domenica 7 aprile 2019

Il punto sulla testimonianza di S.C.

Uno dei primi articoli pubblicati da questo blog, Se il buongiorno…, incentrato sull’estenuante interrogatorio cui venne sottoposta Sabrina Carmignani il 6 dicembre 1995, cerca di evidenziare in quale clima poco sereno iniziò l’inchiesta condotta da Michele Giuttari. L’impellente bisogno di trovare in tempi strettissimi gli sconosciuti complici di Pacciani, infatti, indusse l’investigatore ad adottare metodi fin troppo rudi per tirar fuori dalla testimone delle informazioni che in realtà lei non possedeva. Il principale documento su cui si basa lo scritto è un articolo a firma Mario Spezi, uscito sul settimanale “Gente” nell’aprile del 2004, contenente clamorose rivelazioni; il reperimento di altra documentazione e l’uscita recentissima del libro di Davide Cannella Winchester calibro 22, serie H (acquistabile qui), lo ha reso bisognoso di revisione e suscettibile di miglioramenti.
Prima di proseguire è necessaria una precisazione riguardo il libro citato. Cannella è il titolare dell’agenzia di investigazioni private “Falco” di Lucca, della quale più volte si avvalse Nino Filastò per effettuare indagini nell’ambito della difesa di Mario Vanni. Cannella intervistò vari personaggi, tra i quali, il 1° e il 5 aprile 2003, anche Sabrina Carmignani. Da qualche tempo il relativo rapporto è giunto nella disponibilità di chi scrive, con l’accordo però di non consentirne la consultazione in rete; un vero peccato, data la sua estrema significatività. Di quell’intervista ne parla Cannella nel proprio libro, con una sintesi che quindi, di per sé già pubblica, può essere riprodotta e commentata. Di altri passi del documento si eviteranno citazioni dirette, richiamandone soltanto i concetti o brevi frasi quando necessario.
Infine, si approfitterà di questa occasione per rendere disponibili tutti i documenti già noti, più alcuni mai pubblicati prima.

8 settembre 1985. Il giorno della scoperta dei cadaveri dei francesi, lunedì 9 settembre 1985, Sabrina Carmignani passò davanti alla piazzola in auto assieme alla madre, come raccontò lei stessa il 30 giugno 1997 in dibattimento (vedi e vedi):

PM: Senta, lei ricorda di essersi recata dai carabinieri di San Casciano, se non sbaglio, il giorno dopo che fu... anzi, il giorno stesso, la sera, in cui fu scoperto l'omicidio di Scopeti?
SC: Sì.
PM: È vero che si presentò lei spontaneamente?
SC: No, no. Io quel giorno stavo andando a Firenze e passai dagli Scopeti con mia madre. E quindi, insomma c'erano tutte le persone, domandando cos'era successo mi rivolsi a mia madre dicendo che il giorno prima io ero lì. Quindi mi sentì non so chi e mi portò in caserma.
PM: I carabinieri, comunque, li avvertiste voi o sua madre che lei era stata lì quel giorno.
SC: No. C'era, non so se era un poliziotto, o così, e mi disse di venire in caserma.

Sappiamo già quello che la ragazza raccontò ai carabinieri; in ogni caso il verbale delle sue dichiarazioni è consultabile qui in fotocopia, e qui in trascrizione. Per completezza è il caso di riportare anche il contenuto di due articoli di giornale, entrambi consultabili sull’emeroteca di “Insufficienza di prove”.
Dalla “Città” del 10 settembre 1985:

Una ragazza si era avvicinata col fidanzato al luogo del delitto. «L’ho vista domenica, credevo dormisse…»
[…] C’è però una testimonianza importante, quella di una giovane, Sabrina Carmignani, 18 anni, di San Casciano, che domenica pomeriggio, intorno alle 17, si è recata inconsapevolmente sul luogo del delitto con il suo ragazzo. I due erano in auto. «Ho visto – racconta emozionata – una persona distesa dentro alla tenda. Ci siamo fermati pochi minuti poi, pensando che la musica della nostra autoradio potesse disturbarla, ci siamo allontanati di qualche metro. Ma siamo rimasti lì per poco tempo, perché io avvertivo un’aria strana, inquietante. E così ho pregato il mio ragazzo di cambiare zona».
La giovane è rimasta quasi tutto il pomeriggio di ieri tra la folla, in attesa di qualche brandello di notizia. In serata i magistrati l’hanno interrogata. «Abbiamo sentito a lungo la ragazza – ha detto il sostituto procuratore Paolo Canessa – e ho notato che faceva un po’ di confusione».
Quella di Sabrina rimane comunque una testimonianza di eccezionale interesse, perché fa presumere che i due turisti francesi siano stati uccisi sabato notte, quando la luna era all’ultimo quarto, proprio una settimana prima che sparisse del tutto.

Dalla “Nazione” dell’11 settembre:

«Domenica ero lì». Il racconto di una ragazza: «Poi è arrivato uno, solo, in auto…»
Forse altri occhi hanno visto la piazzola degli Scopeti, con i cadaveri straziati dal mostro, prima che il giovane Luca Santucci, il cercatore di funghi di San Casciano, facesse scattare l’allarme. Frequentatissima dalle coppiette, quella strada che passa in mezzo ai boschi e ai campi di olivi è molto battuta anche dai guardoni. È certo che qualcuno è stato sulla scena del delitto poche ore dopo il passaggio dell’assassino. Ma il desiderio di restare nell’ombra, di non immischiarsi in una vicenda sempre più sconcertante, ha avuto forse il sopravvento sul dovere che impone di chiamare i carabinieri. […]
Anche Luca, però, pensa di non essere stato il primo ad accorgersi dei due cadaveri. Altra gente è passata da lì. Ci accompagna da Sabrina Carmignani, diciannovenne segretaria d’azienda in cerca di primo impiego. Sabrina era stata nella piazzola del delitto domenica pomeriggio, insieme al suo ragazzo.
«Con la nostra macchina – dice – ci siamo fermati accanto alla Golf francese, ma non siamo scesi, in terra c’era troppo sporco, cartacce, stracci, lattine. Quella macchina e quella tenda ci rassicuravano, c’era qualcuno, non eravamo soli. Fra l’altro, dall’apertura della tenda, s’intravedeva la forma di una persona sdraiata, forse addormentata. Abbiamo spento la radio per non disturbare. Dopo un po’ il silenzio è stato rotto dal rombo di un motore. C’era una macchina che veniva avanti con un uomo solo sopra. Sappiamo che la zona è infestata dai guardoni e abbiamo preferito andar via».
Chi era il solitario automobilista giunto sul piazzale dopo Sabrina e il suo ragazzo? Ha visto qualcosa? Perché non parla?
«Quando ho saputo che il mostro aveva colpito agli Scopeti – conclude la ragazza – ho pensato subito alla tenda e alla macchina francese e a quella persona che credevamo addormentata».

