In questo articolo si cercherà di ricostruire la dinamica
del delitto di Scandicci, avvenuto sabato 6 giugno 1981 con vittime Carmela De
Nuccio e Giovanni Foggi. Al contrario di quella del delitto di Borgo San
Lorenzo, non esistono elementi oscuri o controversi, come non esiste una
perizia da confutare. Le azioni compiute dall’assassino risultano chiare, anche
perché, lo vedremo, il suo rapporto con la vittima femminile fu lineare e freddissimo.
La coppia era uscita verso le 22, dopo una cena a casa
di Carmela. L’accordo con i suoi severi genitori era quello di rientrare entro
un’ora e mezza al massimo. I ragazzi, che si frequentavano da poco tempo, avevano
detto loro che sarebbero andati a mangiare un gelato; in realtà si recarono
immediatamente nel posto dove sarebbero stati uccisi.
I corpi furono rinvenuti per caso la mattina dopo da un
brigadiere di Polizia, Vittorio Sifone, il quale andò subito a chiamare i suoi
colleghi, che a quanto sembra non preservarono troppo la scena del crimine in
attesa dell’arrivo della Scientifica.
La Fiat Ritmo di Giovanni era parcheggiata a lato di una
strada di campagna, poco addentro a un campo di ulivi sul fianco di una
collina, con i quattro sportelli chiusi dei quali i posteriori bloccati
dall’interno e gli anteriori no. Il vetro del finestrino del guidatore era
infranto. Sul sedile di guida, dalla spalliera solo leggermente reclinata,
giaceva il ragazzo con indosso una camicia, gli slip e un paio di jeans sfilati
soltanto dalla gamba sinistra. Il sedile del passeggero era macchiato di sangue
e vuoto, la spalliera reclinata a metà. Fuori, nei pressi dello sportello di
guida, c’era la borsetta di Carmela con il contenuto sparso a terra (almeno così fu trovata dalla Scientifica).
La ragazza giaceva dal lato opposto della strada, in
posizione più bassa, a circa 12 metri dal fidanzato. Le mancavano le scarpe, ritrovate
nell’auto, per il resto era completamente vestita, jeans e camicetta. All’altezza del pube i pantaloni erano stati tagliati
per operare la tristemente nota mutilazione. Particolare che avrebbe ingenerato
sorprendenti supposizioni: la catenina le era salita fin sulle labbra.
Bossoli,
proiettili e ferite. In totale furono recuperati sette bossoli calibro 22, quattro
sul terreno a sinistra dell'auto, poco prima della ruota posteriore a distanza tra i 75 e i 90 centimetri dal centro della stessa, e tre all’interno, due sul tappetino e uno sul divanetto posteriori.
Secondo la perizia De Fazio i proiettili repertati furono sei, tre estratti dal
corpo di Giovanni, uno da quello di Carmela, uno dalla spalliera anteriore
destra e uno raccolto dal tappetino posteriore destro. La perizia Arcese-Iadevito elenca invece tre proiettili e otto frammenti; senza addentrarsi troppo nel confronto va comunque detto, a dimostrazione della solita poca affidabilità delle fonti, che non vi compare il proiettile raccolto dal tappetino.
Giovanni era stato colpito in regione occipitale da due
proiettili (1-2), entrambi ritenuti, uno soltanto dei quali aveva attraversato
le ossa del cranio, e per questo mortale. Un terzo proiettile (6), anch’esso ritenuto
e anch’esso mortale, era penetrato nel torace con un colpo che aveva lasciato
tracce di affumicatura sul foro d’entrata, quindi sparato quasi a contatto.
Il ragazzo aveva inoltre ricevuto tre coltellate, due al
collo sul lato sinistro e una al torace, poco sopra il capezzolo sinistro. Le
tre ferite, poco sanguinanti, erano state inferte post mortem.
