona con la quale Lotti avrebbe avuto il primo dei due incidenti. Riguardo la Bellini, possiamo in ultimo notare il buon fine dell’operazione del marito, che in primo grado aveva sostanzialmente occultato, minimizzandolo, il suo vero ruolo in officina.

Le menzogne di Lotti. Torniamo adesso all’udienza precedente e all’ascolto delle spiegazioni di Giancarlo Lotti (qui l’audio completo).

Consigliere: Si voleva sapere e lo vorremmo sapere ancora noi, lei che macchina aveva l'8 settembre 1985 agli Scopeti.
Lotti: Il 128.
Consigliere: Il 128 e lei continua a dire questo. Adesso le faccio sapere una cosa. Si è scoperto che questo 124, che lei aveva comprato, lei l'aveva addirittura assicurato in maggio.
Lotti: Io le adoperavo tutte e due le macchine, il 128 e il 124.
Consigliere: Ah, lei contemporaneamente le usava tutte e due, il 128 e il 124, abbiamo capito bene?
Lotti: Sì, sì, sì.
Consigliere: Però in primo grado lei disse un'altra cosa, se lo ricorda?
Lotti: Forse non mi ricordavo preciso, l'altra volta... Invece ora me lo ricordo preciso.
Presidente: L'importante è che lei prenda atto del fatto che lei circolava a quell'epoca anche col 124 e...
Lotti: No, col 124 andavo in posti un po’ più lontano perché il 128 gli era quasi per finire, sicché...
Presidente: Ma lei non era assicurato col 128.
Lotti: No, ci avevo il coso, però non era assicurata, ne assicurai una sola, due come fai a assicuralle?
Presidente: Quindi col 128 circolava senza assicurazione?
Lotti: Andavo vicino, non lontano.

Ecco la sfacciata spiegazione di Lotti a tutti i misteri: “Io le adoperavo tutte e due le macchine, il 128 e il 124”! Ma come aveva potuto circolare con una 128 non più assicurata? Perché gli era rimasto il contrassegno sul parabrezza (“ci avevo il coso”), come spiegò meglio su domanda di Mazzeo, che a dire il vero sembrò aver capito poco della sua risposta, invece abbastanza chiara.

Mazzeo: Lei ha detto prima che ci ha tenuto sul 128 rosso, dopo aver comprato la 124, un contrassegno di assicurazione anche se era belle scaduto. Cosa vuol dire?
Lotti: Un mi ricordo mica di preciso.
Mazzeo: Non l'aveva consegnato? Non le era stato richiesto?
Lotti: Era rimasto nella macchina...
Mazzeo: Come nella macchina? Lei ha detto che lo teneva sul cruscotto!
Lotti: Era rimasto lì.
Mazzeo: Lei cosa ha messo sul cruscotto? Era libero, pulito, vuoto oppure ci ha messo un simulacro di assicurazione quando circolava magari per trarre in inganno qualche vigile urbano?
Lotti: Quando la tiensi ferma c'era sempre il contrassegno alla macchina.

Come era stata sua abitudine in istruttoria e nel dibattimento di primo grado, di fronte a quella che pareva l’evidenza Lotti fece dunque una giravolta strategica e si adeguò alla contestazione senza contrastarla: semplicemente aveva usato entrambe le auto. È chiaro però che mentiva. Mentiva perché non avrebbe avuto senso usare entrambe le auto, e mentiva soprattutto perché i suoi datori di lavoro, nell’udienza del 18 marzo 1998, avevano rilasciato testimonianze che dicevano tutt’altro. Partiamo da Roberto Scherma.

Presidente: E quando ritirò la macchina, la 124, davanti a casa sua c'erano tutte e due le macchine o ce n'era una sola?
R.Scherma: Ma mi pare per un po' di tempo c'è stata anche quella che non andava, quella che l'aveva rotta. Quella che era rotta. Non mi ricordo di che era rotta, quella per un po' di tempo ci deve essere stata, lì.
Presidente: E quando c'era la macchina 124, la blu, Lotti usava anche la 128? O usava solamente la 124 nuova?
R.Scherma: No, l'altra no, non credo, non credo io, perché era rotta.
Presidente: Quello che ha visto, quello che ha visto lei. Lei non deve dire quello che pensa, quello che ha visto fare, è una cosa diversa.
R.Scherma: Io non l'ho... quella lì… rotta, non gliel'ho vista usare...
Presidente: Da quando c'aveva l'altra nuova.
R.Scherma: Gliel'ho ho vista lì davanti per un po’ di tempo e poi mi pare che chiamò il coso lì, quello che le prendono, il demolitore.
Presidente: E quanto tempo è stata ferma davanti a casa sua quella macchina lì?
R.Scherma: Mah, un po' di tempo c'è stata, un so, un mese, due mesi.
Presidente: Cioè, un mese o due mesi da quando ha ricevuto la macchina, la 124?
R.Scherma: Sì, lui andava con quella, diciamo, nuova.