Altre informazioni su quel pomeriggio vennero fornite dalla Carmignani alla SAM in un colloquio informale del 2 dicembre 1995 (vedi), del quale ci siamo già occupati nell’articolo Autunno1995. Leggiamo la parte che riguarda la descrizione della tenda e dell’auto sopraggiunta:

Subito dopo il loro arrivo, allorché si erano spostati un po' più in basso per non essere troppo vicini alla tenda (che appariva come abbandonata sebbene vi fosse parcheggiata accanto una vettura VW GOLF di colore bianco), era giunta e si era fermata sulla strada, all'altezza dell'ingresso alla piazzola, una vettura dall'apparenza non nuova, con i fari anteriori di tipo squadrato.
A questo punto gli scriventi mostravano alla CARMIGNANI la foto del modello FIAT 128 coupé con lo scopo di una eventuale individuazione del modello di vettura notato dalla ragazza in correlazione con le dichiarazioni già rese da altre persone (CHIARAPPA Vittorio e DE FAVERI Marcella): la giovane asseriva che avrebbe potuto trattarsi anche di quel tipo di vettura precisando che a suo tempo aveva parlato di FIAT REGATA solo perché tale modello, posseduto da sua madre, le richiamava alla mente l'auto sopraggiunta a causa dei fari squadrati.

Ce ne occuperemo estesamente più oltre, intanto però è il caso di riportare quanto dichiarato dalla Carmignani il 6 dicembre successivo sui medesimi argomenti. Dal verbale:

La CARMIGNANI dichiara:
Confermo le dichiarazioni del 9 settembre 1985 ed intendo fare alcune precisazioni.
Il pomeriggio del giorno 8 settembre, insieme al mio fidanzato, mi sono recata nella piazzuola degli Scopeti intorno alle ore 17 o forse un po’ prima in quanto faceva molto caldo, allo scopo di mangiare un panino ed una fetta. di torta in occasione del mio compleanno che ricorreva per l'appunto quel giorno.
Giunta sul posto, notai la Golf, da me descritta nel precedente interrogatorio, che si trovava parcheggiata a fianco ad una piccola tenda, ivi presente e che sembrava disabitata, in quanto si presentava sciupata e non ben stesa, nel senso che probabilmente i tiranti si erano un po’allentati.
Questa tenda mi è sembrata che fosse di colore grigio argentato, in quanto, in altra occasione, di notte, ebbi modo di notarne i riflessi alla luce dei fari dell'auto.
A.D.R.: Sicuramente avevo già notato la presenza di questa tenda in quel posto il giorno precedente e cioè il sabato sera, in quanto, transitando in auto da quel posto, ebbi modo di notarne la presenza.
La CARMIGNANI, quindi, prosegue nelle precisazioni:
Notai che la Golf si trovava con il frontale rivolto verso l'ingresso della piazzuola, per cui ritengo che fosse entrata a marcia indietro in considerazione della ristrettezza della stradina di accesso che non consente di fare agevole manovra all'interno della piazzola. Mentre mi trovavo in questo posto, ove mi sono intrattenuta, per i motivi che ho esposto, per circa mezz'ora, ho visto sopraggiungere un'autovettura, che, provenendo da San Casciano, si è immessa per un limitato tratto nella piazzuola, dopo di che, forse perché l'autista aveva notato la nostra presenza, ha fatto subito retromarcia posizionandosi più avanti, dopo pochi metri, a margine della strada asfaltata, sul margine della piazzuola con il frontale in direzione di Firenze.
Allorché ho lasciato il posto, dopo alcuni minuti dal sopraggiungere di quest'auto, uscita dalla piazzuola, nell'immettermi in direzione San Casciano, ebbi modo di notare di spalle la persona che si trovava alla guida e che mi diede l'impressione, dalla sua figura, che fosse di età matura e massiccio di corporatura.
Mi colpì il fatto che questa persona, pur essendoci molto caldo, indossava un giaccone del tipo di quelli che sono soliti indossare i cacciatori. Era comunque qualcosa di pesante e di colore verde. Posso affermare ciò in quanto ebbi modo di notare il braccio destro di questa persona che era appoggiato al volante nella parte alta.
A.D.R.: Ebbi modo di vedere l'auto allorché sporse con il frontale all'inizio della piazzuola. Tale frontale, per la presenza dei fari squadrati, mi sembrò simile a quello della Regata, tipo di macchina che era in possesso all'epoca di mia madre, ma posso affermare che non si trattava di Regata in quanto la macchina da me vista era più bassa.
In buona sostanza della Regata questa macchina aveva solamente i fari che mi sembrarono simili nel disegno. Notando l'auto nella sua parte posteriore quando uscii dalla piazzuola, vidi che essa presentava il retro piuttosto tronco.
Il colore di quest'auto era piuttosto sbiadito dal tempo ed era di una tonalità media, nel senso che non era né troppo scura e né troppo chiara. Era comunque una macchina che sicuramente era stata esposta alle intemperie, pioggia e sole, che ne avevano alterato il colore originale.
A questo punto l’Ufficio pone in visione alla CARMIGNANI due fotocopie, riproducenti il modello Fiat 128 Coupé sia nella parte frontale e laterale che in quella posteriore. La CARMIGNANI, dopo avere attentamente esaminato tali foto, dichiara:
Sì, il frontale ed il retro delle foto che mi si mostrano possono essere piuttosto compatibili con l'auto da me vista e descritta.[…]
A.D.R.: All'arrivo dell'auto di cui trattasi, posi attenzione solamente sulla vettura e quindi non posso escludere che vi fosse un'altra persona a bordo oltre al guidatore, da me notato particolarmente all'atto dell'uscita dalla piazzuola della mia vettura.