Carmela aveva due ferite agli arti superiori: una
all’avambraccio destro (3), con entrata al polso interno e uscita verso il
gomito esterno (per De Fazio la direzione sarebbe stata però contraria), una
all’avambraccio sinistro in prossimità del gomito (4), con entrata sulla parte
esterna e uscita sulla parte interna. Vedremo che questo secondo proiettile aveva
anche prodotto una ferita di striscio al mento. Un terzo proiettile (5),
mortale, aveva attraversato il collo da sinistra a destra, lesionando
irrimediabilmente la colonna vertebrale. Infine un quarto proiettile (7),
ritenuto e mortale, era entrato sotto la scapola sinistra. Tracce di
affumicatura sulla camicetta indicavano una posizione della canna quasi a
contatto.
Nessuna ferita di coltello era stata inferta a Carmela, a
parte la mutilazione del pube.
L’attacco. C’è
chi ritiene che Carmela e Giovanni, al momento dell’aggressione, avessero già
fatto l’amore e quindi stessero rivestendosi. Il motivo fondamentale sarebbe il
lungo lasso di tempo, due ore, tra il momento in cui uscirono e quello in cui i
risultati dell’autopsia collocarono il decesso, mezzanotte. Ma quei risultati
non potevano avere una tale precisione, e nessun altro elemento confermava
quell’orario, poiché nessun testimone aveva visto i ragazzi in giro e non erano
stati uditi colpi di pistola. Nessuna traccia di liquido seminale fu
riscontrata addosso ai cadaveri, e la bustina vuota di un profilattico
recuperata dal pavimento dell’auto poteva risalire a chissà quanto tempo prima
(in effetti nessun profilattico risulta repertato). Anche il fatto che la
ragazza fosse completamente vestita, a parte le scarpe, e il ragazzo già quasi
privo di pantaloni fa presumere l’imminente inizio di un rapporto sessuale, più
che la fine, poiché di solito è sempre il maschio a spogliarsi più in fretta e
soprattutto a rivestirsi più in fretta.
L’aggressore doveva essere già molto vicino al posto,
quando la coppia parcheggiò la propria Ritmo. Forse aspettava proprio loro, che
altri sabati si erano appartati lì, forse contava di sorprendere una coppia
qualsiasi in una zona adatta alla ricerca di intimità. In ogni caso si accorse
dell’arrivo dei ragazzi, si avvicinò e li aggredì quasi subito, quando avevano
appena iniziato a spogliarsi a luce accesa.
Come a Borgo attaccò dalla parte sinistra, ancora una
volta con due colpi in rapida successione a cercare il capo del ragazzo. Il
primo sparo infranse il vetro e colpì di sorpresa Giovanni alla nuca, mentre
era voltato un po’ verso destra nell’atto di sfilarsi la seconda gamba dei
pantaloni. Frenato dall’impatto con il vetro, il proiettile non ebbe la forza
di attraversare la parete ossea del cranio e non fu mortale, ma subito dopo, più
o meno nella stessa zona, ne arrivò un altro, questa volta penetrante con
effetti letali.
Dopo aver liberato il finestrino da qualche frammento di
vetro, l’aggressore rivolse l’arma contro Carmela, sparando ancora due
colpi da fuori, ma la distanza maggiore e soprattutto i movimenti di reazione
della vittima gli impedirono di essere altrettanto preciso. Il primo fu quello
che la ferì all’avambraccio destro, in quel momento alzato e posto più o meno con
l’asse maggiore lungo la linea di tiro. Il proiettile entrò alla base del
polso, uscì in prossimità del gomito e attraversò il sedile, impattando infine
contro la parete dell’auto. Va precisato che Carmela doveva essersi addossata al compagno molto più che l’attrice in foto, altrimenti il proiettile in uscita
non sarebbe potuto entrare nella spalliera.