Filastò: Lei questa macchina rossa quanto tempo l'ha vista ferma? Di che periodo più o meno?
R.Scherma: Mah, l'ho detto prima, il periodo un me lo ricordo.
Filastò: Un mese, due mesi, ha detto.
R.Scherma: Sì, penso un paio di mesi, io, così...
Filastò: Ecco, durante questi due mesi lei è sicuro di non averla mai vista in movimento questa macchina?
R.Scherma: No, io in giro, no, un l'ho vista.
Filastò: Ecco. Stava in un posto davanti alla casa del Lotti.
R.Scherma: Davanti alla casa del Lotti.

Anche il figlio Luigi aveva confermato la circostanza:

Presidente: Ecco, quello che volevo sapere io, invece, è: da quando lui ha avuto per la prima volta la 124 blu, la 128, se funzionava, se la usava lo stesso, non la usava; era ferma, con le ruote, non ruote... Cosa ricorda di questi particolari?
L.Scherma: Mah... A me sembra che non la usasse più la 128; usasse solo la 124 blu. Non... diciamo, non ho badato tanto a questo. Ma mi sembra che la macchina non era più funzionante e usava solo la 124 blu.

E dunque, secondo entrambi gli Scherma, dopo l’acquisto della 124 Lotti non aveva più adoperato la 128. Se fosse accaduto il contrario non si vede perché i due non avrebbero dovuto accorgersene e ricordarsene, essendo del tutto anomalo un comportamento di tal genere, quindi impossibile da passare inosservato a chi aveva le due macchine tutti i giorni sott’occhio.

PG confuso e giudici sicuri. In base alla sua requisitoria del 20 maggio (qui un’ampia sintesi), possiamo ragionevolmente suppore che quanto di Lotti non aveva capito la difesa Vanni lo aveva almeno intuito il Procuratore Generale. È ormai celebre questo passo – ma ogni appassionato farebbe bene a leggerlo e rileggerlo più volte – in cui Daniele Propato tracciò un inquietante ritratto dell’individuo, basandosi sulla perizia Fornari-Lagazzi integrata da osservazioni proprie:

Riguardando la consulenza Lotti, qua il migliore autore per questi reati, secondo me, è Lotti: perversione sessuale, istinti omosessuali farebbero pensare a un Lotti autore dei reati. Lotti è mancino, ma per certe cose usa ambedue le mani. E c'è una cosa che mi allarma: il francese una volta dice che è stato preso col destro e accoltellato col sinistro ma i periti dicono da destra a sinistra che fa proprio pensare ad un mancino.
La consulenza dice: guardate che Lotti non è un mitomane, è vigile, lui sa come rispondere persino ai consulenti, valuta le risposte, si regola a seconda dei casi, è cosciente della sua posizione, in qualche momento – dice Lagazzi – rispondeva in modo palesemente e volutamente evasivo alle domande che gli facevamo e riferiva elementi che facevano parte soprattutto della sua storia personale. È una persona che davanti a domande specifiche talvolta eludeva le stesse domande oppure si limitava a ribadire che su determinati argomenti non ha nulla di più da dire.
Dice che pur essendo persona di risorse culturali e sociali limitate, era in grado di reggere validamente un colloquio con gli interlocutori. È l'atteggiamento di una persona molto attenta a quello che diceva, molto attenta a quello che non diceva. Tutto quello che anche indirettamente poteva in qualche modo portare nuove discussioni su questo argomento lui lo troncava.
Si è atteggiato a uomo mite, che subisce gli altri, ma i consulenti non sono d'accordo su questa valutazione. E questo è Lotti.

In quest’altro passo – chi scrive non è riuscito a collocarlo nel tempo, è comunque rintracciabile qui – Propato si dichiarò convinto che Lotti non avesse subito manipolazioni dagli inquirenti:

L’avvocato Filastò è stato molto leggero nel processo d’appello. Insomma, non ha fatto polemiche. Lui dice, con la richiesta del Procuratore Generale perché dovevo far polemiche? Ma se uno va a rileggere tutto il dibattimento di primo grado l’avvocato Filastò è parecchio più combattivo, più pungente. Qui ha parlato di contaminazione dei testimoni. Ma in questa formazione progressiva della prova, cioè delle dichiarazioni, ci può essere un sospetto diverso, che qui non è stato esplicitato. Io a questi sospetti non credo minimamente, cioè io questi sospetti non ce li ho.
Nessun pubblico ufficiale aveva interesse a fare qualche cosa così contraria alla legge, per esempio manipolare un testimone. Io mi rifiuto di credere, un collega, un poliziotto… Qui non ce n’è, altrimenti tutti i contrasti del Lotti non li avremmo nemmeno avuti. Lotti non è stato costretto da nessuno, Lotti non è stato manipolato da nessuno, Lotti ha fatto le sue dichiarazioni spontaneamente. E tanti particolari che lui racconta in qualche modo s’incastrano con gli avvenimenti. E questo rimane per me il mistero Lotti.

Per Propato dunque Lotti alla fine rimase un mistero, lo ammise lui stesso. La sua inedita intuizione non poté concretizzarsi appieno per una serie di ragioni, la cui principale, a parere di chi scrive, è proprio quella relativa alla questione disponibilità sì o disponibilità no della Fiat 128 Sport Coupé rossa il giorno del delitto degli Scopeti.

Come si poteva immaginare Lotti è venuto davanti a voi e di fronte alla nuova emergenza processuale ha dato la risposta più logica: “Le usavo tutte e due”. Ma bisogna andare a rileggere le dichiarazioni del Lotti su ciò che riguarda l'automobile 128. Lui quando ha consegnato il certificato di assicurazione fino al settembre '85 sulla Fiat 128 ha impostato le sue dichiarazioni su quel presupposto: “Io fino al 20 settembre non circolavo con la 124 perché avevo l'assicurazione sulla 128”.
Si legge da più parti nel verbale dibattimentale: “Io non avevo i soldi per far andare due macchine”. “Perché usavi due automobili?”. “Perché mi garbava così”. A mio avviso non è una risposta valida quando la risposta sia stata data dopo pagine e pagine di domande sulla 128, impostate sul presupposto: “Io ci ho il certificato di assicurazione, io viaggiavo con quella macchina”.
I vari testimoni vicini di casa, e lo stesso Lotti, parlano “di qualche mese” di aver avuto contemporaneamente 128 e 124. Nel primo dibattimento quando gli hanno fatto qualche domanda, alla fine ha ammesso di essere uscito con la 128 ma ha detto “qualche volta”. A voi direttamente ha detto: “La usavo per i viaggi più vicini, non lontano”. Combinazione, a Firenze lui ha fatto due incidenti, e li ha fatti – mi pare su questo non si possa dubitare –  li ha fatti con la 124. È credibile che per andare alla piazzola degli Scopeti piglia la 128 e lascia la 124?
Ma perché mai doveva decidersi a comprare un'automobile i cui soldi glieli ha dati il datore di lavoro? Lui non ce li aveva, segno è che la 128 o non funzionava completamente o comunque era diventata una carretta. È questo il punto che secondo me va valutato pienamente e che ha incrinato certe mie convinzioni.

Come si vede, a fronte dei nuovi elementi portati dalla difesa Vanni e della conseguente contraddittoria reazione di Lotti, Propato era decisamente perplesso sulla possibilità che questi fosse andato agli Scopeti con il 128. Si noti la grande valenza attribuita dal magistrato ai due incidenti, per lui avvenuti senza dubbio con il 124 e che quindi rendevano poco credibile che l’8 settembre successivo Lotti avesse usato il 128. Come dargli torto? Ma era giustificata tutta la sua sicurezza sulle modalità con le quali sarebbero avvenuti i due incidenti?
In ogni caso i giudici di secondo grado si bevvero a canna tutte le menzogne di Lotti. Non è il caso di esporre, neppure sinteticamente, i ragionamenti della pessima sentenza; ne bastino le conclusioni:

Il tutto poi a prescindere da una ulteriore considerazione che deve necessariamente farsi: il fatto che il Lotti neppure ricordasse di avere comprato qualche mese prima dei fatti un’altra vettura non significa assolutamente che il medesimo l’8 settembre 1985 non abbia usato la 128 rossa. Tale auto era infatti nella sua piena disponibilità con tanto di tagliando assicurativo (illegittimamente) esposto sul parabrezza ed il Lotti ha dichiarato davanti a questo giudice che le macchine le usava tutte e due: la qualcosa è pienamente credibile se si tiene presente che il tagliando esposto sul vetro della Fiat 128 indicava una scadenza del periodo assicurativo al 20 settembre 1985.

E dunque Lotti, dopo aver convinto i primi giudici, alla fine riuscì a convincere anche i secondi di essere andato agli Scopeti con la 128 rossa, guadagnandosi in questo modo i suoi agognatissimi 26 anni di carcere! La stranezza di tale comportamento esige qualche riflessione, quindi apriamo una parentesi.
Mentre in aula insisteva con pervicacia nell’affermare di aver usato entrambe le auto, per di più mentendo, Lotti si portava sul groppone il peso di una condanna in primo grado a trent’anni di carcere. Per preparare una linea di difesa in vista dell’appello lui e il suo difensore avranno senz’altro tenuto degli incontri, entrambi consapevoli di dover fronteggiare la clamorosa novità dell’assicurazione partita al 25 maggio. Nel caso fosse stato del tutto innocente, quale miglior occasione avrebbe avuto Lotti per buttare all’aria il tavolo dichiarando che sì, lui nel settembre 1985 la macchina rossa non ce l’aveva più? Invece, assieme a Bertini, preparò soltanto una richiesta di attenuanti, tramite la quale poteva sperare al massimo di vedersi ridurre la condanna da trent’anni a una quindicina, ben più del paio o tre – peraltro già scontati – che avrebbe potuto rimediare per la sola calunnia. Sempre nel caso di una sua totale estraneità, è credibile che non ne avesse reso consapevole il proprio difensore? Oppure che questi, dopo averne ascoltato la professione d’innocenza, lo avesse comunque convinto a insistere nella sua rischiosissima confessione con chiamata in correo?
Ma non è questa la sede per porsi simili domande – porterebbero troppo lontano – quindi chiudiamo subito la parentesi, e torniamo ai certificati. A dimostrazione che Lotti e Bertini avevano preparato assieme le spiegazioni sull’uso di entrambe le auto c’è una domanda furbina del secondo al primo, da questi però non troppo raccolta: “Si ricorda se le è mai successo che la 124 non si mettesse in moto?”; “Qualche volta può essere successo”. Ma allora, perché tale versione non l’avevano preparata già in primo grado? Forse il certificato 25 maggio – 20 settembre relativo alla 124 non era tra le carte di Lotti e Lotti era stato zitto nascondendone l’esistenza a Bertini? E perché gli altri certificati c’erano e quello no? Oppure Bertini – ma sarebbe stato un pessimo stratega – lo aveva ignorato nella speranza che non venisse mai fuori? Oppure infine, in uno scenario come vedremo per nulla impossibile – anzi! – Lotti di quel certificato non ne sapeva nulla?
Alla ricerca di risposte ai tanti misteri che caratterizzano la compravendita di questa Fiat 124 blu nel prosieguo ne evidenzieremo le tante stranezze. Di queste cercheremo poi di dare una per quanto possibile corretta interpretazione, nelle intenzioni un po’ meno dozzinale di quelle che ancor oggi si leggono sul Web e sui libri privi di ragionevoli dubbi o, peggio, celebrativi di spietate indagini.

Un’auto piena di amnesie. Proviamo adesso a ripassare e commentare il vuoto di memoria che colpì chi aveva avuto a che fare con la Fiat 124 di Lotti prima del 20 settembre 1985. Cominciamo dal titolare dell’officina, Franco Bellini, e dal suo intervento in aula del 17 marzo 1998 (vedi):

Presidente: Senta, lei conosce Lotti Giancarlo? Lo conosce, vero?
Bellini: Sì, era mio cliente.
Presidente:  Si serviva della sua officina.
Bellini: Della mia officina, sì.
Presidente:  É lei che ha venduto la 128 a lui?
Bellini: La 128 sì, mi ricordo di avergliela venduta.
Presidente: Ecco, noi intendiamo parlare non della vendita della 128, ma della 124 blu o celeste. Com'era? Blu o celeste?
Bellini: Quello, guardi, io, assolutamente non me lo ricordo. Il 124 che ha preso dopo non mi ricordo nemmeno di che colore era, onestamente.
Presidente: Era la macchina di Schwarzenberg.
Bellini: L'ho saputo stamani mattina io di questo, perché non mi ricordavo...
Presidente: Non c'era lei in officina?
Bellini: Sì, c'ero io in officina. Ma, capisce, sono passati tanti di questi anni che ricordarmi...
Presidente: Senta, c'era un altro dipendente che si chiama Gino?
Bellini: Il mio cognato. Coli Gino.
Presidente: E pare che questa macchina è stata proprio venduta, il pagamento l'ha ricevuto lui, il Gino, dallo Scherma Roberto.
Bellini: Può darsi.
Presidente:  Con un assegno, eccetera, eccetera. Insomma, questa vendita è stata trattata da voi.
Bellini: Può darsi sia stata trattata da noi. Infatti io, quando mi chiesero che macchina avevo venduto, dissi: il 128 me lo ricordavo chiaramente, era una macchina un po' particolare, un 128 coupé rosso. Altre macchine, onestamente, capisce, ne passano tante, ricordarsele tutte...

Insomma, Franco Bellini si ricordava bene della 128, ma della 124 nisba! C’era però la speranza che se ne ricordasse meglio il cognato, Gino Coli, quello che aveva ricevuto l’assegno da Roberto Scherma. Il giorno dopo fu il suo momento (audio completo;  trascrizione sintetica)

Presidente: Senta, lei conosce Lotti Giancarlo?
Coli: Sì, lo conosco perché era un cliente. Era un cliente.
Presidente: Ecco, ci può dire: ha acquistato una macchina, lui, da voi, oppure no?
Coli: Ma è probabile, senz'altro. Perché era, in quel periodo lì specialmente, qualche cliente, amico, lasciavano lì delle macchine per venderle. Può darsi.
Presidente: Ecco. Schwarzenberg Karl, gli dice qualche cosa?
Coli: Sì, era un nostro cliente anche lui.
Presidente: Ecco, cosa ha fatto lui?
Coli: Lui ha lasciato una macchina lì, una macchina da poche lire da vendere a chi capitava.
Presidente: E che macchina era?
Coli: Eh, mi sembra
Presidente: Un 124 blu. Era blu?
Coli: Guardi, le dovessi dire il colore...
Presidente: Va bene. É un 124.
Coli: Sì. Gli è passato tanto tempo, eh.
Presidente: E questo 124 lo ha venduto lei?
Coli: É probabile, è probabile lo abbia trattato anch’io.. Senz'altro. Nel senso che...
Presidente: Cioè, nel senso che c'è chi ci dice che lo ha trattato lei. Quindi...
Coli: Si, si, può darsi senz'altro. Può darsi.
Presidente: ...cerchi di ricordare meglio.
Coli: Può darsi.
Presidente: E si ricorda a chi lo ha venduto?
Coli: A chi l'ho venduto. Mi sembrava... a Lotti, mi sembrava. Quel 124 lì. Sì.
Presidente: Ecco, a Lotti. É Lotti. Quanto lo pagò Lotti?
Coli: Non me lo ricordo, assolutamente, guardi. No.
Presidente: Chi lo pagò Lotti, o lo pagò qualche altro per Lotti?
Coli: É probabile anche che sia stato un...
Presidente: No, “è probabile”, niente di probabile. “Probabile” non vuol dire nulla. Riferisca cosa sa lei.
Coli: . .. lui lavorava a una draga. É probabile l'abbia pagata il suo principale.
Presidente: Allora, la pagò il principale di lui con un assegno.
Coli: Ci sta.
Presidente: Si ricorda più o meno quando è avvenuto questo, o no? É pretendere troppo?
Coli: No.
Presidente: L'epoca, grosso modo?
Coli: No, guardi. Assolutamente, non ricordo.
Presidente: Lasciamo l'anno, ma diciamo: la stagione. Inverno, estate, prima della mietitura, dopo la mietitura...
Coli: Mah., potrebbe essere stato, semmai... proprio inverno, no. Nell'autunno, mi sembra, o nel... così.
Presidente: Come?
Coli: Inverno no. Mi sembrava d'inverno, no. Mi sembrava più una stagione come ora, ecco, di questo periodo qui.
Presidente: Come ricevette il pagamento, con assegni?
Coli: Non lo so. Non me lo ricordo.
Presidente: Non si ricorda se era assegno, o in contanti. E la macchina quando gliel'avete data a Lotti?
Coli: Non glielo so dire, no.

Come si vede, anche Gino Coli non ricordava nulla di quella 124. La sua deposizione andò avanti con un’incredibile sfilza di “non ricordo”, “può darsi” , “è probabile” , “potrebbe” , “non glielo so dire, “ci sta e così via, facendo innervosire più volte il presidente: “Dice sempre: 'È probabile, è probabile', però lo dice troppo spesso 'probabile'!”. C’è da scommettere che se fosse stata convocata anche la moglie, Mery Bellini, il risultato sarebbe stato analogo.
Dopo Gino Coli, a ricordarsi poco toccò a Roberto Scherma, quasi come se, prima di deporre, si fosse lasciato influenzare dai vuoti di memoria dell’officina. Abbiamo visto che era stato lui a consegnare i soldi nelle mani di Coli, e sarebbe stato importante sapere quando.

Presidente: La domanda è questa: lei ha mai pagato una 124 a Lotti?
R.Scherma: Una 124?
Presidente: L'ha pagata lei per conto del Lotti? Che lui ha ritirato poi insieme a lei?
R.Scherma: Eh, può darsi.
Presidente: Può darsi.
R.Scherma: Può darsi perché... sì, può darsi perché lui lavorava con me, allora, dice: “Mi mancano questi soldi e il meccanico vuole che, insomma, che tu ci vieni e poi glieli darai, poi glieli dai tu”.
Presidente: E questa macchina da chi l'avete comprata?
R.Scherma: Mah, mi pare che questa macchina la comprò dall'officina Bellini. Perché ne ha comprata più di una, lui, di queste macchine. E ora io un me lo ricordo.
Presidente: Si parla del 124, però, non delle altre.
R.Scherma: Mi pare che questa l'abbia comprata lì. Al cento per cento non glielo posso assicurare.
Presidente: No, no, lo dice il Lotti. L'ha detto il Lotti che l'ha pagata lei, 800.000 lire. Si ricorda questo pagamento all'officina Bellini in che epoca avvenne? Il giorno, di sera, la stagione o non stagione. Cerchi un po' di far mente locale.
R.Scherma: Come? Unn'ho capito la...
Presidente: Lei andò insieme al Lotti all'officina Bellini a pagare questa macchina.
R.Scherma: Sì. Non mi ricordo se era l'officina Bellini, insomma, da un meccanico a San Casciano.
Presidente: Un meccanico a San Casciano, benissimo. É uscito poc'anzi, sta lì fuori, se vuole... è quello che ha ricevuto il pagamento da lei.
R.Scherma: Sì.
Presidente: Allora, si ricorda quando è avvenuto questo fatto? Siamo nell'85, la metto sulla strada.
R.Scherma: Eh, un me lo ricordo, come fo? Sarà stato nell'85, nell'87, nell'83, non me lo ricordo.

Ci fu un altro testimone smemorato, questo più di tutti, ma lo vedremo nel prossimo paragrafo.

Incidenti misteriosi. Diamo adesso un’occhiata un po’ più approfondita ai due incidenti che Giancarlo Lotti avrebbe provocato con la Fiat 124 nell’estate del 1985 e denunciati alla sua assicurazione. Ne parlò in appello Alberto Bartoli, raccontando di averne trovato traccia all’interno del fascicolo della polizza. Vediamo il primo.

PG: Il Presidente le ha chiesto la pratica dell'incidente del 30 luglio '85. Ce n'è stato uno precedente, guardando le sue carte, ci può dire il nome dell'altro col quale c'è stato l'incidente? Giugno...
Bartoli: Il primo sinistro è avvenuto il 22 giugno '85 alle ore 21:45. La parte avversa era un certo Giuliani Settimio, abitante a Impruneta.
PG: Sa l'entità di questo incidente?
Bartoli: Di questo no, dell'altro sì. L'incidente è avvenuto il 31 luglio 1985, quello con il signor Tartagli ed è stato pagato il primo aprile '86 in 590.000 lire.
PG: Parliamo di quello di giugno. C'è tale Giuliani, questo è stato denunziato da Lotti? Ci può dire cosa dice?
Bartoli: “Il sottoscritto Lotti Giancarlo, abitante a San Casciano Val di Pesa, Via Lucciano, 20, proprietario dell'autovettura Fiat 124, targata FI E42432 e assicurata con la vostra polizza n. 68731, dichiara che il giorno 22 giugno '85 alle ore 21:45 immettendomi in via del Poggio Imperiale, urtavo nella parte anteriore sinistra, danneggiando il parafango di una Fiat 127 targata FI 814964 del signor Giuliani Settimio, abitante a Impruneta, assicurato con Lloyd Adriatico S.p.A., polizza 3613299-09. Distintamente salutiamo”.
Questa è diretta all'allora Preservatrice Assicurazioni e sembra abbia la firma di Lotti ed è datata 27/6/85.

L’unico documento rintracciato da Bartoli riguardo questo incidente era una fotocopia della lettera con la quale Lotti se ne era assunto la responsabilità. L’aveva scritta lui? Di sicuro no, non ne sarebbe stato capace; sappiamo bene che l’individuo quasi non sapeva scrivere, come dimostra la sua famosa “lettera spontanea” (vedi). L’aveva almeno firmata? “Sembra abbia la firma di Lotti”, disse Bartoli dopo averla letta, senza segnalare differenze stilistiche tra firma e testo soprastante (qui due firme di Lotti, ringrazio Francesco Cappelletti). Naturalmente Bartoli poteva anche aver omesso l’osservazione, oppure il testo era scritto a macchina. I maligni però potrebbero anche pensare a una firma di chi lo aveva scritto a mano, quindi non genuina. Soltanto l’esame del documento fugherebbe i dubbi, ma chi scrive purtroppo non ne ha la disponibilità.
Non sappiamo se il danno fosse stato poi rimborsato dalla Allsecures Preservatrice, Bartoli non ne aveva documentazione. Si presume di sì, comunque, essendosi Lotti accollato il torto. In ogni caso si deve rilevare una strana coincidenza: l’incidente era accaduto a Firenze – via del Poggio Imperiale è a Firenze e soltanto lì – e tra le tante auto di fiorentini e provincia alle quali Lotti poteva essere andato addosso gli era capitata proprio una il cui proprietario abitava a Impruneta, a pochi chilometri da lui e soprattutto dall’officina Bellini: meno di sette in linea d’aria. Qualcuno si stupirebbe se la riparazione fosse avvenuta proprio in tale officina? Servizio completo, insomma. Purtroppo il signor Settimio Giuliani non venne chiamato a deporre, e niente venne chiesto a Lotti – il quale chissà se ne sapeva qualcosa? – quindi niente in più si poté sapere intorno a quello strano incidente, oltre le scarne notizie desumibili dalla lettera.
Passiamo al secondo incidente, del quale abbiamo già visto l’entità del rimborso: 590 mila lire, corrispondenti a circa 736 euro di oggi (2020).

PG: Passiamo ora all'incidente del 30 luglio. L'incidente è stato denunziato dalla controparte?
Bartoli: Sì. C'è una lettera di richiesta danni, qui in fotocopia, con il mittente Tartagli Federico, La Romola, ed è diretta al signor Giancarlo Lotti, Via Lucciano, 20 San Casciano Val di Pesa e pc alla Allsecures Preservatrice, ispettorato sinistri, Via Orti Oricellari, 32 - Firenze. La data è 31 luglio '85 e dice:
“In riferimento al sinistro causato dall'autovettura Fiat 124, targata FI E42432, di sua proprietà e da lei guidata, informo che è mia intenzione chiedere risarcimento del danno subito dalla mia Ford Fiesta targata B59183, sulla fiancata. La prego quindi di voler periziare il danno o personalmente o a mezzo assicurazione, contattandomi precedentemente al numero telefonico xxxxxx, preferibilmente dopo le 20:30. Informo che non ricevendo comunicazioni, provvederò alla riparazione del danno girandole poi la fattura relativa. Distinti saluti.”
C'è un timbro, Federico Tartagli e una sigla.

C’è da dire che con una richiesta danni del genere – priva di ogni specifica: data, ora, luogo, dinamica, ecc… – non sarebbe stato possibile istruire alcuna pratica di sinistro, e tantomeno decidere il risarcimento della parte avversa. Questo almeno nell’ambito di una corretta gestione da parte dell’assicuratore. Semmai tale richiesta avrebbe potuto costituire il punto di partenza di una successiva e indispensabile raccolta di informazioni. Ma nel fascicolo recuperato da Bartoli non ve n’era traccia, poiché alla lettera di Tartagli si accompagnava soltanto una sintetica scheda del sinistro con indicati data e importo del pagamento.
Se la documentazione disponibile non consentiva di ricostruire nulla dell’incidente, si poteva sperare che maggiori notizie venissero fuori da chi ne era stato coinvolto. Abbiamo visto che nell’udienza del 18 maggio 1999 Federico Tartagli venne interrogato, però, incredibile ma vero, affermò di non ricordarsi assolutamente nulla, come se l’incidente non fosse mai avvenuto. E neppure i suoi familiari (qui l’audio).

Presidente: Lei signor Tartagli Federico nel lontano 1985, esattamente il 31 luglio 1985, scrisse una lettera a una società assicuratrice, dicendo che aveva avuto un incidente stradale con tale Lotti Giancarlo. Se lo ricorda questo?
Tartagli: No signor presidente, per niente, non ho nemmen la minima idea di quello che può essere accaduto, ma niente niente, guardi, se no sinceramente io… non ci sarebbe…
Presidente: Signora… scusi… lei ha quel documento che dovrebbe essere stato prodotto stamane? Se vuole farselo dare un momento. Ecco, vuol farlo vedere al teste… si dà atto che al teste viene…
Tartagli: [dopo aver letto] Sì, di questa macchina mi ricordo l’avevo io… mi ricordo a quell’epoca io comprai due furgoni e due Fieste dal signor Baldi a Pontassieve. Perché io facevo pavimenti in legno… una ditta di pavimenti in legno… ecco per questo qui, ma però di questo incidente onestamente non ho nessuna ricordanza di niente. Che l’abbia scritta io la firma mia quello sì. Qui però non posso dirle sì è vero o non è vero. Non ho nessuna minima idea, guardi, proprio niente niente…
Presidente: Ma noi non mettiamo in dubbio che sia vero, perché oltretutto è stato risarcito quindi suppongo che sia vero
Tartagli: … presidente a dirle una cosa per un’altra…
Presidente: Era soltanto per avere conferma… Comunque lei conferma che la firma è sua su questa lettera…
Tartagli: Sì sì.
Presidente: … anche se lei non ha memoria di questo incidente…
Tartagli: No no, per niente signor presidente, guardi, mi creda onestamente
Presidente: Potrebbe essere che non guidava lei, guidava qualcun altro?
Tartagli: Onestamente io ho sentito anche i miei figli che collaboravano con me. Anche loro non hanno la minima idea, proprio per niente. Ieri sera anzi ho telefonato, qualcuno l’ho visto anche in casa, ho detto guardate ragazzi, così così così, vi ricordate che nell’85 c’è stato un incidente così così? Dice: “Babbo, guarda io per niente ma io non  mi ricordo di niente”.
Ormai è passato 14 anni, poi se ci fosse stato qualcosa… perché è giusto dire anche la verità, giusto signor presidente? Io onestamente gli parlo da padre di famiglia onesto… che non ho nemmen la minima idea ecco di quello che sia stato accaduto.

Giudichi il lettore se la persona era sincera. Chi scrive pensa male, rilevando anche un appellarsi eccessivo alla propria onestà (“Io onestamente gli parlo da padre di famiglia onesto”) quando nessuno l’aveva messa in dubbio e neppure ne avrebbe avuto motivo. Oppure sì? Gallina che canta ha fatto l’uovo?
Bisogna anche tener conto di un fatto, tanto per cambiare anch’esso anomalo. Come risultava dalla documentazione letta da Bartoli in aula, il rimborso era avvenuto il primo aprile 1986, quindi a distanza di ben otto mesi dal sinistro – quasi come mettere al mondo un bel bambino o una bella bambina! Si tratta di un lasso di tempo giustificabile soltanto in caso di danni alle persone, dove intervengono convalescenze, guarigioni, invalidità e certificati annessi e connessi. Ma qui c’era stato un danno di carrozzeria e basta, di entità non certo astronomica, tenuto conto del rimborso, e, a dir tanto, in un paio di mesi la pratica avrebbe dovuto essersi chiusa. Evidentemente sul rimborso c’erano stati dei problemi, forse contestazioni accompagnate da contrasti di perizie, chi lo può sapere? Tartagli si era dimenticato anche di questi?
Ma quel banale cozzo di un’austera Fiat 124 di fine anni ’60 contro una sbarazzina e ancor giovane Ford Fiesta del 1981 non voleva proprio saperne di svelare alla Corte le proprie nudità: nonostante lo avesse confermato, e quindi gli mancasse qualsiasi motivo di nasconderne i dettagli, di quell’incidente non se ne ricordava neppure Giancarlo Lotti!

Presidente: Il Tartagli non si ricorda nulla di questo incidente, lei se lo ricorda?
Lotti: Io un me ne ricordo di questa persona, gli è passato tanto tempo...
Presidente: Ma dell'incidente se lo ricorda?
Lotti: L'incidente sì... c'è l'assicurazione, me la fece il Bellini a San Casciano...
Presidente: Si, ma cosa successe in questo incidente? Dove?
Lotti: Di preciso un me lo ricordo bene...
Presidente: E che danni riportò la sua macchina? Se lo ricorda?
Lotti: Mah, la mia la unn ebbe danni di nulla, ha fregato appena il paraurti e basta.

Qualcosina invero Lotti disse di ricordarsela: in pratica nessun danno alla sua macchina, un graffietto al paraurti e basta. Però dall'altra parte c'era stato un danno di entità quasi pari all’intero valore della sua 124. Non così piccolo, insomma, quindi quel paraurti doveva essere proprio di quelli tosti! Oppure si potrebbe anche pensare che Lotti, come suo solito, avesse detto quel che gli conveniva dire, tanto per chiuderla lì e far contenti tutti.
Continuiamo però sulla fascinosa strada del pensar male, visto che oggi chi scrive si sente oltremodo maligno. Non sappiamo dove fosse avvenuto l’incidente, non avendolo Tartagli specificato nella propria richiesta danni, si deve però notare che anche lui abitava molto vicino all’officina Bellini, anzi, ancora più vicino di Giuliani: in linea d’aria 5 chilometri. Anche in questo caso ci sarebbe da stupirsi se fosse stata proprio quell’officina a provvedere alla riparazione?
Alla fine il lettore non inquadrato dovrebbe nutrire almeno qualche dubbio sull’effettiva rispondenza al vero delle due denunce di sinistro, guarda caso entrambe con riconoscimento di colpa da parte dell’intestatario della polizza di cui si sta discutendo. Per di più il tutto era accaduto nei primi due mesi da quando tale polizza era stata accesa. Era questa la sinistrosità media di Giancarlo Lotti? Ma allora, in quale astronomica classe di (de)merito doveva essere schizzato il suo bonus malus?

Segue