Ecco invece la parte delle dichiarazioni, riguardanti la tenda, rese in dibattimento durante l’interrogatorio di Canessa (30 giugno 1997):

PM: Vide la tenda? C'era? Si fermò lì?
SC: Sì, con la macchina io entrai proprio davanti alla tenda.
PM: C'era qualcuno?
SC: No, non c'era nessuno.
PM: Lei si trattenne un po' in questa...
SC: Sì, io andai lì davanti e non pensavo ci fosse nessuno, perché non sembrava una tenda abitata da persone, quindi volevo scendere. Però poi, un po' per il cattivo odore, un po' perché la tenda c'era tutto sporco, decisi di andare più indietro. Quindi mi spostai di lì e dopo... di lì a poco andai via.
PM: Quindi lei ebbe la sensazione se c'era qualcuno dentro o fuori questo non...
SC: La tenda era sciupata, era giù, non lo so… Non era tirata come una normale tenda. Era un po' sciupata.
PM: Quindi, lei non sa dire se c'era qualcuno dentro, ebbe l'impressione o... ?
SC: Più che altro l'impressione ci fosse dei materassini dentro, può darsi quelli che si usa, però non lo so.

Questo invece il controinterrogatorio del difensore di Vanni e una breve replica di Canessa:

Pepi: Lei prima parlando della tenda dei francesi ha detto che, nel giorno che poi si sarebbe verificato l'omicidio, di essere stata lì col suo fidanzato, mi sembra, e aver notato questa tenda come sciatta, un po' sciupata. Ecco, la domanda che le volevo chiedere, ma questa impressione l'ha avuta anche nei giorni precedenti, o nei giorni precedenti la tenda era montata come doveva essere, tirata, eccetera.
SC: No, no, nei giorni precedenti la tenda era una tenda normale, non era rotta e sciupata.
Pepi: Non è che abbia avvertito qualcosa di particolare già a quell'ora, tipo odori strani...
SC: Sì, era molto caldo quell'anno e mi ricordo che, appunto, era il mio compleanno, avevo delle torte, e non ci si poteva star lì perché c'erano molte mosche, poi era un puzzo veramente...
Pepi: Notevole.
SC: Sì.
Pepi: Ecco, non lo potrebbe specificare che tipo di odore è?
SC: Non lo so era un... cioè, più che altro dava l'impressione se c'è qualche animale morto da giorni, ecco, più o meno quello. È l'impressione che ho avuto al momento.
Pepi: Bene, la ringrazio, non ho altre domande.
PM: Scusi, un'altra domanda ancora: la tenda, se lei lo ricorda, era aperta o chiusa?
SC: La tenda era chiusa.
PM: Bene. E un'altra cosa, lei mi sembra abbia parlato che ha visto davanti un foglio di carta, qualcosa... ricorda?
SC: Sì, c'erano molti fogli, c'erano delle scarpe, mi sembra, un paio di scarpe da donna, mi sembra e c'erano anche dei pezzi di carta, cioè, c'era molto sporco davanti.
PM: Carta, mi scusi, come residui di mangiare. Carta o giornali o...
SC: Carta, pezzi di foglio, così, buttati per terra.
PM: Davanti alla tenda.
SC: Sì.

Sull’auto sopraggiunta:

PM: Lei quanto si sarà trattenuta in quel posto?
SC: Più o meno, 20 minuti, una mezz'oretta.
PM: Una mezz'ora. E ricorda, in questo periodo, se sopraggiunse qualcuno?
SC: Sì, quando stavo andando via arrivò una macchina che imboccò la piazzola lì.
PM: Ricorda qualcosa di questa macchina?
SC: Non so che macchina era, l'ho vista solo davanti.
PM: Ricorda qualche caratteristica particolare?
SC: Era una macchina che mi sembrava vecchia, con la vernice un po' scolorita, tipo queste macchine vecchie scolorite dal sole. Non era una macchina nuova, cioè del tempo. Sicuramente risaliva a molti anni prima come modello.
PM: La tonalità di questa macchina, se era chiara o scura. Lei ha dato indicazioni alla polizia su questa macchina. Ricorda qualcosa di più, vuole che... magari se lo ricorda lei è meglio, altrimenti io le posso sollecitare – se la Corte lo consente – ciò che ha dichiarato. Volevo capire se ricorda qualcosa di suo, invece che essere sollecitata da.
SC: Si, diciamo che io l'ho vista davanti e quindi...
PM: I fari, non lo so, le caratteristiche...
SC: Sì, era una macchina che a quel tempo mi ha dato l'impressione di una Regata come...
PM: Invece era una Regata, oppure...
SC: No, non era una Regata era simile il muso davanti.
PM: Il muso davanti perché è basso, alto...
SC: Perché era abbastanza basso.
PM: Lei ricorda se aveva fari tondi, fari rettangolari, non so, mi sembra su qualcosa lei abbia detto... nel dise...
SC: Probabilmente aveva dei fari rettangolari.
PM: Sul colore sbiadito lei ha qualche ricordo più preciso o ha solo questo ricordo sbiadito?
SC: Poteva essere benissimo, non so, un rosso molto sbiadito, decolorato proprio.
PM: Senta una cosa, e c'era qualche persona? Lei vide chi la guidava? Arrivò... Che manovra fece questa macchina?
SC: Questa macchina entrò... Veniva da San Casciano e girò per entrare nella piazzola. Però c'era la mia macchina lì, quindi fece marcia indietro e proseguì non per San Casciano, nella direzione opposta.
PM: Lei vide se c'era un solo guidatore, se c'erano altre persone?
SC: Sì, mi sembra che c'era una persona dentro.
PM: Su questa persona ebbe la possibilità di capire o di notare qualcosa, o assolutamente non ha ricordi, o non vide niente di particolare?
SC: Quello che ricordo è che, comunque, sembrava un cacciatore. Cioè, abiti...
PM: Non era uno elegante, insomma, ben vestito.
SC: No, no.
PM: Senta una cosa, questa era esile, grosso, lei qualcosa ha detto, non so se...
SC: Abbastanza grosso, cioè, abbastanza grosso, non era comunque... […] Non esile.
PM: Lei, mi sembra, abbia detto massiccio, di età matura. Può essere che aveva questo ricordo?
SC: Si, sì. Poteva essere un cacciatore, un pescatore, di questi signori così, vestiti da... con questi abiti.
PM: Questo più per l'abbigliamento.
SC: Sì.

Per completezza di documentazione, è infine il caso di trascrivere quanto è riportato nel libro di Cannella riguardo quel pomeriggio (si ricorda che l’intervista è del 1° aprile 2003):

L'8 settembre 1985, verso le 16:30 io e il mio ragazzo dell'epoca, siamo andati nella tristemente famosa piazzola degli Scopeti, portando con noi una torta. L'8 settembre è il giorno del mio compleanno e ricordo benissimo quel maledetto anniversario. Appena scesi dalla nostra auto, vidi che quella piazzola, dove io ero stata già altre volte, non mi sembrava la solita di sempre. Vidi dapprima, una Volkswagen Golf bianca, ferma sul lato sinistro e poco prima di una tenda da campeggio. Tutto intorno mi pareva sporco e malandato. Pieno di cartacce. Diedi una rapida occhiata.
Vidi subito, davanti all'ingresso della tenda dei ragazzi francesi assassinati, che era tutto sporco. Uno sporco innaturale, come se davanti alla tenda vi fosse dell'olio, dell'unto, insomma. Mi colpirono, in mezzo a quello “sporco”, un paio di scarpette rosse da donna.
Ora mi rendevo conto del perché tutto mi sembrasse brutto, diverso dalle altre volte: si sentiva un puzzo terribile, come di cadavere e c’erano mosche dappertutto, tante, ed io me ne intendo di puzzo di cadaveri... Io, ho fatto l'infermiera in un obitorio.
Vista la situazione, decidemmo di andare via, da qualche altra parte. Mentre stavamo tornando, abbiamo visto una macchina, scolorita, imbucare anche lei lo stradello, per raggiungere la piazzola. Quando l'autista ha visto che sul posto c'eravamo noi, ha fatto manovra e se n'è andato.

Preparazione di un colpaccio. La nota della SAM (vedi), della quale si è già detto, è in grado di fornire maggiore chiarezza sull’interrogatorio del 6 dicembre. Il documento è datato 5, e rendiconta di un colloquio di tre giorni prima della Carmignani con Riccardo Lamperi e Alessandro Venturini. È il caso di evidenziarne la parte che avrebbe stimolato e condizionato il successivo interrogatorio, inerente la reazione della donna alla lettura delle dichiarazioni rese dai coniugi De Faveri-Chiarappa (il lettore ricorderà che la coppia aveva visto un’auto sportiva rossa e due individui stazionare per l’intero pomeriggio della domenica del delitto sotto la piazzola di Scopeti).

La giovane ascoltava in silenzio quanto verbalizzato dal CHIARAPPA, mentre, alla descrizione dell'individuo “... un po' più alto del precedente e meno grezzo dell'altro..”, SPONTANEAMENTE, senza alcuna sollecitazione, dichiarava: “È quello lì di San Casciano... come si chiama... Torsolo...” precisando subito dopo che si trattava del suo compaesano VANNI Mario, personaggio a lei ben noto come “guardone” frequentatore della piazzola degli Scopeti. Di questo la CARMIGNANI era sicura perché anche lei si recava spesso in quel luogo di pomeriggio e di notte.

L’uso dell’avverbio “spontaneamente” – in maiuscolo nel testo originale – vuole evidenziare l’assoluta mancanza di imbeccamenti da parte di Lamperi e Venturini, confermata dal primo a chi scrive; quindi senz’altro fu la stessa Carmignani a prendere l’iniziativa di pronunciare il nome di Vanni, avendo associato la sua figura a uno dei due individui descritti dai coniugi, e questo perché, a suo dire, era nota la sua fama di “guardone” e lei stessa lo aveva visto in precedenza sulla piazzola. È chiaro però che la donna non disse di averlo visto quella domenica.
Sappiamo già che Sabrina Carmignani non volle firmare il verbale di quel colloquio; perché? La sua motivazione dichiarata fu quella di non voler “entrare in alcun modo nel processo a carico di PACCIANI Pietro per timore di rappresaglie contro il suo bambino da parte di personaggi a lui collegati ancora in libertà”. Ma chi avrebbe potuto vendicarsi su di lei, Mario Vanni? È oltremodo difficile credere che davvero la donna avesse potuto temere la reazione di “Torsolo” o degli altri fantomatici fiancheggiatori di cui già i giornali avevano timidamente vociferato, mentre pare assai più verosimile attribuirle il desiderio, dovuto a ragioni del tutto personali e legittime, di evitare il proprio coinvolgimento nel circo mediatico cui aveva assistito durante il processo Pacciani. Ma proprio quel “timore di rappresaglie”, che in ipotesi poteva anche averla indotta a tacere qualcosa, dovette funzionare da grande stimolo per le speranze di chi in quel momento voleva trovare a tutti i costi nuovi spunti investigativi, quindi la testimone venne riconvocata in questura per il 6 dicembre.
In quel periodo Sabrina Carmignani stava affrontando problemi legali con il marito e padre del proprio bambino, da cui si era già separata (si trattava della stessa persona che aveva condiviso con lei l’esperienza sulla piazzola di Scopeti). Ad assisterla era lo studio legale in cui operava Aldo Colao, avvocato di parte civile per conto della famiglia Mainardi nel passato processo Pacciani e nel futuro processo ai compagni di merende, che però, da penalista, non doveva interessarsi direttamente al suo caso, che abbisognava invece di un civilista. Secondo le dichiarazioni rilasciate della stessa Carmignani a Cannella, Colao sarebbe stato convinto di averle sentito dire anni prima che aveva visto Vanni sulla piazzola. Nello stesso documento si legge che, la sera del 5 dicembre 1995, Colao le telefonò – “per puro caso”, secondo lei, ma vedremo che non era affatto così – venendo a conoscenza del suo previsto colloquio del giorno dopo con Giuttari. Alle 6 di mattina Colao la chiamò di nuovo, offrendosi senza successo di accompagnarla, e quando arrivò in questura e fu fatta attendere, lui era già dentro la stanza con Giuttari.
Nonostante quello che si legge sul verbale (“Si dà atto che la CARMIGNANI, debitamente invitata, è comparsa accompagnata dall’avv. Aldo Colao, che assiste all'audizione”) è evidente che il ruolo di Colao non dovette certo essere stato quello di assistere Sabrina Carmignani – che non ne aveva bisogno e neppure glielo aveva chiesto – ma di dare manforte nel tirarle fuori le informazioni che ci si attendeva da lei (“Disse: ci parlo io”, si legge nel rapporto Cannella). E a confermare tale ipotesi concorre il contenuto di un articolo di Amadore Agostini uscito sulla “Nazione” del 25 gennaio 1996 (vedi). L’informatissimo giornalista scrisse di una cena della sera precedente alla quale avrebbe partecipato addirittura Ruggero Perugini – presente anche lui all’interrogatorio, lo vedremo tra breve – assieme a “un legale di parte civile del processo e qualche altro personaggio che ruota attorno alla vicenda del mostro”. A quella cena si dovevano essere accese grandi speranze per un’inchiesta appena partita e ancora nebulosa – è bene ricordare che al momento Ghiribelli, Lotti e Pucci erano personaggi ancora di là da venire –, supportate magari da qualche progetto strategico per affrontare una testimone che, di fronte alla SAM, si era rivelata assai coriacea. Ecco perché è difficile pensare che la telefonata di Colao fosse stata casuale.

L’interrogatorio. A ulteriore dimostrazione delle grandi speranze riposte nella testimonianza di Sabrina Carmignani fu la presenza di una folla di giornalisti, fotografi e cineoperatori nei corridoi della questura, che non potevano essersi trovati lì per caso, ma erano stati debitamente avvertiti e poi fatti entrare dall’agente di guardia. Si può soltanto pensare, quindi, che qualcuno contasse su un clamoroso colpo di scena, del quale intendeva far partecipi tutti gli italiani (è facile per il lettore immaginare chi, considerando analoghi comportamenti futuri).
Non è ben chiaro quante persone fossero state presenti all’interrogatorio, che andò avanti addirittura per sei ore. Il verbale nomina Giuttari, Riccardo Lamperi e Aldo Colao, ma di sicuro c’era anche Ruggero Perugini, come scrissero i giornali del 7: “la Repubblica” (vedi): “I due sono entrati nell'ufficio del capo della squadra mobile, Michele Giuttari, e dopo qualche minuto, nella stanza sono stati raggiunti dai poliziotti più anziani della squadra antimostro, e da una vecchia conoscenza dell’ inchiesta: Ruggero Perugini”; “Corriere della sera” (vedi): “[…] questo nuovo capitolo della vicenda "mostro" […] ha richiamato a frotte giornalisti, fotografi e cineoperatori. Incuriositi anche dalla presenza all'interrogatorio, stando alle indiscrezioni non smentite, di Ruggero Perugini”;  “La Stampa” (vedi): “All'interrogatorio sarebbe stato presente, ma soltanto come osservatore, anche Ruggero Perugini”; “La Nazione” (vedi): “Nella stanza di Giuttari c’era anche l’ex capo della SAM, Ruggero Perugini”.
In un articolo di un mese dopo sulla “Nazione”, Amadore Agostini raccontò di più (25 gennaio 1996, vedi):

Ruggero Perugini arriva precipitosamente a Firenze nel segreto più assoluto. Incontra solo Giuttari, la pubblica accusa, un terzetto di fidatissimi. Ecco che lo stesso investigatore, ora ufficiale di collegamento della Dia con l’Fbi, si precipita a precisare di essere in città per affari strettamente personali. Eppure lo incontrano a una cena alla quale prende parte un legale di parte civile del processo e qualche altro personaggio che ruota attorno alla vicenda del mostro. La mattina seguente è sempre Ruggero Perugini a partecipare attivamente all’interrogatorio di una super test dell’85. È lui che fa domande che “consiglia” parte del verbale.

Del resto lo affermò anche la stessa Carmignani di fronte a Cannella: Perugini entrò dopo mostrandosi “molto interessato a questa cosa”. E che la presenza di Perugini non fosse stata dichiarata nel verbale posto agli atti conferma l’assoluta irritualità di quell’interrogatorio, già gravemente compromesso dalla presenza di Aldo Colao. Ma che cosa c’entrava con la nuova inchiesta il poliziotto che aveva inseguito Pacciani secondo vecchie logiche che si stavano ripudiando, e che per di più era stato trasferito a tutt’altro incarico? È opinione personale di chi scrive che Vigna considerasse Giuttari ancora troppo acerbo sulla vicenda, e che quindi avesse preferito affiancargli qualcuno già ben addentro. Sul ruolo di Perugini le cronache giornalistiche sono contrastanti, in ogni caso, fosse chi fosse a porre le domande, le pressioni per far dire alla donna che quella domenica aveva visto Mario Vanni sulla piazzola di Scopeti dovettero essere state enormi. Dal libro di Cannella:

Quando raccontai la cosa alla Polizia, questi, invece di ringraziarmi, mi misero subito sotto torchio: volevano che dicessi in tutti i modi di avere visto alla guida della macchina scolorita Mario Vanni. Io ho detto loro che non potevo dire quello che non avevo visto, ma loro hanno insistito pesantemente dicendomi... “Dillo che era lui alla guida dell'auto scolorita! Lei lo sa cosa ha fatto il Vanni? Via lo dica! Lei non parla perché ha paura!”. Io risposi: “Paura di cosa? Se avessi visto il Vanni Mario, in quella macchina o qualcuno che conoscevo ve lo direi, ma non posso dire quello che non ho visto!” Pensi che roba! E tutto questo, in quel periodo… quando stavo passando un momento difficile per la mia vita. Avevo un bambino piccolo e un mare di difficoltà di tutti i tipi.
Mentre mi trovavo in Questura, un poliziotto mi prese da una parte e senza troppi giri di parole mi disse che, se non avessi collaborato con loro, mi avrebbero tolto il bambino. Poi, non contenti, mi chiusero dentro ad una stanza, al buio e iniziarono a proiettami le diapositive dei due ragazzi assassinati, mentre si trovavano sul tavolo anatomico durante l'autopsia! Un poliziotto da dietro mi diceva: “Guarda cosa ha fatto. Tu lo vuoi proteggere! Dillo che lo hai visto nella piazzola.” Credo stessi per vomitare. Sono infermiera ma quelle immagini mi hanno letteralmente scioccata! Non avevo mai visto niente di simile in tutta la mia vita. Ma erano tutte quelle ingiustificabili pressioni, verso una persona che stava facendo il suo dovere… Ma loro volevano trovare uno che gli dicesse cose che uno non ha visto… Se uno vuole maneggiare le persone... Non va bene così!

Di tali pressioni non c’è però traccia alcuna nel verbale (vedi), che d’altra parte è reso in forma riassuntiva, come quasi sempre. Vediamo che cosa vi si trova riguardo Mario Vanni, argomento affrontato in conseguenza a domande sull’avvistamento di due individui da parte dei coniugi De Faveri-Chiarappa. Fin da subito si esclude che quel pomeriggio la Carmignani avesse visto persone differenti dal guidatore dell’auto sopraggiunta dopo il suo arrivo.

La CARMIGNANI dichiara:
Quel pomeriggio non ho visto nessuna persona, all'infuori di quella da me descritta a bordo della macchina che corrisponde per quanto riguarda la coda tronca ed il colore sbiadito, che, per quanto riguarda l'auto da me notata, non era né troppo scuro né troppo chiaro.
A.D.R.: Non ho mai visto coppie di uomini rispondenti alle caratteristiche che mi dite e che sono peraltro piuttosto generiche, ma ho visto cacciatori, cercatori di funghi e di tartufi anche perché nella zona degli Scopeti vengono esercitate dette attività. Se ricordate bene chi scoprì la coppia di francesi uccisa, tale Luca Santucci, era andato in quel posto a cercare i funghi.

Si passa poi a Vanni e Pacciani, dei quali la teste si dice sicura di aver visto in paese il primo, di non ricordare se avesse mai visto il secondo, se non in televisione, e di poter escludere con certezza di averli mai visti assieme.

Mi viene chiesto se a San Casciano e dintorni e, comunque, in zona, io possa ricordare persone che presentano caratteristiche fisiche similari a quelle descrittemi e se, anche in epoca diversa, li abbia potuti notare nella zona degli Scopeti più volte.
Al riguardo posso affermare che, facendo mente locale ai noti personaggi venuti alla ribalta nel noto processo, da me seguito anche in televisione, mi viene in mente come descrizione tanto l'imputato del processo quanto un altro mio compaesano, che si chiama VANNI Mario, detto in paese “Torsolo”. Voglio però precisare che i due io non li ho mai visti insieme né in paese né nelle vicinanze della piazzuola degli Scopeti.
Mi viene chiesto se io, prima del processo, conoscessi queste due persone.
Riferisco che, quando vidi in televisione il PACCIANI, questi mi sembrò una faccia già vista ma non riuscii a focalizzare dove e in che occasione, mentre, quando vidi il VANNI, del quale non conoscevo il nome, riconobbi subito in questi la persona che in paese era conosciuta con il soprannome di Torsolo.
Voglio sottolineare di nuovo che né in paese né fuori ho mai visto il PACCIANI ed il Torsolo assieme e che mi son venuti alla mente soltanto grazie alla enorme pubblicità data da televisione e giornali alla vicenda giudiziaria del “Mostro”.

Infine le domande si fanno più specifiche sulla piazzola degli Scopeti. La testimone esclude di avervi mai visto Pacciani, mentre le era capitato di vedere Vanni mentre camminava lungo la strada prospiciente, ma in occasione di feste, quando vi stavano passeggiando anche altre persone.

Mi viene chiesto se avessi visto nella zona degli Scopeti singolarmente il PACCIANI ed il Torsolo.
Per quanto riguarda il PACCIANI, posso ribadire di non averlo mai visto nella zona degli Scopeti e di non avere memoria del dove e quando potessi, nel caso, averlo visto prima e comunque sono propensa ad escludere di averlo incontrato in quella zona.
Per quanto riguarda il Torsolo, invece, posso affermare che si tratta di un personaggio a me più familiare, anche se fra di noi non c'è mai stata conoscenza diretta, dico familiare perché era una persona di cui in paese si parlava sia per le sue vicende familiari, raccontavano infatti gli anziani che lui avesse buttato per le scale la moglie incinta ed avesse avuto dei problemi per questo motivo, sia perché era noto come uno dei guardoni del paese.
Mi chiedete se io abbia mai avuto occasione di vedere il Torsolo agli Scopeti ed io confermo che effettivamente ricordo di averlo visto in quella zona in diverse epoche e, per quanto possa ricordare, sempre a piedi che camminava lungo la strada. Tengo a precisare che collego queste occasioni, per quanto io ricordi, a giorni di festa, in cui diverse persone di San Casciano, non solo, quindi, il Torsolo, passeggiavano lungo quella strada.
Quello che voglio dire, cioè, è che io non l'ho mai visto solo o in atteggiamento che destasse in me il sospetto che stesse facendo il guardone e questo voglio precisarlo avendo prima riportato quella che era una voce del paese sulle sue abitudini.

Il verbale sintetizza due altri argomenti affrontati nel corso del lungo interrogatorio. Vediamo brevemente quello delle lettere anonime, che va a spiegare quanto riportato dalla “Nazione” del 25 gennaio 1996 (vedi).

Dopo qualche giorno dal delitto di Scopeti, a seguito di articoli di stampa che riferivano la mia presenza sul posto del delitto e pubblicavano anche la mia foto, pervennero presso la mia abitazione alcune lettere anonime dal contenuto molto strano. In particolare, in queste lettere, tre o quattro, si facevano apprezzamenti su di me e specificatamente su parti anatomiche del mio corpo e, quindi, il loro contenuto era a sfondo prettamente sessuale.
Nell'ultima di queste lettere, l'anonimo, adducendo che ciò era esclusivamente nel mio interesse, mi diede un appuntamento a San Casciano per le ore 11 nel piazzone dei giardini, invitandomi ad indossare la mini gonna ed una maglietta scollata.
Andai all'appuntamento con l'accordo dei carabinieri, ai quali mio padre aveva consegnato le lettere, anzi preciso forse di un gruppo di ex carabinieri, investigatori privati, ma non si presentò nessuno probabilmente perché era transitata e si era fermata nel posto convenuto un'auto della polizia.
Dopo l'ultimo episodio sopra riferito non ho più ricevuto lettere minatorie.

Quelle lettere sarebbero state poi oggetto di investigazione. La sera stessa venne interrogata la madre della Carmignani (vedi), che dette qualche labile indizio – tipo di pubblicità presente sulla “Nazione” – su come rintracciare l’agenzia investigativa alla quale erano state consegnate le lettere. Uomini della SAM si recarono quindi alla Biblioteca Nazionale di Firenze per effettuare ricerche sulle pagine del quotidiano, ma senza successo (vedi). In ogni caso sembra evidente che quelle lettere anonime nulla avessero avuto a che fare con il Mostro.
L’altro argomento è quello del motorino.

Agli Scopeti, ebbi modo di osservare anche nei giorni precedenti all'08.09.1985, appoggiato ad un albero proprio all'inizio della piazzuola entrando sul lato destro e proprio in corrispondenza al posto in cui ho notato l'autovettura da me descritta in sosta, un motorino di cui conservo ancora un ottimo ricordo e che descrivo come segue, precisando che già, circa tre quattro anni fa, lo avevo già descritto ai carabinieri di San Casciano. Si trattava di un vecchio modello, con serbatoio a goccia posizionato in diagonale sulla canna e sellino piuttosto largo nella parte posteriore di colore nero. Aveva i parafanghi larghi e grossi che coprivano le ruote ed era di colore sul rosso/mattone opaco, nel senso che il colore risultava sbiadito dall'usura e dalle intemperie.
Ho avuto modo di notare questo motorino fermo in quel posto per un periodo di tempo che colloco circa tre/quattro giorni prima del giorno 8 settembre 1984.

I lettori più informati ricorderanno di sicuro  il tormentone del camaleontico motorino di Pacciani, cangiante non soltanto per colore ma anche per marca, poiché, da Cimatti Minarelli qual era in origine, aveva assunto anche le sembianze di un Gilera e di un Beta. A Scopeti lo aveva visto il teste Edoardo Iacovacci, secondo la cui sospettosissima testimonianza sarebbe stato appoggiato alle frasche nella mattinata di sabato. Ma il motorino visto dalla Carmignani arrivava decisamente fuori tempo massimo, ormai tale tipo di indizi era destinato al dimenticatoio, quindi non ci fu alcun bisogno di fronteggiare l’ennesimo cambiamento di colore (rosso, contro il celeste di Iacovacci).

Un doppio verbale? A leggere il verbale si direbbe che per i giornalisti, fotografi e cineoperatori che avevano invaso la questura di Firenze di pappa ce ne fu davvero poca. Però a qualcuno arrivò un’indiscrezione clamorosa: la domenica del delitto la testimone aveva visto sulla piazzola di Scopeti un complice di Pacciani. Lo scrisse “La Stampa”: “La misteriosa testimone avrebbe raccontato di aver visto uno dei «compagni di merende» di Pacciani nella zona degli Scopeti a San Casciano”; “L’Unità” (vedi): “La testimone, secondo le indicazioni raccolte, avrebbe riferito che diverse ore prima del duplice omicidio della coppia francese […] ha notato nei pressi degli Scopeti dove i due turisti avevano una tenda canadese un amico del Pacciani”; magari anche altre testate non nella disponibilità di chi scrive, ma soprattutto “La Nazione”:

La ragazza a suo tempo avrebbe raccontato di aver notato una persona del posto aggirarsi nei paraggi degli Scopeti poche ore prima dell’omicidio della coppia di francesi l’8 settembre 1985. Si scoprirà più in là negli anni che quell’uomo era un “compagno di scorribande” del Pacciani, ascoltato anche al processo. Una testimonianza “dimenticata” e che in oltre sei ore è stata puntualizzata.

Autore dell’articolo era l’informatissimo Amadore Agostini, che nelle pagine di cronaca fiorentina rincarò la dose, parlando anche di “verbale”:

La ragazza infatti avrebbe messo a verbale allora un racconto che suonava all’incirca così: ho visto un tale (risulterà essere uno dei “compagni di merenda” di Pacciani) proprio sul luogo dove poche ore più tardi i due ragazzi sarebbero stati trucidati.

Una volta letti questi articoli, Sabrina Carmignani, arrabbiatissima, telefonò in questura, ottenendo un incontro con il PM per il 14 dicembre. Ecco la relativa nota (vedi):

Mi sono presentata spontaneamente stamattina previo appuntamento insieme al mio compagno Bacci Riccardo […] perché giorni fa sono stata sentita come persona informata sui fatti in Questura ed il giorno successivo sono apparse sulla stampa cittadina delle notizie relative alla mia testimonianza senza per la verità che si facesse il mio nome nelle quali mi si mettevano in bocca cose che io non avevo in realtà riferito alla polizia.
Ho avuto quindi il dubbio che il verbale da me sottoscritto in Questura e da me non riletto non riportasse correttamente il mio pensiero. Mi viene a questo punto data lettura dell'intero verbale datato 6.12.1995 e posso confermare che tale verbale riporta esattamente ciò che io ho dichiarato.

Si presume che Sabrina Carmignani avesse preso visione del verbale poi messo agli atti e la cui trascrizione OCR è stata resa disponibile qui. Ma era il medesimo da lei firmato alla fine dell’interrogatorio? A leggere il rapporto di Cannella si direbbe di no, poiché lei ne ricordava uno ben più corposo: “Il verbale era in più pagine e io dissi «Scusi e gli altri fogli dove sono?»”; “Non parliamo più di questa storia”, fu la risposta di Canessa.
Quasi un anno dopo, la Carmignani venne contattata da Pino Rinaldi, uno degli autori del programma televisivo “Chi l’ha visto”. Non venne realizzato alcun servizio, a quanto sembra per espresso desiderio della stessa donna, però il contenuto del loro colloquio fece da base a un articolo di Mario Spezi pubblicato dal settimanale “Gente” del 22 aprile 2004 (vedi), dove si legge:

Sabrina Carmignani, occhi e carattere fermi, non cedette di un millimetro, nonostante l’interrogatorio si fosse protratto per lunghissime ore, fino a notte fonda. Era sicura di quello che aveva detto e non aveva riconosciuto nessuno a bordo dell’auto rossa. Alla fine, esausta e confusa, firmò un verbale che, ricorda: “era un pacco di fogli alto mezzo centimetro”.
Qualche giorno dopo, leggendo “La Nazione”, trasalì […] si infuriò, telefonò al commissario Giuttari, disse che avrebbe raccontato tutto alla stampa, che sarebbe successo un “quarantotto”. […]
Sabrina Carmignani, comunque, fu gentilmente invitata in questura, dove fu ricevuta da un magistrato. Con lei era il suo nuovo compagno Riccardo […]. La giovane donna chiese al magistrato di vedere il verbale cui faceva riferimento l’articolo de “La Nazione” e quello le mostrò un solo foglio con poche righe molto vaghe. Sabrina si infuriò di nuovo, disse che quello non era il verbale che aveva firmato, ricco di molte più pagine. In quel foglio non c’era né quello che lei aveva raccontato, né quello che avrebbe letto il giornalista. Il magistrato sarebbe apparso confuso e si sarebbe scusato. Chissà, forse il verbale, di certo conforme alle dichiarazioni della testimone, era stato smarrito.
“Alla fine”, dice Sabrina Carmignani, “il magistrato fece firmare a me e a Riccardo un foglio in cui c’era una dichiarazione con la quale ci impegnavamo a non parlare mai con la stampa. Non volevamo più grane. Firmammo”.

Tre mesi dopo, il 17 luglio, Sabrina Carmignani scrisse una lettera di smentita a Canessa: “Sono stata contattata alcuni mesi fa dal suddetto giornalista [Spezi] nonché da altro giornalista di nome Rinaldi, ai quali ho confermato di non aver nulla da aggiungere rispetto a quanto già narrato agli inquirenti ed alla Autorità Giudiziaria”. Chi scrive non ha certo la pretesa di stabilire se davvero esistettero due verbali, con il primo che conteneva la falsa ammissione di aver visto Mario Vanni e il secondo che era andato a sostituirlo. Si possono comunque fare alcune considerazioni.
Difficilmente Mario Spezi poté inventarsi le dichiarazioni della Carmignani, che, tra l’altro, per smentirle attese tre mesi. Del resto, seppur in modo indiretto, anche Pino Rinaldi avallò quelle dichiarazioni; lo fece il 5 maggio 2005 di fronte a Giuliano Mignini, nell’ambito dell’inchiesta Narducci dove risultava indagato per ostacolo alle indagini, quindi in un contesto nel quale non avrebbe avuto motivo per non smentirle. Dalla sentenza Micheli:

Ho avuto anche un aspro scontro con lo Spezi in quanto ha pubblicato a mia insaputa sul settimanale “Gente”, delle indiscrezioni avute da Sabrina Carmignani, teste del delitto degli Scopeti a proposito di un interrogatorio a cui la stessa era stata sottoposta. Io avevo deciso di rispettare la volontà della ragazza che non venissero pubblicizzate le sue indiscrezioni, ma Spezi ha voluto fare ugualmente lo scoop a mia insaputa.

Se vogliamo metterci dal punto di vista della Carmignani, c’è da domandarsi per quale motivo una donna che non aveva mai fatto niente per comparire sui giornali – al contrario di moltissimi altri testimoni – avrebbe dovuto inventarsi la storia del doppio verbale. Se poi si va a esaminare la sua deposizione si trova ulteriore conferma nello scambio con Aldo Colao (vedi). Eccone una estrema sintesi, più che sufficiente a capire:

Colao: Signorina scusi, lei ha visto anche altre persone, fisicamente, che giravano nei paraggi quand'era sul posto?
Carmignani: No.
Colao: E, un certo... una persona che aveva un nome curioso in paese. Un nome strano. L'ha visto? Che è qui presente in aula?
Carmignani: No, non mi ricordo. 
Colao: Ma, è contestabile perché nel verbale che la signorina rese, parla d'aver visto un certo “Torsolo”.
Carmignani: No. Io non ho mai detto di avere visto “Torsolo” il giorno... Io... Il signor Vanni è di San Casciano, l'ho visto più volte in paese, ma io quel giorno non l'ho mai visto.
Colao: In quel posto lì, nella piazzola... in fondo alla piazzola.
Carmignani: No.
Colao:  Ma, il PM dovrebbe contestarlo questo, perché nel verbale che lei rese...
Carmignani: Ma, quale verbale?
Colao: Nel verbale che rese, diciamo, alla Polizia Giudiziaria.

A questo punto intervenne Canessa, che non contestò alcun verbale.

PM: Volevo sollecitare, invece di fare contestazioni, eventuali ricordi suoi di aver visto persone, fra le quali Vanni, in zona, in epoche precedenti.
Carmignani: Sì, ho visto persone, ma non potrei dire che ho visto Mario Vanni.
PM: Benissimo.
Carmignani: Poteva essere chiunque, anche lei.
PM: Benissimo. Perfetto. Era questo che volevo sapere. Io la ringrazio.

Quindi fu di nuovo la volta di Colao.

Presidente: Avvocato Colao può continuare, grazie.
Colao: Ho finito, se il PM non contesta quanto già a verbale, io non ho il verbale.
Presidente: Io non lo so, io non ho il verbale.
Colao: Ma me ne ricordo bene dell'interrogatorio.
Carmignani: Scusate, quale verbale dice che io ho visto Mario Vanni sul luogo del delitto?
PM: No, no, non è...
Carmignani: Io non lo conosco, non so quale verbale sia.
PM: Siamo pienamente d'accordo, signora.

Come si vede, Colao stava parlando proprio dell’interrogatorio del 6 dicembre 1995 (“me ne ricordo bene dell'interrogatorio”), nel cui verbale era convinto apparisse l’avvistamento di Mario Vanni. Sarà stato un falso ricordo? Assai improbabile, era trascorso appena un anno e mezzo. Forse,  durante la verbalizzazione, Colao aveva capito male e non aveva riletto il documento. In ogni caso, se mai esistette, quel verbale venne fatto sparire subito, come dimostra la nota riassuntiva di Giuttari indirizzata a Canessa appena tre giorni dopo l’interrogatorio (vedi), che infatti non ne riporta traccia.