Per reazione Carmela dovette ruotare un po’ verso la sua
destra, continuando a proteggersi il volto con il braccio sinistro alzato. Il
secondo proiettile la colpì all’avambraccio sinistro, uscì, le sfiorò il mento
e finì la sua corsa dentro la spalliera del sedile, verso la sua sommità (anche
in questo caso l’attrice avrebbe dovuto essere più vicina al ragazzo). Il corrispondente
foro nella fodera presentava tracce di sostanza ematica e capelli, che il
proiettile evidentemente si era portato dietro.
A questi primi quattro colpi esplosi con l’arma fuori dal
finestrino corrispondono i quattro bossoli trovati sul terreno.
A quel punto Giovanni giaceva immobile, mentre Carmela, sopraffatta
dal dolore e dal terrore, si era lasciata cadere sul sedile semi reclinato,
quasi sul fianco destro, urlando o almeno lamentandosi. Per esser sicuro di
ucciderla, l’aggressore decise di avvicinarsi ulteriormente, mise la mano
dentro l’abitacolo e le sparò un colpo cercando la testa. Con mira non proprio
perfetta la colpì invece al collo; il proiettile, passante, incontrò una
vertebra lesionando il midollo e paralizzandola immediatamente. Il bossolo fu
uno dei tre trovati all’interno.
La foto sopra ci mostra gli effetti dell’impatto del proiettile contro la portiera
posteriore destra, con l’evidenza del materiale ematico che vi era schizzato
sopra. Tra questo proiettile e l’altro che aveva attraversato la spalliera ne
fu recuperato soltanto uno dal tappetino posteriore destro.
Con entrambe le vittime ormai neutralizzate l’assassino fece una breve
pausa, durante la quale si guardò intorno e pensò al da farsi. Gli erano
rimasti ancora quattro colpi; decise di usarne due per esser sicuro della morte
dei poveretti. Attraverso il finestrino infranto sbloccò lo sportello di guida,
aprì e sparò un colpo al torace di Giovanni, con l’arma a contatto o quasi.
Poi si sporse ancora e raggiunse il corpo di Carmela, che
dopo il colpo al collo si trovava un po’ sul fianco destro con la spalla
sinistra rialzata. Cercando il cuore, le sparò sotto la scapola.
Entrambi i proiettili furono ritenuti, ed entrambi i
bossoli finirono dentro l’abitacolo.
Infine, per maggior sicurezza e anche per smaltire
l’adrenalina, ripose la pistola e mise mano al coltello vibrando
tre fendenti a Giovanni, due al collo e uno al torace.
Lo spostamento di
Carmela. Raggiunta la sicurezza che i due poveretti erano ormai deceduti, l'assassino iniziò a preoccuparsi della fase successiva, nella quale doveva mettere le mani sul corpo di Carmela. A questo scopo si sporse verso lo
sportello del passeggero sbloccandolo, spense la luce interna e infine uscì dall’abitacolo richiudendo lo sportello di guida. Se fu lui a tirar fuori la borsetta, lo fece in questa occasione. È presumibile che a questo punto avesse fatto una pausa per guardarsi
intorno e raccogliere le idee. Doveva portare a termine un'operazione molto delicata, durante la quale si sarebbe esposto al
pericolo d'esser visto. Quindi dovette accertarsi dell’assenza di estranei in
arrivo e scegliere un posto dove depositare il cadavere.
Il terreno sul quale l'assassino si trovava a dover operare era in pendenza, molto esposto al possibile passaggio di altre
coppiette in cerca d’intimità. Qualche metro più in basso correvano due strade
che s’incrociavano, e quindi gli sarebbe servito a poco nascondersi dietro la
Ritmo, dall’una o dall’altra parte i fari delle eventuali auto in transito
avrebbero illuminato la scena. D’altra parte anche i radi ulivi lo potevano
aiutare ben poco, quindi non gli rimaneva che allontanarsi alla ricerca di un posto più riparato. Una volta effettuata la sua scelta, tornò all'auto, spalancò
la portiera del passeggero, estrasse il corpo di Carmela e richiuse
(come già aveva fatto con la portiera di guida, dimostrando quindi
prudenza e freddezza assieme).
