martedì 19 maggio 2020

Il tormentone dell'assicurazione (2)


Colpo di scena in appello. Nell’anno circa intercorrente tra la condanna di Vanni e Lotti in primo grado e l’inizio del processo d’appello, le ricerche della difesa Vanni sull’acquisto della Fiat 124 blu proseguirono. Quando si era ormai quasi a ridosso del nuovo procedimento, dalla sede di Firenze della compagnia Axa Assicurazioni – subentrata alla Allsecures Preservatrice – venne fuori un certificato che anticipava dal 20 settembre al 25 maggio la sostituzione della polizza 67053 sulla 128 con la polizza 68731 sulla 124. Quindi alle ore 10 del 25 maggio 1985 il rateo residuo della semestralità 20 marzo – 20 settembre della polizza della 128 era stato trasferito sulla nuova polizza della 124, e la 128 era rimasta priva di copertura assicurativa. Naturalmente Filastò e Mazzeo si affrettarono a integrare i motivi di appello con la clamorosa novità.
Ecco l’annuncio del relatore nel corso dell’udienza del 17 maggio 1999 (vedi):

In serie di motivi aggiunti di appello i difensori del Vanni hanno prodotto un documento. Ci hanno detto che hanno effettuato loro indagini, si sono limitati a recarsi presso l'agenzia di quella compagnia assicuratrice di Firenze e l'agente della compagnia assicuratrice gli ha consegnato tanto di polizza, che noi abbiamo in fotocopia ma che speriamo di leggere in originale attinente al 124. Io non ci ho letto nulla ma quello che si legge è un timbro. Sembrerebbe che questa polizza sia stata stipulata il 25 maggio 1985, quindi sembra che la 124 abbia iniziato a circolare, diversamente era inutile assicurarla, dal mese di maggio '85. Questa è la novità importante in questa sede di appello.

Preso atto della novità, il procuratore generale Daniele Propato, futuro rappresentante dell’accusa, aveva fatto anch’egli visita alla sede di Firenze della compagnia assicuratrice. E lì non soltanto aveva avuto modo di verificare la fondatezza dei motivi d’appello, ma si era anche trovato di fronte alle tracce di due incidenti stradali avuti da Lotti alla guida della 124. Quando? Nell’estate del 1985, prima del delitto degli Scopeti! Lo raccontò lui stesso nel suo primo intervento (17 maggio, vedi):

Spontaneamente la signora che era lì in ufficio mi ha dichiarato – e voi trovate il verbale – che il Lotti ha avuto due incidenti con la Fiat 124. Ha avuto un incidente il 22 giugno '85 alle ore 21,45 in via del Poggio Imperiale, Firenze. Questo incidente è stato denunziato dal Lotti, di questo incidente io non ho preso il nome dell'altra parte dell'incidente, perché ce n'è stato un altro in data 31 luglio con questa Fiat 124, 31 luglio '85 e di questo ho preso il nominativo e questa persona vi chiedo anche di sentire.

Era chiaro che esistevano tutti gli estremi per riaprire il dibattimento con l’ascolto dei testimoni indicati dal Procuratore Generale, nonché, se disponibile, dello stesso Lotti. Il giorno dopo, 18 maggio, venne sentito per primo l’agente assicurativo Alberto Bartoli, responsabile per Firenze della Axa Assicurazioni. Di tale intervento è disponibile una trascrizione parziale qui, e l’audio completo qui. Va premesso che nel 1985 Bartoli non lavorava per la precedente Allsecures Preservatrice, quindi il suo intervento servì più che altro a fornire e illustrare la documentazione da lui ritrovata negli archivi dell’agenzia.
Queste furono le sue parole riguardo il contratto 68731 con il quale la copertura della 128 era stata trasferita sulla 124. Tale contratto era stato inserito tra gli annullati (vedremo più avanti la significatività di tale condizione).

Procuratore Generale: Quando lei dice di aver trovato questo contratto tra i contratti annullati, che vuol dire?
Bartoli: Vuol dire che le polizze annullate vengono inserite in un certo archivio, e in questo archivio io ho trovato questo contratto qua.
Filastò: Sì, ma che vuol dire annullato?
Bartoli: Annullato vuol dire… questo contratto ha avuto una certa storia. È partito dal maggio dell'85 per il 124 ed ha proseguito fino al marzo dell'86/87, poi è stato annullato perché il cliente non ha più pagato la rata. Noi lo abbiamo annullato nel settembre del '92, però già dall'88 riguardava un veicolo diverso.
PG: Questa polizza è un trasferimento, una sostituzione, una rinnovazione, un passaggio da una vettura all'altra.
Bartoli: È un passaggio. Alle ore 10:00 del 25 maggio '85 fu assicurato, al posto di un'altra autovettura, un Fiat 124.

Questo cambiamento di polizza aveva comportato una spesa per il contraente? No, anzi, pare che ci fosse stato un rimborso. In effetti ai tempi si andava per cilindrata, con i cosiddetti cavalli fiscali, e la 128 era di cilindrata superiore (1300 contro 1200).

PG: Come cilindrata delle macchine c’era un rimborso, lì c’è una compensazione, mi pare di leggere, o no?
Bartoli: Sì, sulla prima rata c’è un importo compensato.

A conferma si riporta il successivo scambio con Mazzeo.

Mazzeo: Le risulta, sempre esaminando questo documento che le viene sequestrato oggi, se l'assicurato per fare questa sostituzione ha dovuto pagare qualche cosa?
Bartoli: No. Il premio è stato compensato fino alla rata del settembre '85.
Mazzeo: Quindi per fare questa sostituzione non ha pagato niente... era coperto fino al settembre dell'85, avendo pagato in anticipo il 20 marzo '85 l'intero premio sulla macchina precedente.
Bartoli: Giusto

Altro argomento importante fu quello dei documenti che venivano richiesti in caso di voltura dell’assicurazione.

PG: Quando un cliente viene dall'assicuratore e vuol fare questa operazione, l'assicuratore che documentazione richiede?
Bartoli: Richiedo i documenti della vecchia vettura e faccio una sostituzione, contrassegno e certificato di assicurazione, dopodiché effettuo la voltura e il cliente mi dovrebbe portare il libretto della nuova autovettura da assicurare.
PG: Se no non fa questa polizza?
Bartoli: Se no non la fo. Però a quell’epoca lì… quello che la società di allora richiedeva questo non lo so. Ora le regole sono queste.
PG: Allora, ci vuole il certificato di assicurazione, il contrassegno della vecchia, e poi per la macchina che acquisto ci vuole?
Bartoli: Il cliente mi dovrebbe portare il libretto della nuova autovettura, dal quale risulti che l’auto è di tizio. Queste sono le regole che ci sono oggi… può essere che allora le cose fossero diverse. Il cliente mi riporta indietro senz’altro il certificato e il contrassegno, poi può essere che senz’altro l’assicuratore prenda e sostituisca la polizza su semplici dichiarazioni del cliente.

Le regole indicate da Bartoli per le sue polizze valevano tal quali nel 1985. In caso di voltura il cliente doveva consegnare il certificato della vecchia assicurazione, quello normalmente conservato nel cruscotto dell’auto, e il relativo contrassegno che invece andava esposto sul parabrezza. Doveva anche mostrare il libretto della nuova auto dal quale risultasse il passaggio di proprietà a suo nome. C’è da dire che mentre la consegna di vecchio certificato e vecchio contrassegno era pressoché obbligatoria – nonostante Bartoli avesse ammesso la possibilità di eccezioni, vedremo quanto frequenti – quella del libretto con trascritto il nome del nuovo proprietario molto meno, essendo troppo lunghi i tempi che al PRA intercorrevano tra richiesta ed effettiva trascrizione.
Bartoli raccontò poi dei due incidenti, che più oltre esamineremo in modo approfondito. Riguardo il secondo, quello del 31 luglio, a seguire venne ascoltata la persona coinvolta, Federico Tartagli, il quale, con una deposizione brevissima, dichiarò di non rammentare assolutamente nulla. Il lettore prenda atto dell’ennesimo e totale vuoto di memoria, più avanti esamineremo la deposizione in dettaglio.
A questo punto, prima dell’esame delle spiegazioni di Lotti – che giunsero a ruota – conviene effettuare un temporaneo salto in avanti, per la precisione al giorno dopo, quando venne sentito Roberto Longo, l’agente responsabile della Allsecures Preservatrice nel 1985 (qui l’audio), al quale il presidente iniziò a chiedere delucidazioni sulla polizza 68731 partita il 25 maggio 1985 sulla 124.

Presidente: Questa polizza risulta rilasciata dalla sua agenzia
Longo: Certo. Dalla mia agenzia.
Presidente: Ricorda se l’ha rilasciata personalmente?
Longo: Personalmente no. Perché io su San Casciano mi servivo dell’officina Bellini che vendeva automobili nuove e usate. L’esazione vera e propria avveniva tramite l’officina Bellini. Io preparavo la polizza, gliela davo, loro incassavano e me la ritornavano firmata. Quindi io il cliente non lo vedevo.
Presidente: Mi sembra di aver letto negli atti che in realtà si occupava dei contatti con lei…
Longo: Esatto, la signora Mary Bellini, sì.

Dopo il timido accenno del marito Gino Coli in primo grado (“Qualche volta era in contatto e faceva delle assicurazioni con questa compagnia qui”), Longo consentì di scoprire – ma dalle parole del Presidente pare che la notizia fosse già agli atti – che la signora Mery Bellini nel 1985 era il suo subagente per San Casciano, dove interfacciava in modo diretto i clienti. Quindi delle polizze di Lotti si era occupata lei.
Poi il presidente chiese informazioni sulla questione del mancato ritiro di certificato e contrassegno della polizza vecchia:

Presidente: Questa polizza è sostanzialmente la voltura di una polizza precedente su una macchina diversa. Prima di rilasciare questa polizza, voi ritiravate il certificato di assicurazione rilasciato sulla macchina che ora non era più assicurata e ritiravate anche il tagliando da esporre o no? E nel caso specifico, le risulta che sia avvenuto questo o no?
Longo: Nel caso specifico, signor giudice, non me lo ricordo, però la prassi regolare era quella che dovevano ritirare il vecchio certificato e il contrassegno, se no la compagnia rischiava di coprire due vetture, cioè la vettura che veniva sostituita e la nuova autovettura. Siccome il certificato e il contrassegno portano la firma della compagnia, la compagnia è responsabile fino alla scadenza del contratto della circolazione del veicolo, quindi se non viene fatto questo atto la compagnia rischia su due vetture, mentre invece risulterebbe solo una vettura per il premio incassato. Questa è la prassi però, ora, signor giudice, non mi ricordo se in quel caso fu fatto o meno.
Presidente:  Lei sostanzialmente mi dice che non attendeva che le pervenissero questi documenti prima di rilasciare la polizza, visto che lei agiva per interposta persona?
Longo: Le polizze emesse nel mese precedente venivano sistemate una volta al mese, nel mese successivo. Passava un mese dall’emissione del contratto, quindi a volte io non lo sapevo se venivano ritirati al momento o dopo il certificato e il contrassegno vecchi. Perché era una prassi che non avveniva immediatamente presso il mio ufficio, avveniva presso la subagenzia di San Casciano, che io andavo una volta al mese regolarmente. Quindi non potrei confermare se in quella fattispecie fu fatto come doveva essere fatto.
PG: Volevo capire meglio che cosa facevate a Firenze e che cosa si faceva San Casciano, cioè la polizza la compilavate qua a Firenze, poi la mandavate tramite qualcuno a San Casciano?
Longo: Esatto. I contratti vengono emessi esclusivamente dalle agenzie, perché le agenzie sono responsabili  nei confronti della compagnia della emissione delle polizze, poi il subagente cura l’incasso e rimette i simpli [documenti] all’agenzia.
PG: Quindi la signora a San Casciano faceva da tramite, consegnava materialmente la documentazione e ritirava il certificato.
Longo: Esatto. Doveva ritirare il certificato vecchio.
PG: E gliel’avevate chiesto? Lo sapeva questa signora?
Longo: Lo sapeva quello che doveva fare, poi se nella fattispecie l’ha fatto io non glielo posso dire. Però la prassi che doveva ritirare il vecchio certificato e dare quello nuovo, sì.
PG: Questo certificato… il contrassegno…
Longo: È quello esposto al vetro che si chiama contrassegno e il certificato quello che dovrebbe stare nel [cruscotto].
PG: E lei cosa voleva di questi due?
Longo: Tutti e due.
PG: Tutti e due. Poi questo certificato non l’ha avuto perché l’abbiamo noi.

Essendo rimasto a Lotti il certificato della vecchia polizza – quello consegnato dal suo legale alla Corte in primo grado – si deve ragionevolmente presumere gli fosse stato lasciato anche il contrassegno esposto sul parabrezza. La qual cosa gli avrebbe consentito di circolare con la 128 non più assicurata senza temere i controlli della polizia, visto che ai tempi non c’era l’informatizzazione di oggi. Anzi, non avendogli ritirato i due documenti, in caso di sinistro la compagnia assicuratrice sarebbe comunque stata obbligata a coprire eventuali danni, come affermò chiaramente Longo su domanda di Bertini (“Fino al 20 settembre 1985 può darsi che il cliente abbia avuto in mano anche il certificato vecchio, se non è stato ritirato. Quindi la compagnia era responsabile fino al 20 settembre 1985”). E questo per legge, quindi è evidente l’importanza dell’operazione di ritiro.
Non si comprende il perché non fosse stata convocata anche Mery Bellini, tanto più dopo la testimonianza Longo. Chi meglio di lei poteva raccontare come si erano svolti i fatti? Si trattò di un gravissimo errore della Corte e del Procuratore Generale, che fece il paio con quello, grave soltanto un po’ meno, del non aver convocato la persona con la quale Lotti avrebbe avuto il primo dei due incidenti. Riguardo la Bellini, possiamo in ultimo notare il buon fine dell’operazione del marito, che in primo grado aveva sostanzialmente occultato, minimizzandolo, il suo vero ruolo in officina.

Le menzogne di Lotti. Torniamo adesso all’udienza precedente e all’ascolto delle spiegazioni di Giancarlo Lotti (qui l’audio completo).

Consigliere: Si voleva sapere e lo vorremmo sapere ancora noi, lei che macchina aveva l'8 settembre 1985 agli Scopeti.
Lotti: Il 128.
Consigliere: Il 128 e lei continua a dire questo. Adesso le faccio sapere una cosa. Si è scoperto che questo 124, che lei aveva comprato, lei l'aveva addirittura assicurato in maggio.
Lotti: Io le adoperavo tutte e due le macchine, il 128 e il 124.
Consigliere: Ah, lei contemporaneamente le usava tutte e due, il 128 e il 124, abbiamo capito bene?
Lotti: Sì, sì, sì.
Consigliere: Però in primo grado lei disse un'altra cosa, se lo ricorda?
Lotti: Forse non mi ricordavo preciso, l'altra volta... Invece ora me lo ricordo preciso.
Presidente: L'importante è che lei prenda atto del fatto che lei circolava a quell'epoca anche col 124 e...
Lotti: No, col 124 andavo in posti un po’ più lontano perché il 128 gli era quasi per finire, sicché...
Presidente: Ma lei non era assicurato col 128.
Lotti: No, ci avevo il coso, però non era assicurata, ne assicurai una sola, due come fai a assicuralle?
Presidente: Quindi col 128 circolava senza assicurazione?
Lotti: Andavo vicino, non lontano.

Ecco la sfacciata spiegazione di Lotti a tutti i misteri: “Io le adoperavo tutte e due le macchine, il 128 e il 124”! Ma come aveva potuto circolare con una 128 non più assicurata? Perché gli era rimasto il contrassegno sul parabrezza (“ci avevo il coso”), come spiegò meglio su domanda di Mazzeo, che a dire il vero sembrò aver capito poco della sua risposta, invece abbastanza chiara.

Mazzeo: Lei ha detto prima che ci ha tenuto sul 128 rosso, dopo aver comprato la 124, un contrassegno di assicurazione anche se era belle scaduto. Cosa vuol dire?
Lotti: Un mi ricordo mica di preciso.
Mazzeo: Non l'aveva consegnato? Non le era stato richiesto?
Lotti: Era rimasto nella macchina...
Mazzeo: Come nella macchina? Lei ha detto che lo teneva sul cruscotto!
Lotti: Era rimasto lì.
Mazzeo: Lei cosa ha messo sul cruscotto? Era libero, pulito, vuoto oppure ci ha messo un simulacro di assicurazione quando circolava magari per trarre in inganno qualche vigile urbano?
Lotti: Quando la tiensi ferma c'era sempre il contrassegno alla macchina.

Come era stata sua abitudine in istruttoria e nel dibattimento di primo grado, di fronte a quella che pareva l’evidenza Lotti fece dunque una giravolta strategica e si adeguò alla contestazione senza contrastarla: semplicemente aveva usato entrambe le auto. È chiaro però che mentiva. Mentiva perché non avrebbe avuto senso usare entrambe le auto, e mentiva soprattutto perché i suoi datori di lavoro, nell’udienza del 18 marzo 1998, avevano rilasciato testimonianze che dicevano tutt’altro. Partiamo da Roberto Scherma.

Presidente: E quando ritirò la macchina, la 124, davanti a casa sua c'erano tutte e due le macchine o ce n'era una sola?
R.Scherma: Ma mi pare per un po' di tempo c'è stata anche quella che non andava, quella che l'aveva rotta. Quella che era rotta. Non mi ricordo di che era rotta, quella per un po' di tempo ci deve essere stata, lì.
Presidente: E quando c'era la macchina 124, la blu, Lotti usava anche la 128? O usava solamente la 124 nuova?
R.Scherma: No, l'altra no, non credo, non credo io, perché era rotta.
Presidente: Quello che ha visto, quello che ha visto lei. Lei non deve dire quello che pensa, quello che ha visto fare, è una cosa diversa.
R.Scherma: Io non l'ho... quella lì… rotta, non gliel'ho vista usare...
Presidente: Da quando c'aveva l'altra nuova.
R.Scherma: Gliel'ho ho vista lì davanti per un po’ di tempo e poi mi pare che chiamò il coso lì, quello che le prendono, il demolitore.
Presidente: E quanto tempo è stata ferma davanti a casa sua quella macchina lì?
R.Scherma: Mah, un po' di tempo c'è stata, un so, un mese, due mesi.
Presidente: Cioè, un mese o due mesi da quando ha ricevuto la macchina, la 124?
R.Scherma: Sì, lui andava con quella, diciamo, nuova.

Filastò: Lei questa macchina rossa quanto tempo l'ha vista ferma? Di che periodo più o meno?
R.Scherma: Mah, l'ho detto prima, il periodo un me lo ricordo.
Filastò: Un mese, due mesi, ha detto.
R.Scherma: Sì, penso un paio di mesi, io, così...
Filastò: Ecco, durante questi due mesi lei è sicuro di non averla mai vista in movimento questa macchina?
R.Scherma: No, io in giro, no, un l'ho vista.
Filastò: Ecco. Stava in un posto davanti alla casa del Lotti.
R.Scherma: Davanti alla casa del Lotti.

Anche il figlio Luigi aveva confermato la circostanza:

Presidente: Ecco, quello che volevo sapere io, invece, è: da quando lui ha avuto per la prima volta la 124 blu, la 128, se funzionava, se la usava lo stesso, non la usava; era ferma, con le ruote, non ruote... Cosa ricorda di questi particolari?
L.Scherma: Mah... A me sembra che non la usasse più la 128; usasse solo la 124 blu. Non... diciamo, non ho badato tanto a questo. Ma mi sembra che la macchina non era più funzionante e usava solo la 124 blu.

E dunque, secondo entrambi gli Scherma, dopo l’acquisto della 124 Lotti non aveva più adoperato la 128. Se fosse accaduto il contrario non si vede perché i due non avrebbero dovuto accorgersene e ricordarsene, essendo del tutto anomalo un comportamento di tal genere, quindi impossibile da passare inosservato a chi aveva le due macchine tutti i giorni sott’occhio.

PG confuso e giudici sicuri. In base alla sua requisitoria del 20 maggio (qui un’ampia sintesi), possiamo ragionevolmente suppore che quanto di Lotti non aveva capito la difesa Vanni lo aveva almeno intuito il Procuratore Generale. È ormai celebre questo passo – ma ogni appassionato farebbe bene a leggerlo e rileggerlo più volte – in cui Daniele Propato tracciò un inquietante ritratto dell’individuo, basandosi sulla perizia Fornari-Lagazzi integrata da osservazioni proprie:

Riguardando la consulenza Lotti, qua il migliore autore per questi reati, secondo me, è Lotti: perversione sessuale, istinti omosessuali farebbero pensare a un Lotti autore dei reati. Lotti è mancino, ma per certe cose usa ambedue le mani. E c'è una cosa che mi allarma: il francese una volta dice che è stato preso col destro e accoltellato col sinistro ma i periti dicono da destra a sinistra che fa proprio pensare ad un mancino.
La consulenza dice: guardate che Lotti non è un mitomane, è vigile, lui sa come rispondere persino ai consulenti, valuta le risposte, si regola a seconda dei casi, è cosciente della sua posizione, in qualche momento – dice Lagazzi – rispondeva in modo palesemente e volutamente evasivo alle domande che gli facevamo e riferiva elementi che facevano parte soprattutto della sua storia personale. È una persona che davanti a domande specifiche talvolta eludeva le stesse domande oppure si limitava a ribadire che su determinati argomenti non ha nulla di più da dire.
Dice che pur essendo persona di risorse culturali e sociali limitate, era in grado di reggere validamente un colloquio con gli interlocutori. È l'atteggiamento di una persona molto attenta a quello che diceva, molto attenta a quello che non diceva. Tutto quello che anche indirettamente poteva in qualche modo portare nuove discussioni su questo argomento lui lo troncava.
Si è atteggiato a uomo mite, che subisce gli altri, ma i consulenti non sono d'accordo su questa valutazione. E questo è Lotti.

In quest’altro passo – chi scrive non è riuscito a collocarlo nel tempo, è comunque rintracciabile qui – Propato si dichiarò convinto che Lotti non avesse subito manipolazioni dagli inquirenti:

L’avvocato Filastò è stato molto leggero nel processo d’appello. Insomma, non ha fatto polemiche. Lui dice, con la richiesta del Procuratore Generale perché dovevo far polemiche? Ma se uno va a rileggere tutto il dibattimento di primo grado l’avvocato Filastò è parecchio più combattivo, più pungente. Qui ha parlato di contaminazione dei testimoni. Ma in questa formazione progressiva della prova, cioè delle dichiarazioni, ci può essere un sospetto diverso, che qui non è stato esplicitato. Io a questi sospetti non credo minimamente, cioè io questi sospetti non ce li ho.
Nessun pubblico ufficiale aveva interesse a fare qualche cosa così contraria alla legge, per esempio manipolare un testimone. Io mi rifiuto di credere, un collega, un poliziotto… Qui non ce n’è, altrimenti tutti i contrasti del Lotti non li avremmo nemmeno avuti. Lotti non è stato costretto da nessuno, Lotti non è stato manipolato da nessuno, Lotti ha fatto le sue dichiarazioni spontaneamente. E tanti particolari che lui racconta in qualche modo s’incastrano con gli avvenimenti. E questo rimane per me il mistero Lotti.

Per Propato dunque Lotti alla fine rimase un mistero, lo ammise lui stesso. La sua inedita intuizione non poté concretizzarsi appieno per una serie di ragioni, la cui principale, a parere di chi scrive, è proprio quella relativa alla questione disponibilità sì o disponibilità no della Fiat 128 Sport Coupé rossa il giorno del delitto degli Scopeti.

Come si poteva immaginare Lotti è venuto davanti a voi e di fronte alla nuova emergenza processuale ha dato la risposta più logica: “Le usavo tutte e due”. Ma bisogna andare a rileggere le dichiarazioni del Lotti su ciò che riguarda l'automobile 128. Lui quando ha consegnato il certificato di assicurazione fino al settembre '85 sulla Fiat 128 ha impostato le sue dichiarazioni su quel presupposto: “Io fino al 20 settembre non circolavo con la 124 perché avevo l'assicurazione sulla 128”.
Si legge da più parti nel verbale dibattimentale: “Io non avevo i soldi per far andare due macchine”. “Perché usavi due automobili?”. “Perché mi garbava così”. A mio avviso non è una risposta valida quando la risposta sia stata data dopo pagine e pagine di domande sulla 128, impostate sul presupposto: “Io ci ho il certificato di assicurazione, io viaggiavo con quella macchina”.
I vari testimoni vicini di casa, e lo stesso Lotti, parlano “di qualche mese” di aver avuto contemporaneamente 128 e 124. Nel primo dibattimento quando gli hanno fatto qualche domanda, alla fine ha ammesso di essere uscito con la 128 ma ha detto “qualche volta”. A voi direttamente ha detto: “La usavo per i viaggi più vicini, non lontano”. Combinazione, a Firenze lui ha fatto due incidenti, e li ha fatti – mi pare su questo non si possa dubitare –  li ha fatti con la 124. È credibile che per andare alla piazzola degli Scopeti piglia la 128 e lascia la 124?
Ma perché mai doveva decidersi a comprare un'automobile i cui soldi glieli ha dati il datore di lavoro? Lui non ce li aveva, segno è che la 128 o non funzionava completamente o comunque era diventata una carretta. È questo il punto che secondo me va valutato pienamente e che ha incrinato certe mie convinzioni.

Come si vede, a fronte dei nuovi elementi portati dalla difesa Vanni e della conseguente contraddittoria reazione di Lotti, Propato era decisamente perplesso sulla possibilità che questi fosse andato agli Scopeti con il 128. Si noti la grande valenza attribuita dal magistrato ai due incidenti, per lui avvenuti senza dubbio con il 124 e che quindi rendevano poco credibile che l’8 settembre successivo Lotti avesse usato il 128. Come dargli torto? Ma era giustificata tutta la sua sicurezza sulle modalità con le quali sarebbero avvenuti i due incidenti?
In ogni caso i giudici di secondo grado si bevvero a canna tutte le menzogne di Lotti. Non è il caso di esporre, neppure sinteticamente, i ragionamenti della pessima sentenza; ne bastino le conclusioni:

Il tutto poi a prescindere da una ulteriore considerazione che deve necessariamente farsi: il fatto che il Lotti neppure ricordasse di avere comprato qualche mese prima dei fatti un’altra vettura non significa assolutamente che il medesimo l’8 settembre 1985 non abbia usato la 128 rossa. Tale auto era infatti nella sua piena disponibilità con tanto di tagliando assicurativo (illegittimamente) esposto sul parabrezza ed il Lotti ha dichiarato davanti a questo giudice che le macchine le usava tutte e due: la qualcosa è pienamente credibile se si tiene presente che il tagliando esposto sul vetro della Fiat 128 indicava una scadenza del periodo assicurativo al 20 settembre 1985.

E dunque Lotti, dopo aver convinto i primi giudici, alla fine riuscì a convincere anche i secondi di essere andato agli Scopeti con la 128 rossa, guadagnandosi in questo modo i suoi agognatissimi 26 anni di carcere! La stranezza di tale comportamento esige qualche riflessione, quindi apriamo una parentesi.
Mentre in aula insisteva con pervicacia nell’affermare di aver usato entrambe le auto, per di più mentendo, Lotti si portava sul groppone il peso di una condanna in primo grado a trent’anni di carcere. Per preparare una linea di difesa in vista dell’appello lui e il suo difensore avranno senz’altro tenuto degli incontri, entrambi consapevoli di dover fronteggiare la clamorosa novità dell’assicurazione partita al 25 maggio. Nel caso fosse stato del tutto innocente, quale miglior occasione avrebbe avuto Lotti per buttare all’aria il tavolo dichiarando che sì, lui nel settembre 1985 la macchina rossa non ce l’aveva più? Invece, assieme a Bertini, preparò soltanto una richiesta di attenuanti, tramite la quale poteva sperare al massimo di vedersi ridurre la condanna da trent’anni a una quindicina, ben più del paio o tre – peraltro già scontati – che avrebbe potuto rimediare per la sola calunnia. Sempre nel caso di una sua totale estraneità, è credibile che non ne avesse reso consapevole il proprio difensore? Oppure che questi, dopo averne ascoltato la professione d’innocenza, lo avesse comunque convinto a insistere nella sua rischiosissima confessione con chiamata in correo?
Ma non è questa la sede per porsi simili domande – porterebbero troppo lontano – quindi chiudiamo subito la parentesi, e torniamo ai certificati. A dimostrazione che Lotti e Bertini avevano preparato assieme le spiegazioni sull’uso di entrambe le auto c’è una domanda furbina del secondo al primo, da questi però non troppo raccolta: “Si ricorda se le è mai successo che la 124 non si mettesse in moto?”; “Qualche volta può essere successo”. Ma allora, perché tale versione non l’avevano preparata già in primo grado? Forse il certificato 25 maggio – 20 settembre relativo alla 124 non era tra le carte di Lotti e Lotti era stato zitto nascondendone l’esistenza a Bertini? E perché gli altri certificati c’erano e quello no? Oppure Bertini – ma sarebbe stato un pessimo stratega – lo aveva ignorato nella speranza che non venisse mai fuori? Oppure infine, in uno scenario come vedremo per nulla impossibile – anzi! – Lotti di quel certificato non ne sapeva nulla?
Alla ricerca di risposte ai tanti misteri che caratterizzano la compravendita di questa Fiat 124 blu nel prosieguo ne evidenzieremo le tante stranezze. Di queste cercheremo poi di dare una per quanto possibile corretta interpretazione, nelle intenzioni un po’ meno dozzinale di quelle che ancor oggi si leggono sul Web e sui libri privi di ragionevoli dubbi o, peggio, celebrativi di spietate indagini.

Un’auto piena di amnesie. Proviamo adesso a ripassare e commentare il vuoto di memoria che colpì chi aveva avuto a che fare con la Fiat 124 di Lotti prima del 20 settembre 1985. Cominciamo dal titolare dell’officina, Franco Bellini, e dal suo intervento in aula del 17 marzo 1998 (vedi):

Presidente: Senta, lei conosce Lotti Giancarlo? Lo conosce, vero?
Bellini: Sì, era mio cliente.
Presidente:  Si serviva della sua officina.
Bellini: Della mia officina, sì.
Presidente:  É lei che ha venduto la 128 a lui?
Bellini: La 128 sì, mi ricordo di avergliela venduta.
Presidente: Ecco, noi intendiamo parlare non della vendita della 128, ma della 124 blu o celeste. Com'era? Blu o celeste?
Bellini: Quello, guardi, io, assolutamente non me lo ricordo. Il 124 che ha preso dopo non mi ricordo nemmeno di che colore era, onestamente.
Presidente: Era la macchina di Schwarzenberg.
Bellini: L'ho saputo stamani mattina io di questo, perché non mi ricordavo...
Presidente: Non c'era lei in officina?
Bellini: Sì, c'ero io in officina. Ma, capisce, sono passati tanti di questi anni che ricordarmi...
Presidente: Senta, c'era un altro dipendente che si chiama Gino?
Bellini: Il mio cognato. Coli Gino.
Presidente: E pare che questa macchina è stata proprio venduta, il pagamento l'ha ricevuto lui, il Gino, dallo Scherma Roberto.
Bellini: Può darsi.
Presidente:  Con un assegno, eccetera, eccetera. Insomma, questa vendita è stata trattata da voi.
Bellini: Può darsi sia stata trattata da noi. Infatti io, quando mi chiesero che macchina avevo venduto, dissi: il 128 me lo ricordavo chiaramente, era una macchina un po' particolare, un 128 coupé rosso. Altre macchine, onestamente, capisce, ne passano tante, ricordarsele tutte...

Insomma, Franco Bellini si ricordava bene della 128, ma della 124 nisba! C’era però la speranza che se ne ricordasse meglio il cognato, Gino Coli, quello che aveva ricevuto l’assegno da Roberto Scherma. Il giorno dopo fu il suo momento (audio completo;  trascrizione sintetica)

Presidente: Senta, lei conosce Lotti Giancarlo?
Coli: Sì, lo conosco perché era un cliente. Era un cliente.
Presidente: Ecco, ci può dire: ha acquistato una macchina, lui, da voi, oppure no?
Coli: Ma è probabile, senz'altro. Perché era, in quel periodo lì specialmente, qualche cliente, amico, lasciavano lì delle macchine per venderle. Può darsi.
Presidente: Ecco. Schwarzenberg Karl, gli dice qualche cosa?
Coli: Sì, era un nostro cliente anche lui.
Presidente: Ecco, cosa ha fatto lui?
Coli: Lui ha lasciato una macchina lì, una macchina da poche lire da vendere a chi capitava.
Presidente: E che macchina era?
Coli: Eh, mi sembra
Presidente: Un 124 blu. Era blu?
Coli: Guardi, le dovessi dire il colore...
Presidente: Va bene. É un 124.
Coli: Sì. Gli è passato tanto tempo, eh.
Presidente: E questo 124 lo ha venduto lei?
Coli: É probabile, è probabile lo abbia trattato anch’io.. Senz'altro. Nel senso che...
Presidente: Cioè, nel senso che c'è chi ci dice che lo ha trattato lei. Quindi...
Coli: Si, si, può darsi senz'altro. Può darsi.
Presidente: ...cerchi di ricordare meglio.
Coli: Può darsi.
Presidente: E si ricorda a chi lo ha venduto?
Coli: A chi l'ho venduto. Mi sembrava... a Lotti, mi sembrava. Quel 124 lì. Sì.
Presidente: Ecco, a Lotti. É Lotti. Quanto lo pagò Lotti?
Coli: Non me lo ricordo, assolutamente, guardi. No.
Presidente: Chi lo pagò Lotti, o lo pagò qualche altro per Lotti?
Coli: É probabile anche che sia stato un...
Presidente: No, “è probabile”, niente di probabile. “Probabile” non vuol dire nulla. Riferisca cosa sa lei.
Coli: . .. lui lavorava a una draga. É probabile l'abbia pagata il suo principale.
Presidente: Allora, la pagò il principale di lui con un assegno.
Coli: Ci sta.
Presidente: Si ricorda più o meno quando è avvenuto questo, o no? É pretendere troppo?
Coli: No.
Presidente: L'epoca, grosso modo?
Coli: No, guardi. Assolutamente, non ricordo.
Presidente: Lasciamo l'anno, ma diciamo: la stagione. Inverno, estate, prima della mietitura, dopo la mietitura...
Coli: Mah., potrebbe essere stato, semmai... proprio inverno, no. Nell'autunno, mi sembra, o nel... così.
Presidente: Come?
Coli: Inverno no. Mi sembrava d'inverno, no. Mi sembrava più una stagione come ora, ecco, di questo periodo qui.
Presidente: Come ricevette il pagamento, con assegni?
Coli: Non lo so. Non me lo ricordo.
Presidente: Non si ricorda se era assegno, o in contanti. E la macchina quando gliel'avete data a Lotti?
Coli: Non glielo so dire, no.

Come si vede, anche Gino Coli non ricordava nulla di quella 124. La sua deposizione andò avanti con un’incredibile sfilza di “non ricordo”, “può darsi” , “è probabile” , “potrebbe” , “non glielo so dire, “ci sta e così via, facendo innervosire più volte il presidente: “Dice sempre: 'È probabile, è probabile', però lo dice troppo spesso 'probabile'!”. C’è da scommettere che se fosse stata convocata anche la moglie, Mery Bellini, il risultato sarebbe stato analogo.
Dopo Gino Coli, a ricordarsi poco toccò a Roberto Scherma, quasi come se, prima di deporre, si fosse lasciato influenzare dai vuoti di memoria dell’officina. Abbiamo visto che era stato lui a consegnare i soldi nelle mani di Coli, e sarebbe stato importante sapere quando.

Presidente: La domanda è questa: lei ha mai pagato una 124 a Lotti?
R.Scherma: Una 124?
Presidente: L'ha pagata lei per conto del Lotti? Che lui ha ritirato poi insieme a lei?
R.Scherma: Eh, può darsi.
Presidente: Può darsi.
R.Scherma: Può darsi perché... sì, può darsi perché lui lavorava con me, allora, dice: “Mi mancano questi soldi e il meccanico vuole che, insomma, che tu ci vieni e poi glieli darai, poi glieli dai tu”.
Presidente: E questa macchina da chi l'avete comprata?
R.Scherma: Mah, mi pare che questa macchina la comprò dall'officina Bellini. Perché ne ha comprata più di una, lui, di queste macchine. E ora io un me lo ricordo.
Presidente: Si parla del 124, però, non delle altre.
R.Scherma: Mi pare che questa l'abbia comprata lì. Al cento per cento non glielo posso assicurare.
Presidente: No, no, lo dice il Lotti. L'ha detto il Lotti che l'ha pagata lei, 800.000 lire. Si ricorda questo pagamento all'officina Bellini in che epoca avvenne? Il giorno, di sera, la stagione o non stagione. Cerchi un po' di far mente locale.
R.Scherma: Come? Unn'ho capito la...
Presidente: Lei andò insieme al Lotti all'officina Bellini a pagare questa macchina.
R.Scherma: Sì. Non mi ricordo se era l'officina Bellini, insomma, da un meccanico a San Casciano.
Presidente: Un meccanico a San Casciano, benissimo. É uscito poc'anzi, sta lì fuori, se vuole... è quello che ha ricevuto il pagamento da lei.
R.Scherma: Sì.
Presidente: Allora, si ricorda quando è avvenuto questo fatto? Siamo nell'85, la metto sulla strada.
R.Scherma: Eh, un me lo ricordo, come fo? Sarà stato nell'85, nell'87, nell'83, non me lo ricordo.

Ci fu un altro testimone smemorato, questo più di tutti, ma lo vedremo nel prossimo paragrafo.

Incidenti misteriosi. Diamo adesso un’occhiata un po’ più approfondita ai due incidenti che Giancarlo Lotti avrebbe provocato con la Fiat 124 nell’estate del 1985 e denunciati alla sua assicurazione. Ne parlò in appello Alberto Bartoli, raccontando di averne trovato traccia all’interno del fascicolo della polizza. Vediamo il primo.

PG: Il Presidente le ha chiesto la pratica dell'incidente del 30 luglio '85. Ce n'è stato uno precedente, guardando le sue carte, ci può dire il nome dell'altro col quale c'è stato l'incidente? Giugno...
Bartoli: Il primo sinistro è avvenuto il 22 giugno '85 alle ore 21:45. La parte avversa era un certo Giuliani Settimio, abitante a Impruneta.
PG: Sa l'entità di questo incidente?
Bartoli: Di questo no, dell'altro sì. L'incidente è avvenuto il 31 luglio 1985, quello con il signor Tartagli ed è stato pagato il primo aprile '86 in 590.000 lire.
PG: Parliamo di quello di giugno. C'è tale Giuliani, questo è stato denunziato da Lotti? Ci può dire cosa dice?
Bartoli: “Il sottoscritto Lotti Giancarlo, abitante a San Casciano Val di Pesa, Via Lucciano, 20, proprietario dell'autovettura Fiat 124, targata FI E42432 e assicurata con la vostra polizza n. 68731, dichiara che il giorno 22 giugno '85 alle ore 21:45 immettendomi in via del Poggio Imperiale, urtavo nella parte anteriore sinistra, danneggiando il parafango di una Fiat 127 targata FI 814964 del signor Giuliani Settimio, abitante a Impruneta, assicurato con Lloyd Adriatico S.p.A., polizza 3613299-09. Distintamente salutiamo”.
Questa è diretta all'allora Preservatrice Assicurazioni e sembra abbia la firma di Lotti ed è datata 27/6/85.

L’unico documento rintracciato da Bartoli riguardo questo incidente era una fotocopia della lettera con la quale Lotti se ne era assunto la responsabilità. L’aveva scritta lui? Di sicuro no, non ne sarebbe stato capace; sappiamo bene che l’individuo quasi non sapeva scrivere, come dimostra la sua famosa “lettera spontanea” (vedi). L’aveva almeno firmata? “Sembra abbia la firma di Lotti”, disse Bartoli dopo averla letta, senza segnalare differenze stilistiche tra firma e testo soprastante (qui due firme di Lotti, ringrazio Francesco Cappelletti). Naturalmente Bartoli poteva anche aver omesso l’osservazione, oppure il testo era scritto a macchina. I maligni però potrebbero anche pensare a una firma di chi lo aveva scritto a mano, quindi non genuina. Soltanto l’esame del documento fugherebbe i dubbi, ma chi scrive purtroppo non ne ha la disponibilità.
Non sappiamo se il danno fosse stato poi rimborsato dalla Allsecures Preservatrice, Bartoli non ne aveva documentazione. Si presume di sì, comunque, essendosi Lotti accollato il torto. In ogni caso si deve rilevare una strana coincidenza: l’incidente era accaduto a Firenze – via del Poggio Imperiale è a Firenze e soltanto lì – e tra le tante auto di fiorentini e provincia alle quali Lotti poteva essere andato addosso gli era capitata proprio una il cui proprietario abitava a Impruneta, a pochi chilometri da lui e soprattutto dall’officina Bellini: meno di sette in linea d’aria. Qualcuno si stupirebbe se la riparazione fosse avvenuta proprio in tale officina? Servizio completo, insomma. Purtroppo il signor Settimio Giuliani non venne chiamato a deporre, e niente venne chiesto a Lotti – il quale chissà se ne sapeva qualcosa? – quindi niente in più si poté sapere intorno a quello strano incidente, oltre le scarne notizie desumibili dalla lettera.
Passiamo al secondo incidente, del quale abbiamo già visto l’entità del rimborso: 590 mila lire, corrispondenti a circa 736 euro di oggi (2020).

PG: Passiamo ora all'incidente del 30 luglio. L'incidente è stato denunziato dalla controparte?
Bartoli: Sì. C'è una lettera di richiesta danni, qui in fotocopia, con il mittente Tartagli Federico, La Romola, ed è diretta al signor Giancarlo Lotti, Via Lucciano, 20 San Casciano Val di Pesa e pc alla Allsecures Preservatrice, ispettorato sinistri, Via Orti Oricellari, 32 - Firenze. La data è 31 luglio '85 e dice:
“In riferimento al sinistro causato dall'autovettura Fiat 124, targata FI E42432, di sua proprietà e da lei guidata, informo che è mia intenzione chiedere risarcimento del danno subito dalla mia Ford Fiesta targata B59183, sulla fiancata. La prego quindi di voler periziare il danno o personalmente o a mezzo assicurazione, contattandomi precedentemente al numero telefonico xxxxxx, preferibilmente dopo le 20:30. Informo che non ricevendo comunicazioni, provvederò alla riparazione del danno girandole poi la fattura relativa. Distinti saluti.”
C'è un timbro, Federico Tartagli e una sigla.

C’è da dire che con una richiesta danni del genere – priva di ogni specifica: data, ora, luogo, dinamica, ecc… – non sarebbe stato possibile istruire alcuna pratica di sinistro, e tantomeno decidere il risarcimento della parte avversa. Questo almeno nell’ambito di una corretta gestione da parte dell’assicuratore. Semmai tale richiesta avrebbe potuto costituire il punto di partenza di una successiva e indispensabile raccolta di informazioni. Ma nel fascicolo recuperato da Bartoli non ve n’era traccia, poiché alla lettera di Tartagli si accompagnava soltanto una sintetica scheda del sinistro con indicati data e importo del pagamento.
Se la documentazione disponibile non consentiva di ricostruire nulla dell’incidente, si poteva sperare che maggiori notizie venissero fuori da chi ne era stato coinvolto. Abbiamo visto che nell’udienza del 18 maggio 1999 Federico Tartagli venne interrogato, però, incredibile ma vero, affermò di non ricordarsi assolutamente nulla, come se l’incidente non fosse mai avvenuto. E neppure i suoi familiari (qui l’audio).

Presidente: Lei signor Tartagli Federico nel lontano 1985, esattamente il 31 luglio 1985, scrisse una lettera a una società assicuratrice, dicendo che aveva avuto un incidente stradale con tale Lotti Giancarlo. Se lo ricorda questo?
Tartagli: No signor presidente, per niente, non ho nemmen la minima idea di quello che può essere accaduto, ma niente niente, guardi, se no sinceramente io… non ci sarebbe…
Presidente: Signora… scusi… lei ha quel documento che dovrebbe essere stato prodotto stamane? Se vuole farselo dare un momento. Ecco, vuol farlo vedere al teste… si dà atto che al teste viene…
Tartagli: [dopo aver letto] Sì, di questa macchina mi ricordo l’avevo io… mi ricordo a quell’epoca io comprai due furgoni e due Fieste dal signor Baldi a Pontassieve. Perché io facevo pavimenti in legno… una ditta di pavimenti in legno… ecco per questo qui, ma però di questo incidente onestamente non ho nessuna ricordanza di niente. Che l’abbia scritta io la firma mia quello sì. Qui però non posso dirle sì è vero o non è vero. Non ho nessuna minima idea, guardi, proprio niente niente…
Presidente: Ma noi non mettiamo in dubbio che sia vero, perché oltretutto è stato risarcito quindi suppongo che sia vero
Tartagli: … presidente a dirle una cosa per un’altra…
Presidente: Era soltanto per avere conferma… Comunque lei conferma che la firma è sua su questa lettera…
Tartagli: Sì sì.
Presidente: … anche se lei non ha memoria di questo incidente…
Tartagli: No no, per niente signor presidente, guardi, mi creda onestamente
Presidente: Potrebbe essere che non guidava lei, guidava qualcun altro?
Tartagli: Onestamente io ho sentito anche i miei figli che collaboravano con me. Anche loro non hanno la minima idea, proprio per niente. Ieri sera anzi ho telefonato, qualcuno l’ho visto anche in casa, ho detto guardate ragazzi, così così così, vi ricordate che nell’85 c’è stato un incidente così così? Dice: “Babbo, guarda io per niente ma io non  mi ricordo di niente”.
Ormai è passato 14 anni, poi se ci fosse stato qualcosa… perché è giusto dire anche la verità, giusto signor presidente? Io onestamente gli parlo da padre di famiglia onesto… che non ho nemmen la minima idea ecco di quello che sia stato accaduto.

Giudichi il lettore se la persona era sincera. Chi scrive pensa male, rilevando anche un appellarsi eccessivo alla propria onestà (“Io onestamente gli parlo da padre di famiglia onesto”) quando nessuno l’aveva messa in dubbio e neppure ne avrebbe avuto motivo. Oppure sì? Gallina che canta ha fatto l’uovo?
Bisogna anche tener conto di un fatto, tanto per cambiare anch’esso anomalo. Come risultava dalla documentazione letta da Bartoli in aula, il rimborso era avvenuto il primo aprile 1986, quindi a distanza di ben otto mesi dal sinistro – quasi come mettere al mondo un bel bambino o una bella bambina! Si tratta di un lasso di tempo giustificabile soltanto in caso di danni alle persone, dove intervengono convalescenze, guarigioni, invalidità e certificati annessi e connessi. Ma qui c’era stato un danno di carrozzeria e basta, di entità non certo astronomica, tenuto conto del rimborso, e, a dir tanto, in un paio di mesi la pratica avrebbe dovuto essersi chiusa. Evidentemente sul rimborso c’erano stati dei problemi, forse contestazioni accompagnate da contrasti di perizie, chi lo può sapere? Tartagli si era dimenticato anche di questi?
Ma quel banale cozzo di un’austera Fiat 124 di fine anni ’60 contro una sbarazzina e ancor giovane Ford Fiesta del 1981 non voleva proprio saperne di svelare alla Corte le proprie nudità: nonostante lo avesse confermato, e quindi gli mancasse qualsiasi motivo di nasconderne i dettagli, di quell’incidente non se ne ricordava neppure Giancarlo Lotti!

Presidente: Il Tartagli non si ricorda nulla di questo incidente, lei se lo ricorda?
Lotti: Io un me ne ricordo di questa persona, gli è passato tanto tempo...
Presidente: Ma dell'incidente se lo ricorda?
Lotti: L'incidente sì... c'è l'assicurazione, me la fece il Bellini a San Casciano...
Presidente: Si, ma cosa successe in questo incidente? Dove?
Lotti: Di preciso un me lo ricordo bene...
Presidente: E che danni riportò la sua macchina? Se lo ricorda?
Lotti: Mah, la mia la unn ebbe danni di nulla, ha fregato appena il paraurti e basta.

Qualcosina invero Lotti disse di ricordarsela: in pratica nessun danno alla sua macchina, un graffietto al paraurti e basta. Però dall'altra parte c'era stato un danno di entità quasi pari all’intero valore della sua 124. Non così piccolo, insomma, quindi quel paraurti doveva essere proprio di quelli tosti! Oppure si potrebbe anche pensare che Lotti, come suo solito, avesse detto quel che gli conveniva dire, tanto per chiuderla lì e far contenti tutti.
Continuiamo però sulla fascinosa strada del pensar male, visto che oggi chi scrive si sente oltremodo maligno. Non sappiamo dove fosse avvenuto l’incidente, non avendolo Tartagli specificato nella propria richiesta danni, si deve però notare che anche lui abitava molto vicino all’officina Bellini, anzi, ancora più vicino di Giuliani: in linea d’aria 5 chilometri. Anche in questo caso ci sarebbe da stupirsi se fosse stata proprio quell’officina a provvedere alla riparazione?
Alla fine il lettore non inquadrato dovrebbe nutrire almeno qualche dubbio sull’effettiva rispondenza al vero delle due denunce di sinistro, guarda caso entrambe con riconoscimento di colpa da parte dell’intestatario della polizza di cui si sta discutendo. Per di più il tutto era accaduto nei primi due mesi da quando tale polizza era stata accesa. Era questa la sinistrosità media di Giancarlo Lotti? Ma allora, in quale astronomica classe di (de)merito doveva essere schizzato il suo bonus malus?

Segue

15 commenti:

  1. Buongiorno Sig. Segnini,
    attendo con impazienza di leggere la terza parte di questo suo interessantissimo approfondimento.
    Tuttavia mi sento in dovere di chiederle una precisazione. C'è un passaggio in questa seconda parte in cui lei affronta il tema del rapporto che aveva Lotti con il suo legale difensore.
    Trascurando il fatto che l'Avv. Bertini, nel prosieguo della sua carriera ha dato ampia dimostrazione di essere persona e professionista eticamente e deontologicamente scorretta, perchè afferma che la calunnia del Lotti gli avrebbe procurato - al massimo - una condanna di due o tre anni. In realtà la calunnia di Lotti nei riguardi di Vanni, avendo in primo grado determinato la condanna all'ergastolo del calunniato, era un reato aggravato passibile di una condanna fino a venti anni di reclusione.
    Cordiali saluti.
    Cosimo

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    1. grazie per la precisazione, non lo sapevo, quindi cercherò di informarmi meglio

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    2. Ho letto qualcosa, e in effetti il reato, che comporta una pena dai due ai sei anni, prevede delle aggravanti, commisurate al danno procurato. Senza volermi attribuire competenze che non posseggo, immagino però che la condizione di Lotti non sarebbe stata certo quella di chi, per suoi motivi abietti, si fosse messo a calunniare qualcuno.
      Nle caso di un Lotti innocente, il suo comportamento calunnioso avrebbe avuto tutt'altra motivazione, con gravi responsabilità da parte delle forze dell'ordine che lo avevano inquisito. Quindi non credo proprio che, assistito da un buon avvocato, avrebbe rischiato vent'anni.

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    3. Riguardo Bertini, lei vorrebbe insinuare che avrebbe potuto, coscientemente, indurre una persona innocente a continuare ad autoaccusarsi? Non lo credo, anche perché non vedo quale sarebbe stato il suo guadagno.

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  2. A pensar male si potrebbe giudicare molto strano il fatto che di questa benedetta 124 nessuno si ricordasse nulla. Gli Scherma, il Bellini , il Coli, il Tartagli. Chi aveva pagato non ricordava, chi aveva incassato nemmeno, e chi avrebbe dovuto ritirare i documenti neppure chiamato a testimoniare.

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    1. L'hai detto, ma aspetta la terza parte per avere un quadro completo.

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  3. Su Bertini: trattavasi di considerazioni personali basate su fatti oggettivi che non depongono in suo favore. Convengo con lei, tuttavia, che sia complesso ipotizzare i motivi della strategia difensiva da egli adottò, quindici anni fa, per il suo assistito Lotti.
    Sulle aggravanti, invece, c'è da distinguere tra generiche e specifiche, tra soggettive e oggettive.
    Quella di cui si discute è una circostanza specifica oggettiva che non ha bisogno di essere accertata: c'è la sentenza di I grado. Le motivazioni, invece, sono del tutto inconferenti. Semmai potrebbero essere prese in esame se fossero da considerarsi attenuanti, ma personalmente non mi sembra il caso.
    Viceversa si può discutere se, una volta incriminato, Lotti avrebbe rischiato una condanna più vicina al minimo (6 anni) o al massimo (20 anni). La mia opinione è che, se avesse ammesso di aver mentito, dopo aver preso bellamente per i fondelli il sistema giudiziario italiano in un processo che aveva un enorme seguito mediatico e in cui, oltretutto, c'erano quattordici genitori che attendevano finalmente giustizia per gli atroci assassinii dei loro giovani figli, avrebbe faticato assai anche a trovare un avvocato disponibile a difenderlo, e prendersi 16/18 anni sarebbe stato da considerarsi un successone.
    Cosimo

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    1. A scuola ci hanno insegnato che con i se e con i ma la storia non si fa. Chissà come sarebbe finita se Lotti avesse ammesso, da innocente, di essere innocente... Non lo sapremo mai.
      Quel che mi pare indubbio, o perlomeno molto, molto ragionevole, è che, almeno dopo la sentenza di primo grado, da innocente l'avrebbe detto al proprio avvocato di esserlo. Aveva preso trent'anni, non dimentichiamolo. Ora si dovrebbe immaginare un avvocato talmente pezzo di m. da convicerlo a perseverare nella strada della confessione... Con quali vantaggi per se, per la propria carriera? C'era un complotto del quale Bertini faceva parte e nel quale erano implicati dei magistrati? Insomma, quale sarebbe lo scenario che lei si immagina? Può essere così cortese da darmi una sua ipotesi?
      Ripeto: sentenza di primo grado, trent'anni, Lotti innocente e spaventato parla con Bertini dicendogli: avvocato, scherzavo, io non ho visto nulla e non c'entro nulla.

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  4. Senza 'quel' testimone [ma anche 'assassino', 'complice', 'testimone oculare' e pure 'collaboratore di giustizia'], crollava ogni possibilità di accusa (al Vanni) al Pacciani... quel Pacciani assolto in secondo grado e poi ripescato con il ricorso avverso a quella sentenza per la mancata audizione dei quartetto algebrico secretato.

    Quindi quando leggiamo un Propato (Istituzioni) dire:
    "Nessun pubblico ufficiale aveva interesse a fare qualche cosa così contraria alla legge, per esempio manipolare un testimone." [Propato]

    Non possiamo proprio evitare di farci tornare in mente il sempreverde adagio popolare che dice:
    "e cane non morde cane"
    e pure quello, più moderno, di
    "e le marmotte incartano la cioccolata"

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  5. Riguardo al povero Vanni: Giuttari afferma che da giovane era un violento e di averlo attenzionato x i suoi precedenti penali. Filastò nel processo ai Cdm nega totalmente quest'accusa ad eccezione x una denuncia in cui parrebbe che il Vanni avrebbe spinto la moglie giù x le scale. Chi ha ragione? Ci sono dei documenti a riguardo?

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    1. Purtroppo non ho la documentazione per poter rispondere.

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  6. Però se nessuno li ha mai visti questi documenti sembra logico pensare che non esistono.

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  7. Normalmente, se un dipendente chiede un anticipo al datore di lavoro per una spesa d'importo eccessivo per le sue possibilità in quel dato momento, il datore di lavoro glielo (eventualmente) concede ed entrambi si accordano per la restituzione.

    Dove sta la logica per cui Scherma va di persona a consegnare l'assegno a Bellini?
    Timore che Lotti si mangiasse l'acconto a donnine invece che per procurarsi un veicolo efficiente?
    In quel caso Lotti avrebbe dovuto almeno inalberarsi per la mancanza di fiducia nei suoi confronti...

    Formulo una sola supposizione: che chi aveva vero interesse che la Fiat 124 risultasse intestata (non necessariamente in uso e questo è un dettaglio non da poco) a Lotti era chi ha messo mano al portafoglio...

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    1. Devo dire che non ho capito la sua supposizione, magari potrebbe spiegarla meglio.
      A mio modesto parere potrebbe essersi trattato soltanto di una questione pissicologica: a uno piaceva fare il finto tonto e all'altro il grand'uomo.

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  8. Nel 1985 io ero troppo giovane per capire appieno le normative fiscali, posso solo supporre che fossero meno oppressive di quelle odierne (anche se dipende dai punti di vista, dato che so per esperienza personale che sui documenti trasporto merci erano al contrario davvero rigidissime rispetto a oggi).

    Certo anche allora l'emissione di un assegno era una faccenda abbastanza delicata e senz'altro ci voleva un motivo piuttosto forte affinché A figurasse come soggetto pagatore di un bene destinato a B.

    Di più: attuando una simile transazione, poi Scherma che titolo avrebbe avuto per esigere la compensazione da Lotti?
    Se ti presto denaro e faccio l'assegno a nome del beneficiario ciò è relativamente sufficiente per poi pretenderne la restituzione ma se acquisto un bene a nome del beneficiario per pacifica giurisprudenza il beneficiato non è tenuto alla compensazione, a meno che non esista un altro documento che lo prevede.

    Ulteriore aggravante: Scherma era (o è ancora?) un titolare di partita Iva e se anche avesse staccato l'assegno collegato a un suo conto personale è intuibile quanto un'operazione simile, seppure d'importo modesto, sarebbe stata a rischio di contestazione degli organi di controllo.

    In mia scienza e coscienza questa "donazione" di Scherma a Lotti è oltremodo anomala, non c'è assolutamente senso logico.

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