Come si vede nell’immagine sopra, l'individuo trasportò il corpo oltre la strada più in basso. A questo scopo dovette compiere un tragitto di circa 12 metri, probabilmente tenendo Carmela sollevata da terra, anche se i dati disponibili sono contrastanti. Al processo Pacciani (vedi), durante il controinterrogatorio della difesa, il brigadiere Sifone raccontò di aver visto evidenti tracce di trascinamento.
Bevacqua: C'erano tracce di trascinamento di questo cadavere?
Sifone: C'era dalla macchina al luogo dov'era posta la ragazza.[...] C'era l'erba accanto, sulla scarpata piccola che fiancheggiava l'autovettura, c'era l'erba alta di circa 40/50 centimetri, non voglio esagerare.
Bevacqua: Era piegata.
Sifone: Era schiacciata
dalla parte dell'autovettura verso il luogo dove si trovava la ragazza poi
ancora sulla strada del contadino, che c'è la ghiaia, presentava dei segni
dov'era stata trascinata probabilmente la ragazza. Poi ancora l'erba sull'altro
pezzettino di strada residuale era pure schiacciata verso il luogo dove si
trovava la ragazza.
Però quel trascinamento non aveva lasciato alcun segno particolare sul corpo, tanto da far ritenere a Giovanni Autorino della Scientifica, e non solo a lui, che fosse stato sollevato (vedi).
PM: Allora, veniamo a qualche domanda. Fra l'auto e il posto dove era la ragazza apprezzate segni di trascinamento?
Autorino: [...] Abbiamo fatto un'ispezione intorno perché
rientra, diciamo, tra quella che è la nostra attività, però se debbo dirle che
lì io ho visto segni di trascinamento, purtroppo no. Posso dire un'altra cosa
quasi in fine, in coda al sopralluogo, abbiamo voluto verificare sotto i
talloni della ragazza se vi erano tracce. [...]
Abbiamo guardato anche il fondo dei pantaloni per vedere se nel
trascinamento si fosse imbrattato di terriccio; e stessa osservazione l'abbiamo
rivolta alla parte posteriore del tronco e dei capelli. Sì, è vero che c'erano
delle pagliucole e cose del genere, ma questo poteva essere dovuto alla caduta
nel piccolo precipizio che stava lì oltre la strada.
PM: Quindi su questi
talloni segni evidenti di trascinamento non ci sono.
Autorino: Assolutamente,
perché fra l'altro l'abbiamo guardato con quelli di medicina legale, perciò...
PM: Il suo collega
invece ha detto che era rimasto impressionato dall'erba abbassata. Lei questo
dato non l'ha apprezzato?
Autorino: Non l'abbiamo
apprezzato e penso che, poi sul posto c'era il dottor Izzo, seppure ne avesse
sentito lui prima di noi, sicuramente ce lo avrebbe fatto notare, ecco.
Autorino e colleghi erano giunti con ritardo sul posto rispetto a Sifone, quindi è senz'altro possibile che al loro arrivo i segni di trascinamento sul terreno si fossero ridimensionati, sia per l'erba tornata in posizione, sia per il maldestro calpestio di poliziotti e carabinieri. Sembra strano però che di quel lungo trascinamento tra erba e terriccio non fosse rimasta traccia alcuna sul corpo di Carmela.
Le perplessità aumentano di fronte alla foto in cui si vede la collana tra le labbra della ragazza. Si tratta di una posizione non conseguente a un trascinamento, ma al collo penzoloni, probabilmente mentre l'assassino si era caricato il corpo sopra una spalla. Quindi doveva trattarsi di un individuo piuttosto robusto, come già aveva ipotizzato l'equipe De Fazio: