tag:blogger.com,1999:blog-21792835806635452024-03-24T16:32:22.166-07:00Quando sei con me il Mostro non c'èQuattro cose sul Mostro di FirenzeAntonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.comBlogger104125tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-42773457415604749442023-10-06T21:38:00.003-07:002023-10-06T21:41:23.255-07:00Libro<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOk2YMuM0GM3vCpDhi8K3YzFiqHTru0bd2Ip5o8wCbnL_lwaW0Zuh7ExD3h7NdpviSqhctkyxOUfZ4j75YLTMg6Gd35AC21NPMh_LcQAAD_n1F0T6zy31kZGnwLp2k5meP5oBPr9gvGW_K-l4JJ1TDrtztzSmOnL0qdGZhFf2aHc6a-1JKVjQAd3d9/s3270/Copertina%20libro%20Segnini.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3270" data-original-width="2044" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOk2YMuM0GM3vCpDhi8K3YzFiqHTru0bd2Ip5o8wCbnL_lwaW0Zuh7ExD3h7NdpviSqhctkyxOUfZ4j75YLTMg6Gd35AC21NPMh_LcQAAD_n1F0T6zy31kZGnwLp2k5meP5oBPr9gvGW_K-l4JJ1TDrtztzSmOnL0qdGZhFf2aHc6a-1JKVjQAd3d9/s320/Copertina%20libro%20Segnini.jpg" width="200" /></a></div><br />
Da ormai quasi quattro mesi è in vendita su Amazon il mio saggio. L'accoglienza è stata più che soddisfacente, per un libro autopubblicato, con ottime recensioni. Mi si consenta di riportarne una a titolo d'esempio:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
<b>Alessandro M. - 5 su 5 stelle - Una vicenda oscura...una spiegazione lucidissima.<br />
Recensito in Italia il 10 settembre 2023 - Acquisto verificato.</b><br /><br />
Ho letto diversi libri e articoli sulla vicenda. Sempre fatto in maniera distaccata e soprattutto dubbiosa.
Invece, qui, abbiamo una lucidità e una capacità logica sul caso degne di nota.
Fuori da ogni draconiana spiegazione, scevro da salti mortali per arrivare al punto.
Era ciò che ci voleva.
Consigliatissimo e direi anche necessario. Una luce nel buio.
</span></i><br /><br /><br />
Questo il link alla pagina d'acquisto:
<a href="https://www.amazon.it/dp/B0C87S7625?ref_=pe_3052080_397514860" target="_blank">Quando se con me il Mostro non c'è - Il Mostro di Firenze fuori dal buio</a>
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-65800804660863043592022-05-04T05:54:00.003-07:002022-05-04T06:10:14.046-07:00A tutti i miei lettori<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEic-FNshfLfLBtGEO4OFTrcBiIXFBO4Vxn3ZZ9aGQGwc4Ev0ayM7UXdAaIpya9-nlu86vAmxR-p-SFX80Bp3-d4qBRVhMU1zmHctWtLLJstfWfHLpgUjwAO9Vhiwdk72dCJAGUmuwk_ZirZSC-I3xcaTFl_oy3RO7oUK90QdhiqQ5a_dg2GjsF0MA/s1039/Cattura.PNG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="268" data-original-width="1039" height="150" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEic-FNshfLfLBtGEO4OFTrcBiIXFBO4Vxn3ZZ9aGQGwc4Ev0ayM7UXdAaIpya9-nlu86vAmxR-p-SFX80Bp3-d4qBRVhMU1zmHctWtLLJstfWfHLpgUjwAO9Vhiwdk72dCJAGUmuwk_ZirZSC-I3xcaTFl_oy3RO7oUK90QdhiqQ5a_dg2GjsF0MA/w640-h166/Cattura.PNG" width="530" /></a></div><br />
I miei lettori abituali si saranno accorti da tempo che sul blog non vengono più inseriti nuovi articoli.
L’ultimo risale all’ormai lontano giugno 2021. Gli stessi lettori però si saranno anche accorti che in quel mese
ho aperto un canale Youtube
(<a href="https://www.youtube.com/c/QuandoseiconmeilMostrononc%C3%A8" target="_blank">Quando sei con me il Mostro non c'è</a>),
che da allora impegna quasi tutto il mio tempo libero.
Un filmato ha vantaggi e svantaggi rispetto a un testo scritto. È più difficile approfondire,
ma è più facile farsi capire, e io credo che, dovendo scegliere, in questo marasma di teorie
più o meno confuse sia preferibile il farsi capire. E purtroppo devo scegliere, poiché,
a onta di un recente e dozzinale articolo sulla "mostrologia"
(<a href="https://www.repubblica.it/venerdi/2022/04/08/news/il_mostro_di_firenze_e_gli_youtube_dei_criminali_case-344115841/" target="_blank">Venerdì di Repubblica</a>),
non sono affatto un pensionato, anzi, il mio lavoro mi costringe ancora a faticosi sforzi mentali,
che mi lasciano poche energie per il resto.<br />
Chiedo dunque ai miei lettori di non rimpiangere troppo gli articoli che non riesco più a scrivere,
e di seguirmi invece su Youtube, dove cerco di sfruttare al meglio il mezzo per perseguire il solito obiettivo,
la ricerca di una verità storica che possa rimediare alle manchevolezze di quella giudiziaria.<br /><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="color: black;">*********************************</span></div>
<br />
My long-time readers must’ve realized for a while no new articles are uploaded on the blog.
Last one dates back to by now far June of 2021. But the same readers must’ve also realized
on that month I opened a YouTube channel
(<a href="https://www.youtube.com/c/QuandoseiconmeilMostrononc%C3%A8" target="_blank">Quando sei con me il Mostro non c'è</a>),
which since then occupies almost all of my spare time.
A video has both advantages and downsides compared to a written text. It’s harder to go into detail,
but it’s easier to convey ideas. And unfortunately I have to choose, because,
in spite of a recent and cheap article about monstrology
(<a href="https://www.repubblica.it/venerdi/2022/04/08/news/il_mostro_di_firenze_e_gli_youtube_dei_criminali_case-344115841/" target="_blank">Venerdì di Repubblica</a>),
I’m not a pensioner at all, rather, my job still imposes a tiring mental effort on me, leaving little energies for the rest.<br />
So I ask my readers not to regret too much the articles I can’t write anymore, and to follow me on YouTube instead,
where I try to make the most of the tool for pursuing the usual goal, a research
for a historical truth able to make up for the judicial one’s mistakes.
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-6298588181004269852021-06-08T11:20:00.014-07:002021-11-07T20:38:39.846-08:00Una dinamica errata per Scopeti (2) <div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/12/una-dinamica-errata-per-scopeti-1.html">Segue dalla prima parte</a><br /><br />
Dopo un tempo che a qualcuno è parso interminabile, è giunto il momento di
tornare sulla dinamica di Scopeti proposta da Enrico Manieri. Dal mio primo
interessamento l’autore ha aperto un suo canale Youtube
(<a href="https://www.youtube.com/channel/UC2QSNPcUV86m_xIkn_aq1jg" target="_blank">vedi</a>), dove ha
pubblicato alcuni video, parte a pagamento, nei quali ha proseguito per la
propria strada – profondamente errata, a parere di chi scrive – fornendo altri
dettagli relativi alle convinzioni che ne stanno alla base. E non solo. Ha anche
colto l’occasione per rivelare un paio di “scoperte” inedite, su una delle quali
è il caso di approfondire, prima ancora di riesaminare in modo critico la sua proposta di
dinamica vera e propria.<br />
Ricordo che il mio interessamento è volto soltanto a contrastare la nascita di
ulteriori inquinamenti, che in questo caso potrebbero rivelarsi assai nocivi,
provenendo da persona competente e ben accreditata tra gli appassionati
in rete. E che non esita a propagandare le sue presunte “scoperte” come un
fatto epocale. Si veda a puro titolo di esempio l’articolo “<i><span style="color: blue;">Mostro di Firenze,
Pietro Pacciani incastrato? ‘Il depistaggio decisivo, chi c'è dietro’: la
svolta</span></i>”, a firma Francesco Amicone, su Libero del 4 maggio 2021
(<a href="https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/27112986/mostro-firenze-pietro-pacciani-depistaggio-decisivo-chi-c-e-dietro-svolta.html" target="_blank">qui</a>),
sul quale torneremo.<br />
In più la dinamica disegnata da Manieri si pone in netto contrasto con quella che
giudico una verità densa di conseguenze, e che per essere smentita
abbisogna di ben altre argomentazioni: a Scopeti il Mostro aveva sparato
impugnando la pistola con la mano sinistra.<br /><br />
<b>Bossoli che camminano.</b>
Le due foto seguenti ci mostrano la posizione dei sei bossoli ritrovati il
giorno dopo la scoperta dei cadaveri, al martedì mattina (queste e altre immagini
sono tratte dai video di Manieri).<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-TDGlZSf-GPg/YL8fLdLoogI/AAAAAAAACx4/fTDkbPrVbPMINsaQAre9peMDN8onPXBvACLcBGAsYHQ/s1280/010.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" src="https://1.bp.blogspot.com/-TDGlZSf-GPg/YL8fLdLoogI/AAAAAAAACx4/fTDkbPrVbPMINsaQAre9peMDN8onPXBvACLcBGAsYHQ/s320/010.jpg" width="320" /></a></div><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-W7kjeGmFCHk/YL8fRdgIp6I/AAAAAAAACx8/Pha1Yo-7hYM9FDu8FadK0pn3ZAMizxxpgCLcBGAsYHQ/s781/020.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="520" data-original-width="781" src="https://1.bp.blogspot.com/-W7kjeGmFCHk/YL8fRdgIp6I/AAAAAAAACx8/Pha1Yo-7hYM9FDu8FadK0pn3ZAMizxxpgCLcBGAsYHQ/s320/020.jpg" width="320" /></a></div><br />
Così si legge nel verbale della scientifica:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
L'anno 1985, addì 10 del mese di settembre, dalle ore 10 alle ore 12,30, in San
Casciano Val di Pesa (FI).<br />
Noi sottoscritti Sov. della Polstato SIMPATIA Giovanni, MATTA Silverio ed Agente
Scelto della Polstato AUTORINO Giovanni, tutti operatori tecnici addetti al
Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica della Questura di Firenze, su
richiesta del Dr. CANESSA, Sost. Proc. e per disposizione Superiore, ci siamo
recati in San Casciano Val di Pesa, in quella via Degli Scopeti, all'altezza
del civico 124, per ivi eseguire ulteriore sopraluogo nell'area di rinvenimento
dei cadaveri.<br />
Si è proceduto ad una ispezione con uso del metaldetector, del terreno adiacente la
tenda biposto di cui al verbale precedente. Detta operazione ha portato al
ritrovamento, tra i ciuffi di erba secca antistanti l'apertura principale della
tenda (quella rivolta a via degli Scopeti) di nr. 6 bossoli calibro 22, marca
Winchester, con il fondello percosso. I suddetti bossoli, contrassegnati con le
lettere: A-O-Q-H-F-E, distano rispettivamente (A) mtr. 1,40 dall'albero di
abete che nel precedente verbale è stato preso come punto di riferimento, e cm.
95 dal materassino; (O) mtr. 1,90 dall'albero e cm. 25 dal materassino; (Q)
mtr. 1,85 dall'albero e cm. 11 dal materassino; (H) mtr. 1,40 dall'albero e cm.
8 dal materassino; (F) mtr. 1,20 dall'albero e cm. 5 dal materassino; (E) mtr.
1,5 dall'albero e cm. 4 dal materassino.
</span></i><br /><br />
Evidentemente
il pomeriggio del giorno precedente – quello della scoperta dei cadaveri – i sei
bossoli non erano visibili, perché infossati nel terreno sabbioso ed erboso,
almeno questo si era sempre pensato. Ebbene, Manieri ha provveduto ad
analizzare la nota foto dove si vede il corpo della povera Nadine Mauriot
ancora all’interno della tenda, scattata proprio quel lunedì pomeriggio e, a
suo dire, sul terreno antistante avrebbe visto emergere i sei bossoli nascosti!
Ma non solo, la loro posizione non sarebbe stata affatto la stessa descritta
dal verbale e illustrata dalle foto ufficiali, ci sarebbero state delle
differenze che nel caso del bossolo (A) risultano davvero abissali. Questo,
infatti, si collocherebbe non a “<i><span style="color: blue;">cm. 95 dal materassino</span></i>”, ma ben più vicino, a
occhio una decina di cm.<br />
Nel video Manieri non fa vedere in modo chiaro la foto originale, ma preferisce
soffermarsi su una versione da lui opportunamente trattata, tutta in bianco e
nero (desaturata) con il colore a evidenziare i soli bossoli. Lo si vede
bene in questi due fotogrammi, dove ogni
bossolo è stato da me contrassegnato con la stessa lettera delle foto ufficiali scattate il martedì.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-f-AvPuWVzbg/YL8hLL5NSvI/AAAAAAAACyI/4gqLhibwFgIEYbOL579bx-vFcSctO5UkwCLcBGAsYHQ/s790/030.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="592" data-original-width="790" src="https://1.bp.blogspot.com/-f-AvPuWVzbg/YL8hLL5NSvI/AAAAAAAACyI/4gqLhibwFgIEYbOL579bx-vFcSctO5UkwCLcBGAsYHQ/s320/030.png" width="320" /></a></div><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-ZQMlxUxB0b0/YL8hQuVQgeI/AAAAAAAACyM/cGT6ZgePgOMZu7sZPt7_Vlkk1NG7mffrACLcBGAsYHQ/s782/040.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="622" data-original-width="782" src="https://1.bp.blogspot.com/-ZQMlxUxB0b0/YL8hQuVQgeI/AAAAAAAACyM/cGT6ZgePgOMZu7sZPt7_Vlkk1NG7mffrACLcBGAsYHQ/s320/040.png" width="320" /></a></div><br />
Si legge nell’articolo di Amicone citato in avvio:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
«Il giorno in cui un ricercatore di funghi scopre i corpi delle ultime vittime, una
coppia di francesi», mi dice l'esperto balistico Enrico Manieri, «intervengono
anche gli agenti della polizia scientifica, che però non notano i bossoli di
fronte alla tenda. Gli stessi saranno individuati l'indomani in altre
posizioni». Manieri con il nickname “Henry62” gestisce un seguito blog dedicato
al serial killer fiorentino dove entra nello specifico di delicate questioni
tecnico-balistiche. «È un errore gravissimo commesso da chi indaga», osserva,
«cambia la ricostruzione del delitto e, quindi, la verità processuale esistente
mai revisionata dall'autorità giudiziaria». […]<br />
«Le pistole calibro .22, compresa quella del Mostro, solitamente espellono il
bossolo almeno a un metro di distanza, verso destra e all'indietro. Per questo,
è scientificamente molto improbabile che i bossoli finiti davanti all'ingresso
della tenda appartengano ai primi colpi che attinsero i francesi, come
erroneamente verrà dedotto, dopo il loro spostamento», spiega Manieri. Chi ha
mosso inavvertitamente i bossoli prima che fossero individuati ha alterato la
scena del crimine, inducendo chi avrebbe ricostruito gli eventi in vari errori,
tra cui attribuire una posizione sbagliata allo sparatore nelle prime fasi del
delitto.<br />
«A differenza di quanto riporta la ricostruzione ufficiale, basata sulle posizioni
errate dei bossoli, i primi colpi vengono sparati a poca altezza dal terreno.
Si deduce quindi che il serial killer iniziò a sparare con i piedi a un livello
più basso, cioè nella scarpata che divide la piazzola dalla strada».
</span></i><br /><br />
Ma davvero la “scoperta” di Manieri sarebbe in grado di sovvertire in modo così
clamoroso la dinamica deducibile dalle posizioni dei bossoli ufficialmente
note? Non pare proprio. L’unica differenza eclatante risiede nel bossolo (A), che
abbiamo visto spostarsi accosto alla tenda assieme agli altri cinque, la qual
cosa non sembra davvero che possa cambiare granché la dinamica
omicidiaria. Una dinamica omicidiaria sbagliatissima, nella proposta di Manieri,
come vedremo tra poco. Ma prima è il caso di chiedersi: davvero i
bossoli davanti alla tenda furono spostati durante i rilievi, e davvero
Manieri è riuscito a risalire alla loro posizione originaria?<br /><br />
<b>I bossoli fantasma.</b>
La prima domanda che viene da porsi è naturalmente questa: è possibile che gli
uomini della Scientifica non avessero visto dei bossoli che dalla foto trattata
da Manieri risultano così evidenti? Pare davvero difficile, anche perché altri
tre invece li ritrovarono, il (G) sul tessuto e i due (C) e (D) sul lato destro della
tenda. Quindi in qualche modo una ricerca la fecero, e perché proprio davanti
no? C’è poi il problema del successivo cambio di posizione, a detta di Manieri
dovuto al maldestro calpestio di chi smontò e rimontò la tenda – del resto se
no a che cosa, a un gesto di consapevole depistaggio? Se i sei bossoli non erano
stati notati da chi aveva osservato la zona, si deve almeno pensare che non fossero semplicemente
appoggiati in superficie, ma almeno in parte infossati. E allora, in queste
condizioni, l’unico effetto del calpestio sarebbe stato quello d’infossarli
ancora di più. È possibile, soprattutto, che il bossolo (A) avesse viaggiato
per quasi un metro senza che nessuno se ne fosse reso conto? Ma guardiamo
l’immagine sottostante, nella quale, secondo Manieri, sarebbe rappresentato
proprio il bossolo (A) assieme al suo compagno (H) prima del loro spostamento.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-92aJ6Ti6lA8/YL8iaDxLHTI/AAAAAAAACyU/vQTAR2gHwaY9Ailt_mTqh62-1-rVN4HyQCLcBGAsYHQ/s778/050.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="603" data-original-width="778" src="https://1.bp.blogspot.com/-92aJ6Ti6lA8/YL8iaDxLHTI/AAAAAAAACyU/vQTAR2gHwaY9Ailt_mTqh62-1-rVN4HyQCLcBGAsYHQ/s320/050.png" width="320" /></a></div><br />
Potrebbe trattarsi di ramoscelli o formazioni simili?
Cominciamo con l’osservare che la probabilità che due cilindretti su sei (dimensioni: 15x6 mm) fossero
caduti uno accosto all’altro è prossima allo zero. Il calcolo è difficile, ma
per farsene un’idea basti pensare che in una striscia di terreno larga 10 cm e
lunga un metro potrebbero entrarvene almeno mille senza alcun contatto
tra di loro. Naturalmente questo non vuol dire che soltanto il numero
1001 andrebbe in sormonto, certo però che in questo caso in sormonto c’era
andato al massimo il sesto, la qual cosa lascia abbastanza perplessi. Ma
supponiamo che il destino avesse deciso così. In questo caso sarebbe
aumentata la probabilità che i due bossoli fossero stati visti, sommandosi le rispettive
superfici, peraltro affatto schiacciate nel terreno, come ci restituisce la
prospettiva. Poi, come sarebbe potuto accadere che soltanto uno
fosse schizzato a 80 cm di distanza mentre l’altro, invece, quasi non si sarebbe
spostato? A questo proposito guardiamo l’immagine sottostante, successiva al
taglio della tenda, nella quale Manieri individua un bossolo.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-njtE0_ygpts/YL8ivmh0Q4I/AAAAAAAACyc/vAhFdinVTK0xI5Vw0Fo5y6Q1dlXKq3rygCLcBGAsYHQ/s749/060.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="425" data-original-width="749" src="https://1.bp.blogspot.com/-njtE0_ygpts/YL8ivmh0Q4I/AAAAAAAACyc/vAhFdinVTK0xI5Vw0Fo5y6Q1dlXKq3rygCLcBGAsYHQ/s320/060.png" width="320" /></a></div><br />
Il bossolo sarebbe l’(H), con il suo compagno (A) già schizzato via. Ma i conti
non tornano, poiché i bossoli (O), (Q), (F), ed (E) in quella foto non si
vedono, il che Manieri lo spiega con l’afflosciamento della base della tenda –
conseguenza del taglio – che li avrebbe ricoperti. Già, ma anche (H) si trovava
a una distanza comparabile – senz’altro più vicino di (O) – dunque anch’esso sarebbe
dovuto risultare coperto. Pertanto il supposto bossolo (H) potrebbe essere soltanto
l’(A) colto in posizione intermedia, per un camminamento a maldestri calcioni al
quale risulta davvero difficile credere.<br />
Senza dover per forza mettere in dubbio la sua buona fede, è lecito avanzare più di una
riserva sui metodi con i quali Manieri, in mezzo alla miriade di rametti e
formazioni varie sul terreno, ha individuato, e soprattutto evidenziato, i
presunti bossoli. Sappiamo bene che Photoshop fa miracoli, e che è facile farsi
prendere la mano, tantoché qualcuno riesce persino a trasformare la strega
Bacheca in Biancaneve…<br />
Vediamo dunque, per quanto possibile, d’indagare.<br /><br />
<b>In cerca di una foto.</b>
Vista la millantata importanza della sua “scoperta”, l’autore avrebbe fatto
bene a rendere disponibile sia il materiale di partenza – la foto originale,
facente parte del fascicolo fotografico – sia la metodologia di lavoro adottata,
dando così modo a tutti di verificare i suoi risultati. Niente di tutto questo.
Nel luogo migliore per farlo, il suo blog
<a href="https://mostro-di-firenze.blogspot.com/">Il Mostro di Firenze</a>,
si limita a riportare pubblicità e link ai filmati, senza alcun approfondimento e senza
alcuna immagine. Non si tratta certamente del miglior modo per rendersi
credibile, tanto più a chi paga per ascoltare le sue argomentazioni. Per la
doverosa verifica mi sono dunque dato da fare, cercando innanzitutto la foto
non trattata che gli aveva fatto da base. Era pacifico che essa dovesse
possedere una definizione ben maggiore di quelle circolante in rete, tutte di
derivazione televisiva.<br />
Un primo tentativo presso Francesco Cappelletti mi ha procurato un’immagine di
buona qualità, tratta da un PDF, nella quale però non è stato possibile neppure
intuire la presenza di qualsivoglia bossolo. Ma dal filmato di Manieri si
capiva che la sua immagine era di qualità ancora migliore. Allora ho provato a
sentire l’avvocato Vieri Adriani, presso il cui studio qualche anno fa avevo
avuto occasione di vedere qualche terribile immagine cartacea tratta dal fascicolo
fotografico. E con grande disponibilità Adriani mi ha fatto il favore di recarsi
presso una copisteria dove ha scansionato alla massima risoluzione possibile la
foto che m’interessava, inviandomi poi il relativo PDF. Il risultato è stato
assai migliore, ma non ancora del medesimo livello della foto di Manieri. Il
fascicolo cartaceo di Adriani è costituito da fotocopie a colori degli
originali, di ottima qualità ma sempre fotocopie. Evidentemente Manieri è
riuscito a scansionare una delle copie ufficiali. In ogni caso questa volta la
qualità poteva giudicarsi sufficiente, e se bossoli ci fossero stati, bossoli si
sarebbero dovuti almeno intravedere.<br />
Nell’immagine sottostante sono visibili i risultati del mio lavoro
(<a href="https://drive.google.com/file/d/1oGz2zLDi4st2AUD67ZirlHIJDoC8QYqD/view?usp=sharing" target="_blank">qui</a> l’immagine di
partenza in versione bitmap,
<a href="https://drive.google.com/file/d/1DHGTTr5qJ934H80GdlOUF0FopNe9nTKB/view?usp=sharing" target="_blank">qui</a> quella
modificata, anch’essa in versione bitmap, quindi senza perdita di definizione
rispetto all’originale di Adriani).<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-1ChV7CZq1oA/YL8mWA1DPuI/AAAAAAAACyk/FLAC5kkLwqEveGdZFjgB32OhuAun2iYUQCLcBGAsYHQ/s3184/070.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="988" data-original-width="3184" src="https://1.bp.blogspot.com/-1ChV7CZq1oA/YL8mWA1DPuI/AAAAAAAACyk/FLAC5kkLwqEveGdZFjgB32OhuAun2iYUQCLcBGAsYHQ/s320/070.png" width="320" /></a></div><br />
Né io né il mio collaboratore Leonardo Settimelli, videomaker e fotografo
professionista, siamo riusciti a intravedere neppure uno dei bossoli colorati
di Manieri. In quei punti tracce ce n’erano, ma tutto potevano sembrare fuorché
bossoli. Il lettore può verificarlo scaricando le due immagini bitmap,
in ogni caso spiego brevemente il significato delle piccole immagini apposte su
quella da me modificata. La striscia in basso riporta le cinque zone della foto
dove Manieri avrebbe trovato i bossoli, con i segmenti a indicarne la posizione
– per confronto è stato aggiunto il bossolo (G). La striscia soprastante
riporta le stesse zone tratte dalle sequenze del video con immagine desaturata
e bossoli colorati. La striscia più in alto sulla sinistra riporta invece le
cinque zone come appaiono sulla stessa immagine tratta dal video ma non desaturata,
e senza l’evidenziazione dei bossoli.<br />
A questo punto il lettore può giudicare da solo. La “scoperta” di Manieri potrebbe essere un fake
(<a href="https://drive.google.com/file/d/1FdiWQc-USddmjzEKjv9CwW0mvd3eVtHC/view?usp=sharing" target="_blank">qui</a>
una fantasia di bossoli realizzata con pochi tocchi di Photoshop da Settimelli), ma anche
un’interpretazione troppo ottimistica di tracce poco intellegibili, oppure,
infine, il risultato di un pregevole lavoro effettuato su una foto talmente più
definita da evidenziare quello che sulla mia non è possibile evidenziare. Sempre
pronto a ricredermi davanti alle prove, personalmente sospetto un fake,
soprattutto per l’affermazione di Manieri secondo la quale sui suoi bossoli non
sarebbe stato sparso alcun colore, la loro evidenziazione sarebbe dipesa
soltanto dall’aver desaturato tutto il resto. Si può però notare che in origine il presunto bossolo
(Q) appare molto scuro, mentre altri sono più chiari, per esempio l’(O). E
allora perché tutti appaiono di uno stesso brillante color ottone?<br />
Come tutti sanno il web è pieno di venditori di fumo, e se Manieri non vuole
rischiare di confondersi con loro deve sempre fornire le prove di quello che
afferma, distinguendo bene tra fatti e opinioni. In questo caso, se il suo
lavoro sui bossoli fantasma è stato onesto, non può dimostrarlo in altro modo se
non rendendo disponibile a tutti la foto non trattata e illustrando la sua metodologia
di lavoro, come, fin dal principio, avrebbe fatto qualsiasi ricercatore
scientifico serio.<br /><br />
<b>Affumicature e orletti.</b>
È bene ribadire che, rispetto alla dinamica da me proposta
(<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2018/09/la-dinamica-di-scopeti.html">vedi</a>)
e anche rispetto a quella ufficiale – entrambe prevedono uno sparatore vicinissimo alla
zanzariera – l’eventuale “scoperta” di Manieri conta poco: cinque bossoli su
sei rimangono infatti più o meno al loro posto, vengono solo raggiunti da quello
che se ne discostava, l’(A). Nella mia ricostruzione avevo supposto che tale
bossolo fosse rimbalzato contro l’abete, se lo mettiamo assieme agli altri semplicemente
tale rimbalzo non si rende più necessario. In questo caso gli spari con la mano
molto ruotata in senso orario, e perciò impugnata con la mano sinistra,
divengono quattro. Piuttosto, a dar modo a Manieri di proporre una dinamica del
tutto inedita è la sua insistita affermazione secondo la quale sulla zanzariera non
sarebbero stati trovati aloni di affumicatura, con la canna della pistola che
quindi se ne sarebbe discostata di 25-30 cm almeno, se non di più. La qual cosa
rende impossibile che qualche bossolo dei cinque corrispondenti ai fori sulla
zanzariera possa esser finito accosto alla tenda, a meno di strani rimbalzi
poco plausibili.<br />
Il cosiddetto “alone di affumicatura” è un deposito di residui carboniosi (fuliggine)
usciti dalla canna della pistola assieme al proiettile. La fuliggine viaggia
formando più o meno un cono, e se prima di volatilizzarsi incontra una
superficie idonea, la impregna. Sul fenomeno intervengono molteplici fattori.
Al più intuitivo, la distanza della superficie dalla canna, si aggiungono almeno
potenza e tipologia della cartuccia, lunghezza della canna e capacità della
superficie investita di fissare le particelle carboniose. Buone superfici
fissanti sono i vestiti e la pelle. Lo è anche il tessuto traforato di una
zanzariera? Probabilmente no. L’impressione è che la rada trama del tessuto
sintetico lasci passare, più che trattenere. In ogni caso quel che possiamo
dire con certezza è che di aloni di affumicatura nei documenti non si parla, né
affermando che ne fossero stati trovati, né affermando che non ne fossero stati
trovati. Sul primo video di Manieri, quello sul canale “Le notti
del Mostro”
(<a href="https://www.youtube.com/watch?v=h_yq8FL_5Kw&t=1s">vedi</a>),
a mia domanda: “<i><span style="color: blue;">Da
dove risulta agli atti che siano stati esclusi effetti di affumicatura sulla
zanzariera che invece avrebbero dovuto esserci?</span></i>”, così rispose
Manieri: “<i><span style="color: blue;">Se vuoi riscrivere gli atti, prego, nessun problema</span></i>”.
Risposta sciocca a una domanda più che lecita, che oggi reitero.<br />
Dai documenti in mio possesso non risulta che eventuali aloni di affumicatura sulla
zanzariera fossero stati cercati. Né di loro presenza né di loro assenza
parlano Maurri e i suoi collaboratori abbozzando una dinamica. Si legge nel
fascicolo “G” della loro perizia collegiale:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
La distanza da cui furono esplosi i colpi non è determinabile con assoluta
sicurezza; si può però preliminarmente dire che non ci sono stati colpi esplosi
né a contatto né a bruciapelo. Tuttavia, tenendo conto della posizione e delle
dimensioni della tenda, della presumibile posizione dei corpi, dei fori di
ingresso a livello della zanzariera, della posizione in cui furono rinvenuti i
bossoli, in parte all’esterno e in immediata vicinanza del lato anteriore della
tenda, in parte dentro la tenda stessa, si può dire che tutti questi colpi
siano stati esplosi da distanza ravvicinata, dell’ordine di poche decine di cm.
per quelli esplosi dal di fuori della tenda e di pochissime decine di cm. per
quelli esplosi dal di dentro.
</span></i><br /><br />
È evidente che se il dato fosse stato rilevato, in tale perizia se ne sarebbe in
qualche modo tenuto conto. Del resto i periti suppongono una posizione dello
sparatore addossata alla zanzariera. Anche nella pur sbagliatissima
ricostruzione dell’equipe De Fazio non v’è cenno alcuno alla mancanza di aloni
di affumicatura sulla zanzariera, dal che, una volta di più, si deve dedurre
che di essi nessuno si preoccupò. A conferma va preso atto che nel verbale di
sopralluogo della Scientifica della zanzariera non si parla, mentre la ben più
ponderosa relazione collegiale non nomina aloni di affumicatura. Quest’ultima
invece, descrivendo con minuzia i fori di proiettile, rileva la presenza di
aloni nerastri sui contorni.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Le soluzioni di continuo sono sulla metà sinistra della zanzariera e grosso modo tutte
su una linea verticale che può essere calata dal vertice della zanzariera stessa.
Le soluzioni di continuo sono 5.<br />
La prima dal basso verso l’alto si trova a 10 cm al di sopra della cerniera che
delimita inferiormente la zanzariera. Il foro è pressoché regolarmente rotondo,
del diametro di 6 mm con margini nettamente introflessi e con alone nerastro
che lo contorna dalle ore 9 alle ore 3. L’alone di larghezza uniforme è di
circa 1 mm.<br />
La seconda, 10 cm al di sopra della precedente, quasi esattamente sulla stessa
linea verticale, è anch’essa rotonda, lievemente più piccola della precedente
(circa 5 mm) con margini introflessi e con alone nerastro, dalle ore 10 alle
ore 13, più sottile del precedente. Altro alone appena accennato tra le ore 6 e
le ore 7.<br />
La terza è all’incirca a 4 cm al di sopra della precedente, spostata 6 cm sulla
destra (si tratta dell’unico foro che non è posto con gli altri sulla stessa
linea verticale), anch’essa quasi regolarmente rotonda di diametro di 5 mmi,
margini introflessi, alone dalle ore 12 alle ore 6, appena accennato tra le ore
12 e le 13 e fra le 4 e le 6, ben evidente tra le 2 e le 3 per circa 2-3 min.<br />
Il quarto foro, esattamente a 46 cm dalla cerniera inferiore ed a circa 7 cm a
sinistra del primo e del secondo foro, più ampio dei precedenti (circa 1 cm di
diametro), con margini la cui flessione non è precisabile e con un sottile,
totale, perfettamente uguale alone nerastro.<br />
Il quinto ed ultimo foro, è a 56 cm dalla cerniera inferiore, grosso modo sulla
stessa linea longitudinale del primo e del secondo, con caratteristiche
morfologiche uguali ai primi tre con margini introflessi, alone appena
accennato alle 7 e appena più evidente tra le 2 e le 3.
</span></i><br /><br />
Concentriamoci sugli aloni nerastri, i quali, secondo Manieri, sarebbero “orletti di
detersione”. Si denomina “orletto di detersione” un deposito di sostanze
attorno al foro d’ingresso di un proiettile, sostanze che, originariamente, si
trovavano sopra il proiettile stesso e che la superficie attraversata ha
trattenuto. Che tipo di sostanze? In genere sostanze grasse usate per la
manutenzione dell’arma, compreso l’interno della canna, che lasciano un alone untuoso
grigiastro, più scuro se intervengono anche grani di fuliggine derivanti dai
gas di sparo. Manieri sostiene che un ruolo potrebbe averlo pure il
sottilissimo velo di silicone antiossidante che in certi casi ricopre i
proiettili in piombo nudo all’uscita dalla fabbrica. In ogni caso c’è da dire
che la consistenza dell’orletto di detersione non dipende soltanto dalla
quantità di materiale sul proiettile, ma anche dalla capacità di pulizia della
superficie attraversata: più la superficie risulta consistente, e quindi in
grado di “strizzare”, più l’orletto aumenta. E una sottile zanzariera non
sembra affatto una superficie granché pulente, anzi.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-FTj1CUeq3Dk/YL9T5RMyecI/AAAAAAAAC0E/Gcv_mCPMga8gyL8JroM-GHIJpWh9a-3TgCLcBGAsYHQ/s491/080.PNG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="231" data-original-width="491" src="https://1.bp.blogspot.com/-FTj1CUeq3Dk/YL9T5RMyecI/AAAAAAAAC0E/Gcv_mCPMga8gyL8JroM-GHIJpWh9a-3TgCLcBGAsYHQ/s320/080.PNG" width="320" /></a></div><br />
In realtà gli aloni nerastri riscontrati sulla zanzariera di Scopeti potrebbero facilmente
essere stati degli “orletti di ustione”, che compaiono quando la canna si trova
a contatto o quasi – per piccoli calibri massimo 5 cm – di una superficie non
ignifuga. In questo caso i gas incandescenti, la cui temperatura può
raggiungere anche i 3 mila gradi, bruciano la superficie attraversata dal
proiettile attorno al foro. Nel caso della zanzariera di Scopeti la bruciatura
fu facilitata dal tipo di tessuto, sottile e sintetico. È emblematico il caso
del quarto foro descritto nella relazione collegiale: il diametro doppio rispetto
a quello del proiettile e la perfetta circolarità dell’orletto nerastro ci
descrivono lo scenario di una canna premuta contro la zanzariera, tanto da
farla cedere con la formazione di un cono. In quelle condizioni i gas di sparo
ebbero l’effetto maggiore, producendo essi stessi il foro che, infatti, risultò
bruciato in modo uniforme ai margini, peraltro non introflessi – unici tra i
cinque – quindi non prodotti dall’impatto del proiettile. Del resto in quel
caso non avrebbe senso parlare di orletto di detersione, vista la grandezza del
foro assai maggiore del diametro del proiettile.<br /><br />
<b>Un sabato trascorso a Scopeti?</b>
Manieri sostiene con grande convinzione l’ipotesi – completamente inedita –
secondo la quale il delitto sarebbe avvenuto all’alba della domenica mattina. Approfondiamo
innanzitutto gli argomenti con i quali fa trascorrere ai poveri turisti
francesi l’intera giornata di sabato in Italia. È oramai ben noto che sono
rimasti veramente in pochi a credere alla collocazione del delitto nella serata
della domenica, e chi scrive non è certo tra questi. Indipendentemente dalle
valutazioni medico-legali, logica vorrebbe che i due fossero stati uccisi la
sera stessa del loro arrivo a Scopeti, il venerdì. Non è il caso di elencare la
miriade di ragioni che portano verso questo scenario, basti dire che non ce n’è
una che invece lo confuti, escludendo naturalmente le sciocchezze raccontate da
Lotti e Pucci in strategico accordo con la tesi ufficiale. Anzi, a ben
guardare una c’è, ed è proprio quella della quale Manieri si fa forte per
collocare il delitto all’alba di domenica mattina: la questione del rigor
mortis. Si legge nei verbali d’autopsia disponibili in rete, relativamente a
Nadine (fascicolo A):<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Per quanto riguarda i fenomeni tanatologici sul cadavere della ragazza, essi sono
stati controllati nel corso del primo sopralluogo, inizialmente verso le ore 17
del 9 settembre e poco dopo verso le ore 18,30-19. Al primo controllo, allorché
il cadavere era ancora sotto la tenda si poté constatare, sia pure
sommariamente che il rigor era ancora ovunque in atto, senza segni nemmeno iniziali
di risoluzione, nemmeno a livello dei muscoli del collo.[...]<br />
A distanza di circa 6-7 ore dal primo riscontro, e cioè verso la mezzanotte,
quando il cadavere era già stato rimosso e trasportato all’Istituto di Medicina
Legale […] il rigor era risolto ovunque, anche alle articolazioni delle dita
dei piedi, in parte anche artificialmente nelle manovra di sollevamento e di
trasporto del cadavere.<br />
In conclusione il rigor è ancora presente ovunque alle ore 17, ma dopo 7 ore esso
è risolto.
</span></i><br /><br />
E relativamente a Michel (fascicolo E):<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Per l’uomo alla prima osservazione verso le ore 17, rigor ovunque in atto, anche
alle piccole articolazioni dei piedi, ovunque valido, con iniziale minor
validità alla nuca. […]<br />
Un ulteriore controllo verso le ore 19 dà conferma della presenza del rigor anche
a tutte le articolazioni delle dita dei piedi, bilateralmente. Verso le ore 21,
prima della rimozione del cadavere, la rigidità nucale è completamente risolta.<br />
Alla mezzanotte i fenomeni cadaverici sono controllati presso l’Istituto di Medicina
Legale. La rigidità è risolta anche agli arti superiori ed alle anche e,
parzialmente, alle ginocchia, alle caviglie, alle dita dei piedi. […]<br />
In conclusione, la rigidità nel cadavere maschile comincia a farsi meno valida
alla nuca verso le ore 18, con ulteriore diminuzione alle 21. Ad altre 3 ore di
distanza, anche a causa del trasporto del cadavere, esso è risolto ovunque totalmente,
ma dal ginocchio in giù solo parzialmente.
</span></i><br /><br />
Sembra insomma di poter affermare che a mezzanotte del lunedì il rigor mortis
fosse pressoché scomparso in entrambi i cadaveri, con una presenza residua soltanto in quello del
ragazzo. La qual cosa, considerando che tale fenomeno avviene a distanza di tre
e anche quattro giorni dalla morte, rende
la serata del venerdì ben compatibile con il momento del delitto. Ma nel
verbale di autopsia di Michel, fascicolo C, si legge qualcosa di diverso:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Verbale di indagine autoptica eseguito l’11.9.1985 sulla salma di JEAN MICHEL
KRAVEICHVILI dal Prof. Mauro Maurri, dal Dr. Aurelio Bonelli e dal Dr. Antonio
Cafaro per incarico della Procura della Repubblica di Firenze.<br />
Il cadavere giace supino sul tavolo anatomico completamente nudo. Trattasi di
cadavere di sesso maschile, dell’apparente età di 25-30 anni, della lunghezza
di cm. 170.<br />
La rigidità cadaverica è presente nei vari distretti corporei, ma vincibile a
livello delle grandi articolazioni degli arti.
</span></i><br /><br />
Nell’insieme dei documenti disponibili è compreso anche il verbale di autopsia di Nadine
(fascicolo B), ma in esso non compaiono né una data né considerazioni sul rigor
mortis. Limitiamoci dunque alla rilevazione del fenomeno all’atto dell’autopsia
su Michel, della quale non abbiamo un orario, ma che possiamo collocare a
inizio mattina del mercoledì. Va innanzitutto evidenziato il contrasto con quanto dichiarato
nel fascicolo E. Contrasto spiegabile in modo benevolo o in modo malevolo, oppure
magari con una combinazione di entrambi.<br />
A pensar bene si potrebbe ritenere che la conservazione del corpo in cella
frigorifera a partire dalla notte del lunedì avesse molto rallentato i processi
tanatologici. Quindi, combinando una valutazione un po’
troppo spostata verso una risoluzione del rigor al lunedì notte, una cella
frigorifera molto efficiente e una valutazione un po’ troppo spostata su una
residua presenza del rigor al mercoledì mattina, il venerdì sera potrebbe anche
tornare possibile.<br />
A pensar male, invece, si potrebbe ritenere che la scelta di collocare il delitto
alla domenica, effettuata da Maurri dopo le valutazioni della notte di lunedì e
prima di quelle del mercoledì mattina, avesse strategicamente fatto giudicare
“rigidità cadaverica” quella che invece poteva non esserlo più tanto.<br />
Rimane in ogni caso la valutazione del lunedì notte, sulla quale Manieri preferisce
soprassedere, guardando soltanto a quella del mercoledì. In una discussione in
rete parla di rigidità vinta meccanicamente e poi ripristinatasi, ma non si
comprende per quali motivi i medici legali si sarebbero messi a scrocchiare persino
le dita dei piedi del cadavere del povero Michel. Si deve invece pensare che la
rigidità fosse stata vinta soltanto per quel che serviva al trasporto del
cadavere, quindi alle grandi articolazioni di braccia e gambe. Del resto si
legge anche:
“<i><span style="color: blue;">Verso le ore 21, <b>prima della rimozione del cadavere</b>,
la rigidità nucale è completamente risolta</span></i>”.<br /><br />
<b>Un Mostro mattiniero.</b>
Ma quel che più sconcerta nell’ipotesi di Manieri non è tanto il giorno, quanto
l’orario: la mattina all’alba! Se prendiamo per buona la domenica, abbiamo il sole
che a Scopeti sorgeva alle ore 6:48, con il crepuscolo civile partito 29 minuti
prima
(<a href="https://drive.google.com/file/d/1NG6Gujx81bJ1bYUFVk8zgnCnc7kqsjeO/view?usp=sharing" target="_blank">vedi</a>).
In sostanza attorno alle 6 e un quarto la luce del sole già cominciava a rischiarare
l’ambiente, aggiungendosi a quella della luna calante, luminosa quasi per metà.
Secondo Manieri, quello sarebbe stato il momento dell’attacco. Par di capire
che i motivi di tale strana collocazione siano due: il fatto che l’assassino si
fosse preoccupato di nascondere i cadaveri, e la necessità di una piazzola
illuminata per consentire al ragazzo di scappare e al Mostro di vedere dove
stesse andando.<br />
Dunque, secondo Manieri, il Mostro avrebbe nascosto i cadaveri perché, con la luce
dell’alba, qualcuno avrebbe potuto scoprirli troppo presto, ostacolando così il
suo rientro in sede. Ma la giustificazione appare tirata per i capelli, e non
regge. Supponiamo che mentre lui si inoltrava nel bosco già qualcuno fosse
capitato sul posto. Tra l’andare ad avvertire i carabinieri – a quei tempi non
c’erano i cellulari! – e il loro intervento sarebbero trascorse varie decine di
minuti, anche un’ora, e a quel punto il Mostro chi l’acchiappava più? È il caso
di ricordare che il motivo del nascondimento dei cadaveri si è sempre ritenuto
fosse rintracciabile nella necessità di andare a imbucare la lettera con il
frammento di seno, quindi senza posti di blocco a costituire intralcio. Si
tratta di un’ipotesi molto logica, che non si vede come possa essere confutata.<br />
Veniamo al secondo motivo, la necessità di luce per consentire la fuga al ragazzo. Ma
allora è inevitabile chiedersi il perché, potendo veder bene, Michel non fosse
fuggito in cerca di aiuto verso via Scopeti, invece di inoltrarsi per boschi. In
realtà, con una mezza luna – sorta alle 23:29 di sabato
(<a href="https://drive.google.com/file/d/1i3qBBaRXU6JUCVG79KklfqgOxrmyX2h9/view?usp=sharing" target="_blank">vedi</a>)
e alle 22:53 di venerdì
(<a href="https://drive.google.com/file/d/1hEeVNp8Ze23xgQb1Zo1xQoKY-ijv42fS/view?usp=sharing" target="_blank">vedi</a>)
– in un cielo sereno, quindi stellato, in orario serale compatibile con quello del delitto di
luce non doveva essercene così poca. Era di sicuro sufficiente per almeno
qualche metro di visibilità, quella che consentì al ragazzo di muoversi ma non
d’individuare la direzione opportuna.<br />
Va infine presa in esame una perplessità ulteriore. Quella di attaccare all’alba era
stata una scelta consapevole oppure casuale? In sostanza il Mostro aveva
adocchiato già il giorno prima le sue vittime e aveva deciso di ucciderle
aspettando l’alba, oppure si era trovato a passare per caso alle sei di
mattina? Questa seconda eventualità appare estremamente improbabile, sia perché
a quell’ora di coppiette in giro non poteva certo sperare di trovarne, sia perché non
avrebbe potuto sapere chi fossero i turisti, se un uomo e una donna oppure no, quindi escludiamola.
Ci si deve allora chiedere per quale motivo, vista la tenda e la
coppia il giorno prima, per uccidere i malcapitati avesse deciso di attendere l’alba. In questo modo si
sarebbe rassegnato al concreto pericolo d’esser visto, in una zona boschiva
piuttosto frequentata e davanti a una strada comunale di traffico non
trascurabile da cui la tenda si vedeva bene
(<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/12/la-tenda-si-vedeva-o-no-dalla-strada.html" target="_blank">vedi</a>).
È logico che il momento migliore per attaccare sarebbe stato quello in cui i due campeggiatori
si erano ritirati da poco, e magari si dedicavano ai loro interessi a luce
accesa. Come si deve presumere fosse andata.<br />
Qualche parola infine sul contenuto gastrico, argomento del quale mi sono già occupato nella
prima parte ma che, per completezza, è utile ricordare. Rivediamo ciò che venne
trovato nello stomaco di Nadine:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
È da mettere in particolare evidenza che lo stomaco contiene circa 100 cc. di
residuo alimentare ben riconoscibile perché si tratta di pasta tipo tagliatella
con scarsissimi residui grigio-marroni probabilmente di carne e con isolati
frammenti di buccia di pomodoro rossi.
</span></i><br /><br />
In quello di Michel:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Stomaco: mucosa arrossata con evidenziazione del reticolo venoso putrefattivo,
contenente scarsa quantità di materiale alimentare quasi completamente
indigerito con le stesse caratteristiche di quello riscontrato nella cavità
gastrica della ragazza.
</span></i><br /><br />
Entrambi i poveretti avevano mangiato un piatto di tagliatelle al ragù che ancora
dovevano digerire. È davvero sorprendente come con l’ausilio di studi americani
e relativi grafici – e un diluvio di parole – Manieri riesca a far credere a
qualcuno dei suoi ascoltatori che quel piatto di tagliatelle i due lo avessero
mangiato 8-9 ore prima di essere uccisi! Neppure l’avvocato Azzeccagarbugli
avrebbe saputo fare di meglio…<br /><br />
<b>I primi quattro colpi.</b>
Ma veniamo finalmente alla dinamica omicidiaria vera e propria, nella quale
Manieri ancora una volta dà sfogo alla sua voglia di distinguersi, ma, ancora
una volta, con risultati pessimi. Come in altri casi – emblematico è il delitto
di Baccaiano, dove più d’uno si è lanciato in fantasiose ricostruzioni, ma
anche la recente proposta su Giogoli,
<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/10/una-dinamica-errata-per-giogoli.html" target="_blank">vedi</a>
– si tratta in sostanza di una dinamica costruita attorno a convinzioni a prescindere, nella
quale, proprio per questo, logicamente i conti non tornano, nonostante gli
sforzi di farli tornare con varie pezze, in alcuni casi peggiori
del buco. Prima di partire un avvertimento: avendo Manieri evitato di
pubblicare un documento scritto, ma affidato le sue proposte soltanto a filmati
– per di più di lunghezza estenuante e in molti casi in contraddizione tra di
loro – chi scrive farà il possibile per non travisare il suo pensiero, senza
però assoluta garanzia di risultato.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-2u5AP_6_X30/YL9Nmki3zTI/AAAAAAAACy0/yxObEykuSJIs10O0nAptZAK6ppH9t2Q6wCLcBGAsYHQ/s777/090.PNG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="558" data-original-width="777" src="https://1.bp.blogspot.com/-2u5AP_6_X30/YL9Nmki3zTI/AAAAAAAACy0/yxObEykuSJIs10O0nAptZAK6ppH9t2Q6wCLcBGAsYHQ/s320/090.PNG" width="320" /></a></div><br />
Cominciamo con l’esaminare la figura soprastante, ottenuta da Manieri partendo dalla
piantina originale della Scientifica arricchita delle opportune correzioni su
tenda e auto, in origine malamente ruotate. Poi vi ha tracciato quelli che,
secondo lui, sarebbero stati i percorsi del Mostro e del ragazzo. S1, S2 e S3
sono invece i punti di sparo inseriti da chi scrive, dedotti in base ai filmati.
Ecco la sequenza delle varie azioni.<br />
Il Mostro viene su dalla scarpatina antistante la tenda – quindi dal basso – cominciando
a sparare contro la zanzariera da posizione S1 (tale punto viene dedotto da
Manieri sulla base del foro di proiettile sullo spigolo posteriore destro della
tenda allineato con quelli sulla zanzariera, e la convinzione che lo sparo
fosse avvenuto a distanza). A quel punto il ragazzo riesce a uscire prendendo
alla sua sinistra, gira intorno alla tenda fino a raggiungere l’auto (lasciando
sul montante la nota macchia di sangue), poi cambia direzione puntando verso il
centro della piazzola e infilandosi nel corridoio sulla destra. Nel frattempo
il Mostro si avvicina all’ingresso e spara un colpo contro Nadine
da posizione S2. Poi si sposta in posizione S3 da dove spara i colpi restanti
verso il ragazzo in fuga. Infine decide di tagliargli la strada correndo verso
l’uscita del corridoio, intercettandolo e uccidendolo a coltellate.<br />
In questa ricostruzione niente torna, tantoché risulta davvero difficile mettere
in ordine gli elementi sbagliati. Cominciamo con il chiederci perché il Mostro
avrebbe sparato contro la zanzariera da lontano. Nell’ipotesi di Manieri
l’interno della tenda sarebbe stato completamente al buio, con gli occupanti
ancora nel mondo dei sogni, di conseguenza lo sparatore non avrebbe avuto
nessuna possibilità d’inquadrarli. Pertanto – ed ecco la pezza – avrebbe
sparato raso terra con la certezza di coglierli ugualmente, considerato che dovevano
essere coricati. Già, ma pur non avendo avuto modo di vedere dove avessero le
teste, proprio quella parte scelse!<br />
In realtà non si comprende davvero il motivo per il quale lo sparatore non si
sarebbe invece accostato alla zanzariera, con la speranza di riuscire almeno a
distinguere qualcosa. Peraltro, a far escludere l’ipotesi di Manieri non è
soltanto la logica del buonsenso, ma anche l’insieme dei fori: con spari da
distanza questi avrebbero dovuto formare una rosa, e non certo una linea più o
meno verticale. Linea verticale che invece diventa ben plausibile nello
scenario di uno sparatore a contatto, il quale semplicemente alzò via via il
braccio. Non sfugga infine la coincidenza che i proiettili transitarono tutti
dalla zanzariera, neppure uno dalla tela piena. Perché se comunque l’interno,
da lontano, risultava invisibile? Per pura combinazione posizionale oppure
perché lo sparatore era accostato alla zanzariera e da quella, invece,
l’interno lo vedeva?<br />
Nel bailamme di dettagli che non tornano ci sono naturalmente i bossoli, i più
implacabili censori di ogni ricostruzione sbagliata. In visibile difficoltà,
Manieri ha cambiato versione più volte – ne ricordo una nella quale aveva un
ruolo il trascinamento del corpo di Nadine – vediamo l’ultima, e vediamo come se
la cava nella collocazione di quelli corrispondenti ai colpi esplosi per primi.
Secondo la sua ipotesi dal punto S1 i colpi sparati sarebbero stati quattro, e
i relativi bossoli si sarebbero persi tra la vegetazione sottostante la tenda.
Bossoli non soltanto non trovati, ma neppure cercati (chissà se qualcuno dei
suoi ascoltatori entusiasti non si sia già recato in loco con il metal
detector…). Quindi il problema viene semplicemente aggirato: bossoli non
cercati --> bossoli non trovati --> loro posizione da non giustificare.
Il prezzo pagato, naturalmente, è la mancanza di qualsiasi
prova a sostegno, che non sembra neppure troppo salato, almeno per un pubblico
di bocca buona irretito da proclami di alta competenza.<br />
Ma torniamo all’azione. A questo punto Manieri deve far uscire Michel dalla tenda.
Come? Non lo spiega troppo bene, parla confusamente di colpi che gli sarebbero
stati sparati mentre era in ginocchio all’interno, i quali, naturalmente,
possono risiedere soltanto nella sua fantasia, visto che dalla posizione S1 nessuno
avrebbe potuto inquadrarlo. In ogni caso Michel riuscì ad aprire la zanzariera
e a fuggire andando alla sua sinistra. Sì, ma intanto il Mostro che stava
facendo? Dando per buono il percorso attorno all’albero di pino, necessario, a
dire di Manieri, per la non fattibilità di quello diretto – qui bisogna
credergli sulla parola, essendo il terreno di adesso tutta un’altra cosa – di
quanti secondi avrà avuto bisogno il Mostro per raggiungere la zanzariera?
Dieci? Venti? Se in dieci secondi Borzov faceva 100 metri, il Mostro sarebbe
pur riuscito a farne tre o quattro, anche sopra un terreno disagevole! E
ritenere che 10 secondi dopo l’ultimo dei quattro colpi Michel sarebbe riuscito
a svegliarsi, riaversi dalla sorpresa, alzarsi, trovare al buio la clip della
zanzariera, aprirla, uscire – tutto questo ostacolato dal corpo di Nadine, come
vedremo tra breve – e raggiungere il retro della tenda prima che il Mostro lo
intercettasse e gli sparasse è fantascienza. Se poi ci mettiamo dentro il fatto
che il ragazzo trovò anche il tempo d’infilarsi i pantaloni… ma questo è un
argomento da affrontare per suo conto in un futuro prossimo venturo, per adesso
lasciamolo da parte. Facciamo finta invece che il Mostro avesse avuto un
problema qualsiasi, dando così modo al poveretto di uscire.<br />
La presenza di sangue compatibile sul montante sinistro del parabrezza dell’auto
ci dice inequivocabilmente che il ragazzo vi appoggiò una mano – la sinistra –
mentre stava fuggendo. Quindi logica vorrebbe che la direzione presa in uscita dalla
tenda fosse alla sua destra, basta guardare la piantina per rendersene conto.
Ma qui interviene ancora una volta la tendenza di Manieri a cercare la complicazione
anche nelle cose più semplici, così lo fa uscire alla sua sinistra, girare
intorno alla tenda – per frapporre un
ostacolo tra sé e lo sparatore, lui sostiene... ma se la tenda era alta un
metro e 40, quale ostacolo? – raggiungere l’auto, infine cambiare direzione
attraversando la piazzola al centro. Un percorso assolutamente assurdo, che
Manieri giustifica asserendo che tra tenda e frasche non ci fosse abbastanza
spazio per passare. E a sostegno presenta questa foto.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-KhCAZClOhlE/YL9OgvvhXXI/AAAAAAAACy8/kkrt73xllOoXhNLBlFpaQkF5OBwXJWzBgCLcBGAsYHQ/s672/100.PNG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="490" data-original-width="672" src="https://1.bp.blogspot.com/-KhCAZClOhlE/YL9OgvvhXXI/AAAAAAAACy8/kkrt73xllOoXhNLBlFpaQkF5OBwXJWzBgCLcBGAsYHQ/s320/100.PNG" width="320" /></a></div><br />
In effetti lo spazio era scarso, ma si deve osservare che un po' di frasche certamente
non avrebbero potuto costituire un muro invalicabile, al massimo avrebbero
lasciato delle abrasioni sulla pelle del poveretto, che però in quei momenti
aveva tutt’altro di cui preoccuparsi. Del resto a rendere l’ipotesi di Manieri
poco ragionevole è il fatto che il ragazzo, uscendo alla sua sinistra, si
sarebbe trovato di fronte la discesa per raggiungere via Scopeti, dove più
facilmente avrebbe potuto trovare aiuto, o comunque scoraggiare il suo carnefice
dall’inseguirlo. Tanto più con l’ipotizzata luce del mattino, ma anche fosse
stato di sera il giro intorno alla tenda fino all’auto avrebbe avuto poco senso
comunque.<br /><br />
<b>La morte di Nadine.</b>
Mettiamoci adesso nella posizione S2, dalla quale, mentre Michel stava
fuggendo, il Mostro avrebbe sparato un colpo, il quinto, contro Nadine. Il
bossolo corrispondente sarebbe stato, a detta di Manieri, il (D), quello vicino
all’albero di abete. Dalla figura sottostante si vede bene però che tale ipotesi
non regge.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-GtLC1wMzRD4/YL9O8PX1B8I/AAAAAAAACzE/2BZIfThk-BIq1funwjqpW0Aca6yHFUJgQCLcBGAsYHQ/s781/110.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="637" data-original-width="781" src="https://1.bp.blogspot.com/-GtLC1wMzRD4/YL9O8PX1B8I/AAAAAAAACzE/2BZIfThk-BIq1funwjqpW0Aca6yHFUJgQCLcBGAsYHQ/s320/110.png" width="320" /></a></div><br />
Lo stesso Manieri mostra in video che i bossoli venivano espulsi in direzione
mediana tra destra e dietro rispetto alla canna. Quindi, affinché il quinto
bossolo finisse in (D) da posizione S2 la canna doveva puntare verso il bosco,
e non certo verso Nadine.<br />
Facciamo adesso, il contrario, dirigiamo da S2 la canna verso i fori della zanzariera a
cercare il torace di Nadine.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-PUErh7pKxjk/YL9PR-NQUMI/AAAAAAAACzM/u6q4tQ2yM70Hr0vi2PFZ8nUDSDvmRRuDQCLcBGAsYHQ/s781/120.PNG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="637" data-original-width="781" src="https://1.bp.blogspot.com/-PUErh7pKxjk/YL9PR-NQUMI/AAAAAAAACzM/u6q4tQ2yM70Hr0vi2PFZ8nUDSDvmRRuDQCLcBGAsYHQ/s320/120.PNG" width="320" /></a></div><br />
Come si vede dalla figura soprastante, vicino o lontano dalla zanzariera che fosse
lo sparatore, il bossolo non sarebbe mai andato in (D), al massimo, con una
parabola fin troppo minima, in (A), dove però, secondo Manieri, ci sarebbe
finito soltanto dopo un calcione dei maldestri agenti che avevano armeggiato
attorno alla tenda.<br />
Nella dinamica di Manieri i colpi esplosi contro Nadine finirebbero qui. Facciamo
dunque quel che lui si è ben guardato dal fare: diamo un’occhiata alle ferite
della donna, riportando la figura dal mio <a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2018/09/la-dinamica-di-scopeti.html" target="_blank">articolo</a>,
dove esse vengono anche descritte.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-uB-gxLpfzYs/YL9P5QuFwRI/AAAAAAAACzU/Gh9Cxsb92JkDK2hodDXM9da56UwNnt_LgCLcBGAsYHQ/s739/130.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="739" data-original-width="657" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-uB-gxLpfzYs/YL9P5QuFwRI/AAAAAAAACzU/Gh9Cxsb92JkDK2hodDXM9da56UwNnt_LgCLcBGAsYHQ/s320/130.jpg" /></a></div><br />
Nell’ipotesi di Manieri la donna stava dormendo, e poiché i fori d’ingresso sono tutti sul
lato destro del corpo, non poteva trovarsi che bocconi e a ridosso della
zanzariera, con Michel alla sua sinistra (ecco perché l’uscita del ragazzo
dalla tenda ne sarebbe stata ostacolata). Cominciamo con il notare che i
tramiti sono tutti più o meno longitudinali alle spalle, un po’ dall’alto verso
il basso, come se il corpo fosse messo in diagonale, piedi più lontani e testa
più vicina allo sparatore. Ma dalla posizione S1 nessuno dei quattro colpi
avrebbe mai potuto percorrere quei tramiti, sarebbero stati tutti angolatissimi
dal basso verso l’alto. Si pensi soltanto all’angolo necessario per allineare
fori sulla zanzariera e ferite alla testa: in pratica lo sparatore avrebbe
dovuto trovarsi quasi sull’angolo sinistro della tenda, come si deduce da
questa immagine.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-FLHC5HCq8T0/YL9QMUP0eZI/AAAAAAAACzc/S0B5Q1WgL4U_mik7NSUsv4deaaWMILDzQCLcBGAsYHQ/s659/140.PNG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="449" data-original-width="659" src="https://1.bp.blogspot.com/-FLHC5HCq8T0/YL9QMUP0eZI/AAAAAAAACzc/S0B5Q1WgL4U_mik7NSUsv4deaaWMILDzQCLcBGAsYHQ/s320/140.PNG" width="320" /></a></div><br />
Pertanto, sulla piantina di Manieri, una volta aggiustata in modo innaturale la posizione di Nadine
(molto in tralice, quasi allineata all'asse minore della tenda) il punto S1 sarebbe da spostarsi qualche metro verso
nord, non più sulla scarpatina ma in mezzo alla vegetazione! Riesce anche molto
difficile spiegarsi il colpo numero 4, che colse la donna al seno sinistro: ci
si deve chiedere come sarebbe potuto accadere, visto che dormiva bocconi.
L’unica possibilità sarebbe stata quella di una fase in cui, prima del colpo
mortale numero 5, si sarebbe tirata su. Ma si presume che i quattro colpi dalla
scarpatina fossero stati sparati tutti in rapida sequenza contro un bersaglio
non visibile, dunque senza alcuna utilità o necessità di pause tra un colpo e
l’altro.<br />
Manieri dovrebbe anche spiegare quali tra i cinque proiettili sparati attraverso la
zanzariera finirono uno nell’angolo destro della tenda, uno in un cuscino e uno
nel piumone. I conti non tornano, poiché due proiettili rimasero nel corpo di
Nadine e uno cadde a terra dopo aver probabilmente colto Michel alla bocca. Quindi
in tutto sei, uno in più dei fori sulla zanzariera.<br /><br />
<b>La fuga di Michel.</b>
Dopo aver sparato il quinto colpo verso Nadine, il Mostro dovette preoccuparsi
del ragazzo in fuga. Come si vede, la linea rossa tracciata sulla piantina, e
che intende rappresentare il suo percorso, non passa per S3, dove invece
Manieri lo colloca durante la fase degli spari. In realtà in una prima versione
il punto di sparo sarebbe coinciso più o meno con S2, dove Michel si sarebbe
inginocchiato, difficile capire il perché. In ogni caso in questo modo nessun
bossolo sarebbe mai potuto finire davanti alla tenda, ecco allora il rimedio,
con un cambio di percorso (senza però il necessario aggiornamento della
piantina). Da S3, infatti, i bossoli espulsi sarebbero caduti sul tetto della
tenda, sette di loro scivolando sul davanti, compreso (G) che invece sarebbe entrato dentro
attraverso la zanzariera aperta, e uno sul lato destro, (C).<br />
Gli assidui lettori del mio blog si ricorderanno della bizzarra ipotesi del
colonnello Innocenzo Zuntini sul percorso dei bossoli a Borgo San Lorenzo, che
avrebbero rimbalzato contro l’interno di un vetro dell’auto per cadere dalla
parte opposta. Qui siamo in una situazione analoga, con l’aggravio di
inverosimiglianze ulteriori. Perché il Mostro sarebbe rimasto fermo a sparare
ben otto colpi in S3 mentre Michel stava fuggendo, invece di sparare
inseguendolo? Proviamo a suppore che in quel modo gli fosse venuto più comodo
prendere la mira (scenario che naturalmente non regge, ma che ci serve soltanto per
andare avanti). Già, ma quale mira? Su otto colpi soltanto uno andò davvero a
segno, quello al gomito destro.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-e3RSDmYKpIs/YL9QxETcLmI/AAAAAAAACzk/TAcmxpfjIiw38FooPRaOFATTmUFtdcN4ACLcBGAsYHQ/s1403/150.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="889" data-original-width="1403" src="https://1.bp.blogspot.com/-e3RSDmYKpIs/YL9QxETcLmI/AAAAAAAACzk/TAcmxpfjIiw38FooPRaOFATTmUFtdcN4ACLcBGAsYHQ/s320/150.jpg" width="320" /></a></div><br />
Il colpo alla bocca non era compatibile con spari da tergo, e almeno uno dei due
alla mano sinistra era preesistente, visto che, toccando con quella mano il
montante dell’auto, il ragazzo vi lasciò
del sangue. Tutto insomma lascia pensare che tutte e tre queste ferite fossero
state il prodotto degli spari contro la tenda. E allora, possibile che il
Mostro fosse stato così incapace come sparatore?<br />
In ogni caso, a tagliare le gambe allo scenario immaginato da Manieri c’è un
ostacolo insormontabile: la capienza del caricatore della pistola. Quando il
Mostro avrebbe iniziato a sparare in S3 gli erano rimasti quattro colpi,
considerando un caricatore da otto più il colpo in canna. Per giustificare gli
otto bossoli caduti sul tetto della tenda all’appello ne mancano quattro. Ecco
allora che Manieri mette l’ennesima pezza, tirando in ballo un caricatore di
riserva del quale mai era stata ipotizzata l’esistenza. Già, ma quando il
Mostro lo avrebbe inserito al posto di quello vuoto? Per quanto veloce, almeno una
quindicina di secondi l’operazione sarebbe durata, tra il togliere quello vuoto,
cercare l’altro in tasca, inserirlo e arretrare il carrello per caricare il
colpo in canna. E intanto Michel non sarebbe riuscito a percorrere i pochi
metri che lo separavano dalla boscaglia? Infine, con ancora quattro colpi
disponibili nel caricatore nuovo, perché il Mostro mise via la pistola e prese
il coltello, per un successivo corpo a corpo contro un avversario sì ferito, ma
giovane e vigoroso? Una situazione ben più difficile per lui di quella dell’anno
prima, quando, probabilmente per risparmiare munizioni, aveva preferito il coltello per finire Claudio Stefanacci, che
però era moribondo. Nelle prime coltellate da tergo fece molta fatica a
inquadrare Michel mentre scava scappando, un paio di colpi di pistola gli avrebbero
risolto il problema.<br /><br />
<b>La mutilazione di Nadine.</b>
Nel precedente articolo sul tema avevo dimostrato la non fattibilità
dell’ipotesi di Manieri secondo la quale il corpo di Nadine, mutilato
all’esterno della tenda, sarebbe stato rimesso dentro tirandolo dal taglio
posteriore. Dopo le prime arrampicate sui vetri, di fronte all’evidenza pare
che Manieri si sia convinto, anche se l’estenuante lunghezza dei suoi video e
l’inaccessibilità di quelli a pagamento non mi consente certezze. Facendo
l’analisi delle macchie di sangue sul corpo di Nadine parla infatti di corpo
infilato nella tenda, e non più tirato dallo squarcio posteriore. In ogni caso,
a parere di chi scrive, è già sbagliata la sua ipotesi che l’escissione fosse
avvenuta all’esterno. Come più volte ribadito, da via Scopeti la tenda era ben visibile
(<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/12/la-tenda-si-vedeva-o-no-dalla-strada.html">vedi</a>).
Alle precedenti argomentazioni si può aggiungere l’immagine sottostante:<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-D4zgMvS7_rU/YL9RSsa3fmI/AAAAAAAACzs/vmKkTlMEOHswxLu_aBKAsTeSicsfCq9NwCLcBGAsYHQ/s648/160.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="468" data-original-width="648" src="https://1.bp.blogspot.com/-D4zgMvS7_rU/YL9RSsa3fmI/AAAAAAAACzs/vmKkTlMEOHswxLu_aBKAsTeSicsfCq9NwCLcBGAsYHQ/s320/160.jpg" width="320" /></a></div><br />
La foto mostra come, chi fosse passato davanti alla piazzola venendo da Firenze,
avesse avuto la visione completa della sterrata che portava alla tenda. Ora,
come si può immaginare un Mostro che compie la macabra operazione all’aperto con
il chiaro del mattino? Se poi il tutto fosse avvenuto di notte, il problema
sarebbe stato la necessità di una luce, che avrebbe comunque potuto attirare
gente. Ma anche la stessa operazione di estrazione sarebbe stata molto
difficoltosa. Sollevare un corpo morto è già di per sé difficile, dato che
tende a scivolare senza offrire appigli. In questo caso la difficoltà sarebbe
stata ancora maggiore, vista la collocazione dentro la tenda, con una piccola apertura
dalla quale non era semplice sporgersi verso l’interno senza sconquassare
tutto. Dove erano le ginocchia del Mostro mentre teneva il corpo tra le
braccia? Fuori o dentro? Dentro non è possibile, considerando la ristrettezza dell’apertura,
e fuori altrettanto, per una semplice questione di baricentro.<br />
Il corpo di Nadine fu semplicemente tirato per i piedi e ruotato con le gambe
fuori ma seno e pube dentro, senza alcun sollevamento. In questo modo il Mostro
fece molta meno fatica, non rovinò la tenda e, ultimo ma non ultimo, poté
usufruire di una luce interna che da fuori si vedeva poco. Quella stessa luce
che i due campeggiatori dovevano avere, e che lui si portò via avendovi impresso
le sue impronte. Alla fine della mutilazione il corpo venne ruotato in senso
inverso e le gambe, una volta flesse, furono risospinte dentro. L’immagine
seguente rende bene l’idea.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-5l1Shpu5dvE/YL9RkNfvSkI/AAAAAAAACz0/2rfQHe1OFCQlcU8JFKok5dhWdyTGtNe3gCLcBGAsYHQ/s489/170.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="365" data-original-width="489" src="https://1.bp.blogspot.com/-5l1Shpu5dvE/YL9RkNfvSkI/AAAAAAAACz0/2rfQHe1OFCQlcU8JFKok5dhWdyTGtNe3gCLcBGAsYHQ/s320/170.jpg" width="320" /></a></div><br />
Come si vede, la grande macchia di sangue verticale segna la posizione del corpo
durante la mutilazione. Quella sul terreno indica il punto dove vennero
appoggiate le parti tagliate. Questa ulteriore immagine conferma il tutto.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-AK4U-ueBbE0/YL9R1sO9W1I/AAAAAAAACz8/RSOq9oaon1ol_2W4IV2spQSEyUCBWeqlgCLcBGAsYHQ/s398/180.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="299" data-original-width="398" src="https://1.bp.blogspot.com/-AK4U-ueBbE0/YL9R1sO9W1I/AAAAAAAACz8/RSOq9oaon1ol_2W4IV2spQSEyUCBWeqlgCLcBGAsYHQ/s320/180.jpg" width="320" /></a></div><br />
Manieri afferma di aver visto dei fili d’erba secca sul corpo di Nadine, come suo solito
senza fornire prove – fidatevi… – accampando ragioni di opportunità per la
crudezza delle immagini. Sarebbe però bastato presentare qualche dettaglio
ristretto. Questi fili d’erba dimostrerebbero l’estrazione del corpo.
Supponiamo che tale presenza sia reale, ma essa potrebbe spiegarsi anche con un
trasferimento durante le manovre del Mostro.<br /><br />
<b>Conclusioni.</b>
Rimango in attesa di riscontri a questo mio articolo, sempre pronto a ricredermi di fronte
ad argomentazioni adeguate e, ancora meglio, a riscontri oggettivi.<br />
A questo punto il lettore potrebbe chiedersi: ma, se non altro per sbaglio, a
parere di Segnini, almeno una Manieri è riuscito ad azzeccarla? Sì, almeno una
sì: la spiegazione della presenza di tracce di gesso sui bossoli, per la quale
venne eseguita una perizia apposita che non portò a nulla. Pare plausibile che
la causa fosse stata l’uso di frammenti di una mattonella rotta per segnare le
posizioni, come viene ben illustrato da
<a href="https://www.youtube.com/watch?v=LZTbJix6Ulg" target="_blank">questo</a> video.
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com44tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-85422342221796000532021-02-28T23:19:00.016-08:002021-11-21T00:54:35.730-08:00Ultime precisazioni su telefonate e notizia di reato<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
Eccomi
ancora qui a dover replicare a un nuovo intervento di Giuliano Mignini, pubblicato
il 21 febbraio scorso dal blog “Mostro di Firenze – Un caso ancora aperto”
(<a href="https://www.mostrodifirenze.com/2021/02/22/continua-il-botta-e-risposta-fra-il-dr-mignini-e-il-dr-segnini/" target="_blank">vedi</a>;
per sicurezza il testo è salvato in pdf <a href="https://drive.google.com/file/d/1tBlMoQDhgjzTALWUcnx-jxbcryXqpuw4/view?usp=sharing" target="_blank">qui</a>)
relativo ai miei ultimi articoli sull’inchiesta Narducci. Il lavoro non mi è troppo simpatico,
non piacendomi per nulla contraddire un magistrato in pensione che difende con
così grande veemenza il suo storico lavoro. Non sono contento neppure per i
miei pochi fidati lettori, che di questo botta e risposta ne avranno di sicuro le scatole
piene. Ma si tratta di un’incombenza alla quale sono costretto, altrimenti non
terrei fede ai propositi dichiarati anni fa all’apertura di questo blog
(<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/p/perche-un-nuovo-blog-sul-mostro-di.html" target="_blank">vedi</a>),
e da allora sempre onorati. Sarà però l’ultima mia replica sul tema, semmai ulteriori
considerazioni le inserirò a suo tempo in un futuro articolo, dove ripercorrerò
i primi mesi dell’inchiesta, affrontando tra l’altro l’ormai mitica figura
dell’ispettore Napoleoni.<br />
Entriamo dunque nel vivo di questa replica, esaminando lo scritto dell’ex PM suddiviso
secondo i tre capisaldi dell’articolo cui fa diretto riferimento
(<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2021/02/telefonate-minatorie-e-notizie-di-reato.html" target="_blank">Telefonate
minatorie e notizie di reato</a>).<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-nqNasow-rEQ/YDx90Y86sJI/AAAAAAAACpQ/6lhzA1Pcf9g9vLFJ076SsGnOIREG-SvrACLcBGAsYHQ/s654/immagini.quotidiano.net.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="368" data-original-width="654" src="https://1.bp.blogspot.com/-nqNasow-rEQ/YDx90Y86sJI/AAAAAAAACpQ/6lhzA1Pcf9g9vLFJ076SsGnOIREG-SvrACLcBGAsYHQ/s320/immagini.quotidiano.net.jpg" width="320" /></a></div><br />
<b>Narducci nelle telefonate.</b>
Scrive Giuliano Mignini:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Ecco la mancanza di competenza. Lei ha visto la consulenza svolta dal dr. Calzoni,
nominato ausiliario di pg più o meno nella primavera del 2002 e, con molta
disinvoltura, ha desunto che quelle fossero le uniche trascrizioni delle
telefonate registrate e allora ha concluso che non potevo avere le
registrazioni un anno prima quando ho aperto il procedimento. Ma le pare che
avrei aperto il procedimento nell’ottobre 2001, utilizzando trascrizioni
sopraggiunte solo nella primavera del 2002? E che di questo si sia “accorto”
solo un tecnico informatico come lei? E nulla abbia osservato il collega
Canessa e tanti altri.<br />
Mi segua. Io la informo di fatti, non di giudizi. L’estetista riceveva le
telefonate minacciose (prima aveva anche subito danneggiamenti) e cominciò a
registrarle su consiglio della Polizia, dapprima il Commissariato di Foligno
poi la Squadra mobile di Perugia. La Polizia, dovendo subito informare il
magistrato delle minacce, ha provveduto a operare una trascrizione urgente e
sommaria delle registrazioni e a trasmetterle di volta in volta, nonché a fare
le indagini. Mi trasmetteva anche le registrazioni che ho ascoltato più volte
insieme ai poliziotti della Mobile. Quindi, le trascrizioni operate in via
d’urgenza dalla Polizia furono fatte proprio nel 2001. Ad esse seguirono, nella
primavera del 2002, le trascrizioni operate dal Consulente dr. Calzoni.
</span></i><br /><br />
Diamo la parola alle carte, valide di per sé, indipendentemente dalla presunta competenza
di chi le stia esibendo. Come dimostrano i due documenti riuniti in
<a href="https://drive.google.com/file/d/1Kews1rLZRj7QDT-7404aYRsL8AAiV0Wz/view?usp=sharing" target="_blank">questo</a>
pdf, l’estetista consegnò le prime due cassette alla questura di Perugia il 29
settembre 2001, e la relativa trascrizione venne ultimata il 23 ottobre
successivo, due giorni prima dell’apertura del procedimento sul presunto omicidio
di Narducci. Non si trattava affatto di una trascrizione “<i><span style="color: blue;">urgente e sommaria</span></i>”, ma di quella definitiva
allegata agli atti, effettuata dall’ispettore Furio Fantauzzi, dal
sovrintendente Stefano Savelli e dall’ausiliare <b>Giovanni Calzoni </b>(il quale quindi si mise all’opera molto prima
della primavera 2002, come invece affermato erroneamente dall’ex PM). Riguardo il contenuto, il
lettore curioso – nonché maggiorenne – può leggerselo per intero, quello
frettoloso può invece consultare il
<a href="https://drive.google.com/file/d/12xu9V5GtMcQroqQ0z8dTSUjD3sRHY3hS/view?usp=sharing" target="_blank">seguente</a>
documento, datato 16 giugno 2004, riportante la ricerca dei termini (o meglio: frammenti)
più significativi contenuti nelle prime 18 cassette. Ebbene, nella numero uno –
la due era soltanto una copia parziale di questa – i termini sono: “<i><span style="color: blue;">Pacciani</span></i>”
e “<i><span style="color: blue;">colline del
Mugello</span></i>”. Di Narducci neppure l’ombra.<br />
I due documenti riuniti in
<a href="https://drive.google.com/file/d/1EyfWbBVSvey2fE5jJNqGH8qSyHsHSkco/view?usp=sharing" target="_blank">questo</a>
secondo pdf attestano invece la consegna delle cassette 3 e 4, sempre in questura, il
giorno 15 novembre 2001, e la relativa trascrizione il giorno 15 dicembre successivo.
A trascrivere furono gli stessi tre poliziotti, compreso l’ausiliare Giovanni
Calzoni, con l’aggiunta dell’assistente capo Salvatore Emili. Tra i termini
significativi emerge soltanto “<i><span style="color: blue;">Pacciani</span></i>”,
mentre Narducci continua a latitare.<br/>
Delle cassette 5 e 6 chi scrive non ha la disponibilità della trascrizione. In ogni
caso non dovevano essere state ritenute utili alle indagini, come dimostra la
loro assenza nel documento di ricerca dei termini significativi.<br />
Prendiamo adesso in esame la cassetta numero 7.
<a href="https://drive.google.com/file/d/1gpnmb19EvKYMKvZMNlXgGN-PKqT-zkfj/view?usp=sharing" target="_blank">Questo</a>
pdf ne colloca la consegna al 21 maggio 2002 e la trascrizione – operata ancora da Fantauzzi,
Emili e Calzoni – al giorno dopo, 22 maggio. Finalmente, in aggiunta al solito
“<i><span style="color: blue;">Pacciani</span></i>”,
vi si leggono i primi termini in qualche modo riconducibili a Narducci:
“<i><span style="color: blue;">il dottore</span></i>”,
“<i><span style="color: blue;">lago</span></i>”,
“<i><span style="color: blue;">lago Trasimeno</span></i>”.
È il caso di riportare anche le relative frasi:
“<i><span style="color: blue;">Verrai uccisa e seppellita come l’amico di Pacciani del lago Trasimeno</span></i>”,
“<i><span style="color: blue;">Guarda il tuo bambino e finirai nel lago uccisa</span></i>”,
“<i><span style="color: blue;">Tu ricorda il dottore amico di Pacciani</span></i>”.
Dal verbale di consegna risulta che la Falso
aveva iniziato a ricevere tali telefonate il giorno 18 maggio 2002.<br />
<b>A questo punto abbiamo quindi un dato di
fatto inconfutabile: quando nelle telefonate comparvero i primi riferimenti a
Narducci, erano trascorsi già sette mesi dall’apertura del procedimento
giudiziario riguardante il suo presunto omicidio.</b><br />
Ma proseguiamo. Dopo una cassetta non significativa, arrivò la numero 9
(<a href="https://drive.google.com/file/d/1IQ5bo0sx-iaXA1gSyxl_QG6mLfmZSEMf/view?usp=sharing" target="_blank">vedi</a>),
consegnata il 27 giugno e trascritta il 15 luglio sempre da Fantauzzi, Emili e Calzoni. Qui i
termini significativi aumentano, e tra di essi compare anche quello più
importante,
“<i><span style="color: blue;">Narducci</span></i>”.
Gli altri sono:
“<i><span style="color: blue;">il grande medico</span></i>”,
“<i><span style="color: blue;">il dottore</span></i>”,
“<i><span style="color: blue;">il grande dottore</span></i>”,
“<i><span style="color: blue;">ammazzato</span></i>”,
“<i><span style="color: blue;">ucciso</span></i>”,
“<i><span style="color: blue;">lago</span></i>”
e infine l’immancabile
“<i><span style="color: blue;">Pacciani</span></i>”.<br />
La
<a href="https://drive.google.com/file/d/13ntOOKtxHqYeHq8r6FY9hhoLohtI14Yg/view?usp=sharing" target="_blank">successiva</a>
cassetta, la 10, venne consegnata il 17 luglio e trascritta il 24 agosto. Frammenti
significativi sono
“<i><span style="color: blue;">come i morti di Firenze</span></i>”
e vari con radice
“<i><span style="color: blue;">sfregi</span></i>”.
Questa volta Pacciani fu lasciato a riposo.<br />
Fermiamoci qua, avendo dimostrato <i>ad abundantiam</i>
che le telefonate all’estetista nulla avrebbero dovuto aver a che fare con la
partenza dell’inchiesta Narducci. Che per quella partenza il relativo
procedimento fosse stato preso a semplice pretesto è dunque un fatto storico,
sul quale ognuno può elaborare il proprio personale giudizio. Quello di chi
scrive, che si sente preso in giro, è particolarmente severo.<br /><br />
<b>I telefonisti.</b>
Scrive Giuliano Mignini:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Poi c'è un “capitolo” dal contenuto caotico e pressoché incomprensibile in cui lei
si perde, letteralmente, sui “telefonisti”. Il procedimento si è concluso
definitivamente con la condanna patteggiata di Pietro Bini, un disoccupato di
Foligno o Cannara che, secondo me, si è assunto la piena paternità delle
telefonate, per chiudere la questione nella quale era rimasto coinvolto,
diciamo, un poliziotto.<br/>
Sono rimasto sempre perplesso da questa
storia, tutti lo sanno e, a un certo punto, mi sono concentrato sulle indagini
collegate con Firenze e ho lasciato che le ultime udienze le trattasse una vice
procuratrice onoraria. […]<br />
Lei parla di un “toscano” che era
presente nelle telefonate. Io ho sentito solo una voce “appenninica” dell’area
di Foligno e una “piemontese”. Di toscani in quelle telefonate neppure l’ombra.
E se anche ci fosse stata e fosse stata trascurata che rilevanza avrebbe?
</span></i><br /><br />
L’ex PM parla di
“<i><span style="color: blue;">contenuto caotico e pressoché incomprensibile</span></i>”.
Di sicuro per lui l’argomento
è molto più chiaro, e le ragioni sono ovvie, ma la documentazione della quale dispone
chi scrive non consente di redigere una cronaca più precisa. In essa rimangono
molti buchi, riempibili soltanto con delle ipotesi; la qual cosa non è per
nulla facile, e fa buon gioco a chi preferisce buttare tutto in caciara. Ma
quel che ne emerge è comunque un quadro assai inquietante. Innanzitutto è bene
sia stabilito un fatto certo: ad affermare che in quelle telefonate c’era un
toscano non sono io, ma i poliziotti che le trascrissero: Fantauzzi, Savelli,
Emili e Calzoni. Nei relativi documenti, fino alla cassetta 9 si legge di un
interlocutore maschile dall’accento toscano (per comodità riporto ancora i
link:
<a href="https://drive.google.com/file/d/1Kews1rLZRj7QDT-7404aYRsL8AAiV0Wz/view?usp=sharing" target="_blank">cassette 1 e 2</a>,
<a href="https://drive.google.com/file/d/1EyfWbBVSvey2fE5jJNqGH8qSyHsHSkco/view?usp=sharing" target="_blank">cassette 3 e 4</a>,
<a href="https://drive.google.com/file/d/1gpnmb19EvKYMKvZMNlXgGN-PKqT-zkfj/view?usp=sharing" target="_blank">cassetta 7</a>,
<a href="https://drive.google.com/file/d/1IQ5bo0sx-iaXA1gSyxl_QG6mLfmZSEMf/view?usp=sharing" target="_blank">cassetta 9</a>).
Per la cassetta 1 si parla addirittura di
“<i><span style="color: blue;"><H> aspirata tipica toscana</span></i>”, intendendo probabilmente il "ch".
Poi dalla
<a href="https://drive.google.com/file/d/13ntOOKtxHqYeHq8r6FY9hhoLohtI14Yg/view?usp=sharing" target="_blank">cassetta 10</a>
l’accento toscano sparisce, e, per il motivo che ho già spiegato (la doppia “B” di
“<i><span style="color: blue;">subbito</span></i>”)
probabilmente entra quello denominato “appenninico” dal dottor Mignini.<br /><br />
<b>Edit 1/9/2021.</b>
Da un controllo più accurato è emerso che l'indicazione di accento toscano sparì dalle trascrizioni
con la cassetta 11 – data verbale 19/11/2002 – e che la parola “subbito” nella cassetta precedente
era stata pronunciata dalla voce femminile.<br /><br />
Si dovrebbe dunque pensare che i tre poliziotti incaricati delle trascrizioni – in un caso
quattro – avessero tutti preso un abbaglio? Si tratta di uno scenario francamente
improbabile. C’è piuttosto da chiedersi il perché nessuna telefonata con
quell’accento toscano avesse fatto parte delle 20 del CD fornito ai due esperti
ai quali, il 19 luglio 2005, venne commissionata la perizia fonica
(<a href="https://drive.google.com/file/d/1jETz-M_TRVpMjKFUn2a5GT3V8oRwteOq/view?usp=sharing" target="_blank">vedi</a>).
Ce n’erano 6 della donna con accento piemontese e 14 dell’uomo con accento di Cannara,
senz'altro Bini. Evidentemente non interessava indagare su chi ci fosse
dietro quell’accento toscano, la qual cosa porta a sospettare che lo si sapesse
già.<br />
Ci sono altre questioni sulle quali chi finanziò quella perizia fonica e tutte le altre
indagini avrebbe diritto di saperne di più. Quale era stato il ruolo del poliziotto
indagato, un dirigente di buon livello che adesso ha una posizione di grande
responsabilità? Quali le sue motivazioni, e quali i suoi rapporti con i
colleghi fiorentini?<br />
Infine Bini, che non risulta neppure interrogato nell'ambito del procedimento
sul presunto omicidio di Narducci. Non interessava chiedergli se ne sapeva qualcosa?
Tra l'altro gli fu concesso il patteggiamento, a quanto pare
senza pretendere che rivelasse i nomi dei suoi complici. Si tratta di normale amministrazione nei tribunali
italiani? E qual era stato il suo compenso per essersi preso tutta
la colpa? Soldi? Uno scambio di favori?<br /><br />
<b>La notizia di reato.</b>
Scrive Giuliano Mignini:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Lei non ha capito che la notitia criminis per l’apertura del procedimento
17869/01/44 furono le dichiarazioni del medico legale prof.ssa Francesca Barone
che riferì delle lesioni di cui le parlò lo Zoppitelli, mi pare che si
chiamasse così (che era sul pontile) a proposito del cadavere ripescato che, nel
2001, non dubitavamo coincidesse col Narducci.<br />
E che il cadavere (dell’uomo ripescato) presentasse segni di lesioni lo dice anche
l’appuntato dei carabinieri Aurelio Piga che tentò di richiamare l’attenzione
dei presenti ma fu subito bloccato dal questore. […]<br />
Perché, consapevole della sua incompetenza, lei si avventura in un terreno così
“tecnico”? Io non la capisco proprio.
</span></i><br /><br />
Prima di andare avanti mi si consenta di aprire una parentesi, mettendo da parte
Zoppitelli e prendendo in esame Piga. Ma insomma, la famiglia Narducci avrebbe
avuto la bella pensata di sostituire il cadavere del congiunto con quello
di un uomo di colore 20 centimetri più basso, altrettanti più largo e per di
più con evidenti lesioni? Il tutto al fine di nascondere un omicidio che sarebbe
stato compiuto con la pressione di un pollice sul collo, quindi senza produrre
ferite evidenti? Qui non si tratta di competenza ma di semplice logica, per
la quale non serve una laurea in legge. Peraltro, come anche le
sentenze Pacciani e Vanni dimostrano, non pare che ai magistrati ne venga
richiesta una troppo ferrea.<br />
Ma torniamo a bomba. Nel mio scritto mi pare di aver dimostrato di aver capito
bene che cosa sia una <i>notitia criminis</i>,
in caso contrario mi si dovrebbero indicare gli errori. Sia come sia, a questo
punto conviene comunque ripartire dalla attuale affermazione dell’ex PM:
la <i>notitia criminis</i> del presunto omicidio di Narducci sarebbe nata
dalle dichiarazioni della professoressa Francesca Barone
(<a href="https://drive.google.com/file/d/1v8oUciylDu3FuSsJ13bMt34K8R7mfJy4/view?usp=sharing" target="_blank">vedi</a>).
Su questo argomento ho già scritto, quindi devo purtroppo ripetermi. Leggiamo allora le
dichiarazioni della Barone che avrebbero fatto ipotizzare l’omicidio di
Narducci. Siamo al 22 ottobre 2001:<br/><br />
<i><span style="color: blue;">
Per pura casualità incontrai dei pescatori, uno dei quali, di cui non ricordo il
nome, aveva partecipato al recupero del cadavere; quest'uomo […] mi disse che
il cadavere di Francesco Narducci presentava delle macchie rosse, come se
avesse sbattuto contro qualcosa o che comunque avesse subito colpi violenti. Le
macchie erano presenti soprattutto sul volto; il pescatore aggiunse che il
cadavere aveva le mani ed i piedi legati dietro la schiena. Il pescatore mi disse
che dovevano avergli dato tantissime botte per come era ridotto il volto.
</span></i><br /><br />
Gli eventi narrati si riferiscono al giorno del ripescaggio del cadavere, il 13
ottobre 1985. Il dottor Mignini avrebbe dunque elaborato la <i>notitia criminis</i> sulla base di questo
racconto, sono le sue testuali parole (in effetti il relativo procedimento
venne aperto tre giorni dopo). Ma come, senza neppure verificare chi fosse
questo pescatore e tantomeno interrogarlo? Una scommessa molto azzardata. Se infatti
lo avesse identificato e interrogato, avrebbe anche scoperto che non aveva
visto un bel niente, come ammesso da lui stesso cinque mesi più tardi, dopo un
confronto con la Barone. Si trattava di Giancarlo Zoppitelli, non pescatore ma
imbianchino. Dal verbale del 13 marzo 2002
(<a href="https://drive.google.com/file/d/1WfRt5KY0CCyGzklCVygbZBStlsRr0UFG/view?usp=sharing" target="_blank">vedi</a>):
<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Ora che ho visto la Prof.ssa Barone ricordo che effettivamente nel pomeriggio del
13.10.1985 riferii a quest'ultima che il cadavere aveva il volto tumefatto, il
naso rotto e le mani legate, ma questo non l'ho visto di persona. L'ho sentito
dire quel giorno da molta gente sul pontile, nel momento del ritrovamento da
persone del paese che hanno ripetuto queste affermazioni anche nel bar
“Menconi”, gestito da tale Menconi, non ricordo se il padre o il figlio. Mi
dispiace di essermi infilato in questo impiccio.
</span></i><br /><br />
Era dunque questa l’origine della <i>notitia
criminis</i> che avrebbe fatto partire un’inutile inchiesta costata chissà
quanti milioni di euro di noi poveri contribuenti e la sofferenza di tanta
gente? E il cui unico risultato giuridico è la sentenza di archiviazione De
Robertis, nella quale – questo lo si deve riconoscere – la sintonia con il collega
PM risultò perfetta?
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com18tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-78368012535439364942021-02-17T11:36:00.014-08:002021-11-21T01:00:26.733-08:00Telefonate minatorie e notizie di reato<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
Come
mi ero ripromesso, pur disponendo di poco tempo, eccomi qui ad approfondire la
risposta provvisoria
(<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2021/02/giuliano-mignini-protesta.html" target="_blank">vedi</a>) alle recenti
rimostranze di Giuliano Mignini riguardanti i miei ultimi articoli sull’inchiesta
Narducci. Nel frattempo l’ex PM è intervenuto ancora
(<a href="https://www.mostrodifirenze.com/2021/02/08/il-botta-e-risposta-fra-il-dr-mignini-e-il-dr-segnini/" target="_blank">vedi</a>) con uno
scritto che riporto qui sotto.<br /><br />
<i><span style="color: blue">
Gentile dr. Segnini, la sua risposta mi conferma quello che ho sempre detto. Lei ha una
concezione tutta sua del processo penale e, soprattutto, della sua genesi e
sono costretto a cercare di chiarirlo fermo restando che, di fronte a qualcuno
che ha fatto il magistrato, lei ascolti con la volontà
di capire quello che le sto dicendo del processo visto che lei
non è assolutamente competente in materia giudiziaria come io non lo sono in
ambito medico o ingegneristico. Per mia scelta culturale, mi interesso invece
personalmente di storia, locale e non solo.<br />
Detto questo e riservandomi di risponderle più dettagliatamente in seguito, io le
rispondo subito sui tre punti che lei ha creduto di individuare come critici
nelle indagini da me condotte.<br />
Allora, cominciamo con la genesi delle indagini, un
argomento di cui ho sentito parlare in relazione alle indagini da me condotte
mentre generalmente si parla dell’esito dei processi.<br />
L’inquirente deve partire da qualcosa che è la notizia di reato. C’è una notizia che può
essere riferita dalla polizia giudiziaria, o appresa direttamente dal
magistrato o emersa in altro procedimento e che dà luogo ad un procedimento
distinto.<br />
Il magistrato non sa nulla di questa notizia. Può anche saperne dalle voci
correnti che sono più o meno determinate ma, come tali, non valgono finché non
siano confermate.<br />
La notizia è all’inizio, più o meno circostanziata ma va verificata e le indagini
servono a questo. E deve essere verificata perché in Italia vige il principio
dell’obbligatorietà dell’azione penale.<br />
E allora il magistrato fa le indagini che possono portare alla conferma della
fondatezza della notizia o alla sua negazione.<br />
Quando io dico che è indiscutibilmente indifendibile
quello che è stato fatto sul pontile aggiungo che, per di più, non si trattava
di bazzecole ma di una vicenda che, in ipotesi (per allora), c’era di mezzo la
vicenda del Mostro di Firenze per la quale il Narducci era sospettato sin da
prima della morte come riferito, tra gli altri, dall’App. CC. Pasquale Pierotti.
L’isp. Napoleoni, presente sul pontile, è quello che aveva svolto indagini
relative al Narducci sin dal delitto degli Scopeti.<br />
Ho fatto le indagini e il procedimento principale, quello De Robertis, si è
concluso con l’ordinanza irrevocabile che ha recepito integralmente l’assunto
accusatorio. E questo provvedimento è rimasto in piedi a differenza di quello
Micheli che è stato definitivamente travolto dalla Cassazione che ha salvato il
capo sull’associazione solo per discutibili ragioni di opportunità ma aveva
riconosciuto la fondatezza del mio ricorso anche sull’associazione. Poi i
ritardi gravissimi, sottolineo gravissimi, verificatisi non certo per colpa mia
hanno determinato la prescrizione di tutti i reati meno uno.<br />
E allora ? Di che stiamo discutendo?<br />
Quanto all’aspetto linguistico e, aggiungo, storico, non ha alcuna rilevanza sulle
telefonate Falso. Quanto all’Umbria, esisteva al tempo di Augusto ma non
comprendeva Perugia che era una delle capitali dell’Etruria e andava, l’Umbria
o Sexta Regio, da Assisi fino all’Adriatico. Comunque, a quanto ricordo, le
voci delle telefonate erano tutte dell’Umbria orientale e, quella femminile,
era piemontese ma i dialetti o parlate non seguono quasi mai i confini
amministrativi odierni.<br />
Passiamo alla competenza. Le assicuro che l’inquirente ed io nella fattispecie sono
stato sempre animato dalla ricerca della verità che non è un’opinione.<br />
Per questo, ho pagato, insieme all’amico Giuttari, un prezzo altissimo ma ne sono
uscito vincitore e ora è in piedi una causa di responsabilità civile contro
magistrati della Procura ma soprattutto del Tribunale di Firenze.<br />
Chi non ha fatto il suo dovere, invece, non ha subito danni di sorta. Questa è una
certa Italia.<br />
Chi è competente, ha titolo per parlare di un certo argomento. Chi non lo è, non ha
titolo giuridico.<br />
La saluto.<br />
Perugia 8 febbraio 2021
</span></i><br /><br />
Egregio dottor Mignini, nel suo precedente intervento lei mi ha rimproverato “<i><span style="color: blue;">la confusione, la
prolissità e la conseguente mancanza di chiarezza dell’esposizione. Scrivere
tanto non serve a nulla</span></i>”. Non è lo stesso giudizio di altri, ma prendo
comunque atto del suo legittimo punto di vista, di conseguenza in questa sede farò
quanto è nelle mie possibilità per migliorarmi, condensando in un paio di
pagine di Word, o poco più, i miei scritti sulle telefonate minatorie e la partenza
dell’inchiesta Narducci. A beneficio suo, che se vorrà potrà fare le sue
osservazioni, e di tutti quei lettori che non hanno voglia di addentrarsi in una
vicenda narrativamente poco gradevole, nondimeno storicamente significativa. Ma prima sento il bisogno di una
replica sulla questione della competenza in materia giudiziaria, che lei mi
rimprovera di non possedere bocciandomi sul nascere ogni velleità di
analizzare la sua inchiesta. Ne devo arguire che il suo lavoro
possa essere giudicato soltanto da un collega? Mi sembra una pretesa un po’ eccessiva, neppure fosse un trattato di fisica quantistica!<br />
Che io non sia competente in materie giudiziarie è vero, solo però quando per
competenza s’intenda la capacità di esercitare il mestiere di magistrato. Per la
ricostruzione storica che sto cercando di portare avanti, infatti, una laurea
in legge non mi è necessaria, come non mi è mai stata necessaria – mi si
perdoni la digressione – una conoscenza specialistica delle varie materie che in
una ormai lunghissima attività di professionista nel campo del software
applicativo sono stato costretto ad affrontare. Davanti alla necessità di
produrre strumenti di lavoro per le tipologie di committenza più varie mi sono sempre
rimboccato le maniche e ho studiato la materia. Non sono divenuto né un assicuratore,
né un contabile, né un agente letterario, né un amministratore di condomini,
neppure un investitore di valori mobiliari e tantomeno un progettista di cavi
elettrici – potrei continuare ancora per po’ – ma ho imparato il linguaggio di
tutti, anzi, ho <i>dovuto</i> imparare il
linguaggio di tutti, pena il cambio di mestiere.<br />
Lo studio della vicenda del Mostro di Firenze è per me una semplice passione, non
un lavoro, ma in esso applico la medesima metodologia, cercando sempre di
acquisire le informazioni necessarie prima di affrontarne i vari aspetti. Nel
caso di specie – la partenza dell’inchiesta Narducci – sono andato a
documentarmi su come viene aperto un procedimento giudiziario, potrà
verificarlo leggendo <a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2021/02/e-fu-cosi-che-parti-linchiesta-narducci.html#SGN1" target="_blank">qui.</a>
Mi sono soffermato sui cinque registri, e, avvalendomi di <a href="https://drive.google.com/file/d/1yh6txWYK17OmybvNtW3NlCvrFZlbpLei/view?usp=sharing" target="_blank">questo</a>
testo, anche sulla <i>notitia criminis</i>,
sulla quale lei mi ha recitato la sua lezione, e la ringrazio. Non
avevo capito nulla? Può darsi, però chi intende sostenerlo lo deve dimostrare,
trovandomi in quel caso più che disponibile a ogni rettifica che si renda
necessaria.<br />
Ancora una premessa prima di andare sul concreto. Lei mi rimprovera la mancanza di
chiarezza, ma dove sta la chiarezza nei suoi due scritti? In essi ha bocciato
il mio lavoro senza rispondere su nessuna delle questioni che vi vengono
sollevate, disquisendo di tutt’altro. Argomenti importanti, beninteso, ma fuori
tema, e sui quali avrò modo di esprimere il mio parere in altra sede. Scrive
giustamente un mio lettore, riferendosi al suo primo intervento:<br /><br />
<i><span style="color: blue">
Più che rileggo l'intervento di Mignini più che mi sembra veramente fuori fuoco,
forse hai ragione e magari l'ha letto di fretta. Di tutto quello che hai
scritto si è indignato per la storia degli accenti? Io, francamente aspettavo
sì delle risposte, ma su cose ben più importanti come la telefonata minatoria
partita da un commissariato umbro o il fatto che oggi, grazie a questi
documenti, possiamo affermare con certezza che l'inchiesta Narducci partì prima
delle telefonate alla Falso.
</span></i><br /><br />
Nel secondo intervento parla di tre punti che, secondo lei, avrei creduto di
individuare come critici nelle indagini ma poi non li elenca né tantomeno li
affronta. In verità, pur molto sbrigativamente, uno sì, quello della notizia di
reato, ma gli altri? Spero non abbia voluto intendere l’aspetto linguistico e
l’identificazione dell’Umbria storica…<br />
Ma adesso è davvero arrivato il momento di andare sul concreto, con l’esposizione
sintetica in tre capisaldi del mio lavoro di ricerca sulle telefonate e sulla
partenza dell’inchiesta Narducci. Va da sé che la lettura dei due articoli
originali
(<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/12/firenze-perugia-andata-e-ritorno-1.html" target="_blank">qui</a>
e <a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2021/02/e-fu-cosi-che-parti-linchiesta-narducci.html" target="_blank">qui</a>)
risulta comunque necessaria se si pretendono le relative dimostrazioni.<br /><br />
<b>Narducci nelle telefonate.</b>
Per anni si è creduto che l’inchiesta Narducci fosse stata innescata dalle
telefonate minatorie a un’anonima estetista di Foligno, la signora Dorotea
Falso: “<i><span style="color: blue;">Ricorda
il dottore amico di Pacciani... traditori di Satana... I traditori Pacciani e
il grande medico... Narducci... finito nel lago strangolato</span></i>”. A
sostenerlo, oltre a Giuttari nei suoi libri – invero non sempre rispettosi
della verità – era stato anche lo stesso pubblico ministero, come in un
frammento della sua requisitoria leggibile <a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/12/firenze-perugia-andata-e-ritorno-2.html#SGN1" target="_blank">qui</a>.
Pertanto mi stupii moltissimo scoprendo, una volta entrato in possesso delle
trascrizioni di quelle telefonate, che Francesco Narducci vi veniva nominato
per la prima volta – come “<i><span style="color: blue;">l'amico di Pacciani… del lago Trasimeno</span></i>” – il 18
maggio 2002 alle ore 12:36! Quindi ben sette mesi dopo l’apertura del
procedimento giudiziario sul suo presunto omicidio (25 ottobre 2001) e il successivo
ascolto di qualche decina di testimoni, nonché il presumibile completamento
della perizia sugli atti del professor Pierucci (giorno di consegna ufficiale:
22 maggio 2002).<br />
E allora cosa diavolo c’entrano le ridicole minacce telefoniche all’anonima
estetista di Foligno con la partenza dell’inchiesta Narducci, la quale, alle
ore 12:36 del 18 maggio 2002, non soltanto era partita, ma aveva già percorso
chilometri e chilometri?<br /><br />
<b>I telefonisti.</b>
Le sorprese nate dall’esame della documentazione non erano affatto finite, anzi, ne emergeva una
parte ancora più inquietante. Chi erano questi telefonisti e perché avevano
fatto riferimento a Pacciani e in seguito anche a Narducci? Sappiamo che l’unico
condannato – con patteggiamento – è stato un certo Pietro Bini, di Cannara, un individuo
che dai documenti sembra non avesse avuto nulla a che spartire con Dorotea Falso.
E con la questione Narducci c’entrava qualcosa? Parrebbe di no, poiché in
nessuno dei relativi procedimenti risulta mai essere stato interrogato, il che
francamente appare strano, visto che proprio grazie alle sue minacce quei
procedimenti sarebbero partiti. Viene da chiedersi: e se avesse fatto parte
della setta che stava dietro ai delitti del Mostro e le sue telefonate fossero
state un depistaggio?<br />
In realtà lo studio della documentazione porta a ritenere Bini un
personaggio dietro il quale è rimasto nascosto il gioco di chi ha tramato per spingere
la pista Narducci attraverso le telefonate. Per un anno e più a minacciare
l’estetista erano stati il fratello del marito e la moglie di questi, dei cognati
insomma, per motivi che non travalicavano il campo delle beghe familiari, con
anche l’incendio di un fienile, il taglio delle gomme di un’auto e un foglietto
intimidatorio lasciato in giardino. Dopo varie denunce presentate al
commissariato e ai carabinieri di Foligno, il 29 settembre 2001 avviene un
fatto nuovo: Dorotea Falso consegna alla questura di Perugia due cassette dove
ha registrato le ultime telefonate minatorie. E al fatto nuovo delle cassette
se ne accompagnano almeno altri due, con una concomitanza francamente sospetta.
Innanzitutto in alcune telefonate, cosa mai successa prima, viene fatto
riferimento a Pacciani. Poi il cambio dei due telefonisti. A dircelo sono le
questioni linguistiche. Chi trascrisse le telefonate rilevò nella voce maschile
un accento toscano, mentre una perizia fonica di qualche anno dopo avrebbe individuato
in quella femminile un accento piemontese; entrambi i cognati della Falso erano nativi di
Foligno e ivi residenti.<br />
Bisogna a questo punto chiedersi di chi fosse stata l’iniziativa di registrare le
telefonate; poco credibile della Falso, soprattutto per le concomitanze sopra
indicate. E viene anche da chiedersi che cosa avesse avuto a che fare con
questa faccenda il dirigente di polizia che risultò indagato e poi prosciolto.
Indagato perché e prosciolto perché? Il sospetto che qualcuno si fosse inserito
in una questione personale della Falso introducendovi le vicende fiorentine è
legittimo, come è legittimo il sospetto che in qualche modo questo qualcuno avesse
avuto a che fare con le forze dell’ordine. Va anche detto che indagata e
prosciolta risulta pure la baby sitter del figlioletto della Falso, il cui
marito era un poliziotto fratello di altri due poliziotti. Una coincidenza?<br />
Dopo la consegna delle prime due cassette le telefonate continuarono, poi ebbero un
momento di stasi. Fino a quando, nel maggio 2002, l’inchiesta non cambiò passo,
con la consegna della perizia sugli atti da parte del professor Pierucci, la
conseguente decisione di riesumare la salma e l’uscita del tutto sui giornali. Con
un sospetto anticipo di pochi giorni – accesso a informazioni riservate? – le
telefonate ricominciarono e finalmente entrò Narducci.<br />
Dopo questa ripresa le telefonate andarono avanti, e, come si desume dai verbali di
trascrizione, ancora per un po’ con la voce maschile dall’accento toscano. Poi,
a partire dalla trascrizione della cassetta 10 datata 24 agosto 2002, l’accento
toscano sparì e probabilmente entrò quello umbro, in seguito rilevato dalla
perizia fonica. Il trascrittore, infatti, non scrisse più di accento toscano,
in compenso evidenziò la parola “subbito”, con un raddoppio della “b”, molto
probabilmente compatibile con la parlata di Cannara. Se così fosse si potrebbe associare
tale cambiamento all’arrivo di Pietro Bini, quello stesso Bini che si sarebbe
dichiarato colpevole ottenendo un patteggiamento che si fa fatica a
comprendere, non avendo denunciato i suoi complici.<br />
<b>Edit 1/9/2021.</b>
Da un controllo più accurato è emerso che l'indicazione di accento toscano sparì dalle trascrizioni
con la cassetta 11 – data verbale 19/11/2002 – e che la parola “subbito” nella cassetta precedente
era stata pronunciata dalla voce femminile.<br /><br />
<b>La notizia di reato.</b>
Non è questa la sede per disquisire attorno alla locuzione “notizia di reato”,
che il codice penale usa senza definirla. Basti il suo significato intuitivo, e
la consapevolezza che una notizia di reato sta alla base di ogni procedimento
giudiziario: non può esserci procedimento giudiziario senza notizia di reato, e
data una notizia di reato (s'intenda: della quale sia stato verificato il fondamento)
deve esserci un procedimento giudiziario, lo impone
la legge con il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale. Ma una
notizia di reato è anche una notizia in senso generico, e non tutte le notizie
sono anche notizie di reato, nonostante una loro eventuale vicinanza all'ambito giudiziario.
Immagino che per un magistrato distinguere non sia
sempre facile, non a caso esiste il registro modello 45.<br />
La notizia di reato con la quale venne aperto il procedimento giudiziario
17869/01/44, il 25 ottobre 2001, era quella del presunto omicidio di Francesco
Narducci (art 575 e relative aggravanti). Ebbene, faccio fatica a comprendere il
modo in cui, fra i tre elencati nell’intervento di Giuliano Mignini, tale
notizia fosse nata. Riferita dalla polizia giudiziaria? No, poiché l’informativa
dove Angeloni chiedeva di poter procedere non parlava affatto di presunto
omicidio, ma di presunto suicidio (<a href="https://drive.google.com/file/d/0BxHpeQvorWm5eGRvdGVZZk45d1E/view?usp=sharing&resourcekey=0-jU-fn57zLi5l-lIQRAM9ig" target="_blank">vedi</a>)
e comunque si trattava soltanto di voci di popolo.
Emersa in un altro procedimento? Non si comprende quale, a meno che non si
voglia intendere quello delle minacce telefoniche, dove però di Narducci non
c’era neppure l’ombra. Appresa direttamente dal magistrato? Si tratta dell’unica
strada percorribile, previa la necessaria sostituzione del termine “appresa” con il più appropriato “ipotizzata”.
Allora percorriamola, questa strada, come fossimo stati noi il PM che doveva decidere.<br />
Vediamo gli elementi in gioco. Sopra il tavolo c’erano le irregolarità sulla tumulazione
della salma, la cui più ovvia origine andava però ricercata nel desiderio di
una famiglia potente di evitare l’autopsia e nello zelo con cui alcune autorità
locali si erano messe a sua disposizione. Con il che non c’era alcuna notizia
di reato, comunque non tale da consentire l’apertura di un procedimento
giudiziario, poiché eventuali reati risultavano ormai prescritti. L’unica era guardare
dietro le quinte e chiedersi il perché: perché la famiglia Narducci aveva voluto
evitare l’autopsia? Anche in questo caso c’era una risposta ovvia: se il loro
congiunto si fosse suicidato, come era sempre parso probabile – lo aveva scritto lo stesso Angeloni nella sua informativa – l’autopsia e
l’esame tossicologico lo avrebbero fatto emergere. Per i familiari un’eventualità
da evitare a ogni costo, data la notorietà del cognome Narducci in ambito locale:
tutti ne avrebbero parlato, i giornali ne avrebbero scritto, e il loro dolore
non avrebbe potuto far altro che crescere.<br />
Sul tavolo c’erano però anche i sospetti sul coinvolgimento di Narducci
nelle vicende del Mostro di Firenze. Sospetti sui quali in verità la procura
aveva già indagato, giungendo alla conclusione che erano
ingiustificati, sia per la mancanza di elementi a sostegno sia e soprattutto
perché il soggetto era impossibilitato a compiere almeno il delitto di
Calenzano, trovandosi in quel periodo negli Stati Uniti. In ogni caso, se anche
Narducci fosse stato il Mostro, il suo suicidio avrebbe già chiuso la questione,
quindi all’orizzonte ancora nessuna notizia di reato.<br />
Ma qui entra un elemento del tutto nuovo: l’ipotesi di Giuttari che i delitti del
Mostro di Firenze fossero delitti su commissione, eseguiti dalla scalcagnata
banda dei compagni di merende per conto di una fantomatica setta satanica che avrebbe
ucciso Narducci per impedirgli di parlare. Nel nuovo scenario poteva quindi configurarsi
la notizia di reato dell’omicidio, costruita a tavolino sulla base di tre
elementi tutti molto deboli, dei quali due ipotetici e un terzo reale ma
spiegabile in modi assai più semplici. Quello spiegabile riguardava le
irregolarità di tumulazione, delle quali si è già detto. Il primo degli ipotetici
poggiava sulle chiacchiere della gente. Ma chiacchiere simili avevano colpito
molte altre persone innocenti, e non si vede perché a quelle su Narducci si
sarebbe dovuto attribuire maggior spessore. Il secondo è l’ipotesi dei delitti
su commissione, basata su una valutazione malevola e sbagliata dei soldi di
Pacciani – mi è bastato far due conteggi e incrociare qualche data per
dimostrarlo (<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2018/10/il-dottore-di-lotti-e-il-patrimonio-di_15.html" target="_blank">vedi</a>)
– e sul labilissimo e sospettosissimo accenno di Lotti al dottore
(<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2018/10/il-dottore-di-lotti-e-il-patrimonio-di_25.html" target="_blank">vedi</a>),
peraltro respinto dalla sentenza di secondo grado.
Del resto, pur ostacolato dai tentativi dei superiori di porgli un freno
(<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2019/03/qualcuno-fermi-giuttari.html" target="_blank">vedi</a>),
sui mandanti Giuttari aveva già indagato a lungo, non rimediando null'altro se non la brutta
figura alla villa dei C. a San Casciano.<br />
Dove si è arrivati partendo da questa notizia di reato costruita in un modo quanto meno artificioso, alla
quale non credo si potesse applicare il principio dell’obbligatorietà
dell’azione penale? A nessun risultato processualmente valido. I presunti uccisori
di Narducci, come anche i mandanti dei delitti del Mostro di Firenze, sono rimasti dei fantasmi
alla cui esistenza oggi come ieri è davvero difficile credere, sia per una questione di semplice buonsenso,
sia perché non hanno lasciato neppure una traccia. In compenso si
sono spesi milioni di euro che di sicuro il contribuente avrebbe avuto maggior
interesse a vedere impiegati in inchieste più ordinarie. Esclusa forse qualche
decina di appassionati, felici di potersi baloccare all’infinito con i misteri
delle sette e dei doppi cadaveri.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-R6hDKYCb_74/YCzqJpWlGyI/AAAAAAAACok/9-fT6Si99L0ZHW-WEmS_8k5Vv8Uawm-3gCLcBGAsYHQ/s2048/narducci-bara.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1391" data-original-width="2048" src="https://1.bp.blogspot.com/-R6hDKYCb_74/YCzqJpWlGyI/AAAAAAAACok/9-fT6Si99L0ZHW-WEmS_8k5Vv8Uawm-3gCLcBGAsYHQ/s320/narducci-bara.jpg" width="320" /></a></div>
</span></div>Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-85958960976041537432021-02-08T10:20:00.003-08:002021-02-10T05:07:25.003-08:00Giuliano Mignini protesta<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
Sono stato avvertito della pubblicazione di un intervento
(<a href="https://www.mostrodifirenze.com/2021/02/08/risposta-del-dr-mignini-al-blogger-segnini/?fbclid=IwAR0bRSi3r1Y1PVHfQR7-Z5YRQFhZBGMZHeIKOOgxZK5Jl4btNi-j7DwmUkY" target="_blank">vedi</a>)
del “solito sig. Mignini” – al quale ricordo che dottore sono anch’io – in risposta al mio
ultimo articolo (<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2021/02/e-fu-cosi-che-parti-linchiesta-narducci.html" target="_blank">vedi</a>).
Devo dire innanzitutto che non comprendo il perché l’ex PM non si sia avvalso della
possibilità di un dialogo diretto. In ogni caso pubblico qui il suo scritto,
con una breve replica, ripromettendomi, con la dovuta calma, di preparare un
approfondimento successivo.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Gentili lettori, più volte sono intervenuto in forum e blog, di fronte ad affermazioni
di persone la cui incompetenza in ambito giudiziario e investigativo balza
all’evidenza sulla base delle loro stesse affermazioni. Quello che colpisce è
la presunzione di parlare senza la necessaria preparazione e cognizione dei
fatti. E quello che colpisce specie nell’ultimo intervento di cui sono stato
informato, del solito Sig. Segnini è la confusione, la prolissità e la
conseguente mancanza di chiarezza dell’esposizione. Scrivere tanto non serve a
nulla. Bisogna andare al cuore dei problemi e cercare di fare la sintesi di
vicende complesse.<br />
Come si fa a tentare di difendere quello che fecero le Autorità il 13 ottobre 1985 sul
pontile di Sant’Arcangelo del Trasimeno? Come si fa? Quello che è stato fatto,
o meglio non è stato fatto, non si può in alcun modo difendere. C’è stata una
messinscena incredibile destinata a perpetuarsi nel tempo.<br />
Niente autopsia, niente foto, niente regolare visita esterna, niente medico legale,
nulla osta al seppellimento intervenuto qualche giorno dopo i funerali, da
parte del solito magistrato di allora… e a monte non c’erano bazzecole ma la
vicenda del Mostro di Firenze. E ora Segnini si avventura sulle telefonate il
cui processo si è concluso con una condanna patteggiata e addirittura si mette
a disquisire, ho intravisto inorridito, sul dialetto “umbro” che non esiste
perché, a semplificare, ce ne sono almeno cinque, diversissimi tra loro. Ma
questo è solo un esempio della superficialità che traspare da certi interventi.
Anche il più volte citato e osannato gup ternano sabino ha scritto tantissimo.
Dimostrando un singolare interesse, in negativo, alla vicenda. Ha scritto tanto
e ha impiegato qualche anno tra tutto. La conclusione è che si è prescritto
tutto. E ora che rimane di quella “monumentale” sentenza annullata dalla IV
sezione della cassazione?<br />
Nessuno ricorda l’unico provvedimento che nessuno è riuscito a smontare, l’ordinanza De
Robertis nel procedimento sull’omicidio, n. 1845/08/21.<br />
Se qualcuno organizzerà un incontro in cui questi sostenitori della messinscena di
Sant’Arcangelo possano mettere a confronto i loro argomenti con i miei, io lo
invito a farlo.<br />
Grazie.<br />
Perugia 8 febbraio 21
</span></i><br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-5Jc2EZCOcJg/YCF8dWn8FnI/AAAAAAAACoM/jC13scWS5vEvhcCZxFcN9z98DGZSfMQTwCLcBGAsYHQ/s217/Mignini.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="217" data-original-width="156" src="https://1.bp.blogspot.com/-5Jc2EZCOcJg/YCF8dWn8FnI/AAAAAAAACoM/jC13scWS5vEvhcCZxFcN9z98DGZSfMQTwCLcBGAsYHQ/s16000/Mignini.JPG" /></a></div><br />
Egregio dottor Mignini, vedo che ha evitato di entrare nel merito del mio articolo, nel
quale vengono espresse molte perplessità sulla partenza dell’inchiesta
Narducci, alcune delle quali assai inquietanti, e che è legittimo chiedersi
quanto possano essersi riflesse su quello che è accaduto dopo. Se lei ha letto
in fretta, magari con impeto, le consiglio di farlo adesso con più calma,
poiché sono molte le domande alle quali le chiederò risposta, qui e in un
eventuale dibattito pubblico al quale, con le dovute garanzie, non ho certo
intenzione di sottrarmi. Le preannuncio, per esempio, che dovrà spiegarmi come
faceva a sapere che, riguardo le irregolarità sulla tumulazione di Narducci,
“<i><span style="color: blue;">a monte non c’erano bazzecole ma la vicenda del Mostro di Firenze</span></i>”.
Aveva non dico le prove, ma almeno qualche indizio migliore delle chiacchiere dei perugini e
delle ipotesi tutte da verificare di Giuttari e Canessa sui mandanti? Questo, tra l'altro, il
mio articolo ha inteso evidenziare, senza affatto disconoscere quelle
irregolarità, ma attribuendole più banalmente a un desiderio comprensibile,
seppur illecito, di una famiglia affranta. Del resto processualmente la sua inchiesta non è arrivata a nulla,
se non ad alimentare le chiacchiere e trasferirle su internet.<br />
Come ho scritto, le risponderò in modo approfondito più avanti, intanto però mi
consenta di ribattere su due punti che mi sta a cuore affrontare subito. Il
primo. Non ho scritto “dialetto umbro”, ma “parlata umbra”, il che tra l’altro
mi conferma la sua eccessiva fretta nel leggere. Come specifica ad esempio il
vocabolario online Treccani (<a href="https://www.treccani.it/vocabolario/parlata/">vedi</a>),
il termine parlata “<i><span style="color: blue;">ha significato più generico e meno preciso che dialetto</span></i>”.
Non so se “parlata umbra” sia una locuzione frequente, di sicuro frequente è la locuzione
“parlata toscana”, nonostante nella mia regione un fiorentino e un grossetano
parlino in modo sensibilmente differente. In ogni caso non mi pare proprio che
la sua osservazione sia in grado di confutare quello che ho affermato nell’articolo:
la parlata di un umbro e la parlata di un toscano non si possono confondere, di qualsiasi zona essi siano.
Quindi nessuna telefonata di quel toscano che minacciava l’estetista di Foligno
poteva essere tra le 20 che sono state periziate.<br />
Veniamo al secondo punto, “<i><span style="color: blue;">la presunzione di parlare senza la necessaria preparazione</span></i>”.
Seppur non illudendomi di valere neanche un millesimo del personaggio di cui si
dice, ma rivendicando comunque il diritto di tentare e la speranza di riuscire
a veder più chiaro in una vicenda nella quale la magistratura italiana ha
fallito, lascio parlare Arthur Schopenhauer, con le parole inserite da
C.W.Ceram nel libro <i>Civiltà sepolte</i>
riferendole al grandissimo archeologo dilettante Heinrich Schliemann, lo
scopritore di Troia e Micene:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Dilettanti! Dilettanti! Così vengono chiamati con disprezzo coloro che si occupano di una
scienza o di un’arte per amore di essa e per la gioia che ne ricevono, per il
loro diletto, da quanti si sono dedicati agli stessi studi per il proprio
guadagno, poiché costoro si dilettano solo del denaro che con tali studi si
procurano. Un tale disprezzo deriva dalla meschina convinzione che nessuno
possa prendere qualcosa sul serio senza lo sprone della necessità, del bisogno
e dell’avidità. Il pubblico ha lo stesso atteggiamento e la stessa opinione: e
di qui nasce il suo rispetto per gli “specialisti” e la sua sfiducia verso i
dilettanti. La verità è, al contrario, che per il dilettante la ricerca diventa
uno scopo, mentre per il professionista rappresenta solo un mezzo, ma solo chi
si occupa di qualcosa con amore e con dedizione può condurla al termine in
piena serietà. Da tali individui, e non da servi mercenari, sono sempre nate le
grandi cose.
</span></i>
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-39985286152123926822021-02-06T23:58:00.028-08:002023-07-07T08:06:17.676-07:00E fu così che partì l'inchiesta Narducci; ma ne valeva la pena?<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
L’Italia
è piena di cosiddette “Cattedrali nel deserto”. Si tratta di opere pubbliche
che sono costate fior di quattrini, ma che non hanno mai funzionato. Rovine di
fabbriche, ospedali, centri sportivi, dighe rimangono a testimoniare degli
enormi sprechi di danaro che hanno contribuito a rendere quasi insostenibile il
nostro debito pubblico. Da questo punto di vista anche tante ambiziose inchieste
della magistratura possono essere considerate “Cattedrali nel deserto”. Nate su
presupposti che non sempre avevano adeguata giustificazione nella ricerca di
giustizia, si sono via via avvinghiate su loro stesse producendo soltanto
danni.<br />
Con
l’istituzione del giudice per l’udienza preliminare (GUP), il nuovo codice ha cercato
per quanto possibile di evitare che inchieste nate male finiscano per intasare
i tribunali, ma prima dell’intervento del GUP passano anni durante i quali i
pubblici ministeri (PM) possono far di tutto. Il nuovo codice ha assegnato loro
poteri molto ampi, purtroppo calmierati in modo spesso insufficiente dal
giudice per le indagini preliminari (GIP), il quale dovrebbe controllarne l’operato.
Non è questa la sede per affrontare un problema annoso come quello della
separazione delle carriere, ma il lettore provi a immaginarsi un GIP e un PM
che lavorano negli stessi uffici e magari pranzano assieme, poi si metta nei
panni dell’indagato che dal GIP pretenderebbe imparzialità. Imparzialità che a
dire il vero la legge impone anche al PM, il quale invece s’innamora quasi
sempre della propria inchiesta, ancor di più se mediaticamente esposta, facendola
diventare una questione personale e dimenticando nel contempo che le indagini preliminari
dovrebbero essere svolte anche nell’interesse dell’indagato. Lo dice l’articolo
358 del codice penale: “<i><span style="color: blue;">Il pubblico ministero compie ogni attività necessaria ai
fini indicati nell'articolo 326 e svolge altresì accertamenti su fatti e
circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini</span></i>”. Questo
non avviene praticamente mai, anzi, i PM spesso e volentieri tendono a
nascondere gli elementi a discarico per evidenziare maggiormente quelli a
carico. Il peggio avviene quando elementi a carico non se ne trovano, essendo le
indagini partite su presupposti sbagliati. E allora si finisce per crearli,
interpretando in modo malevolo elementi che di per loro non avrebbero alcun
significato probatorio.<br />
Nell’inchiesta
che cercava di trovare i fantomatici mandanti dei delitti attribuiti al Mostro
di Firenze, e in quella collaterale sul presunto omicidio di Francesco Narducci
– che di quei mandanti sarebbe stato parte – è facile intravedere tutte le negatività sopra
elencate. Dopo dieci e più anni di inutili interrogatori, intercettazioni,
perizie e processi – e quindi montagne di danaro pubblico buttato al vento –
nulla è rimasto, se non tanta confusione sulla quale si baloccano gli
appassionati in interminabili discussioni su Internet, dove ancora si evocano
assurdi scenari di sette sataniche delle quali non è mai stata trovata traccia.<br />
In
questa sede prenderemo in esame la partenza dell’inchiesta Narducci, fino
all’istituzione del noto procedimento giudiziario 17869/01/44 che ne
costituisce l’origine formale. Cercheremo di capire il modo in cui, inseguendo
un’ipotesi priva di validi riscontri – a giudizio di chi scrive, ma anche di
personalità ben più prestigiose – fosse stato aperto un rubinetto dal quale
sarebbe uscito soltanto un oceano di melma, senza alcun beneficio per la
risoluzione dei misteri inerenti i duplici omicidi di Firenze, anzi,
aggravandone la confusione.<br />
Ma prima di cominciare riprendiamo l’argomento dell’articolo <a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/12/firenze-perugia-andata-e-ritorno-1.html">Firenze –
Perugia andata e ritorno</a>, con il quale si era illustrato il sorprendente
scenario delle telefonate minatorie all’estetista di Foligno fatte apposta per
stimolare la partenza delle indagini su Narducci.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-7Mj7_WriY0o/YB94vuMiePI/AAAAAAAACn8/qA9s50p14CYPSyfXfR754FXZgZS5Emi5ACLcBGAsYHQ/s480/Francesco_Narducci.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="382" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-7Mj7_WriY0o/YB94vuMiePI/AAAAAAAACn8/qA9s50p14CYPSyfXfR754FXZgZS5Emi5ACLcBGAsYHQ/s320/Francesco_Narducci.jpg" /></a></div><br />
<b>Un documento inquietante.</b>
Dopo la pubblicazione dell’articolo sulle minacce telefoniche – che è
necessario leggere prima di procedere con questo – sono pervenuti nella
disponibilità di chi scrive altri documenti che consentono ulteriori riflessioni.
Partiamo da una comunicazione di Giuliano Mignini a Paolo Canessa, datata 12
maggio 2004. Eccone il testo, con i cognomi e i dati anagrafici omessi:<br /><br />
<i><span style="color: blue">
Si trasmettono le copie delle trascrizioni delle telefonate ricevute da Falso
Dorotea, di interesse per le indagini collegate, unitamente a copia della nota
della Squadra Mobile della Questura di Perugia in data 24.01.2003.<br />
Per il procedimento relativo alle minacce telefoniche, contraddistinto con il n.
9144/2001 R.G.N.R. (da cui è stato stralciato quello n. 17869/01 R.G. Mod. 44),
è stato emesso avviso ex art. 415 bis c.p.p., nei confronti delle sottoindicate
persone:
</span></i><br /><br />
<ul style="margin-top: 0cm;" type="disc">
<li><i><span style="color: blue">B. Francesco </span></i>[omissis: nato e residente a Foligno]</li>
<li><i><span style="color: blue">F. Roberta </span></i>[omissis: nata a Foligno, residente a Trevi]</li>
<li><i><span style="color: blue">C. Nadia </span></i>[omissis: nata a Foligno, convivente di B. Francesco]</li>
<li><i><span style="color: blue">N. Tania </span></i>[omissis: nata a Terni, residente a Foligno]</li>
<li><i><span style="color: blue">Dr. X.X. </span></i>[omissis: nato a Foligno, domiciliato presso il commissariato di Foligno]</li>
</ul><br />
<i><span style="color: blue">
Continuano in ogni caso, nel procedimento n. 17869, le indagini per accertare eventuali
rapporti esistenti tra la vicenda delle minacce telefoniche e il Prof.
Francesco Narducci.
</span></i><br /><br />
In sostanza Mignini avverte Canessa della fine delle indagini preliminari per
cinque soggetti – questo è il significato della locuzione “<i><span style="color: blue;">ex art. 415 bis c.p.p.</span></i>” –
nell’ambito del procedimento sulle minacce telefoniche a Dorotea Falso, il
9144/01/21. Nell’occasione invia anche una nota della questura di Perugia,
risalente al 24 gennaio 2003, alla quale erano allegate le relative
trascrizioni (fino alla cassetta 13; sappiamo però che erano state consegnate
altre cinque cassette, l’ultima attorno al 18 luglio 2003).
È opportuno riflettere con grande attenzione sull’elenco degli indagati.<br />
Innanzitutto va rilevata la presenza dei due cognati di Dorotea Falso, Francesco B. e la
moglie Nadia C.. C’è poi tale Roberta F., la stessa persona nominata nell’articolo
uscito sulle pagine umbre della “Nazione” del 30 marzo 2006
(<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/12/firenze-perugia-andata-e-ritorno-2.html" target="_blank">vedi</a>).
A dire il vero in tale articolo c’era confusione tra Roberto e Roberta, ma doveva
intendersi Roberta, visto che le età coincidono. In ogni caso in detto articolo
si dice che questi tre soggetti vennero rinviati a giudizio.<br />
Ci dovette invece essere proscioglimento per Tania C., il cui nome nell’articolo
citato non c’è, ed è mancante anche dal resto della documentazione attualmente
nella disponibilità di chi scrive. Stessa cosa per il dr. X.X., sul quale
bisogna soffermarsi. Riprendiamo un frammento del libro <i>Setta di stato</i>, di Francesco Pini e Duccio Tronci:<br /><br />
<i><span style="color: blue">
Dall'analisi dei tabulati della Telecom, il 30% circa di queste telefonate non risultano.
Ufficialmente mai effettuate. In un caso la chiamata arriva non da una cabina,
ma da un cellulare. Il numero dell'utenza non è però registrato: come se fosse
inesistente. Una telefonata di minacce proviene addirittura dal commissariato
di Foligno, un’altra da un’utenza riconducibile ad un poliziotto.
</span></i><br /><br />
Con grande probabilità il dr. X.X. è proprio il poliziotto cui si riferisce il
libro. Chi scrive ha deciso di non fornire alcun dato che possa consentire di
identificarlo, è comunque il caso di osservare che oggi ha una posizione di
grande rilievo. Qual è stato il suo ruolo in questa torbida vicenda? Il lettore
può dare libero sfogo alla propria immaginazione. In base agli elementi emersi,
chi scrive ha il forte sospetto che qualcuno, nell’ambito delle forze
dell’ordine, avesse avuto grande interesse a far partire l’inchiesta sulla
morte di Narducci e sui suoi eventuali collegamenti con i delitti del Mostro.
Per far questo approfittò di una preesistente vicenda di ridicole minacce
telefoniche a un’anonima estetista, facendo in modo che vi entrassero Pacciani
e le sette sataniche, entrambi argomenti caldi sul fronte fiorentino. Non per niente
quell’estetista abitava a Foligno, e le sue denunce erano state presentate
al commissariato di Foligno.<br />
Lo si è già osservato nel precedente articolo, ma vale la pena ribadirlo: non
pare un caso se le registrazioni delle telefonate da parte della Falso fossero iniziate
proprio quando in esse era comparsa la figura di Pacciani. La coincidenza rende
improbabile che l’iniziativa fosse stata della donna, qualcuno interno alle
forze dell’ordine doveva averglielo suggerito. Forse quello stesso personaggio
che quando l’inchiesta cambiò passo con la riesumazione del cadavere di
Narducci vi introdusse anche la figura dello stesso. La qual cosa avvenne due
giorni prima del momento topico corrispondente al deposito della perizia di
Pierucci sugli atti – 20 maggio 2002 – quindi si deve presumere che le sue
informazioni fossero state di prima mano.<br />
Il documento ci dice ancora qualcosa: non vi si menziona Pietro Bini, che sarà poi
l’unico soggetto condannato. Dal momento dell’apertura del procedimento 9144 (
attorno al 1° ottobre 2001) erano trascorsi due anni e mezzo; due sarebbero
dovuti ancora trascorrere prima dell’inizio del processo (29 marzo 2006), nel
quale era presente Bini, la cui richiesta di patteggiamento, lo abbiamo visto,
sarebbe stata rifiutata. Quando entrò nell’inchiesta tale personaggio, se ai
primi di maggio 2004 le indagini erano terminate? Che fossero terminate lo dice
il documento precedente, e la controprova la troviamo nella sentenza Micheli,
dove è lo stesso PM ad affermarlo nella sua requisitoria:<br /><br />
<i><span style="color: blue">
Nel frattempo, nel procedimento n. 9144/01/21 erano cessate le indagini ed era
stato notificato l’avviso ex art. 415 bis c.p.p. da cui emergeva che le
telefonate ricevute dalla FALSO provenivano da sedicenti appartenenti ad una
sorta di setta satanica e riguardavano proprio il Narducci (e il Pacciani). Il
quotidiano “La Nazione” pubblicava tali notizie e il Brizioli, con due
telegrammi del 5 e dell’11.05.04, intimava alla giornalista Erika Pontini,
autrice dell’articolo, di non pubblicare più notizie del genere sotto pena di
azioni legali. Il giornalista Pino Rinaldi, nell’esame in data 5.05.05, ha
ammesso di aver letto l’articolo della Pontini.
</span></i><br /><br />
Ma allora Pietro Bini?<br /><br />
<b>Edit: </b>Dopo una rilettura della documentazione ritengo di poter affermare con
una certa sicurezza che Tania C. altro non fosse che la baby sitter di Dorotea Falso,
da lei nominata nelle dichiarazioni alla questura di Perugia del 29 settembre 2001.
Tra l'altro moglie di un poliziotto.
<br /><br />
<b>La perizia fonica.</b>
Il lettore non se la prenda se si sente confuso, poiché risulta davvero
difficile districarsi in questo incredibile guazzabuglio. Abbiamo visto nel precedente articolo
(<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/12/firenze-perugia-andata-e-ritorno-3.html" target="_blank">qui</a>)
che nel gennaio 2003 Bini era già stato segnalato al PM come elemento sospetto, ma non
si sa se fosse anche stato iscritto nel registro degli indagati. Un tassello
ulteriore ci viene offerto dalla perizia fonica ordinata il 18 agosto 2005 dal
PM su 20 delle telefonate tratte dalle cassette della Falso. Tra l’altro ci si sarebbe
aspettato che tale perizia fosse stata richiesta nell’ambito del procedimento
17869, quello sulla morte di Narducci, visto che sul 9144 le indagini erano
terminate da più di un anno. E invece no, poiché nell’intestazione si legge che
il procedimento è proprio il 9144. Si tratta dell’ennesima stranezza di questa
inchiesta, forse un ripensamento del PM, forse una richiesta degli indagati. La
legge consente infatti ulteriori investigazioni anche dopo la fine delle
indagini preliminari, ma qui l’enorme ritardo – più di 15 mesi – non può non lasciare
perplessi. È lecito chiedersi il perché tale perizia non fosse stata ordinata prima.
In ogni caso eccone gli obiettivi:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Previo esame delle trascrizioni e della fonia delle telefonate per cui è processo, accerti
il C.T.U. tutte le caratteristiche delle voci degli anonimi interlocutori di
Falso Dorotea (in relazione all'avviso ex art. 415 c.p.p.), caratteristiche
atte ad identificarli, vale a dire:<br /><br />
<ul style="margin-top: 0cm;" type="disc">
<li>Sesso ed età degli interlocutori; timbro delle voci; caratteristiche
'linguistiche' delle voci; individuazione dell'aerea geografica di provenienza
alla luce dell'inflessione dialettale, specie in relazione alle note distintive
fonetiche, all'andamento della tonalità e a particolarità lessicali e/o
morfologiche;</li>
<li>Comparazione dei risultati raggiunti con le caratteristiche linguistiche
generali delle aree di Foligno (PG) e Cannara (PG), specie in relazione agli
aspetti di cui all'ultima parte del punto 1;</li>
<li>Ulteriori particolarità espressive, atte a riferire le voci a particolari
ambienti socio-culturali;</li>
<li>Eventuali anomalie di pronunzia e loro origine.</li>
</ul>
</span></i><br />
Il fatto che si suggerisse una possibile provenienza dei telefonisti da Cannara ci
conferma i sospetti su Bini, il quale a Cannara era nato e a Cannara risiedeva.
Questi i risultati:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
<ul style="margin-top: 0cm;" type="disc">
<li>Il supporto ottico esaminato contiene la registrazione di 20 conversazioni
telefoniche, numerate dai periti progressivamente da 1 a 20 secondo l'ordine di
presentazione;</li>
<li>Le prove di ascolto e l'analisi linguistica individuano come autori delle
telefonate: un medesimo interlocutore maschile presente nelle conversazioni nn
2, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 19, 20 e un medesimo locutore
femminile nelle restanti conversazioni nn 1, 3, 4, 5, 6 e 17;</li>
<li>Il tema trattato, i termini impiegati e altre peculiarità insolite (come p.e. il
modo di sghignazzare) sono in comune a entrambi i parlatori anonimi: la
circostanza implica che l'uno sia al corrente delle modalità attuate dall'altro
in fase di conduzione della conversazione (è ragionevole pensare quindi che
sussista un tentativo di emulazione);</li>
<li>Le particolarità espressive rilevate manifestano per entrambi i locutori in
verifica un lessico informale corretto, tecnico-settoriale che porterebbe a
ipotizzare l'appartenenza a una setta o congregazione (per il tema trattato -
esoterico) e una estrazione culturale medio-alta;</li>
<li>Il parlatore anonimo pone in essere una artefazione della propria naturale
fonazione mediante laringalizzazione con conseguente voce arrochita e forzata.
La voce della parlatrice anonima è verosimilmente priva di artefazione e
pertanto utile a eventuali futuri confronti basati anche su analisi di tipo
strumentale;</li>
<li>Dall'analisi linguistica (fonetico-articolatoria) si individua verosimilmente
come zona di origine:<br />
per la voce maschile compatibile con quella di Cannara;<br />
per la voce femminile compatibile con quella piemontese.</li>
</ul>
</span></i><br />
Dunque la voce maschile era proprio quella di Pietro Bini, di Cannara, ma la voce
femminile? L’inflessione piemontese ci dice che non apparteneva a nessuna delle
tre donne presenti nel documento di chiusura delle indagini preliminari, tutte
nate e residenti in Umbria. Quindi tale soggetto non venne individuato, almeno
non fino all’udienza del 29 marzo 2006, nella quale il PM e l’avvocato di Bini
avevano concordato una pena per il patteggiamento. Tra l’altro appare strano il
fatto che si volesse concedere il patteggiamento a chi non aveva reso una
confessione completa, tacendo l’identità della sua complice.<br />
Tra i telefonisti non individuati, oltre a una donna di origini piemontesi ci
doveva essere anche un uomo di origini toscane. La sua presenza risulta dalle
trascrizioni delle prime cassette, dove si parla di
“<i><span style="color: blue;">accento toscano</span></i>” e di
“<i><span style="color: blue;">-H- aspirata tipica toscana</span></i>”.
Quindi di sicuro non Bini, visto che è impossibile confondere parlata umbra e parlata toscana.
Evidentemente le telefonate di questo soggetto non erano tra le 20 selezionate
per la perizia fonica, che a questo punto si deve ritenere che avesse avuto più
lo scopo di mettere la parola fine alla grottesca vicenda che quello
d’individuare i telefonisti.<br />
Sulla questione delle minacce telefoniche per adesso fermiamoci qui, restando in
attesa di nuova documentazione – il massimo sarebbe la sentenza con la
condanna di Bini – che possa portare chiarezza.<br /><br />
<u id="SGN1"></u><b>La notizia di reato.</b>
L’apertura di ogni procedimento giudiziario viene effettuata sulla base di almeno
una “notizia di reato”– detta anche <i>notitia
criminis</i> – attraverso la quale il magistrato ha preso atto di un reato da perseguire.
Le fonti dalle quali tale notizia gli arriva possono essere molteplici, ma
nella grande maggioranza dei casi si riducono a due tipologie: la denuncia, da
parte delle forze dell’ordine o anche di comuni cittadini e il referto, segnalato
dal sistema sanitario dopo l’esame di un soggetto offeso. A quel punto il
magistrato deve iscrivere tale notizia in un apposito registro di cinque,
ricevendo un numero progressivo annuale che, assieme all’anno e al tipo di
registro, contraddistinguerà il relativo procedimento (per esempio
12345/20/21).<br />
Dei cinque registri qui ne interessano tre. Nel registro detto “modello 21” vengono
inserite le notizie di reato per le quali sono già state individuate una o più
persone da indagare (registro delle notizie di reato a carico di persone note).
Nel registro detto “modello 44” vengono inserite le notizie di reato per le
quali tali persone non sono state ancora individuate (registro delle notizie di
reato a carico di persone ignote).<br />
Prima di parlare del terzo registro, è il caso di affrontare un tema spinoso, una
delle fonti di possibili malfunzionamenti della giustizia italiana. Quando il
reato è evidente di per sé la sua iscrizione in uno dei due registri citati è
una logica conseguenza, anzi, la legge ne prevede l’obbligo. Saranno poi le
indagini preliminari e il successivo processo a perseguire i responsabili,
quando noti. In molti casi invece il reato non è evidente: potrebbe esserci
stato ma anche no. L’esempio più eclatante è quello dell’abuso sessuale, i cui
confini in certi casi sono davvero indefiniti. E quando il procedimento
giudiziario viene aperto per un reato inesistente, il rischio è che tale reato,
intercettazione dopo intercettazione, interrogatorio dopo interrogatorio, perizia
dopo perizia, finisca per configurarsi davvero, con tutte le conseguenze
negative che si possono immaginare. Soltanto l’esperienza e la sensibilità del
magistrato possono risparmiare a persone innocenti l’ingresso in questi tunnel,
evitando nel contempo che le risorse tutt’altro che illimitate di forze
dell’ordine e magistratura vengano distolte dal perseguimento di reati reali.<br />
Quando la sussistenza del reato non è certa, il magistrato può aprire un procedimento
provvisorio avvalendosi del registro degli atti che non costituiscono notizia di
reato (modello 45), senza avvertire il giudice per le indagini preliminari.
Dopodiché procede con le proprie valutazioni, cercando di acquisire
informazioni maggiori anche attraverso una limitata attività investigativa, che
la legge non consentirebbe ma che appare evidente rendersi necessaria (per
esempio sentire la persona offesa e il presunto responsabile). Alla fine di
tale breve percorso, il magistrato deve quindi decidere se aprire un
provvedimento a modello 21 o 44, oppure soprassedere semplicemente chiudendo il
procedimento provvisorio.<br />
Questo breve riassunto di una materia non troppo semplice servirà al lettore per
seguire meglio gli eventi che dettero origine all’apertura delle indagini sulla
morte di Francesco Narducci. Inevitabilmente sarà necessario sopportare qualche
ripetizione di notizie già fornite dal precedente articolo.<br /><br />
<b>Dal 9144/01/21 al 5202/01/45.</b>
Dopo la consegna alla questura di Perugia, il 29 settembre 2001, delle prime
due cassette di minacce – dove compariva Pacciani – con una nota di due giorni
dopo il capo della mobile Angeloni comunicò la notizia a Mignini, suggerendo
come sospettato Francesco B., cognato della Falso. Il procedimento riferito è 1’11674/00/21,
citato in varie occasioni dal magistrato come relativo a una vicenda di usura,
nella quale evidentemente Francesco B. doveva risultare coinvolto. Ma scritto a
penna compare anche il numero di un procedimento nuovo, il 9144/01/21, quello
per le minacce telefoniche, che probabilmente fu aperto quel giorno stesso a
carico del soggetto in questione e forse già della moglie, Nadia C.<br />
Il 9 ottobre Angeloni inviò a Mignini il documento dal quale si può dire che
sarebbe partita l’intera inchiesta Narducci (<a href="https://drive.google.com/file/d/1GJjSu6Js1rqqVWMqjiHFBhQEPPZf5R0f/view?usp=drive_link" target="_blank">vedi</a>).
Dopo aver fornito inequivoca dimostrazione che nelle telefonate a Dorotea Falso non c’era stato alcun
riferimento al medico umbro, appare ancor più sorprendente la richiesta di
poter acquisire il “<i><span style="color: blue;">fascicolo processuale inerente la persona del dr. Narducci
Francesco, perito a seguito di probabile suicidio</span></i>”, con la seguente
motivazione: “<i><span style="color: blue;">Come
è ormai noto, voci insistenti avevano indicato il Dr. Narducci quale materiale
esecutore dei ‘tagli’ di parti del corpo, effettuati dal mostro di Firenze, e
che per di più avrebbe conservato in modo e luoghi adatti</span></i>”. Nello
stesso documento Angeloni chiedeva “<i><span style="color: blue;">delega all’acquisizione di sommarie informazioni da parte
della professoressa Barone, impiegata quale medico legale presso l’istituto di
Medicina legale di Perugia</span></i>”. Questo perché “<i><span style="color: blue;">sembra che la Professoressa Barone sia al
corrente di diversi particolari inerenti chiaramente la morte del Narducci, ma
anche fatti specifici sulla sua vita, forse in considerazione anche del fatto
che erano comunque colleghi</span></i>”. Il tutto “<i><span style="color: blue;">al fine di stabilire se le persone autrici del
reato </span></i>[le minacce telefoniche]<i><span style="color: blue;">, allo stato degli atti ancora non identificate, facciano
parte o meno della setta satanica a cui fanno riferimento nelle conversazioni
telefoniche, nonché siano interessate o coinvolte nella morte di Pacciani e/o
comunque legate all’attività della persona che fu definita ‘il mostro di
Firenze’</span></i>”.<br />
Sfugge davvero il nesso tra l’identificazione delle persone autrici delle minacce
telefoniche e le chiacchiere su Narducci che da una quindicina d’anni
circolavano nella zona, e sulle quali già la procura di Firenze aveva messo una
pietra sopra giudicandole inconsistenti. Semmai in una prima fase delle indagini
ci si sarebbe dovuti preoccupare dell’identificazione in sé, per capire cosa ci
fosse dietro. Ma di fatto, come appare evidente, l’interesse per quelle minacce
non era altro che un pretesto per iniziare a indagare sulla morte di Narducci.<br />
In ogni caso le richieste di Angeloni ricevettero positiva accoglienza da parte di
Mignini, il quale gli concesse le deleghe e nel contempo aprì un procedimento
per atti che non costituiscono notizia di reato: il 5202/01/45. Chi scrive non
ha la data precisa di tale apertura, ma un documento che tra breve vedremo fa
presumere fosse avvenuta quello stesso 9 ottobre, assieme al recupero della
scarna documentazione dell’epoca. In ogni caso poco cambia: per una
ricostruzione storica è importante osservare che in quei giorni il magistrato
stava riflettendo sugli eventi che avevano accompagnato la morte di Francesco
Narducci, alla ricerca di una possibile notizia di reato, e per questo si era
avvalso del registro a modello 45.<br /><br />
<b>Francesca Barone.</b>
Lunedì 22 ottobre 2001 iniziò la settimana decisiva per la futura inchiesta su
Narducci: Mignini doveva decidere se farla partire oppure no, cominciando col
mettere in forse la causa ufficiale di morte, “asfissia da annegamento da
probabile episodio sincopale” (in sostanza Narducci, provetto nuotatore,
sarebbe affogato in seguito a un malore che lo aveva fatto cadere in acqua dal suo motoscafo). Abbiamo
visto che sui procedimenti a modello 45 non sono consentite indagini, anche se spesso
queste vengono svolte comunque, seppur in modo molto limitato. In ogni caso il
magistrato scelse una strada alternativa e, per ascoltare i primi testimoni, si
avvalse del procedimento 9144, che in verità con Narducci nulla aveva a che
fare.<br />
Alle 16:20 di quel lunedì 22 ottobre Francesca Barone, professoressa dell’Istituto
di Medicina Legale di Perugia, era di fronte a Mignini. Come già emergeva dai
documenti, la donna confermò di non essere stata interpellata in occasione del
rinvenimento del cadavere, come invece riteneva fosse necessario. Dal verbale:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Ricordo che quella settimana ero di turno all'istituto di medicina legale per la sala
settoria e che non fui interpellata in occasione del rinvenimento del cadavere
di Francesco Narducci, che peraltro conoscevo di persona, essendo mio collega.
Seppi subito che fu trovato il suo cadavere nel lago e mi allertai pensando di
dovere intervenire per il sopralluogo ma non venni chiamata dalla Procura come
è consuetudine. Ricordo in particolare che vi erano stati annegamenti di
pescatori nel lago di Corbara ed io fui chiamata per il sopralluogo e
l'autopsia. In questi casi venivamo sempre chiamati dalla Procura ma in
quell'occasione, come ho detto, nessuno mi interpellò. Seppi che una
dottoressa, le cui funzioni potrebbero oggi essere assimilate a quelle della
guardia medica, era intervenuta, redigendo un certificato di morte per
annegamento; a quanto mi risulta non fu eseguita la perizia autoptica e il
cadavere non fu portato all'obitorio ma affidato direttamente ai familiari.
</span></i><br /><br />
Francesca Barone disse anche altro. In effetti, se Angeloni voleva stimolare i sospetti di
Mignini verso scenari inquietanti aveva suggerito la persona giusta. Vediamo le
dichiarazioni inerenti il giorno in cui era stato ritrovato il cadavere:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Per pura causalità incontrai dei pescatori, uno dei quali, di cui non ricordo il
nome, aveva partecipato al recupero del cadavere; quest'uomo […] mi disse che
il cadavere di Francesco Narducci presentava delle macchie rosse, come se
avesse sbattuto contro qualcosa o che comunque avesse subito colpi violenti. Le
macchie erano presenti soprattutto sul volto; il pescatore aggiunse che il
cadavere aveva le mani ed i piedi legati dietro la schiena. Il pescatore mi
disse che dovevano avergli dato tantissime botte per come era ridotto il volto.
</span></i><br /><br />
Ecco invece qualche notizia sulla figura di Narducci:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
<b>Domanda: </b>ricorda quali erano le abitudini del Dr. Narducci Francesco?<br />
<b>Risposta: </b>solo per sentito dire, ricordo che il
Narducci era una persona dal carattere difficile, molto ansioso ed estremamente
chiuso e che frequentava una ristretta cerchia di amici. Nell'ambito
dell'ospedale la sua cerchia di amici era quella della vecchia clinica medica.
Mi risulta, per sentito dire, che avesse una casa in Toscana, dove si recava
frequentemente.<br />
<b>Domanda: </b>con chi viveva il Dr. Narducci Francesco?<br />
<b>Risposta: </b>non lo so, so soltanto che era separato
dalla moglie. Non si parlava nemmeno di suoi rapporti con altre donne, cosa che
si sarebbe risaputo in clinica dove si conoscevano subito questi pettegolezzi.
Quando si parlava del Narducci, si diceva subito che era introverso e che aveva
una vita molto riservata. Ho sentito dire anche che Narducci aveva interessi
verso l'esoterismo.
</span></i><br /><br />
Molte notizie gustose, dunque, ma tutte per sentito dire – tra l’altro anche
inesatte, come il fatto che Narducci fosse separato dalla moglie – e che peraltro
la Barone aveva già avuto modo di raccontare, negli anni precedenti, a
giornalisti che proprio a lei erano andati a chiedere lumi.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
<b>Domanda: </b>quali erano le condizioni di salute del Narducci?<br />
<b>Risposta: </b>nulla so in proposito, però posso dire
che era giovane ed aveva un fisico atletico. Vorrei aggiungere che diversi anni
fa durante il meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, un giornalista toscano,
di cui non ricordo il nome mi telefonò e poi mi fece delle domande su Francesco
Narducci, ricollegandolo alla vicenda del cosiddetto “Mostro di Firenze”. Non
ricordo a quale giornale appartenesse questa persona ma sapeva tantissime cose
sulla vicenda del mostro di Firenze e sapeva anche che il Dr. Narducci aveva
una casa in Toscana. Mi indicò il luogo preciso ma non ricordo se fosse Firenze
o un'altra località. Un'altra inchiesta giornalistica fu fatta da Luigi Amicone
del settimanale “Tempi” di Milano; anche Amicone venne da me e mi chiese di
Narducci ma non era così informato come l'altro. Il giornalista di cui non
ricordo il nome mi disse che Narducci aveva una pistola.<br />
<b>Domanda: </b>ha più visto il giornalista toscano?<br />
<b>Risposta: </b>no, non l'ho più visto. Voglio
specificare che il giornalista, dopo l'incontro a Rimini venne a Perugia un
paio di volte per parlare con me sempre di Narducci.
</span></i><br /><br />
È il caso di fare qualche precisazione sul racconto del pescatore che aveva
riferito alla Barone di aver visto il cadavere di Narducci con mani e piedi
legati dietro la schiena. Tempo dopo sarebbe stato identificato per Giancarlo
Zoppitelli, non pescatore ma imbianchino, il quale dapprima cadde dalle nuvole,
poi, dopo un confronto con la Barone, il 13 marzo 2002 dichiarò:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Ora che ho visto la Prof.ssa Barone ricordo che effettivamente nel pomeriggio del
13.10.1985 riferii a quest'ultima che il cadavere aveva il volto tumefatto, il
naso rotto e le mani legate, ma questo non l'ho visto di persona. L'ho sentito
dire quel giorno da molta gente sul pontile, nel momento del ritrovamento da
persone del paese che hanno ripetuto queste affermazioni anche nel bar “Menconi”,
gestito da tale Menconi, non ricordo se il padre o il figlio. Mi dispiace di
essermi infilato in questo impiccio.
</span></i><br /><br />
A questo punto si provi a immaginare i colloqui della Barone con i due
giornalisti, e si avrà un’idea di massima di come la vicenda Narducci si sia
nutrita di chiacchiere della cui origine non si è mai saputo nulla: sul pontile
e al bar Zoppitelli avrebbe sentito dire delle condizioni sospette del cadavere
(ma forse se le era inventate lui), poi lo aveva detto alla Barone. Si può
immaginare che a sua volta la Barone lo avesse riferito ai due giornalisti, i
quali lo avranno senz’altro riportato nei loro servizi.<br />
A proposito della scelta della Barone come primo testimone in scaletta si legge
nella sentenza Micheli:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
È emblematico constatare come già la prima persona escussa per valutare se fosse il caso di
vederci più chiaro sui fatti del 13 ottobre 1985 si trovi a dare contezza della
voce corrente sul coinvolgimento del Narducci nelle questioni fiorentine, sulla
disponibilità in capo a lui di una casa nella zona di Firenze e addirittura
sugli interessi esoterici del defunto.<br />
È anche singolare prendere atto che, in un congresso di qualche anno prima, un
giornalista toscano – si capirà in seguito trattarsi del Licciardi – avesse
pensato di chiedere notizie sulla vicenda proprio alla prof.ssa Barone, e che
sempre da lei, ben prima del ritorno di interesse degli inquirenti su quella
storia, si fossero recati altri giornalisti.
</span></i><br /><br />
Per la cronaca, Pietro Licciardi è un giornalista pisano, autore a quattro mani di
due libri in argomento, entrambi pessimi: <i>Gli affari riservati del Mostro di Firenze</i>,
assieme a Gabriella Carlizzi e <i>La strana morte del dr. Narducci</i>,
assieme a Luca Cardinalini. Di ben altra caratura Luigi Amicone, il cui servizio
su Narducci non è purtroppo nella disponibilità di chi scrive.<br />
Nella documentazione dell’epoca comparivano i nomi dei funzionari che si erano
interessati al caso, in massima parte ancora in vita (il maresciallo dei
carabinieri Lorenzo Bruni, il dirigente della mobile Alberto Speroni, il
questore Francesco Trio, tanto per citarne alcuni), quindi perché non chiedere
spiegazioni a loro? Evidentemente si cominciava già a considerarli parte in
causa nelle presunte malefatte, mentre la scelta della Barone era funzionale
alla ricerca di motivi di sospetto. Sia come sia, il colloquio con lei dovette risultare
molto convincente. Quel giorno stesso, infatti – pare logico ritenere: appena
dopo averla ascoltata – Mignini inviò alla procura di Firenze un documento
nel quale dichiarava la sua intenzione di partire con le indagini: “<i><span style="color: blue;">Si fa presente che
questo Ufficio procede in ordine alle circostanze relative alla scomparsa e al
rinvenimento del Dr. Francesco Narducci</span></i>”. Il procedimento indicato in
capo al documento è il 9144, ma nel testo si legge: “<i><span style="color: blue;">Oggetto: procedimento n. 5202/01 R.G. Mod. 45</span></i>”,
quindi il provvisorio aperto con la ricezione dell’informativa di Angeloni del
9 precedente, la quale veniva allegata.<br />
Riguardo questa fin troppo solerte comunicazione – perché non attendere fino
all’apertura del procedimento definitivo? – si deve osservare come alimenti i sospetti che a Firenze non si fosse
affatto all’oscuro di quel che si stava preparando a Perugia, e che anzi, si
attendesse con ansia l’apertura di un nuovo fronte sulle moribonde indagini
alla ricerca dei mandanti. È il caso di ricordare la brutta situazione in cui
si trovavano in quei giorni Giuttari e la procura, reduci dal clamoroso
fallimento della perquisizione nella villa dei C. a San Casciano<br /><br />
<b>Avanti con le deleghe.</b>
A testimoniare la decisione oramai già presa c’è un documento del giorno
successivo, 23 ottobre 2001, nel quale Mignini chiede ad Angeloni di partire
con approfondite indagini, concedendogli amplissime deleghe.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Pregasi procedere alle indagini relative ai fatti rappresentati nell'allegata notizia
di reato, assumendo informazioni ex artt. 362 e 370 c.p.p., da tutte le persone
che possono comunque fornire notizie utili in ordine a quanto emerso nel corso
dell'attività di indagine, in ordine agli ultimi giorni di vita del Narducci e,
soprattutto, in relazione all'ultimo e, in particolare, al viaggio da Perugia
al Lago Trasimeno e all'eventuale sosta nell'isola Polvese, nonché in ordine ad
eventuali appuntamenti del defunto con sconosciuti.<br />
Pregasi, in particolare, di accertare, anche attraverso l'ausilio di persone idonee, ex
art. 348, ult.mo comma c.p.p., le seguenti circostanze:<br /><br />
<ul style="margin-top: 0cm;" type="disc">
<li>La presenza e l'individuazione di eventuali visitatori nell'isola Polvese, nel
pomeriggio dell'8.10.1985;</li>
<li>La presenza di reti (nasse) nel tratto lacustre tra l'isola Polvese e il luogo del
ritrovamento del cadavere;</li>
<li>Le condizioni metereologiche e la presenza e la direzione di eventuali correnti
nel periodo compreso tra l'8 e il 13.10.1985, nonché le caratteristiche della
fauna e della vegetazione lacustre nel tratto di Lago suindicato;</li>
<li>I movimenti subiti dai cadaveri di persone annegate nel tratto lacustre in questione;</li>
<li>Il livello di carburante necessario all'imbarcazione del Narducci per portarsi
all'isola Polvese e ritornare;</li>
<li>Dove si trovi la moto utilizzata dal Narducci;</li>
</ul><br />
Di tutte le persone assunte a s.i. dovranno essere indicati generalità complete e residenza
o domicilio e dovranno essere identificati e assunti a s.i. coloro che verranno
indicati dalle persone interrogate.<br />
Si fa presente che, qualora le persone informate sui fatti si riferiscano, a loro
volta, ad altre persone che siano a conoscenza dei fatti per cui si procede,
sarà indispensabile che le stesse vengano assunte a s.i. ex art. 351 c.p.p.,
nel rispetto della norma di cui all'art. 13 della l. n. 63/2001, o che, almeno,
siano esattamente identificate.<br />
La delega è estesa a tutte le attività che, durante lo svolgimento delle indagini,
si rivelassero necessarie.<br />
Con facoltà di subdelega al corrispondente organo di Polizia Giudiziaria territorialmente
competente che dovrà svolgere con sollecitudine le indagini delegate e
restituire gli atti direttamente a questa Procura, dandone comunicazione
all'Autorità delegante entro e non oltre il termine di scadenza delle indagini
stesse.
</span></i><br /><br />
Anche in questo caso venne utilizzato l’escamotage d’inserire l’attività richiesta
nell’ambito del procedimento sulle minacce telefoniche alla Falso. Si parla
però di “<i><span style="color: blue;">allegata
notizia di reato</span></i>”, una parte del documento non in possesso di chi
scrive, ma che è facile immaginare cosa contenesse. Non a caso tra le
disposizioni ad Angeloni c’era anche quella d’indagare sulla “<i><span style="color: blue;">presenza e
l'individuazione di eventuali visitatori nell'isola Polvese, nel pomeriggio
dell'8.10.1985</span></i>”, visitatori che avrebbero potuto essere i responsabili
del reato da perseguire.<br /><br />
<b>Donatella Seppoloni.</b>
Nonostante la comunicazione ai colleghi di Firenze e le disposizioni ad Angeloni,
anche il giorno dopo Mignini non aprì un procedimento definitivo, preferendo
ascoltare qualche altra testimonianza nell’ambito del solito 9144. Alle 10:25
di mercoledì 24 ottobre Donatella Seppoloni, all’epoca medico della USL del
Lago Trasimeno, si trovava di fronte a lui. La mattina di domenica 13 ottobre
1985 la dottoressa era stata chiamata sul pontile dove giaceva il corpo di
Narducci appena recuperato dal lago, e in quella circostanza aveva redatto il
certificato di morte con la diagnosi “asfissia da annegamento da probabile
episodio sincopale”.<br />
Dal lungo colloquio emerse innanzitutto che l’intervento era avvenuto secondo una
prassi di assoluta normalità:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
<b>Domanda: </b>nell'attività di medico strutturato
aveva compiti di interventi di urgenza, quali visite di urgenza o come visite
esterne di cadavere e comunque attività di medico legale?<br />
<b>Risposta: </b>non era il mio lavoro ordinario ma lo
svolgevo in condizioni di reperibilità per il pomeriggio, per le notti e per i
periodi festivi.<br />
[…] fui chiamata dal centralinista dell'ospedale di Castiglion del Lago nel primo
pomeriggio, forse intorno alle ore 14,30 - 15,00 di un giorno di Ottobre di
molti anni fa; mi venne detto dal centralinista che c'era una chiamata urgente
dal molo di S. Arcangelo in quanto era stato rinvenuto un cadavere nel lago.
Sono arrivata sul molo di S. Arcangelo e vi trovai il Dr. Trippetti giovane,
che non aveva potuto fare la certificazione perché non poteva più esercitare le
funzioni di medico necroscopo. L'unico medico abilitato ad effettuare attività
di necroscopia ero io.
</span></i><br /><br />
Dunque la dottoressa Seppoloni era effettivamente la persona da chiamare (il suo ricordo
dell’orario risultava però sbagliato, l’intervento era infatti della mattina). Quel
che invece non appariva normale erano le forti pressioni fattele per redigere
il certificato di morte in base a un’ispezione sommaria e soprattutto senza disporre
la necessaria autopsia.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
<b>Domanda: </b>la visita fu effettuata tutta
all'esterno o il cadavere fu portato in qualche luogo chiuso?<br />
<b>Risposta: </b>io dovevo fare solo una constatazione di
morte e redigere il conseguente verbale; ricordo che la visita si svolse sul
molo, dove avevo visto per la prima volta il cadavere. Il cadavere non fu
spogliato perché non serviva ai fini della constatazione di morte. Ricordo che
sia il fratello, che il Dr. Morelli ed il Dr. Farroni o Ferroni, mi giravano
continuamente intorno e questo mi dava piuttosto fastidio, tant’è che chiesi ai
vigili di tenermi lontano queste persone, fra cui vi erano anche i giornalisti
con macchine fotografiche. Ricordo che ad un certo punto sopraggiunse una
Autorità, non so se della Questura o della Procura, che mi chiese di fare una
ispezione cadaverica; intorno a me c'erano i Carabinieri credo della Stazione
di Magione. […]<br />
<b>Domanda: </b>Lei di solito faceva le ispezioni o si
limitava a redigere i certificati di morte?<br />
<b>Risposta: </b>io di solito redigevo solo i certificati
di morte perché non avevo la competenza professionale per effettuare le
ispezioni cadaveriche. Questa persona comunque mi chiese di fare
quest'ispezione ed io dissi che non ero in condizioni di poterla fare sul molo
e quindi il cadavere doveva essere trasportato nella camera mortuaria
dell'ospedale di Castiglion del Lago, che era la più vicina. Qui iniziarono
purtroppo delle insistenze e delle pressioni per fare immediatamente
l'ispezione sul posto poiché si trattava di un caso urgente, vi erano i
familiari affranti e comunque non si poteva attendere il trasporto alla camera
mortuaria. Vi fu un minimo di contraddittorio, perché io insistevo ad avere un
ambiente adeguato che non ottenni perché mi si ribadì la necessità e l’urgenza
di effettuare l’ispezione, senza sapere se questo fosse disposto dall'Autorità
Giudiziaria; quindi mi rimboccai le maniche e grazie all'ausilio dei Vigili del
fuoco che mi aiutarono anche nell'ispezione, mi accinsi a questa operazione,
dopo aver invitato i Carabinieri ad allontanare la gente. Feci comunque
presente alla persona in divisa che la mia ispezione sarebbe stata del tutto
sommaria perché non avevo né i mezzi né la competenza professionale per
procedere ad ispezioni di quel tipo.
</span></i><br /><br />
Antonio Morelli e Ferruccio Farroni, colleghi di Francesco Narducci, furono i firmatari
del certificato di riconoscimento. Il personaggio indicato come “autorità” si
sarebbe appurato poi trattarsi del questore Francesco Trio. Alla fine le loro
pressioni sortirono l’effetto desiderato: la Seppoloni effettuò un’ispezione
sommaria sul posto e certificò che la causa di morte era l’annegamento,
rendendo quindi non indispensabile l’autopsia, che in effetti non sarebbe stata
eseguita. Nella documentazione si legge anche il momento del decesso, risalente
a 110 ore prima dell’ispezione. Su questo importante dettaglio la Seppoloni
cadde dalle nuvole:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Il verbale fu redatto materialmente in un locale, credo della cooperativa dei
pescatori di S. Arcangelo, dove mi recai assieme ai Carabinieri i quali
provvidero a redigere il verbale che io firmai nella parte relativa alla
ricognizione del cadavere, ma non ricordo che mi vennero fatte domande circa
l’orario della morte od altro, anche perché non potevo stabilire l’orario della
morte del Dr. Narducci ed escludo di avere detto che era morto da 110 ore
perché non avevo un minimo di competenza per affermarlo. Voglio aggiungere che
c’erano delle forti pressioni intorno a me perché più io allontanavo le
persone, con l’ausilio dei Carabinieri, più la gente mi pressava anche
all’interno del locale.
</span></i><br /><br />
Evidentemente chi aveva redatto il verbale aveva fatto un semplice conteggio di ore dal momento della scomparsa.
<br /><br />
<b>Baiocco e Trovati.</b>
Subito dopo la Seppoloni, alle 12:55, toccò alla persona che aveva rinvenuto il
cadavere, il pescatore Ugo Baiocco.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
<b>Domanda: </b>ricorda di avere ritrovato il cadavere del Dr. Narducci?<br />
<b>Risposta: </b>sì, ricordo che lo ritrovai insieme a
mio cognato […] annegato quest'anno nel lago. Sapevo che il Dr. Narducci era
sparito nella zona del lago […]. Come tutte le mattine, anche il giorno del
ritrovamento […] eravamo io e mio cognato in barca, diretti verso l'Arginone,
che si trova in un luogo situato in direzione di Castiglion del Lago, con
l'intenzione di porre le reti […].<br />
Ricordo perfettamente che quel giorno vi erano molte alghe che affioravano dall'acqua e
vi era vento da ponente; io dissi a mio cognato, guardando quel cumulo di
alghe, “ma non sarà mica il professore quello?” E quando ci avvicinammo,
rallentando con il motoscafo, vidi il corpo di un uomo sfigurato, a pancia
all'aria, vestito con cravatta, camicia e mi pare un giacchetto, calzoni e
scarpe, con il volto tumefatto, nero e gonfio, e non si vedevano nemmeno gli
occhi.<br />
Ricordo che la testa era rivolta verso Castiglion del Lago, a favore di vento, ricordo
anche che sulla testa vi erano molte alghe che formavano come una specie di
capannella in cui era immerso il corpo. Aveva il braccio sinistro poggiato
sullo stomaco e il braccio destro lungo il corpo; appena lo vidi svenni e mi
ripresi dopo pochi minuti. Ricordo che in quei giorni il vento era di ponente
un po' sostenuto, in sostanza veniva da Castiglion del Lago ed andava verso S.
Arcangelo; ricordo anche che la mano sinistra, quella poggiata sullo stomaco,
era particolarmente gonfia, deforme e scura, mentre l'altra mano era sott’acqua.<br />
Dopo quel fatto facemmo chiamare i Carabinieri di Castiglion del lago che hanno
portato il cadavere al molo, dove è arrivato il Procuratore. Io, dopo essere
andato al molo, me ne andai. Ricordo che quando il cadavere fu poggiato nel
motoscafo dai Carabinieri, si aprì un qualcosa nel corpo del morto, non so se
dal ventre o dalla bocca, e vi fu una puzza indescrivibile, tanto che i
Carabinieri dovettero mettersi una garza alla bocca ed al naso.
</span></i><br /><br />
Come abbiamo già visto, niente mani e piedi legati dietro la schiena, dunque. In
quel momento però Mignini non aveva ancora avuto modo di sapere chi fosse il
pescatore che aveva raccontato la scena alla Barone, quindi neppure di
interrogarlo. E allora ci si deve chiedere se sospettò che magari anche Ugo
Baiocco avesse partecipato ai misfatti!<br />
L’ultimo testimone della giornata, alle 16, fu Giuseppe Trovati, detto Peppino, proprietario
della darsena di San Feliciano dove era ricoverato il motoscafo dei Narducci.
Era stato lui a vedere Francesco mentre partiva per il suo ultimo viaggio,
quindi il suo racconto assume particolare rilevanza.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
<b>Domanda: </b>che cosa notò l'ultima volta che vide il Dr. Narducci in vita?<br />
<b>Risposta: </b>arrivò verso 1e 15,00 - 15,30 circa di
un giorno di ottobre a bordo di una moto che già avevo visto altre volte e mi
pare che il colore del serbatoio fosso di colore oro, ed il tipo della moto
fosse quello tradizionale, con il manubrio alto. Ricordo che indossava un
giubbotto di pelle di camoscio, con sotto una camicia, mi pare, non ricordo se
avesse i jeans ed i mocassini. Preciso che verso le ore 14,?? il Narducci
telefonò a mia moglie per sapere se la barca era ancora al lago perché
normalmente nel mese di Ottobre vengono tolte e ricoverate in un piazzale;
invece quell'anno era molto caldo e la barca era ancora ormeggiata nella
darsena. Mi salutò cordialmente ed appariva del tutto normale; mi disse che
usciva con la barca ed io gli chiesi se avesse bisogno del carburante e lui mi
disse che era sufficiente quello che aveva, contando sul fatto che comunque il
serbatoio di scorta era mezzo pieno di benzina, contenendo 10 - 12 litri. Quel
motore consumava circa 1,5 lt per chilometro; quando ii Dr. Narducci salì
sull'imbarcazione non aveva niente in mano, e partì verso l'isola Polvese e
comunque verso il centro del lago. Ricordo che non prestai attenzione alla sua
partenza perché dovevo andare dal commercialista.
</span></i><br /><br />
Il racconto passa quindi alla fase in cui Trovati si accorse del mancato rientro e
dopo un po’ iniziò a preoccuparsi.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Quando tornai dal commercialista, verso le ore 19,00 circa, e comunque quando era già
notte, notai che il motoscafo non era rientrato. La moto era ancora
parcheggiata all'interno del terreno della darsena, dove l'aveva lasciata, nei
pressi di una pianta. […] Non vedendo il Dr. Narducci ho aspettato una
mezz'oretta senza essere eccessivamente preoccupato, sia perché il Narducci era
particolarmente esperto sia perché il lago era completamente calmo. […] Verso
le ore 19,30 telefonai a casa dei genitori e mi rispose suo fratello. Lo
informai che il Dr. Francesco non era ancora rientrato con il motoscafo e lui
mi rispose che sarebbero arrivati. Verso le ore 21,30 - 22,00 arrivò il
fratello del Dr. Narducci, Dr. Pierluca, insieme al Dr. Ceccarelli, oltre ad
altre due persone, fra cui il cognato. Uscirono con il motoscafo a cercare il
Dr. Francesco; ricordo che non c'era la luna piena e quindi era buio.
</span></i><br /><br />
Senza neppure attendere l’arrivo dei parenti, Trovati uscì sul lago. Poi tornò alla
darsena e si unì ad altri in una ricerca più organizzata. Alla fine il
motoscafo venne ritrovato vuoto tra le canne dell’isola Polvese.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Dopo avere chiamato i familiari, feci un giro con il motoscafo intorno all'isola
Polvese e non vidi il motoscafo del Dr. Narducci, dove poi è stato ritrovato, e
cioè nel canneto dell'isola Polvese. Quando il motoscafo fu ritrovato, credo
che fosse a circa venti metri dall'isola stessa. Dopo aver fatto il giro
dell'isola, tornai alla darsena e vidi che i familiari erano già arrivati.
Escludo di avere chiamato i Carabinieri e ricordo che c'erano i mezzi della
provincia ma non mi pare che vi fosse la motovedetta dei Carabinieri, se ben
ricordo. Il motoscafo con cui avevo fatto il giro dell'isola aveva un faretto
non molto potente e le canne in mezzo a cui fu ritrovata l'imbarcazione erano
abbastanza alte. Comunque quando tornai alla darsena, i soccorsi erano già
stati organizzati dalla Provincia e noi fummo dotati di baracchino con cui comunicavamo
a distanza. Io fui mandato verso l'isola Maggiore, dove verso le ore 00,30 mi
fu data la notizia che era stata rinvenuta la barca presso l'isola Polvese. […]
</span></i><br /><br />
Il natante appariva in condizioni assolutamente normali, come se Narducci si fosse
tuffato per una nuotata senza più risalire a bordo (in realtà il suo cadavere vestito di tutto punto faceva escludere questa ipotesi; semmai poteva essere caduto in acqua per un malore).<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Appena saputa la notizia, rientrai alla darsena, dove era stata portata la barca. La
barca presentava la leva del cambio del motore in folle ed il motore spento;
c'era anche un pacchetto di sigarette ed un accendino, posti sul sedile
anteriore, vicino a quello di guida. La barca era in perfetto ordine; io provai
il motore che andò regolarmente in moto. Non controllai il livello del
carburante. Quando vidi l'imbarcazione notai che le chiavi erano nel quadro.
</span></i><br /><br />
<b>Il dado è tratto.</b>
Alla fine di quel frenetico 24 ottobre 2001 Mignini ritenne di aver acquisito sufficienti
elementi per prendere una decisione. Il lettore sa già quale fu, ma facciamo
finta di non saperlo, e cerchiamo di metterci al suo posto. Pare evidente che
con la mancata autopsia e tutti gli altri necessari controlli sul cadavere
fossero state commesse delle irregolarità, delle quali risultavano
responsabili medici e rappresentanti delle forze dell’ordine, peraltro di grado
elevato. Alcuni erano presenti nella testimonianza della Seppoloni, come
l’autorità che lei ricordava in divisa ma che doveva essere il questore
Francesco Trio. E poi i colleghi di Narducci, Antonio Morelli e Ferruccio
Farroni, nonché il fratello Pierluca, che le avevano fatto pressione diretta ma
la cui responsabilità era soltanto morale. Altri personaggi emergevano dai
vecchi e scarni documenti, magistrati, poliziotti e carabinieri che avevano
preso visione delle irregolarità senza creare problemi. Tra loro il capo della
mobile, Alberto Speroni, e un procuratore e un giudice istruttore che avevano
rinunciato a esercitare azione penale.<br />
Si legge in un frammento della requisitoria di Mignini riportato nella sentenza
Micheli, dove si parte da uno scambio tra Ugo Narducci, il padre, e una
testimone:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
“Ugo mi prese in disparte portandomi in un’altra stanza, uno studio, e mi disse: mi
sono messo d’accordo con il Questore per non far fare l’autopsia a Francesco”.<br />
Qui siamo al di fuori di qualsivoglia canone giuridico processuale: un privato si
accorda con il funzionario che è sì a capo della Polizia della provincia ma che
è totalmente privo di qualsivoglia competenza di polizia giudiziaria circa il
fatto che un atto che è tipicamente un atto di indagine di competenza
dell’Autorità giudiziaria debba o non debba essere fatto.<br />
Ricordo la dizione dell’art. 16, primo comma del R.D. 28.05.1931 n. 602, sulle
Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale: “Se per la morte di
una persona sorge sospetto di reato, il pretore o il procuratore della
Repubblica accerta la causa della morte e, se lo ravvisa necessario, ordina o
richiede l’autopsia…”. Questa, a sua volta, se non fosse apparsa collegata a
ricerche di carattere complesso, si doveva considerare rientrante nelle ipotesi
di cui agli artt. 17, primo comma disp. att. c.p.p. previgente e dall’art. 391,
secondo comma c.p.p. previgente.<br />
Si doveva, quindi, procedere con istruzione sommaria, con il rischio che, data
l’evidente complessità degli accertamenti, il Pubblico Ministero avrebbe
dovuto, con ogni probabilità, richiedere l’istruzione formale al Giudice
istruttore.<br />
Ma, in questo caso, un privato, cioè il padre del morto, si accorda con il Questore
per non compiere un atto che, a norma delle disposizioni allora vigenti, era di
competenza del pretore o del procuratore della Repubblica e avrebbe dovuto dar
luogo ad un vero e proprio processo penale. Ma dove siamo? Anzi, dove eravamo?
In uno sperduto paese del Terzo mondo, con tutto il rispetto per il Terzo Mondo
o nella civilissima Europa e nella sua culla del diritto, cioè l’Italia?<br />
Ovviamente, neppure la polizia giudiziaria, presente sul posto il giorno 13, ha fatto
alcunché in merito a quelli che erano i precisi doveri che il previgente codice
di procedura penale, all’art. 222, faceva carico agli stessi, vale a dire
procedere ai necessari accertamenti e, in generale, alla conservazione del
corpo e delle tracce del reato.
</span></i><br /><br />
Senz’altro gravi irregolarità, dunque, che però di per sé non costituivano certo il
presupposto per la formulazione di una notizia di reato, poiché, se reati erano
stati commessi, dopo 16 anni risultavano prescritti. Per aprire un procedimento
sulla morte di Narducci c’era una strada soltanto: ipotizzare che la mancata
autopsia avesse avuto lo scopo di nascondere un reato ben più grave, tanto
grave da non essere ancora prescritto. Un omicidio. Ma su quali basi poteva
essere formulata un’ipotesi tanto grave? Prima di rispondere leggiamo alcune
considerazioni di buon senso fatte dal giudice Micheli:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Chi scrive ha lavorato come Sostituto Procuratore della Repubblica, in tre uffici
diversi e complessivamente per quasi 10 anni: costituisce esperienza comune, o
se si preferisce fatto notorio, che i familiari di chiunque sia stato ritrovato
morto per un apparente suicidio o una verosimile disgrazia cerchino molto
spesso di sensibilizzare gli inquirenti per far comprendere quanto sarebbe
drammatico per i loro affetti non solo ammettere l’idea di un’autopsia, con la
necessaria dissezione del cadavere del congiunto, ma anche dover prolungare la
sofferenza della perdita fino al momento di vedersi riconsegnata la salma
(evenienza che qualunque attività formale, per quanto non cruenta,
necessariamente ritarda).<br />
Ergo, è capitato e continua a capitare a tutti, di ricevere la telefonata del
comandante la Stazione dei Carabinieri dove vivono i familiari del defunto, con
il militare a rappresentare il dolore di un padre o di una madre neppure
sfiorati dall’idea che ci siano reati da accertare e che non sanno capacitarsi
della necessità di dover attendere che il medico legale faccia il suo lavoro; e
può certamente accadere che, se quel padre o quella madre conoscono non un
maresciallo dei Carabinieri, ma il comandante della Compagnia o financo il
Questore, la telefonata in questione la faccia qualcuno che si potrebbe pensare
più autorevole.
</span></i><br /><br />
Le considerazioni di Micheli paiono del tutto condivisibili. Come per qualsiasi
altro familiare di una persona morta, anche a quelli di Narducci non avrebbe
certo fatto piacere un’autopsia. E i Narducci non erano una famiglia di operai,
era gente che in ambito locale contava moltissimo. Per di più Francesco era
sposato con una componente di una famiglia ancora più prestigiosa, in questo
caso addirittura a livello nazionale e internazionale, per le industrie
dolciarie Perugina e la catena di abbigliamento Spagnoli. Quindi non c’è da
stupirsi troppo se le autorità del posto avevano chiuso un occhio di fronte
alle richieste di un padre affranto.<br />
Peraltro la famiglia Narducci aveva un motivo in più per temere l’autopsia: il forte
sospetto di un suicidio, come del resto era apparso chiaro a tutti fin da
subito. Il loro congiunto non era morto per una disgrazia ma si era tolto la
vita, riuscendo in qualche modo a reprimere l’istinto di sopravvivenza e ad
affogarsi. Avrebbe detto il genero, Gianni Spagnoli, in un’audizione del
21 febbraio 2002, la prima di tante: “<i><span style="color: blue;">Al secondo giorno
della scomparsa di Francesco, cioè il 9.10.1985, Pierluca a casa di Francesca
mi disse che non si sarebbe meravigliato se Francesco avesse preso una fiala di
un farmaco che precisò ma di cui non ricordo il nome e si fosse buttato dalla
barca</span></i>”. I familiari sapevano bene che assieme all’autopsia sarebbe
stato effettuato un esame tossicologico, e se il loro congiunto si fosse
stordito con un farmaco la notizia sarebbe rimbalzata sui giornali, con tutte
le conseguenze del caso.<br />
D’altra parte il racconto di Trovati sulle modalità con le quali Narducci si era
diretto verso il suo tragico destino non offriva alcun appiglio all’ipotesi di
un omicidio, anzi, favoriva quella di un suicidio. Il poveretto si era allontanato
in barca da solo, in un giorno feriale di metà ottobre che, per quanto di bel
tempo, non si conciliava affatto con una gita sul lago. Le sue intenzioni
dovevano essere state ben più tragiche, e molto probabilmente comprendevano il
tentativo di far pensare a una disgrazia, per un gesto di riguardo verso i
propri familiari. Riguardo l’ipotesi dell’omicidio, di sicuro in un film
sarebbe risultato spettacolare un appuntamento con i propri assassini in mezzo
al lago, ma nella realtà molto poco pratico e molto più denso d’incognite
rispetto, tanto per fare un esempio, al banale intervento di un sicario in
mezzo a una strada, magari di sera.<br />
In realtà in quei giorni a Perugia si voleva partire con l’inchiesta Narducci a
tutti i costi, come peraltro viene confermato dallo scenario delle minacce
telefoniche. E Mignini, fino a prova contraria in buona fede ma comunque in un modo
che non si può non giudicare almeno avventato – e se dietro le telefonate ci fosse stata
la misteriosa setta che intendeva depistare? – agì di conseguenza, e il 25
ottobre 2001 iscrisse a modello 44 un nuovo procedimento, il famoso 17899/01.
Si legge sul frontespizio del fascicolo:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
* NR. 017869/01 * DEL 09/10/2001<br />
– IGNOTI – ISCRITTA IL 25/10/2001<br />
==============================================<br /><br />
P.M. DELEGATO DR. GIULIANO MIGNINI<br /><br />
* NOTIZIE DI REATO *<br /><br />
(001) – CP 0575, CP 0576,<br />
(002) – CP 0577, CP 0061 Num. 02 Num. 04,<br /><br />
PERIODO DAL: IN EPOCA ANTERIORE E PROSSIMA AL 13/10/1985<br />
PERIODO AL: //<br />
IN MAGIONE<br /><br />
* LISTA PARTI OFFESE/RIFERIMENTI *<br /><br />
COGNOME E NOME: NARDUCCI / FRANCESCO
</span></i><br /><br />
La data del 9 ottobre dovrebbe riferirsi all’apertura del fascicolo provvisorio,
il 5202/01/45. Il reato ipotizzato è l’omicidio (CP 0575) con aggravanti (CP
0576, CP 0577, CP 0061). Le aggravanti previste dai tre articoli sono molte, e
chi scrive non sa bene quali intendesse Mignini, è interessante però la
specifica del capoverso 2 dell’articolo 61, dove l’aggravante è così descritta:
“<i><span style="color: blue;">L'aver commesso
il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o
assicurare a sé o ad altri […] la impunità di un altro reato</span></i>”. E qui
si arriva al nucleo della questione, alla stessa ragion d’essere del
procedimento: l’ipotesi che Francesco Narducci fosse stato ucciso dall’organizzazione
segreta che avrebbe commissionato i delitti del Mostro, della quale lui stesso
avrebbe fatto parte e che avrebbe avuto intenzione di denunciare. Ipotesi tanto
audace quanto fantasiosa, ben compatibile con le trame dei romanzi che Giuttari
e i suoi editor di lì a un paio d’anni avrebbero cominciato a concepire.<br />
Nella sostanza, con l’apertura del procedimento 17869/01/44, si riconfigurava a
Perugia quello scenario dei mandanti che a Firenze aveva appena finito di
dimostrare tutta la sua inconsistenza.<br /><br />
<b>Un’inchiesta dura a morire.</b>
E qui non possiamo far altro che tornare al tema d’apertura, quello delle
“Cattedrali nel deserto”. Dando il via all’inchiesta sulla morte di Francesco Narducci
e sui suoi eventuali legami con le vicende dei duplici omicidi di Firenze il
pubblico ministero Giuliano Mignini s’incamminò lungo una strada dalla quale
non sarebbe più riuscito a tornare indietro, nonostante se ne fosse presto resa
evidente la mancanza di sbocchi. A nulla sarebbe servita la costante
interpretazione di ogni elemento in chiave malevola (la sentenza Micheli offre
numerosissimi esempi al riguardo). Alla fine l’inchiesta si sarebbe
aggrovigliata su se stessa, finendo per impiegare le maggiori risorse non più
tanto sull’ipotesi di reato iniziale, ma sulla difesa dalle critiche dei
giornalisti e dai tentativi delle autorità di porle un freno. Come una belva
affamata priva di cibo si sarebbe rivoltata anche contro qualche incolpevole
testimone accusandolo di reticenza o intralcio, come nel caso di Donatella
Seppoloni e Giuseppe Trovati.<br />
E non dimentichiamo i costi economici. Si legge nella sentenza Micheli:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
“È una vicenda complessa, forse la più complessa, la più dirompente e la più
tormentata che la cronaca giudiziaria di questa sede perugina ricordi.”<br />
Il Procuratore della Repubblica, nella requisitoria depositata per atto scritto e
che verrà riportata di seguito per ampi stralci, ha usato queste parole per
definire il processo che viene definito con la presente sentenza. Prescindendo
in questa fase introduttiva dalle cause che hanno portato a tale situazione
concreta, ma è un punto su cui si dovrà almeno implicitamente tornare, si può
essere senz’altro d’accordo sulla conclusione: di rado gli atti trasmessi dal
P.M. al Giudice dell’Udienza Preliminare per corredare una richiesta di rinvio
a giudizio hanno una mole anche lontanamente assimilabile agli oltre 100
faldoni di carte che qui sono stati raccolti; e forse mai (ma il forse è un
eufemismo) questo Ufficio è stato chiamato a pronunciarsi su fatti storici che
trovano antecedenti – e, secondo l’impianto accusatorio, motivazioni – in
episodi risalenti a 25 anni prima.
</span></i><br /><br />
Si aggiungano tutti i procedimenti collaterali, come quello stralciato per i
legami con i delitti di Firenze, poi archiviato per mancanza di elementi su
richiesta dello stesso PM. Ma anche l’inchiesta fiorentina sui mandanti si
sarebbe presto arenata senza la pista Narducci; invece andò avanti fino a
portare in giudizio il povero farmacista Francesco Calamandrei, il quale
naturalmente sarebbe stato assolto. E non dimentichiamo il GIDES, la struttura
investigativa di Giuttari, nata in seguito all’apertura dell’inchiesta
Narducci, che per quattro anni impiegò nove poliziotti a tempo pieno in
indagini inutili. Sarà mai disponibile una valutazione dei costi di tale
gigantesca attività, che alla fin fine si proponeva di scoprire chi avesse
acquistato sei poveri brandelli di carne umana?<br />
Si legge nella sentenza Micheli:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Una prima osservazione, su un piano di inquadramento complessivo della storia di
questo processo (“storia” è parola che normalmente non si addice ad atti di
indagine o di esercizio dell’azione penale, ma qui sembra pertinente), riguarda
il perché di quegli accertamenti: ritiene il giudicante che siano state
compiute indagini perché era doveroso farle, pur non essendo condivisibili le
conseguenze che oggi il Pubblico Ministero sostiene sia necessario ricavarne.<br />
E non vi sarebbe stato motivo di compierle se 25 anni fa le cose fossero andate
diversamente, seguendo un pur minimo standard di completezza nelle acquisizioni
istruttorie conseguenti alla morte di Francesco Narducci. In altre parole, che
il 13 ottobre 1985 non venne fatta non solo un’autopsia, ma neppure uno
straccio di visita esterna degna di questo nome, sulla salma dell’uomo
ripescato dalle acque del Lago Trasimeno (si affronterà in seguito il problema
se potesse trattarsi di una persona diversa dallo scomparso), è qualcosa di
francamente inconcepibile.
</span></i><br /><br />
Chi scrive trova le considerazioni di Micheli in genere condivisibili. In questo
caso però no. Ci saranno anche state delle gravi irregolarità riguardo la
tumulazione di Narducci, ma quali elementi potevano farle inquadrare in
un’ipotesi di omicidio? Le telefonate di minaccia alla Falso dove il nome di
Narducci neppure compariva? Le fantasiose ipotesi di Giuttari sui mandanti dei
delitti di Firenze? Le malevole chiacchiere dei perugini su Narducci coinvolto
in quei delitti e dei quali poteva quindi divenire un mandante?<br />
Da libero cittadino italiano che vedrebbe volentieri le proprie tasse meglio
impiegate da una magistratura sempre in affanno, chi scrive si sente di poter
affermare che quel 25 ottobre 2001, giorno di apertura del procedimento
giudiziario 17869/01/44, sarebbe stata
una fortuna se Giuliano Mignini avesse iniziato a occuparsi di una delle tante
vicende di malefatte più ordinarie che probabilmente anche a Perugia, come in
tutt’Italia, giacevano in attesa su qualche scaffale.<br />
L'articolo finisce qui. Ma non finisce qui l'interesse di questo blog per la vicenda
Narducci. Esamineremo più avanti il modo con il quale le indagini cominciarono
a scavare in fatti risalenti a 16 anni prima, con quali difficoltà e con quali
rischi di travisamento è facile immaginare. Come nel caso dell'ormai famoso ispettore Luigi Napoleoni.<br />
<p align="center">***********************</p>
Ancora un grazie a Francesca Calamandrei, che ha reso possibile questo nuovo articolo
mettendo a disposizione il suo prezioso archivio. È motivo di grande soddisfazione per
chi scrive continuare a fornire il suo piccolo contributo alla battaglia che sta ancora
conducendo per eliminare gli ottusi sospetti sulla figura del padre, duri a morire
nonostante la legge abbia riconosciuto i propri errori assolvendolo per insussistenza del reato.
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com34tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-50881359264006943162020-12-31T00:27:00.009-08:002021-03-13T20:09:26.139-08:00Era basso, parecchio basso<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
Come
c’era da immaginarsi, il mio articolo <a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/12/ma-insomma-quantera-alto-salvatore.html" target="_blank">Ma insomma,
quant'era basso questo Salvatore?</a> ha suscitato veementi proteste da parte
dei vinciani, i quali, presi dal panico, hanno cercato di assorbire il colpo
come meglio potevano, chi girandosi dall’altra parte, chi proponendo
improbabili misurazioni alternative, chi preferendo attacchi personali, magari con
l’aiuto di Lotti, che viene sempre bbbuono quando si vuol buttare all’aria il
tavolo. In realtà l’informazione sull’altezza della sbarra in foto è di
straordinaria importanza per il calcolo della statura di Salvatore Vinci. Già
il metodo grossolano del conteggio dei pixel usato nell’articolo consente di
escludere valori irreali come i 170 cm massimi di Torrisi. Il soggetto,
infatti, si trova pressoché accosto alla sbarra, e lo scatto è da distanza di
vari metri, pertanto la distorsione prospettica non può incidere che per pochi cm.
In ogni caso quei pochi sono tutti in aggiunta alla statura reale, poiché,
essendo il punto di fuga più o meno all’altezza degli occhi, i pixel aumentano
di peso via via che da questi ci si allontana. Ecco allora che i 162 cm
calcolati per la figura grezza andrebbero diminuiti, di quanto però è difficile
dire.<br />
Per un dato più preciso servirebbe un software adeguato, in grado di trasformare un’immagine
2D in un’immagine 3D. Ce ne sono molti, anche di gratuiti, l’unico problema è
che si tratta di strumenti dall’apprendimento non immediato, dei quali purtroppo
non ho mai avuto occasione di servirmi. In più i grossi impegni lavorativi del
momento – che mi costringono a metter mano allo studio di nuovi strumenti di
lavoro – non mi lasciano molte risorse mentali, oltre quelle che già dedico all’hobby
del Mostro. Ciò nonostante, ho deciso di provarci lo stesso, iniziando intanto a
farmi un giro per Youtube, in cerca di qualche tutorial. E ho trovato questo:
<a href="https://www.youtube.com/watch?v=shpKn9k195o&t=1s" target="_blank">Trasformare foto
e disegni in scene 3D - Tutorial trailer</a>.<br />
Conquistato
dalla chiarezza di esposizione dell’autore, Luca Malisan, mi ero abbastanza
tranquillizzato sulla possibilità d’imparare in fretta l’uso degli strumenti
consigliati “fSpy” e “Blender”, attraverso un video acquistabile a modico
prezzo. Però nello stesso tempo mi è venuta un’idea maligna: visto che i miei bisogni
si esaurivano con la risoluzione del problema contingente, perché non provare a
chiedere il calcolo allo stesso autore? Tanto più che il peso della sua
esperienza avrebbe contribuito a rendere il dato ancora più probante. Luca Malisan,
infatti, sembra essere un’autorità in materia, come è facile arguire dai
seguenti link:<br /><br />
<a href="https://www.malisan.it/site_2020/" target="_blank">Il sito</a><br />
<a href="https://www.youtube.com/user/jigen2jigen/featured" target="_blank">Il canale Youtube</a><br />
<a href="https://www.facebook.com/MalisanLuca" target="_blank">Facebook</a><br />
<a href="https://www.instagram.com/luca_malisan/" target="_blank">Instagram</a><br /><br />
Quindi, il 27 dicembre 2020, gli ho mandato una mail. <a href="https://drive.google.com/file/d/1Q5fZRy515okRo-jiRicQh5xiMZhve0oL/view?usp=sharing" target="_blank">Questa</a>:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Buongiorno signor Malisan,<br />
mi chiamo Antonio Segnini, sono un anziano informatico professionista ma il mio campo è molto
diverso dal suo, occupandomi di software applicativo, quindi maschere di
gestione dati e database. Ho un hobby che occupa gran parte del mio tempo libero, lo
studio del caso del Mostro di Firenze, per il quale nutro la speranza che un
giorno o l’altro si riesca a uscire dallo stato di totale confusione in cui ci
si trova adesso.<br />
Sono arrivato alla sua
pagina attraverso Youtube, essendomi messo alla ricerca di un modo per
calcolare l’altezza di uno dei sospettati storici attraverso una foto, della
quale una gentile impiegata del tribunale di Cagliari mi ha fornito la dimensione
di un particolare. La persona all’interno della gabbia si chiama (o
probabilmente si chiamava, non si sa se è ancora vivo) Salvatore Vinci. La
gabbia, ancora esistente, poggia su uno zoccolo di legno alto 10 cm, zoccolo
sul quale sono poggiati i piedi di Vinci. La gentile impiegata ha misurato
l’altezza della sbarra orizzontale alla quale Vinci è quasi appoggiato. La
misura risulta di 127 cm. Non sono riuscito a capire se tale misura sia stata
presa fino a sotto la sbarra o fino a sopra, ma il risultato poco cambia,
credo. In ogni caso mi devo porre nella condizione più favorevole ad aumentare
la statura di Vinci, poiché è quella della quale intendo confutare il valore
eccessivo esistente agli atti (1.65-1.70) del quale abusano gli appassionati che
lo vogliono identificare con il Mostro di Firenze, che vari indizi portano a
considerare piuttosto alto.<br />
Non conosco programmi 3D neppure semplici, come credo sia blender, e adesso non ho le risorse mentali
per mettermi a imparare la materia, neppure attraverso i suoi tutorial per
quanto fatti benissimo. Devo già mettermi a studiare nuovi software per il mio
settore, tecniche di trasformazione degli applicativi tradizionali in pagine
WEB, Angular, ASP.NET e compagnia bella, stiamo per decidere con alcuni amici.
Poi, in fin dei conti, utilizzerei lo strumento soltanto per questo caso.
Quindi chiedo un aiuto a lei, che è un esperto. Riuscirebbe a calcolare in modo
più preciso di quel che ho fatto io alla grossa, contando i pixel sulla foto,
la statura del soggetto (comprensiva di scarpe, naturalmente) fornendomi anche
gli elementi a dimostrazione? La ricerca storica della verità sulla vicenda del
Mostro di Firenze gliene renderebbe merito.<br />
Questo è il link all’articolo del mio blog dove tratto la questione. La foto è quella, in caso
gliela allego.<br />
<b>Naturalmente la ringrazierò caldamente sull’articolo che scriverò, qualsiasi sia il risultato,
anche se non è favorevole alle mie convinzioni, che capirà dalla lettura
dell’articolo. Quel che conta è raggiungere la verità, qualunque sia.</b><br /><br />
La ringrazio molto se potrà darmi il suo aiuto, e le faccio gli auguri per le feste che ancora mancano.<br />
Saluti, Antonio Segnini.</span></i><br /><br />
Ho allegato sia la foto originale, sia la foto ritoccata con Paint.NET, sia quella
con indicati i pixel del mio calcolo. Il giorno dopo è arrivata la risposta.
<a href="https://drive.google.com/file/d/1GXmSkhQAXj23SOVCmDYNLqmykKKxgRqW/view?usp=sharing" target="_blank">Questa</a>:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Buongiorno Antonio,<br />
non ho molto tempo a disposizione, purtroppo. Ma la sua richiesta era tutto sommato semplice, finché
si tratta di ottenere un'informazione approssimata, e quindi ho provato a
cimentarmi con essa.<br />
C'è qualche problema di lettura dell'immagine, soprattutto rispetto alla posizione dei piedi. Ho
migliorato la fotografia attraverso un software di ingrandimento basato su
intelligenza artificiale, che permette di aumentarne il dettaglio. A mio parere
lo zoccolo non sopraeleva l'intera gabbia, ma è solo sotto alle sbarre, e il
piano del pavimento è lo stesso sia all'interno che all'esterno. Questo in base
alle proporzioni fisiche: da disegnatore ho una certa conoscenza dell'anatomia
e il pavimento della gabbia non può essere 10cm più alto del pavimento esterno,
altrimenti la distanza ginocchio-pavimento (la tibia) sarebbe troppo corta.
Anche la tipica piega che si forma al pantalone al di sopra della scarpa è
leggibile nella foto appena al di sopra dello zoccolo. Ho tracciato in rosso
sottile alcune linee che possono approssimare l'andamento del corpo. Pertanto
le scarpe sono quasi del tutto nascoste dallo zoccolo, oltre che essere scure,
e quindi è difficile posizionare con precisione il punto di appoggio dei piedi.
Ho comunque ipotizzato una posizione "base" per il calcolo
dell'altezza, in base alla mia esperienza di disegno. In ogni caso è un
approssimazione per eccesso, comprensiva anche dell'eventuale suola della
calzatura.<br />
Proiettando le linee prospettiche verso l'altezza nota (la sbarra e lo zoccolo) è quindi possibile
valutare l'altezza della testa. Ho replicato i 10cm di altezza dello zoccolo
come valore di controllo ed effettivamente sono coerenti con i 127cm indicati
per la sbarra orizzontale. <b>In base a
questo l'altezza della persona è sicuramente inferiore ai 160cm.
Approssimativamente 157cm, comprensivi della suola delle scarpe.</b><br />
Va però evidenziato che
la posa è rilassata, in appoggio su una sola gamba, e con la testa leggermente
portata in avanti (è una normale compensazione dell'equilibrio, mettendo le
mani dietro la schiena). È una posizione nella quale l'altezza si può ridurre
di molto, penso anche di 4-5cm, rispetto alla classica posizione in cui si sta
quando si viene misurati.<br />
Non so quanto possa esserle utile, ma è quello che riesco a fare nel poco tempo che posso dedicare
alla cosa.<br /><br />
Ricambio gli auguri di buone feste, e buona giornata.<br />
Luca Malisan</span></i><br /><br />
Come
si vede, Luca ha pensato che la striscia su cui si innestano le sbarre fosse lo
zoccolo che intendevo io, ma comunque ha capito da solo come stavano le cose.
Lo si vede bene dall’immagine allegata, dove i piedi del soggetto poggiano
effettivamente sullo zoccolo di legno alto 10 cm posato sul pavimento. Ed è da
quello zoccolo che sono state prese le misure, con un’approssimazione che Luca
qualifica per eccesso, con tendenza quindi all’aumento del risultato (NB: tra l'altro
si vede bene che la sbarra orizzontale è stata posta ad altezza 129 cm, contro i 127
misurati dalla signora Orrù).<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-IZqJuoGc4hI/X-2JP5nISxI/AAAAAAAAClI/UltINZIGgG89SQSb7fDMRrQX11j66bQRQCLcBGAsYHQ/s900/foto_001.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="724" data-original-width="900" src="https://1.bp.blogspot.com/-IZqJuoGc4hI/X-2JP5nISxI/AAAAAAAAClI/UltINZIGgG89SQSb7fDMRrQX11j66bQRQCLcBGAsYHQ/s320/foto_001.jpg" width="320" /></a></div><br />
Come
già avevo previsto, la statura è risultata inferiore a quella calcolata con il
mio sistema grossolano, addirittura di 5 cm, 157 contro 162. Ma da buon esperto
di disegno e di figure umane, Luca ha fatto anche di più, valutando di quanto
potrebbe essersi abbassata la testa di Vinci rispetto alla classica postura di
misurazione dell’altezza, con il corpo disteso al massimo. Secondo lui si
tratta di 4 o 5 cm, in questo caso più dei 2 che avevo immaginato io.<br />
Con
questi dati potremmo quindi racchiudere la statura di Vinci in una forbice di
161-162 cm, comprensiva di scarpe. Già, il problema delle scarpe: di quanto
alzavano la statura del soggetto? Io avevo presunto un valore di 4 cm, ottenuto
con la misurazione su una scarpa classica che ho in casa, considerando sia il
tacco che la tomaia. “<i><span style="color: blue;">La storia del tacco alto
4 cm è semplicemente ridicola, un oltraggio all'intelligenza</span></i>”, ha tuonato un
vinciano DOC sul gruppo Facebook di Flanz, con una frase dalla quale sembrerebbe di arguire
che senza scarpe Salvatore Vinci possa addirittura diventare più alto! A scanso di equivoci
ho ripetuto la misurazione, estendendola a due tipi di scarpa e
fotografandola. Ecco i risultati.<br /><br />
<b>Scarpa 1: 3,2 cm</b><br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-0JIMzvkCLHo/X-2KAARtv7I/AAAAAAAAClQ/C3s7y1pnyRgqdPmuf0zgkSE8C_bVKNGpwCLcBGAsYHQ/s2747/IMG_6776.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2029" data-original-width="2747" src="https://1.bp.blogspot.com/-0JIMzvkCLHo/X-2KAARtv7I/AAAAAAAAClQ/C3s7y1pnyRgqdPmuf0zgkSE8C_bVKNGpwCLcBGAsYHQ/s320/IMG_6776.jpg" width="320" /></a></div><br />
<b>Scarpa 2: 4 cm</b><br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-_f5cCdpjW0w/X-2KWzENedI/AAAAAAAAClY/An-HOE0NzrQ6pvrQs3aNChNKBWRRitUHgCLcBGAsYHQ/s3307/IMG_6775.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2289" data-original-width="3307" src="https://1.bp.blogspot.com/-_f5cCdpjW0w/X-2KWzENedI/AAAAAAAAClY/An-HOE0NzrQ6pvrQs3aNChNKBWRRitUHgCLcBGAsYHQ/s320/IMG_6775.jpg" width="320" /></a></div><br />
La scarpa 1 è di tipo estivo, la 2 di tipo invernale, quindi più massiccia. Non
sappiamo quali scarpe calzasse Salvatore Vinci al momento della foto, però, indossando
un vestito elegante, quasi sicuramente si trattava di un modello classico, essendo
la metà d’aprile non si sa se estivo o invernale. Che fossero particolarmente
basse è però difficile, anche perché in genere gli uomini minuti fanno caso al
tacco delle loro scarpe, preferendo modelli che regalano un pelino di statura
in più. In ogni caso consideriamo una fascia di 3-4 cm. Ebbene, combinando
questa misura con quelle proposte da Luca Malisan, possiamo affermare che la statura
di Salvatore Vinci va collocata tra una <b>minima di 157 cm</b> (157 più 4 di
correzione postura meno 4 di scarpa) e una <b>massima
di 159 cm</b> (157 più 5 di correzione postura meno 3 di scarpa).<br /><br />
<b>Conclusioni.</b>
Dopo l’intervento
di un esperto come Luca Malisan e dei suoi strumenti software, è lecito sostenere
senza tema di smentita che la statura di Salvatore Vinci era sotto il metro e
sessanta. A questo punto non c’è che da scoprire come i fanatici vinciani
cercheranno di rigirare la frittata, poiché purtroppo questo succederà. Vorrei
far notare che quando ho scritto a Luca, mi sono impegnato moralmente a
pubblicare il risultato del suo calcolo in ogni caso. L’appassionato non può
che desiderare il raggiungimento della verità. Quale soddisfazione si può
trarre dal piegare i dati per far quadrare le proprie convinzioni? Come ci si
può sentire dentro quando si è raggiunto l’obiettivo di convincere sapendo bene
di aver truccato le carte? Se ciò è comprensibile – ma certo non giustificabile
– in chi ci guadagna su, non lo è in chi si dedica allo studio della vicenda
per pura passione. Salvatore Vinci non arrivava al metro e sessanta, a questo
punto i conti si devono portare avanti con questo dato non negoziabile.<br />
Ringrazio
infinitamente Luca Malisan per il suo lavoro. Assieme a Efisia Orrù ha fornito
un non indifferente contributo al raggiungimento della verità su questa incredibile
vicenda di malagiustizia.
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com14tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-6090881970129518642020-12-29T01:20:00.013-08:002023-07-07T08:00:19.329-07:00Firenze - Perugia andata e ritorno (3)<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/12/firenze-perugia-andata-e-ritorno-2.html">Segue dalla seconda parte</a><br /><br />
<b>Entra Narducci.</b>
Dopo la trasmissione alla procura di un riassunto dei fatti riguardanti le minacce
telefoniche a Dorotea Falso (1° ottobre 2001), con la conseguente apertura del
procedimento penale 9144/01, il cui codice risulta scritto a penna sul
documento stesso, il 9 ottobre il capo della mobile Piero Angeloni scrisse
ancora a Mignini (<a href="https://drive.google.com/file/d/1GJjSu6Js1rqqVWMqjiHFBhQEPPZf5R0f/view?usp=sharing" target="_blank">vedi</a>, il pdf contiene anche la
successiva lettera di invio a Firenze, che verrà comoda in seguito). Questa
volta venne indicato il codice del procedimento nuovo, seguito dalla sigla 21 a
significare contro persone note (senz'altro i due cognati, ma non ancora la nuova coppia a loro subentrata).
In ogni caso è in questo documento che compare per la prima volta il nome di Francesco Narducci.<br /><br />
<i><span style="color: blue;"><b>OGGETTO: procedimento penale nr. 9144/01 R.G.N.R.
(Mod.21)</b><br />
ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PERUGIA<br />
(C.A. Dr. Giuliano Mignini)<br />
Con riferimento al procedimento penale indicato in oggetto, nel proseguo delle
attività di indagine inerente le telefonate minatorie e quant’altro esposto nel
verbale di sommarie informazioni già trasmesso, si comunica quanto segue:<br />
al fine di stabilire se le persone autrici del reato, allo stato degli atti ancora
non identificate, facciano parte o meno della setta satanica a cui fanno
riferimento nelle conversazioni telefoniche, nonché siano interessate o
coinvolte nella morte di Pacciani e/o comunque legate all’attività della
persona che fu definita “il mostro di Firenze”, si ritiene opportuno chiedere
all’Autorità giudiziaria in indirizzo di volere valutare l’opportunità di
concedere le seguenti deleghe di indagine:<br /><br />
1) <b>acquisizione del fascicolo processuale inerente la persona del dr. Narducci Francesco, perito a seguito di probabile suicidio</b>;<br /><br />
2) delega all’acquisizione di sommarie informazioni da parte della professoressa
Barone, impiegata quale medico legale presso l’istituto di Medicina legale di
Perugia.<br /><br />
Le richieste sono motivate dai seguenti motivi:<br />
per quanto riguarda il cap sub a), come è ormai noto, <b>voci insistenti avevano indicato il Dr. Narducci quale materiale
esecutore dei “tagli” di parti del corpo, effettuati dal mostro di Firenze, e
che per di più avrebbe conservato in modo e luoghi adatti</b>; non solo, la
“famosa” moto che venne vista sul posto dell’ultimo omicidio sarebbe stata
uguale a quella in possesso del Dottore. Detto mezzo non fu mai ritrovato.<br />
Per quanto invece concerne il capo sub b), ossia l’escussione a verbale del medico
legale intervenuto, sembra che la Professoressa Barone sia al corrente di
diversi particolari inerenti chiaramente la morte del Narducci, ma anche fatti
specifici sulla sua vita, forse in considerazione anche del fatto che erano
comunque colleghi.</span></i><br /><br />
Dunque,
vediamo di puntualizzare, riprendendo peraltro una riflessione già fatta. Nonostante il procedimento penale riferito
fosse stato aperto a modello 21, il documento parla di persone “<i><span style="color: blue;">ancora non identificate</span></i>”,
riguardo le quali si vorrebbe stabilire la veridicità della loro millantata
appartenenza a una setta satanica coinvolta nella morte di Pacciani. Ma invece
di identificare prima queste persone – condizione necessaria, altrimenti non si
comprende come l’obiettivo di verificare la loro millantata appartenenza etc.… possa
essere raggiunto – attraverso un percorso logico difficile da capire e
condividere viene già chiesta delega per indagare sulla morte di Francesco
Narducci!<br />
Va innanzitutto osservato che ancora non si parla della presenza del nome di
Narducci nelle minacce dei misteriosi telefonisti, il che ingigantisce il
sospetto che quel nome non ci fosse affatto. Quella eventuale presenza, da
sola, sarebbe comunque stata una giustificazione assai debole per inserire
nelle indagini l’immediata riapertura di un caso vecchio di 16 anni – tanto più
che due sospettati da cui partire c’erano già, i cognati della Falso – ma
almeno sarebbe stato qualcosa. Qui, invece, la giustificazione è grottesca: “<i><span style="color: blue;">Voci insistenti avevano indicato il Dr. Narducci
quale materiale esecutore dei tagli…</span></i>”. In sostanza vengono invocate le
chiacchiere della gente. Lasciamo perdere poi la storia della moto, ignota a
chi scrive, probabilmente nient’altro più di una chiacchiera ulteriore.<br />
Proviamo adesso a dare un’occhiata a quello che succedeva a Firenze negli stessi giorni.
Il 3 ottobre era terminata anche la seconda fase della perquisizione nella
villa dei C. a San Casciano, con la conseguente perdita di ogni speranza residua di trovarvi
qualcosa di interessante. Il giorno dopo c’era stata una riunione in procura,
presieduta dal procuratore capo Ubaldo Nannucci fresco di nomina, nella quale
avevano prevalso scoramento e confusione, come venne poi dimostrato dalle
patetiche dichiarazioni del giorno dopo sui cerchi di pietra di Monte Morello e
dalla ridicola asportazione della scritta sul muro di via dei Serragli.
Sembrava insomma che per le fortissimamente volute indagini sui mandanti stesse
rintoccando la campana a morto.<br />
Angeloni non poteva immaginarlo – altrimenti si potrebbe pensar male – ma con la sua
richiesta di acquisire il fascicolo di Narducci stava per offrire al collega
Giuttari, a capo come lui di una squadra mobile, una insperata via d’uscita per
le moribonde indagini sui mandanti, con l’indubbio effetto collaterale di
fargli anche un regalo grande come una promettente carriera di scrittore di
gialli di successo (del cui decollo, senza la contemporanea presenza di
indagini sul campo, c’è naturalmente da dubitare). Quello stesso 9 ottobre,
infatti, il suo documento dette origine a un fascicolo provvisorio – il
5202/01, iscritto a modello 45, quindi per atti che non costituiscono notizia
di reato – dedicato proprio al medico scomparso nel lago Trasimeno e ai
collegamenti della sua morte con le vicende del Mostro di Firenze.<br /><br />
<b>Perugia chiama Firenze.</b>
Riguardo il
nuovo procedimento sulle minacce telefoniche, per prima cosa Mignini volle
ascoltare Dorotea Falso (16 ottobre). Ecco le parti più significative del
relativo verbale.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Mi
riporto alle denunce da me presentate in relazione alle gravi minacce che mi
sono state rivolte da persone sconosciute nell’arco di tempo che va dal
14/7/2000 al 28/9/2001.<br />
Le persone che mi minacciano sono una o due donne e un uomo che parlano con voce
alterata e che fanno riferimento ad una setta satanica e hanno rivendicato la
paternità dell'uccisione di Pacciani, perché a loro dire avrebbe tradito questa
setta. Sempre gli anonimi interlocutori mi parlano di una sorta di gran
sacerdote della setta che risiede a Firenze e che a loro dire sarebbe presto
venuto a Foligno, anzi a Sassovivo dove si svolgono i loro riti e dove, sempre
secondo loro io dovrei essere sacrificata insieme a mio figlio e poi seppellita
a Firenze. Talvolta invece mi parlano del loro proposito di far diventare mio
figlio adepto della setta e mi avvertono che, se non li seguirà, venderanno i
suoi pezzi. Mi hanno anche detto che io non posso far niente perché i miei
amici poliziotti sono tutti corrotti e fanno parte della setta. […]<br />
<b>Qualche vago sospetto ce l’ho sui miei cognati che si chiamano B. Francesco e C. Nadia.</b>
Ricordo di aver visto
una lettera contenente minacce di morte e posta davanti al finestrone di casa
mia e questo mi fa pensare che gli autori sono a conoscenza del fatto che io
apro tutte le mattine quella finestra. Ci sono anche altre coincidenze come ad
esempio una telefonata in cui mi si chiedeva di salutare i medici che io avrei
visto alle tre del pomeriggio. Di questa notizia era a conoscenza la
baby-sitter che si chiama Tania […] e mia suocera […]. Tra febbraio e marzo del
2001 mi è stato incendiato il fienile e mia cognata disse a mia suocera che era
stato incendiato anche il fienile di una famiglia vicina, cosa che non era
vera.<br />
Aggiungo che nella mia professione di estetista mi è capitato di sentire da una mia
cliente che i carabinieri avevano trovato dietro casa sua a Perugia i resti di
un rito di magia nera con bruciature di volatili. Per quanto mi riguarda però
non mi sono mai interessata di queste cose né comunque di fatti di cronaca
nera.<br />
Non ho mai parlato con i miei cognati. Ricordo solo di aver parlato con loro in
occasione delle prime telefonate quando mi sfogai con mia suocera e rimasi
sorpresa nel constatare l'assoluta indifferenza di mia cognata.</span></i><br /><br />
Correndo il rischio di annoiare il lettore, si deve ancora una volta mettere in evidenza
che la Falso parla di Pacciani ma non di Narducci, mentre segnala nei due cognati delle persone sospette.
A questo proposito la donna dovette rimanere un po' frastornata dall'ingresso
di elementi nuovi, poiché nell'audizione in questura del 29 settembre aveva parlato
di due uomini e una donna, in questo frangente di un uomo e una donna, forse due.<br />
In ogni caso alla poveretta interessava far
cessare le minacce che la stavano tormentando da più di un anno, ma probabilmente
era ormai entrata in un gioco molto più grande di lei, e non poteva immaginare
che i suoi problemi sarebbero andati avanti tre o quattro volte tanto. È inevitabile
chiedersi allora con quale faccia tosta poté poi Giuttari scrivere su <i>Il
Mostro</i> “<i><span style="color: blue;">questa volta Dora è fortunata</span></i>”,
intendendo per l’intervento di Mignini!<br />
Vedremo più avanti, per quanto risulterà possibile attraverso la scarna documentazione in
possesso di chi scrive, come proseguirono le indagini sui misteriosi
telefonisti. Per il momento concentriamoci sulla vicenda Narducci, e prendiamo
in esame il seguente documento, datato 22 ottobre:<br /><br />
<i><span style="color: blue;"><b>Alla cortese attenzione
del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di FIRENZE.</b><br />
Oggetto: Procedimento n. 5202/01 R.G. Mod. 45<br />
Per unione agli atti in possesso di codesto Ufficio, si trasmette copia
dell'informativa in data 09.10.2001 della Squadra Mobile della Questura di
Perugia.<br />
Si fa presente che questo Ufficio procede in ordine alle circostanze relative alla
scomparsa e al rinvenimento del Dr. Francesco Narducci. Manda alla Segreteria per quanto di competenza.<br />
Perugia, 22.10.2001<br />
IL PUBBLICO MINISTERO (Dr. Giuliano Mignini sost.)</span></i><br /><br />
Si tratta di
una lettera di accompagnamento della nota con cui Angeloni aveva chiesto a
Mignini delega per acquisire il fascicolo Narducci e interrogare la Barone. Con
questa lettera Mignini avvertì i colleghi di Firenze che stava indagando sulla
morte di Narducci e i suoi possibili legami con la vicenda del Mostro. Proprio
quel 22 ottobre anche lui aveva sentito la Barone, ottenendo informazioni importanti
sulle procedure irrituali con cui era stata autorizzata la sepoltura di Narducci.
Ma anche tante dicerie e pettegolezzi sui collegamenti con la vicenda del Mostro.
In ogni caso dopo altre audizioni, il 25 ottobre sarebbe stato iscritto a modello 44 – notizie di reato
a carico di ignoti – un nuovo fascicolo, il famoso 17869/01, padre di tutta la
gigantesca inchiesta sulla morte del medico umbro.<br />
Ci si può
immaginare l’entusiasmo degli inquirenti fiorentini quando ricevettero la
lettera, considerando la bruttissima situazione in cui si trovavano riguardo le
traballanti indagini sui mandanti. Avvertito da una telefonata anonima, quello
stesso 22 ottobre Giuttari era andato a controllare il famoso casolare nella
proprietà dei Corsini, rinvenendovi pipistrelli di plastica e materiale
analogo: un “depistaggio”, secondo le sue dichiarazioni ai giornali, in realtà
una burla atroce e nient’altro, secondo il semplice buonsenso. All’orizzonte
rimaneva soltanto la debole speranza di ricevere buone notizie dalla perizia
tossicologica sulla morte di Pacciani, ma il cui risultato avrebbe in ogni caso
portato poco lontano, vista la totale mancanza di qualsiasi soggetto da
indagare (però la sua presenza nelle telefonate alla Falso associata a una setta satanica
che lo avrebbe ucciso costituiva un buon motivo di sospetto).<br />
Di fatto
l’iniziativa di Giuliano Mignini portava dentro la moribonda inchiesta
fiorentina un elemento di assoluta novità e interesse. Si trattava ancora una
volta di una vecchia storia, ma di grandissima suggestione e soprattutto non
più condizionata dall’ostacolo che aveva sempre impedito di approfondirla,
l’alibi di Narducci per il delitto di Calenzano, che nella nuova ottica del
Mostro multiplo non contava più nulla.<br />
Adesso forse
parrà più chiaro il perché chi scrive non crede troppo alle affermazioni di
Giuttari riguardo la spontaneità dell’iniziativa di Jorge Maria Alves, che proprio
in quei giorni lo avrebbe cercato per parlargli di Narducci. Insomma, può
succedere che ogni tanto qualcosa cada a fagiolo, soprattutto per le persone
fortunate, ma qui la coincidenza sarebbe oltremodo straordinaria!
In realtà abbiamo visto nella prima parte che Giuttari aveva inquadrato Narducci
già da tre anni, pertanto diventa legittimo sospettare che, una volta venuto a conoscenza tramite la comunicazione di
Mignini di quel che bolliva in pentola a Perugia, avesse contattato la Alves. In questo caso sarebbe
però incomprensibile il perché della sua decisione
di non dichiararlo. O forse non tanto, poiché nella vicenda inerente la
partenza delle nuove indagini sulla morte di Narducci si avverte una ineliminabile
sensazione di artificiosità.<br /><br />
<b>Le cassette.</b>
A questo
punto il lettore davvero interessato sarà molto curioso di sapere se il nome di
Francesco Narducci c'era o non c’era nelle registrazioni delle minacce
telefoniche dei sedicenti satanisti. Abbiamo visto che nei documenti fin qui
esaminati non se ne fa menzione, ma questo non basta a concludere che quel nome
non ci fosse, servirebbe ascoltare le telefonate. Ebbene, per fortuna chi scrive
ha la disponibilità delle relative trascrizioni effettuate dagli uomini della questura
di Perugia.<br />
Il 29 settembre Dorotea Falso aveva consegnato le prime due audiocassette, che furono
trascritte in un verbale datato 23 ottobre. Dal documento
risultano 58 conversazioni, purtroppo non singolarmente datate. Va detto che la seconda cassetta, registrata
sul solo lato A, è una copia parziale del lato A della prima, riportandone le prime 22 telefonate su 29
(ma, incredibilmente, pare che i tre incaricati
alla trascrizione non se ne fossero accorti, come si evince dal documento...).
A parlare, oltre alla Falso, un
uomo e una donna, con il breve intervento in un solo caso di un’altra voce
maschile, quasi sicuramente il marito della stessa Falso.<br />
Cominciamo col dire che il nome di Pacciani risulta pronunciato in tre telefonate, queste:<br /><br />
Telefonata 11, parla la donna:<br />
<i><span style="color: blue;">… Mi fai ridere…<br />
… il tuo bambino è più brutto di…<br />
… Bocchinara, lo sai noi sappiamo tutto… tutti i bambini con la testa rossa come
tuo figlio ci piacciono, <b>farà la fine di Pacciani</b> per un nostro servo maleficio (?), puttana… la puttana la farai…
con nostro signore satana e tuo figlio ce lo prendiamo noi. …<br />
Non sai quello che dici......<br />
… Puttana tuo figlio ce lo prendiamo noi.</span></i><br /><br />
Telefonata 12, parla l’uomo:<br />
<i><span style="color: blue;">… Fai bene perché siamo qui ad aspettarti, mica hai paura?<br />
Hai molta paura ehh tuo figlio lo riconosciamo anche se lo dipingi di nero, è
rosso, tuo figlio è rosso, satana lo vuole, non capisci proprio un cazzo, non
capisci un cazzo.<br />
Ehh ehh, <b>finirà come Pacciani che ha tradito</b> ahh.<br />
Ahh siamo qui ad aspettarti dai esci magari con il tuo amichetto così lo uccidiamo
anche lui brutta buttana.<br />
… Fa male a morire per te.</span></i><br /><br />
Telefonata 32, parla la donna:<br />
<i><span style="color: blue;">… Non parli? ci vai dal tuo ciarlatano? sii, noi ti aspettiamo, siamo già lì.<br />
Il tuo ciarlatano è un sacrilego, farà una brutta fine, anche tu, vi preleveremo
il sangue il tuo e il suo, di quel ciarlatano <b>la tua testa sarà portata e seppellita nelle colline di Firenze dove
c’è anche quel bastardo di Pacciani</b>.<br />
Puttana sei finita…<br />
Non crederai che questo sia uno scherzo, siamo molti e potenti.<br />
Tu verrai uccisa in nome di satana, verrai uccisa e tuo figlio lo prenderemo.<br />
Ahh ahh vedrai, vedrai, vedrai puttana, uccisa per niente puttanaccia maledetta.</span></i><br /><br />
Come c’era da aspettarsi, il nome di Narducci non compare mai, e neppure parole che in
qualche modo possano richiamarlo, tipo “dottore” o “lago”.<br />
Nelle settimane e nei mesi successivi Dorotea Falso consegnò altre cassette, nelle
cui trascrizioni la numerazione delle telefonate andò avanti con un unico
progressivo (quindi la prima della cassetta 3 prese il numero 59). A complicare
le cose va segnalata la presenza di altri doppioni e di telefonate non pertinenti. In
ogni caso il primo riferimento a Narducci si trova nella telefonata 166, presente
nella cassetta numero 7. Ecco il verbale di consegna in questura, datato 21 maggio 2002
(<a href="https://drive.google.com/file/d/1px9hxe31SNS-49fRMnZEVLS4R-wnumiR/view?usp=sharing" target="_blank">qui</a> il PDF):<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Il 21.05.2002, alle ore 1,45 negli Uffici della Divisione Squadra Mobile della Questura di Perugia.
Di fronte al sottoscritto Ufficiale di P.G. Ispettore Fantauzzi Furio,
coadiuvato dall'Agente di P.G. Assistente capo Emili Salvatore, in forza all'Ufficio indicato in epigrafe,
è presente la nominata in oggetto, la quale per ogni effetto di legge, denuncia quanto segue:<br /><br />
«Dopo circa un periodo di tempo che le telefonate minatorie erano cessate, all'improvviso,
circa una settimana fa sono riiniziate le telefonate con lo stesso tenore di quelle di prima;
nel particolare, in data 18.05.2002, verso le ore 12,36, mi è arrivata la solita telefonata
fatta dalla voce dell'uomo in cui mi veniva detto che avrei fatto la stessa fine
dell'amico di Pacciani seppellito nei Lago Trasimeno e che mi avrebbero buttato nel Lago per uccidermi.<br />
«Durante una telefonata, quest'uomo che falsa la voce, mi ha detto che avrei fatto
la fine dell'amico medico di Pacciani. Da Sabato scorso mi è stato ripetuto più volte che mi avrebbero ucciso e buttato nel Lago Trasimeno.[...]
Voglio anche specificare che sulla cassetta che vi consegno, durante una di queste telefonate,
queste persone mi dicono che il mio telefono è sotto intercettazione e che tutto è inutile
perché i poliziotti sono amici loro.[...]»<br /><br />
Si dà atto che viene acquisita una cassetta audio marca Sony, modello HF 90,
registrata solamente in parte sul lato "A", recante le telefonate in cui viene fatto riferimento a Pacciani ed al suo amico medico.
</span></i><br /><br />
Il verbale di trascrizione riporta la data del giorno dopo, 22 maggio 2002.<br /><br />
Telefonata 166, parla un uomo:<br />
<i><span style="color: blue;"><b>Uomo:</b> Ah. perché dici buonasera? Eh? Presto per
te arriveranno le tenebre di satana. Hai capito?<br />
Verrai uccisa e seppellita come <b>l'amico di Pacciani… del lago Trasimeno</b>.<br />
<b>Falso:</b> Ma scusa ma chi è l'amico di Pacciani? Dimmelo?<br />
<b>Uomo:</b> Ah, guarda bene.<br />
[…]<br />
<b>Falso:</b> Scusa scusami ma io che c'entro con Pacciani? Mi spieghi? Che c’entro io? Io so’ una semplice mortale.<br />
<b>Uomo:</b> Guarda il tuo bambino e <b>finirai nel lago uccisa</b>. Le tenebre
sono vicine per te maledetta pottana, ahh, ahh, ahh, ahh, ahh. Tu maledetta,
ahh, ahh, ahh</span></i><br /><br />
Telefonata 167, frammento, parla un uomo:<br />
<i><span style="color: blue;">[…]<br />
<b>Uomo:</b> Stai zitta, fa silenzio. <b>Tu ricorda il dottore amico di Pacciani.</b><br />
<b>Falso:</b> Ma chi lo conosce? Che c’entro?<br />
<b>Uomo:</b> È la tua fine.</span></i><br /><br />
Come si vede
ci sono dei riferimenti a Narducci ma non ancora il suo nome (per inciso, si
deve presumere che le notizie arrivate nel 2004 a Pino Rinaldi per il suo
servizio su Puletti si fossero fermate qui). Per leggere la parola “Narducci”
si deve aspettare la cassetta 9, contenente 30 telefonate, progressivi 180-209,
consegnata dalla Falso il 27 giugno 2002 (<a href="https://drive.google.com/file/d/11Xzk2huXf9G9IBkewt2Rc9XqtJOLREFe/view?usp=sharing" target="_blank">vedi</a>)
e trascritta su un verbale che riporta la data del 15 luglio. Ecco qui le
quattro conversazioni interessate:<br /><br />
Telefonata 180, frammento, parla un uomo:<br />
<i><span style="color: blue;">Lo conosciamo molto bene il tuo bambino che prenderemo.<br />
Sì è inutile brutta puttana che gli tagli i capelli, puttana.<br />
No, non è il tuo. perché tu sei puttana e tuo figlio ce lo prendiamo noi in nome di
satana e sempre in nome di satana <b>maledetta sarai uccisa come i traditori Pacciani e il grande medico</b>.<br />
Hai capito? Maledetta?</span></i><br /><br />
Telefonata 183, frammento, parla un uomo:<br />
<i><span style="color: blue;">Sei una bestia, il demone di satana è in te, sei sempre più brutta, fai schifo,
flaccida, guardati bene ogni giorno diventi più brutta.<br />
Il demone ti corrode la tua anima e presto la tua anima e la tua vita, sarà
nostra, verrai uccisa, uccisa maledetta.<br />
Il tempo nostro è infinito, è il tuo che finisce pottana, pottana.<br />
Ahh, ahh, ahh, ahh<br />
<b>Finirai come i traditori di Firenze Pacciani e il grande dottore.</b></span></i><br /><br />
Telefonata 192, frammento, parla un uomo:<br />
<i><span style="color: blue;">Ma dimmi i giornali li leggi?<br />
Noi abbiamo parlato molte volte del grande dottore del lago ucciso.<br />
Non li leggi i giornali?<br />
<b>Il dottore, il grande dottore Narducci…<br />
Lui è un traditore come Pacciani di satana ed è morto, morto.</b><br />
E tu farai la stessa fine pottana</span></i><br /><br />
Telefonata 194, frammento, parla un uomo:<br />
<i><span style="color: blue;">Sei puttana e cornuta.<br />
No, la tua morte non è fantasia, è realtà.<br />
<b>Sarai sacrificata in nome
di satana come il grande dottor Narducci, come tutti gli amici di Pacciani
traditori di satana.</b><br />
Povera puttana deficiente, fai schifo.<br />
Sei brutta, è la tua fine.</span></i><br /><br />
Di recente è comparso su Youtube un filmato con alcune telefonate (<a href="https://www.youtube.com/watch?v=W30KHGSpsXU" target="_blank">vedi</a>),
il lettore le può ascoltare anche <a href="https://drive.google.com/file/d/1M1Fs-JlsEpJiw-0wg8o7FQJQGp7YuvgG/view?usp=sharing" target="_blank">qui</a>.<br />
Le registrazioni
di Dorotea Falso proseguirono. Dal verbale di ricerca dei termini significativi
contenuti nelle trascrizioni, redatto il 16 giugno 2004, si scopre che in
totale le cassette furono almeno 18, in 8 delle quali c’erano riferimenti alla
vicenda del Mostro. In particolare, dopo la 9, Narducci compare nelle cassette
11 e 13. La figura sottostante ne mostra le prime tre pagine.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-PMyYhD-kXB8/WR6SfzG-uVI/AAAAAAAABmc/hkvsuxYMlLY7FrXdtIRlTalfQdOcfSBEwCPcBGAYYCw/s1600/Ricerca%2Bsu%2Bintercettazioni%2Bfalso.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="741" data-original-width="1600" height="185" src="https://1.bp.blogspot.com/-PMyYhD-kXB8/WR6SfzG-uVI/AAAAAAAABmc/hkvsuxYMlLY7FrXdtIRlTalfQdOcfSBEwCPcBGAYYCw/s400/Ricerca%2Bsu%0A%0A%2Bintercettazioni%2Bfalso.png" width="400" /></a></div><br />
Qui sotto si possono vedere invece le date di trascrizione delle cassette 1, 2, 7 e 9.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-vvtlJHHyxf4/WR6StPMHxWI/AAAAAAAABmc/9jFR0Cqo-yIEM4-K4x3VFjXuuwe6nybiACPcBGAYYCw/s1600/Date%2Bcassette%2Bfalso.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="576" data-original-width="1600" height="143" src="https://1.bp.blogspot.com/-vvtlJHHyxf4/WR6StPMHxWI/AAAAAAAABmc/9jFR0Cqo-yIEM4-K4x3VFjXuuwe6nybiACPcBGAYYCw/s400/Date%2Bcassette%2Bfalso.png" width="400" /></a></div><br />
Il quadro è (quasi) completo, e consente di affermare una verità tanto clamorosa quanto
inconfutabile: <b>non è vero che le indagini sulla morte di Francesco Narducci
furono riaperte dietro lo stimolo delle telefonate minatorie a Dorotea Falso</b>,
poiché in quelle telefonate il primo riferimento alla persona, sotto forma di “<i><span style="color: blue;">amico di Pacciani del lago
Trasimeno</span></i>”, è successivo di ben 7 mesi, da ottobre 2001 a maggio 2002.<br />
Il lettore tragga da
solo le conseguenze che ritiene opportuno trarre.<br /><br />
<b>La causa diventa l’effetto.</b>
A questo
punto si deve notare la sorprendente inversione dei fenomeni di causa ed
effetto. Se non fu la comparsa del nome di Narducci nelle minacce telefoniche a
far partire le indagini sulla sua morte, fu quasi sicuramente la partenza delle
indagini sulla sua morte a far comparire il suo nome nelle minacce telefoniche.
Altrimenti, al solito, dovremmo accettare una casualità poco plausibile. La
spiegazione più ovvia di tale fenomeno potrebbe essere la comparsa sui mass media delle notizie relative
alle indagini, dalle quali i molestatori sarebbero stati stimolati all’utilizzo
della figura di Narducci accanto a quella di Pacciani. Ma non sembra così.<br />
Durante i primi mesi le bocche degli inquirenti erano cucite. A quanto risulta
a chi scrive l’unica fuga di notizie avvenne in concomitanza con l’audizione,
il 22 gennaio 2002, di Gabriella Carlizzi da parte di Mignini. Fu quasi
certamente la teste stessa a parlare, nonostante la secretazione del verbale.
Dal “Tirreno” del 25:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">L'inchiesta
avviata a Perugia, dopo l'interrogatorio di dieci ore di Gabriella Carlizzi,
sembra un po' come il capo di un filo: a tirarlo si dipana la matassa. E
infatti il procuratore capo Giuliano Mignini pare aver iniziato proprio dal
principio. Dal 1985, precisamente l'8 ottobre, quando un giovane medico, figlio
del primario di ginecologia dell'ospedale di Foligno, scomparve nelle acque del
lago Trasimeno. Secondo la procura di Perugia che avrebbe ricevuto alcune carte
da quella di Firenze, la morte di Francesco Narducci, all'epoca 36 anni,
potrebbe essere collegata con le vicende giudiziarie che vedono implicata la
schola di esoterismo e magia che secondo gli inquirenti fiorentini avrebbe
ordinato i delitti delle coppiette. Gli incartamenti sono stati ripresi dagli
scaffali ma il filo che ne esce sembra avvolgersi sempre attorno alla rosa
rossa. Il nome della congrega con base in Francia e a Firenze che firmerebbe i
delitti più efferati lasciando il suo simbolo: la rosa. Solo ipotesi,
naturalmente.<br />
Narducci
scomparve dalla sua barca un pomeriggio di ottobre. Il corpo fu ripescato
qualche giorno dopo. L'indagine fu presto chiusa col suicidio. Ma che ragioni
avrebbe avuto Narducci di suicidarsi? La storia non l'ha mai raccontato. Il
nome del medico e docente universitario arrivò a Firenze già diciassette anni fa.
Attraverso alcune lettere anonime che lo avrebbero indicato come implicato
nella terribile vicenda dei duplici omicidi. La procura di Firenze svolse degli
accertamenti – a quel tempo capitava con frequenza che anonimi indicassero
personaggi anche i più stravaganti – non trovò nulla – anche perché il medico
in occasione di uno dei delitti sarebbe stato all'estero – e chiuse le
indagini. Ma di un medico morto affogato parlò anche Pietro Pacciani in uno dei
suoi innumerevoli memoriali. Indicava nomi e personaggi, il «Vampa», per
difendersi. E su alcuni gli inquirenti fiorentini, successivamente, avrebbero
anche trovato riscontri. Come nel caso del medico perugino, se è vero che
l'input a riaprire le indagini è partito da Firenze. Narducci potrebbe aver
fatto parte della schola? E se avesse semplicemente visto ciò che non avrebbe
dovuto vedere?</span></i><br /><br />
Come si vede compaiono anche notizie inesatte, la qual cosa conferma una fonte di tipo secondario,
ben compatibile con la Carlizzi. Un articolo analogo comparve su “Repubblica”. Per i telefonisti satanici gli stimoli erano
molti, tra notizie vere e notizie fasulle tutte orientate verso ipotesi settarie,
eppure non ne approfittarono, quasi avessero voluto rispettare
la secretazione del verbale della Carlizzi.<br />
Prima di
leggere ancora di Narducci si dovette aspettare i primi di giugno, quando
filtrarono le notizie relative alla imminente esumazione della salma. A
conoscenza di chi scrive il primo articolo è questo del “Corriere dell’Umbria”
uscito il 1° giugno.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Verrà effettuata nella sala settoria dell'Istituto di medicina legale in via del
Giochetto la perizia autoptica sui miseri resti di Francesco Narducci il medico
perugino specialista in gastroenterologia, la cui riesumazione è fissata per il
4 giugno con provvedimento a firma del sostituto procuratore Giuliano Mignini.
Il magistrato perugino, che aveva chiesto lumi ad alcuni esperti tra cui il
professor Aristide Morelli, sulla efficacia di un esame autoptico a 17 anni
dalla morte della vittima, ha nominato quale perito un luminare di Pavia, il
professor Giovanni Pierucci. Anche la famiglia, i cui interessi morali e materiali
sono tutelati dagli avvocati Antonio e Alfredo Brizioli, ha nominato i propri
consulenti che sono Rino Froldi di Macerata, Giuseppe Fortuni di Bologna e
Valter Patumi di Perugia.<br />
Le operazioni inizieranno di buon mattino con l’apertura del loculo al cimitero
monumentale di Perugia ed il trasporto della bara nell’Istituto. Qui la cassa
verrà aperta ed inizieranno gli esami tecnici dei resti. La parte più
importante del lavoro dovrebbe riguardare gli esami istologici e tossicologici.
Il magistrato si è convinto, sulla scorta degli atti raccolti in questi cinque
intensi mesi di indagini e di interrogatori, che il clinico, che aveva appena
36 anni ed era un provetto nuotatore, sia stato ucciso. […]<br />
I tre elementi che hanno riportato l’attenzione su Narducci in questi ultimi mesi
sono, da un lato, <b>un’intercettazione
telefonica nel quadro di un'inchiesta sull'usura svolta dalla squadra mobile
perugina (in cui un estorsore minacciava, in maniera oggettivamente
inquietante, la vittima di farle fare la fine del medico ritrovato nel lago
Trasimeno)</b>, il fatto che nel giro dell'usura ci fossero soggetti legati a
sette sataniche (umbro-toscane) e, infine, il particolare che agli inizi degli
anni ‘80 il giovane clinico era stato in qualche modo sospettato dalla squadra
antimostro anche se poi prosciolto e completamente scagionato (all'epoca dei
delitti si trovava addirittura, per motivi di studio, negli Stati Uniti).</span></i><br /><br />
L’accenno
all’intercettazione telefonica dà ragione delle notizie imprecise che si
sarebbero perpetrate per anni sull’argomento. In ogni caso, lo abbiamo visto e
lo dice l’articolo stesso, l’ingresso del “<i><span style="color: blue;">medico
ritrovato nel lago Trasimeno</span></i>” nelle minacce telefoniche c’era già
stato, più o meno una paio di settimane prima. Quali stimoli potevano, allora,
aver smosso i molestatori proprio in quei giorni? La risposta più logica è: il
medesimo che poi avrebbe provocato i successivi articoli di giornale, e cioè il
deposito della perizia effettuata sui vecchi documenti dal professor Giovanni
Pierucci, nella quale venivano evidenziate le inquietanti anomalie nelle
procedure inerenti recupero e inumazione del cadavere ritrovato nel lago.<br />
Il parere
dell’esperto medico legale aveva costituito il vero punto di svolta di
un’inchiesta che fino a quel momento si era nutrita più che altro di vaghi
sospetti e voci di popolo. Si può a ragione immaginare che, grazie a essa,
Mignini si fosse definitivamente convinto sulla bontà della pista e quindi avesse deciso
di abbandonare ogni esitazione e prudenza, tanto da mettere in programma la
riesumazione del cadavere, un fatto clamoroso presto filtrato all’esterno.
Guarda caso quello fu anche il momento esatto in cui nelle telefonate a Dorotea
Falso fu introdotto “<i><span style="color: blue;">l'amico di Pacciani… del lago
Trasimeno</span></i>”. Le date sono compatibili. Quella
ufficiale del deposito della perizia è il 20 maggio, ma si può presumere che un’anticipazione
ufficiosa del contenuto avesse circolato tra chi di dovere
già un po’ prima. Riguardo le telefonate, abbiamo visto che la consegna della cassetta era
avvenuta anch'essa il 20 maggio. Dal verbale si apprende che la telefonata 166, quella in cui
comparivano per la prima volta riferimenti alla vicenda Narducci, era del 18. Altra notizia di grande
importanza è quella di una ripresa delle telefonate dopo un silenzio di un non meglio specificato periodo di tempo.<br />
È dunque ineliminabile il sospetto che i telefonisti si fossero presi una pausa in attesa del consolidarsi della pista
Narducci, per poi introdurne la figura nelle loro minacce. È parimenti ineliminabile il
sospetto che avessero potuto contare su qualche aggancio nell’ambito delle forze dell’ordine, tale da
consentir loro di conoscere la notizia sulla prossima esumazione del cadavere,
addirittura ancor prima del deposito della perizia che l'avrebbe resa possibile. Sulle motivazioni del
loro agire non è il caso di lanciarsi in ipotesi inverificabili, è meglio che
ognuno si faccia la propria idea.<br /><br />
<b>Le indagini sui telefonisti.</b>
Quali
indagini furono effettuate per individuare gli autori delle minacce
telefoniche? Abbiamo visto che alla fine, a quanto risulta dalle notizie
emerse, l’unico condannato fu un certo Pietro Bini, mentre altre tre persone,
tra cui i cognati di Dorotea Falso, sarebbero state assolte. Buio totale però
su come si arrivò a questo risultato. I pochi documenti pervenuti nella
disponibilità di chi scrive non aiutano molto, anche se possono offrire utili
motivi di riflessione. Prima di proseguire è opportuna una premessa: è opinione
personale che le molestie telefoniche siano da dividersi in
due fasi ben distinte, legate ad autori e motivazioni differenti. Nella prima
fase agirono soltanto i due cognati, spinti da ignoti rancori di presumibile
origine familiare. Nella seconda subentrarono altri soggetti, forse
affiancandosi ai primi due ma più probabilmente sostituendoli. Le nuove
motivazioni sono difficili da immaginare, in ogni caso appaiono torbide, e in
qualche modo legate alle indagini di Firenze sui mandanti. L’ingresso della
figura di Pacciani potrebbe rappresentare il punto di giunzione tra le due
fasi.<br />
Ecco alcuni elementi desumibili dalla documentazione in possesso di chi scrive, tutti
riferiti alla seconda fase:<br /><br />
<ul style="margin-top: 0cm;" type="disc">
<li>la lettura dei tabulati Telecom
relativi all’utenza Falso permise di appurare che venivano sempre usate
schede telefoniche in cabine pubbliche;</li>
<li>soltanto in un caso e per un
motivo fortuito si arrivò a un numero di cellulare con prefisso 335
(contratto “Tim <span style="mso-bidi-font-style: italic;">business”</span>)
che però, almeno a un primo controllo, risultò inesistente, poi non si sa;
era forse quell’utenza in uso a un poliziotto di cui parla il libro <i>Setta
di stato</i>?</li>
<li>vennero usate almeno 42 cabine
telefoniche, quasi tutte dislocate in paesi poco lontani dalla statale che
conduce da Foligno al lago Trasimeno: Foligno (11), Spello (5), Bastia
Umbra (2), Santa Maria degli Angeli (8), Assisi (6), Ospedalicchio (1),
Casaglia (1), Collestrada (1), Ponte San Giovanni (2), Perugia (1),
Sant’Andrea delle Fratte (1), San Feliciano (dove scomparve Narducci, 1).
Paesi un po’ discosti: Ponterio (1) e Bevagna (1);</li>
<li>con le stesse schede
telefoniche furono chiamati altri numeri, tra i cui intestatari la questura
evidenziò: a Vicchio “Il Forteto” e l’abitazione di un parroco, a Firenze
l’istituto “Pio X” nella ben nota via dei Serragli e due società di taxi,
infine a San Casciano la “Cooperativa di Solidarietà Lautari”;</li>
<li>alcune schede vennero usate
anche da Firenze per chiamare una casa di ritiri spirituali, “Oasi del
Sacro Cuore”, situata in Assisi.</li>
</ul><br />
Se si pensa
che il destinatario delle minacce era un’anonima estetista, non si può fare a
meno di domandarsi che cosa ci fosse sotto per mettere in piedi questa
gigantesca rappresentazione. È anche strano che non risultino intercettazioni
realizzate dalle forze dell’ordine, ma soltanto un tardivo suggerimento di
Angeloni a Mignini in data 28 febbraio 2002 che non sembra aver avuto seguito.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
In considerazione di quanto sopra e della gravità dei fatti esposti nei vari
verbali resi dalla Falso Dorotea, nonché dalle minacce di morte, sia nei
confronti della Falso che del figlio in tenera età, evinte dai primi verbali di
trascrizione delle telefonate avvenute, è modesto parere di questo ufficio
ritenere necessario di richiedere all’Autorità Giudiziaria in indirizzo di
voler valutare l’opportunità di concedere l’autorizzazione a procedere ad
intercettazione dell’utenza telefonica dell’utenza […] intestata a […] di Falso
Dorotea, in uso alla stessa, per una durata di quindici giorni, senza blocco,
da effettuare presso la sala intercettazioni di questa Questura, Divisione
Squadra Mobile. Si fa altresì presente di voler valutare l’opportunità di fare
acquisire anche il tracciamento telefonico in entrata ed in uscita dell’utenza
interessata per tutto il periodo che verrà effettuata l’eventuale
intercettazione telefonica.
</span></i><br /><br />
Con l’enorme uso, per non dire abuso, delle intercettazioni telefoniche in
moltissimi altri alvei dell’inchiesta, riesce davvero difficile capire il
perché nel caso dei sedicenti satanisti esse non furono attuate.<br />
Ma proviamo a scoprire qualcosa di questo nuovo personaggio, Pietro Bini – che sappiamo essere l’unico
condannato – attraverso
le parole di una collega di lavoro alla quale aveva fatto telefonate ingiuriose
con voce camuffata tramite un congegno elettronico.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
OGGETTO: Verbale di spontanee dichiarazioni rese da C. Luciana [...]<br />
Il 9 gennaio 2003, alle ore 18:20, negli uffici della Divisione della Squadra Mobile
della Questura di Perugia, innanzi al sottoscritto Ass. C. EMILI Salvatore è presente
la nominata in oggetto la quale sentita in relazione ai fatti già denunciati in passato,
relativi alle minacce e ingiurie ricevute dal suo collega di lavoro BINI Pietro, in altri
atti generalizzato riferisce quanto di seguito:<br />
Preciso che le telefonate minatorie che poi ho saputo che venivano effettuate dal
BINI Pietro, la voce veniva distorta tramite un congegno elettronico di piccole
dimensioni, della grandezza di un registratore portatile. La voce che veniva simulata
era del tipo rauca, rantolante che poteva rimarcare la follia della persona che
telefonava. Sono sicura di ciò in quanto lo stesso Bini mi ha raccontato come riusciva
ad effettuare tali telefonate senza farsi riconoscere, ed infine mi ha anche mostrato
l'apparecchio da lui utilizzato. Le telefonate in questione come confessato dal Bini le
effettuava sia dall'utenza telefonica della sua abitazione che da cabine pubbliche. [...]<br />
So che pratica unitamente ad un gruppo di ragazzi maschi e femmine, la simulazione di guerra
ed hanno una sede in Spello. Attualmente in azienda lavora come centralinista e posso dire che è un
esperto nel campo della telefonia e ricetrasmittenti come da lui asserito e dimostrato.
</span></i><br /><br />
Questa invece è un’informativa della questura, datata 25 febbraio 2003.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
L’estrapolazione
delle schede telefoniche interessate, grazie alla possibilità di evincerne il
codice che lascia traccia della chiamata effettuata, ha permesso di focalizzare
l’attenzione su alcuni elementi che potrebbero essere gli autori del reato;
nello specifico è giusto segnalare che uno di loro, tale Bini Pietro, nato a
Cannara […] ivi residente […], soprannominato “Tenente Kenne”, vista la sua
passione e megalomania per le armi e tutto ciò che attiene l’esercito, anche se
riformato, ha già precedenti specifici per aver ossessionato con telefonate
anonime una donna, tale C. Luciana, minacciandola ed usando termini scurrili
come viene fatto per la Falso. È anche da sottolineare che le sue fisime lo
vedono come un fervido partecipante alle gare di “Soft air”, sia nella
provincia di Perugia che in quella di Firenze e in quella di Reggio Emilia.<br />
Oltremodo,
una delle tante schede telefoniche usate per effettuare le minacce, viene usata
diverse volte, anche in orari particolarmente tardi, anche per chiamare la C.
Romina, sorella della C. Luciana. È evidente che la Romina C. non è ancora
stata escussa a verbale, come la sorella (vedasi verbale allegato), perché
sussistono validi elementi per ritenerla facente parte del sodalizio in parola,
cosi come altri personaggi non sono stati chiamati, fino a che non esisterà la
certezza della loro estraneità all'attività criminosa, onde non pregiudicare le
indagini che si stanno effettuando. Si segnala anche che è la stessa Luciana
C., che in sede di escussione a verbale, dichiara che il Bini è in possesso di
tutti i numeri telefonici della sua famiglia e conosce i vari componenti.<br />
Oltremodo
si evidenzia che il Bini è stato indicato da più persone come un fervido
praticante di messe nere e che, stranamente, le zone frequentate per le gare
della “soft air” coincidono con i luoghi dove vengono praticati i riti
satanici. Non è da sottovalutare neppure la tecnica che il Bini usò con la C.;
infatti, durante le sue telefonate minatorie usava un distorsore vocale,
necessario per non far riconoscere la propria voce, visto che la persona offesa
e l’autore erano colleghi di lavoro e quindi perfettamente conoscenti l’una
dell’altro. Tale metodo ha permesso al Bini di operare nella sua attività
minatoria e denigratoria per ben due anni, senza che venisse scoperto e senza
lasciare tracce particolari. L’elemento scatenante nel Bini questa perseveranza
maniacale è da ricercare in un netto rifiuto, da parte della C., ad
intraprendere una relazione sentimentale, stante le dichiarazioni rilasciate dalla stessa.
</span></i><br /><br />
È davvero
tutto molto strano. L'informativa racconta i precedenti del soggetto nel campo
delle molestie telefoniche, ma non fornisce alcun elemento che possa collegarlo
a Dorotea Falso. La quale a sua volta mai lo aveva chiamato in causa. Eppure
sappiamo che tre anni dopo Bini avrebbe ammesso le molestie, concordando con
Mignini una pena rifiutata peraltro dal giudice per la sua eccessiva esiguità.
E infine nel 2012, secondo Fiorucci, avrebbe “<i><span style="color: blue;">patteggiato
una pena di qualche mese spiegando: l’ho fatto perché ero invaghito
dell’estetista che non ci stava</span></i>”.<br />
È chiaro che i conti non tornano. Se è vero che è sempre opportuno tenersi lontani
da facili scenari di complottismo, in questo caso
è ineliminabile il sospetto che Pietro Bini e Romina C. avessero agito per conto di qualcuno.
Chi poteva essere questo qualcuno e quali potevano essere i suoi interessi allo stato
della documentazione in mano a chi scrive non è possibile ipotizzarlo.<br /><br />
<b>Firenze risponde.</b>
Nello stesso
giorno dell’audizione di Jorge Maria Alves, 9 novembre 2001, partì la richiesta
di Canessa a Mignini per collegare le rispettive inchieste. Tempo neppure un
mese che Giuttari preparò una nota per la procura dove chiedeva nuove deleghe a
effettuare interrogatori e intercettazioni, anche sulla base dei nuovi sviluppi dovuti
all’inchiesta perugina. Tra l’altro con la Alves aveva già trovato nella figura
dell’avvocato Jommi il primo possibile legame di Narducci con l’ambiente
fiorentino.<br />
Quelle deleghe le avrebbe attese a lungo, però, poiché il nuovo procuratore capo,
Ubaldo Nannucci, non si fidava troppo, quindi, di lì a poco, sarebbero
state scintille.<br /><br />
<p align="center">***********************</p>
<b>Ringrazio Francesca Calamandrei</b> per la disponibilità nel fornirmi la documentazione in suo possesso,
augurandole che dopo il riconoscimento da parte della legge dell'assoluta estraneità di suo padre a questa brutta vicenda,
cessino anche i sospetti ingiustificati che si alimentano di inesistenti ombre nere.
</span></div>Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com23tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-55910987996121901042020-12-29T01:13:00.012-08:002021-06-22T20:29:31.657-07:00Firenze - Perugia andata e ritorno (2)<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/12/firenze-perugia-andata-e-ritorno-1.html">Segue dalla prima parte</a><br /><br />
<b>L’estetista.</b>
Abbiamo visto che in un giorno non ben precisato, ma non troppo precedente la
sua audizione del 6 novembre 2001, Maria Alves aveva cercato di Giuttari, con
lo scopo di reiterargli i propri sospetti sull’ex amante Giuseppe Jommi e sulla
sua presunta amicizia con Francesco Narducci. “<i><span style="color: blue;">Ha
cercato varie volte di contattarmi lasciando detto in Questura che aveva
notizie sulla vicenda del “mostro di Firenze” e che voleva incontrarmi.
L'accontento appena posso.</span></i>”; così si legge ne <i>Il Mostro</i>. Fino
a prova contraria dobbiamo credere alla versione dell’ex superpoliziotto, del
resto confermata dal verbale riassuntivo controfirmato dalla stessa Alves, ma
questo ci costringe nel contempo anche ad accettare una coincidenza davvero
sorprendente: quando, dopo tanti anni, la rancorosa signora brasiliana aveva
deciso di sottoporre ancora una volta la chiacchierata figura del medico umbro
all’attenzione delle forze dell’ordine, da qualche giorno, forse da una, due,
tre settimane al massimo, a Perugia erano state riaperte le indagini su di lui!
(vedremo tra un po' che la comunicazione ufficiale dalla procura di Perugia a quella
di Firenze era avvenuta il 22 ottobre).<br />
Ma concentiamoci sui soli eventi di Perugia. Per quale motivo
una storia vecchia di ben sedici anni – fonte sì di fascinose suggestioni ma sempre scartata come effettiva ipotesi
di lavoro – era stata riaperta? L’appassionato che ha letto <i>Il Mostro</i>, e
quindi il colorito resoconto di Giuttari, sa il perché, o almeno
è convinto di saperlo.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Squilla il telefono nell'istituto di Foligno dove lavora
Dora. Lei solleva la cornetta e prima ancora di salutare il cliente riconosce
il fiato corto, affaticato.<br />
«<b>Tu e la tua famiglia dovete morire... tuo figlio, con
quella bella testolina tutta rossa... per il nostro signore Satana, verrà
sacrificato sulle colline del Mugello... maledetta puttana...</b>»<br />
La voce dell'uomo è roca, artefatta, vagamente metallica.
Scandisce le parole come se gli costasse.<br />
Non è la prima volta che Dora riceve quelle telefonate. Si
alternano un uomo e una o due donne, difficile dirlo perché le voci sono sempre
camuffate, quelle femminili con un timbro falsamente infantile. Non cambiano le
offese e le minacce.<br />
«<b>Ancora li? Ci vai dal tuo ciarlatano? Sì, noi ti
aspettiamo, siamo già lì, dal tuo ciarlatano. Farà una brutta fine. Anche tu.
Ti prenderemo il sangue, il tuo e il suo. La sua testa sarà portata e
seppellita nelle colline di Firenze... dove c'è anche quel bastardo di
Pacciani... Puttana, sei finita!</b>»<br />
Dora non si perde d'animo, tiene testa agli interlocutori,
li deride: «È una vita che me lo dici... che paura! Che paura, tremo tutta!»,
[voce di donna] «<b>Tuo figlio... lo vogliamo...</b>» [lei] «Cos'è, non sei
capace a farne?» [voce di donna] «<b>Farà la fine di Pacciani... era un nostro
servo ma ha tradito.</b>» [voce di uomo] «<b>Ricorda il dottore amico di
Pacciani... traditori di Satana... I traditori Pacciani e il grande medico...
Narducci... finito nel lago strangolato.</b>»<br />
[voce di uomo] «<b>Presto per te arriveranno le tenebre di
Satana. Come l'amico di Pacciani, nel lago Trasimeno.</b>»<br />
[voce di uomo] «<b>La polizia a noi non ci fa niente... tu
morirai. È importante che qualcuno di noi, e siamo tanti, lo faccia...
puttana... scimmia... gallina!</b>»<br />
Le telefonate si susseguono. Dora li fa parlare. E registra
tutto.</span></i><br /><br />
Si sarebbe
scoperto poi che dietro il nome camuffato di “Dora” c’era la titolare di un
istituto di bellezza di Foligno, tale Dorotea Falso, una normalissima signora
di quasi quarant’anni del tutto priva di legami sia con il mondo dell’occulto
sia con quello dei servizi segreti e, per quanto se ne sa, anche fuori da
qualsiasi altra organizzazione criminosa o comunque nascosta. Il perché una
sedicente setta satanica l’avrebbe minacciata addirittura di morte risulta del
tutto incomprensibile. Ma vediamo quel che successe poi, sempre secondo
Giuttari.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Ora è davanti a un ispettore della Squadra Mobile della
Questura di Perugia, che ascolta incredulo il nastro, la prova della denuncia
per le minacce di morte che è venuta a sporgere. È una denuncia circostanziata:
oltre alle telefonate aveva ricevuto lettere anonime sempre con minacce di
morte, era stata avvertita che le avrebbero bruciato il fienile, cosa che poi
avvenne, aveva subito danni alla propria auto (quattro ruote squarciate e
sfregi sulla carrozzeria), tutti fatti che aveva regolarmente denunciato alle
forze dell'ordine del paese in cui abitava.<br />
«Adesso hanno iniziato a minacciare di morte anche mio
figlio che ha tre anni.»<br />
Ma questa volta Dora è fortunata: l'ispettore avvisa subito
il PM che sta coordinando l'indagine su un caso in cui è coinvolto un parente
di lei, che è il motivo per cui quel giorno è stata convocata in Questura.<br />
Il PM è Giuliano Mignini. Un uomo integro e coraggioso, che
va dritto per la sua strada, non si piega alle pressioni e non si lascia
intimidire da nessuno. Uno di quei tutori dell'ordine al servizio dei cittadini
che mi piace raccontare nei miei romanzi. La stessa tempra di Vigna, che sempre
più rimpiango.</span></i><br /><br />
Come? Giuttari
rimpiangeva il medesimo Vigna che di lì a un paio di mesi, grazie proprio alle
sue stesse confidenze, sarebbe stato presentato su Panorama come depistatore?
Ma non è questo ciò che interessa qui, qui interessa Mignini, e soprattutto le
sue mosse di fronte alle stranezze degli eventi dei quali fu messo a parte.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Quando giunge nell'ufficio della Mobile il magistrato non si
toglie neppure l'impermeabile beige, ma si mette subito la cuffia e ascolta le
telefonate. Vuole sentire bene le voci, studiare le frasi una per una. Lo
colpisce soprattutto il riferimento al “grande medico”, Narducci, perché anche
lui, che è di Perugia, sa che si tratta del medico che la “voce pubblica” in
passato aveva collegato alla vicenda del “mostro di Firenze” e che ancora
persiste.<br />
Vuole vederci più chiaro e senza perdere tempo emette una
serie di autorizzazioni per approfondire le indagini, tramite la Squadra Mobile
di Perugia, sul medico e la sua morte.</span></i><br /><br />
E così, almeno a
dire di Giuttari, invece di accertarsi prima di chi potesse esserci dietro le
ridicole minacce telefoniche – si trattasse di mitomani oppure anche della
fantomatica setta che a Firenze avrebbe commissionato i delitti del Mostro –
Mignini partì in quarta a indagare su una storia vecchia di sedici anni.
Proviamo a leggere il resoconto diretto del magistrato, come risulta dalla citazione
della sua requisitoria nella sentenza Micheli.<br /><br />
<u id="SGN1"></u><i><span style="color: blue;">Nel settembre – ottobre 2001, la Squadra Mobile della
Questura di Perugia sta seguendo un caso stranissimo, che tutt’oggi, nonostante
un’intervenuta condanna patteggiata, presenta degli aspetti oscuri e torbidi. È
il caso delle quotidiane minacce telefoniche dal contenuto e dalle modalità
espressive degne di un film horror, che una estetista di Foligno, certa Falso
Dorotea, riceve da mesi, da più persone (un uomo certamente e, forse, una o più
donne) che, con voce alterata, si affermano appartenenti ad una congrega di
tipo satanista. […]<br />
Ad un certo punto, attorno alla metà di ottobre 01, il
contenuto delle minacce, dapprima piuttosto generico, assume, via via, dei
riferimenti, sempre più precisi, alla tragica vicenda fiorentina e, in
particolare, dapprima alla figura di Pietro Pacciani, poi, anche a quella di un
medico, identificato esplicitamente in Francesco Narducci. […]<br />
La stessa Squadra Mobile di Perugia non se ne sta inerte e,
in una delle note che accompagnano la strana evoluzione della vicenda Falso
Dorotea, richiama la morte del gastroenterologo e i suoi ipotetici rapporti con
la tragica sequenza omicidaria fiorentina.<br />
Alla luce di tale nota, sempre nell’ambito del procedimento
sulle minacce telefoniche, riprende, anzi, questo PM prende per la prima volta,
lo scarno fascicoletto “Atti relativi alla morte di Francesco Narducci”,
esistente in Tribunale (ve ne è anche uno della Procura) e si comincia ad
assumere a informazioni alcuni soggetti che possono fornire indicazioni su
quella morte e, su indicazione della Mobile, la Prof.ssa Francesca Barone,
appartenente all’epoca all’Istituto di Medicina legale di Perugia, di turno, ma
stranamente non chiamata in occasione del rinvenimento del cadavere attribuito
al Narducci.</span></i><br /><br />
Sembra proprio
che Giuttari avesse raccontato il vero sulla partenza immediata delle nuove
indagini riguardanti la morte del medico umbro (ma non sulle telefonate, come scopriremo più avanti). L’interrogatorio di Francesca Barone,
infatti, è del 22 ottobre, un lunedì, quindi di appena una settimana successivo
alla metà del mese, quando, afferma Mignini, nelle telefonate a Dorotea Falso
sarebbero comparsi i nomi prima di Pacciani poi anche di Narducci. Quella
stessa settimana venivano sentiti almeno altri sei testimoni chiave, per
proseguire alla medesima velocità nelle settimane successive. Una partenza
sprint, insomma, nemmeno si fosse cercato un serial killer che minacciava di uccidere ancora da un momento
all’altro. La sentenza Micheli pare non far caso a questa incredibile fretta, e
non approfondisce per nulla i possibili retroscena delle strane telefonate, le
quali vengono liquidate in poche righe come prodotto dell’umana idiozia.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">A proposito delle telefonate di molestia e minaccia che
costituirono l’occasione per tornare a indagare sulla morte del Narducci, nulla
quaestio: che un qualunque mentecatto potesse mirare a spaventare una donna
usando argomenti di quel tipo, non può destare sorpresa. I passi riportati dal
P.M. sembrano peraltro, nella gran parte, avere un “normale” contenuto di
ingiuria ai danni della signora Falso, con solo occasionali riferimenti ai
personaggi che qui rilevano: in quel contesto, l’abbinamento del Narducci al
Pacciani non rivelava necessariamente che chi lo operava sapesse chissà cosa
sul conto del primo. Nel 2001, facendo un minimo conteggio, erano ormai sedici
anni che circolava la chiacchiera sul fatto che il medico umbro avesse avuto a
che fare con i delitti del “mostro di Firenze”, ed è – questo sì – fatto
notorio che nell’immaginario collettivo dire “mostro” significasse dire Pietro
Pacciani; aggiungendo poi il particolare che anche il Pacciani risultava
deceduto in circostanze, per taluno, ancora misteriose, ecco un mix perfetto
per dare corso a sfoghi di idiozia. E che l’autore di quelle telefonate fosse
appunto un povero idiota risulta con palese evidenza dai riferimenti ai limiti
estetici od alle infedeltà coniugali che affliggevano la malcapitata destinataria
delle contumelie: chi vuole seriamente minacciare la persona a cui si rivolge
non si mette a dire cose del genere.</span></i><br /><br />
Per Micheli,
quindi, “<i><span style="color: blue;">nulla quaestio</span></i>”, niente da
dire. Qualche considerazione in più invece pare opportuna, non tanto su chi
telefonava quanto sul peso delle stesse telefonate nell'inchiesta. Chi scrive
non sa nulla di diritto penale, però si presume che anch’esso, come tutte le
attività disciplinate dalle leggi dello stato, debba ispirarsi quantomeno a una
logica di base condivisibile da tutti, al buonsenso, insomma. Un magistrato che riceve una notizia di reato – in questo caso l’ipotetico omicidio
di Narducci legato ai delitti del Mostro di Firenze – certamente ha sia il
diritto sia il dovere d’indagare, ma si presume che decida di esercitarli
soltanto dopo essersi accertato che la notizia abbia un minimo di consistenza.
In fin dei conti ogni procedimento penale comporta un’allocazione di risorse e
un costo per la collettività, quindi, considerando per di più la cronica
carenza di mezzi della nostra magistratura, un filtro attento s’impone. Ora ci
si chiede quale credito potesse esser concesso a chi si professava appartenente alla
misteriosissima setta satanica che avrebbe ucciso Pacciani e poi tormentava una
povera donna chiamandola puttana, scimmia e gallina! Per caratterizzare uno
scenario del genere il termine più adatto non può che essere: “ridicolo”. Ma se
anche, malgrado tutto, si fossero davvero ritenuti possibili i legami satanici
millantati dai telefonisti, la prima cosa da fare era individuare chi li
millantava, con il che si sarebbe forse potuto aprire uno spiraglio di immense
potenzialità nelle indagini sulla ricerca dei mandanti. O no?<br /><br />
<b>I telefonisti.</b>
Sono stati chiariti, almeno in seguito, i retroscena delle
strane telefonate, e soprattutto, sono stati individuati i misteriosi
telefonisti? Nel frammento precedente Mignini accenna a una condanna
patteggiata, ammettendo però che nella vicenda rimanevano ancora degli aspetti
da chiarire. Le notizie sull’argomento sono molto scarse e anche
contraddittorie. In ambito giornalistico per anni si è ritenuto che le
telefonate all’estetista fossero state opera di usurai che cercavano di
recuperare i loro soldi, e prima dell’uscita della sentenza Micheli non si era
neppure sicuri che in esse vi fossero espliciti riferimenti a Francesco
Narducci o si parlasse invece di un generico “grande medico”. Si ricorda un servizio di “<i>Chi l’ha visto</i>”
(20 marzo 2004) dove il giornalista Pino Rinaldi proponeva in alternativa a
Narducci un altro medico, tale Alessio Puletti, caduto in un giro di usura e
morto suicida vicino al lago Trasimeno nel 1995. Secondo Rinaldi nelle
telefonate all’estetista si sarebbe fatto riferimento a lui, e non a Narducci,
quindi le indagini su quest’ultimo si sarebbero avviate partendo da presupposti
sbagliati. Si trattava di una falsa pista che sarebbe costata allo stesso
Rinaldi l’iscrizione nel registro degli indagati per ostacolo alle indagini. A
suo dire l’equivoco era nato per alcune risposte sibilline ricevute da Piero
Angeloni, il commissario che aveva sottoposto il caso dell’estetista
all’attenzione di Mignini.<br />
Da quanto
riporta la sentenza Micheli sull’argomento, ben poco a dire il vero, sembra di
capire che l’usura non c’entri, o meglio, che non riguardasse Dorotea Falso. La
seguente frase, tratta dalla requisitoria di Mignini, parla di due
procedimenti: “<i><span style="color: blue;">Il fascicolo relativo alle
telefonate n. 9144/01/21 era nato, a sua volta, per motivi puramente
occasionali, dal fascicolo 11674/00/21 in materia di usura</span></i>”. Sembra
quindi che le indagini sulle minacce telefoniche si fossero innestate su una
vicenda di usura preesistente, dal cui originario fascicolo, aperto contro
persone note nel 2000 (11674/00/21), ne era stato stralciato uno apposito nel
2001, anch’esso contro persone note (9144/01/21).<br />
Ma insomma, chi erano gli autori delle ridicole telefonate e quali i loro obiettivi? Alcune
preziose informazioni ci vengono offerte dalle pagine umbre della “Nazione” del
30 marzo 2006:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Sembrerebbe un processo come tanti. Minacce telefoniche e
ingiurie nei confronti di un’estetista: reati da poco, puniti con pene miti. Ma
la prima udienza del processo “Brozzi+altri”, ieri mattina davanti al giudice
monocratico di Foligno, Ombretta Paini, è la genesi dell’inchiesta
sull’omicidio di Francesco Narducci. Un mistero lungo 20 anni. Perché per la
prima volta qualcuno, in quelle chiamate con voce artefatta, accostò i nomi di
Pietro Pacciani e del medico trovato cadavere nel lago Trasimeno nell’ottobre
del 1985.<br />
E secondo la Procura di Perugia furono i quattro imputati:
Pietro B. (49 anni), Roberto F. (33 anni) e i coniugi Francesco B. (47 anni) e
Nadia C. (37), cognati dell’estetista. Lo fecero, dice il decreto di citazione
a giudizio firmato dal pubblico ministero Giuliano Mignini, “valendosi della
forza intimidatrice derivante da un’associazione segreta dedita a pratiche
sataniche, coinvolta nelle morti di Pietro Pacciani e Francesco Narducci,
associazione di cui gli anonimi interlocutori dell’estetista affermavano di far
parte…”. Ma dall’inchiesta madre non sarebbe ancora emerso il perché di quel
binomio inquietante (Pacciani-Narducci), né l’eventuale ruolo degli imputati.<br />
Restano quelle frasi terrificanti che l’estetista registrò e
il perito della procura ha puntualmente trascritto.<br />
Ieri però il processo ha subito la prima battuta d’arresto.
Il giudice infatti ha respinto la richiesta di patteggiamento avanzata
dall’avvocato Marco Baldassarri per conto di Pietro B. La pena, concordata con
il pubblico ministero Mignini, era di un mese e venti giorni ma, al termine
della camera di consiglio, il giudice ha ritenuto la pena “non congrua” per la
gravità del reato. Dopo la decisione il giudice si è dichiarata incompatibile a
proseguire il giudizio per gli altri imputati e ha rimesso gli atti al
presidente del tribunale di Perugia che dovrà designare un nuovo giudice.</span></i><br /><br />
Quindi, secondo
lo stesso Mignini, i quattro presunti telefonisti non facevano parte di alcuna
setta satanica, ma lo avevano soltanto millantato allo scopo di intimidire
l’estetista. Il che porta inevitabilmente a concludere che la pista Narducci
sarebbe partita da invenzioni di semplici molestatori telefonici: di certo, una
verità quantomeno imbarazzante. A pensar male diventa allora comprensibile la
voglia di Mignini di chiudere la faccenda alla svelta, tanto da accordarsi con
uno dei responsabili per una pena irrisoria rifiutata dal giudice.<br />
Notizie
sull’evoluzione del caso, dopo il passaggio di competenze al tribunale di
Perugia, arrivano dal libro di Alvaro Fiorucci (2012), giornalista sempre
informatissimo sulle vicende giudiziarie di quella città. Rispetto all’articolo
precedente i tre uomini e una donna diventano però due uomini e due donne.
Come vedremo più avanti, è molto più probabile che la ragione sia dalla parte di Fiorucci.
(<b>Edit: </b>In effetti Roberto F. di 33 anni è Roberta. Si tratta di un errore contenuto
nel libro <i>Il Mostro 'a' Firenze</i> di Gabriella Carlizzi, dal quale il frammento è tratto.
Nello stesso libro l'articolo prosegue con il nome corretto).<br /><br />
<i><span style="color: blue;">È gennaio 2012 quando tre dei presunti autori delle minacce
che coniugano Narducci e Pacciani, Satana e il mostro, bambini da sacrificare e
il lago Trasimeno, vengono assolti. Il giudice Cecilia Bellucci stabilisce che
quell’uomo e quelle due donne che stanno sul banco degli imputati non hanno
commesso reati. Non fanno parte di questa storia. Del resto, uno che ha ammesso
di aver commesso il fatto c’è stato. Scoperto, ha patteggiato una pena di
qualche mese spiegando: l’ho fatto perché ero invaghito dell’estetista che non
ci stava. Insomma, un corteggiamento che partiva da una cabina pubblica di
Cannara, il paese delle cipolle, dove, ad un passo dalla città della Quintana,
abitava il satanista telefonico.<br />
Quello che diceva su Narducci e Pacciani l’aveva letto sui
giornali o visto alla televisione. Ha azzeccato alla cieca qualche inedito e
questo l’ha portato sulla graticola della giustizia. Ancora oggi non si è reso
conto che con quelle quattro stronzate che dovevano sapere di zolfo,
inavvertitamente e sicuramente non volendo, ha fatto riaprire un caso che doveva restare chiuso per sempre.</span></i><br /><br />
Si può intanto
osservare che quelle “<i><span style="color: blue;">quattro stronzate che
dovevano sapere di zolfo</span></i>” hanno innescato il consumo di qualche
decina di milioni di euro di noi contribuenti, che di sicuro sarebbe stato
meglio spendere in altri modi, visti i risultati. A parte questo, il frammento
di Fiorucci ci dice che soltanto uno tra i quattro sospettati sarebbe stato
giudicato colpevole. Si trattava di Pietro Bini, come risulta dalla sentenza
Micheli. E allora i suoi complici – visto che telefonavano più persone, anche
se Mignini usa un ingiustificato forse – chi erano? Il condannato si sarebbe
tenuto i nomi per sé e nonostante ciò il giudice avrebbe accettato il
patteggiamento? C’è qualcosa che non torna.<br />
Le ultime
notizie pubbliche sulla misteriosa faccenda si resero disponibili nel
2015 nel libro <i>Setta di stato</i>, di Francesco Pini e Duccio Tronci, dove
viene rievocata la vicenda del Forteto. Gli autori avevano potuto consultare
documenti non ancora diffusi, dai quali era emersa una circostanza
sorprendente: con le medesime schede telefoniche con le quali si minacciava
Dorotea Falso chiamandola da varie cabine pubbliche, poco prima o poco dopo
venivano chiamati anche altri numeri, tra cui quello del Forteto, una comunità
di recupero che qualche anno dopo si sarebbe cercato di coinvolgere nelle
indagini tramite il <span style="mso-bidi-font-style: italic;">dossier Rizzuto
(vedremo in un futuro articolo di che cosa si trattava)</span>. Il libro svelò
inoltre un dato ancora più sorprendente: le minacce telefoniche, iniziate nel
luglio 2000, erano andate avanti per quasi cinque anni, quindi fino al 2005.
Questo vuol dire che nel momento in cui tutti i giornali scrivevano di Narducci
e “<i>Chi l’ha visto</i>” proponeva clamorosi servizi televisivi, i misteriosi
telefonisti ancora minacciavano la Falso senza alcuna paura di essere
individuati! Decisamente c’è qualcosa che non torna.<br />
Altri passi del libro risultano molto interessanti, e, soprattutto, inquietanti.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
La storia delle telefonate è scritta nero su bianco nella richiesta
di archiviazione formulata dal pm Giuliano Mignini relativa al procedimento 1845/08/21,
quello sull'omicidio Narducci. Mignini cita i tabulati telefonici del procedimento 9144/01/21,
quello riguardante le minacce all'estetista. Peccato che nelle carte del procedimento, consultate nel
maggio 2015, i tabulati non ci siano più, nonostante in più punti del faldone vi si
faccia riferimento. Spariti? Smarriti? Sottratti? [...]<br />
Dall'analisi dei tabulati della Telecom, il 30% circa di queste telefonate non risultano.
Ufficialmente mai effettuate. In un caso la chiamata arriva non da una cabina, ma da un cellulare.
Il numero dell'utenza non è però registrato: come se fosse inesistente. Una telefonata di
minacce proviene addirittura dal commissariato di Foligno, un’altra da
un’utenza riconducibile ad un poliziotto.
</span></i><br /><br />
A lasciarsi prendere dal
complottismo, si potrebbe dunque sospettare che dietro le telefonate ci fosse
qualcuno non estraneo all’ambiente delle forze dell’ordine, ne avesse fatto
parte oppure no. Ci si chiede comunque come sia stato possibile che fino a oggi
notizie quali la provenienza di una chiamata dal telefono di un poliziotto e di
un’altra dal commissariato di Foligno non siano mai trapelate. Tutto porta a
credere che non si sia voluto andare fino in fondo nella strana vicenda, almeno
non davanti all’opinione pubblica, probabilmente per timore che emergessero
circostanze imbarazzanti.<br />
Non a caso anche Pini e Tronci non ci vedono chiaro:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
Nella vicenda quattro degli indagati sono stati rinviati a giudizio: tre sono stati assolti, il quarto
– un uomo di Cannara – ha patteggiato e quindi per la giustizia è l'unico colpevole. Un finale che non
convince del tutto: le minacce infatti arrivavano da una voce maschile ma anche da una femminile. Due persone,
non una. La voce femminile, secondo una perizia disposta dalla procura di Perugia, ha un'inflessione piemontese.
Quella maschile, camuffata in modo naturale, è compatibile con la parlata di Cannara, ma l'attribuzione
all'uomo che ha patteggiato è incerta.
</span></i><br /><br />
In effetti questa storia sembra nascondere qualcosa di torbido e ingannevole. Lo
dimostrano alcuni documenti entrati nella disponibilità di chi
scrive, attraverso i quali si riesce a capire in alcuni casi e a intuire in
altri – ma questo dipende dalla sensibilità di ognuno – come andarono davvero
le cose. Ampie e forse noiose citazioni si rendono a tal proposito necessarie, il
lettore davvero interessato non dovrà saltarle.<br /><br />
<b>Le prime minacce.</b>
È del 10 agosto 2000 la prima denuncia contro ignoti presentata da
Dorotea Falso davanti a un ufficiale di polizia giudiziaria del commissariato
di Foligno. Vi si legge:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">In data 14.07.2000, intorno alle ore 20.30 circa, giungeva
[…] una telefonata, andava a rispondere il consorte ma nessuno rispondeva, alle
ore 00.30 del 15.07 rispondevo io, l’interlocutore uomo, con una voce bassa, mi
chiedeva se fossi io DOROTI, alla mia risposta affermativa questi abbassava la
voce tanto da venire alterata, ma con tono calmo e cupo, mi profferiva le
seguenti parole: PUTTANA; TROIA, a questo punto riattaccavo il ricevitore.
Analoghe telefonate sempre fatte dallo stesso uomo continuavano presso la mia
abitazione, sia il mattino che di pomeriggio e anche in ore notturne,
costringendomi a staccare il telefono. Preciso sono la proprietaria del centro
[…], in detto centro dove peraltro lavoro da sola, in data 29.07 corrente anno,
intorno alle ore 10/10.30 circa giungeva sull’utenza […] a me intestata, ma che
ancora non si trova in elenco perché è stata attivata da soli due mesi circa,
una telefonata di una donna, con voce giovanile, senza inflessioni di sorta, la
quale mi chiedeva se ero DOROTI, alla mia affermazione mi diceva di attendere
un attimo e mi passava un uomo che ho riconosciuto essere lo stesso, in questo
caso ho ricevuto cinque o sei telefonate nella mattinata del seguente tenore:
PUTTANA; TROIA; chiaramente riattaccavo sempre subito. Da quel momento le
telefonate sono avvenute metodicamente sia al laboratorio che a casa, in certi
casi quando ha parlato di più, se la prendeva con mio figlio di due anni e
mezzo e mio marito dicendomi oltre che: TROIA PUTTANA; QUEL PAPPONE DI TUO
MARITO DOVE STÀ; e con tono sempre più minaccioso chiedeva: DOVE STÀ TUO
FIGLIO?; come se mi volesse far capire che era a conoscenza di tutta la mia
vita privata.<br />
Come solito ieri mattina 9 c.m. intorno alle ore 08.00
parcheggiavo la mia autovettura vicino ad altre vetture […], intorno alle ore
18.00 circa mio marito nel transitare si avvedeva che le gomme della vettura
[…] erano state tagliate con un coltello. Sono convinta che il danno arrecatomi
è opera del telefonista anonimo.</span></i><br /><br />
Questo dunque fu
l’inizio della vicenda delle minacce telefoniche che, in capo a poco più di un anno, avrebbero portato alla
riapertura del caso Narducci. Come si vede non c’è traccia alcuna di sette
sataniche, sembra piuttosto che dietro le frasi scurrili ci fosse soltanto
qualcuno – un uomo e una donna in combutta tra di loro – che ce l’aveva con
l’estetista; in ogni caso qualcuno che la conosceva piuttosto bene, tanto da
essere al corrente di alcuni particolari non secondari della sua vita privata,
come il numero di telefono non ancora in elenco del centro di estetica dove
lavorava.<br />
Le telefonate
continuarono, e le denunce anche – 18 settembre, 10 novembre, 24 febbraio 2001 –
nelle quali la donna, oltre alle minacce telefoniche, lamentò anche il
ritrovamento nel proprio giardino del foglio sottostante, il cui contenuto si commenta da solo.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-B_NWuyYGCkc/X-rZK-TFG7I/AAAAAAAACk8/mu35e_d2GgIqR9W4WUtrvw75iZcFNJ-ewCLcBGAsYHQ/s800/Falso%2BPuttana%2Bmorire.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="520" data-original-width="800" src="https://1.bp.blogspot.com/-B_NWuyYGCkc/X-rZK-TFG7I/AAAAAAAACk8/mu35e_d2GgIqR9W4WUtrvw75iZcFNJ-ewCLcBGAsYHQ/s320/Falso%2BPuttana%2Bmorire.JPG" width="320" /></a></div><br />
Nella notte del 23 febbraio le fu incendiato il fienile, con conseguente intervento dei carabinieri.
Dell’ultima denuncia, risalente al 25 maggio 2001, conviene leggere il testo.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">[…] preciso che in questi ultimi mesi solitamente nel tardo
pomeriggio ricevo nell’utenza telefonica installata nei locali dove svolgo
l’attività di estetista […] continue telefonate da parte del medesimo ignoto
interlocutore che dopo aver proferito nei miei riguardi le più svariate
ingiurie e minacce dello stesso tenore di quelle già oggetto di denunce passa
il ricevitore ad una donna che, a sua volta rincara la dose con frasi della
stessa specie.<br />
Nel giorno </span></i>[non si legge]<i><span style="color: blue;"> ho ricevuto alle ore 17.53 una telefonata sempre sulla
medesima utenza da parte di una donna che mi insultava dicendomi: “NON CI SEI
STATA QUESTI GIORNI MAI A FARE LE MARCHETTE TE LO SENTI TRA LE GAMBE E IN BOCCA”
con altro e poi ha passato il ricevitore a un uomo e tra l’altro mi diceva
“VEDRAI IL FUOCO DI SATANA BRUCERAI INSIEME A TUTTI I TUOI CAVALLI ABBIAMO
FATTO UN GIRO E ABBIAMO VISTO TUO FIGLIO VEDRAI ANCHE LA SUA MORTE”.<br />
Alle ore 17.58 richiamavano ma riattaccavo.<br />
Questa sera alle ore 18.48 il solo ignoto richiamava al
medesimo numero telefonico e mi diceva “PUTTANA TROIA” passavo la cornetta a
mia cognata B. Ines ed aveva modo di ricevere per parte mia le seguenti minacce
“MALEDETTA NEL NOME DI SATANA VEDRAI DOMENICA NOTTE LE FIAMME LA MORTE DEI TUOI
CAVALLI E DISTRUGGO I TUOI CAVALLI E LA CASA VECCHIA MALEDETTA VEDRAI LA MORTE
DI TUO FIGLIO”.<br />
Faccio presente che per questo riguardo alle ultime
telefonate la notte del 24 febbraio 2001 ignoti hanno incendiato </span></i>[non
si legge] <i><span style="color: blue;">presente all’interno del fienile causando
danni anche alla struttura muraria, per questo episodio, nello stesso giorno,
ho sporto denuncia presso il Nucleo Operativo della Compagnia Carabinieri di
Foligno, intervenuti per i rilievi.<br />
Sono sicura che l’uomo e la donna che hanno fatto queste
telefonate sono gli stessi che mi chiamano da diversi mesi.<br />
Il giorno 29 marzo 2001 una voce maschile mi disse che oltre
a mio figlio sarebbe morta anche la baby sitter, facendomi capire che loro
conoscono bene la mia famiglia e le nostre abitudini anche se nella realtà non
si sono avuti episodi di riscontro a quanto minacciato.<br />
Ho continuato a prendere nota dei giorni e gli orari delle
citate telefonate che ho ricevuto dopo l’ultima querela presentata il giorno
02.02.2001, di cui vi consegno copia.</span></i><br /><br />
Lungo l’arco di
quasi un anno il livello delle minacce era via via aumentato, con anche
intimidazioni fisiche oltre che verbali. Queste ultime avevano visto l’ingresso
di Satana in persona, non di una setta, però, mentre di Pacciani e Narducci
ancora nulla. Vanno puntualizzati anche altri elementi. Uno non di
poco conto è che a telefonare era sempre la stessa coppia, composta da un uomo
e da una donna, i quali non camuffavano la loro voce. Un altro è l’assenza di quelle registrazioni che in seguito la
Falso avrebbe effettuato. Infine è importante notare che al momento tutte le denunce e si
presume anche le relative indagini, se vi furono, avevano interessato soltanto
le forze dell’ordine di Foligno, polizia e carabinieri. Nessun intervento della
questura di Perugia, insomma, quella questura attraverso la quale si sarebbe
poi arrivati a interessare Mignini allo “<i><span style="color: blue;">stranissimo
caso</span></i>”, forse diventato stranissimo proprio da quel punto in avanti.<br /><br />
<b>Il telefonista in questura.</b>
In un'annotazione della questura di Perugia, datata 18
settembre 2001, quindi a distanza di neppure un mese dalla imminente riapertura
del caso Narducci, si legge:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">L’anno 2001, addì 18 del mese di settembre, negli uffici
della Divisione Squadra Mobile della Questura di Perugia, i scriventi Isp.
FANTAUZZI Furio, V. Sov. SAVELLI Stefano ed Ass. C. EMILI Salvatore,
riferiscono a chi di dovere quanto segue:<br />
Nella mattinata odierna venivamo contattati da una persona
di nostra conoscenza degna della massima fiducia, come già dimostrato in
passato in svariate occasioni, la quale ci chiedeva di mantenere l’anonimato
per quanto ci stava per riferire in quanto minacciato dalla paura. Lo stesso ci
iniziava a parlare di una persona di Foligno, tale <b>B. Francesco</b>, persona
sposata e nullafacente, in merito ci diceva che lo stesso traffica ingenti
quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cocaina sia nel perugino che in
qualche zona della Toscana. Il B. oltre che come spacciatore di droga ci veniva
indicato anche come persona facente parte di una setta satanica operante sia
nella zona di Foligno e della Toscana, e che fosse lui il fornitore della droga
che consumerebbero durante lo svolgimento del rito a cui prenderebbero parte
diverse persone provenienti anche dal fiorentino. In merito a ciò riferiva
anche che il B. userebbe questi riti satanici contro una persona a lui prossima
come parente per poter ottenere un non meglio specificato guadagno.<br />
Sempre al dire del confidente, il B. è un frequentatore
delle bische locali e un assiduo frequentatore del Casinò di Venezia che
userebbe per ripulire i soldi provento della vendita dello stupefacente. Lo
stesso sembra che conduca una vita lussuosa, macchine di grossa cilindrata che
vengono cambiate con una frequenza di pochi mesi e come già detto non abbia mai
svolto nessuna attività lavorativa.</span></i><br /><br />
Quattro giorni
dopo segue un’altra annotazione riguardante il medesimo individuo, al quale la questura
di Perugia, attraverso il commissariato di Foligno, aveva mandato un invito a
presentarsi:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">L’anno 2001, addì 22 del mese di Settembre, negli Uffici
della Divisione Squadra Mobile della Questura di Perugia, il sottoscritto
Assistente Capo EMILI Salvatore, riferisce a chi di dovere che nella mattinata
odierna riceveva una telefonata da parte del Dr. Bruno ANTONINI, dirigente del
Commissariato di PS. di Foligno, il quale in relazione ad un fax da me inviato
presso il suddetto Commissariato mi chiedeva se la persona da invitare era B.
Stefano oppure il fratello <b>B. Francesco</b>, entrambi menzionati nel fax.
Spiegai al Dr. ANTONINI che erano stati scritti entrambi i nomi erroneamente,
che la persona da invitare era B. Francesco e che essendomi reso conto
dell’errore commesso già avevo chiarito il tutto con l’Isp. Sup. MAZZOLI
Alberto in servizio presso il Commissariato interessato e che lui avrebbe
provveduto a notificare tale invito.<br />
Chiarito il tutto, il Dr. ANTONINI mi riferiva che in questo
periodo stava facendo degli accertamenti sul conto di B. Francesco in quanto si
sospetta che lo stesso unitamente ad altre persone fosse l’artefice di “strane
telefonate minacciose” fatte in orari diversi della giornata alla cognata, moglie
del di lui fratello Stefano, riferiva anche che lo stesso ha un alto tenore di
vita, macchine lussuose, è un assiduo frequentatore di case da gioco e cosa
alquanto strana è che lo stesso è disoccupato e non risulta essere un
benestante. È da precisare che il B. Francesco veniva invitato presso questi
uffici in quanto ci era stato segnalato, anche, come un grande frequentatore di
Casinò e bische locali, quindi si riteneva utile verbalizzare le sue eventuali
dichiarazioni.</span></i><br /><br />
Francesco B., in seguito indagato assieme alla moglie Nadia C. per le telefonate minatorie,
era il fratello di Stefano, marito di Dorotea Falso. I conti tornano bene, poiché
nessuno meglio della coppia di cognati poteva conoscere la vita privata della
Falso, compreso il numero, non ancora in elenco, del centro dove lavorava. Poco
importa se i due, secondo le notizie fornite da Fiorucci, alla fine sarebbero stati assolti,
per una ragionevole ricostruzione storica possiamo dare
per certo che fossero proprio loro a tormentare l’estetista. Almeno fino al 24
settembre, quando Francesco B. fu convocato in questura a Perugia (giusto per
inquadrare correttamente l’evento nella vicenda delle indagini sui mandanti,
che poi sono quelle che qui interessano, lo stesso giorno iniziava la
perquisizione nella villa dei C. a San Casciano).<br />
Questo lo scarnissimo verbale delle dichiarazioni dell’individuo.<br /><br />
<i><span style="color: blue;"><b>OGGETTO</b>: verbale
di sommarie informazioni rese da: <b>B. Francesco</b> […]<br />
Il 24.09.2001 alle ore 10,00 negli uffici della Divisione
Squadra Mobile della Questura di Perugia. Di fronte ai sottoscritti Ufficiali
ed Agenti di PG. Ispettore Fantauzzi Furio, Assistente Capo Emili Salvatore, in
forza all'Ufficio indicato in epigrafe, è presente il nominato in oggetto, il
quale sentito in merito ai fatti su cui si indaga, <b>inerente il procedimento
penale nr. 11674/00</b>, riferisce quanto segue:<br />
<b>Domanda:</b> con che cadenza frequenta il Casinò di Venezia?<br />
<b>Risposta:</b> non ho
una grande frequenza con il Casinò di Venezia; ultimamente ci sarò andato un
paio di volte. Non ho mai pagato con titoli bancari ma sempre in contanti e per
questo motivo non ho mai avuto contatti con il personale interno al casinò
stesso. Generalmente porto al seguito una cifra massima di due milioni, mai di
più.<br />
Vado quasi sempre da solo e, a volte viene un mio amico, molto sporadicamente […]<br />
<b>Domanda:</b> di che cosa si occupa, come attività lavorativa?<br />
<b>Risposta:</b> nessuna, sono disoccupato.<br />
Di quanto sopra è stato redatto il presente verbale che,
previa lettura e conferma, viene sottoscritto dai redigenti e dal dichiarante. </span></i><br /><br />
Il verbale
chiarisce il mistero della filiazione, dichiarata da Mignini, del procedimento
per le minacce a Dorotea Falso (9144/01/21) da un precedente procedimento in
materia d’usura (11674/00/21), che era proprio quello per il quale,
formalmente, era stato interrogato Francesco B., che però con l’usura non
sembra affatto aver avuto a che fare. Si deve pensare piuttosto che l’individuo
fosse stato sentito in merito alle telefonate all’estetista, della quale era
cognato e delle quali era sospettato, lo abbiamo appena visto. Ma dal documento
la questione non risulta toccata, quindi si deve presumere che quanto gliene fu
chiesto e quanto ne fu ottenuto non venne messo a verbale. Perché?<br />
Intanto il lettore provi a pensare che nella vicenda delle telefonate stavano per entrare
altri personaggi, forse coinvolti nel procedimento per usura, forse no.
Via la vecchia coppia di cognati, dentro una coppia nuova, della quale più avanti cercheremo di scoprire qualcosa.<br /><br />
<b>L’estetista in questura.</b>
Che la squadra mobile di Perugia fosse interessata a Francesco
B. in quanto sospetto autore delle minacce a Dorotea Falso – la quale, ancora
più di lui, con la storia dell’usura nulla aveva a che fare – è dimostrato
anche dalla convocazione della donna appena cinque giorni dopo, il 29 settembre
2001. In questo caso sul verbale non viene indicato alcun procedimento. Sempre
per inquadrare correttamente l’evento nella vicenda delle indagini sui
mandanti, nelle quali poi sarebbe confluito, è bene tener presente che a
Firenze la prima fase della perquisizione nella villa dei C. era terminata da
tre giorni con un nulla di fatto, e le poche speranze residue degli inquirenti
erano tutte affidate al disperato tentativo, preventivato per due giorni dopo,
di trovare una stanza segreta tramite sofisticatissime apparecchiature che
vedevano attraverso i muri.<br />
Ma leggiamo il verbale delle dichiarazioni della Falso.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Sono più di quattordici mesi che ricevo telefonate minatorie
ed offensive; sino ad oggi ho sporto una denuncia e quattro seguiti di denuncia
inerenti i fatti accaduti. In sede di denuncia ho anche consegnata una lettera
anonima, recante minacce di morte nei miei confronti, che trovai sopra una
seggiola del giardino di casa mia. Mi hanno minacciato di dare fuoco al
fienile, ed è stato fatto perché nella nottata tra il 23.02.2001 ed il
24.02.2001 il fienile è stato bruciato. Ho dovuto subire danni alla mia
autovettura tipo lo squarciamento delle quattro ruote o scalfitture sulla
carrozzeria; tutti questi atti, peraltro annunciati dalle telefonate anonime,
mi hanno portato ad uno stato di stress nervoso molto alto, soprattutto da
quando hanno iniziato a minacciare di morte anche mio figlio che adesso ha tre
anni.<br />
Delle telefonate ricevute posso fornire due cassette audio
da me registrate per dimostrare che quanto dichiarato corrisponde a realtà e
dichiaro sin da ora di dare la mia autorizzazione a richiedere ed acquisire i
tabulati delle telefonate in entrata sia all’utenza della mia attività […] sia
a quella di casa […]</span></i><br /><br />
Ecco la prima
clamorosa novità rispetto al passato: la registrazione delle telefonate su
cassetta, effettuata dalla stessa Falso. Il verbale
prosegue riportando un episodio mediante il quale la donna si convinse che tra
i suoi molestatori dovesse esserci il cognato, Francesco B., con il quale aveva
cattivi rapporti.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Un particolare inquietante, molto più degli altri, è quello
che è capitato in data 26.06.2001; in quella giornata mio figlio Filiberto era
malato e quindi rimase in casa con la baby-sitter fino alle ore 12.00 circa, e
poi rimase con mia suocera, in attesa che io rientrassi a casa per poi portare
il bambino dal medico. Alle ore 12.28 ricevetti una delle solite telefonate
fatta da una delle solite persone che mi diceva di salutare i medici quando
sarei andata a portare il bambino. Rimasi sconvolta perché era impossibile che
sapessero questo particolare; sapendo che mia suocera più di tanto non mi
parla, chiesi alla baby-sitter, tale Tania […], di chiedere se mia suocera
avesse parlato con qualcuno. Il giorno dopo seppi che mio cognato, tale B.
Francesco, con cui non abbiamo un buon rapporto, chiese a mia suocera, sua
madre, perché il bambino si trovasse a casa e lei gli rispose che era malato e
che doveva andare dal medico, chiaramente accompagnato da me. A questo punto
posso affermare che del fatto specifico ne eravamo a conoscenza in poche
persone: io, mio marito, Tania la baby-sitter, mia suocera, mio cognato e
chiaramente, il medico con cui avevo appuntamento, presso l’ospedale.<br />
Più volte questi due uomini e questa donna che effettuano le
telefonate minatorie hanno dimostrato di conoscere bene le abitudini della mia
famiglia, i nostri spostamenti, sia che siano per motivi personali che per
motivi professionali.</span></i><br /><br />
Si noti il fatto
che, rispetto alle denunce passate, la Falso parlò di due uomini e una donna, e
non di un solo uomo e una donna, il che parrebbe accordarsi con l'ingresso tra
i molestatori anche di Pietro Bini, oltre al cognato. Da quanto tempo? Qualche giorno, forse?<br />
A questo punto del verbale entrano Pietro Pacciani e i riferimenti a una “<i><span style="color: blue;">confraternita degli adepti di Satana</span></i>”,
responsabile della sua uccisione, della quale i molestatori avrebbero fatto
parte. La qual cosa fa balzare agli occhi la sorprendente coincidenza dell'ingresso di Pacciani e della registrazione
su cassetta...<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Voglio fare presente che su diverse telefonate hanno fatto
riferimento a Pacciani e che io farò la sua stessa fine; hanno specificato che
loro hanno ucciso Pacciani perché aveva tradito la confraternita degli adepti
di Satana. Infatti spesso e volentieri hanno fatto riferimento alle messe
sataniche ed al fatto che vogliono sacrificare mio figlio in onore di satana
perché il malvagio tornerà a governare in terra; su una telefonata in
particolare hanno fatto riferimento anche alla messa nera che avevano fatto a
Sassovivo e che era stata interrotta per il sopravvenire di problemi. In altre
telefonate hanno anche detto che quando verrà il grande maestro da Firenze
avrebbero organizzato un festino per divertirsi prima con me, credo facendo
riferimento ad eventuali violenze carnali, e poi per tagliarmi la testa e
seppellirla a Firenze accanto a Pacciani.<br />
Per tutto il resto mi rimetto a quanto già dichiarato nelle
altre denunce, specificando che continuerò a registrare altre cassette delle
telefonate che mi giungeranno.</span></i><br /><br />
Le due audiocassette – “<i><span style="color: blue;">marca Emtec mod. Sound da 60
minuti</span></i>”, specifica il verbale di acquisizione – furono trattenute
dalla questura. Due giorni dopo, il primo ottobre 2001, il capo della mobile
Piero Angeloni inviava a Giuliano Mignini una nota in cui riassumeva gli
eventi, chiedendo l’autorizzazione a mettere sotto controllo il telefono della
Falso. Il procedimento penale relativo è quello per usura (11674/00), ma sotto
il nome di Mignini compare la scritta a penna “<i><span style="color: blue;">P.P.
9144/01</span></i> ”, il numero del nuovo appositamente aperto per le minacce
telefoniche. Nella nota risultano ben evidenziati i riferimenti a Pacciani e ai
riti satanici.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">La FALSO in merito alle telefonate ricevute riferiva
particolari inquietanti, come l’uccisione di PACCIANI ad opera della loro
setta, adepti di satana, in quanto lo stesso li aveva traditi; avrebbero
inoltre sacrificato suo figlio Filiberto in onore di satana; che tali riti si
svolgono anche a Sassovivo di Foligno e nel corso di uno di questi, effettuato
dal Grande Maestro di Firenze l’avrebbero decapitata e avrebbero seppellito la
sua testa a Firenze accanto a PACCIANI. La Falso in merito a quanto riferito ci
consegnava due audiocassette ove aveva registrato le telefonate ricevute negli
ultimi tempi.<br />
Da un breve e sommario ascolto delle stesse si aveva
conferma di quanto narrato in sede di denuncia, peraltro confermato dalle varie
denunce che la stessa aveva già presentato, anche per atti poi realmente
commessi. Si dà atto che l’Ufficio momentaneamente trattiene le due
audiocassette acquisite agli atti, al fine di trascrivere le conversazioni in
esse contenute e di trasmetterle unitamente ai predetti verbali non appena
ultimate.</span></i><br /><br />
Come si vede, non si parla ancora di Narducci.<br /><br />
<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/12/firenze-perugia-andata-e-ritorno-3.html">Segue</a>
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-67990782734245180832020-12-28T11:24:00.019-08:002023-07-07T07:56:05.229-07:00Firenze - Perugia andata e ritorno (1)<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
<i><b>Premessa.</b>
Questo articolo è stato già pubblicato, messo offline, ancora pubblicato e ancora messo offline.
Infine è stato pubblicato soltanto nella sua prima parte. Tutto questo per le proteste dell'ex PM Giuliano Mignini,
espresse personalmente a chi scrive attraverso un lungo allegato a una mail.
Ritenendomi comunque in diritto di continuare la
mia ricostruzione storica, ho valutato con attenzione le critiche contenute nello scritto, poi ho cercato altri documenti,
soprattutto per quel che riguardava le date in cui le telefonate minatorie
con dentro i riferimenti alla vicenda Narducci erano state effettuate.<br />
Ebbene, i risultati mi hanno dato ragione, contraddicendo le affermazioni di segno opposto di
Giuliano Mignini, che invito a controllare bene. Adesso sono note anche le date di consegna
delle cassette con le registrazioni effettuate dall'estetista, non soltanto quelle di trascrizione, pertanto dubbi non ce ne sono più.<br />
Riguardo le ipotesi di operazioni poco limpide contestate dall'ex PM, ritengo che invece esse siano legittime, poiché
vengono sempre separate dai documenti. E nello stesso tempo non sono gratuite, poiché su quei documenti poggiano.
In ogni caso Giuliano Mignini può esprimere le proprie opinioni, questo blog è pronto a pubblicarne gli
interventi dando loro il giusto risalto affinché tutti i lettori possano prenderne atto.<br />
Anche per alcuni profondi aggiornamenti, soprattutto sulla parte 3 ma non soltanto,
si è deciso di ripubblicare il tutto da zero, quindi con la data del momento, perdendo
quella originaria e i pochissimi interventi dei lettori. Ma adesso veniamo al dunque.</i><br />
<p align="center">***********************</p>
Nell’articolo
<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2019/08/pittori-ville-e-servizi-segreti-1.html" target="_blank">Pittori, ville e servizi segreti</a> si è raccontato del tentativo di
trovare i presunti mandanti dei delitti attribuiti ai compagni di merende in
una setta satanica, protetta da servizi segreti o comunque poteri forti, dalla
quale le parti di donna escisse, i cosiddetti “feticci”, sarebbero state
utilizzate nell’ambito di ipotetiche cerimonie esoteriche. Dopo un anno di strenue
indagini, e tre precedenti in cui queste erano comunque andate avanti pur a
singhiozzo, il bilancio era da giudicarsi fallimentare: da una parte nessun
mandante neppure intravisto, dall’altra persone innocenti perseguitate e chissà
quanti soldi dei contribuenti gettati al vento. Alla fine l’inchiesta era
tornata al punto di partenza, potendo ancora contare soltanto sui deboli
presupposti dell’eccessivo “patrimonio” di Pacciani e del “dottore” di Lotti (<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2018/10/il-dottore-di-lotti-e-il-patrimonio-di_25.html" target="_blank">vedi</a>), oltre alla creatività fantasiosa
di un investigatore che stava procedendo a grandi passi verso una fortunata
carriera di scrittore di gialli.<br />
A quel punto l’inutile e crudele perquisizione della villa dei C. a San Casciano poteva essere considerata
alla stregua di una pietra tombale da posarsi senza rimpianti sulla ormai
asfittica pista esoterica. E invece no: forse per un incredibile colpo di
fortuna, forse per qualcosa d'altro, proprio in quel momento le carte in tavola
cominciarono a cambiare.<br /><br />
<b>Indagini a tutti i costi.</b> A mettere
la parola fine all’inchiesta, o perlomeno a mettere in opera un suo opportuno
ripensamento, avrebbe dovuto provvedere la procura che l’aveva in carico, quella di
Firenze, la quale però, in quei mesi di autunno del 2001, era priva di una
guida “forte”. Proprio nei giorni della fallita perquisizione alla villa dei C.
il procuratore capo Antonino Guttadauro era andato in pensione, ostentando un
atteggiamento grottescamente ottimistico sulle indagini: “<i><span style="color: blue;">La direzione è quella giusta. Alcuni tasselli stanno andando
in ordine. Non so se arriveremo finalmente alla verità, perché sono passati
troppi anni. Ma abbiamo chiesto rinforzi per le indagini</span></i>”. D’altra
parte per quattro anni aveva lasciato fare, delegando ogni decisione al
sostituto Canessa. Il suo successore, Ubaldo Nannucci, aveva davanti a sé
alcuni mesi di reggenza, quindi forse era impossibilitato a prendere drastiche
decisioni immediate, con le quali comunque sarebbe stato il caso di andare
cauti, se non altro per una questione d’immagine.<br />
In seguito anche in procura la musica sarebbe cambiata. Nel frattempo a chiedere un freno
alle indagini di Giuttari fu un prestigioso funzionario del Ministero
dell’Interno, il prefetto Achille Serra, poliziotto di lunga esperienza con
anche recenti trascorsi parlamentari. Lo fece attraverso un’intervista
pubblicata il 27 ottobre da un quotidiano locale, “Il Giornale della Toscana”,
di cui chi scrive non ha trovato copia. In ogni caso la notizia fu ripresa da
vari quotidiani a più larga diffusione, come “la Repubblica” del 28, dove il
suo pensiero fu così sintetizzato: “<i><span style="color: blue;">La squadra
mobile non può lavorare solo sul mostro, deve puntare di più sulle
investigazioni contro furti e rapine</span></i>”. Il medesimo articolo riporta
la risposta di Nannucci: “<i><span style="color: blue;">Non ho notizia che la
squadra mobile non corrisponda alle altre esigenze investigative oltre
all’inchiesta sul mostro; e poi nessuno dei miei colleghi mi ha segnalato
cadute di impegno o di efficienza della squadra mobile</span></i>”.<br />
Non fu invece registrata alcuna reazione dal superiore diretto di Giuttari, il questore
Giuseppe De Donno, che scelse il silenzio. In realtà De Donno non era affatto
contento, come si sarebbe scoperto qualche anno dopo leggendo la sentenza di
condanna a Giuttari e Mignini emessa dal giudice Maradei, poi annullata per
incompetenza territoriale. Eccone un passo molto significativo:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">De Donno ha precisato di essere stato Questore di Firenze dal luglio 2001 al
luglio 2003. All'epoca Giuttari era capo della Squadra Mobile. De Donno non era
contento di come Giuttari dirigeva la Squadra Mobile (verbale 29.1.2007):<br />
«Io ero abituato ogni mattina alle ore 08:45 che avevo il briefing con tutti i
funzionari e molto spesso ai fatti avvenuti nella notte alle mie domande non
dava risposte immediate» perché si dedicava esclusivamente alle indagini sul
mostro di Firenze. «Lui era totalizzato dalle indagini sul cosiddetto “mostro
di Firenze”», trascurando le altre importanti competenze della Squadra Mobile:
ad esempio, capitò che Giuttari, contrariamente a quanto De Donno riteneva
spettare al capo della Squadra Mobile, non si recò sul luogo di un omicidio
appena accaduto; o, ancora, Giuttari non organizzò alcuna operazione per
fronteggiare “il problema dei vu' cumprà”, che in quel periodo teneva banco a
Firenze.<br />
Le stesse rappresentanze sindacali interne «si lamentavano di questa mancanza di
colloquio con il dirigente e di questa mancanza di indirizzi nell'ambito della
gestione, riferiti alla conduzione della Squadra Mobile».</span></i><br /><br />
D’altra parte che Giuttari fosse fin troppo interessato alle indagini sul Mostro sarebbe
divenuto evidente qualche tempo dopo con la costituzione del G.I.De.S., uno
strano organo di polizia, del tutto <i>sui generis</i>, istituito apposta per
lui e dedicato soltanto a quelle (in un prossimo articolo avremo occasione di trattarne). L’argomento non è di poca importanza; è
lecito infatti domandarsi quale ruolo potrebbe aver rivestito questo
eccessivo interesse in certe discutibili scelte di strategia investigativa, come
l’avventata ricerca di fantomatiche cappelle nella villa dei C., riguardo la
quale si devono evidenziare alcune significative condizioni al contorno.<br />
Sulla presenza di Giuttari al salotto di Bruno Vespa proprio nel bel mezzo della
perquisizione (<a href="https://www.youtube.com/watch?v=rFOoaTO_sV0" target="_blank">qui</a> la registrazione su Youtube) si può
innanzitutto osservare che fu quantomeno inopportuna. Tra l’altro non c’era
nulla di certo da comunicare agli italiani, poiché quella sulle sette, esoteriche o sataniche che fossero,
era un’ipotesi del tutto in divenire e priva di reali pezze d’appoggio. La
stessa perquisizione era per sua natura un terno al lotto, nonostante Giuttari avesse
dovuto sentirsi molto sicuro di trovare qualcosa se non aveva esitato a
rischiare di perdere la faccia davanti a milioni di telespettatori. Una
sicurezza manifestata anche in precedenza, risultando chiaro che la RAI era
stata avvertita già da qualche giorno dell’ingresso degli agenti nella villa, e
aveva avuto tutto il tempo di prepararsi per la trasmissione. Lo dimostrano le
preventive registrazioni delle interviste ad A. C. e a Claude Falbriard, realizzate,
soprattutto la seconda, certamente non all’insaputa del capo della mobile.<br />
Ma perché Giuttari aveva sentito il bisogno di favorire la trasmissione di Vespa e poi di
parteciparvi? È ineliminabile il sospetto che dietro ci fossero le sue
ambizioni letterarie, come conferma anche il gustoso episodio nel quale aveva trovato
il modo d’indurre Vespa a tirar su <i>Compagni di sangue</i> dal proprio tavolo
per mostrarlo ai telespettatori. Si trattava però di un libro vecchio ormai di
tre anni, di per sé poco appetibile in quanto oggetto da pubblicizzare. In effetti
dietro c’era ben altro, come sarebbe apparso chiaro neppure tre mesi dopo.<br /><br />
<b>Operazione Panorama. </b>Nel numero
50 datato 13 dicembre 2001 il settimanale Panorama pubblicò un articolo di cinque
pagine dal titolo “<a href="https://drive.google.com/open?id=1JxdGkzvkRbIVGdQ-atzAJ-3VDlLB7y5n" target="_blank">Mostro di Firenze, l’ultimo mistero</a>”, con in chiusura un riquadro
contenente una foto di Giuttari seduto nel salotto di Bruno Vespa e il seguente
trafiletto:<br /><br />
<i><span style="color: blue;"><b>Poliziotto con la penna. Un thriller di Giuttari
arriva in edicola. Con Panorama.</b><br />
Nell’aprile del 2000 arriva in Mondadori un libro firmato da Michele Giuttari, all’epoca ex
capo della squadra mobile di Firenze perché il ministero dell’Interno, dal
luglio del ’99, lo ha trasferito all’Ufficio stranieri di Firenze. È un momento
difficile per Giuttari, che otterrà dal Tar di tornare al suo posto nell’agosto
del 2000. Nell’anno di riposo forzato, il poliziotto, ormai lontano dalle
indagini, ha scritto il libro “Accadde a Firenze”, un giallo appassionato che
Panorama, alla luce dei nuovi sviluppi sul mostro, distribuirà con il prossimo
numero. Il libro racconta di strani delitti, tutti a sfondo sessuale, avvenuti
nel capoluogo toscano negli anni Ottanta. Ogni riferimento al mostro è
puramente casuale, si dovrebbe dire. Ma così non è: l’anima del Cacciatore dei
compagni di merende, infatti, riaffiora in ogni pagina a ricordarci chi è,
veramente, l’uomo che sta lottando per incastrare killer e mandanti.</span></i><br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-h_tBULGSgnQ/WQ6wbiSMSNI/AAAAAAAABlE/wiHVIoAM-ykDb4i8rltBRvJHTeIjnFfngCPcBGAYYCw/s1600/Giuttari%2Be%2Blibro.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="387" data-original-width="753" height="205" src="https://1.bp.blogspot.com/-h_tBULGSgnQ/WQ6wbiSMSNI/AAAAAAAABlE/wiHVIoAM-ykDb4i8rltBRvJHTeIjnFfngCPcBGAYYCw/s400/Giuttari%2Be%2Blibro.png" width="400" /></a></div><br />
Il romanzo fu distribuito, la settimana successiva, con il titolo un po’
diverso di <i>Assassini a Firenze</i>, ancora più ammiccante ai delitti del
Mostro, che in verità con la trama nulla c’entravano. Naturalmente non c’è da
scandalizzarsi se la rivista, alla ricerca del massimo profitto, cercò di
sfruttare al meglio l’immagine del “<i><span style="color: blue;">poliziotto che
dà la caccia al Mostro</span></i>”. C’è però da domandarsi se vale anche il
contrario, quanto cioè fosse stato opportuno che il responsabile operativo di
una difficile indagine in corso avesse potuto ricevere pubblicità dalla stessa
per la propria nascente carriera di scrittore.<br />
Come dichiarato nel trafiletto di Panorama e come ripetuto in prefazione, il romanzo
era stato proposto a Mondadori già più di un anno e mezzo prima (aprile 2000).
Senz’altro l’agenzia cui si era rivolto Giuttari, la Bernabò oggi non più in
attività, aveva offerto il manoscritto anche ad altri editori, nessuno dei
quali si era mostrato interessato. Il che è comprensibile, essendo il romanzo davvero pessimo – qualcuno
lo definì argutamente “<i><span style="color: blue;">un mattinale di questura</span></i>”
– basti pensare che non è mai stato ristampato, nonostante la fulgida carriera del suo autore, al quale va comunque riconosciuto il merito di
aver affinato il proprio stile molto in fretta, magari con un sostanzioso
aiuto degli <i>editor</i> che, come si sa, stanno dietro a quasi ogni romanzo e
spesso riescono a compiere veri e propri miracoli. Per esempio aiutare i poliziotti a trasformarsi in giallisti di successo. Oggi il libretto è diventato
quasi introvabile (chi scrive se ne è procurato una copia su eBay a caro prezzo),
ma chi vuole semplicemente rendersi conto di che cosa si stia parlando può
leggersi inizio e conclusione <a href="https://drive.google.com/file/d/1Lg732CzXiMQgG07pULmmYbLKSoCkjziZ/view?usp=sharing" target="_blank">qui</a>.<br />
È evidente che nel corso dell’autunno 2001 in Mondadori furono allertati dalla nascita
della nuova pista esoterica e dal clamore mediatico conseguente, quindi
riconsiderarono il manoscritto da un punto di vista molto diverso. L’opera rimaneva priva di valore, ed era del tutto inidonea a
uscire sul mercato nei classici formati di <i>hard cover</i> o <i>paperback</i>,
mentre usata come regalo per un’operazione di traino della rivista Panorama
andava benissimo. Possibilmente abbinata a un servizio esclusivo, magari
poggiato su informazioni di prima mano che lo stesso autore non avrebbe potuto negare.<br />
In effetti proprio così andò, anche se l’imprevisto fallimento della perquisizione alla
villa con il conseguente traballare della pista esoterica costrinse gli attori
in gioco a correggere alquanto il tiro.<br /><br />
<b>Le accuse a Vigna.</b> Proviamo adesso a dare un’occhiata al contenuto dell’articolo di Panorama dove si
annunciava la distribuzione di <i>Assassini a Firenze</i>. Il sommario è
questo:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Piero
Luigi Vigna, oggi procuratore antimafia, avrebbe depistato le indagini. Lo dice
un testimone che racconta di aver visto oltre dieci anni fa il magistrato
trattare con una banda di sardi. È credibile? Oppure è una calunnia? Dovranno
accertarlo gli inquirenti. Alle prese anche con un nuovo scenario su assassini
e mandanti.</span></i><br /><br />
Viene poi esposta la vicenda di un misterioso personaggio che si sarebbe deciso a
raccontare la propria verità stimolato dalla trasmissione di Vespa sul Mostro.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Non ha un nome la gola profonda che irrompe nel giallo dei gialli. La sua identità
è ovviamente tenuta top secret. Ha già parlato con gli inquirenti, ha
consegnato il suo “segreto”. Quale? Piero Luigi Vigna, mentre era pubblico
ministero presso la procura di Firenze, avrebbe deviato le indagini per coprire
alcuni responsabili dei delitti.<br />
È una novità clamorosa nell’infinita storia del mostro che fa il paio con un
nuovo scenario delineato dagli investigatori in un corposo dossier depositato
in procura: una nuova ricostruzione di almeno due dei delitti delle coppiette
che apre ipotesi inedite su assassini e mandanti.<br />
Secondo quanto risulta a Panorama, la procura di Firenze ha già in almeno un verbale il
nome di Vigna nel quale viene indicato come presunto depistatore. […]<br />
Pur essendo praticamente blindata, dalla procura trapelano alcune indiscrezioni. In
questi giorni ci sarebbero stati diversi summit tra il procuratore Ubaldo
Nannucci e il pubblico ministero Paolo Canessa. Insieme stanno valutando le
dichiarazioni e l’attendibilità della gola profonda. Questo segmento
dell’inchiesta sta vivendo un momento delicatissimo. E così si spiega
l’eccezionale riserbo che lo circonda.</span></i><br /><br />
È comprensibile che la testimonianza fosse stata tenuta segreta, se non altro in
attesa delle opportune verifiche. E infatti
nulla fu comunicato ai giornali, se non a Panorama, al quale, facile
immaginarlo, le informazioni arrivarono attraverso Giuttari. Verso la
fine dell’articolo compaiono le sue personali ipotesi sulla doppia pistola e
sulla mano diversa per le prime due escissioni, innanzitutto. C’è poi un passo
della sentenza Maradei dove, descrivendo i contrasti di Giuttari con De Donno,
il giudice scrive:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">[…] nondimeno, non mancarono scontri, come, a esempio, quando, verso la fine del
2001, De Donno, dinanzi alle proteste di giornalisti locali, che si dolevano
del fatto che Giuttari avesse rilasciato in esclusiva a Panorama (che una
settimana dopo allegò al numero del settimanale un libro scritto da Giuttari)
dichiarazioni in merito all'indagine sul “mostro”, giudicò scorretto il
comportamento di Giuttari, questi all'indomani «[...] minacciò sulla stampa
querele perché non mi dovevo permettere di fare valutazioni sulla sua cosa».</span></i><br /><br />
Dunque i giornalisti che frequentavano assiduamente questura e procura, e ai quali era
stata celata la clamorosa testimonianza, protestarono per le informazioni sulla
stessa fornite da Giuttari soltanto a Panorama. A capir meglio come andarono i
fatti ci aiuta un articolo di “Repubblica” di qualche tempo dopo (27 marzo
2002), quando la gola profonda che aveva accusato Vigna fu arrestata per
calunnia e venne fuori il suo nome.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Calunnia nei confronti di Pier Luigi Vigna, ex procuratore di Firenze, oggi procuratore
nazionale antimafia. È l’accusa che ha portato in carcere il pittore
bolognese Franco Mandelli, 60 anni, l'uomo che sostiene che il procuratore
Vigna avrebbe depistato le indagini sugli omicidi dei fidanzati, e che afferma
di conoscere molti segreti sui delitti del mostro, ed in particolare il luogo
in cui sarebbero nascoste la Beretta calibro 22 e il coltello usati per
uccidere e mutilare le vittime. Franco Mandelli è stato arrestato la notte
scorsa a Monzuno dagli investigatori della squadra mobile di Firenze guidata da
Michele Giuttari, su ordine del presidente della sezione Gip Francesco
Carvisiglia, che ha accolto la richiesta del Pm Paolo Canessa. […]<br />
Mandelli sostiene di aver avuto accesso, attraverso i suoi parenti sardi e le loro
frequentazioni, a molti segreti sui sequestri di persona, sui delitti del
mostro, nonché sui rapporti fra criminali ed inquirenti, anche i più
inconfessabili. Il 26 settembre 2001, assistendo ad una trasmissione di Porta a
Porta sui misteri del mostro di Firenze, decide di raccontare ciò che sa (o
sostiene di sapere). Chiama la Rai, entra in contatto con altri giornalisti. Su
Panorama del 13 dicembre 2001 esce un servizio sulle sue presunte «rivelazioni».
Nel frattempo, il 23 novembre, Franco Mandelli le aveva raccontate a verbale
davanti al capo della Mobile di Firenze Michele Giuttari.</span></i><br /><br />
In questa sede la storia di Mandelli poco interessa. Per pura curiosità si può accennare
al fatto che, subito prima dell’arresto, l’individuo aveva incontrato Gabriella
Carlizzi per altre importanti rivelazioni, su pistola e pista sarda, ma la
donna aveva prontamente avvertito sia Giuttari sia Canessa, e forse proprio per
questo si era proceduto a metterlo dove doveva stare, in galera. Qui interessa
una valutazione sul comportamento poco limpido di Giuttari, che aveva
passato a Panorama informazioni tanto infamanti e tutte da verificare su un
magistrato prestigioso come Vigna, tra l’altro proprio colui che aveva fatto la
sua fortuna. Il lettore già sa che era stato Vigna a volere Giuttari a
capo della squadra mobile per farlo indagare sui complici di Pacciani, memore degli ottimi
risultati che il poliziotto aveva ottenuto nelle indagini sulle stragi di mafia
del 1993. Di recente è pervenuta nella disponibilità di chi scrive una lettera
inviata da Vigna al capo della Polizia, al direttore della DIA e al procuratore
generale della Corte d’Appello il 2 febbraio 1995, sulla quale non si può fare
a meno di riflettere, da svariati punti di vista:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Sento sin da questo momento il dovere, ora che sono state emanate dal G.I.P. presso
il tribunale di Firenze, le prime ordinanze di custodia cautelare in carcere
per le stragi verificatesi sul territorio nazionale nel 1993, di segnalare alla
Sua attenzione l’attività svolta dal V. Questore Agg. Michele Giuttari, in
servizio presso il Centro Operativo D.I.A. di Firenze dal dicembre 1993,
nell’ambito del procedimento relativo ai predetti gravissimi fatti che tanto
allarme hanno suscitato nella comunità nazionale e nel mondo intero. E ciò in
quanto il dott. Giuttari, che ha svolto le investigazioni sotto la direzione di
quest’Ufficio, in collaborazione con altri Suoi Colleghi e sotto l’intelligente
coordinamento del dott. Nicola Zito, ha manifestato peculiari doti di acume
investigativo nell’individuazione di proficue “piste d’indagine” riuscendo,
anche attraverso un meticoloso lavoro di raccolta e interpretazione dei dati emergenti
dagli atti – ed in particolare dai numerosissimi tabulati telefoni acquisiti –
a dare razionale ordine investigativo ai medesimi, in modo da evidenziare
importanti collegamenti e contatti fra persone oggetto di indagine e che,
altrimenti, non sarebbero emersi.<br />
A ciò va aggiunto che il dott. Giuttari ha dato prova di un eccezionale spirito
di dedizione al servizio, impegnandosi al massimo, sia in Toscana sia in altre
Regioni, nel compimento di atti di indagine, sempre redatti nel pieno rispetto
delle regole processuali, e mediante i quali sono stati conseguiti anche
importanti risultati investigativi, dovuti alla saggia individuazione dei punti
focali del procedimento.<br />
Posso dunque affermare che la collaborazione del dott. Giuttari si è manifestata
d’estrema importanza nello svolgimento della delicata e complessa indagine.</span></i><br /><br />
È chiaro che l’argomento dell’articolo di Panorama era stato un ripiego, poiché sia la
rivista sia Giuttari contavano su un esito positivo della perquisizione nella
villa di San Casciano, e di quello ben più volentieri si sarebbero occupati.<br />
Il lettore può tirare da sé le proprie conclusioni. A chi scrive sembra ampiamente
giustificato il già espresso sospetto di una inopportuna interazione, nella
figura di Giuttari, tra interessi dello scrittore e doveri dell’investigatore. La
qual cosa rende ancora più discutibili delle indagini prive di risultati e
condotte senza riguardo alcuno per il destino di persone rimaste o risultate
innocenti.<br /><br />
<b>La straniera. </b>È nato prima
l’uovo o la gallina? Come anche il lettore constaterà, è inevitabile pensare al
famosissimo paradosso quando si percorre la storia che sta per essere
raccontata nei prossimi paragrafi.<br />
Abbiamo visto che nel mese di ottobre 2001 le indagini sui mandanti avevano alquanto
traballato, dopo il colpo della perquisizione fallita nella villa di San Casciano. Dal
patetico recupero della vecchia storia dei cerchi di pietra al ridicolo
prelievo del pezzo di muro in via dei Serragli, dalla grottesca perquisizione
del casolare addobbato per la festa di Halloween ai roboanti quanto fasulli
annunci sull’accertato omicidio di Pacciani, era tutto un pencolare di qua e di
là; in poche parole: non si sapeva che pesci prendere. Fino ai primi di
novembre. Da <i>Il Mostro</i>:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Maria ha 70 anni portati bene. Il taglio degli occhi e la carnagione denunciano la
sua provenienza dai mari del Sud.<br />
Ha cercato varie volte di contattarmi lasciando detto in Questura che aveva notizie sulla vicenda del
“mostro di Firenze” e che voleva incontrarmi. L'accontento appena posso. La
ricevo insieme al commissario Vinci il 6 di novembre.<br />
Dice di essere criminologa. E di aver già reso anni prima dichiarazioni alla SAM su
alcuni fatti che adesso, dopo aver letto sui giornali che l'indagine sta
andando avanti, vuole ripetere e precisare.<br />
Lo sappiamo: agli atti ci sono due verbali, redatti il 4 luglio e il 17 novembre
del 1990. Il commissario Vinci glieli legge e lei conferma tutto. Ma vuole che
si sappia che durante la sua convivenza con un noto professionista fiorentino
di cui era stata l'amante, citato negli atti, era arrivata a sospettare che
l'uomo avesse rapporti con qualcuno direttamente implicato nei delitti del
“mostro”.<br />
Ci parla in particolare di un “Francesco di Foligno”, amico dell'amante e che a
Perugia, per quanto aveva potuto appurare, era indicato come il “mostro di
Firenze”. Spinta da naturale curiosità aveva incaricato un'agenzia di
investigazioni privata di scoprire chi fosse in realtà il chiacchierato amico.<br />
Scoprì che si trattava di un medico, di ottima famiglia, professore all'università di
Harvard, annegato nel lago Trasimeno un mese dopo l'ultimo delitto del
“mostro”.<br />
All'epoca delle prime dichiarazioni Maria aveva suggerito al dottor Canessa di indagare
dove fosse Francesco nelle date dei duplici omicidi, ma non sa se le verifiche
fossero poi state fatte e quali ne fossero eventualmente gli esiti.<br />
Faccio immediatamente ricercare negli archivi dell'ex SAM tutto quello che risulta
sull'amante della donna e sul medico di Foligno.</span></i><br /><br />
La storia potrebbe sembrare sempre la stessa: tramite il pretesto di una nuova audizione
si era andati a recuperare un fascicolo vecchio e sepolto da anni. Qualcosa di
simile a quello che era successo con Rontini e Calamandrei, insomma, di cui si
è già trattato <a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2019/02/la-moglie-del-farmacista.html" target="_blank">qui</a>. In questo caso, però, dalle parole
di Giuttari parrebbe di capire che la testimone si fosse fatta avanti di
propria iniziativa. E in effetti si legge sul verbale corrispondente:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Nei giorni scorsi mi sono messa in contatto con l’ufficio della Squadra Mobile allo
scopo di poter parlare con il dott. Giuttari e riferire fatti relativi alla
vicenda del “Mostro di Firenze”, già in passato raccontati agli inquirenti e
nel contempo puntualizzare alcuni dettagli ed episodi, all’epoca appena
accennati e non da me approfonditi; dettagli ed episodi che oggi alla luce
delle novità investigative che ho avuto modo di seguire sulla stampa,
potrebbero essere rilevanti e comunque utili per chi sta indagando. È proprio per
questi motivi, ritenendo mio dovere civico offrire il mio contributo alla causa
della Giustizia, che ho cercato il contatto con il dott. Giuttari e, oggi,
invitata dall’Ufficio, mi sono presentata.</span></i><br /><br />
La donna si chiamava Jorge Maria Alves, brasiliana, l’amante Giuseppe Jommi, avvocato
fiorentino, e il medico morto nel lago Trasimeno Francesco Narducci. Quando nel
1990 Maria Alves era andata alla SAM a raccontare i propri sospetti
sull’amante, la loro quasi ventennale relazione, iniziata negli anni ’60, era
già finita da tempo, e male, con anche una dura battaglia giudiziaria
intrapresa su tutti i fronti della quale la stessa denuncia alla SAM faceva
parte. Chi scrive non ha la disponibilità dei due verbali di cui parla
Giuttari, ma un’idea del loro contenuto può trarsi da un paio di annotazioni
della questura, invece disponibili, che riguardano quello del 4 luglio. La
prima, datata 5, accompagna la trasmissione del verbale in procura. Vi si
legge:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Nel corso del colloquio, iniziato alle ore 11.45 e terminato alle ore 14.00, la
Alves Jorge, molto sicura di sé e loquace sino alla logorrea, ha evidenziato
alcuni episodi a suo dire estremamente significativi.<br />
In particolare, ha raccontato che la sera dell’8 settembre 1985, quando ancora non
si sapeva nulla del duplice omicidio avvenuto a Scopeti, lo Jommi, incontrato
dalla donna in questa piazza Davanzati le avrebbe detto che non aveva alibi e
le avrebbe anche chiesto se era a conoscenza del delitto. La donna nella
circostanza non avrebbe dato alcun peso alle dichiarazioni dell’uomo.<br />
Molto tempo dopo, tuttavia, e precisamente nel dicembre del 1989, la Alves Jorge,
leggendo il libro di M. Spezi “Delitti in Toscana”, aveva saputo che il delitto
in argomento era stato scoperto da un cercatore di funghi alle ore 15.00 del
lunedì successivo.<br />
La donna ha altresì riferito sul conto del suo ex amante alcune considerazioni
secondo le quali lo Jommi non è il cd. “mostro di Firenze”, anche se
psicologicamente potrebbe esserlo, <b>in quanto
il vero “mostro” è un suo amico di Perugia, tale Narducci Francesco,
suicidatosi qualche anno fa nel lago Trasimeno</b><br />
Si fa riserva, infine, di comunicare con la massima tempestività l’esito degli
accertamenti tuttora in corso.</span></i><br /><br />
Con la seconda annotazione, firmata da Ruggero Perugini e datata 18 settembre 1990,
viene comunicato alla procura l’esito degli accertamenti nel frattempo
espletati. Vi viene innanzitutto precisato che “<i><span style="color: blue;">Agli
atti di quest’Ufficio lo Jommi risulta: immune da pregiudizi penali e
psicopatologici; non ha mai posseduto armi da sparo; di buona condotta morale e
civile</span></i>”. Viene poi descritta la sua famiglia, una moglie e due
figli, e le sue discrete proprietà immobiliari, tra cui un appartamento in
Firenze dove aveva vissuto in affitto la famiglia di Susanna Cambi, vittima del
Mostro a Calenzano (la qual cosa sarebbe stata fonte di future e ingiustificate
illazioni).<br />
Infine il documento riprende e commenta le dichiarazioni della Alves.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Per quanto concerne, inoltre, l’incontro avuto dalla Alves con lo Jommi in questa
piazza Davanzati la domenica 8 settembre 1985, si significa che sempre nel
corso del colloquio del 5.5.90 </span></i>[è un errore: 4.7.90]<i><span style="color: blue;"> la
Alves spontaneamente aveva mostrato agli scriventi un’agenda del 1985, nella
quale, alla pagina relativa alla citata domenica, vi era annotato un appunto
manoscritto che riguardava l’incontro avuto con il suo amante.<br />
Lo Jommi, secondo la Alves, nella circostanza avrebbe dichiarato che vi era stato
in provincia di Firenze un altro duplice omicidio a danno di giovane coppia.<br />
A specifica domanda posta dagli scriventi, la donna precisava che la prima parte
dell’annotazione, e cioè quella concernente l’incontro, era stata scritta
immediatamente dopo che aveva visto lo Jommi, mentre quella relativa alla frase
pronunciata dal legale fiorentino (il duplice omicidio) era stata scritta
quando era venuta a conoscenza (nel dicembre del 1989 leggendo il libro di
Spezi “Delitti in Toscana”) che l’omicidio in argomento era stato consumato il
sabato.<br />
È doveroso sottolineare che la vicenda così come raccontata dalla teste suscita
qualche perplessità in quanto la Alves si è ricordata del particolare sopra
menzionato a distanza di circa quattro anni dall’incontro con lo Jommi
Giuseppe.<br />
Per quanto riguarda, infine, il suicidio del medico di Perugia, asseritamente amico
dello Jommi, si segnala che la Procura della Repubblica di Firenze a suo tempo
fu dettagliatamente informata sul caso.</span></i><br /><br />
Negli anni successivi la donna aveva cercato altre volte di coinvolgere l’ex amante nelle
indagini sul Mostro, rivolgendosi anche ai magistrati della procura, tra cui
Fleury e lo stesso Vigna. A livello di pura curiosità, si rifletta sulla frase,
tratta dal libro di Perugini, già evidenziata in altro articolo: “<i><span style="color: blue;">Per non parlare delle Marielle, delle Marie, delle
Margherite e di tutte le donne, fra i quindici e i settantacinque anni, il cui
nome cominciava per M, che persero e ci fecero perdere il sonno con le loro
continue telefonate</span></i>”. Ebbene, se tra le Marielle c’era senz’altro la
Ciulli, è ragionevole ritenere che tra le Marie ci fosse la Alves, mentre chi
scrive non ha notizia di alcuna Margherita (qualche lettore forse potrebbe
svelare il mistero).<br />
L’argomento sarà oggetto di un futuro articolo, possiamo però anticipare che sia Giuttari
sia Mignini sarebbero stati molto più disponibili ad ascoltare le accuse, di
livello sempre crescente, di Jorge Maria Alves, tantoché l’avvocato Jommi
avrebbe corso il serio rischio di doversi difendere come il povero Francesco
Calamandrei, del quale però, per sua fortuna, non aveva l’aggravio di una moglie
schizofrenica. In ogni caso, per il momento, abbandoniamo Jommi, e occupiamoci
del secondo personaggio tirato in ballo dalla signora brasiliana.<br /><br />
<b>Voci di popolo a Perugia. </b>Come è ben noto, gli archivi della SAM erano pieni di lettere anonime con le quali le
forze dell’ordine venivano invitate a indagare su mille possibili “mostri”; tra
di esse la più famosa è senz’altro quella del settembre 1985 riguardante
Pacciani (senza per questo poter generalizzare, ma comunque per farsi un’idea
del valore di tali segnalazioni, si tenga presente che dietro c’era soltanto un
vicino astioso, scoperto anni dopo). Anche Francesco Narducci, il medico di
Perugia indicato dalla Alves come il vero Mostro, era stato oggetto di lettere
anonime, ben più numerose dell’unica su Pacciani. Anzi, riguardo la sua
identificazione come Mostro di Firenze si era diffusa nel Perugino
un’insistente voce popolare.<br />
Chi era Francesco Narducci? Non è questa la sede per tracciare un ritratto del
personaggio, del resto ben noto agli appassionati, basti ricordare che si
trattava di un giovane gastroenterologo di ottima famiglia morto durante
un’escursione solitaria sul lago Trasimeno l’8 ottobre 1985, un mese dopo il
delitto degli Scopeti. Per farsi un’idea di quali fossero i sospetti su di lui poco
prima che partissero nuove indagini e si creassero nuove dicerie si legga
questa interessante lettera scritta a Oreste del Buono da un lettore della “Stampa”
e pubblicata il 7 settembre 2001:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Egr. Sig. Oreste del Buono, ho letto in questi giorni su tutti i maggiori
quotidiani, La Stampa in primis, la possibilità della riapertura delle indagini
sul caso (sembrava risolto con gli arresti di Pacciani, Vanni e Lotti) del
“mostro di Firenze”. Per la verità la notizia non mi ha sorpreso in quanto un
paio di anni addietro, trovandomi in vacanza sul Lago Trasimeno e facendo una
lunga chiacchierata con un simpatico proprietario di un ristorantino sul lago,
avevo sentito parlare di strani fatti “sfuggiti” agli inquirenti (?) e
riguardanti il suicidio di un medico chirurgo inizialmente indagato,
personaggio legato da parentela a facoltosi industriali del luogo. Il fatto era
avvenuto molto prima della morte di Pacciani, il corpo del medico suicida era
stato rinvenuto vicino all’Isola Polvese dove aveva lasciato il suo motoscafo
prima di gettarsi in acqua. La gente del posto aveva raccontato che la polizia,
indagando sul caso, sarebbe venuta in possesso di una misteriosa
lettera-confessione. </span></i><br /><br />
A modesto parere di chi scrive, a favorire i sospetti su Francesco Narducci erano stati
molti fattori combinati, tra i quali:<br /><br />
<ul style="margin-top: 0cm;" type="disc">
<li>il mistero della sua morte, un sospetto suicidio privo di apparenti motivazioni
che la famiglia cercò di far passare per disgrazia;</li>
<li>la frettolosità con cui il cadavere, recuperato dal lago dopo cinque giorni, fu
sepolto, senza neppure un’autopsia, come se la famiglia avesse temuto
l’emergere di qualche circostanza imbarazzante;</li>
<li>la sua professione di medico, come si sa da sempre associata nell’immaginario popolare
alla figura di un assassino che mutilava le proprie vittime femminili;</li>
<li>la sua notorietà in ambito locale, che enfatizzò ogni altro elemento di sospetto.</li>
</ul><br />
I fattori sopra elencati, più magari altri di secondaria importanza, vanno considerati
alla stregua dei componenti di una bomba pronta per ricevere l’innesco e poi
deflagrare. Il che avvenne nell’autunno del 1986, non appena risultò evidente
che per quell’anno il Mostro non avrebbe ucciso, mentre nei cinque precedenti
lo aveva sempre fatto. Naturalmente tutti si chiesero il perché, e molti
pensarono e sperarono che fosse morto. Qualcuno, compresi alcuni autorevoli
commentatori tra i quali Giorgio Abraham, presero anche in esame la possibilità
del suicidio per rimorso o paura di essere scoperto. Ecco quindi che i perugini
cominciarono a sentirsi autorizzati a credere che il vero Mostro fosse proprio
il loro, quel Francesco Narducci del quale forse già in vita qualche malalingua
aveva spettegolato, ma soprattutto morto suicida appena un mese dopo l’ultimo
delitto, lasciando, si vociferava, una confessione scritta che la famiglia aveva
fatto sparire. Non a caso le indagini delle forze dell’ordine di
Firenze partirono a inizio 1987 e non prima.<br />
Dalla sentenza Micheli, dove si riporta un passo della requisitoria del PM Giuliano Mignini:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Vi
è l’Appunto del M.llo Salvatore Oggianu, delle ore 10 circa del 3.02.1987, con
cui il Maresciallo riferisce della telefonata dell’Ispettore Sirico della
Squadra Mobile di Firenze che voleva sapere se i CC di Firenze fossero
informati sul suicidio avvenuto “pochi giorni orsono nel Lago Trasimeno” (ma è
il 1987….). I CC di Firenze rispondono di non saperne nulla e si rivolgono al
Nucleo Operativo CC di Perugia e in particolare al Brig. Fringuello che li
informava del suicidio avvenuto l’8.10.1985, al Trasimeno, del Prof. Francesco
Narducci, coniugato con Francesca Spagnoli.<br />
Il Fringuello riferisce anche che, alcuni giorni prima, era stato contattato da un
familiare del medico che gli aveva riferito che lo stesso aveva uno studio
medico in Firenze e che, negli ultimi tempi prima del suicidio, si era
comportato in modo molto strano.</span></i><br /><br />
A conoscenza di chi scrive si tratta del primo interessamento certo a Narducci da parte
della SAM e dei carabinieri di Firenze, nonostante si sia parlato su libri e
forum – ma soprattutto nella requisitoria di Mignini – anche di fantomatiche
indagini precedenti, riguardo le quali non esiste però alcuna documentazione
affidabile (delle indagini perugine si tratterà più avanti). Passò poco più di
un mese e gli esiti degli accertamenti dei carabinieri furono comunicati a
Vigna, come risulta da questa annotazione datata 19 marzo 1987:<br /><br />
<i><span style="color: blue;"><b>Oggetto:</b> Notizie segnalate a Perugia e Foligno su
Narducci Francesco in relazione ai noti “duplici omicidi” attribuiti al
cosiddetto “mostro di Firenze”.<br />
Poiché lo stesso Narducci è stato dalla voce pubblica delle due citate città indicato
come “interessato ai noti omicidi attribuiti al cosiddetto mostro di Firenze”,
se ne dà doverosa notizia alla S.V. per ogni valutazione e per i conseguenti
accertamenti che riterrà di dover far svolgere.<br />
Per una più completa visione dei fatti si trasmettono:<br />
1 Rapporto giudiziario nr. 200/1 redatto dall’Arma di
Magione (PG) il 19.10.1985 in relazione al decesso di Narducci Francesco;<br />
2 Referto richiesto alla Conservatoria dei registri immobiliari
di Firenze circa la possidenza di appartamenti in questa provincia, risultato,
contrariamente a quanto era stato riferito per vie brevi, del tutto negativo.</span></i><br /><br />
Nel documento si parla di “<i><span style="color: blue;">voce pubblica</span></i>” di
Perugia e Foligno, che quindi, forse tramite lettere anonime forse per altre
vie, doveva essere giunta anche alle orecchie della SAM, peraltro in modo
parziale o comunque deformato, visto che Sirico riteneva che il presunto
suicidio fosse un fatto di appena pochi giorni prima. E se gli accertamenti
richiesti dai carabinieri di Firenze a quelli di Perugia erano stati indotti
dalla voce pubblica, la stessa voce pubblica ricevette da quegli accertamenti
ulteriore vigore. La notizia arrivò infatti alla stampa e venne pubblicata in
alcuni articoli usciti in occasione dell’arrivo di una lettera di un falso
mostro a Silvia Della Monica.<br />
Così il 12 aprile 1987 “Il Corriere dell’Umbria”, quotidiano di Perugia (questo e i due
trafiletti successivi vengono ripresi da <i>48 small</i> di Alvaro Fiorucci):<br /><br />
<i><span style="color: blue;">I cacciatori del mostro hanno indagato sulla morte di Francesco Narducci. Un
accostamento, nonostante l’esplicita ammissione di magistrati e polizia, che ha
fatto ipocritamente inorridire anche quelli che con gli stessi argomenti
imperversavano nei bar, nei salotti e nelle redazioni dei giornali appena due
ore dopo il ritrovamento del corpo di Francesco Narducci. […] Da quel giorno
non si è smesso di parlare di quella morte misteriosa perché legata ad una
scomparsa misteriosa. Accanto a testimonianze più o meno fasulle arrivano le
voci incontrollate. E la spiegazione di questi funerali frettolosi: hanno
nascosto le prove del suicidio, la famiglia sapeva tutto, Narducci aveva
lasciato un messaggio. Poteva bastare. Il resto serviva solo alla fantasia che
rimane tale anche dopo la sortita di magistrati e polizia che indagano sul
mostro di Firenze, i quali fanno intendere soltanto ora di aver investigato
inutilmente sulla morte (anzi si parla esplicitamente per la prima volta di
suicidio) di Francesco Narducci.</span></i><br /><br />
Dal medesimo quotidiano del giorno successivo:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Una
ridda di illazioni e dicerie ha coinvolto il medico perugino morto nel
Trasimeno nel giallo del maniaco di Firenze. […] L’insistente vociare sulla sua
morte è persino arrivato a solleticare la curiosità e l’interesse della
speciale squadra anti mostro insediata a Firenze. Gli inquirenti toscani hanno
voluto vederci chiaro, sulle rive del Trasimeno e a Perugia ha indagato anche
Paolo Canessa, uno dei magistrati che indaga sul maniaco, ma non ha raccolto un
solo elemento che lo convincesse a proseguire il soggiorno investigativo. Di
Francesco Narducci era stata chiacchierata una sua vita privata fiorentina. Che
anzi dalle parti di Lastra a Signa, alla periferia di Firenze, avesse affittato
un appartamento in cui la polizia dopo la sua morte avrebbe rinvenuto alcune
sezioni di tessuto umano conservate in teche colme di paraffina e c’era chi
trovava il tempo per elettrizzare il simposio rivelando che il dottor Narducci
prima di uccidersi aveva lasciato un messaggio in cui si autoaccusava dei
delitti attribuiti al cosiddetto mostro.<br />
Ma la lettera, inutile dirlo, non è stata mai trovata e questo, grottescamente, ha
contribuito ad alimentare fandonie prodotte oltre i confini della
farneticazione.</span></i><br /><br />
Nonostante nei due articoli si fossero criticate le voci malevoli e si fosse riportato
l’esito negativo delle indagini, la loro uscita sul principale quotidiano di
Perugia non dovette far altro che amplificare i sospetti della gente. I quali
ricevettero ulteriore impulso dall’intervento minaccioso di Narducci
padre sul medesimo quotidiano del 14 aprile:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Leggo vostra corrispondenza del 12 e del 13 aprile. Protesto con sdegno contro il
contenuto e la forma delle notizie da voi divulgate. È falsa e assurda ogni
correlazione tra la morte di mio figlio e i fatti di Firenze, così come è falso
che mio figlio si sia suicidato. Faccio espressa riserva del diritto di
querela.</span></i><br /><br />
È bene comunque precisare che le indagini fiorentine sul possibile coinvolgimento di
Narducci nei delitti del Mostro non si erano chiuse in quei giorni dell'aprile
1987. La parola fine arrivò il 4 luglio 1988, con una nota inviata a Vigna dal
colonnello dei carabinieri Vittorio Rotellini, dove si riportava l’esito di un
accertamento secondo il quale, al momento del delitto di Calenzano, il
gastroenterologo si trovava negli Stati Uniti. Nella stessa nota si dichiarava
che nessun automezzo o motomezzo a lui appartenuto era mai stato soggetto a
controlli durante i servizi preventivi anti mostro. Pertanto questa era la
conclusione: “<i><span style="color: blue;">Dalle risultanze di cui sopra si può
escludere che il Narducci Francesco possa essere responsabile dei duplici
omicidi avvenuti in provincia di Firenze</span></i>”.<br />
Prima dell'arrivo della nota di cui sopra, il nome di Francesco Narducci era emerso
in una lista di 256 nominativi, compilata dai carabinieri, dal titolo “<i><span style="color: blue;">Elenco di tutte le persone segnalate da anonimi e non dopo
il duplice omicidio Stefanacci-Rontini del 29.7.1984, trattate da questo
ufficio, escluse quelle segnalate con elenco compilato in data 17.6.1987</span></i>”.
Si è fantasticato sin troppo su questa circostanza, cercando di approfittarne
per retrocedere ad appena dopo il delitto di Vicchio l'ingresso di Narducci
sotto le attenzioni delle forze dell'ordine fiorentine. Non è così. Non esiste
alcun motivo per non ritenere che Narducci fosse in elenco causa le indagini
effettuate su di lui in quello stesso 1987.<br />
Negli anni successivi altre segnalazioni e altre lettere anonime avrebbero continuato a
sottoporre la figura di Narducci all'attenzione degli inquirenti fiorentini,
peraltro sempre più orientati a cercare la soluzione del caso in un soggetto di
caratteristiche alle sue del tutto opposte, Pietro Pacciani. E sempre, sulla
base di quel documento del 1988, la loro reazione sarebbe stata negativa. Di Jorge
Maria Alves abbiamo visto. È di tre anni dopo, 28 ottobre 1993, la consegna di
un dossier in procura (<a href="https://drive.google.com/file/d/1xvnE83x7wY7mCeUC39M8-mTzr17TNlyx/view?usp=sharing" target="_blank">vedi</a>) da parte
di Valerio Pasquini, un investigatore privato che aveva approfondito la vicenda
Narducci con ricerche in loco. La sua speranza, andata delusa, era stata
quella di ricavarne un utile tramite pubblicazione su qualche rivista. Il parere di chi scrive è che si tratti nella
sostanza di una raccolta di chiacchiere, in ogni caso il lettore potrà
giudicare da sé.<br />
Qualcosa comunque dovette essere finito su settimanali popolari come "Visto" e "Cronaca vera",
anche se chi scrive non ha modo di verificarlo. Fu proprio dalla lettura di queste riviste durante la sua carcerazione
che Pacciani trasse le notizie su Narducci e sulle voci che lo davano come il vero Mostro. Notizie travasate poi nei suoi
scritti che a loro volta avrebbero generato il sospetto di improbabili collegamenti tra le due figure.
Dopo aver alimentato tali sospetti (nel dicembre 2002 di fronte a Giuttari, divenuto suo cliente),
il suo avvocato storico Pietro Fioravanti ammise che molte notizie le aveva apprese dai giornali (incidente probatorio, 25 novembre 2005):
“<i><span style="color: blue;">Mi faceva il nome di... del medico sul Lago Trasimeno, […] gli ho chiesto dico: «Ma tu lo hai saputo...»... «Sì l’ho letto, lo riporta ‘Visto’»</span></i>”.<br />
Quello stesso dossier fu probabilmente la fonte dalla quale Giuttari trasse le maggiori informazioni sulla vicenda Narducci,
lo avesse letto dopo l’audizione della Alves, come lui afferma, oppure ben
prima, come invece pare che attesti la documentazione in mano a chi scrive (un grazie a Giuliano Mignini).
Si legge infatti nella nota inviata da Giuttari alla procura il 3 dicembre 2001 e riguardante
lo stato delle indagini sui mandanti:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Agli atti di questo Ufficio, esiste un fascicolo a nome Narducci Francesco,
nato il 4.10.1949, al cui interno si trovano alcune lettere anonime, che indicano il predetto
come il “Mostro di Firenze” e sulle quali si è riferito a codesta Procura con nota del 5.2.1999.</span></i><br /><br />
Dunque Giuttari aveva inquadrato Narducci fin da quasi tre anni prima che partissero le nuove indagini di Perugia.
Lo aveva fatto durante il periodo degli aspri contrasti con il Viminale, dopodiché, al suo definitivo reintegro nell'estate del 2000,
si era tenuto il fascicolo nel cassetto, pronto a tirarlo fuori al momento opportuno.<br /><br />
<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/12/firenze-perugia-andata-e-ritorno-2.html">Segue</a>
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com27tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-26754298883382366032020-12-24T12:06:00.010-08:002021-01-09T21:37:31.523-08:00La tenda si vedeva o no dalla strada?<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
I miei lettori più assidui si saranno accorti dell’acceso scambio che ho avuto – sotto l’articolo <a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/12/una-dinamica-errata-per-scopeti-1.html" target="_blank">Una dinamica errata per Scopeti</a> – con un certo Segugio, al quale ho dato del meritorio coglione,
rifiutando poi la sua tardiva e maldestra offerta di dialogo. La questione che stava alla base dello scontro è quella della visibilità
della tenda dei francesi da parte di chi transitava su via Scopeti. A dire di Segugio, tale
visibilità sarebbe stata messa in legittimo dubbio sul forum dei mostri – dove lui
scrive come Blood Hound – da persone che in anni recenti avrebbero controllato andando sul posto.
L’argomento è di grande importanza, poiché una buona visibilità della tenda
dalla sottostante via Scopeti dà credibilità all’ipotesi di un avvistamento
fortuito al pomeriggio del venerdì da parte di un residente in zona, che poi la
sera andò a uccidere. Colgo quindi l'occasione per approfondire, tenendo così fede ai miei propositi di combattere le tante scorie che ancora inquinano la vicenda.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-oKf_lIdE_As/W6hg5fH4JoI/AAAAAAAABy0/r5vXPjrQYs09giKoBWuzO_dahzpqLSP8QCPcBGAYYCw/s715/Planimetria1.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="487" data-original-width="715" height="218" src="https://1.bp.blogspot.com/-oKf_lIdE_As/W6hg5fH4JoI/AAAAAAAABy0/r5vXPjrQYs09giKoBWuzO_dahzpqLSP8QCPcBGAYYCw/w320-h218/Planimetria1.png" width="320" /></a></div><br />
<b>Scrivo sciocchezze, dunque sono. </b>
Ebbene, vediamo che cosa scrivono sul forum dei mostri (la discussione parte da
<a href="https://imostridifirenze.forumfree.it/?t=58685313&st=3000" target="_blank">qui</a>). Mi limiterò a
una breve sintesi riportando lo scambio tra Segugio alias Blood Hound e
l’amministratore, Psychotic, quello che più di tutti si dichiara sicuro che la
tenda non la potesse vedere manco Nembo Kid.<br /><br />
Blood Hound<br />
<i><span style="color: blue;">Vorrei fare una domanda
se qualcuno è stato sulla piazzola (io ci sono stato una volta sola ma non mi
ricordo): è possibile vedere l'auto e la tenda dalla strada sottostante?</span></i><br /><br />
Psychotic<br />
<i><span style="color: blue;">No.<br />
Chiunque dica che la tenda si sarebbe potuta vedere dalla strada:<br />
- mente<br />
- non è mai stato nel luogo<br />
- è un perfetto beota<br />
o una commistione di due o tutti i punti..</span></i><br /><br />
Blood Hound<br />
<i><span style="color: blue;">Nel suo ultimo post, Segnini torna a ripetere che la tenda era visibile dalla strada, mah...<br />
Gli ho mandato un messaggio per capire da dove proviene questa sua sicurezza.</span></i><br /><br />
Psychotic<br />
<i><span style="color: blue;">Niente di strano.<br />
Tutti quelli che hanno
una tesi da difendere, per interesse, perché convinti o per entrambe le
motivazioni, sostengono l'insostenibile.</span></i><br /><br />
Blood Hound<br />
<i><span style="color: blue;">Già, Segnini è
Lotti-colpevolista dal 74 all'85, una tesi difficile da sostenere.</span></i><br /><br />
Psychotic<br />
<i><span style="color: blue;">Blood, ma quando io dico
che la maggioranza di chi ha vivacchiato e pontificato sui media e/o scrivendo
cag... ehmm articoli o libelli sul caso del MdF sono dei cazzari e/o
speculatori ma perché credi lo dica?<br />
La maggior parte di loro
non ha nemmeno mai messo piede in una piazzola ma parla per sentito dire, per
letto altrove, per propria rielaborazione (quando non inventato di sana pianta)
e per proprio comodo/vantaggio.<br />
Tanto lo spettatore medio sa una sega lui.</span></i><br /><br />
Blood Hound<br />
<i><span style="color: blue;">Sì hai ragione purtroppo è così.<br />
Ho chiesto a Segnini se è sicuro che la tenda si vedeva dalla strada e mi ha scritto "Sicuro non
posso essere, però ragionevolmente sicuro sì."<br />
Ma che risposta è? Passa per essere il miglior blogger sul mostro.<br />
In generale vedo che i mostrologi alimentano polemiche fra loro, fanno debunking sui post degli altri,
sta diventando un circolo autoreferenziale, forse per aumentare le
visualizzazioni ma alla fine punti chiari non ne trovano e aumenta la
confusione.</span></i><br /><br />
Psychotic<br />
<i><span style="color: blue;">Se chiedi a mia madre e
mia moglie io per loro sono il miglior chitarrista del mondo.<br />
E anche la mamma di Alvaro Vitali gli diceva sempre con aria convinta "bello di
mamma!!!".</span></i><br /><br />
Al lettore ho risparmiato altri bla bla, dei due campioni e di qualche altro, i curiosi
possono andare a leggerseli in originale. Vorrei soltanto segnalare i lucidi
interventi dell’unica donzella, ThisIsDaniela, che si è chiesta quanto avessero
potuto influire i notevoli cambiamenti della vegetazione dal 1985 ad oggi, raccontando
pure di una sua esperienza in cui qualcosa era riuscita a vedere.<br />
Ma la tesi che predomina è quella granitica del tracotante Psychotic, il quale proclama sicuro la sua verità:
“<i><span style="color: blue;">Chiunque dica che la tenda si sarebbe potuta vedere
dalla strada mente, non è mai stato nel luogo, è un perfetto beota</span></i>”. E cosi sia!<br /><br />
<b>La testimonianza Berti.</b>
Si legge nel libro <i>Delitto degli Scopeti – Giustizia mancata</i>:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Secondo quanto riferito a sommarie informazioni dal teste A.B., giornalista (all. 57 del rapporto di P.G.
14 settembre 1985), nel pomeriggio di venerdì 6 settembre 1985, mentre alla
guida della propria autovettura Volkswagen Golf, nera, transitava nella via
degli Scopeti, aveva notato intorno alle 14:00 che nella nota radura un uomo ed
una donna stavano montando una tenda.</span></i><br /><br />
Nell’ambiente si era saputo presto che A.B. altri non era che Antonio Berti, il noto
giornalista sportivo che si occupava di cavalli (è morto quest’anno, alla
veneranda età di 88 anni).<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-_yWLRE6vUVo/X-TpAtCzcjI/AAAAAAAACkw/gOco9IYz2PE0ABqHS59nv5WoZzfH-YKRgCPcBGAYYCw/s499/Antonio%2BBerti1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="361" data-original-width="499" src="https://1.bp.blogspot.com/-_yWLRE6vUVo/X-TpAtCzcjI/AAAAAAAACkw/gOco9IYz2PE0ABqHS59nv5WoZzfH-YKRgCPcBGAYYCw/s320/Antonio%2BBerti1.jpg" width="320" /></a></div><br />
Quando avevo risposto a Segugio le mie informazioni si fermavano qua. Conoscendo la
serietà degli autori del libro (Francesco Cappelleti e l’avvocato Vieri
Adriani) non ho mai avuto dubbi sulla bontà della testimonianza.
Tuttavia, non avendo visto la tenda di persona, ho preferito dirmi “ragionevolmente” sicuro,
e non “assolutamente”, evidenziando appunto l’avvistamento Berti.<br />
Per poter andare davvero fino in fondo, ho chiesto al “solito” Francesco Cappelletti una copia
del verbale, che gentilmente mi ha inviato (ancora una volta devo tessere le
lodi di una persona che si è sempre spesa senza secondi fini soltanto per
portare un po’ di buon senso in questa vicenda vergognosa). Il documento
risulta stilato il 12 settembre 1985 nella stazione dei Carabinieri di San
Casciano, davanti al maresciallo Lodato. Ecco il testo delle dichiarazioni di
Berti:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Avendo saputo del duplice
omicidio avvenuto in S.Casciano Val di Pesa onde collaborare con la giustizia,
ritengo doveroso riferire che nella giornata di venerdì 6 settembre 1985, verso
le ore 14 circa, transitando per via Degli Scopeti, alla guida della mia
autovettura Golf nera, all’altezza del punto in cui è poi avvenuto il duplice
omicidio, ho notato due persone che stavano montando una tenda piuttosto
piccola. Le due persone, un uomo e una donna, uno era chinato alla base della
tenda e l’altra aiutava stando in piedi.<br />
A.D.R.: Non posso assicurare che le due persone fossero le stesse che sono state barbaramente
trucidate, ma il luogo dove queste due persone stavano montando la tenda ed il
giorno mi fanno pensare che si tratti proprio delle due vittime.<br />
A.D.R.: Non ho fatto caso se vicino alla tenda vi fosse anche una autovettura Golf bianca.<br />
A.D.R.: Altro non ho da aggiungere ed in fede di quanto sopra mi sottoscrivo.</span></i><br /><br />
Si tenga presente che Berti risiedeva nelle vicinanze, in via Faltignano, dunque riguardo il luogo
non poteva essersi sbagliato. La sua descrizione è molto precisa, addirittura colse
l’immagine del povero Michel chinato alla base della tenda. Questo vuol dire
che, transitando per via Scopeti alla guida della sua macchina, la tenda la vide benissimo. Non vide la Golf, che si potrebbe pensare fosse
stata parcheggiata in un punto più nascosto, differente da quello in cui sarebbe stata
messa al ritorno dalla cena serale.<br />
A questo punto la domanda sorge spontanea: dobbiamo credere alla
testimonianza del giornalista Berti che transitò davanti alla piazzola poche
ore prima del delitto, oppure alle sciocchezze di un boccalone qualsiasi che cazzeggia su un forum e si dà del beota e mentitore credendo di darlo agli altri?
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com51tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-17485034869193388772020-12-21T21:55:00.016-08:002020-12-22T07:30:45.486-08:00Ma insomma, quant'era basso questo Salvatore?<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
Che il Mostro di Firenze fosse piuttosto alto non è una certezza assoluta ma è una
certezza ragionevole. Su questo blog se ne è già parlato: il foro di proiettile
sul finestrino centrale della fiancata destra del furgone di Giogoli ci dice
che era alto sul metro e ottanta (<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/10/una-dinamica-errata-per-giogoli.html" target="_blank">vedi</a>), valore
confermato dalle impronte di ginocchia sulla Panda di Vicchio (<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2017/11/la-dinamica-di-vicchio.html" target="_blank">vedi</a>). La qual cosa
costituisce un elemento di grave incompatibilità con la figura di Salvatore
Vinci, che notoriamente era più basso. Già, ma quanto più basso? A giudicare
dalle foto e da qualche sparso cenno sui giornali, parecchio. Però la sua
statura esatta non è nota. In questo articolo semiserio vedremo il resoconto
dell’indagine personale di chi scrive.<br /><br />
<b>La valutazione di Torrisi. </b>Un dato approssimato si legge nel rapporto Torrisi, in concomitanza con la
presentazione di due avvistamenti che potevano ricondurre a Vinci. Uno riguarda
il delitto di Giogoli:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">È il caso di evidenziare
che, verso le ore 21,00-21,15 del 9 settembre 1983, ora in cui può essere fatto
risalire l'omicidio dei due tedeschi, di via dei Giogoli di Scandicci, la teste
SIMONCINI Laura, percorrendo in autovettura la parallela e sottostante via del
Vingone, ha potuto distinguere sotto i fari un individuo scendere, proveniente
verosimilmente dalla zona del delitto, un uomo dall'età di 40-45 anni, dall'altezza
di mt. 1,70, indossante una maglietta celeste con delle strisce rosse
orizzontali, pantaloni scuri, capelli folti, lisci e tirati indietro.<br />
Salvatore, che secondo il nostro parere potrebbe corrispondere alla descrizione della donna,
avrebbe avuto una maglietta a fondo bleu (celeste) con delle righe orizzontali.</span></i><br /><br />
Ecco invece un avvistamento a Baccaiano:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Un'altra descrizione
molto attendibile di un uomo sospetto avente una statura di mt. 1,65-1,70
circa, dai capelli scuri, con pantaloni chiari e con maglietta fino al petto
chiara e dopo a strisce scure, è stata fatta al Giudice Istruttore il 6.1.1983
da due testi: MANETTI Bruno e FALTERI Carlo Alberto. Essi, infatti, verso le
ore 22,30-22,45 del 19.6.1982, in concomitanza con l'ora del duplice delitto
MAINARDI-MIGLIORINI, perpetrato in località Baccaiano, agro di Montespertoli,
nel percorrere a bordo di una motovespa la strada provinciale, proveniente da
Montespertoli in direzione di Baccaiano, all'uscita di una curva ad ampio
raggio, a circa un centinaio di metri dal posto del delitto, si sono trovati
improvvisamente davanti ad un uomo sulla strada, sopra descritto, il quale, al
suono del clacson della vespa, nello spostarsi per paura, ad un tratto è
scivolato nella cunetta laterale della strada.<br />
Anche qui, può sembrare una semplice coincidenza, se fosse la sola, che la persona indicata ha le
medesime caratteristiche fisiche del VINCI Salvatore, il quale, all'epoca,
secondo la descrizione della PIERINI Ada dovrebbe essere in possesso di una
maglietta a fondo rosso mattone scuro, con delle strisce chiare sul davanti di
color beige-nocciola.</span></i><br /><br />
Dopodiché il colonnello si sbilancia:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Il VINCI Salvatore è alto
mt. 1,65-1,70, ha carnagione scura, capelli neri brizzolati, pettinati all'indietro,
viso rotondo, corporatura media.</span></i><br /><br />
Ecco dunque l’unico dato numerico a oggi disponibile sulla statura di Salvatore
Vinci: 1,65-1,70. Si tratta di un valore affidabile? L’approssimazione lascia
poco tranquilli, anzi, induce a pensar male. Sembra molto strano, infatti, che le
forze dell’ordine non conoscessero l’esatta statura del loro indagato, con
tutta la documentazione cui avevano accesso. Tanto per fare un esempio, sulla
carta d’identità il dato compare, quindi anche all’anagrafe, i cui archivi sono
un libro aperto per polizia e carabinieri. Sia come sia, considerata l’endemica
tendenza di Torrisi ad arrotondare un po’ troppo i dati, viene comunque il
maligno sospetto di una chiusura d’occhi strategica, con l’inserimento di una
valutazione a spanne che veniva comoda per far coincidere la figura di Vinci
con il personaggio delle due testimonianze, nonché e soprattutto con quella
presunta di un Mostro non basso. Naturalmente i vinciani di oggi se ne
approfittano, prendendo per buono il dato di Torrisi nella sua misura maggiore.
In fin dei conti un metro e 70 non è poi così lontano da uno e 80, che a sua
volta si può sempre rivedere al ribasso, alla faccia dei buchi sul furgone e degli
aloni sulla portiera della Panda, che chiunque potrebbe aver lasciato, anche
solo per dispetto.<br />
E a noi, poveri antivinciani, che ci resta da fare? Come possiamo controbattere
il diluvio di argomentazioni sulla colpevolezza a prescindere di Salvatore, del
quale bisogna essere noi a dimostrare l’innocenza, non loro la colpevolezza? Senza
troppe illusioni che possa diventare il punto di partenza per una valutazione
più serena, il dato certo della statura potrebbe almeno aiutare. Ebbene, pareva
un’impresa impossibile, invece chi scrive è riuscito a trovarlo, questo
misterioso dato, e con certezza, entro un range di non più di un paio di
centimetri. Vediamo come.<br /><br />
<b>La foto. </b>L’idea è nata dall’intervento di un lettore, il famigerato Hazet, che tempo fa ha chiesto di poter
recuperare un’immagine vista su un articolo del blog che non ricordava.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Antonio, se non vado
errato, in un tuo articolo avevi pubblicato un’immagine presa dal processo di
Cagliari, dove si vede A FIGURA INTERA il SV dietro le sbarre e poco fuori da
esse, un carabiniere. Non la ritrovo più ed ero convinto di averne salvato una
copia (già anni e crash di hd fa). Non è mica che mi puoi indicare il tuo articolo
o la fonte etc. Grazie mille.</span></i><br /><br />
Il riferimento era a una foto scattata il 13 aprile 1988 nell’aula di corte
d’assise del tribunale di Cagliari, durante il noto processo per il presunto
omicidio di Barbarina Steri. Questa:<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-m3kVsJAp4-M/X-GAMiwmpyI/AAAAAAAACj0/1lAmjvFO4fw7u4un1XQhHhSDzdUCz2uWgCLcBGAsYHQ/s900/Salvatore%2BVinci%2Bin%2Bgabbia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="724" data-original-width="900" src="https://1.bp.blogspot.com/-m3kVsJAp4-M/X-GAMiwmpyI/AAAAAAAACj0/1lAmjvFO4fw7u4un1XQhHhSDzdUCz2uWgCLcBGAsYHQ/s320/Salvatore%2BVinci%2Bin%2Bgabbia.jpg" width="320" /></a></div><br />
Da perfetto ingenuo ho fornito il link, senza sospettare alcun intento malevolo.
Stavo invece consegnandomi al mio nemico già con le manette ai polsi, e l’ho
capito subito dalla sua entusiastica reazione: “<i><span style="color: blue;">Muy
muy muy tenchiù! Quella foto mi vale oro</span></i>” (indubbiamente un ragazzo simpatico, Hazet,
chissà come si chiama, non fosse anche un rompiscatole logorroico di prima
categoria, e soprattutto un vinciano di quelli sempre con la squadra anche
quando perde otto a zero…). E alla successiva domanda di una lettrice: “<i><span style="color: blue;">Anche il carabiniere non era altissimo! Ma quale è
l'altezza minima richiesta per i cc? 1.70?</span></i>”, così ha risposto: “<i><span style="color: blue;">1.71 per la precisione, e la banda circolare del
berretto, è di 4,5cm</span></i>”.<br />
Ecco dove voleva arrivare il perfido Hazet, e io c’ero caduto come un pollo! A quel
punto sono stato assalito dal terrore… Supponendo che il cappello del
carabiniere e la testa di Vinci fossero più o meno alla stessa altezza, quello
che poteva sembrare un mostrino di un metro e sessanta diventava all’improvviso
un mostrone di almeno uno e 75, con indosso un bel paio di stivali da cowboy sufficiente
anche per Giogoli e Vicchio!<br /><br />
<b>L’altezza minima di un carabiniere. </b>
A quel punto ho sperato di potermi salvare confidando nella solita
partigianeria vinciana di Hazet. Così sono andato a cercare in rete l’informazione
sull’altezza minima per essere accettati nell’arma dei carabinieri, scoprendo
che sì, Hazet era stato il solito partigiano, poiché i limiti sono 1,70 per gli
ufficiali e 1,65 per tutti gli altri; non ho capito bene se siano ancora in
vigore, però, e soprattutto quali fossero negli anni ’70, quando si presume si
fosse arruolato il soggetto della foto. E allora, spiegando bene i miei bisogni
al fine di evitare malintesi, ho mandato questa mail all’indirizzo dei contatti
indicato sul sito dell’arma:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Buongiorno, sono uno
studioso dilettante della vicenda del Mostro di Firenze. Sono interessato a
sapere quale fosse l’altezza minima prevista per l’arruolamento nell’arma negli
anni ’70-’80, e se eventualmente fossero possibili deroghe.<br />
Spiego qual è il problema. Un personaggio che all’epoca venne indagato, Salvatore Vinci, era
piuttosto basso, e un paio di indizi importanti non erano compatibili con la
sua bassa statura. Però questa statura non è nota con precisione, si parla di
1.65-1.70, ma le foto danno l’impressione che fosse più basso.<br />
In questa foto si vede il personaggio (quello in gabbia) in prossimità di un carabiniere, che anche lui
non pare molto alto. In ogni caso sarebbe interessante sapere quanto al minimo
poteva essere la statura di questo carabiniere, per poter valutare la minima
del personaggio.<br />
La foto è del 1988.<br />
Vi ringrazio se potete rispondermi. Saluti. Antonio Segnini.</span></i><br /><br />
E il giorno dopo ecco già la cordialissima risposta:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Gentile Signor Segnini,
in relazione alla sua e-mail, la informiamo che, in linea generale, la
disciplina previgente in ordine al requisito dell'altezza richiesto per
l'immissione nel ruolo dei Carabinieri prevedeva il limite minimo di metri
1,65.<br />
Le inviamo cordiali saluti.</span></i><br /><br />
Grazie davvero ai curatori del sito e a tutti i carabinieri che ci aiutano a vivere
tranquilli. Ma torniamo a Salvatore Vinci. Dunque, dopo la conferma dell’1,65,
potevo già tirare un mezzo sospiro di sollievo: il mostrone da un metro e 75
tornava nei limiti di Torrisi, con un minimo di 1,69. Era già qualcosa, ma non ancora
abbastanza per farmi dormire sonni tranquilli.<br />
Ed ecco un pensiero stupendo farsi strada nel mio animo inquieto: e se la gabbia
avesse avuto un suo pavimento interno rialzato rispetto a quello esterno? Di
più: conoscendo la misura da quel pavimento alla sbarra orizzontale cui era
addossato Vinci, con una semplice proporzione sulle misure della foto si
sarebbe potuto calcolare la sua statura, naturalmente scarpe comprese. A quel
punto il pensiero stupendo è diventato una folle speranza.<br /><br />
<b>L’impiegata gentile. </b>
I miei lettori già sanno che un paio di anni fa mi procurai la sentenza del sunnominato
processo (<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2019/02/omicidio-o-suicidio-1_31.html" target="_blank">Omicidio o suicidio?</a>).
Dopo una formale richiesta al tribunale di Cagliari e il disbrigo delle
necessarie incombenze economiche il documento mi fu inviato, sia in versione
pdf sia in versione cartacea, più leggibile. A far sì che l’operazione andasse
a buon fine provvide un’impiegata di nome Efisia Orrù. Lo stringato scambio di
mail formali non m’impedì di rendermi conto che la signora (io me la immagino
così, una bella signora di mezza età, ma potrebbe anche essere una ragazza nel
fiore degli anni) era una persona gentile. E allora ho deciso di osare, chiedendole
aiuto fuori dagli schemi ordinari tramite questa mail:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Buongiorno signora Orrù,
non so se si ricorda di me, Antonio Segnini. Mi fece avere un paio d’anni fa
una preziosissima sentenza sull’assoluzione di Salvatore Vinci. Provo a
chiederle un secondo favore. Guardi l’immagine sottostante, presa nel suo
tribunale nel 1988.<br />
Sarebbe in grado di dirmi, o di indicarmi qualcuno in grado di farlo, a quale altezza rispetto al
piano interno si trova la sbarra orizzontale della gabbia? Avrà già capito che
mi serve per valutare l’altezza di Salvatore Vinci, che è il personaggio
all’interno.<br />
La ringrazio se potrà aiutarmi. Saluti. Antonio Segnini.</span></i><br /><br />
Nonostante l’idea positiva che mi ero fatto della disponibilità della signora, speranze
non ne avevo molte. E invece, dopo una settimana o poco più, ecco la risposta:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Buongiorno, certo che mi ricordo di Lei…<br />
Sono autorizzata a esaudire la sua richiesta, nel pomeriggio mi recherò in aula (sempre ammesso
che non vi sia udienza) e poi le farò sapere.<br />
Saluti Efisia.</span></i><br /><br />
Ho risposto subito, con una mail però fin troppo calorosa, alla quale ne è seguita
un’altra maggiormente utile, dove, a scanso di equivoci e abbondando, richiedevo
tre misurazioni.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Mi scusi Efisia,
rettifico la mia mail di stamattina. Avrei bisogno se possibile di tre misure:<br /><br />
1. Dallo zoccolo interno (se c’è) fino alla sbarra orizzontale.<br />
2. Dal pavimento esterno fino alla sbarra orizzontale (se non c’è lo zoccolo interno chiaramente è la stessa di prima)<br />
3. Dalla cima della fascia in basso, compreso il profilo sopra, fino alla sbarra orizzontale.<br /><br />
Le misure può prenderle tutte anche fino al sotto della sbarra, se vuole anche al sopra, basta sia
sempre uguale e che me lo comunichi.<br />
Le metto la figura con le misure 2 e 3, da aggiungere la 1 interna.<br />
Grazie ancora. Antonio Segnini.</span></i><br /><br />
L’incontro tra aula libera e disponibilità della signora Efisia non si è concretizzato
subito, c’è voluto una settimana. Ed ecco finalmente una mail con le misure
cercate (<a href="https://drive.google.com/file/d/17_Gp5jnQfz2PDLAtSkZJeAhxlBwQkZSN/view?usp=sharing" target="_blank">qui</a>
l’immagine):<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Buongiorno, alla fine… ci sono riuscita.<br />
Dallo zoccolo interno alla sbarra abbiamo 127 cm.<br />
Dallo zoccolo esterno alla sbarra abbiamo 137 cm.<br />
Lo zoccolo è di 10 cm.<br />
La misura della sola sbarra verticale è di 126 cm.<br />
Spero di esserle stata di aiuto, la saluto e le auguro un buon fine settimana.</span></i><br /><br />
Probabilmente tutte le misure sono state prese fino a sotto la sbarra orizzontale, ma per
sicurezza ho voluto chiedere. Non sono riuscito a farmi capire, in ogni caso la
signora mi ha mandato un’altra mail preziosa che chiarisce le modalità con le
quali ha preso le misure:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Sono entrata dentro la
gabbia, esiste un rialzo di 10 cm. in legno, da lì ho preso i primi 127 cm.
Dalla tavola alla sbarra orizzontale.<br />
Quelli esterni (137 cm.) dal pavimento alla sbarra orizzontale.</span></i><br /><br />
La situazione è chiara. La gabbia poggia su uno zoccolo di legno alto 10
centimetri. Sul quello zoccolo stavano i piedi di Salvatore Vinci, la qual cosa
spiega bene il perché la sua testa si trovasse allineata con il cappello del
carabiniere, forse un soggetto ai limiti minimi di statura. In ogni caso ecco
il dato vero, quello importante: dal punto di appoggio dei piedi di Salvatore
alla sbarra c’erano 127 cm. In mancanza di una specifica, si è qui presunto che
la misura sia stata presa sotto la sbarra, con il che il calcolo favorirà una
maggiore altezza di Salvatore (ma non di molto, di solo un terzo di centimetro).<br />
Grazie davvero, Efisia!<br /><br />
<b>Il calcolo. </b> A questo punto
non rimaneva che procedere con i calcoli. Rinunciando a imparare programmi
complicati (non è il momento, già devo fare i conti con nuovi software per questioni
di lavoro) ho usato il buon vecchio Paint.NET, che fornisce le coordinate di
ogni pixel, con l’origine posta nell’angolo in alto a sinistra. L’immagine è di
900x724 pixel. Una volta ingrandita a tutta pagina e muovendomi sulla sbarra al
centro di Salvatore ho ottenuto i valori di 200 px per la cima della testa, 276
px per il fondo della barra orizzontale, 550 px per la cima dello zoccolo.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-rk30-09EgDk/X-GF5-Vme4I/AAAAAAAACkA/ebTMgAVWW-g2hftIn41TTI8mthlC46m_gCLcBGAsYHQ/s900/Salvatore%2BVinci%2Bin%2Bgabbia%2B-%2BPixel.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="724" data-original-width="900" src="https://1.bp.blogspot.com/-rk30-09EgDk/X-GF5-Vme4I/AAAAAAAACkA/ebTMgAVWW-g2hftIn41TTI8mthlC46m_gCLcBGAsYHQ/s320/Salvatore%2BVinci%2Bin%2Bgabbia%2B-%2BPixel.jpg" width="320" /></a></div><br />
Il lettore può ripetere le misurazioni basandosi sulla foto pulita mostrata
all’inizio (naturalmente salvandola dopo averla ingrandita). A questo punto possiamo dire che la parte dai piedi al sotto della
sbarra vale 550 - 276 = 274 px, mentre la parte dal sotto della sbarra alla
cima della testa vale 276 - 200 = 76 px. La statura totale è quindi 274 + 76 =
350 px (a riprova: 550 – 200 = 350). A questo punto non resta che convertire
questo valore, sapendo che a 274 pixel della foto corrispondono 127 centimetri
della realtà: 350 x 127 / 274 = 162,22 cm.<br />
Il soggetto è in piedi dritto, dunque la misura dovrebbe essere molto vicina a quella
reale, ma consideriamo pure una postura non del tutto distesa, e portiamola a
164 cm. A questo punto però dobbiamo togliere il rialzo delle scarpe, che per
modelli normali, tra tacchi e tomaia, viaggia almeno sui 4 cm (misurare per
credere!). Alla fine non siamo troppo lontani dalla realtà se indichiamo la
vera <b>statura di Salvatore Vinci</b> in <b>160 cm</b>, arrotondata per eccesso.<br /><br />
<b>Di nuovo a Giogoli. </b>
Con in tasca questa misura torniamo davanti al furgone dei poveri ragazzi
tedeschi, e concentriamoci sui due fori di proiettile sui finestrini opachi,
entrambi misurati dalla scientifica in 140 cm di altezza rispetto al suolo.
Quando il Mostro li esplose doveva trovarsi per forza in una posizione simile a
quella dell’attore in foto: occhi vicini alla striscia trasparente in alto e
braccio con la pistola addotto.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-VWdrMvp7Y00/X-GGor4mJAI/AAAAAAAACkI/8zsuS6hMCrAeaJkk-0o3O_t9OIyFeJZlACLcBGAsYHQ/s1941/IMG_6755.jpg" style="display: block; padding: 1em 0; text-align: center; "><img alt="" border="0" width="320" data-original-height="1505" data-original-width="1941" src="https://1.bp.blogspot.com/-VWdrMvp7Y00/X-GGor4mJAI/AAAAAAAACkI/8zsuS6hMCrAeaJkk-0o3O_t9OIyFeJZlACLcBGAsYHQ/s320/IMG_6755.jpg"/></a></div><br />
La misura presa da Efisia Orrù ci consente di calcolare in modo agevole l’altezza
degli occhi di Salvatore Vinci con già indosso le scarpe e una postura
naturale. L’unico valore da cambiare rispetto al calcolo precedente è quello
degli occhi al posto della testa: 226 pixel. Abbiamo così un'<b>altezza degli occhi</b> di 550 – 226 = 325
px. Convertendo otteniamo 325 x 127 / 274 = <b>150,17 cm</b>.<br />
Diamo adesso un’occhiata all’immagine sottostante.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-z8Jd3buPJIc/X-GHfDR8YMI/AAAAAAAACkU/_CTAHdnpp64fI6zYZDId8F5HZaOMigM0wCLcBGAsYHQ/s1233/Sparo%2Bfinestrino%2Bopaco.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="925" data-original-width="1233" src="https://1.bp.blogspot.com/-z8Jd3buPJIc/X-GHfDR8YMI/AAAAAAAACkU/_CTAHdnpp64fI6zYZDId8F5HZaOMigM0wCLcBGAsYHQ/s320/Sparo%2Bfinestrino%2Bopaco.png" width="320" /></a></div><br />
Neanche a farlo apposta il foro sul finestrino trasparente della fiancata destra, il
cui vetro crollò durante lo spostamento, era proprio ad altezza di 150 cm. Il
che ci consente di tracciare sul finestrino opaco adiacente una striscia
corrispondente con precisione all’altezza degli occhi di Salvatore Vinci,
comprensiva di scarpe. Se si considera che la distanza del foro sottostante rispetto
alla cornice fu misurata in 10 cm, si vede come dalla linea rossa all’inizio
della striscia trasparente più in alto ne manchino quasi altrettanti. Infine è bene
ricordare che non c’era alcun rialzo sul terreno, il quale anzi pare in leggera
pendenza sfavorevole.<br />
A questo punto la domanda sorge spontanea: in quella situazione, poteva l’occhialuto Salvatore Vinci
mirare al gluteo del povero Horst, o a qualsiasi altro bersaglio che Scuffio o
altri vogliano proporre? Sarebbe stato sufficiente alzarsi in punta di piedi?
Al lettore intelligente, vinciano o non vinciano che sia, l’ardua risposta.<br /><br />
<b>Considerazioni a margine. </b>Se qualcuno si
chiede il perché l’attore in foto impugni la pistola con la mano sinistra,
guardi la posizione del foro sul finestrino opaco, e troverà la risposta. Dall’altra parte la situazione è opposta, dunque la pistola era nella
mano destra.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-U5JQHedHp6o/X-GIEaPMSbI/AAAAAAAACkc/Lw56fbfQw88YZfHxPnEY55wbuud4cw88gCLcBGAsYHQ/s320/Giogoli%2B-%2BC%2BD%2BE.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="178" data-original-width="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-U5JQHedHp6o/X-GIEaPMSbI/AAAAAAAACkc/Lw56fbfQw88YZfHxPnEY55wbuud4cw88gCLcBGAsYHQ/s0/Giogoli%2B-%2BC%2BD%2BE.jpg" /></a></div><br />
Un mostro destrimane e un mostro mancino stessa altezza – entrambi i fori erano a 140 cm, il che peraltro, da un confronto visivo, depone per un terreno in pendenza, più basso sulla fiancata destra – o un unico mostro
ambidestro? Orca miseria, non vorrei ricordarmi male, ma mi sembra che all’incidente
probatorio qualcuno alto un metro e 78 – senza scarpe – su domanda dell’avvocato
Santoni Franchetti con quale mano mangiasse, aveva risposto: “<i><span style="color: blue; ">O la sinistra o la destra, secondo</span></i>”…
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com50tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-25439674719515849912020-12-13T06:24:00.019-08:002021-06-08T11:21:45.576-07:00Una dinamica errata per Scopeti (1)<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
Eccomi ancora qui a scrivere di un altro video pubblicato di recente su Youtube, <a href="https://www.youtube.com/watch?v=h_yq8FL_5Kw&t=1s" target="_blank">questo</a>, dove viene
esposto un abbozzo di dinamica inedita per il delitto degli Scopeti. L’autore –
della dinamica, non del video – è l’un tempo più noto Henry62, al secolo Enrico
Manieri, curatore di uno dei primi blog sulla vicenda del Mostro (<a href="http://mostro-di-firenze.blogspot.com/" target="_blank">vedi</a>) e una volta assiduo
frequentatore di forum. Dopo anni di apparente letargo, oggi ci dice il perché:
stava studiando il delitto degli Scopeti, con un lavoro iper approfondito del
quale intende fornire un resoconto completo. Il video è stato solo il
primo step, ne seguiranno altri e una serie di articoli sul suo blog, con
quello introduttivo già pubblicato.<br />
Purtroppo però il risultato di anni di lavoro è pessimo, un accrocchio incredibile che si fa davvero fatica a
immaginare come possa essere stato concepito. E questo soltanto per i pochi dettagli
desumibili dal video, dove ne mancano tantissimi di fondamentali.
Comunque, tanto per dare un’idea di che cosa si sta parlando a chi
non se la sente di sostenere quattro ore di ascolto, basti qualche esempio.<br />
Innanzitutto il delitto viene collocato allo spuntare del sole – circa alle 6:45
ora legale – il che, in un posto dove la tenda era ben visibile dalla trafficata
strada sottostante, appare assurdo. Vedremo come Manieri spiegherà, se lo
spiegherà, il perché di tale scelta da parte del Mostro e gli elementi che lo hanno
portato verso questa ipotesi. Sembra che il nascondimento dei corpi sia uno, anche se parrebbe più logico
imputarlo alla necessità d'imbucare la lettera senza posti di blocco. Anche perché, se il Mostro
si fosse preoccupato di essere scoperto, non sarebbe andato a uccidere alle sette di mattina!<br />
Poi – per il principio del tanto peggio tanto
meglio – il corpo della povera francese sarebbe stato estratto e mutilato
davanti alla tenda, casomai nessuno si fosse ancora accorto di nulla, con una
successiva manovra di reintroduzione che più artificiosa non sarebbe potuta
essere, comprendente il famigerato taglio posteriore del quale si dirà tra
poco. In realtà il corpo di Nadine non uscì mai del tutto dalla tenda,
solo le gambe, altrimenti non troveremmo fuori una macchia di sangue soltanto, quella
prodotta dalle parti asportate poggiate a terra, ma almeno due, una per il pube
e una per il seno, se non anche altre più piccole per le ferite di pistola e di
coltello. E la pelle del cadavere avrebbe riportato i segni degli
inevitabili trascinamenti sul terreno duro (in compenso ci sarebbero stati aghi di pino tra i suoi capelli, questo afferma Manieri, speriamo sveli dove l'ha letto, però).<br />
L’orario della mattina cozza anche con le risultanze dell’esame del contenuto gastrico.
Manieri vuole convincere, mostrando dei grafici sui tempi di svuotamento dello
stomaco durante il sonno, che le due ore di digestione valutate da Maurri sono
da aumentarsi. Prendiamo per buoni i tempi di dimezzamento dello studio da lui
presentato, che per un maschio di 26 anni sottoposto a esperimento furono di
55 minuti durante il giorno e 125 di notte (si presume dormendo), mentre per
una ragazza di 19 anni 80 minuti di giorno e 200 di notte. Vediamo che cosa trovò
Maurri nello stomaco di Nadine:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">È da mettere in particolare evidenza che lo stomaco contiene circa 100 cc. di residuo
alimentare ben riconoscibile perché si tratta di pasta tipo tagliatella con
scarsissimi residui grigio-marroni probabilmente di carne e con isolati
frammenti di buccia di pomodoro rossi.</span></i><br /><br />
E in quello di Michel:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Stomaco:
mucosa arrossata con evidenziazione del reticolo venoso putrefattivo,
contenente scarsa quantità di materiale alimentare quasi completamente
indigerito con le stesse caratteristiche di quello riscontrato nella cavità gastrica
della ragazza.</span></i><br /><br />
In sostanza i due poveretti avevano mangiato soltanto un primo, tagliatelle al
sugo di carne – non si capisce la notizia di un secondo di lepre sostenuta da
Manieri da quale fonte sia arrivata, in ogni caso era falsa – che al momento
del decesso avevano iniziato a digerire da poco, in pratica avevano ancora
tutto sullo stomaco. Lasciamo perdere il tempo trascorso prima che si
coricassero – almeno mezz’ora se non una – durante il quale valevano i tempi di
svuotamento del giorno, e supponiamo che avessero finito di mangiare alle 22.
Ebbene, a mezzanotte Michel e all’una e mezzo Nadine avrebbero avuto lo stomaco
pieno per metà, e alle due Michel e alle cinque Nadine sarebbero stati a
stomaco vuoto. Va bene che le pappardelle potevano anche essere difficili da
digerire, ma se la mattina fossero stati ancora a stomaco pieno si sarebbe
dovuto parlare di congestione!<br />
Veniamo a un’altra assurdità, quella degli spari, che sarebbero avvenuti ad almeno un
paio di metri dalla zanzariera chiusa, se non anche tre, con lo sparatore in piedi sulla
scarpatina antistante. Ma come avrebbe fatto a inquadrare i bersagli
nel buio interno con la zanzariera a fare da schermo? Il chiarore che secondo
Manieri sarebbe filtrato dalla parete posteriore non poteva filtrare, con i due
teli che bloccavano completamente la luce, l’esterno metallizzato, l’interno di
stoffa pesante e l'altra zanzariera coperta dalla sua protezione anch'essa di stoffa. Dall'immagine sottostante si ha un'idea di questo effetto schermo.
Qui siamo sotto un riflettore. Si immagini con le prime luci dell'alba e la cerniera chiusa!<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-s9-nYWy2dbo/W6hhDgOs3KI/AAAAAAAAByw/i7J8SLN4bGw8Gpv22R9MWmekL-36chMCwCLcBGAs/s1600/Nadine%2Btenda.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="384" data-original-width="640" height="240" src="https://4.bp.blogspot.com/-s9-nYWy2dbo/W6hhDgOs3KI/AAAAAAAAByw/i7J8SLN4bGw8Gpv22R9MWmekL-36chMCwCLcBGAs/s400/Nadine%2Btenda.png" width="400" /></a></div><br />
E poi,
se le vittime stavano dormendo, vista l’ora e come afferma anche Manieri, perché
non avvicinarsi al massimo? La spiegazione data è questa: perché se lo
sparatore fosse stato davanti all’ingresso avrebbe sparato dritto e non in obliquo
verso le teste che erano alla sua destra! Qualche lettore riesce a immaginarsi
che cosa gli avrebbe impedito d'inquadrare le teste? Dice Manieri che ci sono delle evidenze
balistiche. Quali? Speriamo che prima o poi ce le dica, ma se sono prove condotte da lui stesso che fornisca anche documentazione adeguata, perché sulla parola solo un gonzo gli crederebbe.<br />
Per non parlare dei bossoli che sarebbero andati per boschi, e che costringono Manieri
a immaginare un secondo caricatore pieno – vista la necessità di aggiungere altri
colpi oltre i nove dei bossoli ritrovati – del quale però il Mostro non avrebbe approfittato
inseguendo il ragazzo, chissà perché. Bisognerà vedere poi come vengono
giustificati i bossoli davanti alla tenda – un accenno c’è già stato, qualche
opportuno rimbalzo e il trascinamento dal corpo di Nadine, che però, giova ripeterlo, non aveva
graffi sulla pelle! – e come vengono descritte le traiettorie dei proiettili per
giustificare le ferite.<br /><br />
Vista l’intenzione di pubblicare vari articoli e uscire con altri video, attenderò
quelli per entrare nello specifico di ognuna delle numerose incongruenze.
Intanto però è il caso di chiarire la questione del taglio nel retro della
tenda, sul quale ho già segnalato – intervenendo sul video – l’interpretazione completamente
errata, con Manieri a insistere nonostante la documentazione parli chiaro, proprio lui che ammonisce sull’errore di
innamorarsi della propria tesi.<br />
Ma vediamo la sua ricostruzione. Dopo aver tirato
fuori il corpo di Nadine e averlo mutilato, non riuscendo a rinfilarlo dentro, il
Mostro sarebbe andato sul retro e avrebbe tagliato il telo in verticale
da cima a fondo. Questo perché la parete posteriore, secondo Manieri, non avrebbe
avuto cerniera. Che invece c’era sul telo sottostante, per aprire la zanzariera.
Quindi, dopo il taglio, il Mostro l’avrebbe aperta, tirato dentro il corpo, e poi
richiusa.<br />
A scrivere di taglio verticale a tutta altezza fu De Fazio. Si legge nella
perizia:<br /><br />
<i><span span="" style="color: blue;">Lacerazione
da taglio sul telo esterno, in corrispondenza della parte posteriore (opposto
al fronte d’accesso), verticale, che interessa il telo pressoché per tutta la
sua altezza, con margini non del tutto regolari.</span></i><br /><br />
Sappiamo che De Fazio vide una tenda rimontata dopo essere stata malamente smontata
(anche se non sono riuscito a ritrovare la fonte), che gli si presentò così.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-R4AKtx6RPKg/X9X_AwAGo7I/AAAAAAAACi8/rDdU9CG4WmMqAPAnCxR9kmdDeo7_1rAQwCLcBGAsYHQ/s594/F7BB1117-6D09-42D9-A864-CF89C524CD65.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="456" data-original-width="594" src="https://1.bp.blogspot.com/-R4AKtx6RPKg/X9X_AwAGo7I/AAAAAAAACi8/rDdU9CG4WmMqAPAnCxR9kmdDeo7_1rAQwCLcBGAsYHQ/s320/F7BB1117-6D09-42D9-A864-CF89C524CD65.jpeg" width="320" /></a></div><br />
Ma nel rapporto della Polizia Scientifica, che esaminò la tenda prima del
maldestro smontaggio, si legge:<br /><br />
<i><span span="" style="color: blue;">L'apertura secondaria ha la cerniera chiusa, e sulla porzione mediana si nota una
soluzione di continuo a bordi netti e lineari obliqua verso il basso lunga cm
40 che interessa il lembo dx per chi la osserva.</span></i><br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-5peUjHhyLoo/X9YBzABj2FI/AAAAAAAACjQ/52u25zoIGZoi2dwEBXiySoJ6rwKrQxRpwCLcBGAsYHQ/s731/Taglio%2BScientifica.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="330" data-original-width="731" height="180" src="https://1.bp.blogspot.com/-5peUjHhyLoo/X9YBzABj2FI/AAAAAAAACjQ/52u25zoIGZoi2dwEBXiySoJ6rwKrQxRpwCLcBGAsYHQ/w400-h180/Taglio%2BScientifica.png" width="400" /></a></div><br />
Nella perizia Maurri si legge la stessa cosa.<br /><br />
<i><span span="" style="color: blue;">L’apertura principale della tenda è rivolta verso il viottolo di accesso e presenta la cerniera
aperta mentre quella secondaria rivolta verso la macchina ha la cerniera
chiusa. La parte posteriore della copertura presenta nella sua parte destra una
soluzione di continuo a bordi netti e lineari, obliqua in basso e a destra
della lunghezza di cm. 40.</span></i><br /><br />
Manieri evidentemente non aveva letto bene, la qual cosa però pare difficile, vista la sua nota pedanteria, semmai si potrebbe pensare a una svista strategica.
In ogni caso, preso atto dietro mia sollecitazione del
rapporto della Scientifica, non ha comunque cambiato idea, continuando a sostenere l’ipotesi
dell’ingresso del Mostro dalla parte posteriore. Ecco le sue confuse
spiegazioni scritte in risposta all'intervento di un ascoltatore:<br /><br />
<i><span span="" style="color: blue;">Prendiamo
il taglio sul retro della tenda: se il taglio è di 40 cm e basta, come scrive
il rapporto della Polizia Scientifica, è una cosa, ma se il taglio di 40 cm
serviva per aprire completamente il retro della tenda, consentendo l'accesso
alla camera interna aprendo semplicemente la cerniera della parete gialla,
allora la questione è diversa. Infatti un taglio di 40 cm consente alcune
azioni, ma se il taglio di 40 cm apriva completamente il retro, come scrive De
Fazio nella sua perizia, allora la questione cambia e di molto. Sia chiaro che
sono corrette entrambe le affermazioni peritali: il taglio è effettivamente di
40 cm, come scrive la Scientifica, ma apriva tutto il telo fino in fondo, come
scrive De Fazio.<br />
A me non interessa nulla se il taglio è di 40 cm o di 45 cm, ma mi interessa molto
capire perché venne fatto quel taglio e questo ci viene detto dalla perizia De
Fazio e non si capisce dal rilevo della Scientifica: il taglio serviva per
accedere alla tenda dal retro, perché apriva tutto il telo posteriore, come,
del resto si vede anche dalle immagini. Come ho scritto in risposta ad altri
interventi, ricostruire una dinamica significa partire dai dati oggettivi di
analisi (taglio di 40 cm) per poi elaborare una sintesi funzionale/operativa
(telo posteriore completamente apribile), che non sia in contrasto con i dati
oggettivi rilevati. Da un taglio di 40 cm non entri nella tenda, ma da un
taglio di 40 cm che apriva completamente il telo posteriore si può entrare
nella tenda.</span></i><br /><br />
Si tratta della classica arrampicata sui vetri, dove si tenta di nascondere la
verità annegandola tra mille parole che non vogliono dire nulla. Semplicemente
da quel taglio di 40 cm a mezza costa il Mostro non poteva entrare. Anzi, non
avrebbe nemmeno avuto la necessità di fare il taglio, dato che, al contrario di quanto
sostiene Manieri, anche sul telo posteriore c’era una cerniera, dunque bastava
aprire quella. Le motivazioni del taglio dovevano essere state tutt’altre.<br />
La disponibilità di una foto mostratami dal “solito” Francesco Cappelletti, un
vero riferimento in questa vicenda e che non sarà mai abbastanza lodato, consente
di fare ulteriore chiarezza sulla controversa questione. La foto proviene dall’ultima
inchiesta, e ritrae il telo esterno rimontato in laboratorio, dando la possibilità di capire
fino in fondo come si presentò il retro della tenda alla Scientifica. Non è
pubblicabile, ecco quindi un disegno esemplificativo:<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-liMglF-8sNI/X9YBW078iWI/AAAAAAAACjI/nbzRdpbDzO8N7QStvQDHdwbZ8WFdhEcNgCLcBGAsYHQ/s1431/Retro%2Btenda.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="671" data-original-width="1431" height="188" src="https://1.bp.blogspot.com/-liMglF-8sNI/X9YBW078iWI/AAAAAAAACjI/nbzRdpbDzO8N7QStvQDHdwbZ8WFdhEcNgCLcBGAsYHQ/w400-h188/Retro%2Btenda.png" width="400" /></a></div><br />
Il taglio aveva attraversato la cerniera, che però, pur rotta, era rimasta chiusa (De Fazio l'aveva trovata aperta nella parte bassa, ma dopo smontaggio e rimontaggio).
Ora ci si deve chiedere come avesse potuto il Mostro raggiungere la clip per aprire
la sottostante zanzariera e poi a entrare da quel taglio di 40 cm a mezza costa.
L’unico modo sarebbe stato quello di aprire la parte sottostante della cerniera
fino al punto del taglio, ma poi non sarebbe stato più possibile richiuderla.<br />
A questo punto valuti il lettore quale possa essere l'impatto di questa evidenza sulla dinamica
immaginata da Manieri, il quale probabilmente continuerà a nascondersi dietro il suo fiume
di parole.<br /><br />
Per adesso mi fermo qui, pronto a tornare sull’argomento quando sarà
necessario. Con le sue arie da so tutto io e la pretesa di vincere sempre a chi
dice prima pio – nonché la tendenza a trucchicchiare le carte e a non mollare la minima documentazione – non posso certo
dire che Manieri mi sia simpatico. Frugando nella mia memoria trovo anche vari episodi sgradevoli, scontri sui forum, ma comunque è tutta roba passata.
Alla fine non ho niente di personale contro di
lui, il mio scopo rimane sempre quello di liberare la vicenda dalle scorie, le
vecchie di Giuttari, Mignini, Filastò e compagnia e le nuove degli appassionati come lui,
vinciani, antilottiani o neutrali che siano.<br />
Peraltro la dinamica di Scopeti mi sta particolarmente a cuore, poiché dimostra elementi importanti, tra i
quali il fatto che lo sparatore fosse mancino (e Manieri sbeffeggia il mio modo di dimostrarlo). Sono anche pronto ad abbandonare
questa ipotesi, ma a fronte di prove logiche, non dei bossoli spostati da un
carabiniere alla Palmegiani o dal corpo della povera Nadine alla Manieri. A
questo proposito attendo precisazioni riguardo bossoli e ferite. Tra l’altro da
un sedicente esperto balistico come lui proclama di essere – in realtà un semplice appassionato, pur da tanti anni – non mi aspettavo di
vedere impugnata una 22 come fosse una 44 Magnum. La 22, e l’ho provata
personalmente, non ha quasi rinculo, e quindi anche tenuta con il polso
girato e addirittura con il braccio addotto, come successe a Giogoli, mantiene la sua
precisione, almeno per quel che serviva al Mostro. Del resto il rinculo, quando c'è, produce comunque i suoi effetti, che sia in verticale oppure in orizzontale!<br /><br />
<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2021/06/una-dinamica-errata-per-scopeti-2.html">Segue</a>
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com38tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-64277343410323769592020-11-22T06:50:00.036-08:002022-12-10T05:57:23.226-08:00Salvatore Vinci a Signa - Approfondimenti (2)<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/11/salvatore-vinci-signa-approfondimenti-1.html">Segue dalla prima parte</a><br /><br />
Prima di procedere con la seconda parte dell’articolo, è il caso di esaminare il <a href="https://drive.google.com/file/d/1CL5Hf3pWO5FlxCsyIvc4RVYuMztFkbyL/view?usp=sharing" target="_blank">verbale</a>
del primo interrogatorio di Salvatore Vinci, all’una e venti della notte tra il
23 e il 24 agosto, giunto purtroppo in mio possesso in ritardo (grazie Francesca!). Si tratta di
una copia disastrata, con delle parti illeggibili, però si riesce a recuperarne alcune frasi
molto significative [Edit: una copia migliore è poi giunta in mio possesso, ancora grazie Francesca]:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Oltre a Silvano Vargiu e Nicola un mio dipendente, mi ha visto nel Bar Sport il gestore che si
chiama Cecchino ed altri clienti che al momento non sono in grado di indicare con esattezza. [...]<br />
Presso il predetto circolo oltre al gestore vi era un prete che faceva una partita a scacchi con altra
persona che non conosco.</span></i><br /><br />
Quindi, chiamando in causa vari personaggi che pare difficile sia riuscito a corrompere, i due gestori e addirittura un prete,
è lo stesso Vinci a fornire ai carabinieri gli elementi per smentire il suo alibi! Strano, no, per un assassino che voleva salvarsi?<br />
Ma adesso andiamo alla seconda parte.<br /><br />
<b>La vergogna di Stefano Mele.</b> Torniamo sugli interrogatori di Mele del 1985, quando
Salvatore venne tirato di nuovo in ballo. Cominciamo col fare piazza pulita della
leggenda della vergogna, nata dalle considerazioni di Rotella e Torrisi e ben
rappresentata nel libro <i>Dolci colline di
sangue</i> di Mario Spezi, principale responsabile della sua propalazione.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">I nuovi interrogatori cui fu sottoposto Stefano Mele, che rimase in carcere solo
cinque mesi, diedero altri clamorosi risultati. Finalmente, il piccolo sardo
che dal primo momento aveva puntato l'indice contro Salvatore Vinci, e che non
aveva mai avuto la forza di confermare l'accusa, lo indicò decisamente come
l'uomo che nel 1968 aveva la pistola.<br />
Ma soprattutto consegnò a Rotella la chiave del mistero del '68: la sua vergogna.
La vergogna che si sapesse che aveva avuto rapporti omosessuali con Salvatore
Vinci. Di fronte ai tradimenti della moglie non si era limitato a sopportare e
a chiudere tutti e due gli occhi. Aveva partecipato. Salvatore Vinci aveva
coinvolto anche lui nei loro affollati giochi erotici anche omosessuali.
Stefano Mele confessò di avere avuto rapporti a tre, anche con Salvatore Vinci
e sua moglie, di essere stato con loro due, portandosi addirittura appresso il
figlio Natalino, alle Cascine, o sulle piazzole di sosta dell'autostrada, per
raccogliere amanti occasionali per Barbara perché loro potessero guardare.<br />
Questa era la ragione, più forte dell'odio, della paura, della prigione e anche del
sacrificio degli affetti famigliari, per cui Stefano non aveva potuto accusare
Salvatore Vinci.</span></i><br /><br />
Dunque Mele avrebbe taciuto sulla partecipazione al delitto di Salvatore per paura
di dover confessare i loro rapporti omosessuali (Torrisi: “<i><span style="color: blue;">Nel mutismo ostinato di MELE Stefano, in tutti
questi anni, è la profonda vergogna che possano venire fuori i risvolti della
sua depravazione sessuale e di VINCI Salvatore</span></i>”). Ma allora perché
lo aveva accusato per primo? Quel 23 agosto 1968 si sarebbe dunque assistito, assieme
a quello singolo di Mucciarini, al doppio masochismo di Stefano Mele, che oltre
a prenotarsi una condanna per omicidio avrebbe creato i presupposti per la
messa in luce delle sue terribili vergogne! Tutto questo dimenticandosi del
piano che aveva preparato la sera prima, dove le accuse a Francesco Vinci gli
avrebbero risparmiato entrambi gli spiacevoli inconvenienti. Come si vede,
questo scenario di Salvatore Vinci diabolico assassino è un continuo far
tornare dei conti che non tornano.<br />
Che Mele si fosse vergognato dei suoi rapporti omosessuali con Vinci è senz’altro
verosimile. Non per niente attese fino alla prospettiva di dover tornare in
galera per confessarli. Ma rivediamo le condizioni in cui si svolsero quegli
interrogatori. Il 30 maggio 1985 l’ometto, ormai stremato da un’indagine
infinita che da tre anni gravava tutta sulle sue spalle, si trovò di fronte gli
agguerritissimi Rotella, Torrisi e Izzo che volevano Salvatore a tutti i costi
– soprattutto i primi due, il terzo ci credeva meno – e che per convincerlo gli
sventolavano davanti un mandato di cattura per calunnia contro Francesco. Mele
era libero da 4 anni, dopo averne trascorsi 13 in gattabuia, si può immaginare
quanto felice fosse di fronte alla prospettiva di doverci tornare. Quindi grattò
nel fondo del barile, cercando di tirar su più o meno tutto quello che ancora
nascondeva, tra cui gli inverecondi giochini con la moglie e Salvatore. Ebbene,
a quel punto aveva vuotato il sacco, il tremendo segreto che gli avrebbe
impedito di denunciare il suo antico rivale e amante era uscito alla luce del
sole, quindi avrebbe potuto denunciarlo. E il motivo ce l’aveva, grosso come un
condominio di Sesto San Giovanni: evitare la galera. E invece nisba! Ecco un
altro conto che non torna, ecco un’altra stampella da inventarsi per tenere su
la baracca.<br />
Niente da fare, dunque, per convincere Mele ci voleva l’arresto; che infatti scattò
immantinente. Rotella e colleghi sperarono che cinque giorni di cella potessero
bastare, ma s’illudevano: nel nuovo incontro del 4 giugno il caparbio ometto
continuò a tener fuori Salvatore. Per quale motivo non voleva ancora decidersi?
Quale altro inverecondo segreto si celava nel rapporto tra i due? Forse il
fatto che nel delitto Salvatore non c’incastrava nulla e l’ometto esitava
a inventarsi nuove bugie? Ma la pazienza è la virtù dei forti, e ai suoi
interlocutori non mancava, anche perché la sera se ne tornavano a casa mentre
per lui c’erano le quattro pareti della cella. Così il 12 successivo finalmente
Stefano Mele si decise e consegnò Salvatore Vinci. Servirebbe un’altra pezza
per spiegare il ritardo di due settimane rispetto alla confessione del terribile
segreto. In ogni caso Mele non ebbe subito il suo compenso, poiché dovette attendere ancora a lungo prima di ottenere gli arresti domiciliari.<br /><br />
<b>Movente.</b> Tra gli sforzi dei vinciani per tenere in piedi il loro traballante scenario uno dei più
grossi è senz’altro quello di proporre un valido movente (sforzo che poi diviene
enorme nel caso dei delitti successivi, ma questa è un’altra storia). Le parole
magiche sono gelosia e vendetta. Si fa presto a dire gelosia e si fa presto a
dire vendetta, ma a fronte di quali elementi? Da quanto si può arguire dalle
numerose testimonianze, nel mondo erotico – sentimentale di Salvatore Vinci non
c’era posto per la gelosia, almeno intesa nel senso classico. Come si fa ad
attribuire tale sentimento a uno che faceva congiungere la moglie, madre dei
suoi figli, con degli sconosciuti alle Cascine?<br />
A quanto se ne sa, il rapporto di Salvatore con Barbara Locci era iniziato attorno
al 1960 – quando l’uomo, rimasto vedovo in Sardegna, aveva raggiunto il
fratello Giovanni a Lastra a Signa – e la sua evoluzione nel tempo non è ben
chiara. Ma quel che si può sostenere con certezza è che non fu per nulla
esclusivo, né da una parte né dall’altra. Antonio Lo Bianco non era certo il
primo amante diverso da Salvatore che la donna aveva frequentato. Bisogna
piuttosto riconoscere che il sentimento di gelosia attribuito all’individuo proviene
esclusivamente dalle parole di Stefano Mele. Non si conoscono altri indizi.
Francesco sì che lo aveva dimostrato di tenerci alla donna, era anche finito in
carcere per questo, Salvatore mai.<br />
La prima dichiarazione in tal senso è nell’interrogatorio della mattina del 23
agosto 1968. Il verbale delle 11:35 registra una versione in cui Mele cercava
di attribuire il delitto al solo Vinci, e non a caso così
riporta:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Il Vinci Salvatore faceva l’amante geloso di mia moglie. Più di una volta ha
minacciato mia moglie di morte perché non voleva che andasse con altri. La
minaccia è stata fatta in mia presenza e più di una volta era stata fatta anche
a mia moglie da sola e mia moglie mi aveva riferito le minacce del Vinci e mi
aveva espresso la paura che il Vinci le aveva prodotta talché questa più di una
volta mi disse anche che un giorno o l’altro la avrebbero ammazzata.</span></i><br /><br />
In quel momento, accusandolo di essere l'assassino, Mele aveva tutto l’interesse ad assegnare un movente di gelosia a
Vinci, lo stesso che il giorno prima aveva attribuito al fratello e a Carmelo
Cutrona. Ebbene, considerato il contesto, quale credito si può concedere alle
sue affermazioni? Nello stesso verbale si legge che Salvatore avrebbe cercato
di ucciderlo lasciando il gas aperto – è credibile? – come avrebbe fatto con la
giovane moglie in Sardegna e che nel febbraio, mentre lui era in ospedale, si
sarebbe installato in casa sua. Ebbene, a installarsi in casa sua, lo vedremo
tra poco, era stato Francesco!<br />
Nel verbale della sera, redatto dopo la confessione e il sopralluogo, non c’è
invece traccia della gelosia di Vinci, che però torna in quello della mattina
del 24: “<i><span style="color: blue;">In realtà il Salvatore era nei confronti di mia moglie più geloso di me. Questo
l’ho già dichiarato ieri mattina ai carabinieri</span></i>”. Di lì a poco
arrivò la ritrattazione e il trasferimento delle accuse su Francesco, e di quella
gelosia non si parlò più. Fino al 12 giugno 1985, quando l’ometto voleva uscire
di galera. Purtroppo chi scrive non ha disponibilità del verbale, quindi
bisogna accontentarsi del cenno che ne fece Torrisi:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Il MELE conclude affermando, ancora, che Salvatore ha partecipato al delitto
perché “era più marito lui di me”, e che parecchie volte gli è capitato di
andare a dormire fuori casa e lui ha dormito con sua moglie.</span></i><br /><br />
Alla fine va preso atto dell’evidenza che un movente di per sé poco compatibile con
un personaggio come Salvatore Vinci è supportato soltanto dalle parole di
Stefano Mele, pronunciate in due circostanze altamente sospette. Nient’altro
porta a ritenere l’individuo geloso di Barbara Locci. Anzi, no, forse qualcosa
c’è: l’anello di fidanzamento esibito al processo del 1970. Dal rapporto
Torrisi:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Successivamente il VINCI, richiamato in aula a richiesta dell'avvocato RICCI, difensore del MELE,
a specifica domanda risponde che l'anello che porta al dito gli è stato dato
dal MELE nel primo giorno della sua relazione, allorquando, uscendo con la
LOCCI, il MELE gli ha detto di mancargli solo l'anello per far coppia. Lo
stesso prosegue affermando che l'oggetto è rimasto in suo possesso per qualche
tempo, poi lo ha restituito ed infine gli è stato reso nel secondo periodo
della sua relazione e cioè nei primi del 1968, su consenso della LOCCI, in
cambio di una somma di denaro riscossa per lavori effettuati insieme e non consegnatagli
dal MELE.<br />
Il MELE, a questo punto, dichiara rivolto al teste:<br />
“Dì la verità Salvatore, tu sei venuto sul posto di lavoro e mostrando l'anello mi
hai detto che te lo aveva dato mia moglie”, ed il VINCI così risponde:<br />
“Sì, adesso mi ricordo, le cose sono andate così, però insisto nel dire che non è
stata una ricompensa per denaro che dovevo avere”.</span></i><br /><br />
Su questo grottesco episodio Torrisi costruisce la solita montagna di congetture.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">L'episodio dell'anello che il VINCI Salvatore, durante il processo porta al dito,
particolare evidenziato dall'avvocato RICCI verosimilmente su suggerimento del
MELE, è alquanto singolare e la spiegazione data nella circostanza dai due
stessi interessati non è plausibile, né risulta sia stata attribuita alcuna
importanza o data interpretazione di sorta. L'anello, a nostro avviso, deve
assumere un ben preciso significato, che prescinde dal valore reale, così come vorrebbe
far credere lo stesso interessato.<br />
L'anello nella mano del VINCI Salvatore non può che condensare tre volontà perfettamente
convergenti, e cioè quella di chi lo accetta, e l'altra di chi lo dona, ed a
donare l'anello nella circostanza è la LOCCI con il consenso espresso o tacito
del marito, il vero possessore; l'anello è suo, se è vero che questi, rivolto
alla moglie ed al VINCI Salvatore – sono sue affermazioni al dibattimento –
dice loro, accompagnando la frase con un gesto di approvazione, che gli manca
l'anello per far coppia. La verità è – ci sembra questo il momento per
anticipare delle risultanze di grande peso processuale, acquisite nel decorso anno
– che fra la LOCCI Barbara, il MELE Stefano ed il VINCI Salvatore intercorre,
sin dall'inizio della loro conoscenza, risalente all'estate del 1960, un
rapporto sessuale a tre, in cui i due uomini interpretano reciprocamente anche
il ruolo della donna e dell'uomo. Ecco i veri motivi per cui la LOCCI
nell'ultimo periodo nega i rapporti al marito ed automaticamente all’alter ego
VINCI Salvatore, per rivolgere le sue attenzioni ai più giovani Francesco VINCI
e Antonino LO BIANCO, i quali cercano proprio lei e non anche il marito, e
questo affronto non può essere ulteriormente tollerato. Ecco quindi l'abituale giustiziere:
è il solito VINCI Salvatore a decretare la condanna della donna.</span></i><br /><br />
Qui si inizia a comprende quale gelosia intendesse Torrisi: non la classica
conseguente alla profanazione di intimità femminili, che nel caso di Salvatore non aveva
senso, ma quella dovuta al tentativo della donna di liberarsi dal giogo dello
stesso. Un giogo spudoratamente ostentato tramite l’esibizione dell’anello. È indubbio
che la fantasia iper colpevolista del militare fosse senza freni, d’altra parte
doveva arrangiarsi con quel che passava il convento. È un fuori tema, ma come
non pensare ai 17 fichi d’india inviati da Ada Pierini ai coniugi Biancalani,
dove Torrisi volle veder rappresentato l’intero campionario dei presunti
omicidi di Salvatore, otto coppie più la moglie! Il bello è che i vinciani di
oggi sull’anello gli danno credito, come il lettore Phoenix, che lo assurge a
prova di colpevolezza, pur minore.<br />
Ma torniamo al movente, che Torrisi spiega meglio più avanti.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Se la MASSA Rosina, moglie del VINCI Salvatore, ha compiutamente illustrato le abitudini
del marito, fra cui quella di essere stata condotta con frequenza alle Cascine
per farle fare quello che il VINCI aveva già praticato con la Barbara, ciò
significa che la circostanza è certa e la si deve considerare come un vero
caposaldo processuale. A chi non può tornare gradito quel tipo di rapporto è
sicuramente alla LOCCI, la quale, potendo disporre di amanti più giovani e meno
complessati dal punto di vista sessuale, preferisce ribellarsi a quella vita,
andando a coltivare i piaceri del sesso con gli altri, fuori di casa.<br />
Ecco, quindi, il vero movente del delitto del 1968: la gelosia del VINCI, il quale
non può ancora permettere che la donna si sottragga ai suoi voleri, e lo dice
lo stesso MELE che la moglie da circa due mesi gli nega i rapporti, ed ora
possiamo comprendere come negandoli al marito, li nega contestualmente al vero “proprietario”
della famiglia, così definito da Stefano.</span></i><br /><br />
Si tratta di illazioni supportate dal nulla, tutte partenti dalle sole parole di
Stefano Mele e sviluppate secondo una grossolana convenienza accusatoria. Nella
stessa sentenza Rotella viene descritta una situazione nei mesi precedenti il
delitto in cui il protagonista era Francesco, e non certo Salvatore:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Nel novembre dell'anno precedente, uno degli amanti, Francesco Vinci, è stato
tratto in arresto, per denuncia di concubinato con lei, e dopo pubblica
sorpresa e relativa scenata, dalla moglie Vitalia Muscas (poi divenuta Melis).
Mele non ha battuto ciglio. Anzi si è fatto custode di una motoretta (Lambretta)
dell'altro durante la sua detenzione.<br />
Uscito dal carcere, Vinci ha ripreso, senza darsi problemi, la relazione.
Successivamente Mele, subito un incidente, in febbraio è stato in ospedale e,
durante questo periodo, l'altro (Mele dirà che si tratta di Salvatore, fratello
di Francesco, ma poi, e anche in questa istruttoria, s'intende che si tratta di
Francesco) si è installato in casa sua. La storia è durata sino a fine primavera
e forse durava ancora. La Locci, intanto, incurante della gelosia manifesta
dell'amante, men che di quella, se vi è, occulta del marito, è passata ad altri
uomini, ultimo colui che è stato ucciso insieme a lei, Antonio Lo Bianco.</span></i><br /><br />
In questo frammento Rotella descrive un gustoso episodio che da una parte esclude
Salvatore dallo scenario, e dall’altra rafforza il movente della famiglia Mele:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Mucciarini dice che si era recato, mesi prima del delitto, a saldare, a L. a Signa, debiti
del Mele, per conto del suocero. Il negoziante gli aveva chiesto anche il saldo
del conto di 'quell'altro' e cioè dell'uomo che viveva, in quel periodo, in
casa Mele, e cioè Francesco Vinci. Tale ultima cosa era nota già durante la
degenza ospedaliera di Stefano, nel febbraio 1968, a Palmerio e Maria Mele, che
avevano incontrato F. Vinci in ospedale. Gli amanti della Locci erano perciò
considerati in guisa di sfruttatori.</span></i><br /><br />
Dov’era dunque Salvatore in quei mesi del pre-delitto, nei quali la Locci gli avrebbe
suscitato un sentimento di così travolgente gelosia da fargli nascere il
desiderio di ucciderla? Quello stesso Salvatore che il giorno prima
prendeva in giro il fratello dicendogli: “<i><span style="color: blue;">Che per caso vai dalla Locci?</span></i>”. Qualcosa l’uomo
ammise, al processo, come ci riporta Torrisi:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Egli, infatti, afferma di aver ripreso a frequentare la casa ed anche la relazione
con la donna, di aver dormito una sera in casa sua, mentre il marito è in
ospedale, di aver avuto in quel periodo, nonostante le minacce alla donna da
parte di Francesco, qualche rapporto con lei, subito troncato dopo l'uscita dal
carcere del fratello.</span></i><br /><br />
Naturalmente Salvatore potrebbe aver mentito o quanto meno minimizzato, ma non ne esiste prova. Lo
scenario pare quello di un individuo che approfitta fin che può della situazione
per soddisfare i propri bisogni sessuali, senza nulla di sentimentale, in linea
del resto con i comportamenti attestati negli anni successivi dalle indagini
dello stesso Torrisi. Peraltro, quand’anche avesse portata la Locci alle
Cascine per farla congiungere con altri uomini, dove sta scritto che a lei
sarebbe dispiaciuto? E il fatto che nell’agosto la donna si fosse interessata
al gruppo dei siciliani che lavoravano assieme al marito, è sufficiente a dimostrare
una rottura traumatica dei suoi rapporti con Salvatore? Peraltro pare fuori
luogo ipotizzare che si aspettasse qualcosa in più di qualche rapporto sessuale da un
padre di tre figli! E neppure da un Cutrona o da un Barranca.<br />
La lettura dell’articolo <a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2019/02/omicidio-o-suicidio-1_31.html">Omicidio o
suicidio?</a> rende bene l’idea dei pericoli insiti nel lasciarsi trasportare dai luoghi
comuni. Nel caso della moglie, un movente di gelosia e vendetta Salvatore
l’avrebbe anche avuto, ma nonostante ciò non la uccise, e neppure si ha notizia
di scenate, anzi, lasciò che portasse avanti la sua relazione mentre lui probabilmente
si divertiva col fratello, coltivando magari la speranza d’infilarsi in mezzo ai due amanti,
prima o poi, chi lo sa? Il personaggio era interessato al sesso e basta, pertanto,
che motivo avrebbe avuto per uccidere Barbara Locci rischiando l’ergastolo e
privandosi di una donna che la dava via senza problemi e che un domani poteva
sempre tornargli comoda?<br /><br />
<b>Una pistola scomparsa.</b> Cerchiamo adesso di guardare dentro il più grande mistero che accomuna tutti
gli otto duplici omicidi. Si legge nel verbale di Stefano Mele della sera del
23 agosto 1968, quello in cui viene riportata la sua confessione con Salvatore
complice:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">A questo punto Salvatore evidentemente a conoscenza della relazione esistente tra
mia moglie Barbara ed Enrico mi disse: – PERCHÉ NON LA FAI FINITA?<br />
Io risposi: – COME FACCIO SENZA NULLA IN MANO? SAPENDO CHE ENRICO AVEVA PRATICATO LA BOXE.<br />
Salvatore a questo punto replicò: – IO HO UNA PICCOLA ARMA. [...]<br />
Una volta fermata la macchina Salvatore aprì una borsa e mi diede una pistola
dicendomi: – GUARDA CHE CI SONO OTTO COLPI. [...]<br />
Non appena salii in macchina dissi a Salvatore le seguenti parole: – SONO BELLI E
SISTEMATI. Salvatore mi chiese del bambino e io risposi che era salvo. In
relazione alla pistola preciso che non appena ebbi sparato la buttai via. Non
posso precisare il posto preciso però sicuramente nei pressi della macchina. Preciso
che buttai via l’arma di iniziativa. Vinci Salvatore mi chiese della pistola e
quando gli dissi che la avevo buttata via ebbe a rispondermi: – PAZIENZA.</span></i><br /><br />
Inutile ribadire che la versione del delitto a due con incontro fortuito la sera stessa
non stava in piedi. Ed è difficile pensare che fosse farina del sacco di Mele,
o comunque del solo Mele, che, è sempre bene tenerlo a mente, la sera prima
aveva preparato il figlio ad accusare Francesco. In qualche modo ci doveva
essere lo zampino dei veri complici, i parenti, lo abbiamo già visto. Ma quel
dettaglio della pistola lasciata sul posto che cosa nascondeva? Perché
specificarlo, quando l’azione di gran lunga più sensata sarebbe stata quella di
restituire l’arma al proprietario? Era stato un capriccio? I vinciani, che al
contrario dei negazionisti non credono a un Mele deficiente che parla a vanvera,
dovrebbero fornire adeguata spiegazione a questo imbarazzante dettaglio. Che
interesse aveva l’ometto a introdurlo sapendo bene quanto facilmente sarebbe
stato smentito? Tra l’altro, nel momento in cui lo raccontò si deve immaginare
che i suoi interlocutori fossero rimasti molto sorpresi, visto che di quella
pistola non avevano trovato traccia. La qual cosa, tra parentesi, la dice lunga
su quanto assurda sia la pretesa di chi, come Filastò e discepoli, considera le
confessioni di Mele frutto di schiaffoni!<br />
La mattina dopo, il 24, si procedette a una ricerca approfondita, con anche
l’intervento di Vigili del Fuoco e militari del Genio. Senza risultati, lo
sappiamo bene.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-I7IPKbv0Rvk/X7pv7ZZjcHI/AAAAAAAACg8/sdda_tvL3N0F8WB4xoxyxfrlM-skOV9hgCLcBGAsYHQ/s800/Ricerca%2Bpistola1.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="800" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-I7IPKbv0Rvk/X7pv7ZZjcHI/AAAAAAAACg8/sdda_tvL3N0F8WB4xoxyxfrlM-skOV9hgCLcBGAsYHQ/w320-h320/Ricerca%2Bpistola1.jpeg" width="320" /></a></div><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-lFTcnIgyj3o/X7pv7StTENI/AAAAAAAAChA/wqGiaMED7E8bee31uzA2gRsFQcgpF_SZQCLcBGAsYHQ/s800/Ricerca%2Bpistola.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="582" data-original-width="800" height="234" src="https://1.bp.blogspot.com/-lFTcnIgyj3o/X7pv7StTENI/AAAAAAAAChA/wqGiaMED7E8bee31uzA2gRsFQcgpF_SZQCLcBGAsYHQ/w320-h234/Ricerca%2Bpistola.jpeg" width="320" /></a></div><br />
Alle 9:50 Caponnetto interrogò Mele, che guarda caso proprio sulla pistola cambiò
versione, affermando di averla restituita al proprietario. Il buonsenso dice
che tale cambiamento fu conseguenza della comunicazione del mancato recupero.
Ma i vinciani lo contestano, affermando che alle 9:50 la ricerca non era ancora
finita. In verità di tale operazione non sono noti gli orari. Si può presumere
che, per evitare il caldo di agosto, fosse partita a ridosso del sorgere del
sole (5:30) – l’abbigliamento che si vede in foto lo testimonia – ma non si sa
quando ebbe fine. Può anche darsi che alle 9:50 ancora no, ma è impensabile che
Caponnetto non si fosse informato dello stato delle ricerche – via telefono,
via radio o alle brutte con un piccione viaggiatore – prima di interrogare
Mele, il dato era troppo importante.<br />
Ma leggiamo il verbale, che dopo alcuni preliminari entra nel vivo: “<i><span style="color: blue;">Non ho nessuna
difficoltà a dichiarare subito che confermo in ogni sua parte la dettagliata
confessione da me resa ieri sera presso la stazione dei CC. di Lastra a Signa</span></i>”.
Dunque Mele in prima battuta non ha alcuna modifica da proporre alla
confessione della sera precedente. Allora Caponnetto inizia a leggergliela.
Intanto il verbalizzante fa una pausa, come si evince dal testo ma anche dal
differente incolonnamento della scrittura a mano quando riprende:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Ricevo a questo punto lettura integrale di dette dichiarazioni. C'è un solo
particolare che non risponde a verità in quelle mie dichiarazioni, e
precisamente quello in cui riferivo ad essi il modo con cui mi ero disfatto della
pistola. In verità io non buttai via l'arma, ma la riconsegnai a Salvatore
Vinci, appena raggiunsi la sua macchina in sosta, dopo aver compiuto il duplice
omicidio.</span></i><br /><br />
La lettura del verbale della sera prima con grande probabilità si era interrotta
proprio nel punto in cui Mele diceva di aver buttato via l’arma, a circa 2/3.
Lo si deduce dal fatto che quello presente riporta verso la fine: “<i><span style="color: blue;">Si dà atto che a
questo punto viene ripresa ed ultimata la lettura del verbale
dell’interrogatorio Mele delle ore 11:35 del 23 agosto 1968</span></i>”. Era
stato lo stesso Mele, di sua iniziativa, a bloccare la lettura per il cambio di
versione sul destino della pistola? Per un nuovo capriccio, oppure per rimediare
a quello della sera precedente? Veramente difficile crederlo. Anche perché il
verbale così prosegue:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Mi si chiede perché io abbia dichiarato diversamente ai CC; avevo la testa un po’
confusa ed ero stanco. Prendo atto che mi si contesta che nel riferire ai CC le
circostanze in cui mi sono liberato dell’arma, io sarei stato molto preciso e
circostanziato, e tutt’altro che confuso, tanto da riferire perfino
testualmente le parole con cui il Salvatore avrebbe commentato la notizia da me
datagli del getto dell’arma. Capisco che l’obiezione che mi viene mossa è
giusta; non so cosa rispondere. Certo è che l’arma la riconsegnai a lui. Può
darsi che la parola “pazienza” che io attribuii a Salvatore come commento alla
notizia del rigetto dell’arma, egli l’abbia invece pronunciata come commento
alla notizia del duplice omicidio.</span></i><br /><br />
Nessuna funambolica arrampicata sui vetri dei vinciani o di qualsiasi altro potrà
mai eliminare l’evidenza: la sera prima Mele aveva sostenuto con sicurezza di
aver gettato l’arma sul posto, e la mattina dopo, di fronte alla notizia che
quell’arma non si era trovata, aveva raccontato un’altra storia, peraltro molto
più plausibile. Perché?<br />
Ad aprire uno spiraglio sull’interpretazione di questa sorprendente circostanza è
il verbale dell’interrogatorio di Natalino del 21 aprile 1969:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Chiestogli chi c’era con il padre il bambino insistentemente dice che con il padre c’era
lo “Zio Piero” da Scandicci;<br />
Chiestogli chi abbia sparato il bambino [dice] “Piero”.<br />
Il bambino dice altresì che lo zio Piero era venuto con una bicicletta celeste ed
il padre con una bicicletta marrone.<br />
Il bambino dice ancora che la rivoltella fu gettata nel fosso vicino e che lui
andò via con il padre che lo portò in braccio.</span></i><br /><br />
Secondo Natalino la pistola venne dunque “<i><span style="color: blue;">gettata nel fosso vicino</span></i>”. Due giorni dopo il fanciullo
venne interrogato di nuovo. Va tenuto presente che nel frattempo aveva ricevuto
la visita di un parente, con grande probabilità la zia Maria, la quale, per
togliere Mucciarini dai suoi racconti, aveva cercato di fargli cambiare “Piero”
in “Pietro”. Ed ecco ancora la pistola:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Mostrandosi più disinvolto il bambino ricorda sempre a domande degli inquirenti che la
rivoltella fu buttata dallo zio Pietro in un fosso vicino alla macchina.<br />
Riconosce nella foto nr. tre allegata al rapporto dei C.C. il punto ove era la macchina e
indica il fosso sulla destra della macchina poco più avanti di essa.</span></i><br /><br />
Stavolta Natalino precisò che a gettare la pistola fu Piero Mucciarini. Si tratta di un
clamoroso incastro con la confessione del padre del 23 agosto dell’anno prima,
di fronte al quale la persona cui non piace far tornare i solitari deve
riflettere a lungo, prima di passar oltre, come invece fanno quasi tutti crogiolandosi
nei luoghi comuni, che hanno l’indubbio vantaggio di risultare sempre tanto
rassicuranti… Ma aggiungiamo qualche altro tassello.<br /><br />
<b>Una pistola comprata?</b> Si legge nel verbale dell’interrogatorio di Mele del 12 giugno 1985 (<a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2009/05/stefano-mele-seconda-parte.html">vedi</a>):<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Egli sostiene di aver dato 400.000 lire (a Vinci) per comprare la pistola, di non
sapere se ce l’avesse da prima o se l’abbia comprata; che suo fratello
(Giovanni) non è a conoscenza che lui ha dato quattrini a Salvatore per
comprare la pistola e che l’idea dell’arma, come anche quella di uccidere è
venuta a Salvatore.</span></i><br /><br />
Secondo l’ipotesi proposta in questo articolo, quel giorno Mele aveva accusato Salvatore
Vinci soltanto perché era l’unico modo per uscire dal carcere. Che
bisogno aveva di precisare due dettagli così ininfluenti, quello di aver
consegnato al presunto complice 400 mila lire per l’acquisto della pistola, e
che il fratello ne era all’oscuro? Siamo un po’ nelle stesse condizioni di 17
anni prima, quando, ancora accusando Salvatore, aveva raccontato della pistola
lasciata sul posto. È credibile che l’ometto fosse tipo da introdurre nelle sue
narrazioni degli elementi inutili ma specifici senza che ce ne fosse bisogno?<br />
Oppure mettiamoci nell’ottica del vinciano che crede alla partecipazione di Salvatore.
Visto che da non negazionista non liquida le dichiarazioni di Mele come deliri,
dovrebbe spiegare questo passaggio della sua confessione. Si tenga conto che
una Beretta della serie 70 costava nel 1968 sulle 25 mila lire. Dovremmo quindi
immaginare che il gelosissimo e vendicativo Salvatore, mentre stava
architettando un duplice omicidio che avrebbe potuto mandarlo all’ergastolo,
coglieva l’occasione per ciulare dei soldi all’ingenuo Stefano,
raccomandandogli di non dir nulla al fratello, che altrimenti avrebbe potuto
risentirsi! Una situazione davvero grottesca…<br />
In realtà si deve pensare che si trattasse degli ultimi segreti custoditi dall'ometto, inseriti nello scenario che volevano i suoi interlocutori.
Vediamo di approfondire, cominciando dall’osservazione che la cifra non è casuale. Dal
rapporto Matassino:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Viena accertato comunque che il Mele Stefano in data 21 giugno 1968 ha riscosso la
somma di lire 480.000 dalla Società Assicuratrice Tirrenia sede di Firenze, quale
rimborso spese per sinistro stradale.<br />
Immediatamente dopo i fatti in narrativa l'unica somma rinvenuta è quella di lire 24.625 nel
borsellino della donna, reperito a bordo dell'autovettura, somma che viene consegnata
al Mele Stefano. Questi non fornisce chiare giustificazioni circa il modo in
cui è stato speso il danaro; si limita a dire che i soldi venivano spesi dalla
moglie.<br />
Si accerta, comunque, che le uniche spese da lui sostenute consistono in lire cinquantamila
pagate a tale LISI Lionello per un debito relativo ad acquisti di generi
alimentari.</span></i><br /><br />
Se la matematica non è un’opinione, le 400 mila lire che Mele avrebbe consegnato a
Salvatore corrispondevano più o meno ai soldi scomparsi: 480.000 – 50.000 – 24.625
= 405.375. Soldi che avrebbero costituito il movente primario dello stesso
Mele, secondo l’ipotesi di Gerardo Matassino, il quale, dopo aver descritto la
perenne ed estrema povertà dell’individuo, scrive:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Immaginiamocelo però adesso con una disponibilità piena della somma di circa mezzo milione. Anche
se per molti questa cifra ai tempi attuali rappresenta ben poco, per il Mele è
invece l’inverosimile. È il raggiungimento di un sogno che aveva accarezzato per
tutta una vita.<br />
Riprendiamolo ora in esame mentre impotente assiste allo svanire di questa tanto agognata e
dolce realtà. Egli stesso ci dice che la moglie quando esce con gli amanti è sempre
lei a pagare. Questo particolare viene anche confermato da altri testimoni. La
moglie stessa, donna abituata ad una vita di stenti, perché oltretutto non si è mai concessa per
danaro, fa presto ad abituarsi ad una vita facile e nuova ed in breve tempo
dilapida il capitale del marito.<br />
Che le sfortune del Mele inizino con la riscossione della famosa somma sembra non vi
siano dubbi. Di giorno in giorno, ogni qualvolta la moglie spende una parte dei
soldi, nel Mele si fa sempre più viva la volontà di agire. Egli comunque riesce
sempre a frenarsi fino a quando la fatidica sera del 21 agosto ‘68 non si
accorge che la moglie, per uscire con l’amante di turno, ha prelevato l‘ultima
parte dei soldi. È questa la goccia che fa traboccare il vaso. L’uomo perde il
lume della ragione. Ha sopportato per tanti anni la moglie infedele, ma non
riesce a passare sopra al fatto che è stata la causa prima che ha distrutto il
suo sogno finalmente realizzato e si vendica uccidendola unitamente al suo
ultimo amante.</span></i><br /><br />
La reazione che Matassino attribuisce a Stefano Mele è traslabile sui suoi parenti.
Non a caso c’era Mucciarini con lui, mentre aveva raggiunto Prato per incassare
la cifra, evidentemente a garanzia della sua buona conservazione fino a Lastra
a Signa. Mele ne avrebbe dovuto utilizzare parte per le riparazioni della casa,
che ne aveva bisogno, dopo i danni dell’alluvione del 1966, soprattutto al
tetto. Il padre gliel’aveva comprata a buon prezzo proprio per questo. Pare
ragionevole ritenere che la sparizione di quelle 400 mila lire fosse stata la
classica goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Ma probabilmente la Locci
non ne era responsabile, e il fatto che si fosse portata dietro ben 25 mila
lire (250 euro di oggi) è perché aveva paura che sparissero anche quelle!<br />
Le 480 mila lire erano il rimborso per l’incidente in cui Mele si era rotto una
gamba, nel febbraio, mentre faceva il passeggero sulla Lambretta condotta da
Francesco Vinci. Una Fiat 500 li aveva investiti, e il guidatore – per fortuna
assicurato, in tempi di RCA non ancora obbligatoria – si era preso la colpa.
Per il rimborso c’era però un problema: Francesco non aveva la patente. Per
questo era subentrato Salvatore che aveva preso il suo posto nella denuncia.
Quindi entrambi i Vinci erano a conoscenza del futuro rimborso, un piccolo
tesoro sul quale volentieri avrebbero messo le mani.<br />
A questo punto il lettore non inquadrato e che non si accontenta dei luoghi
comuni ha tutti gli elementi per completare il giallo di Signa, tutto sommato
piuttosto semplice, non fosse per quella pistola ricomparsa sei anni dopo. Ed è
proprio qui che vanno abbandonati i luoghi comuni, cui del resto pare davvero
stupido ricorrere in una vicenda che non ha eguali al mondo.<br />
Chi non riesce può sempre mettere nel salvadanaio qualche euro per comprare il mio
futuro libro… se mai uscirà.<br /><br />
<b>NB:</b> Per i commenti
vale quanto riportato in fondo alla prima parte. Infine. I vinciani fanatici (e ho il sospetto che siano tanti, forse la maggioranza)
di sicuro mi detesteranno, dopo questo articolo. Per farmi perdonare almeno un
po’ rendo disponibile una <a href="https://drive.google.com/file/d/1tV3nCFlvrBGMdJsnB6Fy93LqQ1tvxJmP/view?usp=sharing" target="_blank">sentenza</a>
credo inedita in rete, una piccola chicca per comprendere ancor meglio il personaggio
che così tanto ottenebra la loro mente.
</span></div>Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com24tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-55283735210285418402020-11-21T01:36:00.018-08:002022-12-10T01:19:58.381-08:00Salvatore Vinci a Signa - Approfondimenti (1)<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
Sul recente articolo <a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/11/salvatore-vinci-signa.html" target="_blank">Salvatore Vinci a Signa</a>
sono stati numerosi gli interventi degli agguerritissimi “Vinciani”, in
particolare due di essi, Phoenix e Hazet, la cui competenza risulta di ottimo
livello. Purtroppo in entrambi pare inarrestabile la tendenza ad annegare le
loro argomentazioni in ragionamenti chilometrici, il che tra l’altro non è un
buon segno riguardo il contenuto, e rende comunque difficili sia la lettura sia
la risposta. Sono poi evidenti i molti tentativi di forzare i dati, attraverso
espedienti dialettici.<br />
In questo articolo esamineremo le loro argomentazioni più significative, e
approfondiremo alcuni temi importanti. È bene ricordare l'ipotesi in cui chi
scrive si sta muovendo. Il delitto di Signa fu architettato ed eseguito in
completa autonomia dalla famiglia Mele, come ammise Stefano. Poi l’ometto aggiunse
Salvatore Vinci, a parere di chi scrive soltanto per uscire di galera, dove
Rotella lo aveva mandato con il pretesto della calunnia contro Francesco Vinci.
In ogni caso è opportuna una rilettura dell’articolo citato.<br /><br />
<b>Marcello Chiaramonti. </b>
Cominciamo con il chiarire la questione del presunto alibi di Marcello
Chiaramonti, marito di Teresa Mele. Ripassiamo in breve il contesto. Dopo il
ritrovamento nel suo portafoglio del noto biglietto dello “zio Pieto”, il 24
gennaio 1984 Stefano Mele si decise a tirare in ballo i propri parenti, dopo
averli protetti per 16 anni pagando anche per loro. Raccontò che quella sera
erano lui, suo fratello Giovanni e Piero Mucciarini, marito della sorella
Antonietta. C’era però il problema della macchina, che cercò di risolvere
attribuendola al fratello (Mucciarini era senza patente). Quando i controlli
portarono alla scoperta che Giovanni la macchina non l’aveva – comprò la prima negli
anni ’70 – venne fuori che l’unico della famiglia a disporne era Marcello
Chiaramonti. A quel punto Mele ammise che c’era anche lui.<br />
Dalla sentenza Rotella:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Il primo a porre il problema è stato Mucciarini. Il 27 gennaio 1984 dichiara:<br />
“In questi giorni mi sono posto il problema del veicolo. Stefano dice che si andò a
commettere il delitto con la vettura, ma nessuno di noi tre aveva la vettura e
la patente. Perciò due sono le cose: ragioniamo o vi era uno al mio posto o vi
era una persona che guidava la macchina”.<br />
D.R.: “Non saprei dire se amici o parenti. L'altro mio cognato che allora aveva 25
anni all'incirca, era un giovane molto serio, che aveva lavorato con Giovanni
alla segnaletica del Giuntini, aveva macchina e patente e precisamente una Prinz N.S.U.” […]<br />
Sulla scorta di questa indicazione di Mucciarini, l'inquisizione ritorna su Stefano
ed egli dichiara, ancora nei limiti astratti di credibilità, senza indicazioni
o sollecitazioni, che in effetti era stata adoperata l'autovettura di Marcello Chiaramonti,
l'altro cognato, marito di Teresa Mele. Spiegava anzi che era presente anche
lui e che non ne aveva voluto parlare prima per tenerlo fuori.<br />
Marcello Chiaramonti, intanto già udito quale teste, si è difeso con tutta l'onestà e la
limpidezza che gli ha concesso l'essere inquisito per un delitto gravissimo,
libero e con la paura di perdere la libertà.</span></i><br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-SUcU_5u4Jrs/X7jQxy0hrMI/AAAAAAAACgs/BlR8sCfPnxkWSdVXjWJI8sOJIRmODiQbQCLcBGAsYHQ/s700/NSU%2BPrinz.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="472" data-original-width="700" src="https://1.bp.blogspot.com/-SUcU_5u4Jrs/X7jQxy0hrMI/AAAAAAAACgs/BlR8sCfPnxkWSdVXjWJI8sOJIRmODiQbQCLcBGAsYHQ/s320/NSU%2BPrinz.jpg" width="320" /></a></div><br />
Che all’inizio Mele avesse tentato di tener fuori l’allora giovane Chiaramonti, il
quale con grande probabilità si era limitato a guidare, è plausibile, tenuto
conto di quanto forte fosse stata su di lui l’influenza dei legami di sangue.
Si trattava del marito di sua sorella, padre di suoi nipoti, che da tempo
si era costruito una vita a Piombino rimanendo ai margini delle questioni di
famiglia: perché mandare in carcere anche lui? In effetti Rotella in carcere
non ce lo mandò, evidentemente due Mostri erano già fin troppi. Poi, dopo il
delitto di Vicchio, di sicuro avrebbe fatto volentieri a meno della sua
presenza nel gruppo degli assassini, visto che rendeva non indispensabile la
Fiat 600 del nuovo sospetto Mostro, Salvatore Vinci. Non è certo un caso se in
sentenza non ne approfondì la posizione. Torrisi invece si dimostrò meno
scaltro – lui all’assurda carovana di due auto ci credeva – e il suo rapporto
fornisce qualche interessante notizia.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Il quinto elemento si deve identificare in CHIARAMONTI Marcello, rimasto a
guardare le autovetture – una di esse è la sua – come si evince dalle
dichiarazioni del MELE Stefano del 12 giugno 1985. Lo stesso CHIARAMONTI Marcello
sentito dal magistrato subito dopo l'omicidio di Vicchio, è stato sull'orlo di
essere tratto in arresto su mandato di cattura per reticenza – e lo stesso
interessato manifesta le sue preoccupazioni in tal senso se è vero che aveva
dato incarico al suo capo reparto di giustificarlo, almeno per un mese, se non
avesse preso servizio –, in quanto la sua deposizione e quella della moglie
(sono i primi ad andare a trovare Stefano a casa il primissimo mattino, il
giorno dopo il delitto, non appena leggono i giornali) è tutt'altro che
convincente.</span></i><br /><br />
I vinciani di oggi hanno lo stesso problema di Rotella, e si
sentirebbero molto meglio senza Chiaramonti. Ecco allora il tentativo di accreditargli
un alibi. Scrive Hazet: “<i><span style="color: blue;">Chiaramonti risultò con un alibi</span></i>”. Poi,
credendosi smentito dal compagno Phoenix, in un chiaro lapsus freudiano: “<i><span style="color: blue;">Quale documento / dichiarazione
/ deposizione smentirebbe l'alibi del Chiaramonti? A me non ne risulta nessuno
nemmeno che ne metta dubbio. Se ne hai info diverse, potresti indicarmene i
link</span></i>”. Al che Phoenix risponde: “<i><span style="color: blue;">Non mi risulta io abbia mai smentito (né citato documenti in
tal senso), né abbia mai messo in dubbio, l’alibi di Chiaramonti</span></i>”.<br />
Si tratta di un tentativo di truccare le carte, che lo stesso Phoenix
asseconda forse in modo involontario, forse no. In alcun documento noto si
parla di alibi di Chiaramonti, né smentito né verificato. Vista la mancanza di
notizie si deve presumere che – nel 1984, a distanza di 16 anni – al massimo l’uomo
potesse averne fornito uno banale, come l’essere rimasto a casa con la moglie,
quindi inutile. La qual cosa non lo mette in automatico sulla scena del
crimine, però neppure lo toglie, come invece lasciano intendere le sibilline
argomentazioni dei due vinciani. Pertanto, in una ricostruzione storica, la
Fiat 600 di Salvatore Vinci risulta non indispensabile al compimento del
delitto.<br /><br />
<b>La zappa sui piedi. </b>La pillola più indigesta che i vinciani si sono trovati a dover ingoiare
leggendo il mio articolo è stata senz’altro quella di Piero Mucciarini il
quale, favorendo la confessione di Stefano Mele del 23 agosto 1968 con
Salvatore Vinci complice, si sarebbe dato la zappa sui piedi. Una considerazione
semplice, addirittura banale, che però rischia di far crollare tutto il loro castello
di argomentazioni (succede spesso che il Diavolo si nasconda nei dettagli…).
Vediamo in questo caso qual è il rimedio, partendo da Phoenix, che si lancia in
un’incredibile serie di considerazioni al contorno in fondo alle quali
finalmente arriva al sodo:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Questi sono i fatti. I comportamenti di Mucciarini sono i classici comportamenti
illogici (e non precostituiti, dal momento che non s’aspettava d’esser visto da
Natalino) di chi, non essendo un delinquente incallito, è preso dal panico.<br />
E poi... sicuri sicuri che Mucciarini c’entri qualcosa con le accuse di Stefano
Mele a Salvatore Vinci? Potrebbe anche esser che vedendo Stefano Mele crollare,
abbia presenziato per dare un po’ di sostegno ed assicurarsi che non faccia il
SUO di nome</span></i><br /><br />
Vediamo invece il sodo di Hazet, che prima cita la mia considerazione “<i><span style="color: blue;">Indicare il proprio
complice come autore del delitto è un'azione priva di senso</span></i>”, poi la
contesta:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">SOLO SE:<br />
- sei un criminale incallito<br />
- sei uno a cui non manca la fantasia e la velocità di reazione intellettiva<br />
- non sei appena passato dallo stato “la scampo e me ne torno a casa perché ho un alibi” a quello di “m'hanno sgamato e mi tocca andare in galera”.<br />
È infatti di solito proprio al momento di un tracollo che si commettono 'cavolate' con la bocca e si inguaiano i complici.<br />
È proprio per quello che gli investigatori chiedono alibi, fanno verifiche, investigano,
fanno eseguire ricostruzioni, sentono testimoni, ed INTERROGANO ed insistono
sugli elementi dubbi che non li convincono.</span></i><br /><br />
La tremenda arrampicata sui vetri di entrambi è palese. Nella sostanza viene
descritto un Mucciarini così terrorizzato per non si sa quale imminente
catastrofe, da cercare di salvarsi consegnando ai carabinieri la chiave per la
scoperta di tutti gli altarini: uno dei componenti della banda! Il quale, si
badi bene, fino a quel momento nessuno aveva tirato in ballo, tantomeno i
carabinieri che invece erano andati a prendere il fratello. Phoenix prova anche
a crearsi una seconda via di fuga, lanciando l’ipotesi che Mucciarini avesse
affiancato Mele soltanto per assicurarsi che non facesse il suo nome. Peccato
che quello di Salvatore lo avrebbe inguaiato comunque!<br />
Ma vediamo di ricostruire un po’ meglio gli eventi, facendo anche delle ipotesi,
però logiche. Il giorno dopo il delitto, 22 agosto, Stefano Mele si dichiarò
estraneo, tacendo su Salvatore Vinci e lanciando qualche velata allusione su Francesco
e su Carmelo Cutrona. Entrambi erano presenti in caserma, con la differenza
però che Cutrona lo aveva fatto convocare lui, mentre Vinci i carabinieri erano
andati a prenderlo di loro iniziativa. Da notare che il dichiararsi estraneo di
Mele rientra perfettamente nel solco del suo desiderio di scamparla alla
galera, affiancandosi all’ingenuo alibi della malattia e alle istruzioni date a
Natalino sul viaggio da solo.<br />
La sera padre e figlio si ritrovarono e tornarono a casa, dove avrebbero trascorso
un’ultima notte assieme (Mele doveva ripresentarsi in caserma alla mattina dopo).
E lì accadde qualcosa di molto importante, ai fini della comprensione del
giallo. Si legge nel verbale dell’interrogatorio di Natalino del 21 aprile
1969:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Chiestogli se c’era anche Vinci Francesco dice di sì.<br />
Chiestogli allora di ricordare chi abbia visto quella sera, ricorda oltre il papà, la
mamma, l’uomo che era in macchina che lui chiama anche “Zio”, lo zio Piero e
non menziona il Vinci Francesco.<br />
Chiestogli perché non lo abbia ricordato risponde “Me lo disse il babbo di dire di averlo
visto”.</span></i><br /><br />
L’unico momento in cui Mele poteva aver detto quella frase al figlio era proprio la
sera del 22 agosto, poiché dalla mattina successiva sarebbe rimasto sempre
sotto custodia. Non si sa se l’idea l’avesse avuta già in testa come seconda
fase dell’ammaestramento, o se gli fosse venuta il giorno stesso accorgendosi dell’interesse
dei carabinieri verso Francesco Vinci, fatto sta che preparò il figlio ad
accusarlo. In sostanza Francesco avrebbe compiuto il delitto da solo, per poi accompagnare
Natalino e minacciarlo affinché stesse zitto. Ma una volta a casa il fanciullo
si sarebbe confidato con il padre, il quale era pronto per riferire il tutto ai
carabinieri alla mattina dopo. Tale piano non è una semplice ipotesi, è una
certezza, come dimostrano numerosi elementi emersi in seguito, tra i quali la
versione adattata del 24, alla quale non a caso si accompagnò la richiesta di
chiederne conferma allo stesso Natalino.<br />
La mattina dopo, 23, Piero Mucciarini, Marcello Chiaramonti e Teresa Mele andarono a
casa di Stefano. Non si sa a quale ora, sappiamo però che l’interrogatorio del
congiunto risale alla tarda mattinata, il verbale riporta le ore 11:35. Non si
sa neppure se Chiaramonti se ne fosse andato a portare la moglie e il bambino a
Scandicci, e se poi fosse tornato subito indietro (erano appena 10 minuti di
macchina), oppure fosse rimasto con loro. In ogni caso almeno Mele e Mucciarini
ebbero tutto il tempo di discutere prima di recarsi insieme in caserma, forse a
piedi, visto che si trovava a poche centinaia di metri. Ebbene, quali potevano
essere stati i motivi per i quali Mucciarini si sarebbe così allarmato da compiere
il passo falso di convincere il cognato a confessare coinvolgendo Salvatore?
Mele era pronto ad accusare Francesco, e non sembra avesse alcuna intenzione di
mandare tutto a monte, anzi, era ben convinto di continuare a dichiararsi
innocente, il suo piano lo dimostrava. Non a caso, pur virando su Salvatore, in
una prima fase aveva cercato di accreditarlo come assassino unico, lo dimostra
il verbale delle 11:35, suscitando però i sospetti dei carabinieri che lo
avevano incalzato costringendolo alfine a dichiararsi colpevole e ad assegnare
all’altro il ruolo di complice istigatore.<br />
In realtà si può solo pensare che il piano di Stefano non fosse quello dei suoi
familiari, rappresentati in quel momento da Mucciarini. In effetti la pretesa
di affidarsi all’appoggio di Natalino, che avrebbe dovuto raccontare una nuova
storia, era davvero eccessiva e non avrebbe funzionato. È chiaro che a quel
punto gli inquirenti avrebbero interrogato il fanciullo più a fondo, e il
rischio che venisse fuori quello che non doveva venir fuori – l’aver visto lo
zio Piero – era troppo grosso. Ecco il motivo del cambio di versione, dove per
Natalino niente sarebbe dovuto cambiare. Cambiava tutto invece per Stefano, che
avrebbe dovuto accollarsi l’omicidio, per la soddisfazione dei carabinieri e la
tranquillità dei Mele. Con un paio di inconvenienti, però: la macchina e la
pistola. Mele da solo non era un assassino credibile, ci voleva un complice.<br />
Perché i Mele preferirono Salvatore a Francesco? Innanzitutto l’automobile <i>a quattro ruote</i> del primo era senz’altro
da preferire al Gabbiano 50 tre marce a manopola del secondo, che invece di
ruote ne aveva soltanto due. L’immagine di Stefano e Francesco stretti sulla
sella del motorino – che in prima, sulla salita in uscita dalla piazza del
cinema, smarmitta cercando di non farsi seminare dalla Giulietta di Lo Bianco –
avrebbe scoraggiato chiunque. In verità Francesco possedeva anche una
Lambretta, che già sarebbe stata meglio, ma in quel periodo era ferma dal
meccanico.<br />
Poi c’era la pistola, sulla quale più avanti dovremo tornare.<br />
È comunque evidente che anche il piano dei Mele aveva molti punti deboli. Un
possibile alibi di Salvatore, in primis. Poi Natalino. Con Mele reo confesso
sarebbe stato difficile mantenere l’esatta versione del risveglio a cose fatte
senza aver visto nessuno. Tra l’altro c’era il corpo della Locci che era stato
aggiustato. La povertà della documentazione non ci consente di ricostruire il
confronto di Mele con gli inquirenti, che però proprio cretini non dovevano essere,
quindi è probabile che si debba alle loro perplessità se Mele raccontò di
essere stato visto dal figlio dopo aver spostato i corpi, e di essere fuggito
lasciandolo sul posto. Il che poteva costituire motivo di sospetto
sull’attendibilità del racconto dello stesso, che del padre non aveva parlato. Di punti deboli il piano ne aveva altri, ma
probabilmente la speranza dei Mele era riposta nell’aiuto che avrebbe fornito il
ritrovamento della pistola…<br />
Le cronache ci raccontano di un Mucciarini attivo nel favorire la confessione di
Stefano con dentro Salvatore (il maresciallo Ferrero al processo del 1970: “<i><span style="color: blue;">Alla confessione si
giunse attraverso l’opera di persuasione fatta da un cognato del Mele,
Mucciarini Piero. Il Mucciarini si presentò spontaneamente in caserma</span></i>”).
E non c’è motivo di non crederlo, dato che quello stesso giorno l’uomo
intervenne anche su Natalino. Ancora dalla deposizione di Ferrero, che andò più
volte a trovare il fanciullo in istituto prima degli interrogatori della
primavera 1969:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Il bambino aggiunse di essere sceso dall'auto e di aver visto fra le canne
“Salvatore”. Ho interrogato altre volte il bambino e il bambino fece il nome di
uno “zio Pierino” come autore del delitto, abbandonando la versione sul
Salvatore e dicendo che questo “zio Pierino” aveva una figlia a nome Daniela.</span></i><br /><br />
Si legge nel verbale dell’interrogatorio di Natalino del 21 aprile 1969: “<i><span style="color: blue;">Prima di
allontanarsi rinnovata la domanda se lo zio Piero gli abbia detto di non dire
qualcosa il bambino dice «Mi disse di avere visto Salvatore fra le canne»</span></i>”.
Quando Mucciarini lasciò la caserma di Lastra a Signa tornò a Scandicci – con
grande probabilità assieme a Chiaramonti che era andato a prenderlo – dove,
assieme agli altri, cercò di annullare in Natalino la versione con Francesco
inserendone una con Salvatore. Si può solo pensare che lo avesse fatto quel
giorno stesso, poiché all’indomani Stefano avrebbe abbandonato la versione con
Salvatore, quindi non avrebbe avuto più senso.<br />
Tra l’altro è probabile che i primi giorni Natalino fosse stato ospite di Chiaramonti. In ogni caso i due cognati
erano vicini di casa, quindi ritenerli l’uno all’oscuro delle iniziative dell’altro
è improponibile. Dove fosse Giovanni non si sa bene, forse era tornato al suo
lavoro a Mantova, ma è molto più probabile che fosse invece ospite della
sorella Maria. A questo punto la domanda sorge spontanea: erano tutti scemi i
Mele, come evidentemente ritengono i vinciani, Phoenix e Hazet in testa?<br /><br />
<b>L’alibi. </b>Tra gli indizi che collocherebbero Salvatore Vinci sulla scena del crimine c’è l’assenza di un
alibi, aggravata dalla presentazione di uno fasullo (però non precostituito).
Ho già scritto che di per sé né la mancanza di un alibi né un alibi fasullo non
precostituito possono considerarsi prova di colpevolezza. Ma vediamo di
approfondire, cominciando dalla lettura del rapporto Torrisi.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Il 24 agosto 1968, alle ore 01:20, VINCI Salvatore, sentito in merito alle accuse
mossegli poco prima dal MELE, nel negare ogni addebito sostiene che la sera di
quel mercoledì 21.8.68, uscito di casa, sita in località “La Briglia” di
Vaiano, verso le ore 20,30, si è intrattenuto presso il locale bar Sport, sino
alle ore 22:15, in compagnia di VARGIU Silvano e di un certo Nicola (ANTENUCCI),
suo dipendente, di essersi recati successivamente con i due amici a Prato,
presso il Circolo dei preti, ove sarebbero rimasti a giocare fino alle ore 24,
facendo rientro a casa. Egli conclude affermando di aver saputo dell'omicidio
il mattino del giorno successivo, perché un suo operaio aveva il giornale e lo
stava leggendo.</span></i><br /><br />
Purtroppo il verbale dell’interrogatorio non è nella disponibilità di chi scrive, ma si
deve presumere che per “mattino successivo” s’intendesse quello del 23, quando
i giornali pubblicarono la notizia. Così prosegue il rapporto Torrisi:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Il 24 agosto 1968, alle ore 02:00, a meno di un'ora dall'interrogatorio del suddetto,
ANTENUCCI Nicola, sentito in merito, conferma la circostanza richiamata
dall'altro, precisando che dalle ore 22:15 alle ore 00:30, ora in cui si erano
divisi, prima di dirigersi a casa, il VINCI Salvatore non si è allontanato da
lui.</span></i><br /><br />
Quindi l’amico Nicola Antenucci confermò l’alibi di una serata a tre trascorsa per
locali. Ma, risentito dal PM Antonino Caponnetto attorno alle 16:50 di quello
stesso giorno, si contraddisse, collocando la serata al martedì mentre il
delitto era avvenuto di mercoledì. Il magistrato però aveva già preso atto del
cambio di versione di Mele – passato dalle accuse contro Salvatore a quelle
contro Francesco – pertanto non la fece troppo lunga: ritenendo che il ragazzo
stesse confondendosi, lo aiutò a far tornare i conti nella serata del delitto. L’altro
amico, Silvano Vargiu, venne interrogato soltanto il 27 maggio 1969, e nella
circostanza confermò la serata a tre collocandola nel giorno del delitto.
Entrambe le testimonianze vennero confermate al processo del 1970.<br />
Alla ripresa delle indagini tutto venne rimesso in discussione, con nuovi
interrogatori sia ad Antenucci che a Vargiu. Entrambi confermarono la serata,
ma il primo rifece i conti e la collocò al martedì, mentre il secondo ammise di
averla posta al mercoledì soltanto perché era stato Salvatore a chiederglielo,
un mese dopo il delitto. In realtà i suoi ricordi non gli avevano consentito
allora e non gli consentivano neppure adesso una collocazione sicura.<br />
Dunque Salvatore Vinci non aveva un alibi – anzi, diciamo che non lo fornì, il che non
è proprio la stessa cosa, lo vedremo – ma ne dette uno fasullo, che vale la
pena analizzare. Innanzitutto balza agli occhi il fatto che il diabolico
personaggio non si fosse preoccupato di precostituirsene uno, cosa che invece
aveva cercato di fare il meno furbo Stefano Mele con la storia della malattia. A
ben vedere già la mancata preparazione di almeno un abbozzo di alibi in un
delitto premeditato costituisce più indizio d’innocenza che di colpevolezza. Ma
soprattutto sconcerta il tipo di alibi scelto, che più raffazzonato di così non
poteva essere.<br />
Partiamo dalla constatazione che i due amici non erano stati istruiti come necessario,
con Antenucci confuso tra il martedì e il mercoledì e Vargiu addirittura
istruito un mese dopo (se Salvatore fosse rimasto agli arresti, come se la
sarebbe cavata?). Ma supponiamo pure che i due amici avessero retto la parte, con
Vargiu avvertito dallo stesso Antenucci. Ebbene, una serata trascorsa in luoghi
pubblici come un bar e un circolo dei preti – in questo caso fino alla chiusura
del locale, da cui i tre sarebbero stati buttati fuori, secondo Vargiu – avrebbero
prodotto mille testimoni da interrogare, con cinquecento di loro che si
sarebbero ricordati del martedì ma non del mercoledì. Questo nel caso in cui le
accuse contro Salvatore fossero continuate. Gli inquirenti, infatti, si erano
accontentati della conferma di Antenucci, addirittura favorendola, soltanto
perché le accuse di Mele avevano cambiato bersaglio, e loro si erano convinti
dell’estraneità di Salvatore. Ma se quelle accuse fossero continuate, col
cavolo che si sarebbero fermati ad Antenucci! Come minimo avrebbero interrogato
i proprietari dei locali e vari clienti.<br />
Poi si deve notare che Salvatore disse di essere rientrato a casa, una volta
lasciati gli amici a mezzanotte. Quindi la moglie Rosina avrebbe dovuto
confermare il suo rientro per mezzanotte e mezzo circa, si deve pensare previo
accordo. La qual cosa sarebbe stata sufficiente a escluderlo dal delitto – che
proprio a quell’ora andava collocato – considerando la mezz’ora necessaria a raggiungere
casa sua, a Vaiano. In sostanza bastava l’accordo con la moglie – un alibi
debole, certo, però a basso rischio di smentita – magari anticipando di poco l’orario
per maggior sicurezza. Invece no, Vinci il diabolico si va a impelagare
nell’inutile e fragile posticipo di una serata pubblica, smentibile in quattro
e quattr’otto!<br />
In realtà si può solo pensare che l’individuo fosse stato preso alla sprovvista, senza
certezze sull’orario del delitto, e avesse arrangiato un alibi alla meglio. E
quell’alibi con grande probabilità era provvisorio. Si potrebbe anche ritenere
che non ne avesse avuto uno, ad esempio perché era stato alle Cascine in cerca
di avventure erotiche, ma la testimonianza della moglie al processo Pacciani (
<a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2010/10/rosina-massa-dichiarazioni-prima-parte.html" target="_blank">vedi</a>) fa supporre altro:<br /><br />
<i><span style="color: blue;"><b>Avvocato Santoni Franchetti:</b> È stata sentita lei dai carabinieri in
quel periodo signora? O dalle forze dell'ordine? Sentita, interrogata?<br />
<b>Rosina Massa:</b> Sì, nell'85. <br />
<b>Franchetti:</b> Ecco, perché lei ha detto sicuramente,
stavo cercando ma non lo trovo, però, mi vuol confermare se nel '68, il giorno
in cui c'è stato l'omicidio a Lastra a Signa...<br />
<b>Massa:</b> Mio marito non era a casa. Quello voleva sapere?<br />
<b>Franchetti:</b> Non era a casa. E quando è rientrato suo marito a casa?<br />
<b>Massa:</b> Io di preciso l'orario non me lo ricordo, però non era rientrato.<br />
<b>Franchetti:</b> Ma rientrava sempre a casa suo marito?<br/>
<b>Massa:</b> È rientrato il giorno dopo, succedeva spesso, spariva due, tre
giorni e poi...</span></i><br /><br />
Dunque Salvatore Vinci aveva trascorso tutta la notte fuori, come del resto faceva
spesso. Difficile dunque si fosse intrattenuto in giro per cespugli o bagni
pubblici con ignoti. Molto più facile che avesse dormito assieme a qualcuno,
una coppia probabilmente, per dei fantastici trenini con la locomotiva che
poteva girarsi o stare in mezzo. Il tutto alla faccia della Locci che era
soltanto una piccola parte del suo multiforme universo erotico. Quella coppia –
o quell’uomo, o quella donna – non sarebbe certo stata contenta di essere
tirata in ballo, e Salvatore in ballo non la tirò, almeno per il momento,
inventandosi un alibi provvisorio. Certo, se le cose si fossero messe male la
faccenda sarebbe cambiata. Si tratta di un’ipotesi inverificabile – che
provocherà le accese proteste dei vinciani, così contenti di pascersi in mezzo
alle loro – ma sappiamo bene che il personaggio era aduso a tale tipo di
rapporti, dunque risulta molto plausibile.<br />
Del resto, se davvero Vinci avesse partecipato al delitto, dove sarebbe rimasto per
il resto della notte, a contare le lucciole dall’abitacolo della sua 600? E
perché non era tornato a casa, tenuto conto del rischio di vedersi arrivare i
carabinieri alla mattina presto, come era accaduto al fratello? Ecco il
patetico rimedio di Hazet:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Come 'autista'
fino almeno alle 02:00 c'aveva da fare (ripescare Stefano Mele e avvicinarlo a
casa; e prima aveva dovuto riavvicinare a casa Piero Mucciarini). E una volta
riaccompagnato verso casa Mele, aveva ancora da fare un cosa assai importante
come gli anni successivi dimostreranno: non distruggere l'arma, ma imboscarla.<br />
Ed un'arma sporca di duplice omicidio non te la nascondi nel giardino di casa.</span></i><br /><br />
Lasciamo perdere che Hazet faccia le sue considerazioni ignorando l’auto di Chiaramonti,
concediamoglielo pure. Dunque Vinci si sarebbe accollato l’onere di prelevare
Mele alle 2 di notte da vicino casa De Felice per portarlo a Lastra a Signa. In
quanto tempo? 15 minuti, a meno di sollazzi che si presume in quel momento non
fossero prioritari. Poi si sarebbe occupato di nascondere la pistola. Dove?
Forse vicino Milano, considerato che gli ci sarebbe voluta tutta la notte!<br /><br />
<b>Nicola Antenucci.</b> Molto interessante risulta l’esame del racconto di Nicola Antenucci sui giorni
precedenti il delitto, nei quali Salvatore avrebbe dovuto trovarsi quanto meno in
uno stato di nervosismo, visto cosa bolliva in pentola, ma che invece pare
fossero scorsi nella più assoluta normalità dei suoi non convenzionali standard.
Antenucci venne interrogato più volte, alla ripresa delle indagini, manifestando
alcune incertezze, fino a quando non riuscì a ricostruire gli eventi. Forse le
incertezze passate erano sincere, forse no, in ogni caso non c’è motivo di non
credere al suo racconto finale, che scorre via liscio. Dal rapporto Torrisi:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Il 18 ottobre 1985, l'ANTENUCCI, dopo aver avvertito telefonicamente questo comando, chiede
ed ottiene di essere sentito dal Giudice Istruttore e spontaneamente dichiara
di essere in grado, finalmente, dopo aver attentamente meditato, di poter
ricostruire tutta quella settimana, partendo dalla domenica mattina del 18
agosto 1968, proprio ad iniziare dall'incontro casuale di Salvatore VINCI al
bar-circolo della Briglia. Ivi, infatti, mentre l'ANTENUCCI gioca con gli altri
ha modo di conoscere il VINCI Salvatore, il quale, chiestogli della sua
posizione di lavoro ed appreso che egli è momentaneamente in malattia, gli
offre di lavorare per qualche giorno con lui. La sera, ritornando nello stesso
locale, avuto modo di conoscere anche l'operaio di Salvatore, il BIANCALANI
Saverio, fissano e prendono accordi per l'inizio del lavoro al mattino del
giorno successivo.<br />
Lunedì 19 agosto, eseguita la prima giornata di lavoro, i tre si rivedono la sera ed
assieme vanno a fare una partita a biliardo a Prato, al circolo ACLI,
trasferendosi con l'autovettura del VINCI Salvatore. L'ANTENUCCI prosegue
affermando che anche il martedì sono stati al lavoro sino alle ore 20:30-21:00,
e dopo, mentre il BIANCALANI è andato a casa dei suoi genitori, lui è invitato
a cena, per la prima volta, in casa del VINCI. Quasi alla fine della cena,
arriva Francesco e poco dopo tutti e tre si portano al solito circolo, ove
incontrano il VARGIU Silvano ed il BIANCALANI. Dopo aver consumato il caffè,
Francesco si allontana e proprio in quel momento si sente Salvatore dire al
fratello “…che per caso vai dalla LOCCI?…” senza ottenere risposta. Poco dopo,
mentre il BIANCALANI dice di non sentirsi bene e rimane alla Briglia, loro tre,
e precisamente Salvatore, Silvano e lui, si portano al circolo di Prato, ove si
intrattengono a tarda sera, sino a quando, come lui stesso afferma, non li buttano
fuori, per la chiusura del locale.<br />
Il giorno dopo, mercoledì 21, prosegue l'ANTENUCCI, egli si reca al lavoro
direttamente con il suo motorino, ove rimane con gli altri due ad operare sino
alle ore 20:30 - 21:00. La sera, tutti e tre, VINCI, BIANCALANI e lui, si
allontanano con i rispettivi mezzi, e lui si reca a Prato a visitare una sua
cugina, IPPOLITO Giovanna, rimanendo ospite a cena. Lo stesso, al termine, si
allontana, recandosi presso la “casa del popolo”, ove si intrattiene sino a
tarda sera.</span></i><br /><br />
Nicola Antenucci era un diciottenne sbandato che viveva per strada dormendo nelle case
abbandonate della zona di Vaiano. Vinci lo avrebbe ospitato per due anni con
tanto di moglie apparecchiata, naturalmente alle sue condizioni. Ma rimaniamo ai
giorni precedenti il delitto. E dunque il diabolico Salvatore, per nulla
angosciato dal programma a rischio ergastolo di tre giorni dopo, la domenica
mattina vede una giovane preda e, seduta stante, la ghermisce. Dopo il primo
approccio con il pretesto del lavoro, due sere dopo – e siamo a martedì – Antenucci
assaggia le pietanze preparate da Rosina. Alla fine della cena arriva Francesco,
assieme al quale i due novelli amici vanno al bar.<br />
Vale la pena notare quanto improbabile sia la favola secondo la quale i rapporti tra
i due fratelli si sarebbero guastati causa il comune interesse per Barbara
Locci. Semmai si sarebbero guastati poi, a causa della sua morte e di una
pistola che poteva inguaiare entrambi, ma questa è un’altra storia. Il lettore
non inquadrato è il caso che rifletta sulla suggestiva immagine di Salvatore mentre
prende in giro il fratello che se ne sta andando – “<i><span style="color: blue;">Che per caso vai dalla Locci?</span></i>” – il
quale non raccoglie… Quella stessa Locci della quale Salvatore sarebbe stato
gelosissimo e che il giorno dopo avrebbe dovuto uccidere? Un gran bravo attore,
dunque, oltre che diabolico assassino!<br />
La serata prosegue fino a tardi, e il giorno dopo, quello dell’omicidio, Salvatore
lavora come se niente fosse fino alle 20:30 - 21:00. Sembra dunque che non avesse
avuto alcun bisogno d’incontrarsi con i complici per definire gli ultimi
accordi – come minimo verificare se l’occasione fosse quella buona, con Barbara
che effettivamente sarebbe uscita in compagnia del nuovo amante – ma forse si
sentono per telefono. Di sicuro non sembra davvero che in pentola stia bollendo
qualcosa di così grave come un duplice omicidio…<br />
Dunque Nicola trascorse la serata del delitto per conto suo, mentre Salvatore non si
sa dove fosse andato. Leggiamo ancora il rapporto Torrisi, dove il ragazzo
narra del dopo delitto:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Egli,
continuando nel suo racconto, chiarisce che il giorno dopo, e cioè giovedì, è
andato nuovamente al lavoro, trovando sul posto il BIANCALANI, mentre il VINCI,
che giunge più tardi, si allontana con una scusa prima di mezzogiorno, senza
fare più ritorno.<br />
Ultimata la giornata lavorativa, fanno rientro alla Briglia, ed il giorno dopo, venerdì
23 si ripresenta al suo posto di lavoro, ove già trovasi il BIANCALANI Saverio.
Poco dopo, non vedendo arrivare Salvatore, l'ANTENUCCI chiede notizie a
Saverio, e questi gli dice “…non lo sai che è successo?…” ed alla sua risposta
negativa, replica che c'è anche nel giornale, facendo riferimento al duplice
omicidio di Signa, ed affermando che Salvatore è implicato nell'omicidio,
aggiungendo testualmente: “Vedrai che chiameranno anche te… ma mi raccomando,
non fare il mio nome, perché io non voglio essere messo in mezzo”.<br />
Egli precisa che i Carabinieri gli hanno chiesto solo se la sera del 21 è stato a giocare a
biliardo con Salvatore e Silvano, e che lui, non sapendo collocare esattamente
la sera del delitto in rapporto a quella del biliardo, fa confusione perché
convinto che il 21 è martedì.</span></i><br /><br />
Dunque, il giorno dopo la mattanza Salvatore – forse di ritorno da un lunghissimo viaggio
per imboscare la pistola, forse reduce da un’estenuante conta delle lucciole,
oppure, più probabilmente, da una bella cavalcata in mezzo a delle fresche
lenzuola – si presenta al lavoro al mattino tardi, senza neppure passare da
casa, ma rimane poco e se ne va con una scusa senza più farsi vedere. Anche in
questo caso il comportamento di un diabolico assassino a rischio di ricevere la
visita dei carabinieri avrebbe dovuto improntarsi alla massima normalità, e
invece Salvatore va non si sa dove. È legittimo ritenere che quella mattina
fosse stato messo al corrente dell’accaduto, compresa la convocazione del
fratello in caserma, magari con una telefonata sul luogo di lavoro. Non
sappiamo se prima di andarsene chiese ad Antenucci di posticipare la serata del
martedì, si dovrebbe ritenere di sì, o forse anche no, oppure glielo chiese la
sera quando e se si rividero, o la mattina successiva. Quel che pare certo è la
stranezza di uno scaltro assassino che si costruisce un alibi tanto assurdo in
un modo così assurdo.<br />
Tiriamo le conclusioni sulla narrazione di Antenucci, che non può scagionare Vinci,
però contribuisce a descrivere un individuo che non stava certo preparando un
delitto, e che da quel delitto venne preso alla sprovvista. Dopo aver trascorso
una notte di fuoco e aver appreso la notizia, Salvatore aveva cercato di
saperne di più, ecco il motivo della sua assenza dal lavoro nel pomeriggio.
Come minimo sarà andato a chiedere a casa del fratello.<br />
Ma perché Salvatore Vinci era così preoccupato se non c’entrava nulla con il
delitto? Come ex amante di Barbara Locci preoccupato poteva esserlo,
senz’altro, ma si è già osservato che in quel caso gli sarebbe convenuto andare
avanti con dei comportamenti normali. Quindi forse proprio nulla non c’entrava.<br /><br />
<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/11/salvatore-vinci-signa-approfondimenti-2.html">Segue</a><br /><br />
<b>NB:</b> I commenti che rimangono nel solco di una normale educazione saranno tutti pubblicati. Ci si scordi però che il sottoscritto
si faccia venire il mal di testa per decifrare sproloqui di mille righe pieni di sigle. Se si pretende una risposta si deve scrivere in modo semplice e sintetico.
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-60730001762005656802020-11-07T05:47:00.012-08:002022-03-27T02:06:30.825-07:00Ancora Giogoli<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
Oggi mi trovo costretto ad annoiare i miei lettori con un articoletto del quale avrei
fatto volentieri a meno. Riguarda la mia <a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/10/una-dinamica-errata-per-giogoli.html" target="_blank">critica</a>
alla <a href="https://www.youtube.com/watch?v=Ts0kBCX1UEk" target="_blank">ricostruzione</a>
del delitto di Giogoli pubblicata su Youtube da Luca Scuffio di Prato. L’autore
ha pubblicato una piccata <a href="https://scuffiodiprua.blogspot.com/2020/11/giogoli-rispondo-segnini.html?m=1" target="_blank">replica</a>
(<a href="https://drive.google.com/file/d/1n21bKc3iAuAsig-lThTuU5mSSN66RoMk/view?usp=sharing" target="_blank">qui</a>
una copia di sicurezza) che, invece di rispondere alle mie critiche, glissa e ne
fa di sue alla mia <a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2017/06/la-dinamica-di-giogoli.html" target="_blank">proposta</a>
di tre anni fa. Ma va bene lo stesso, colgo l’occasione per ribadire che la sua
dinamica non regge, per il semplice motivo che non riesce a giustificare le
ferite sul povero Horst Meyer. E poi confuterò le sue critiche, ritenendo la
mia ricostruzione ancora valida. Nello stesso tempo cercherò di astenermi dal
fomentare polemiche, che non servono a nessuno.<br />
Il problema è sempre quello: qual era la posizione del ragazzo al momento in cui
venne ucciso con un colpo al cuore? Secondo la mia opinione, nata dall’esame
dei dati disponibili, era in posizione trasversale-obliqua, con la testa verso
la guida e le gambe verso la coda. In questo modo i due proiettili che vennero
sparati dai finestrini della fiancata destra rispettano i tramiti convergenti
delle due ferite al tronco, una al fianco destro (destra-sinistra), una al
gluteo sinistro (sinistra-destra). Proprio queste due traiettorie convergenti
impediscono alla ricostruzione di Scuffio di funzionare, poiché lui immagina
che i due colpi fossero stati sparati in sequenza da un unico punto, il
pertugio del finestrino posteriore destro, quindi per forza di cose le due
traiettorie avrebbero dovuto divergere. Consapevole di questo inconveniente,
Scuffio lo risolve immaginando che il colpo al gluteo fosse un altro, di
rimbalzo, mentre il secondo dei due dal fondo avrebbe colpito la nuca. Nella
mia critica ho già spiegato perché così non funziona.<br />
Riguardo il colpo al gluteo, mi pare che un’alternativa al rimbalzo fosse quella del
proiettile che aveva attraversato la lamiera. Non sono sicuro ma in ogni caso è
meglio chiarire che si tratterebbe di una toppa peggiore del buco, poiché la
traiettoria nel corpo di Horst sarebbe stata contraria e comunque l’inclinazione
della lamiera avrebbe fatto scivolare via il proiettile. D’altra parte la foto
del foro dimostra che la canna era perpendicolare, e il gluteo di Horst non era
lì dietro neppure nella posizione immaginata da Scuffio (se l’ho capita bene).
<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-PiaRm7MsHXw/X6aY-k9QYeI/AAAAAAAACek/8t26YEmO4to5EVSC02zEP-MbUBdmlc92gCLcBGAsYHQ/s400/foro-lamiera.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="344" data-original-width="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-PiaRm7MsHXw/X6aY-k9QYeI/AAAAAAAACek/8t26YEmO4to5EVSC02zEP-MbUBdmlc92gCLcBGAsYHQ/s320/foro-lamiera.jpg" width="320" /></a></div><br />
<b>Ci stava, non ci stava. </b>
La parte principale della sua replica Scuffio la dedica alla dimostrazione che
il povero Horst, al momento dello sparo che gli attraversò il cuore, non
avrebbe potuto trovarsi nella posizione da me ipotizzata, per mancanza di
spazio. Per questo si affida a una versione speciale del suo modello 3D.
<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-t_P2ndOfci4/X6aZ2l4nhlI/AAAAAAAACe0/G0MF8tqoWlwu4oYKd4wmTQ55dbW4EYZmQCLcBGAsYHQ/s1381/Posizione%2Biniziale%2Bsegnini.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="795" data-original-width="1381" src="https://1.bp.blogspot.com/-t_P2ndOfci4/X6aZ2l4nhlI/AAAAAAAACe0/G0MF8tqoWlwu4oYKd4wmTQ55dbW4EYZmQCLcBGAsYHQ/s320/Posizione%2Biniziale%2Bsegnini.jpg" width="320" /></a></div><br />
Come si vede i piedi sporgono non poco. Ma è chiaro che Scuffio ha ritoccato i dati un
po’ al rialzo, favorendo il suo punto di vista. Partiamo dalla statura di
Horst, impostata su un valore medio di 170 cm. Non conoscendola e volendo
dimostrare l’impossibilità della posizione, si doveva prendere non un valore
medio, ma un valore minimo, o meglio, ragionevolmente minimo, come 165 cm, o
magari 160, poiché i ragazzi potevano essere anche bassi. Dalla foto di Uwe sul
tavolo anatomico si intuisce una bassa statura, valutata da chi scrive sotto il
metro e 65, facendo le debite proporzioni con la testa. L’immagine è di cattiva
qualità, ma comunque non pubblicabile – chi dispone del fascicolo fotografico
può verificare – e non è di Horst, quindi vale quel che vale. In ogni caso una
dimostrazione di questo tipo deve sempre prendere in esame il caso (ragionevolmente)
meno favorevole.<br /><br />
<b>Addendum: </b>Dopo aver fatto ordine nelle mie immagini ho reperito anche la foto di Horst sul tavolo anatomico, e le misure sono più o meno le stesse.
<br /><br />
<b>Addendum 12 marzo 2022: </b>Preparando il video su questo delitto, ho chiesto a chi dispone della
perizia autoptica quale fosse la statura dei due ragazzi. Ebbene, Uwe era altro 182 cm e Horst 185, la qual cosa
smentisce in modo clamoroso la valutazione di neppure 165 che avevo fatto sulla base delle foto dei corpi.
In ogni caso l'alta statura di Horst non può cambiare la sua posizione al momento degli spari. Le traiettorie convergenti
delle due ferite al fianco destro e al gluteo sinistro sono compatibili soltanto con i due spari
dai finestrini di destra, e con una posizione del corpo obliqua, testa a destra e piedi a sinistra. Quindi, visto che in una larghezza di 150 cm una persona alta 185 non
potrebbe starci neppure inclinata, evidentemente Horst aveva le gambe raccolte per quanto bastava, in una posizione leggermente sul fianco sinistro, come mostrerà il video
di imminente pubblicazione.<br /><br />
Poi la testa, che rispetto alla simulazione doveva essere posizionata più verso il
vertice del materasso, come sembra di poter arguire dalle foto. E le gambe, che
dovevano essere un po’ piegate. A questo proposito la valutazione di Maurri fu
quella di una posizione leggermente sul fianco sinistro, non a caso tipica di
chi raccoglie le gambe, di più la destra, quella che aveva meno spazio. Dalla
perizia Arcese-Iadevito: “<i><span style="color: blue;">Doveva trovarsi in posizione prona, con lieve maggiore
appoggio sul fianco sinistro e con il volto poggiante, con la guancia sinistra,
sul cuscino</span></i>”. L’immagine sottostante impressiona ma non è veritiera.
<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-hR75XiUWUcE/X6aZ2hFRYJI/AAAAAAAACes/C28uQvgQZBUGHza2SwkoD6smfNosWgeOQCLcBGAsYHQ/s1340/Posizione%2Bpiedi.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="836" data-original-width="1340" src="https://1.bp.blogspot.com/-hR75XiUWUcE/X6aZ2hFRYJI/AAAAAAAACes/C28uQvgQZBUGHza2SwkoD6smfNosWgeOQCLcBGAsYHQ/s320/Posizione%2Bpiedi.jpg" width="320" /></a></div><br />
Infine il materasso, che Scuffio fa arrivare appena all’inizio del finestrino
centrale. Pur con la difficoltà di valutare la prospettiva, le foto ci dicono
invece che toccava almeno la metà se non oltre. Il lettore può giudicare dall’immagine
sottostante. Tra l’altro si può notare la
testa quasi all’angolo. Vedremo che in realtà il corpo fu mosso, ma semmai la testa
fu spinta indietro, non in avanti.
<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-oeGnxA6IwOw/X6ajwXl2ApI/AAAAAAAACf8/mydu-Gt94hQGTGBf0c-lCI1A32Z5k2wLQCLcBGAsYHQ/s512/Termine%2Bmaterasso2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="384" data-original-width="512" src="https://1.bp.blogspot.com/-oeGnxA6IwOw/X6ajwXl2ApI/AAAAAAAACf8/mydu-Gt94hQGTGBf0c-lCI1A32Z5k2wLQCLcBGAsYHQ/s320/Termine%2Bmaterasso2.jpg" width="320" /></a></div><br />
Alla fine, tira di qua e spingi di là, si arriva alla conclusione dell’immagine
sottostante, dove i due colpi dai finestrini della fiancata destra diventano
quasi impossibili. Scuffio spero mi perdoni, ma devo dire che mi viene in mente
chi si gongola per aver fatto tornare un solitario.
<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-gubQA1oQK10/X6aam834RMI/AAAAAAAACfI/xXwNWFQtjAIzK2n7ux7zm_YvYmkn1m28QCLcBGAsYHQ/s1173/Misure.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="841" data-original-width="1173" src="https://1.bp.blogspot.com/-gubQA1oQK10/X6aam834RMI/AAAAAAAACfI/xXwNWFQtjAIzK2n7ux7zm_YvYmkn1m28QCLcBGAsYHQ/s320/Misure.jpg" width="320" /></a></div><br />
Come si vede la testa di Horst è sotto il finestrino opaco, l’ultimo in coda. Ancora
una foto per mostrare dov’era davvero (al momento del ritrovamento, ma quando
fu colpito molto probabilmente era ancora più verso l’osservatore, vedremo
perché). <br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-IYwVCa9E1_A/X6aancWuZ2I/AAAAAAAACfU/UnXS4eOs2OcRT3ENjSD6qvOz26bK-Tn3ACLcBGAsYHQ/s1203/Termine%2Bmaterasso1%2B.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1131" data-original-width="1203" src="https://1.bp.blogspot.com/-IYwVCa9E1_A/X6aancWuZ2I/AAAAAAAACfU/UnXS4eOs2OcRT3ENjSD6qvOz26bK-Tn3ACLcBGAsYHQ/s320/Termine%2Bmaterasso1%2B.jpg" width="320" /></a></div><br />
<b>Posizione di ritrovamento. </b>
Scuffio rileva che nel mio articolo di tre anni fa sostenevo che il corpo di
Horst fosse rimasto nella stessa posizione in cui era stato colpito, e a
riprova cita questa frase: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Il primo sparo, esploso dal penultimo finestrino, fu quello
che colpì Horst al fianco, uccidendolo sul colpo e congelandone il corpo nella
posizione in cui si trovava al momento</span></i>”. Trova poi un commento in
cui sostengo: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Quindi
di sicuro è da escludere qualsiasi macro spostamento: Horst era lì e lì è rimasto</span></i>”.
A questo punto crede di poter concludere che avrei cambiato idea:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">L'autore
dell'articolo suppongo sappia bene che la posizione finale del cadavere del
Meyer smentisce la sua ricostruzione. Penso sia questo il motivo per cui egli
si trova di punto in bianco a sostenere oggi quella stessa ipotesi da lui
combattuta fino a ieri. Infatti, l'idea di una posizione iniziale diversa da
quella finale, viene di solito proposta da chi suggerisce una sostanziale indeterminatezza circa il punto di arrivo dei
proiettili nello spazio</span></i><br /><br />
“<i><span style="color: blue;">Congelandone il
corpo nella posizione in cui si trovava al momento</span></i>” non vuol dire
che la posizione fosse quella del ritrovamento, ma quella in cui stava dormendo
o si stava rilassando. Se poi, a un lettore che mi pose il tema specifico di
uno spostamento a opera del Mostro (da me non trattato) risposi che non ci fu alcun
macro spostamento, confermo anche questo. Il corpo rimase più o meno dov’era,
fu soltanto spostato di bacino. Si tratta di un macro spostamento? Giocando
sulle parole anche sì, ma quale vantaggio porta giocare con le parole? Quello
di Stefano Baldi come dovremmo chiamarlo, giga spostamento? Posso soltanto
riconoscere che, non avendo all’epoca disponibilità del fascicolo fotografico
ed essendo quella con sopra il piumone l’unica foto per me reperibile, non
avevo valutato importante affrontare il tema dello spostamento post mortem. Che
invece ci fu e che Scuffio nega, costruendo la sua dinamica sulla base della
posizione del ritrovamento:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Nella
mia ricostruzione mi sono attenuto alla tesi più largamente condivisa, ovvero
che il povero Meyer è rimasto sostanzialmente nel punto e nella posizione di
massima nella quale si trovava quando venne colto dal colpo al torace e quella
è proprio la posizione che ho cercato di replicare meglio che ho potuto con i
dati a mia disposizione.</span></i><br /><br />
Quindi, essendo il corpo stato trovato in posizione longitudinale, i colpi dovevano per
forza essere partiti dal fondo del furgone, quindi dal pertugio del finestrino
(anche se quello al gluteo comunque non torna). In ogni caso Scuffio si
sbaglia. Il corpo di Horst fu spostato, anche se non di molto. Osserviamo queste
due foto: <br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-ReWByCCYhLE/X6aam7uggjI/AAAAAAAACfQ/Dq_LOVrgQxIIZsdWekMIn-0ricgN99D1QCLcBGAsYHQ/s1245/027a.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="939" data-original-width="1245" src="https://1.bp.blogspot.com/-ReWByCCYhLE/X6aam7uggjI/AAAAAAAACfQ/Dq_LOVrgQxIIZsdWekMIn-0ricgN99D1QCLcBGAsYHQ/s320/027a.jpg" width="320" /></a></div><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-Ke4t87ZSFfA/X6aam2kzxpI/AAAAAAAACfM/M9AqsdHdCmkh0PreH7fDRVbyZMGzEcD6ACLcBGAsYHQ/s1185/028a.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1133" data-original-width="1185" src="https://1.bp.blogspot.com/-Ke4t87ZSFfA/X6aam2kzxpI/AAAAAAAACfM/M9AqsdHdCmkh0PreH7fDRVbyZMGzEcD6ACLcBGAsYHQ/s320/028a.jpg" width="320" /></a></div><br />
La nuca di Horst aveva sanguinato sul cuscino, per almeno qualche decina di
secondi, magari un minuto o due. Poi scivolò indietro, con il ragazzo già morto
per il colpo al fianco. E non pare proprio uno spostamento trascurabile. Si
potrebbe anche pensare al Mostro che frugò all’interno, magari per prendere la
rivista gay, ma appare molto più probabile uno spostamento a opera di Uwe, che
cercò di proteggersi alla disperata dopo essersi accorto che il Mostro stava entrando.
Ma Scuffio ha una diversa opinione:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">L'azione
ipotizzata avrebbe richiesto non soltanto uno sforzo non indifferente, vista
anche la posizione sfavorevole di Rush, seduto o sdraiato sul medesimo
materasso, ma soprattutto un tempo relativamente lungo per l'operazione,
durante il quale il ragazzo sarebbe stato inevitabilmente esposto al fuoco
dell'aggressore. E a quale scopo poi? Proteggersi dai colpi di pistola che gli
vengono diretti contro a brevi intervalli l'uno dall'altro, da distanza
ravvicinata, tentando di coprirsi sotto un cadavere? Suvvia, non scherziamo.</span></i><br /><br />
Opinione rispettabile, pare soltanto un po’ pretenzioso mettersi nei panni di una
persona che sta per essere uccisa, e non ha nient’altro che il piumone con
sotto l’amico per tentare di ripararsi. Vagli a spiegare che non servirà a
niente! Con il corpo di Horst avvolto nel piumone, è chiaro che tirando l’uno
si sposta anche l’altro. Del resto proprio il gesto di tirare verso Uwe spiega
bene sia lo scivolamento della testa dietro il cuscino, sia la piega del
bacino con le gambe rivolte verso il centro, sia l’allineamento longitudinale del tronco con l’allontanamento del
braccio destro dal fianco.<br /><br />
<b>L’altezza. </b>L’ultima parte
dell’intervento riguarda la mia valutazione dell’altezza dello sparatore. E purtroppo
sono rimasto molto deluso. Invece di fare le pulci ai relativi conteggi,
Scuffio ne trasla le condizioni allo sparo del finestrino accanto, quello
opaco, supponendo che lo sparatore avesse mantenuto analogo sistema di
puntamento a braccio teso! Se ho capito bene, come nella foto sottostante.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-LNUk7i9X-ek/X6agphfTD7I/AAAAAAAACfs/24e93SRM8Sw5gobd1zJaTc2ElMEE0fSDgCLcBGAsYHQ/s1459/IMG_6763a.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1459" data-original-width="1423" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-LNUk7i9X-ek/X6agphfTD7I/AAAAAAAACfs/24e93SRM8Sw5gobd1zJaTc2ElMEE0fSDgCLcBGAsYHQ/w312-h320/IMG_6763a.jpg" width="312" /></a></div><br />
Ci si deve chiedere quale sparatore avrebbe guardato da lontano attraverso il
pertugio trasparente in alto, come se avesse temuto di rimanere scottato dal
vetro. È chiaro che in questo modo Scuffio può dare libero sfogo ai propri
calcoli, lasciandosi trasportare nel mondo dell’impossibile.<br />
Uno sparatore normale avrebbe fatto invece come quello della foto sottostante, avvicinando
gli occhi per vedere meglio e adducendo il braccio, con il che tutti i problemi
vanno a posto.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-Ax3qR3ZKR3c/X6agpk2g9DI/AAAAAAAACfo/pho52KcsQPcuTnjq4QpoIgwCL7RgbjGNACLcBGAsYHQ/s1405/IMG_6755a.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1405" data-original-width="1277" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-Ax3qR3ZKR3c/X6agpk2g9DI/AAAAAAAACfo/pho52KcsQPcuTnjq4QpoIgwCL7RgbjGNACLcBGAsYHQ/w291-h320/IMG_6755a.jpg" width="291" /></a></div><br /><br />
<b>Addendum 15/11/2020. </b>Per informare i miei lettori sulla conclusione del confronto riporto la risposta alla mia richiesta
di intervenire sui punti di questo articolo. Come si vede Scuffio ha preferito soprassedere. La qual cosa mi conforta sulla bontà
delle mie osservazioni – che sono precise: erronea disposizione del corpo di Horst, spostamento di Horst post-mortem e posizione di sparo dal finestrino opaco – che assieme
a quelle del precedente articolo non avevano lo scopo di verificare chi riuscisse a pisciare più lontano, come ho letto in altra sede, ma a eliminare un tentativo
di intorbidare ancor più una vicenda che è già fin troppo intorbidata.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-pyOicjYFYJc/X8ND8SDZ-MI/AAAAAAAACiU/En1Y41yST1kI_4j09itL-JzgRt2bbFBmwCLcBGAsYHQ/s981/Screenshot_2020-11-15%2BGiogoli%2Brispondo%2Ba%2BSegnini.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="457" data-original-width="981" height="149" src="https://1.bp.blogspot.com/-pyOicjYFYJc/X8ND8SDZ-MI/AAAAAAAACiU/En1Y41yST1kI_4j09itL-JzgRt2bbFBmwCLcBGAsYHQ/w320-h149/Screenshot_2020-11-15%2BGiogoli%2Brispondo%2Ba%2BSegnini.png" width="320" /></a></div>
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-30973452926260624442020-11-01T01:46:00.022-07:002022-12-09T23:58:44.776-08:00Salvatore Vinci a Signa<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
Salvatore Vinci vendicatore per i torti subiti da parte delle proprie donne, che inizia inscenando
il suicidio della prima moglie fedifraga, passa poi all’amante stanca e al suo
uomo del momento, infine, ferito da seconda moglie e nuove compagne, si mette a
uccidere coppie innocenti che neppure conosceva, ben sette. Questo il bizzarro
crescendo rossiniano ipotizzato dal colonnello Nunziato Torrisi per trovare un
movente da assassino a chi invece – fino a prova contraria esente da qualsiasi
sentimento di gelosia e desiderio di vendetta – si sollazzava beato tra peni e
vagine ben vivi.<br />
Su Salvatore Vinci presunto uxoricida è già comparso un approfondito articolo su
questo blog (<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2019/02/omicidio-o-suicidio-1_31.html">Omicidio o suicidio?</a>),
nel quale è stato illustrato, sulla base della sentenza di assoluzione, come la
sfortunata moglie Barbarina Steri si fosse uccisa per la delusione subita dal
suo amante, il poco di buono Antonio Pili. Affrontiamo adesso il presunto
coinvolgimento di Vinci nel duplice omicidio di Signa. C’entrava qualcosa?
Forse sì, ma di sicuro non perché vi avesse partecipato.<br />
Cominciamo col premettere che Vinci non aveva un alibi. Chissà dov’era quella notte del 21
agosto 1968 quando qualcuno uccise Barbara Locci e Antonio Lo Bianco… probabilmente
indaffarato in memorabili avventure sessuali con sconosciuti, i quali mai
avrebbero trovato il coraggio di testimoniare. Il fatto che quell’alibi mancante
Vinci avesse cercato poi di costruirselo ha un ben misero significato sul piano
probatorio. Un falso alibi è sospetto soltanto se precostituito; se successivo evidenzia
la paura di trovarsi coinvolto. E Salvatore Vinci aveva tutti i motivi per temere
di essere coinvolto, considerando i suoi pregressi rapporti con Barbara Locci e
forse anche con la pistola servita a ucciderla.<br />
Allora, com’è possibile dimostrare senza un alibi che Vinci con il delitto nulla
c’entrava? Si può chiedere assistenza alla cara e vecchia logica, arma spuntata
in un procedimento giudiziario ma strumento di fondamentale importanza per una
ricostruzione storica, l’unica oggi perseguibile.
<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-XsL6ufyEnjU/X55oa4xYjXI/AAAAAAAACeI/puof6FXW7NkORAHQxJlQjJvV6lcVLZKUACLcBGAsYHQ/s320/Salvatore-Vinci.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="240" data-original-width="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-XsL6ufyEnjU/X55oa4xYjXI/AAAAAAAACeI/puof6FXW7NkORAHQxJlQjJvV6lcVLZKUACLcBGAsYHQ/s0/Salvatore-Vinci.jpg" /></a></div><br />
<b>Da solo no, ma con chi? </b>A quanto è dato sapere, nessuno ha mai ipotizzato che il delitto fosse stato
opera del solo Vinci. Come minimo assieme a lui ci doveva essere Stefano Mele.
Lo scrissero sia il colonnello dei carabinieri Nunziato Torrisi nel suo noto
rapporto, sia il giudice Mario Rotella nella sua altrettanto nota
sentenza-ordinanza. Gli autori dei vari libri che hanno messo al centro la
pista sarda – uno per tutti: <i>Dolci colline di sangue</i> di Mario Spezi – hanno percorso la stessa strada, e gli
appassionati di oggi che credono Vinci colpevole si allineano.<br />
Seppur da angolazione differente, sul coinvolgimento di Stefano Mele anche chi scrive
non ha dubbi. Chiudendo gli occhi di fronte all’evidenza, a negarlo sono i
teorici del delitto di Signa come primo di un Mostro estraneo ai sardi.
Addirittura fanno compiere a Natalino un viaggio solitario che se anche sulla
carta si volesse ritenere possibile, basta recarsi sul posto per cambiare idea.
Mai un bambino di neppure sette anni sarebbe riuscito a percorrere quei due e
più chilometri di strada sterrata al buio, per di più senza ferirsi i piedi ai
quali portava i soli calzini. E che lo avesse accompagnato a cavalluccio il
fantomatico Mostro ignoto senza che lui ne avesse fatto il minimo cenno è come
invocare un incontro ravvicinato del terzo tipo con successiva riprogrammazione
della memoria!<br />
Evidentemente, come diceva Don Abbondio a proposito del coraggio, uno la logica non se la può
dare. Per i più fortunati potrebbe trattarsi soltanto di ignoranza della
documentazione – gioverebbe leggere in modo approfondito la sentenza Rotella,
lavoro però non agevole – quindi, a loro beneficio, è il caso di riassumere almeno
le due principali prove che coinvolgono Mele. La prima è l’ingenuo alibi che l’ometto
aveva cercato di precostituirsi la mattina del giorno del delitto, lamentando
una inesistente malattia e facendosi accompagnare a casa dal lavoro (<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2016/06/una-strana-malattia.html">vedi</a>). Una malattia
dietro la quale aveva cercato di nascondersi durante i primi interrogatori. Si
tratta di una prova schiacciante, essendo un evento molto inusuale accaduto
proprio il giorno del delitto. Altrettanto schiacciante è la seconda prova, il
racconto di Natalino. Dopo aver seguito le sue istruzioni per un paio di giorni
– dicendo della malattia e di aver camminato da solo – durante il noto viaggio
assieme al maresciallo Gaetano Ferrero il fanciullo vuotò il sacco, confessando
di aver visto il padre sulla scena del crimine e di essene stato accompagnato. Secondo
i negazionisti la minaccia di fargli ripetere il percorso di notte da solo lo
avrebbe indotto a raccontare il falso. E avrebbe continuato a mentire fino al
processo, scavando la fossa al padre innocente e condannando sé stesso
all’orfanotrofio! Ma allora dev’esser proprio vero che uno la logica non se la
può dare…<br />
Da investigatore intelligente, Rotella si sarebbe limitato volentieri alla coppia suddetta,
ma quando dopo il delitto di Vicchio fu costretto a prendere in mano la carta
Salvatore Vinci, l’ultima a potergli dare il Mostro, ormai erano dentro anche i
parenti di Stefano Mele, e con quelli dovette fare i conti. A dire il vero già
dalla documentazione dell’epoca risultava sicuro il coinvolgimento di almeno
uno di loro, Piero Mucciarini. A chiamarlo in causa era stato Natale bambino – nella
primavera 1969 di fronte a Spremolla (<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2019/03/natalino-fanciullo-intelligente-e.html">vedi</a>) – che lo aveva
visto sulla scena del crimine e lo aveva anche indicato come sparatore (questa
una sua probabile deduzione, senza corrispondenza certa alla realtà). Quindici
anni dopo sarebbe venuto il noto biglietto dello “zio Pieto” e la conseguente “confessione”
del padre, dalla quale emergeva uno scenario lineare e ben articolato,
senz’altro di gran lunga più credibile di tutte le sciocchezze che l’ometto
aveva raccontato prima. A uccidere Barbara Locci e Antonio Lo Bianco erano
andati in quattro: lui, il fratello Giovanni e i cognati Piero Mucciarini e
Marcello Chiaramonti, tutti sull’auto del giovane Chiaramonti che si era
limitato al ruolo di autista. Movente? Mettere a tacere una donna che
svergognava tutta la “famiglia” e dilapidava i pochi soldi del marito, ai cui
debiti doveva provvedere il vecchio padre Palmerio.<br />
Purtroppo l’illusione di Rotella di aver messo le mani anche sul Mostro – secondo lui
Giovanni Mele – durò poco, e dopo la morte di Pia Rontini e Claudio Stefanacci
si trovò appunto a dover girare la carta Salvatore Vinci. Dopo un po’ di
indagini condotte da Torrisi, il 30 maggio 1985 tornò da Stefano Mele. A fargli
compagnia lo stesso Torrisi, il PM Adolfo Izzo e soprattutto un’accusa di
calunnia associata alla minaccia della galera – calunniato: Francesco Vinci –
che evidentemente si riteneva utile a stimolare l’uscita di una nuova verità. La
speranza era quella di un recupero dello scenario disegnato dall’ometto il 23
agosto 1968, dove Salvatore lo aveva condotto sul posto e gli aveva fornito la
pistola (magari in una versione più coinvolgente, nella quale aveva anche sparato).<br />
Mele il sacco lo vuotò davvero, per quel poco che ancora conteneva,
confessando dei suoi rapporti omosessuali con Salvatore dei quali doveva vergognarsi tantissimo, se li aveva
tenuti nascosti per quasi vent'anni. Aggiunse altri dettagli, sempre con Salvatore protagonista, ma
nell’insieme non era certo quello che i suoi interlocutori si aspettavano. Non
a caso, seduta stante, gli si aprirono le porte della camera di sicurezza della
caserma dei carabinieri di Palazzo Pitti, anticamera della galera.<br />
Il 4 giugno Rotella andò a verificare se Mele si fosse ammorbidito, senza fortuna,
ricevendo e accettando la proposta di almeno otto giorni di riflessione. E
finalmente, il 12 giugno, l’ometto badò bene di soddisfare le aspettative dei
suoi interlocutori, tirando dentro Salvatore Vinci. Ecco il nuovo scenario, come viene raccontato
dalla seconda edizione del libro <i>Al di là di ogni ragionevole dubbio</i>, nella preziosa prima parte curata da Francesco
Cappelletti e purtroppo scomparsa nella terza, dove ha lasciato il posto alle
opinabili teorie del negazionista Paolo Cochi.
<br /><br />
<i><span style="color: blue;"> Alla presenza del Giudice
Istruttore e del P.M. chiarì che l’omicidio di Signa gli era stato proposto da
Salvatore Vinci “era più marito lui di me” e di aver fornito 400.000 lire per l’acquisto
della pistola. Dopo che sua moglie e suo figlio erano usciti di casa, egli
aveva trovato due auto ad attenderlo: quella di Marcello Chiaramonti e quella
di Salvatore Vinci, erano presenti anche Piero Mucciarini e Giovanni Mele.
Avevano atteso che Barbara Locci, il figlio e l’amante uscissero dal cinema per
poi seguirli fino al luogo del delitto. Lasciate le vetture nei pressi del
cimitero di Signa, uno era rimasto a guardia delle auto, un altro si era
fermato vicino al ponte sul torrente Vingone, gli altri si erano avvicinati
alla Giulietta di Antonio Lo Bianco dove, in rapida successione, Salvatore e
Giovanni avevano sparato ai due amanti per poi passargli la pistola. Egli aveva
sparato in aria per evitare di colpire il bambino e mentre stava risistemando
il cadavere del Lo Bianco era giunto Piero Mucciarini che, scorto dal bambino, se ne
era andato assieme agli altri mentre lui aveva accompagnato Natale sulle spalle
fino a Sant’Angelo a Lecore.</span></i><br /><br />
Il 19 giugno Mele venne portato sul luogo del delitto e invitato a ripetere il
percorso. Molte furono le sue incertezze, a fronte delle quali negò infine di
essere stato lui ad accompagnare il figlio, dicendo a Torrisi: “<i><span style="color: blue">La verità è che io in quel posto, la prima volta che
ci sono andato è proprio quella sera che mi avete portato voi!</span></i>”. Dunque
Mele aveva tirato di nuovo in ballo Salvatore Vinci, anche se non proprio nel
modo in cui Rotella si attendeva. Dalla sentenza:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Ma non cessava d’accusare coloro che aveva incolpati
in precedenza (ad eccezione di Vinci Francesco e Cutrona Carmelo, che ammetteva
d’aver falsamente incolpati), come a prevenire future contestazioni.<br />
[…] in seguito non si è spostato dalla posizione
assunta, che non è di chiara, decisa ed esclusiva accusa contro Salvatore Vinci
(a differenza che in passato), sembrando piuttosto preoccupato
dell’inquisizione.</span></i>
<br /><br />
Il lettore noti come anche il giudice avesse rilevato la paura di Mele per la
galera, senza però chiedersi se le accuse a Vinci avessero avuto qualcosa a che
farvi! Dalla lettura della sentenza si comprende che cosa gli sarebbe piaciuto:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Rileggendo le
dichiarazioni del 1968, ponendo mente alla successiva evoluzione di Mele (che
poi confessa il delitto e chiama direttamente in correità Salvatore), e alla
presenza di Mucciarini all'interrogatorio, si profila un'altra ipotesi di
lavoro. […] Mucciarini potrebbe aver appreso la verità da Mele, la mattina in
cui si recava in casa sua con i cognati Teresa e Marcello Chiaramonti.
Convintosene, avrebbe indotto Mele a dirla (almeno in parte […]). Di qui vuoi
l'indirizzo dato a Natalino (che dopo il delitto aveva taciuto il nome di chi
aveva visto), di chiamare in causa suo padre, già il 24 agosto successivo, vuoi
quello che il bambino esplicitamente gli attribuiva, di dire “di aver visto
Salvatore tra le canne”.<br />
Da ultimo Mele fa cenno,
con palese ironia (si rilegga la frase) alla vettura posseduta dal Vinci, la qual
cosa riporta immediatamente alla sostanziale rispondenza, sotto questo ed altri
aspetti, del suo primo racconto confessorio.</span></i><br /><br />
Purtroppo per il giudice Natalino aveva visto Piero Mucciarini sulla scena del crimine, e
soprattutto Stefano Mele insistette sulla versione con dentro tutti, della
quale, dopo un soggiorno di quattro mesi e mezzo nelle patrie galere, si adattò
a limare soltanto alcune asprezze. Leggiamo dal rapporto Torrisi (in questa e
nelle altre citazioni verranno tolte diverse inutili e fastidiose virgole, un
segno di punteggiatura con il quale il colonnello doveva avere un rapporto
difficile):<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Il 18 settembre 1985,
dinanzi al G.I. ed al P.M., il MELE Stefano, nel confermare le precedenti
dichiarazioni del 12 giugno 1985, ribadisce le accuse contro il fratello
Giovanni e VINCI Salvatore, ma non fa più menzione dei due cognati, MUCCIARINI
Piero e CHIARAMONTI Marcello. Egli precisa di non aver mai avuto il coraggio di
ammazzare la moglie perché tuttora le vuole bene, e che il secondo amante della
moglie è stato VINCI Salvatore. È stato costui a prospettargli di voler
ammazzare sua moglie e che anche Giovanni è stato d'accordo, perché la sua
famiglia odiava sua moglie ed adesso mentre lui è dentro, sottolinea lo
Stefano, il VINCI e suo fratello sono fuori tranquilli. Egli poi aggiunge che è
stato Salvatore ad accompagnarli con la sua autovettura, il quale è in possesso
della pistola, quella che ha sparato e che gli hanno messo in mano.<br />
Il MELE infine conclude
dicendo che Salvatore ha accompagnato Natalino con l'autovettura, forse anche
un po' a piedi e per la strada, e questi gli ha detto: “Se dici qualche cosa ti
ammazzo, a te e tuo padre”, mentre suo fratello, a suo avviso, si è allontanato
per conto proprio.</span></i><br /><br />
Quindi niente più due auto, ma soltanto quella di Salvatore. In più sarebbe stato quest’ultimo
ad accompagnare Natalino. Non si ha notizia di ulteriori cambi di versione, pertanto
questa va considerata l’ultima di Stefano Mele con dentro Salvatore Vinci.<br /><br />
<b>Lo scenario di Torrisi.</b> Che idea si
fecero Rotella e Torrisi degli eventi di Signa, dopo il coinvolgimento via via
aggiustato di Salvatore Vinci nelle dichiarazioni di Stefano Mele? Cerchiamo di
scoprirlo attraverso l’esame del rapporto Torrisi.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">MELE Stefano, a nostro
avviso, ha detto la verità, ma disseminandola nei suoi numerosi interrogatori,
mescolandola per vari motivi di opportunismo calcolato, insieme alle menzogne,
che smentiscono chi pensa di considerare questo individuo non perfettamente sano
di mente. Basti esaminare nei dettagli con quale grinta e cipiglio [non] abbia
affrontato i confronti sostenuti contro CUTRONA Carmelo e VINCI Francesco, per
dimostrare credibilità ai magistrati.<br />
Da un esame accurato si
ritiene [di] poter affermare che le verità pronunciate dal MELE sono rilevabili
dai seguenti interrogatori:<br /><br />
# 23 agosto 1968; in cui accusa per la prima volta VINCI Salvatore;
<br /><br />
# 24 gennaio 1984; in cui, sentito in merito al rinvenimento del noto biglietto, accusa il fratello Giovanni ed il cognato MUCCIARINI Piero;
<br /><br />
# 12 giugno 1985; ove accusa VINCI Salvatore, MELE Giovanni ed i cognati MUCCIARINI Piero e CHIARAMONTI Marcello;
<br /><br />
# 18 settembre 1985; in cui dichiara che ad accompagnare il bambino è stato VINCI Salvatore.
</span></i><br /><br />
Dunque per Torrisi quella sera sarebbero andati in cinque a uccidere Barbara Locci e
Antonio Lo Bianco: Salvatore Vinci e i quattro Mele, con due auto. La mente di
tutto, l’organizzatore, il fornitore della pistola sarebbe stato – e come
poteva essere altrimenti? – Salvatore.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">La presenza del VINCI
Salvatore in questo gruppo di sardi è essenziale, determinante, è lui la mente
ed il trascinatore. Ma ciò che di veramente importante […] è la definizione che
MELE Stefano fa del suo amico di avventure, dandogli l'appellativo di “depravato”.
Infatti, è dall'interrogatorio del 30 maggio 1985 che viene fuori anche un
particolare del tutto nuovo sino ad ora, e cioè che fra Salvatore VINCI,
Stefano MELE e la Barbara LOCCI, i quali dormono nello stesso letto, sono
intercorsi rapporti particolari e quel che è più sconcertante è il fatto che i
due uomini invertono reciprocamente fra loro due le parti dell'uomo e della
donna, avendo rapporto di coito anale anche in presenza della donna. Va a
finire che la persona che sinora è stata considerata la peggiore del gruppo,
dimostra invece una certa coerenza, andando a coltivare i suoi rapporti fuori
da quello stucchevole ambiente. […]<br />
Salvatore Vinci, però,
non è che limiti i suoi particolari rapporti in casa, perché sin da allora è un
abituale frequentatore delle Cascine, ove molto spesso
conduce Stefano con il bambino e la Barbara, per farla congiungere con altri
uomini in sua presenza, e dare sfogo alla sua innata tendenza sessuale deviante.
[…] A chi non può tornare gradito quel tipo di rapporto è sicuramente alla
LOCCI, la quale, potendo disporre di amanti più giovani e meno complessati dal
punto di vista sessuale, preferisce ribellarsi a quella vita, andando a
coltivare i piaceri del sesso con gli altri, fuori di casa.<br />
Ecco, quindi, il vero
movente del delitto del 1968: la gelosia del VINCI, il quale non può ancora
permettere che la donna si sottragga ai suoi voleri […].<br />
Pertanto, come si è già
sostenuto, il movente apparente del delitto è su misura per MELE Stefano, ma
quello reale, appartiene al VINCI Salvatore ed ai familiari del MELE, i quali anche
loro vogliono liberarsi della donna.</span></i><br /><br />
Quindi, secondo Torrisi, sotto la diabolica regia di Salvatore Vinci si sarebbero
incontrati due moventi: il suo, di amante geloso al quale Barbara Locci stava
preferendo uomini più giovani e dalle tendenze più naturali, e quello dei Mele.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Per realizzare il suo
piano diabolico il VINCI Salvatore deve ottenere non solo il silenzio totale ed
incondizionato dei familiari del marito, quali MELE Giovanni e MUCCIARINI Piero,
rispettivamente fratello e cognato, ma anche conseguire il loro coinvolgimento materiale
nel delitto. Del resto, anche loro sono giunti al limite della sopportazione
per il comportamento della cognata, che si prende beffa di loro, mettendo in
ridicolo il marito imbelle e nel contempo, buttando discredito sulla famiglia.</span></i><br /><br />
Sarebbe stato deciso anche un soggetto sul quale far convergere i sospetti: Francesco Vinci.<br /><br />
<i><span style="color: blue;">L'esame parallelo delle
testimonianze del binomio MELE Stefano – VINCI Salvatore non può lasciare
spazio ad interpretazioni difformi, perché i due dimostrano di percorrere dal
1968 ad oggi lo stesso binario processuale, per aver assunto nella vicenda il
medesimo ruolo di accusatori nei confronti di VINCI Francesco, facendo entrambi
leva su due testimoni, la LOCCI Barbara, un teste che evidentemente non può più
diventarlo, e la MUSCAS Vitalia. […]<br />
Che i due sono perfettamente d'accordo a far convergere le accuse contro VINCI Francesco, ancor
prima che il delitto sia commesso, lo dimostra il piccolo Natalino, quando il
21 aprile 1969, mentre si trova all'Istituto, afferma al magistrato che è stato
il padre a suggerirgli di accusare Francesco, mentre poi Stefano MELE vanamente
si adopererà per affermare il contrario, lasciando perplessi ed increduli chi
pensa che egli sia del tutto incapace di ragionare. È lo stesso MELE che,
nell'attribuire a VINCI Francesco la volontà di uccidere la moglie – in quanto
glielo avrebbe riferito lei – ed il possesso di una pistola, dichiara al magistrato
che ciò può essere confermato da Salvatore, se non si crede a lui. Entrambi,
poi, attribuiscono a Francesco VINCI anche il medesimo posto dove egli abitualmente
custodisce l'arma e cioè nel bauletto della Lambretta.</span></i><br /><br />
Questo dunque lo scenario immaginato da Torrisi, intorno al quale il militare cercò di
far quadrare gli eventi del post delitto. Ma è tutto un gran pastrocchio, nel
quale niente torna.<br /><br />
<b>Niente torna.</b> Cominciamo con l’osservare
che suona già stonato l’aver messo insieme il diavolo e l’acqua santa, facendo
alleare il maggior responsabile del degrado morale della Locci con chi per quel
degrado intendeva punirla. Intercorrevano buoni rapporti tra Salvatore Vinci da
una parte e Giovanni Mele, Piero Mucciarini e Marcello Chiaramonti dall’altra,
tanto da potersi accordare per un’operazione così impegnativa come un duplice
omicidio? I documenti dell’epoca non forniscono alcun elemento in tal senso. Ma
quel che sorprende di più è il fatto di come si sia potuto attribuire a
Salvatore Vinci – personaggio ritenuto da Torrisi furbo e diabolico – la messa
in piedi di una tale banda di assassini improvvisati per un delitto che avrebbe
potuto commettere da solo con infiniti meno rischi, sia di intoppi nel durante sia
di spiacevoli conseguenze giudiziarie nel dopo.<br />
Poi l’accompagnamento di Natalino. Secondo Torrisi sarebbe toccato a Salvatore
causa la codardia di Mele, che non ne avrebbe avuto il coraggio. Il conto parrebbe
anche tornare, poiché è molto probabile che Salvatore fosse il vero padre, ma è
credibile che il fanciullo non ne avrebbe mai fatto il nome? Possibile che di
fronte a Ferrero sarebbe crollato, ammettendo l’accompagnamento, ma nello
stesso tempo avrebbe avuto la malizia di sostituire la figura di Salvatore
Vinci con quello che lui riteneva fosse suo padre? A sei anni e otto mesi?<br />
Esaminiamo adesso il comportamento di Stefano Mele nel dopo delitto. Il primo giorno parve
voler accusare Francesco Vinci, anche se in modo molto soft, la qual cosa
sembra rispettare l’ipotesi Torrisi. Anzi, in seguito si sarebbe capito che la
sera cercò di preparare il figlio per accusarlo davvero, e con un piano ben
articolato, nel quale il fanciullo gli confidava di essere stato accompagnato
da Francesco e minacciato affinché stesse zitto. A quel punto Mele non doveva
far altro che riferire il tutto ai carabinieri nell’interrogatorio programmato
per la mattina dopo, contando sulla conferma del bambino. Ma non andò così.<br />
Si tenga presente che quando Mele si presentò davanti ai carabinieri, nella tarda
mattinata del 23 agosto, assieme a lui c’erano i due cognati complici, Piero
Mucciarini e Marcello Chiaramonti, con il primo che si offrì di stargli accanto
per aiutarlo a dire la verità. Una verità che, secondo logica, sarebbe dovuta
essere quella per la quale lo stesso Mele aveva preparato il figlio. E cosa
succede? Invece di accusare Francesco accusa Salvatore! Ora ci si deve chiedere
quale mente contorta potrebbe tirare in ballo il proprio complice. E il
riferimento non è tanto a Stefano Mele, che potrebbe anche essere stato
convinto dai cognati a prendersi la colpa per farli stare tranquilli, ma ai
cognati stessi, che non avrebbero certo potuto cavarsela se Salvatore Vinci
fosse stato accusato del delitto. Perché è chiaro che questi avrebbe a sua
volta cercato di scaricare parte della colpa su di loro, o comunque si sarebbe
vendicato.<br />
Vediamo come Torrisi affrontò il problema:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">È il caso della prima
confessione del 23 agosto 1968, ove la parte predominante in pratica è assunta
dal MUCCIARINI Piero, che assiste all'interrogatorio in veste ufficiale di
coadiutore della giustizia, mentre funge, invece, da vero consigliere del MELE
Stefano in difficoltà palese, visto che gli inquirenti non danno particolare peso
al nome di VINCI Francesco, buttato lì quasi disinteressatamente
dal medesimo nel suo primo interrogatorio.<br />
Quindi la prima
confessione del MELE relativa al VINCI Salvatore nasce da una volontà comune ai
due di rendersi credibili verso gli inquirenti, al fine di allontanare sospetti
immediati anche a carico dei loro familiari, che se coltivati e perseguiti in
quel frangente avrebbero potuto creargli difficoltà notevoli. Del resto a
questo punto è logico pensare che anche la ritrattazione dell'accusa di Stefano
contro Salvatore faccia parte di un piano prestabilito, e la visita del
MUCCIARINI e del MELE Giovanni al congiunto in carcere non può che assumere il
significato del sostegno morale e della verifica che Stefano ha fatto esattamente
quello che ha avuto suggerito.</span></i><br /><br />
Come al solito Torrisi cerca di truccare un po’ le carte, perché non è affatto vero
che i carabinieri davano poco peso al nome di Francesco Vinci, anzi, era il
loro maggior sospettato, visti i suoi precedenti di violenza e gelosia nei
confronti di Barbara Locci. Non a caso la mattina del 22 erano andati a
prenderlo ancor prima di Mele. Ma supponiamo pure che, per qualche motivo
recondito, nel confronto casalingo dell’ometto con i due cognati si fosse
deciso di rinunciare al piano Francesco Vinci. Secondo Torrisi, invece di farlo
continuare sulla linea del giorno precedente – quella dell’io non so nulla perché ero a letto ammalato – Mucciarini e
Chiaramonti avrebbero suggerito a Stefano di accusare Salvatore Vinci per
allontanare i sospetti da loro! E Mucciarini avrebbe fatto anche di più,
suggerendo a Natalino di dire di aver visto Salvatore tra le canne. A questo
punto la domanda sorge spontanea: organizzavano qualche corso all’epoca per diventare
investigatore?<br />
Ma non è finita qui, perché, sempre secondo Torrisi, anche la ritrattazione e le
successive accuse a Francesco – 24 agosto – sarebbero state frutto di un
accordo con i parenti, ma preventivo, poiché l’incontro in carcere tra Stefano,
il fratello e Mucciarini risale al giorno dopo, il 25. Ma allora ci si deve
chiedere il perché di questo percorso contorto Francesco – Salvatore –
Francesco, quando le accuse a Francesco sarebbero state molto più credibili se
partite subito, e soprattutto non si sarebbe rischiato di indurre Salvatore a
fare come Sansone.<br /><br />
<b>Riflessioni.</b> Nello scenario
immaginato da Torrisi sono molte altre le interpretazioni illogiche, ma quelle
evidenziate bastano e avanzano per squalificarlo. Potrebbe essercene uno
diverso nel quale comunque Salvatore Vinci avrebbe rivestito un ruolo nel
duplice omicidio? Proviamo a immaginarlo con maggior logica di quella del
colonnello, assegnando poco valore alle contrastate dichiarazioni di Mele, che
potremmo attribuire alle sue troppo carenti doti intellettuali. Ma senza
rinunciare alla testimonianza del piccolo Natale, come invece fanno i
negazionisti, anzi, valorizzandola e interpretandone nel modo corretto i
tentativi di forzatura.<br />
Innanzitutto va eliminata la pretesa di far accompagnare Natalino da Salvatore. Giova
ripetere che non c’è traccia dell’individuo nelle dichiarazioni del fanciullo, il
quale invece, dopo l’iniziale tentativo di tenerlo fuori – come da sue
istruzioni – raccontò di essere stato accompagnato dal padre. Salvatore
potrebbe quindi essere stato presente sulla scena del crimine, aver anche
sparato, ma senza farsi vedere da Natalino.<br />
Si può anche eliminare la presenza di Marcello Chiaramonti e della sua auto,
nonché quella di Giovanni Mele. Entrambi i personaggi furono tirati in ballo da
Stefano, alle cui dichiarazioni si è detto di non voler attribuire valore, e
nient’altro li coinvolse in modo sicuro. Il vantaggio è tangibile: si toglie di
mezzo l’irragionevole carovana delle due auto e parte dell'inutile banda.<br />
Non si può invece eliminare la presenza di Piero Mucciarini, l’unico che Natalino
vide sulla scena del crimine oltre al padre. E se anche si è detto di non voler
attribuire valore alle parole di Stefano, le sue allusioni a rapporti intimi
tra il cognato e la moglie potrebbero essere motivate, vista la facilità con la
quale la donna si concedeva e viste le possibilità di incontri tra di loro,
magari con l’intervento dell’esuberante Salvatore ad aggiungere il peperoncino.
A questo punto si potrebbe anche immaginare un’alleanza tra due amanti traditi
– che intendevano dare la colpa a un terzo, Francesco, coinvolgendo comunque
Stefano per farsene scudo alla bisogna – tutti e tre a bordo della 600 di
Salvatore. Un’alleanza certo più credibile di quella tra una famiglia offesa e
un offensore. In questo scenario si potrebbe persino giustificare la pistola
lasciata da Mucciarini sul posto, come raccontò Natalino. Quella pistola poteva
essere appartenuta a Francesco Vinci, e a lui riportare.<br />
Ma i conti non tornano comunque, perché Mucciarini si sarebbe dato la zappa sui
piedi inducendo Stefano e Natalino ad accusare Salvatore. Alla fine è evidente
che i due assieme non possono stare. E poiché il
coinvolgimento di Mucciarini è sicuro in virtù della testimonianza di
Natalino, mentre quello di Salvatore Vinci è soltanto ipotetico, è a quest'ultimo che
la logica impone di rinunciare.<br />
Se qualche lettore ha scenari differenti da proporre, ben lieto di discuterne.<br /><br />
Prosegue su <a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/11/salvatore-vinci-signa-approfondimenti-1.html">Salvatore Vinci a Signa - Approfondimenti</a>
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com161tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-10879628505619368382020-10-25T23:30:00.032-07:002020-11-24T21:28:41.588-08:00Una dinamica errata per Giogoli<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">
È stato pubblicato di recente un video su Youtube (<a href="https://www.youtube.com/watch?v=Ts0kBCX1UEk" target="_blank">vedi</a>) dove l’appassionato Luca
Scuffio di Prato propone un’inedita ricostruzione del delitto di Giogoli. Attraverso
un chiaro dialogo con l’intervistatore e l’aiuto di splendide videate in 3D –
ottenute con l’applicativo Blender – Scuffio è riuscito a trasmettere in modo
esaustivo la sua idea della dinamica, molto diversa dalla proposta di questo
blog (<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2017/06/la-dinamica-di-giogoli.html" target="_blank">vedi</a>). Che soffre
però, a parere di chi scrive, di un peccato originale, che ne ha condizionato
in modo irrimediabile i risultati: il tentativo di impedire il calcolo della statura
del Mostro a partire dai fori sul furgone. In questo modo la sua dinamica parte
da un presupposto azzardato e opinabile, al quale il resto cerca di adeguarsi con
evidenti forzature.<br />In
questo articolo la proposta di Scuffio verrà analizzata e fortemente criticata,
senza sconti, com’è tradizione di chi scrive. Il suo lavoro è certo
apprezzabile, se non altro perché è frutto di pura passione, ma in questa
brutta storia ci sono già troppe fantasie per aggiungerne altre. In più non mi
pare il caso di mettere in dubbio uno dei pochi elementi di relativa certezza
sul Mostro: la sua alta statura. Anche se non si accorda con le bassezze di
Pietro Pacciani e Salvatore Vinci.<br /><br />
<b>La commedia delle parti.</b>
Che Scuffio si sia lasciato condizionare dalla questione della statura lo si
capisce quasi subito, appena accenna al calcolo effettuato dall’equipe De Fazio
nella nota perizia. Sulla base di considerazioni partenti dall’altezza del foro
sulla carrozzeria, avevano scritto i criminologhi: “<i><span style="color: blue;">Si può quindi ipotizzare che l'omicida abbia
una statura considerevole, molto probabilmente superiore, e non di poco, a cm.
180</span></i>”. Nel 1994 De Fazio e colleghi furono chiamati a deporre al
processo Pacciani, dove si trovarono nel grave imbarazzo di conciliare il loro
calcolo con la statura dell’imputato, di quasi 20 cm inferiore. Ecco il dialogo
tra De Fazio e Canessa (<a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2012/11/de-fazio-galliani-pierini-beduschi.html" target="_blank">vedi</a>): <br /> <br />
<span style="color: blue;"><i><b>De Fazio:</b> Devo anche chiarire che, per ciò che
riguarda il camper, noi abbiamo tenuto conto non solo dei fori sui finestrini
[…] abbiamo tenuto conto anche del fatto che questa traiettoria è iniziata con
il foro è poi finita con il proiettile che ha colpito il soggetto. Soggetto che
noi abbiamo, secondo i verbali di Polizia, considerato situato nel pianale.<br /><b>PM:</b> Cioè voi credevate che fossero sul pianale in basso.<br /><b>De Fazio:</b> Per forza, c'è scritto nel verbale di polizia che “i cadaveri giacciono sul pianale”. Allora, se questo è il vetro del camper
e questo il pianale, noi dobbiamo ipotizzare un'inclinazione così.<br /><b>PM:</b> Dall'alto verso il basso.<br /><b>De Fazio:</b> E un'inclinazione cosi ci porta ad un
determinato soggetto, rispetto ad un'inclinazione così. Cioè, in poche parole,
in questa posizione, arto addotto, o in posizione arto esteso o del tutto
innalzato, io posso prevedere una traiettoria di tipo orizzontale che mi
comporta un'altezza. Ma se devo prevedere una traiettoria che mi va verso il
basso, devo presupporre un altro tipo di altezza.<br /><b>PM:</b> E invece avete...<br /><b>De Fazio:</b> Noi abbiamo fatto il calcolo in base a
cadaveri poggiati sul pianale dell'automezzo.<br /><b>PM:</b> E invece non sono – lei l'ha visto nelle fotografie, le possiamo
riguardare, Presidente – non sono sul pianale, ma sono all'altezza...<br /><b>De Fazio:</b> È un'emergenza processuale della quale
io... che apprendiamo questa mattina.<br /><b>PM:</b> Che non conoscevate. Bene.</i></span>
<br /><br />
Chi scrive ha a disposizione il verbale della polizia scientifica, allegato al
fascicolo fotografico, dove viene descritto l’interno del furgone, e dove non
si legge la frase riportata da De Fazio (“<span style="color: blue;"><i>I cadaveri giacciono sul pianale</i></span>”). Si legge
invece: “<i><span style="color: blue;">A sinistra
è un letto a due piazze su cui giacciono in parte avvolti tra le coperte in più̀
punti macchiate di sangue, i due cadaveri</span></i>”. Può darsi che su un
altro verbale compaia la frase indicata, è certo però che esisteva
un fascicolo fotografico comprendente anche l’interno del furgone, alcune
immagini del quale circolano in rete da anni.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-IzRBtpCcAIo/X5ZjnSMpcfI/AAAAAAAACa4/zQh-9STB4x0fIvw_-88mVWtgd7fKyywUQCLcBGAsYHQ/s512/Interno%2Bfurgone.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="384" data-original-width="512" height="300" src="https://1.bp.blogspot.com/-IzRBtpCcAIo/X5ZjnSMpcfI/AAAAAAAACa4/zQh-9STB4x0fIvw_-88mVWtgd7fKyywUQCLcBGAsYHQ/w400-h300/Interno%2Bfurgone.jpg" width="400" /></a></div><br />
Ora, come si può davvero pensare che l’equipe De Fazio, alla quale era stato chiesto
di studiare tutti i delitti per proporre un ritratto dell’assassino, non ne
avesse avuto disponibilità? È chiaro che al processo si era svolta una ridicola
commedia delle parti, alla quale però Scuffio sembra voler credere. Anzi, nella
perizia trova persino una frase che la confermerebbe: “<i><span style="color: blue;">Sul piantito del veicolo, accanto al «letto a
due piazze» su cui sono stati rinvenuti i cadaveri di due giovani, venivano
rinvenute «scatole di succhi di frutta aperte»</span></i>”. Secondo Scuffio
quell’avverbio “<i><span style="color: blue;">accanto</span></i>”
potrebbe indicare che effettivamente i periti credevano che anche il “<i><span style="color: blue;">letto a due piazze</span></i>”
stesse sul pavimento. Come se il dire che le scarpe sono accanto al letto implicasse
che il materasso sia sul pavimento!<br />In
realtà la valutazione di De Fazio era sì sbagliata, ma per altri motivi, come
riporta l’articolo di questo blog.
<br /><br />
<b>Perplessità.</b> Prima di proporre
la sua dinamica Scuffio mette al corrente lo spettatore di un paio di sue
perplessità, propedeutiche alla ricostruzione e delle quali è importante
dimostrare l’infondatezza.<br />La
prima riguarda l’apparente mancanza di una sequenza iniziale di sparo, almeno a
giudicare dai fori sui finestrini e sulla lamiera, tutti singoli. Una sequenza
iniziale che c’era sempre stata. Per giustificare tale perplessità Scuffio
chiede anche aiuto al noto “Profilo FBI”, leggendone un frammento, che qui riporto
prendendolo da “Insufficienza di prove” (<a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2009/03/fbi-profilo-del-mostro-di-firenze-parte.html" target="_blank">vedi</a>):
<br /><br />
<i><span style="color: blue;">L’aggressore,
utilizzando un avvicinamento improvviso, ha scaricato la sua arma più volte a
distanza ravvicinata concentrando prima il fuoco sulla vittima maschile
neutralizzando in tal modo il suo pericolo più immediato. Una volta che la
vittima maschile è stata neutralizzata, l’aggressore si è sentito
sufficientemente sicuro di perpetrare il suo attacco alla vittima femminile.</span></i>
<br /><br />
Si tratta di un modus operandi che la ricostruzione proposta su questo blog rispetta
ampiamente: i primi due proiettili colpirono Horst, che si presume il Mostro avesse
ritenuto l’unico maschio. E furono sparati in rapida successione, anche se da
due finestrini adiacenti. Ma il motivo è semplice e logico, anche se Scuffio
pare non volerlo accettare: il primo finestrino si era spezzettato in
minutissimi frammenti e aveva impedito di prendere ancora la mira.
<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-RoxvlLkz6Ms/X5ZkDHJufGI/AAAAAAAACbA/_YDpOPARVTM1cXFCkbRLfmlHSjvaWdWWwCLcBGAsYHQ/s400/Tedeschi_005.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="299" data-original-width="400" height="299" src="https://1.bp.blogspot.com/-RoxvlLkz6Ms/X5ZkDHJufGI/AAAAAAAACbA/_YDpOPARVTM1cXFCkbRLfmlHSjvaWdWWwCLcBGAsYHQ/w400-h299/Tedeschi_005.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
È vero che nei casi precedenti il Mostro non si era spostato. Ma si trattava di
finestrini di auto, con le vittime molto vicine, dunque un secondo colpo
sparato alla cieca ci poteva stare. D’altra parte in quei casi spostarsi di
finestrino voleva dire allontanarsi eccessivamente dal bersaglio e agire su un
vetro troppo inclinato. Horst era molto più lontano, c’era quindi l’esigenza di
inquadrarlo di nuovo. D’altra parte lo spostamento di finestrino non cambiava
di molto né la prospettiva né l’inclinazione del vetro.<br />Veniamo
alla seconda perplessità, il numero di colpi. In totale ne furono esplosi sette,
cinque dall’esterno e due dall’interno. Secondo Scuffio sarebbe strano che il
Mostro avesse evitato di scaricare del tutto l’arma, risparmiando le ultime due
cartucce delle nove totali. Non si comprende davvero da dove nasca questa
perplessità. I ragazzi furono uccisi entrambi, quindi perché esplodere ancora
due inutili colpi? Chi scrive è convinto che il Mostro da Giogoli in poi avesse
iniziato a risparmiare le munizioni, essendo la sua scorta agli sgoccioli – non
a caso utilizzò anche una cartuccia ramata che aveva conservato per tanti anni
– e su questo Scuffio si dice in disaccordo. Va bene, opinioni differenti sono
legittime, ma il Mostro non aveva mai sparato dei colpi in più del necessario –
magari per altre ragioni, come il rumore – semmai aveva messo mano al coltello.
A Scandicci aveva tenuto due cartucce, a Calenzano una, a Giogoli due e in futuro a
Vicchio addirittura quattro. Che in quest’ultimo caso avesse risparmiato è
peraltro evidente dalle dieci coltellate con cui uccise il povero Claudio
Stefanacci. Piuttosto che sparargli in testa preferì entrare parzialmente
nell’abitacolo e accoltellarlo a ripetizione, esponendosi al pericolo di non
accorgersi dell’eventuale arrivo di qualcuno.<br />Infine
non una perplessità ma un errore. Scuffio afferma che non sarebbero state
trovate tracce di affumicatura sui vetri dei finestrini e sulla lamiera. Dunque
i cinque colpi sarebbero stati sparati tutti da una distanza dal furgone di
almeno 40 cm. In effetti nella sentenza di primo grado contro Pacciani si legge
questo passo:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Va
rilevato inoltre che non furono trovate tracce di affumicatura né sui vetri dei
finestrini né sulle fiancate in corrispondenza dei fori dei proiettili,
circostanza che, secondo i periti balistici, starebbe ad indicare una distanza
minima di 40 cm dalla bocca da fuoco al momento dello sparo, il che
ulteriormente dimostra che l'omicida non aveva sparato a contatto o quasi a
contatto con le fiancate del furgone.</span></i><br /><br />
Non è ben chiaro a quali periti balistici si riferiscano i giudici. Nella perizia
Arcese-Iadevito non si fa cenno all’argomento. I periti riprendono le
considerazioni del referto autoptico, indicando in 80-100 cm la distanza di
sparo riguardo Horst (“<i><span style="color: blue;">I colpi furono esplosi da una distanza compresa fra gli 80 e
i 100 cm.</span></i>”). Ma evidentemente Maurri l’aveva calcolata rispetto al
corpo, tenendo conto della sua posizione nello spazio interno. Quindi la
fiancata non c’incastrava nulla. Che i giudici avessero capito fischi per
fiaschi è dimostrato da quest’altro passo, indicativo della confusione tra
distanza dalle fiancate e distanza dai corpi:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Tutti
colpi, poi, sparati da una certa distanza (i periti parlano, naturalmente in
via presuntiva, di 80-100 cm.) ma, comunque, da distanza non inferiore a 40
cm., stante, come si è detto, l'assenza di tracce di affumicatura sulle
fiancate dei furgone.</span></i><br /><br />
A questo punto andiamo a vedere i rilievi della polizia scientifica. Nel rapporto
che accompagna il fascicolo fotografico, datato 10 settembre 1983 e firmato da
Giovanni Autorino, non si fa cenno alcuno alla questione degli aloni. Sollecitato
da Canessa, Autorino ne parlò invece al processo Pacciani (<a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2012/06/giovanni-autorino-deposizione-del-29.html" target="_blank">vedi</a>):
<br /><br />
<i><span style="color: blue;">
<b>PM:</b> Nel caso in cui l'arma da fuoco spari sulla carrozzeria, a secondo
della distanza che l'arma ha rispetto alla carrozzeria, secondo la sua
esperienza rimangono degli aloni e delle affumicature – come sui corpi, per
intendersi – oppure questo dato non è così apprezzabile?<br />
<b>Autorino:</b> Sicuramente, diciamo, l'epidermide o una
stoffa reagisce in modo diverso che non una superficie dura come può essere un
vetro, come può essere... però nulla esclude che per, diciamo, per composizione
stessa della carica di lancio e dei gas che fuoriescono poi dalla bocca di
volata dell'arma, possono produrre sulla superficie, laddove attinge poi il proiettile,
qualche alone. Sicuramente più visibile sul corpo umano, perché troviamo
addirittura come una forma di tatuaggio. Sicuramente su una stoffa perché
assume proprio una configurazione di combustione; ma molto meno su superfici
metalliche o affini.<br />
<b>PM:</b> Ispettore, quindi, il fatto che su quel colpo che abbiamo visto,
che lei ha contrassegnato se non sbaglio con il C […] “apparentemente”, lei ha
già risposto, “non c'era un alone visibile”". Può avere importanza e
essere oggi rilevato per stabilire un'ipotetica distanza dello sparo, o è un
campo da abbandonare perché non sappiamo cosa dire?<br />
<b>Autorino:</b> Io penso che sia un campo da abbandonare.</span></i>
<br /><br />
Come si vede, secondo Autorino su superfici rigide la polvere da sparo rimane poco,
tantoché è poco utile tentare di rilevarne le tracce. Si consideri poi che
erano trascorse almeno una ventina d’ore prima che la polizia scientifica
esaminasse il furgone. In ogni caso chi avrebbe dovuto rilevare gli aloni,
Autorino, non se ne preoccupò affatto. Può darsi che ci avessero provato i
carabinieri più tardi, quando il furgone venne portato in caserma, ma ci si
chiede quali aloni si sarebbero potuti cercare dopo la bolgia che c’era stata
sulla piazzola e le operazioni di spostamento.<br />In
ogni caso è lo stesso buonsenso a dirci che lo sparatore dovette accostare
l’arma ai finestrini, se non altro perché doveva mirare. Che motivo avrebbe
avuto di allontanarsene addirittura di 40 cm, in un caso in cui era già molto
più difficile del solito inquadrare i bersagli? L’unico colpo per il quale i
centimetri in più o in meno contarono poco è quello sulla lamiera, dove non
c’era bisogno di mirare. Per esso, e soltanto per esso, De Fazio e colleghi
scrivono: “<i><span style="color: blue;">Mancano
segni di affumicatura e di polveri</span></i>”. Ma anche in questo caso è
legittimo dubitare che tale mancanza potesse aver rivestito qualche valore.
<br /><br />
<b>I primi due colpi.</b> Forte di tutte le convinzioni appena elencate, a questo punto Scuffio si è
sentito abbastanza motivato per azzardare con grande coraggio una modalità di attacco inedita e originalissima. Si osservi la foto sottostante.
<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-NfN5I1NKUqE/X5ZkOZnKAAI/AAAAAAAACbE/ynKLMe2euHwDW0SenuEGsWkMkE4THHIzwCLcBGAsYHQ/s512/Coda.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="468" data-original-width="512" height="365" src="https://1.bp.blogspot.com/-NfN5I1NKUqE/X5ZkOZnKAAI/AAAAAAAACbE/ynKLMe2euHwDW0SenuEGsWkMkE4THHIzwCLcBGAsYHQ/w400-h365/Coda.jpg" width="400" /></a></div><br />
Come si vede, il vetro posteriore destro, quello opaco basculante, è aperto. Si
tratta di un dettaglio cui nessuno fino ad oggi aveva annesso importanza,
neppure chi scrive, che pure lo aveva notato. E non c’è motivo di ritenere che
lo avessero aperto i pur maldestri rappresentanti delle forze dell’ordine accalcati attorno al furgone. Quel finestrino era così da prima, lo
avevano aperto i ragazzi per far entrare un po’ d’aria, è logico. Solo quello
però, l’altro, sulla fiancata sinistra, le foto dall’interno ce lo mostrano
chiuso.<br />Si
può notare quanto piccolo sia lo scostamento del vetro dalla lamiera, meno di
una decina di centimetri. Ebbene, è da quel pertugio che Scuffio immagina siano
stati sparati i due primi colpi, che si andrebbero ad aggiungere ai sette fino
a oggi conteggiati. In questo modo elimina entrambe le sue perplessità: da una
parte introduce la mancata sequenza iniziale di almeno due colpi e dall’altra
ne fa sparare nove in totale.<br />Purtroppo
si tratta di un’ipotesi alla cieca, non suffragata dal conteggio di bossoli e
proiettili. Ma neppure contrastata, questo va riconosciuto. All’esterno furono
trovati due bossoli soltanto – e non c’è da meravigliarsi, considerando la
bolgia attorno al furgone – quindi già ne mancavano tre. A questo punto
aggiungere i due di Scuffio non sarebbe uno scandalo.<br />Riguardo
i proiettili disponiamo di qualche piccola informazione in più. La perizia
Arcese-Iadevito – che è della primavera successiva – li trovò rinchiusi in tre
provette, corrosi dai residui organici dai quali non erano stati ripuliti. In
una con targhetta “MEYER WILHELM” ne erano contenuti due interi più un grosso
frammento, in una con targhetta “UWE RUSCH SENS.” due frammenti, in una terza
con targhetta quasi illeggibile (due parole, delle quali la prima era forse
“QUELLO”) uno quasi completo e un frammento.<br />Si
può presumere che la terza provetta contenesse quanto era rimasto dei due
proiettili “ufficiali” non estratti dai corpi. Nessuna traccia, quindi, dei due
in più ipotizzati da Scuffio. Potrebbero essersi persi, senz’altro, dobbiamo
però chiederci per quale motivo se ne debba ipotizzare l’esistenza. Anzi,
sembra abbastanza strano che il Mostro avesse scelto di utilizzare quel piccolo
pertugio invece dell’ampio finestrino centrale, dal quale avrebbe sparato poi. La
visuale per uno sparatore a braccio teso e occhio sulla tacca di mira sarebbe
stata molto ristretta, e i bersagli più lontani. Bersagli che Scuffio è costretto
a mettere in una posizione ben precisa, anche per far tornare un minimo le
traiettorie delle due corrispondenti ferite. Ecco come.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-xBEWsuMq280/X5ZkY4RPUdI/AAAAAAAACbM/QeP44-GbA-on4ccSyU1DPc9rVEkv9L_mgCLcBGAsYHQ/s863/vlcsnap-2020-10-25-07h51m25s107.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="476" data-original-width="863" height="221" src="https://1.bp.blogspot.com/-xBEWsuMq280/X5ZkY4RPUdI/AAAAAAAACbM/QeP44-GbA-on4ccSyU1DPc9rVEkv9L_mgCLcBGAsYHQ/w400-h221/vlcsnap-2020-10-25-07h51m25s107.jpg" width="400" /></a></div><span> </span><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-yZEw5emi_dQ/X5ZkdDURivI/AAAAAAAACbQ/9myBI4YUjbYuOvTXUhjspxYgFOcvo0yeACLcBGAsYHQ/s807/vlcsnap-2020-10-25-07h54m29s110.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="484" data-original-width="807" height="240" src="https://1.bp.blogspot.com/-yZEw5emi_dQ/X5ZkdDURivI/AAAAAAAACbQ/9myBI4YUjbYuOvTXUhjspxYgFOcvo0yeACLcBGAsYHQ/w400-h240/vlcsnap-2020-10-25-07h54m29s110.jpg" width="400" /></a></div><br />
L’ipotesi
è quella che i ragazzi fossero intenti in un rapporto intimo, ipotizzando tra di loro un legame omosessuale, cosa che del resto emerge tra le righe degli
atti. Ci si deve chiedere però se davvero sia ipotizzabile che si fossero
lasciati andare a un’attività così impegnativa a luce e autoradio accese e con
il portellone non bloccato! Anche oggi vedere due persone dello stesso sesso in
atteggiamento erotico o anche soltanto troppo affettuoso dà nell’occhio,
figurarsi quasi 40 anni fa. Non si può pensare che i ragazzi – a giudicare dalle
foto due chierichetti – avessero avuto quel coraggio. Senza contare che si
trovavano in una zona non proprio deserta dove il campeggio libero non era
certo consentito. Tra l’altro è molto probabile che la sera prima un metronotte
li avesse allontanati da via Scopeti. <br /><br />
<b>Le ferite.</b> Scuffio
immagina che il ragazzo sopra fosse Horst, e che uno dei due proiettili
fantasma fosse quello mortale al fianco destro. L’altro invece lo avrebbe
colpito alla nuca senza penetrare. Riguardo la ferita al gluteo sinistro,
invece, immagina un successivo colpo di rimbalzo, uno qualsiasi dei cinque che
avevano attraversato i vetri e la carrozzeria. Ma niente torna.<br />Partiamo
dal colpo al fianco. Il povero ragazzo ci rimase secco, poiché il proiettile
gli attraversò il fegato, il cuore e il polmone sinistro. Scuffio ritiene che dopo
i due colpi Uwe si sarebbe divincolato da sotto cercando di sottrarsi ai successivi. E il corpo di Horst, a quel punto già morto? Sarebbe ricaduto
bocconi, nella posizione mostrata dalla foto sottostante.
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-JVL6bgo3gLY/X5Zktq1apsI/AAAAAAAACbg/T5BA7Bm4dSoPsRfEduWalYwm9_JDMhcUQCLcBGAsYHQ/s512/Mani%2BHorst.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="384" data-original-width="512" height="300" src="https://1.bp.blogspot.com/-JVL6bgo3gLY/X5Zktq1apsI/AAAAAAAACbg/T5BA7Bm4dSoPsRfEduWalYwm9_JDMhcUQCLcBGAsYHQ/w400-h300/Mani%2BHorst.jpg" width="400" /></a></div><br />
Si vede bene che il povero Horst abbracciava il cuscino, il braccio sinistro sotto
e il destro sopra, le dita piegate a tenerlo. Come avrebbe fatto a ritrovarsi
in tale posizione dopo che Uwe gli si era sfilato da sotto?<br />Vediamo
adesso il colpo alla nuca. Sappiamo che non penetrò, quindi dovette essere
rallentato da qualcosa. Non avendo a disposizione un vetro Scuffio immagina che
fosse stata la mano sinistra di Uwe poggiata sulle spalle dell’amico. In
effetti un proiettile attraversò quella mano, ma la ferita non era affatto
quella descritta anche a parole da Scuffio. Secondo lui il proiettile sarebbe
entrato dalla parte superiore del polso e uscito dal palmo, come si desume
anche dalla traiettoria disegnata per il relativo proiettile. Ma non è così.<br />Scrissero
Arcese e Iadevito: “<i><span style="color: blue;">Il colpo che attinse la mano sinistra ebbe il suo ingresso a
livello della membrana interdigitale tra primo e secondo dito e foro di uscita
in corrispondenza dell’eminenza ipotenar</span></i>”. E De Fazio: “<i><span style="color: blue;">Un colpo alla piega
tra 1° e 2° dito della mano SX. posteriormente, con tramite interessante la
regione metacarpale e proiettile fuoriuscito all'eminenza ipotenaria</span></i>”.<br />Quindi
più o meno la traiettoria mostrata nella figura sottostante, totalmente diversa
da quella descritta da Scuffio.<br />
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-AVzKgMq89po/X5Zk2PT2C-I/AAAAAAAACbk/LhL1dCscKEIMiuu3Ms8pOUyML-V336I1wCLcBGAsYHQ/s510/Mano%2BUwe1.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="382" data-original-width="510" height="300" src="https://1.bp.blogspot.com/-AVzKgMq89po/X5Zk2PT2C-I/AAAAAAAACbk/LhL1dCscKEIMiuu3Ms8pOUyML-V336I1wCLcBGAsYHQ/w400-h300/Mano%2BUwe1.png" width="400" /></a></div>
<br />
Riguardo il colpo al gluteo si può escludere che fosse di rimbalzo. Così lo descrive De
Fazio:<br /><br />
<i><span style="color: blue;">Un
colpo in regione glutea sx., al quadrante superomediale, con tramite obliquo
dal basso in alto e dall'avanti all'indietro, interessante il peritoneo
posteriore, lo stomaco alla piccola curvatura, e proiettile ritenuto nello
spessore della parete anteriore dell'addome.</span></i><br /><br />
Il proiettile attraversò obliquamente il corpo del ragazzo dal dietro al davanti
fermandosi contro la parete addominale, quindi con una forza di penetrazione
notevole, incompatibile con un colpo di rimbalzo. Tra l’altro sappiamo che dal
corpo del poveretto vennero estratti due proiettili completi e un frammento.
Pare logico ritenere che il frammento provenisse dalla nuca, dove non era
riuscito a superare le ossa del cranio proprio perché di rimbalzo, quindi
rallentato dall’impatto con una superficie rigida e frammentato. Quello al
gluteo era uno dei due completi, pertanto non di rimbalzo ma diretto.<br />A
questo punto le supposizioni di Scuffio palesano tutta la loro erroneità:
non ci fu alcuno sparo dal pertugio del finestrino aperto, e i ragazzi non
erano in quella posizione. Quindi la sua dinamica è da bocciare senza rimedio.
<br /><br />
<b>La posizione di Horst.</b> Le ferite di Horst ci dicono che il ragazzo doveva essere in una posizione
trasversale rispetto al furgone, un po’ obliqua con le gambe verso il centro.
In questo modo tornano bene le traiettorie convergenti della ferita al fianco destro dal
finestrino centrale e della ferita al gluteo sinistro dal finestrino opaco. Ma
Scuffio osserva che il furgone era largo appena un metro e mezzo, quindi sembra
difficile che i giovani dormissero in posizione trasversale, ma più
ragionevolmente dormivano in posizione longitudinale. Forse sì, possiamo però
ipotizzare che dormissero in una posizione a V, le teste lontane e i piedi
vicini, magari accostati a trasmettersi complicità, oppure che la posizione di
Horst al momento dell’attacco fosse provvisoria.<br />A
questo punto si pone un problema, non evidenziato nella ricostruzione di questo
blog e che un lettore aveva già fatto notare: il corpo di Horst venne trovato
con il busto in posizione non compatibile con le ferite al fianco e al gluteo a
fronte di proiettili provenienti dalla fiancata destra. Poteva essere stato
spostato dagli agenti prima delle foto della scientifica? È senz’altro
possibile, però anche improbabile, non sussistendone motivo. La spiegazione
potrebbe essere un’altra.
<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-eDNylD0LQ5I/X5Zk-p9g-gI/AAAAAAAACbs/jaZXdidxqCotGmPpr7t-s7ZPSEnZRQE-QCLcBGAsYHQ/s731/Horst%2Bpiegato.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="630" data-original-width="731" height="345" src="https://1.bp.blogspot.com/-eDNylD0LQ5I/X5Zk-p9g-gI/AAAAAAAACbs/jaZXdidxqCotGmPpr7t-s7ZPSEnZRQE-QCLcBGAsYHQ/w400-h345/Horst%2Bpiegato.jpg" width="400" /></a></div><br />
Come si vede in foto, il corpo di Horst, liberato dalla coperta, si presenta con le
gambe piegate ed è un po’ sul fianco sinistro, come se qualcuno dal fondo lo
avesse tirato a sé per il bacino, avvicinandone il busto alla fiancata.<br />
A completare il quadro c'è la figura di Uwe sullo sfondo: come non vedere il povero ragazzo che
cerca di proteggersi tirando a sé il corpo dell’amico, compresa la sua coperta?<br /><br />
<b>Edit: </b>La foto di cattiva qualità mi aveva fatto prendere per sangue la grande macchia scura vicino al braccio, che invece sangue non è. Analogo valore ha però una macchia riconducibile alla ferita alla nuca, vedi articolo successivo.<br />
In più ho preferito togliere un addendum nel quale cercavo di dimostrare che i materassini erano posti di traverso. Purtroppo le foto non consentono valutazioni certe, in ogni caso il fatto non sarebbe dirimente per ciò di cui qui si discute.<br /><br />
<!--<br /><br />
<b>Addendum: </b>Il lettore Christian mi ha segnalato la sua impressione che i materassi fossero stati disposti in senso trasversale.
Sono andato a verificare sul fascicolo fotografico in mio possesso, dove purtroppo le immagini sono di cattiva qualità, ma si vede bene che Christian ha ragione.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-PC1LLUgfVhE/X5w-k64wRgI/AAAAAAAACdg/BoTgJEqEeIgPMVu98QuL1j58V7Oq9AYlQCLcBGAsYHQ/s1748/032.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1748" data-original-width="1416" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-PC1LLUgfVhE/X5w-k64wRgI/AAAAAAAACdg/BoTgJEqEeIgPMVu98QuL1j58V7Oq9AYlQCLcBGAsYHQ/w324-h400/032.jpg" width="324" /></a></div><br />
Si guardi la foto soprastante. Si tratta del giaciglio di Horst, dove si vede una coperta messa contro la fiancata sinistra.
<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-I8BYiwE6aBs/X5w-pvzkCPI/AAAAAAAACdk/cnw2B0mQLWM9e9-6j1-qyj_1fHueDG_4wCLcBGAsYHQ/s1748/031.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1748" data-original-width="1416" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-I8BYiwE6aBs/X5w-pvzkCPI/AAAAAAAACdk/cnw2B0mQLWM9e9-6j1-qyj_1fHueDG_4wCLcBGAsYHQ/w324-h400/031.jpg" width="324" /></a></div><br />
Un quest'altra foto si vede invece il cadavere del povero Uwe, con la stessa coperta.
<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-vH4lU1mDVZw/X5xFbDoAzhI/AAAAAAAACd8/EWZdmuFsH1IqVgQVpRM4iPt0Yiqr-tuqACLcBGAsYHQ/s1748/033_a.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1748" data-original-width="1416" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-vH4lU1mDVZw/X5xFbDoAzhI/AAAAAAAACd8/EWZdmuFsH1IqVgQVpRM4iPt0Yiqr-tuqACLcBGAsYHQ/w324-h400/033_a.jpg" width="324" /></a></div><br />
Ecco invece i materassini estratti dal furgone e disposti a terra a medicina legale. Si vede la stessa coperta alla testa del materasso in secondo piano. Sembrerebbe dunque che i materassi fossero
in posizione trasversale, quindi si deve ritenere che i ragazzi dormissero in posizione trasversale, e che avessero messo una coperta alla testa per sopperire
a un lenzuolo unico che non riusciva a coprire tutto (ma la coperta era corta, e Horst aveva aggiunto un panno bianco).
Probabilmente erano di bassa statura, si mettevano un po' di traverso e magari raccoglievano leggermente le gambe, però di traverso dormivano.-->
<b>L’altezza dello sparatore.</b>
A questo punto dimentichiamo la ricostruzione di Scuffio ed esaminiamo il foro
sul vetro centrale, corrispondente alla ferita al fianco di Horst, distante 150
cm circa da terra. Nella ricostruzione di questo blog si è ipotizzato che il
Mostro avesse esploso il colpo con gli occhi vicini al vetro e il braccio
addotto. In questo caso non avrebbe potuto tenere la pistola ad altezza superiore
a quella della spalla, semmai qualche centimetro al di sotto. E sulla base di
questo dato si era proposto una statura di circa un metro e ottanta. Però il
Mostro potrebbe anche aver sparato a braccio teso prendendo la mira, anzi,
secondo alcuni sarebbe questo lo scenario più naturale per il primo colpo, e anche chi scrive ha
finito per convincersene.<br />
La situazione potrebbe dunque essere stata simile a quella della foto sottostante.
<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-ZEgTMP7XvhU/X5ZlHZBCgMI/AAAAAAAACb0/Gy6dV-kLDL0j-tT_ViUvBL4ij0Jfu3RbgCLcBGAsYHQ/s1888/Sparo%2Bmira1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1888" data-original-width="1309" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-ZEgTMP7XvhU/X5ZlHZBCgMI/AAAAAAAACb0/Gy6dV-kLDL0j-tT_ViUvBL4ij0Jfu3RbgCLcBGAsYHQ/w278-h400/Sparo%2Bmira1.jpg" width="278" /></a></div><br />
Il mezzo è lo stesso di Giogoli, soltanto in un diverso allestimento con diversi
finestrini. Si tenga presente che l’attore in foto è alto un metro e 73 – più
le scarpe con un tacco di 2 cm – e che la mira è stata presa un po’ sotto il
finestrino opposto. Il segmento più basso unisce gli occhi dello sparatore alla
canna. Quello stesso segmento è stato traslato più in alto cercando di farlo
finire più o meno dov’era il foro sul vetro – che si vede nel riquadro aggiunto
– così da dare l’idea della superiore statura del Mostro.<br />
A questo punto proviamo a calcolare l’altezza degli occhi dello sparatore, dalla
quale dedurremo la sua statura. Si osservi l’immagine seguente, dove la scena viene
rappresentata in modo schematico. Abbiamo bisogno di altri tre dati, oltre
quello dell’altezza da terra del foro, che è di 150 cm: altezza da terra del
punto di arrivo del proiettile (dove lo sparatore mirava, segmento EG = BF), la
sua distanza dalla fiancata destra (segmento DE), la distanza degli occhi dello
sparatore dal vetro (segmento AC). Poi con qualche calcolo troveremo il valore
del segmento AB, che sommato a BF ci darà l’altezza degli occhi dello
sparatore. Aggiungendo 10 cm troveremo poi la sua statura approssimativa.
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-QXCdnmAoh5I/X5ZpfX1cJjI/AAAAAAAACcs/XcHnhBo6UFw2pSexxJxHLPbbxI-j5YlEwCLcBGAsYHQ/s729/Calcoli1.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="603" data-original-width="729" height="331" src="https://1.bp.blogspot.com/-QXCdnmAoh5I/X5ZpfX1cJjI/AAAAAAAACcs/XcHnhBo6UFw2pSexxJxHLPbbxI-j5YlEwCLcBGAsYHQ/w400-h331/Calcoli1.png" width="400" /></a></div>
Il punto di arrivo del proiettile è il fianco destro di Horst, per cui il primo
dato di cui si ha bisogno è l’altezza della corrispondente ferita da terra,
segmento EG. Per calcolarla in modo approssimativo si può partire dalla
presumibile altezza del piano di appoggio dei materassi, che nelle misure
fornite da Scuffio vale 97.5 cm. Come mostra il fascicolo fotografico, il foro
della ferita era a circa metà del fianco (nel senso dello spessore), quindi
pare abbastanza plausibile che si possa collocare prudenzialmente a un’altezza da
terra di 120 cm., aggiungendone 22.5 per il materasso, il suo cedimento e metà
del bacino. Tale valore viene confermato a occhio dalla foto sottostante.
<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-ZWy1jWkWE94/X5ZlczGiNaI/AAAAAAAACcE/RpOc1r3ESMYKZwMRCPB9tN9oTzS_OVoEQCLcBGAsYHQ/s349/Altezza%2Bfianco%2BHorst.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="323" data-original-width="349" height="370" src="https://1.bp.blogspot.com/-ZWy1jWkWE94/X5ZlczGiNaI/AAAAAAAACcE/RpOc1r3ESMYKZwMRCPB9tN9oTzS_OVoEQCLcBGAsYHQ/w400-h370/Altezza%2Bfianco%2BHorst.jpg" width="400" /></a></div><br />
Il segmento rosso vale il doppio della distanza tra il foro sul vetro e la
cornice, misurata da Autorino in 10 cm, quindi 20. Considerando che quel foro
era ad un’altezza di 140 cm, con i 120 calcolati prima ci siamo.<br />Adesso
calcoliamo la distanza della stessa ferita dalla fiancata destra del furgone,
segmento DE. A giudicare da una foto del fascicolo fotografico il foro si
colloca a circa due terzi della statura, qualcosina meno. Proporzionando il
dato alla larghezza del furgone, 154 cm, possiamo ritenerla distante dalla
fiancata circa un metro. Quindi abbiamo la seconda misura richiesta: segmento
DE = 100 cm.<br />Per
la distanza degli occhi dello sparatore dal vetro non si può che fare qualche
prova. Le prove condotte dallo scrivente con un posizionamento simile a quello
della foto con il furgone ha restituito un valore di 75 cm. La canna è stata
posizionata a sette o otto centimetri dal vetro, ignorando il problema degli
aloni (va da sé che allontanandola aumenta la statura dello sparatore). Quindi
abbiamo anche la terza misura: segmento AC = 75 cm.<br />Possiamo
a questo punto calcolare per differenza il segmento CD = 150 – 120 = 30 cm, e
applicando il teorema di Pitagora il segmento CE = radice (30x30 + 100x100) =
104 cm. Adesso applichiamo la proporzione ai lati omologhi dei due triangoli
simili ABE e CDE per trovare il segmento AB. Abbiamo AB : CD = AE : CE, quindi
AB = CD x AE / CE = 30 x (104+75) / 104 = 52 cm. Troviamo adesso l’altezza degli
occhi dello sparatore: AF = AB + BF = 52 + 120 = 172 cm. Aggiungiamo i 10 cm dagli occhi
alla cima della testa e avremo una statura di 182 cm, compresi i tacchi!<br /> La statura di 178 cm a qualcuno ricorda qualcosa?
<br /><br />
<b>Salvatore Vinci.</b> Il lettore può
modificare a suo piacimento le tre misure qui proposte, e rifare i calcoli.
Possiamo osservare che la statura diminuisce sia diminuendo la distanza dello
sparatore dal vetro, sia aumentando l’altezza della ferita e la sua distanza
dalla fiancata. In ogni caso pare abbastanza evidente che non si riuscirà mai
ad arrivare alla statura di Salvatore Vinci. C’è da dire che purtroppo il valore preciso non è noto. Nel rapporto Torrisi si parla di 165-170 cm, ma c’è
da scommettere che il colonnello l’avesse stirato un bel po’, con la stessa
disinvoltura con la quale aveva aggiustato altri dati in chiave iper colpevolista.<br />Probabilmente
Vinci faceva fatica a toccare il metro e sessanta, a giudicare dalle foto e da
alcune frasi leggibili qua e là. Per esempio nella Città del 13 aprile 1988, in
occasione del noto processo, si legge: “<i><span style="color: blue;">È un uomo piccolo ma battagliero</span></i>”. Se si pensa
che un italiano della sua età (era nato nel 1935) era alto in media uno e 68
(dati ISTAT) la definizione di “<i><span style="color: blue;">piccolo</span></i>” si commenta da sola. Con un foro sul
finestrino ad altezza 150 cm l’uomo avrebbe dovuto sparare in orizzontale!
Sussiste anche qualche legittimo dubbio che sarebbe riuscito a mirare dai
finestrini parzialmente opachi. La fascia trasparente iniziava ad un’altezza di
quasi 160 cm, quindi Vinci avrebbe dovuto alzarsi in punta di piedi! Se poi ci
mettiamo le impronte di ginocchia sulla Panda di Vicchio (<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2017/11/la-dinamica-di-vicchio.html" target="_blank">vedi</a>) lo scenario è
completo. Anzi, aggiungiamo pure le tre foto sottostanti.
<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-SiLEYFQ75_A/X5ZlojoneNI/AAAAAAAACcM/3h53C2Krv2UP0UDUJO97kTcPr0SfcZy3gCLcBGAsYHQ/s800/5.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="528" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-SiLEYFQ75_A/X5ZlojoneNI/AAAAAAAACcM/3h53C2Krv2UP0UDUJO97kTcPr0SfcZy3gCLcBGAsYHQ/w264-h400/5.JPG" width="264" /></a></div><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-9wMtnh2jPk0/X5ZluOl-aCI/AAAAAAAACcU/eLYvmufriNorxw4JKOnzAmSbxZZiBdWawCLcBGAsYHQ/s900/showimg.cgi.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="724" data-original-width="900" height="321" src="https://1.bp.blogspot.com/-9wMtnh2jPk0/X5ZluOl-aCI/AAAAAAAACcU/eLYvmufriNorxw4JKOnzAmSbxZZiBdWawCLcBGAsYHQ/w400-h321/showimg.cgi.jpg" width="400" /></a></div><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-uDQCNpPkdOs/X5ZlyuqtkXI/AAAAAAAACcY/KyDu29HXlb4uiSSVr8LaSW_QyORRgafOQCLcBGAsYHQ/s900/showimg2.cgi.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="665" data-original-width="900" height="295" src="https://1.bp.blogspot.com/-uDQCNpPkdOs/X5ZlyuqtkXI/AAAAAAAACcY/KyDu29HXlb4uiSSVr8LaSW_QyORRgafOQCLcBGAsYHQ/w400-h295/showimg2.cgi.jpg" width="400" /></a></div>
<br /><br />
Prosegue su <a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/11/ancora-giogoli.html">Ancora Giogoli</a>
</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com25tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-35437573768189278412020-05-25T05:50:00.005-07:002020-07-09T08:40:50.060-07:00Il tormentone dell'assicurazione (3)<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;"><a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/05/il-tormentone-dellassicurazione-2.html">Segue
dalla seconda parte</a></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><span style="color: black;">Bonus malus.</span></b><span style="color: black;"> Tutti i miei lettori certamente
sapranno che cos’è il <i>bonus malus</i>. In
ogni caso descriviamolo in breve, poi ne esamineremo alcuni aspetti tecnici.
Si tratta in sostanza di un meccanismo di calcolo del <i>premio</i> (l’importo da pagare ogni anno) per un’<i>assicurazione RCA</i>. Il meccanismo è semplice: sopra una base che
dipende da vari fattori – caratteristiche dell’auto, del conducente, della zona
– e che comunque è a discrezione di ogni compagnia, si applica un coefficiente
che risulta tanto maggiore quanti più incidenti (detti <i>sinistri</i>) il contraente ha provocato negli anni passati. Vale
soltanto il numero degli incidenti, non l’entità dei danni. In alternativa al
bonus malus c’è il sistema della <i>franchigia</i>,
con il quale il premio non varia a seconda della sinistrosità, ma l’assicurato
paga una parte del danno che provoca, con modalità di vario tipo. In tempi
recenti si sono affermati anche sistemi misti, che all’epoca non c’erano e che
quindi qui non c’interessano. <br />
Il sistema del bonus malus favorisce i conducenti più virtuosi. Le compagnie lo hanno
spinto a partire dagli anni ’80 per diminuire il peso delle truffe, tantoché
oggi quasi tutte le polizze sono di questo tipo. Ma vediamone il meccanismo.
Tutti gli assicurati vengono suddivisi in 18 <i>classi di merito</i>, ognuna delle quali prevede una maggiorazione (<i>classi malus</i>) oppure una diminuzione (<i>classi bonus</i>) rispetto al <i>premio base</i>. La classe del premio base,
quella che viene assegnata al neopatentato, è la 14, le classi superiori sono
le malus, le classi inferiori sono le bonus. Il passaggio da una classe
all’altra viene attuato anno per anno attraverso l’esame di un <i>periodo di osservazione</i>, che corrisponde all'ultimo anno anticipato, </span><span style="color: black;"><span style="color: black;">per consentire i conteggi, </span>di due mesi rispetto all’annualità del relativo premio. Se, per esempio,
l’annualità inizia e termina ogni 20 marzo, il periodo di osservazione inizia e
termina ogni 20 gennaio precedente.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Il
meccanismo per gli spostamenti di classe è il seguente: se nel periodo di
osservazione non ci sono stati incidenti la classe viene diminuita di 1, in
caso contrario viene aumentata secondo la formula <b>3 x N </b>–<b> 1</b>, dove “<b>N</b>” è il numero d’incidenti e “<b>x</b>” è il segno della moltiplicazione [addendum: in realtà la formula vale anche per zero incidenti!].
L’assicurato si porta dietro la propria classe anche quando cambia compagnia o
sostituisce il proprio veicolo con un altro. A far fede c’era una volta un <i>attestato di rischio</i> cartaceo, oggi
l’informazione è in un database generale accessibile a tutte le compagnie.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Le
regole precedenti valgono oggi, e sono state illustrate per completezza, ma negli
anni ’80 ne valevano di un po’ diverse. Come si vede dalla tabella sottostante,
le classi di merito erano 13, e andavano dalla 1b, la migliore, alla 11, la
peggiore. Chi stipulava per la prima volta una polizza di tipo bonus malus
entrava in classe 6. Bisogna tener presente che all’epoca c’erano in giro
ancora tante polizze con franchigia, quindi l’ingresso in una bonus malus
spesso dipendeva da un cambiamento di condizioni, magari associate a un
cambiamento di assicuratore e di compagnia.</span><br />
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-NFv9pIwMsRE/XsuvQJVcmeI/AAAAAAAACUM/i4NDaf8cBH05AJ40JyHjKGgjhvxIncy3ACLcBGAsYHQ/s1600/Classi%2Bdi%2Bmerito%2Bbonus%2Bmalus%2B1980.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="311" data-original-width="519" height="238" src="https://1.bp.blogspot.com/-NFv9pIwMsRE/XsuvQJVcmeI/AAAAAAAACUM/i4NDaf8cBH05AJ40JyHjKGgjhvxIncy3ACLcBGAsYHQ/s400/Classi%2Bdi%2Bmerito%2Bbonus%2Bmalus%2B1980.JPG" width="400" /></a></div>
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Sulla
colonna di destra la tabella riporta un coefficiente che fornisce le
maggiorazioni e gli sconti per ogni classe, fatto 1 quello della classe
d’ingresso, la 6 appunto.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Sotto
vediamo un’altra tabella dove invece vengono illustrate le modalità di
passaggio da una classe all’altra.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-9PJ69mYRHJ0/XsuvZdDIRQI/AAAAAAAACUQ/tLUXJH3348APJ-AIG3QhMZrg-f22kBC4gCLcBGAsYHQ/s1600/Tabella%2Bevolutiva%2Bbonus%2Bmalus%2B1980.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="280" data-original-width="408" height="273" src="https://1.bp.blogspot.com/-9PJ69mYRHJ0/XsuvZdDIRQI/AAAAAAAACUQ/tLUXJH3348APJ-AIG3QhMZrg-f22kBC4gCLcBGAsYHQ/s400/Tabella%2Bevolutiva%2Bbonus%2Bmalus%2B1980.JPG" width="400" /></a></div>
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Purtroppo
il software di conversione OCR ha prodotto diversi errori, ma con un po’
d’intuito si riesce abbastanza bene a comprendere la regola generale. Con
nessun sinistro succedeva quel che succede oggi, la classe scendeva di 1,
mentre in presenza di sinistri la classe saliva del loro numero, fino a un
massimo di 4.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Alle
due tabelle precedenti si deve aggiungere un’ulteriore differenza rispetto alle
regole odierne: il periodo di osservazione si arrestava non due ma tre mesi
prima della scadenza annuale della polizza, evidentemente per i conteggi meno
agevoli in presenza di un’informatizzazione ancora embrionale.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><span style="color: black;">La sinistrosità di Lotti.</span></b><span style="color: black;"> Veniamo adesso al caso Lotti.
La sua polizza 67053 con la Allsecures Preservatrice era iniziata il 20 marzo
1983 con l’acquisto della Fiat 128 nell’officina Bellini. I documenti
disponibili non lo specificano in chiaro, però dal contesto delle varie deposizioni
si trae la ragionevole certezza che quella fosse la prima volta in cui Lotti
acquistava dai Bellini, che approfittarono dell’occasione per portarlo sotto la
loro gestione assicurativa. Nel contempo dovette cambiare anche la tipologia della
sua copertura, dalla vecchia franchigia al nuovo bonus malus. A confermarlo è
l’immagine sottostante – per la quale ringrazio ancora una volta Francesco
Cappelletti – che ci dà la possibilità di esaminare due documenti assicurativi sequestrati
a Lotti nella perquisizione del 23 gennaio 1996.</span></div>
<br />
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<span style="color: black;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-UAb7Y17rChI/XsuvwCsGptI/AAAAAAAACUc/O74e7kZXPTIYaC3gyA21rDbYVyulJOJrgCLcBGAsYHQ/s1600/Bonus%2BMalus.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="747" data-original-width="1421" height="210" src="https://1.bp.blogspot.com/-UAb7Y17rChI/XsuvwCsGptI/AAAAAAAACUc/O74e7kZXPTIYaC3gyA21rDbYVyulJOJrgCLcBGAsYHQ/s400/Bonus%2BMalus.png" width="400" /></a></div>
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">A
sinistra si vede il certificato della polizza 67053 per la semestralità 20
settembre 1984 - 20 marzo 1985. A destra viene indicata la classe di merito della
corrispondente annualità, iniziata il semestre precedente: quinta con
provenienza dalla sesta. E, come si era sopra ipotizzato, questo porta a
pensare che Lotti avesse acceso tale polizza il 20 marzo 1983, in concomitanza
con l’acquisto della 128 rossa, entrando in sesta classe. Nel riportare il
passaggio alla quinta, il documento ci dice inoltre che fino al 20 dicembre
successivo – termine del periodo d’osservazione – l’individuo non aveva provocato
alcun incidente.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Purtroppo
la documentazione in mano a chi scrive non comprende informazioni sulle successive
classi di merito, però dall’importo del premio sulla 128 nel periodo 20 marzo
1985 – 20 marzo 1986 (questo noto dalla prima semestralità) si può tentare di
arguire se dal 21 dicembre 1983 al 20 dicembre 1984 Lotti avesse provocato o no
incidenti.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">L’immagine
sopra ci dice che il premio annuale pagato dal 20 marzo 1984 al 20 marzo
1985 fu di 353.100 lire (176.550 x 2). Applicando all’inverso il coefficiente
della classe quinta troviamo il premio base dell’annata, quello della classe
sesta: 353.100 / 0,92 = 383.800 lire. Cerchiamo di ipotizzare adesso quale
dovette essere più o meno il premio base dell’annata successiva, applicando il
coefficiente d’inflazione del periodo, circa il 12%: 383.800 x 1,12 = 429.850
lire. Il premio effettivo pagato da Lotti fu invece di 196.790 x 2 = 393.580 lire
(</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1vdtnEPb8ArXEQAqm2litJtqHFFMMmFlV" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">). A questo punto calcoliamo il coefficiente bonus malus che
era stato applicato: 393.580 / 429.850 = 0,915.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Che cosa risulta dal
calcolo precedente, Lotti aveva provocato incidenti nel
periodo dal 21 dicembre 1983 al 20 dicembre 1984? No, non ne aveva provocati,
poiché nel periodo successivo la sua classe di merito era diminuita ancora,
diventando 4. Il coefficiente della classe 4 era infatti 0,85, soltanto un po’
migliore dello 0,915 sopra calcolato. La differenza è senz'altro dovuta al
fatto che la compagnia aveva maggiorato il premio base un po’ di più del tasso
d’inflazione medio, dopo aver fatto i propri conti di redditività. Con un
incidente invece Lotti sarebbe tornato in classe sesta e avrebbe pagato il
premio pieno, cioè le 429.850 lire e più sopra ipotizzate.</span></div><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;"><br /></span></div><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;"><b>Addendum 9 luglio 2020:</b> Grazie all'immenso archivio di Francesco Cappelletti, è emerso il certificato che attesta la classe bonus malus di Lotti anche per l'annualità </span><span style="color: black;"><span style="color: black;">20 marzo
1985 – 20 marzo 1986. Come si vede, in accordo con i calcoli sopra effettuati la classe è proprio la 4.</span></span></div><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;"><span style="color: black;"><br /></span></span></div><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-dZpcAGV6WGM/Xwc6NXCWIXI/AAAAAAAACW4/wyXOyNnubUIP_6mBDqMYvYudNjVhFLYKwCK4BGAsYHg/s994/Assicurazione%2B1985%2B03%2B20.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="461" data-original-width="994" height="185" src="https://1.bp.blogspot.com/-dZpcAGV6WGM/Xwc6NXCWIXI/AAAAAAAACW4/wyXOyNnubUIP_6mBDqMYvYudNjVhFLYKwCK4BGAsYHg/w400-h185/Assicurazione%2B1985%2B03%2B20.jpg" width="400" /></a></div><span style="color: black;"></span></span></div><span style="color: black;"><b>Fine addendum.</b><br /></span><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;"><br /></span></div><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: black;">Continuiamo
a muoverci lungo la linea del tempo. Per i cinque mesi dal 21 dicembre 1984 al
24 maggio 1985, gli ultimi di utilizzo della 128 secondo la difesa Vanni, purtroppo
nulla possiamo dire, mancando le informazioni necessarie. Chi scrive pensa che
se incidenti ci fossero stati, essendo il periodo a ridosso della data di
voltura in qualche modo sarebbero emersi, dai controlli di Propato e dalla
deposizione di Bartoli. Dal fascicolo della polizza di voltura, la </span><span style="color: black;">68731, </span><span style="color: black;"> sappiamo invece per certo che
fino al 20 marzo 1986 gli incidenti furono soltanto i due con Giuliani e
Tartagli, poiché tracce di altri non ne vennero trovate.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Alla
fine di questa verifica dobbiamo accontentarci di un risultato parziale: se
niente sappiamo sulla sinistrosità di Lotti nei cinque anni di guida precedenti
il 20 marzo 1983, possiamo però ritenere abbastanza certo – con soltanto cinque
mesi di lieve dubbio – che nei tre anni dal 20 marzo 1983 al 20 marzo 1986 l’individuo
non avesse mai provocato un incidente. A parte i due in questione (per di più
molto vicini l’uno all’altro), che quindi vedono aumentare ancora la loro
sospettosità. Il lettore si faccia la propria idea.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Prima
di passare oltre vediamo ancora un’anomalia di questi due tediosissimi
incidenti. Come logica suggerisce e come mi ha confermato il mio consulente,
ogni sinistro aveva il proprio fascicolo archiviato per data. Dentro vi si
poteva trovare tutta la documentazione della pratica, spesso abbondantissima: l’eventuale
constatazione amichevole o comunque la denuncia, lettere, perizie, fotografie,
quietanze, in caso di danni alle persone certificati vari, e chi più ne ha più
ne metta. È chiaro che tutto questo cartame non avrebbe potuto albergare nel
fascicolo della polizza, nel quale veniva segnato soltanto un riferimento a
quello del sinistro, numero e data. Nell’ufficio di Giancarlo Gaviraghi tale riferimento
era costituito da una riga su una scheda sinistri.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Ebbene,
perché nel fascicolo della famigerata polizza 68731 erano state inserite le
fotocopie della lettera di denuncia di Lotti relativa al primo incidente e
della lettera di richiesta danni di Tartagli relativa al secondo? Gaviraghi non
è riuscito a trovare una valida motivazione, si è detto però d’accordo con
l’ipotesi che la presenza di questi due documenti costituisse indizio di
qualche problema di gestione dei due sinistri, del resto confermato
dall’abnorme tempistica dell’unico rimborso del quale venne trovata traccia.
Probabilmente anche la scheda sulla quale tale rimborso era registrato non
doveva trovarsi nel fascicolo della polizza, forse però faceva le veci della
riga di Gaviraghi. Tra l’altro suona strano che l’agente responsabile di
allora, Roberto Longo, di questi due anomali incidenti non avesse tenuto memoria,
visto i grattacapi che in qualche modo avevano dovuto dargli.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><span style="color: black;">Il diavolo fa le pentole ma…</span></b><span style="color: black;"> È davvero incredibile l’insieme
di stranezze che si possono rilevare nella compravendita della Fiat 124 di
Lotti. Si tenga presente che l’intero scenario è racchiuso nell’ambito
dell’officina Bellini, dove ci si occupava dell’operazione in tutti i suoi
aspetti, compresa la polizza assicurativa e le pratiche del passaggio di
proprietà, oltre naturalmente alla messa a punto del mezzo meccanico. Un
servizio davvero completo, quindi, nel quale, per quanto ne sappiamo, erano
impegnate almeno quattro persone di famiglia: padre, figlio, figlia e marito
della figlia. Vediamo adesso alcune anomalie di gestione, ripercorrendo la
vicenda sulla base delle date che i documenti ci hanno tramandato. In nome
della chiarezza, il lettore dovrà perdonare qualche inevitabile ripetizione.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">La
data in cui il precedente proprietario, Karl Schwarzenberg, consegnò la vettura
all’officina affinché se ne tentasse la vendita non è nota, dalla sua
deposizione possiamo però collocarla ragionevolmente nella prima metà del
maggio 1985. Si ha invece certezza che il 25 maggio l’auto venne assicurata a
nome Giancarlo Lotti. La nuova polizza sostituiva la precedente valida per la sua
Fiat 128, la cui copertura, da quel momento in poi, aveva quindi termine. Sappiamo
che l’assicuratore, in questo caso Mery Bellini, avrebbe dovuto chiedere
indietro certificato e contrassegno della vecchia polizza. Ma sappiamo bene che
non lo fece, poiché 13 anni dopo il certificato era ancora tra i documenti di
Lotti. È ragionevole ritenere che il contrassegno fosse rimasto sul parabrezza,
e fosse andato perduto al momento della rottamazione dell’auto. In ogni caso
non venne rintracciato tra le carte d’agenzia, dove avrebbe dovuto trovarsi
spillato alla polizza di voltura.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Dalle
parole di Roberto Longo abbiamo già visto a quali conseguenze negative avrebbe
potuto portare, per la compagnia assicuratrice, il mancato ritiro di
certificato e contrassegno della polizza volturata. E allora ci si deve
chiedere il perché a Lotti i due documenti non fossero stati ritirati. Disse
Longo: “</span><i><span style="color: blue;">Su
duecento, trecento contratti emessi poteva capitare che cinque o sei non avessero
il certificato o il contrassegno precedente allegato al simplo della polizza</span></i><span style="color: black;">”. Ma, a giudizio del mio
consulente – al quale, a sua memoria, l’evento sarà capitato una o due volte – tale
frequenza non è per niente ragionevole. In tempi nei quali l’informatizzazione faceva
parte di un futuro ancora molto lontano, il ritiro dei vecchi documenti della
polizza volturata era obbligatorio, e soltanto in casi eccezionali poteva
essere posticipato, ma al più di qualche giorno (esempio: un’urgenza
imprescindibile per un cliente fidato che li aveva lasciati a casa). Capitavano
casi in cui i documenti non venivano più rintracciati, ma allora il cliente
doveva recarsi dai carabinieri e denunciarne lo smarrimento. La consegna della denuncia
faceva poi le veci dei documenti perduti, e la compagnia era comunque esentata
dal continuare a coprire anche gli eventuali danni della vecchia polizza.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Riguardo
Lotti, ammesso e non concesso che l’officina Bellini avesse nutrito riguardi particolari
verso lo squattrinato individuo – ma c’è da dubitarne – per quale motivo gli era
stata stipulata una polizza di voltura senza la richiesta contestuale dei
vecchi documenti? Per quali imprescindibili ragioni d’urgenza si sarebbe
passati sopra alla mancata consegna? Infine, perché nei quattro mesi dalla
voltura del 25 maggio alla scadenza del 20 settembre tali documenti non gli
furono mai richiesti, dandogli così la possibilità pratica di circolare in quel
periodo senza copertura assicurativa valida? <br />
Passiamo a un’altra anomalia. A rigore, al momento dell’accensione della polizza della
124, sul relativo foglio complementare avrebbe dovuto comparire il nome del
nuovo proprietario, Giancarlo Lotti, ma, lo abbiamo già visto, era prassi non
formalizzarsi troppo per una mancanza del genere, visti i lunghi tempi di
trascrizione effettiva da parte del PRA a partire dalla relativa richiesta.
Richiesta che doveva comprendere l’atto di vendita firmato dal precedente
proprietario. Ma allora, perché Karl Schwarzenberg venne invitato a recarsi
all’ACI di San Casciano soltanto a luglio (data di firma il 3)? Fino a quel
momento l’auto era ancora sua, poteva quindi pentirsi sulla vendita, visto che
con i Bellini c’era stato un semplice accordo verbale. Se, per esempio, in quel mese e più la figlia avesse
cambiato idea e fosse tornata a vivere con lui, poteva tornare in officina a
riprendersi l’auto. A quel punto che sarebbe successo con l’assicurazione di
Lotti oramai volturata? <br />
Gino Coli era ben consapevole dell’anomalia, come dimostra questo frammento della
sua deposizione. Siamo in primo grado, quando pareva che la polizza 68731 della
124 fosse partita il 20 settembre 1985, e la data del 25 maggio era ignota alla
Corte. Il presidente stava cercando di capire il perché del ritardo di due mesi
e mezzo dell’assicurazione rispetto al momento in cui il precedente
proprietario aveva firmato l’atto di vendita, il 3 luglio.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Senta, e la cosa
all'ACI, la pratica all'ACI? La scrittura privata per rivendita, eccetera,
quando la facevate? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> No, noi si portava
il libretto e il complementare. E all'ACI si prendeva residenza, e la fotocopia
della... E dopo il proprietario andava a firmare la vendita. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Questo avveniva
prima del pagamento, o dopo il pagamento? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Mah, normalmente
il pagamento veniva un po' prima. Perché la pratica, noi all'ACI si lascia
tutto lì, va bene? Ci danno il foglio di via. Poi, dopo un giorno o due, il
cliente va a firmare quando c 'è il notaro. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Quando questo, la
macchina è già venduta, già consegnata, o no? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> É già consegnata,
perché lui va via con il foglio di via e l’assicurazione. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Allora, questa
cosa non torna. Allora, diciamo subito questo: che la polizza di questa
macchina comincia a decorrere dal 20 settembre, mentre la scrittura privata di
cessione dello Schwarzenberg a Lotti è del 3 luglio dell'85. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Può darsi che in
quel periodo fosse fuori il cliente.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> E com'è, com'è
questo intervallo? Ecco, lei mi deve spiegare com'è questo intervallo qui. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> É probabile che il
cliente, in quel periodo, sia andato all'estero. Perché normalmente, qualche
volta, andava all'estero, capito, questo signore. E allora che non ci fosse
stato subito per firmare la vendita. Eh, oppure...</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> No, no, la vendita
è prima, la vendita è prima. È due mesi prima.</span></i><span style="color: black;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">(</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1-WJ2PsWAD2od0Ayxugt_fG2dU6S6kxzM" target="_blank">Audio</a><span style="color: black;">)</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">“</span><i><span style="color: blue;">La vendita è prima,
è due mesi prima!</span></i><span style="color: black;">”,
esclamò stupito il presidente, senza rendersi conto che aveva appena scoperto
un altarino. Come ben si comprende, infatti, Coli intendeva giustificare una data
di firma successiva a quella di partenza dell’assicurazione, non precedente,
come invece gli veniva contestato. Quindi già sapeva dell’esistenza di quel
rateo di semestralità antecedente, con partenza al 25 maggio, che sarebbe
venuto alla luce soltanto in appello, ma si guardò bene dal farlo presente.
Perché? </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Ma
lasciamo da parte l’altarino, e mettiamoci nella condizione di polizza accesa
il 25 maggio con urgenza causa un imprescindibile bisogno di Lotti di portarsi
via l’auto (per esempio perché la 128 si era fermata). Poteva il ritardo di un
mese e mezzo nella firma di Karl Schwarzenberg essere dipeso da un suo viaggio
all’estero, come ipotizzato in anticipo da Coli, oppure da un qualsiasi altro
motivo a lui addebitabile? A giudicare dalla sua deposizione si direbbe di no:</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Lui mi telefona e dice: “L'abbiamo venduta, vada all'ACI di
San Casciano per firmare il contratto di vendita”. Cosa che ho fatto […]</span></i><span style="color: black;">.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">La macchina non l'ho più veduta da che l'ho affidata al
garage Bellini, che è successo alcune settimane prima della vendita dell'auto.
Non so se è rimasta nel garage, o se il garage l'ha imprestata. Questo non lo
so, non l'ho più rivista. L'ho consegnata, poi mi hanno telefonato, credo
alcune settimane dopo, per dire che avevano finalmente trovato l'acquirente.</span></i><span style="color: black;"></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Certo,
potrebbe esserci stato qualche difetto nei ricordi di Schwarzenberg, visto che in
questa storia i vuoti di memoria paiono frequentissimi, e forse qualche lettore
tenacemente abbarbicato alle proprie convinzioni non esiterà a farmelo notare.
Però sembra plausibile che i maligni possano pensar male.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Passiamo
alla terza anomalia. Quando Karl Schwarzenberg andò all’ACI di San Casciano a
firmare l’atto di vendita, i documenti della 124 dovevano essere già lì, come
logico e come del resto avrebbe detto Coli in aula. Allora ci si deve chiedere
il perché, subito dopo quella firma, non fosse partita la pratica di
trascrizione al PRA del nuovo proprietario sul foglio complementare, sempre di
competenza dell’ACI. Forse l’officina aveva chiesto di tenerla in sospeso perché
Lotti ancora doveva saldare il conto? Probabilmente sì, e questo depone a
favore di un pagamento e di un ritiro successivi. Di quanto? Il maligno pensa:
stai a vedere che Lotti aveva detto il vero in primo grado, poiché, per
arrivare al 20 settembre, non è che mancasse poi molto!</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">In
ogni caso quella pratica messa da parte sarebbe stata riesumata quasi un anno
dopo, il primo aprile 1986, quando l’ACI andò a rimetter mano nelle faccende di
Lotti alla sua richiesta di demolizione della 128. La pratica si chiuse poi il
26 novembre successivo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Delle
numerose anomalie dei due incidenti abbiamo già visto, e non è il caso di
ripetersi. Ce n’è però una che probabilmente a essi si ricollega. Come ormai
sappiamo bene, al 25 maggio 1985 era stata accesa la polizza 68731, con il
recupero del rateo residuo della semestralità già pagata sulla 67053, quella
della 128. Va tenuto presente che tutte le RCA sono polizze annuali,
eventualmente pagabili in due rate semestrali, come faceva Lotti. Ogni
annualità della sua 67053 decorreva dal 20 marzo, quindi la prima semestralità
era 20 marzo – 20 settembre, proprio quella di cui venne sfruttato il rateo. La
68731 assunse la medesima cadenza, quindi al 20 settembre venne pagata la
seconda semestralità. Ebbene, al cambio di annualità del 20 marzo successivo la
polizza venne dimenticata. Semplicemente Lotti cessò di pagarla, e proprio per
questo nel 1992 venne annullata dalla compagnia, come raccontò Bartoli in
aula, lo abbiamo già visto. <br />
Per quale motivo Lotti smise di pagare la polizza 68731?
Semplicemente perché sulla sua 124 ne venne accesa un’altra, la 69395, della
quale il 20 marzo 1986 pagò la prima semestralità (</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1Pf0JzWdGG8LHipoGsyQpwFvidU0mH3fB" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">). Quale fu il motivo di questa operazione del tutto inusuale?
Nel caso della voltura dalla 128 alla 124 è chiaro che la polizza, in presenza
di un cambio di auto, doveva anch’essa cambiare. Ma al 20 marzo 1986 l’auto rimaneva
quella, la 124 blu. Che motivo c’era di abbandonare la polizza 68731 e
stipularne una nuova?</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Dopo aver preso in esame varie ipotesi assieme al mio
consulente, l’unica ragionevole – a dire il vero tra le sole “oneste”; in tempi
di gestione cartacea qualche trucco si poteva anche fare, però c’era sempre il
pericolo delle ispezioni – ci è parsa quella di un cambio di tipologia.
Continuando con il bonus malus Lotti sarebbe risalito in classe 6, quindi al
rinnovo avrebbe dovuto pagare il premio base, invece di quello scontato del 20%
della classe 3. Questo a causa dei due incidenti. Supponiamo che di quei due
incidenti l’individuo fosse stato all’oscuro: come avrebbe giustificato il suo
agente il notevole aumento di premio, già gravato degli inevitabili adeguamenti
all’inflazione? Magari Lotti si sarebbe arrabbiato – se è vero che “nel loro
piccolo anche le formiche s’incazzano”, forse ogni tanto i babbei le imitano –
e l’anno dopo si sarebbe rivolto a qualcun altro.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Abbandonando il bonus malus per una franchigia opportunamente
calibrata il premio poteva subire ribassi notevoli. Certo, a eventuali incidenti per sua colpa Lotti avrebbe dovuto pagare parte dell’indennizzo di tasca propria,
quindi non sarebbe stato molto contento. In effetti, da alcune sue frasi
smozzicate in appello si capisce che qualche problema dovette averlo avuto, con
quell’assicurazione:</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Indove comprai la
macchina a San Casciano dal Bellini, lui faceva anche l'assicurazione delle
macchine, però era un'assicurazione... non tanto... i danni non è che te li
facessero... era un'assicurazione non tanto...</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Pellegrini:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Non dava tante
garanzie.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> No, a dire la
verità no. Era un po’ bassa come cose... come si chiamano?</span></i><span style="color: black;"></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Chi lo sa se andò così? Di sicuro per quell’inusuale cambio
di polizza un motivo dovette esserci, e non è detto che Lotti ne fosse stato consapevole,
viste le sue difficoltà con la parola scritta.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><span style="color: black;">Conclusioni.</span></b><span style="color: black;"> Siamo arrivati a un punto in
cui qualcuno dei miei lettori si sarà già fatto un’idea di ciò che potrebbe
essere accaduto attorno alle due macchine di Lotti, in quei mesi di
primavera-estate 1985. Chi scrive la propria ipotesi ce l’ha, ma poiché non è possibile esibire prove
tangibili a sostegno, bensì soltanto semplici ragionamenti su testimonianze
interpretabili a discrezione – anche se soggette alla logica – è meglio che
essa venga espressa attraverso una storia di fantasia, dove ogni
riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti sia puramente
casuale (</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1g41vIKB6X_qHojW5p1CwIDP6ooS8QQft" target="_blank">qui</a>).</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Si potrebbe allora sostenere che questo articolo non ha
dimostrato nulla? Questo non è vero. Se gli eventi li ha soltanto ipotizzati,
ha però dimostrato la superficialità dei tanti che fino a oggi vi hanno
costruito sopra scenari di parte, trascurando o interpretando in modo opportunistico
i numerosi aspetti anomali evidenziati dai documenti e dalle testimonianze. Vediamo
qualche piccola perla.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Disse il relatore d’appello, Bruno Loche, commentando i tre
certificati d’assicurazione consegnati da Bertini (17 maggio 1999, </span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2009/06/udienza-del-17-maggio-1999-07.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">):</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Uno che attesta il pagamento della
semestralità di premio fino al settembre dell'85 e si attiene al 128, un altro
che attesta il pagamento di una semestralità di premio dal settembre '85 e
riguarda la macchina 124 e poi un terzo che direi non ce ne importa proprio
nulla, che è una polizza che sostituisce la precedente del 124.</span></i><span style="color: black;"></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Peccato che quel terzo certificato “</span><i><span style="color: blue;">che direi non ce ne
importa proprio nulla</span></i><span style="color: black;">” andava invece analizzato in profondità, alla ricerca delle
motivazioni che avevano determinato il conseguente cambio di polizza. Ma Loche
si trovava in buona compagnia, poiché di quell’anomalo cambio di polizza
nessuno parve accorgersi.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Si legge in <i>Storia
delle merende infami</i>: “</span><i><span style="color: blue;">Come spesso accade la registrazione del contratto di
acquisto della per dir così, 'nuova' vettura, è avvenuta con un ritardo di due
mesi</span></i><span style="color: black;">”. Qui
Filastò commette due errori al prezzo di uno. Innanzitutto confonde la
registrazione del contratto di acquisto, che è a carico del PRA (ente pubblico)
e che nel caso in questione avvenne il 26 novembre 1986 su domanda del primo
aprile precedente – quindi con un ritardo molto più grande! –, con la firma
dell’atto di vendita davanti a un notaio messo a disposizione dall’ACI (ente
privato). Detto questo, bisogna comunque osservare che non viene mai stipulata un’assicurazione
prima di tale atto e del conseguente avvio della pratica di trascrizione al PRA, quindi non è vero che accade spesso: sarebbe come vendere la pelle dell’orso prima di averlo preso.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Veniamo poi a un libro molto più recente, <i>Al di là di ogni ragionevole dubbio</i> di
Paolo Cochi, che ambisce a smontare “</span><i><span style="color: blue;">una a una le dichiarazioni del reo confesso Giancarlo Lotti,
questa volta senza possibilità alcuna di appello</span></i><span style="color: black;">”, e che quindi, per tale
improbo compito, non dovrebbe permettersi neppure un errore. Vi si legge:</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Da qualche parte nelle carte del P.R.A. saltò
fuori la data in cui era stata fatta l’autenticazione dal notaio. La data che
si leggeva era appunto il 3 luglio 1985, quindi almeno da quel giorno il Lotti
era materialmente in possesso dell’auto e non dal novembre ‘86 come annotato
dal registro.</span></i></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">“</span><i><span style="color: blue;">Quindi almeno da quel giorno il Lotti era materialmente in
possesso dell’auto</span></i><span style="color: black;">”, sostiene l’autore. Ma non è per niente detto! Quando c’è di
mezzo un intermediario, in questo caso l’officina Bellini, i due eventi sono
scissi (anche se generalmente contestuali). Da una parte l’intermediario dà i soldi al venditore dopo che questi ha
firmato l’atto di vendita, dall’altra lo stesso intermediario consegna l’auto
all’acquirente dopo che questi ha pagato.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Un secondo esempio dal medesimo libro:</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Come possa aver fatto un incidente il 22
giugno con la 124 che era stata acquistata il 3 luglio, lo spiega il terzo
documento: un contratto assicurativo datato 26 maggio 1985. Quel contratto,
polizza 69.395, riguarda infatti un passaggio di assicurazione dalla 128 rossa
al 124 blu, effettuato il 25 maggio del 1985. In sostanza, Lotti era entrato in
possesso del 124 almeno sin dalla fine di maggio e questa doveva essere la vera
data in cui era materialmente stata redatta la scrittura privata e che
evidentemente era stata autenticata solo tempo dopo.</span></i></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">La scrittura privata sarebbe stata autenticata solo tempo
dopo? Ma che vuol dire? In caso di vendita di un’auto il proprietario va dal notaio e firma una dichiarazione che
trova pronta. L’autenticazione è contestuale. Lasciamo poi perdere l’errore sul
numero di polizza, che non è il 69395 ma il 68731, alla terza edizione non
ancora corretto.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">In questo terzo esempio vediamo un’ipotesi che non tiene
conto delle testimonianze:</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Dalla cartellina dell’avvocato Mazzeo
purtroppo non uscirono fuori i tagliandi, quelli che si espongono sul parabrezza.
Presumibilmente erano stati trasmessi dall’agenzia sub mandataria alla sede
centrale e quindi distrutti dopo dieci anni. Fu così che Lotti poté sostenere
di aver lasciato il tagliando sul parabrezza della 128, cosa che gli avrebbe
permesso di continuare a usare quell’auto senza rischiare a un eventuale
controllo di vedersela sequestrare, poiché l’assicurazione sarebbe risultata
ancora valida.</span></i></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Sappiamo invece, dalla testimonianza Bartoli, che il
fascicolo della polizza di voltura non era affatto andato al macero, e dentro
avrebbe dovuto trovarsi il tagliando o contrassegno della polizza volturata. Ma
non c’era. E non c’era neppure il corrispondente certificato, che infatti la
Corte ebbe da Bertini. Quindi è ragionevole ritenere che quel contrassegno
fosse rimasto davvero sul parabrezza della 128 di Lotti, e che davvero
quell’auto avesse potuto continuare a circolare impunemente anche senza
assicurazione. <br />
Oggi purtroppo i tanti bla bla hanno ormai inquinato in modo
irreparabile l’argomento. Si continuerà a perpetuare all’infinito lo scenario
della macchina rossa che a Scopeti non poteva esserci, perché aveva l’assicurazione
scaduta, perché era ferma senza le ruote, perché Lotti ne aveva comprata un’altra.
Come in </span><a href="http://mostrodifirenzevolumei.blogspot.com/2019/10/lotti-e-le-assicurazioni-1.html" target="_blank">questa</a><span style="color: black;"> serie di quattro articoli, dove l’altrimenti ottimo Omar Quatar non dà certo il meglio di sé nel tentativo di dimostrare che Lotti era un bugiardo. Perché, qualcuno aveva dei dubbi?<br />
Ma forse, nel loro piccolo, anche i bugiardi qualche volta dicono la verità...</span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com31tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-79550574179656551232020-05-19T07:56:00.001-07:002021-01-02T21:15:47.435-08:00Il tormentone dell'assicurazione (2)<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"><a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/05/il-tormentone-dellassicurazione-1.html">Segue
dalla prima parte</a></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Colpo di scena in
appello.</span></b><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"> Nell’anno
circa intercorrente tra la condanna di Vanni e Lotti in primo grado e l’inizio
del processo d’appello, le ricerche della difesa Vanni sull’acquisto della Fiat
124 blu proseguirono. Quando si era ormai quasi a ridosso del nuovo
procedimento, dalla sede di Firenze della compagnia Axa Assicurazioni –
subentrata alla Allsecures Preservatrice – venne fuori un certificato che
anticipava dal 20 settembre al 25 maggio la sostituzione della polizza 67053
sulla 128 con la polizza 68731 sulla 124. Quindi alle ore 10 del 25 maggio 1985
il rateo residuo della semestralità 20 marzo – 20 settembre della polizza della
128 era stato trasferito sulla nuova polizza della 124, e la 128 era rimasta
priva di copertura assicurativa. Naturalmente Filastò e Mazzeo si affrettarono
a integrare i motivi di appello con la clamorosa novità.
<br />
Ecco l’annuncio del relatore nel
corso dell’udienza del 17 maggio 1999 (<a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2009/06/udienza-del-17-maggio-1999-07.html" target="_blank">vedi</a>):</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">In serie di motivi aggiunti di appello i
difensori del Vanni hanno prodotto un documento. Ci hanno detto che hanno
effettuato loro indagini, si sono limitati a recarsi presso l'agenzia di quella
compagnia assicuratrice di Firenze e l'agente della compagnia assicuratrice gli
ha consegnato tanto di polizza, che noi abbiamo in fotocopia ma che speriamo di
leggere in originale attinente al 124. Io non ci ho letto nulla ma quello che
si legge è un timbro. Sembrerebbe che questa polizza sia stata stipulata il 25
maggio 1985, quindi sembra che la 124 abbia iniziato a circolare, diversamente
era inutile assicurarla, dal mese di maggio '85. Questa è la novità importante
in questa sede di appello.</span></i></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">
Preso atto della novità, il
procuratore generale Daniele Propato, futuro rappresentante dell’accusa, aveva
fatto anch’egli visita alla sede di Firenze della compagnia assicuratrice. E lì
non soltanto aveva avuto modo di verificare la fondatezza dei motivi d’appello,
ma si era anche trovato di fronte alle tracce di due incidenti stradali avuti da Lotti
alla guida della 124. Quando? Nell’estate del 1985, prima del delitto degli
Scopeti! Lo raccontò lui stesso nel suo primo intervento (17 maggio, <a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2009/06/udienza-del-17-maggio-1999-15.html" target="_blank">vedi</a>):</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Spontaneamente la signora che era lì in
ufficio mi ha dichiarato – e voi trovate il verbale – che il Lotti ha avuto due
incidenti con la Fiat 124. Ha avuto un incidente il 22 giugno '85 alle ore
21,45 in via del Poggio Imperiale, Firenze. Questo incidente è stato denunziato
dal Lotti, di questo incidente io non ho preso il nome dell'altra parte dell'incidente,
perché ce n'è stato un altro in data 31 luglio con questa Fiat 124, 31 luglio
'85 e di questo ho preso il nominativo e questa persona vi chiedo anche di
sentire.</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">
Era chiaro che esistevano tutti
gli estremi per riaprire il dibattimento con l’ascolto dei testimoni indicati dal
Procuratore Generale, nonché, se disponibile, dello stesso Lotti.
Il giorno dopo, 18 maggio, venne sentito per primo l’agente
assicurativo Alberto Bartoli, responsabile per Firenze della Axa Assicurazioni.
Di tale intervento è disponibile una trascrizione parziale </span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2009/07/udienza-del-18-maggio-1999-2.html" target="_blank"><span style="mso-bidi-font-family: Arial;">qui</span></a><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">, e l’audio completo </span><a href="https://www.youtube.com/watch?v=2na88dU-k-g&t=8s" target="_blank"><span style="mso-bidi-font-family: Arial;">qui</span></a><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">. Va premesso che nel 1985 Bartoli non lavorava per la precedente Allsecures Preservatrice, quindi il suo intervento servì più che altro a
fornire e illustrare la documentazione da lui ritrovata negli archivi
dell’agenzia.<br />
Queste furono le sue parole
riguardo il contratto 68731 con il quale la copertura della 128 era stata
trasferita sulla 124. Tale contratto era stato inserito tra gli annullati
(vedremo più avanti la significatività di tale condizione).</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Procuratore
Generale:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Quando lei dice di aver trovato questo contratto tra i contratti
annullati, che vuol dire?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bartoli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Vuol dire che le
polizze annullate vengono inserite in un certo archivio, e in questo archivio
io ho trovato questo contratto qua.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Sì, ma che vuol
dire annullato?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bartoli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Annullato vuol
dire… questo contratto ha avuto una certa storia. È partito dal maggio dell'85 per
il 124 ed ha proseguito fino al marzo dell'86/87, poi è stato annullato perché
il cliente non ha più pagato la rata. Noi lo abbiamo annullato nel settembre
del '92, però già dall'88 riguardava un veicolo diverso.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">PG:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Questa polizza è
un trasferimento, una sostituzione, una rinnovazione, un passaggio da una
vettura all'altra. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bartoli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> È un passaggio.
Alle ore 10:00 del 25 maggio '85 fu assicurato, al posto di un'altra
autovettura, un Fiat 124.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Questo cambiamento di polizza aveva comportato una spesa per
il contraente? No, anzi, pare che ci fosse stato un rimborso. In effetti ai
tempi si andava per cilindrata, con i cosiddetti cavalli fiscali, e la 128 era
di cilindrata superiore (1300 contro 1200).</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">PG:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Come cilindrata
delle macchine c’era un rimborso, lì c’è una compensazione, mi pare di leggere,
o no?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bartoli:
</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Sì,
sulla prima rata c’è un importo compensato.</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">A conferma si riporta il successivo scambio con Mazzeo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Mazzeo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Le risulta, sempre
esaminando questo documento che le viene sequestrato oggi, se l'assicurato per
fare questa sostituzione ha dovuto pagare qualche cosa?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bartoli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> No. Il premio è
stato compensato fino alla rata del settembre '85.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Mazzeo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Quindi per fare
questa sostituzione non ha pagato niente... era coperto fino al settembre dell'85,
avendo pagato in anticipo il 20 marzo '85 l'intero premio sulla macchina
precedente.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bartoli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Giusto</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Altro argomento importante fu quello dei documenti che
venivano richiesti in caso di voltura dell’assicurazione.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">PG:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Quando un cliente
viene dall'assicuratore e vuol fare questa operazione, l'assicuratore che
documentazione richiede?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bartoli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Richiedo i
documenti della vecchia vettura e faccio una sostituzione, contrassegno e
certificato di assicurazione, dopodiché effettuo la voltura e il cliente mi
dovrebbe portare il libretto della nuova autovettura da assicurare.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">PG: </span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Se no non fa questa
polizza?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bartoli:
</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Se
no non la fo. Però a quell’epoca lì… quello che la società di allora richiedeva
questo non lo so. Ora le regole sono queste.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">PG: </span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Allora, ci vuole il
certificato di assicurazione, il contrassegno della vecchia, e poi per la
macchina che acquisto ci vuole?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bartoli:
</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Il
cliente mi dovrebbe portare il libretto della nuova autovettura, dal quale
risulti che l’auto è di tizio. Queste sono le regole che ci sono oggi… può
essere che allora le cose fossero diverse. Il cliente mi riporta indietro
senz’altro il certificato e il contrassegno, poi può essere che senz’altro
l’assicuratore prenda e sostituisca la polizza su semplici dichiarazioni del
cliente.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Le regole indicate da Bartoli per le sue polizze valevano
tal quali nel 1985. In caso di voltura il cliente doveva consegnare il
certificato della vecchia assicurazione, quello normalmente conservato nel
cruscotto dell’auto, e il relativo contrassegno che invece andava esposto sul
parabrezza. Doveva anche mostrare il libretto della nuova auto dal quale
risultasse il passaggio di proprietà a suo nome. C’è da dire che mentre la
consegna di vecchio certificato e vecchio contrassegno era pressoché
obbligatoria – nonostante Bartoli avesse ammesso la possibilità di eccezioni, vedremo
quanto frequenti – quella del libretto con trascritto il nome del nuovo proprietario
molto meno, essendo troppo lunghi i tempi che al PRA intercorrevano tra
richiesta ed effettiva trascrizione.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Bartoli raccontò poi dei due incidenti, che più oltre
esamineremo in modo approfondito. Riguardo il secondo, quello del 31 luglio, a
seguire venne ascoltata la persona coinvolta, Federico Tartagli, il quale, con
una deposizione brevissima, dichiarò di non rammentare assolutamente nulla. Il
lettore prenda atto dell’ennesimo e totale vuoto di memoria, più avanti
esamineremo la deposizione in dettaglio.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">A questo punto, prima dell’esame delle spiegazioni di Lotti –
che giunsero a ruota – conviene effettuare un temporaneo salto in avanti, per
la precisione al giorno dopo, quando venne sentito Roberto Longo, l’agente
responsabile della Allsecures Preservatrice nel 1985 (<a href="https://www.youtube.com/watch?v=S6xF0AGBZBU&t=3s" target="_blank">qui</a> l’audio),
al quale il presidente iniziò a chiedere delucidazioni sulla polizza 68731
partita il 25 maggio 1985 sulla 124.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Questa polizza risulta rilasciata dalla sua agenzia</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Longo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Certo. Dalla mia agenzia.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Ricorda se l’ha
rilasciata personalmente?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Longo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Personalmente no.
Perché io su San Casciano mi servivo dell’officina Bellini che vendeva
automobili nuove e usate. L’esazione vera e propria avveniva tramite l’officina
Bellini. Io preparavo la polizza, gliela davo, loro incassavano e me la
ritornavano firmata. Quindi io il cliente non lo vedevo.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Mi sembra di aver
letto negli atti che in realtà si occupava dei contatti con lei…</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Longo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Esatto, la signora
Mary Bellini, sì.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Dopo il timido accenno del marito Gino Coli in primo grado (“</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Qualche volta era
in contatto e faceva delle assicurazioni con questa compagnia qui</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">”), Longo consentì di scoprire –
ma dalle parole del Presidente pare che la notizia fosse già agli atti – che
la signora Mery Bellini nel 1985 era il suo subagente per San Casciano, dove
interfacciava in modo diretto i clienti. Quindi delle polizze di Lotti si era
occupata lei.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Poi il presidente chiese informazioni sulla questione del
mancato ritiro di certificato e contrassegno della polizza vecchia:</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Questa polizza è
sostanzialmente la voltura di una polizza precedente su una macchina diversa. Prima
di rilasciare questa polizza, voi ritiravate il certificato di assicurazione
rilasciato sulla macchina che ora non era più assicurata e ritiravate anche il
tagliando da esporre o no? E nel caso specifico, le risulta che sia avvenuto
questo o no?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Longo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Nel caso
specifico, signor giudice, non me lo ricordo, però la prassi regolare era
quella che dovevano ritirare il vecchio certificato e il contrassegno, se no la
compagnia rischiava di coprire due vetture, cioè la vettura che veniva
sostituita e la nuova autovettura. Siccome il certificato e il contrassegno portano
la firma della compagnia, la compagnia è responsabile fino alla scadenza del
contratto della circolazione del veicolo, quindi se non viene fatto questo atto
la compagnia rischia su due vetture, mentre invece risulterebbe solo una
vettura per il premio incassato. Questa è la prassi però, ora, signor giudice,
non mi ricordo se in quel caso fu fatto o meno.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Lei sostanzialmente mi dice che non attendeva
che le pervenissero questi documenti prima di rilasciare la polizza, visto che
lei agiva per interposta persona?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Longo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Le polizze emesse
nel mese precedente venivano sistemate una volta al mese, nel mese successivo.
Passava un mese dall’emissione del contratto, quindi a volte io non lo sapevo
se venivano ritirati al momento o dopo il certificato e il contrassegno vecchi.
Perché era una prassi che non avveniva immediatamente presso il mio ufficio,
avveniva presso la subagenzia di San Casciano, che io andavo una volta al mese
regolarmente. Quindi non potrei confermare se in quella fattispecie fu fatto
come doveva essere fatto.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">PG:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Volevo capire
meglio che cosa facevate a Firenze e che cosa si faceva San Casciano, cioè la
polizza la compilavate qua a Firenze, poi la mandavate tramite qualcuno a San
Casciano?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Longo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Esatto. I
contratti vengono emessi esclusivamente dalle agenzie, perché le agenzie sono
responsabili<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>nei confronti della compagnia
della emissione delle polizze, poi il subagente cura l’incasso e rimette i
simpli </span></i><span style="color: blue;">[documenti]<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> all’agenzia.</i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">PG:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Quindi la signora
a San Casciano faceva da tramite, consegnava materialmente la documentazione e
ritirava il certificato.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Longo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Esatto. Doveva
ritirare il certificato vecchio.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">PG:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> E gliel’avevate
chiesto? Lo sapeva questa signora?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Longo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Lo sapeva quello
che doveva fare, poi se nella fattispecie l’ha fatto io non glielo posso dire.
Però la prassi che doveva ritirare il vecchio certificato e dare quello nuovo,
sì. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">PG:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Questo
certificato… il contrassegno…</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Longo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> È quello esposto
al vetro che si chiama contrassegno e il certificato quello che dovrebbe stare
nel [cruscotto].</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">PG:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> E lei cosa voleva
di questi due? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Longo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Tutti e due.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">PG:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Tutti e due. Poi questo
certificato non l’ha avuto perché l’abbiamo noi.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Essendo rimasto a Lotti il certificato della vecchia polizza
– quello consegnato dal suo legale alla Corte in primo grado – si deve
ragionevolmente presumere gli fosse stato lasciato anche il contrassegno
esposto sul parabrezza. La qual cosa gli avrebbe consentito di circolare con la
128 non più assicurata senza temere i controlli della polizia, visto che ai
tempi non c’era l’informatizzazione di oggi. Anzi, non avendogli ritirato i due
documenti, in caso di sinistro la compagnia assicuratrice sarebbe comunque
stata obbligata a coprire eventuali danni, come affermò chiaramente Longo su
domanda di Bertini (“</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Fino al 20 settembre 1985 può darsi che il cliente abbia
avuto in mano anche il certificato vecchio, se non è stato ritirato. Quindi la
compagnia era responsabile fino al 20 settembre 1985</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">”). E questo per legge, quindi è
evidente l’importanza dell’operazione di ritiro.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Non
si comprende il perché non fosse stata convocata anche Mery Bellini, tanto più
dopo la testimonianza Longo. Chi meglio di lei poteva raccontare come si erano
svolti i fatti? Si trattò di un gravissimo errore della Corte e del Procuratore
Generale, che fece il paio con quello, grave soltanto un po’ meno, del non aver
convocato la persona con la quale Lotti avrebbe avuto il primo dei due
incidenti. Riguardo la Bellini, possiamo in ultimo notare il buon fine
dell’operazione del marito, che in primo grado aveva sostanzialmente
occultato, minimizzandolo, il suo vero ruolo in officina.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Le menzogne di
Lotti. </span></b><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Torniamo
adesso all’udienza precedente e all’ascolto delle spiegazioni di Giancarlo
Lotti (</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1NY0Jumq0VGhKd7UibInZbO5dGoigH9lo" target="_blank"><span style="mso-bidi-font-family: Arial;">qui</span></a><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"> l’audio completo).</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Consigliere:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Si voleva sapere e
lo vorremmo sapere ancora noi, lei che macchina aveva l'8 settembre 1985 agli
Scopeti.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Il 128.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Consigliere:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Il 128 e lei
continua a dire questo. Adesso le faccio sapere una cosa. Si è scoperto che
questo 124, che lei aveva comprato, lei l'aveva addirittura assicurato in maggio.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Io le adoperavo
tutte e due le macchine, il 128 e il 124.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Consigliere:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Ah, lei
contemporaneamente le usava tutte e due, il 128 e il 124, abbiamo capito bene?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Sì, sì, sì.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Consigliere:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Però in primo
grado lei disse un'altra cosa, se lo ricorda?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lotti: </span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Forse non mi
ricordavo preciso, l'altra volta... Invece ora me lo ricordo preciso.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> L'importante è che
lei prenda atto del fatto che lei circolava a quell'epoca anche col 124 e...</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> No, col 124 andavo
in posti un po’ più lontano perché il 128 gli era quasi per finire, sicché...</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Ma lei non era
assicurato col 128.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lotti: </span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">No, ci avevo il
coso, però non era assicurata, ne assicurai una sola, due come fai a assicuralle?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Quindi col 128
circolava senza assicurazione?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Andavo vicino, non
lontano.</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Ecco la sfacciata spiegazione di Lotti a tutti i misteri: “</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Io le adoperavo
tutte e due le macchine, il 128 e il 124</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">”! Ma come aveva potuto circolare con una 128 non più
assicurata? Perché gli era rimasto il contrassegno sul parabrezza (“</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">ci avevo il coso</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">”), come spiegò meglio su domanda
di Mazzeo, che a dire il vero sembrò aver capito poco della sua risposta,
invece abbastanza chiara.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Mazzeo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Lei ha detto prima
che ci ha tenuto sul 128 rosso, dopo aver comprato la 124, un contrassegno di
assicurazione anche se era belle scaduto. Cosa vuol dire?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lotti: </span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Un mi ricordo mica
di preciso.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Mazzeo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Non l'aveva
consegnato? Non le era stato richiesto?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Era rimasto nella
macchina...</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Mazzeo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Come nella
macchina? Lei ha detto che lo teneva sul cruscotto!</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Era rimasto lì.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Mazzeo:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Lei cosa ha messo
sul cruscotto? Era libero, pulito, vuoto oppure ci ha messo un simulacro di
assicurazione quando circolava magari per trarre in inganno qualche vigile
urbano?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Quando la tiensi
ferma c'era sempre il contrassegno alla macchina.</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Come era stata sua abitudine in istruttoria e nel
dibattimento di primo grado, di fronte a quella che pareva l’evidenza Lotti
fece dunque una giravolta strategica e si adeguò alla contestazione senza
contrastarla: semplicemente aveva usato entrambe le auto. È chiaro però che mentiva.
Mentiva perché non avrebbe avuto senso usare entrambe le auto, e mentiva soprattutto
perché i suoi datori di lavoro, nell’udienza del 18 marzo 1998, avevano rilasciato
testimonianze che dicevano tutt’altro. Partiamo da Roberto Scherma.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> E quando ritirò la
macchina, la 124, davanti a casa sua c'erano tutte e due le macchine o ce n'era
una sola? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Ma mi pare per un
po' di tempo c'è stata anche quella che non andava, quella che l'aveva rotta.
Quella che era rotta. Non mi ricordo di che era rotta, quella per un po' di
tempo ci deve essere stata, lì. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> E quando c'era la
macchina 124, la blu, Lotti usava anche la 128? O usava solamente la 124 nuova?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> No, l'altra no,
non credo, non credo io, perché era rotta. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Quello che ha
visto, quello che ha visto lei. Lei non deve dire quello che pensa, quello che
ha visto fare, è una cosa diversa. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Io non l'ho...
quella lì… rotta, non gliel'ho vista usare... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Da quando c'aveva
l'altra nuova. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">: Gliel'ho ho vista
lì davanti per un po’ di tempo e poi mi pare che chiamò il coso lì, quello che
le prendono, il demolitore.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> E quanto tempo è
stata ferma davanti a casa sua quella macchina lì? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Mah, un po' di
tempo c'è stata, un so, un mese, due mesi.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Cioè, un mese o
due mesi da quando ha ricevuto la macchina, la 124? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Sì, lui andava con
quella, diciamo, nuova.</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Lei questa
macchina rossa quanto tempo l'ha vista ferma? Di che periodo più o meno? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Mah, l'ho detto
prima, il periodo un me lo ricordo. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Un mese, due mesi,
ha detto.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Sì, penso un paio
di mesi, io, così... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Ecco, durante
questi due mesi lei è sicuro di non averla mai vista in movimento questa
macchina?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> No, io in giro,
no, un l'ho vista. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Ecco. Stava in un
posto davanti alla casa del Lotti. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Davanti alla casa
del Lotti.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Anche il figlio Luigi aveva confermato la circostanza:</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Ecco, quello che
volevo sapere io, invece, è: da quando lui ha avuto per la prima volta la 124
blu, la 128, se funzionava, se la usava lo stesso, non la usava; era ferma, con
le ruote, non ruote... Cosa ricorda di questi particolari? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">L.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Mah... A me sembra
che non la usasse più la 128; usasse solo la 124 blu. Non... diciamo, non ho
badato tanto a questo. Ma mi sembra che la macchina non era più funzionante e
usava solo la 124 blu. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">E
dunque, secondo entrambi gli Scherma, dopo l’acquisto della 124 Lotti non aveva
più adoperato la 128. Se fosse accaduto il contrario non si vede perché i due
non avrebbero dovuto accorgersene e ricordarsene, essendo del tutto anomalo un
comportamento di tal genere, quindi impossibile da passare inosservato a chi
aveva le due macchine tutti i giorni sott’occhio. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">PG confuso e giudici sicuri.</span></b><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"> In base alla sua requisitoria
del 20 maggio (</span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2009/09/udienza-del-20-maggio-1999-1.html" target="_blank"><span style="mso-bidi-font-family: Arial;">qui</span></a><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"> un’ampia sintesi), possiamo ragionevolmente suppore che quanto
di Lotti non aveva capito la difesa Vanni lo aveva almeno intuito il
Procuratore Generale. È ormai celebre questo passo – ma ogni appassionato
farebbe bene a leggerlo e rileggerlo più volte – in cui Daniele Propato tracciò
un inquietante ritratto dell’individuo, basandosi sulla perizia Fornari-Lagazzi
integrata da osservazioni proprie:</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Riguardando la consulenza Lotti, qua il migliore autore per
questi reati, secondo me, è Lotti: perversione sessuale, istinti omosessuali
farebbero pensare a un Lotti autore dei reati. Lotti è mancino, ma per certe
cose usa ambedue le mani. E c'è una cosa che mi allarma: il francese una volta
dice che è stato preso col destro e accoltellato col sinistro ma i periti
dicono da destra a sinistra che fa proprio pensare ad un mancino.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">La consulenza dice: guardate che Lotti non è un mitomane, è
vigile, lui sa come rispondere persino ai consulenti, valuta le risposte, si
regola a seconda dei casi, è cosciente della sua posizione, in qualche momento
– dice Lagazzi – rispondeva in modo palesemente e volutamente evasivo alle
domande che gli facevamo e riferiva elementi che facevano parte soprattutto
della sua storia personale. È una persona che davanti a domande specifiche
talvolta eludeva le stesse domande oppure si limitava a ribadire che su
determinati argomenti non ha nulla di più da dire.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Dice che pur essendo persona di risorse culturali e sociali
limitate, era in grado di reggere validamente un colloquio con gli
interlocutori. È l'atteggiamento di una persona molto attenta a quello che
diceva, molto attenta a quello che non diceva. Tutto quello che anche
indirettamente poteva in qualche modo portare nuove discussioni su questo
argomento lui lo troncava.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Si è atteggiato a uomo mite, che subisce gli altri, ma i
consulenti non sono d'accordo su questa valutazione. E questo è Lotti.</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">(</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1zGyaxDMo0MS4ODWUV0FZZwixlsH3Ir48" target="_blank"><span style="mso-bidi-font-family: Arial;">Audio</span></a><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">)</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">In
quest’altro passo – chi scrive non è riuscito a collocarlo nel tempo, è comunque
rintracciabile </span><a href="https://www.youtube.com/watch?v=GJm7qlH3JVo&feature=youtu.be&t=28647" target="_blank"><span style="mso-bidi-font-family: Arial;">qui</span></a><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"> – Propato si dichiarò convinto che Lotti non avesse subito manipolazioni
dagli inquirenti: </span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="postbody"><i><span style="color: blue;">L’avvocato Filastò è stato molto leggero nel processo
d’appello. Insomma, non ha fatto polemiche. Lui dice, con la richiesta del
Procuratore Generale perché dovevo far polemiche? Ma se uno va a rileggere
tutto il dibattimento di primo grado l’avvocato Filastò è parecchio più
combattivo, più pungente. Qui ha parlato di contaminazione dei testimoni. Ma in
questa formazione progressiva della prova, cioè delle dichiarazioni, ci può
essere un sospetto diverso, che qui non è stato esplicitato. Io a questi
sospetti non credo minimamente, cioè io questi sospetti non ce li ho.</span></i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="postbody"><i><span style="color: blue;">Nessun pubblico ufficiale aveva interesse a fare qualche
cosa così contraria alla legge, per esempio manipolare un testimone. Io mi
rifiuto di credere, un collega, un poliziotto… Qui non ce n’è, altrimenti tutti
i contrasti del Lotti non li avremmo nemmeno avuti. Lotti non è stato costretto
da nessuno, Lotti non è stato manipolato da nessuno, Lotti ha fatto le sue
dichiarazioni spontaneamente. E tanti particolari che lui racconta in qualche
modo s’incastrano con gli avvenimenti. E questo rimane per me il mistero Lotti.</span></i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Per
Propato dunque Lotti alla fine rimase un mistero, lo ammise lui stesso. La sua inedita
intuizione non poté concretizzarsi appieno per una serie di ragioni, la cui
principale, a parere di chi scrive, è proprio quella relativa alla questione
disponibilità sì o disponibilità no della Fiat 128 Sport Coupé rossa il giorno
del delitto degli Scopeti.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Come si poteva immaginare Lotti è venuto davanti a voi e di
fronte alla nuova emergenza processuale ha dato la risposta più logica: “Le
usavo tutte e due”. Ma bisogna andare a rileggere le dichiarazioni del Lotti su
ciò che riguarda l'automobile 128. Lui quando ha consegnato il certificato di
assicurazione fino al settembre '85 sulla Fiat 128 ha impostato le sue
dichiarazioni su quel presupposto: “Io fino al 20 settembre non circolavo con
la 124 perché avevo l'assicurazione sulla 128”.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Si legge da più parti nel verbale dibattimentale: “Io non
avevo i soldi per far andare due macchine”. “Perché usavi due automobili?”. “Perché
mi garbava così”. A mio avviso non è una risposta valida quando la risposta sia
stata data dopo pagine e pagine di domande sulla 128, impostate sul presupposto:
“Io ci ho il certificato di assicurazione, io viaggiavo con quella macchina”.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">I vari testimoni vicini di casa, e lo stesso Lotti, parlano “di
qualche mese” di aver avuto contemporaneamente 128 e 124. Nel primo
dibattimento quando gli hanno fatto qualche domanda, alla fine ha ammesso di
essere uscito con la 128 ma ha detto “qualche volta”. A voi direttamente ha
detto: “La usavo per i viaggi più vicini, non lontano”. Combinazione, a Firenze
lui ha fatto due incidenti, e li ha fatti – mi pare su questo non si possa
dubitare – <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>li ha fatti con la 124. È credibile
che per andare alla piazzola degli Scopeti piglia la 128 e lascia la 124?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Ma perché mai doveva decidersi a comprare un'automobile i
cui soldi glieli ha dati il datore di lavoro? Lui non ce li aveva, segno è che
la 128 o non funzionava completamente o comunque era diventata una carretta. È questo
il punto che secondo me va valutato pienamente e che ha incrinato certe mie
convinzioni.</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">(</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1vfpswV1zS5PFp-MesHeLnb2QjMuAq9jR" target="_blank"><span style="mso-bidi-font-family: Arial;">Audio</span></a><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">)</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Come
si vede, a fronte dei nuovi elementi portati dalla difesa Vanni e della
conseguente contraddittoria reazione di Lotti, Propato era decisamente
perplesso sulla possibilità che questi fosse andato agli Scopeti con il 128. Si
noti la grande valenza attribuita dal magistrato ai due incidenti, per lui
avvenuti senza dubbio con il 124 e che quindi rendevano poco credibile che l’8
settembre successivo Lotti avesse usato il 128. Come dargli torto? Ma era
giustificata tutta la sua sicurezza sulle modalità con le quali sarebbero
avvenuti i due incidenti?</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">In
ogni caso i giudici di secondo grado si bevvero a canna tutte le menzogne di
Lotti. Non è il caso di esporre, neppure sinteticamente, i ragionamenti della
pessima sentenza; ne bastino le conclusioni:</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Il tutto poi a prescindere da una ulteriore considerazione
che deve necessariamente farsi: il fatto che il Lotti neppure ricordasse di
avere comprato qualche mese prima dei fatti un’altra vettura non significa
assolutamente che il medesimo l’8 settembre 1985 non abbia usato la 128 rossa. Tale
auto era infatti nella sua piena disponibilità con tanto di tagliando assicurativo
(illegittimamente) esposto sul parabrezza ed il Lotti ha dichiarato davanti a
questo giudice che le macchine le usava tutte e due: la qualcosa è pienamente
credibile se si tiene presente che il tagliando esposto sul vetro della Fiat
128 indicava una scadenza del periodo assicurativo al 20 settembre 1985.</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">E dunque Lotti,
dopo aver convinto i primi giudici, alla fine riuscì a convincere anche i secondi di essere andato agli Scopeti con la 128 rossa, guadagnandosi
</span><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">in questo modo </span>i suoi agognatissimi 26 anni di carcere! La stranezza di tale comportamento esige qualche
riflessione, quindi apriamo una parentesi.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Mentre
in aula insisteva con pervicacia nell’affermare di aver usato entrambe le auto,
per di più mentendo, Lotti si portava sul groppone il peso di una condanna in
primo grado a trent’anni di carcere. Per preparare una linea di difesa in vista
dell’appello lui e il suo difensore avranno senz’altro tenuto degli incontri,
entrambi consapevoli di dover fronteggiare la clamorosa novità
dell’assicurazione partita al 25 maggio. Nel caso fosse stato del tutto
innocente, quale miglior occasione avrebbe avuto Lotti per buttare all’aria il
tavolo dichiarando che sì, lui nel settembre 1985 la macchina rossa non ce
l’aveva più? Invece, assieme a Bertini, preparò soltanto una richiesta di
attenuanti, tramite la quale poteva sperare al massimo di vedersi ridurre la
condanna da trent’anni a una quindicina, ben più del paio o tre – peraltro già
scontati – che avrebbe potuto rimediare per la sola calunnia. Sempre nel caso
di una sua totale estraneità, è credibile che non ne avesse reso consapevole il
proprio difensore? Oppure che questi, dopo averne ascoltato la professione
d’innocenza, lo avesse comunque convinto a insistere nella sua rischiosissima
confessione con chiamata in correo?</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Ma
non è questa la sede per porsi simili domande – porterebbero troppo lontano –
quindi chiudiamo subito la parentesi, e torniamo ai certificati. A
dimostrazione che Lotti e Bertini avevano preparato assieme le spiegazioni
sull’uso di entrambe le auto c’è una domanda furbina del secondo al primo, da
questi però non troppo raccolta: “</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Si ricorda se le è mai successo che la 124 non si mettesse
in moto?</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">”; “</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Qualche volta può
essere successo</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">”.
Ma allora, perché tale versione non l’avevano preparata già in primo grado?
Forse il certificato 25 maggio – 20 settembre relativo alla 124 non era tra le
carte di Lotti e Lotti era stato zitto nascondendone l’esistenza a Bertini? E
perché gli altri certificati c’erano e quello no? Oppure Bertini – ma sarebbe
stato un pessimo stratega – lo aveva ignorato nella speranza che non venisse
mai fuori? Oppure infine, in uno scenario come vedremo per nulla impossibile –
anzi! – Lotti di quel certificato non ne sapeva nulla?</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Alla
ricerca di risposte ai tanti misteri che caratterizzano la compravendita di
questa Fiat 124 blu nel prosieguo ne evidenzieremo le tante stranezze. Di
queste cercheremo poi di dare una per quanto possibile corretta
interpretazione, nelle intenzioni un po’ meno dozzinale di quelle che ancor
oggi si leggono sul Web e sui libri privi di ragionevoli dubbi o, peggio,
celebrativi di spietate indagini.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Un’auto piena di amnesie.</span></b><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"> Proviamo adesso a ripassare e
commentare il vuoto di memoria che colpì chi aveva avuto a che fare con la Fiat
124 di Lotti prima del 20 settembre 1985. Cominciamo dal titolare
dell’officina, Franco Bellini, e dal suo intervento in aula del 17 marzo 1998 (</span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2016/03/processo-contro-mario-vanni-3-udienza_24.html" target="_blank"><span style="mso-bidi-font-family: Arial;">vedi</span></a><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">):</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Senta, lei conosce
Lotti Giancarlo? Lo conosce, vero? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bellini:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Sì, era mio
cliente. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Si serviva della sua officina. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bellini:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Della mia
officina, sì. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>É lei che ha venduto la 128 a lui? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bellini:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> La 128 sì, mi
ricordo di avergliela venduta. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Ecco, noi
intendiamo parlare non della vendita della 128, ma della 124 blu o celeste.
Com'era? Blu o celeste? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bellini:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Quello, guardi,
io, assolutamente non me lo ricordo. Il 124 che ha preso dopo non mi ricordo
nemmeno di che colore era, onestamente. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Era la macchina di
Schwarzenberg. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bellini:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> L'ho saputo
stamani mattina io di questo, perché non mi ricordavo... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Non c'era lei in
officina? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bellini:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Sì, c'ero io in
officina. Ma, capisce, sono passati tanti di questi anni che ricordarmi... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Senta, c'era un
altro dipendente che si chiama Gino? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bellini:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Il mio cognato.
Coli Gino.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> E pare che questa
macchina è stata proprio venduta, il pagamento l'ha ricevuto lui, il Gino,
dallo Scherma Roberto.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bellini:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Può darsi. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Con un assegno, eccetera, eccetera. Insomma,
questa vendita è stata trattata da voi. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bellini:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Può darsi sia stata trattata da noi. Infatti io, quando mi chiesero che macchina avevo
venduto, dissi: il 128 me lo ricordavo chiaramente, era una macchina un po'
particolare, un 128 coupé rosso. Altre macchine, onestamente, capisce, ne
passano tante, ricordarsele tutte...</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">(</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1ytaCbZ8kNKqMRvbjSsaecrcUNJQjwfCh"><span style="mso-bidi-font-family: Arial;">Audio</span></a><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">)</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Insomma,
Franco Bellini si ricordava bene della 128, ma della 124 nisba! C’era </span><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">però </span>la
speranza che se ne ricordasse meglio il cognato, Gino Coli, quello che aveva
ricevuto l’assegno da Roberto Scherma. Il giorno dopo fu il suo momento (</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1B5eP5X5pRDfUK4jEOu3VIo5VRgKwQNSZ" target="_blank"><span style="mso-bidi-font-family: Arial;">audio</span></a><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"> completo; <span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2016/04/processo-contro-mario-vanni-3-udienza.html" target="_blank"><span style="mso-bidi-font-family: Arial;">trascrizione</span></a><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"> sintetica) </span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Senta, lei conosce
Lotti Giancarlo? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Sì, lo conosco
perché era un cliente. Era un cliente. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Ecco, ci può dire:
ha acquistato una macchina, lui, da voi, oppure no? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Ma è probabile,
senz'altro. Perché era, in quel periodo lì specialmente, qualche cliente,
amico, lasciavano lì delle macchine per venderle. Può darsi. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Ecco. Schwarzenberg
Karl, gli dice qualche cosa? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Sì, era un nostro
cliente anche lui. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Ecco, cosa ha
fatto lui? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Lui ha lasciato
una macchina lì, una macchina da poche lire da vendere a chi capitava. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> E che macchina
era? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Eh, mi sembra </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Un 124 blu. Era
blu? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Guardi, le dovessi
dire il colore... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Va bene. É un 124.
</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Sì. Gli è passato tanto tempo, eh. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> E questo 124 lo ha
venduto lei? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> É probabile, è
probabile lo abbia trattato anch’io.. Senz'altro. Nel senso che... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Cioè, nel senso
che c'è chi ci dice che lo ha trattato lei. Quindi... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Si, si, può darsi
senz'altro. Può darsi. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> ...cerchi di
ricordare meglio. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Può darsi. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> E si ricorda a chi
lo ha venduto? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> A chi l'ho
venduto. Mi sembrava... a Lotti, mi sembrava. Quel 124 lì. Sì. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Ecco, a Lotti. É
Lotti. Quanto lo pagò Lotti? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Non me lo ricordo,
assolutamente, guardi. No. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Chi lo pagò Lotti,
o lo pagò qualche altro per Lotti? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> É probabile anche
che sia stato un... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> No, “è probabile”,
niente di probabile. “Probabile” non vuol dire nulla. Riferisca cosa sa lei. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> . .. lui lavorava
a una draga. É probabile l'abbia pagata il suo principale. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Allora, la pagò il
principale di lui con un assegno. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Ci sta. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Si ricorda più o
meno quando è avvenuto questo, o no? É pretendere troppo? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> No. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> L'epoca, grosso
modo? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> No, guardi. Assolutamente,
non ricordo. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Lasciamo l'anno,
ma diciamo: la stagione. Inverno, estate, prima della mietitura, dopo la
mietitura... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Mah., potrebbe
essere stato, semmai... proprio inverno, no. Nell'autunno, mi sembra, o nel...
così. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Come? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Inverno no. Mi
sembrava d'inverno, no. Mi sembrava più una stagione come ora, ecco, di questo
periodo qui.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Come ricevette il
pagamento, con assegni? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Non lo so. Non me
lo ricordo. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Non si ricorda se
era assegno, o in contanti. E la macchina quando gliel'avete data a Lotti? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Coli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Non glielo so
dire, no.</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">(</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1TV2QqIgKPg2Xcf2PSaDU2ADjigyaR_cf" target="_blank"><span style="mso-bidi-font-family: Arial;">Audio</span></a><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">)</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Come
si vede, anche Gino Coli non ricordava nulla di quella 124. La sua deposizione
andò avanti con un’incredibile sfilza di “</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">non ricordo</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">”, “</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">può darsi</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">” , “</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">è probabile</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">” , “</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">potrebbe</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">” , “</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">non glielo so dire</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">”</span><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">, “</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">ci sta</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">”</span> e così via, facendo innervosire più volte il presidente: “</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Dice sempre: 'È probabile, è probabile', però lo dice troppo spesso 'probabile'!</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">”. C’è da scommettere che se
fosse stata convocata anche la moglie, Mery Bellini, il risultato sarebbe stato
analogo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Dopo
Gino Coli, a ricordarsi poco toccò a Roberto Scherma, quasi come se, prima di
deporre, si fosse lasciato influenzare dai vuoti di memoria dell’officina.
Abbiamo visto che era stato lui a consegnare i soldi nelle mani di Coli, e
sarebbe stato importante sapere quando.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> La domanda è questa: lei ha mai pagato una 124 a Lotti?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Una 124? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> L'ha pagata lei
per conto del Lotti? Che lui ha ritirato poi insieme a lei? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Eh, può darsi. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Può darsi. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Può darsi
perché... sì, può darsi perché lui lavorava con me, allora, dice: “Mi mancano
questi soldi e il meccanico vuole che, insomma, che tu ci vieni e poi glieli
darai, poi glieli dai tu”. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> E questa macchina
da chi l'avete comprata? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Mah, mi pare che
questa macchina la comprò dall'officina Bellini. Perché ne ha comprata più di
una, lui, di queste macchine. E ora io un me lo ricordo.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Si parla del 124,
però, non delle altre. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Mi pare che questa
l'abbia comprata lì. Al cento per cento non glielo posso assicurare. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> No, no, lo dice il
Lotti. L'ha detto il Lotti che l'ha pagata lei, 800.000 lire. Si ricorda questo
pagamento all'officina Bellini in che epoca avvenne? Il giorno, di sera, la
stagione o non stagione. Cerchi un po' di far mente locale. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Come? Unn'ho
capito la... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Lei andò insieme
al Lotti all'officina Bellini a pagare questa macchina. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Sì. Non mi ricordo
se era l'officina Bellini, insomma, da un meccanico a San Casciano. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Un meccanico a San
Casciano, benissimo. É uscito poc'anzi, sta lì fuori, se vuole... è quello che
ha ricevuto il pagamento da lei. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Sì. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Allora, si ricorda
quando è avvenuto questo fatto? Siamo nell'85, la metto sulla strada. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Eh, un me lo
ricordo, come fo? Sarà stato nell'85, nell'87, nell'83, non me lo ricordo. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">(</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1w03RvJTZk0Jb9OkunHc3DMG6DuYUc0g4" target="_blank"><span style="mso-bidi-font-family: Arial;">Audio</span></a><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">)</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Ci fu
un altro testimone smemorato, questo più di tutti, ma lo vedremo nel prossimo
paragrafo.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Incidenti misteriosi.</span></b><span style="mso-bidi-font-family: Arial;"> <span style="color: black;">Diamo adesso
un’occhiata un po’ più approfondita ai due incidenti che Giancarlo Lotti
avrebbe provocato con la Fiat 124 nell’estate del 1985 e denunciati
alla sua assicurazione. Ne parlò in appello Alberto Bartoli,
raccontando di averne trovato traccia all’interno del fascicolo della polizza.
Vediamo il primo.</span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">PG:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Il Presidente le
ha chiesto la pratica dell'incidente del 30 luglio '85. Ce n'è stato uno
precedente, guardando le sue carte, ci può dire il nome dell'altro col quale
c'è stato l'incidente? Giugno...</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bartoli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Il primo sinistro
è avvenuto il 22 giugno '85 alle ore 21:45. La parte avversa era un certo
Giuliani Settimio, abitante a Impruneta.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">PG: </span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Sa l'entità di
questo incidente?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bartoli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Di questo no,
dell'altro sì. L'incidente è avvenuto il 31 luglio 1985, quello con il signor
Tartagli ed è stato pagato il primo aprile '86 in 590.000 lire.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">PG:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Parliamo di quello
di giugno. C'è tale Giuliani, questo è stato denunziato da Lotti? Ci può dire
cosa dice?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bartoli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> “Il sottoscritto
Lotti Giancarlo, abitante a San Casciano Val di Pesa, Via Lucciano, 20,
proprietario dell'autovettura Fiat 124, targata FI E42432 e assicurata con la
vostra polizza n. 68731, dichiara che il giorno 22 giugno '85 alle ore 21:45
immettendomi in via del Poggio Imperiale, urtavo nella parte anteriore
sinistra, danneggiando il parafango di una Fiat 127 targata FI 814964 del signor
Giuliani Settimio, abitante a Impruneta, assicurato con Lloyd Adriatico S.p.A.,
polizza 3613299-09. Distintamente salutiamo”.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Questa è diretta all'allora Preservatrice Assicurazioni
e sembra abbia la firma di Lotti ed è datata 27/6/85.</span></i></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">
L’unico documento rintracciato da
Bartoli riguardo questo incidente era una fotocopia della lettera con la quale Lotti
se ne era assunto la responsabilità. L’aveva scritta lui? Di sicuro no, non ne
sarebbe stato capace; sappiamo bene che l’individuo quasi non sapeva scrivere,
come dimostra la sua famosa “lettera spontanea” (<a href="https://drive.google.com/open?id=1XW5X1gzlkN05lsaBhurtFLIDdnsxraop" target="_blank">vedi</a>).
L’aveva almeno firmata? “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Sembra abbia la firma di Lotti</span></i>”, disse Bartoli
dopo averla letta, senza segnalare differenze stilistiche tra firma e testo
soprastante (<a href="https://drive.google.com/open?id=1Jjjl6AJuAmmSXQXuW5uipSPIhbATR7mg" target="_blank">qui</a>
due firme di Lotti, ringrazio Francesco Cappelletti). Naturalmente Bartoli
poteva anche aver omesso l’osservazione, oppure il testo era scritto a
macchina. I maligni però potrebbero anche pensare a una firma di chi lo aveva
scritto a mano, quindi non genuina. Soltanto l’esame del documento fugherebbe i
dubbi, ma chi scrive purtroppo non ne ha la disponibilità.<br />
Non sappiamo se il danno fosse
stato poi rimborsato dalla Allsecures Preservatrice, Bartoli non ne aveva
documentazione. Si presume di sì, comunque, essendosi Lotti accollato il torto.
In ogni caso si deve rilevare una strana coincidenza: l’incidente era accaduto
a Firenze – via del Poggio Imperiale è a Firenze e soltanto lì – e tra le tante
auto di fiorentini e provincia alle quali Lotti poteva essere andato addosso
gli era capitata proprio una il cui proprietario abitava a Impruneta, a pochi
chilometri da lui e soprattutto dall’officina Bellini: meno di sette in linea
d’aria. Qualcuno si stupirebbe se la riparazione fosse avvenuta proprio in tale
officina? Servizio completo, insomma. Purtroppo il signor Settimio Giuliani non
venne chiamato a deporre, e niente venne chiesto a Lotti – il quale chissà se
ne sapeva qualcosa? – quindi niente in più si poté sapere intorno a quello
strano incidente, oltre le scarne notizie desumibili dalla lettera.<br />
Passiamo al secondo incidente,
del quale abbiamo già visto l’entità del rimborso: 590 mila lire,
corrispondenti a circa 736 euro di oggi (2020).</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">PG: </span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Passiamo ora all'incidente
del 30 luglio. L'incidente è stato denunziato dalla controparte?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bartoli:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Sì. C'è una lettera
di richiesta danni, qui in fotocopia, con il mittente Tartagli Federico, La
Romola, ed è diretta al signor Giancarlo Lotti, Via Lucciano, 20 San Casciano
Val di Pesa e pc alla Allsecures Preservatrice, ispettorato sinistri, Via Orti
Oricellari, 32 - Firenze. La data è 31 luglio '85 e dice:</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">“In riferimento al sinistro causato
dall'autovettura Fiat 124, targata FI E42432, di sua proprietà e da lei
guidata, informo che è mia intenzione chiedere risarcimento del danno subito
dalla mia Ford Fiesta targata B59183, sulla fiancata. La prego quindi di voler
periziare il danno o personalmente o a mezzo assicurazione, contattandomi
precedentemente al numero telefonico xxxxxx, preferibilmente dopo le 20:30.
Informo che non ricevendo comunicazioni, provvederò alla riparazione del danno
girandole poi la fattura relativa. Distinti saluti.”</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">C'è un timbro, Federico Tartagli e una sigla.</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">C’è
da dire che con una richiesta danni del genere – priva di ogni specifica: data,
ora, luogo, dinamica, ecc… – non sarebbe stato possibile istruire alcuna
pratica di sinistro, e tantomeno decidere il risarcimento della parte avversa.
Questo almeno nell’ambito di una corretta gestione da parte dell’assicuratore.
Semmai tale richiesta avrebbe potuto costituire il punto di partenza di una
successiva e indispensabile raccolta di informazioni. Ma nel fascicolo
recuperato da Bartoli non ve n’era traccia, poiché alla lettera di Tartagli si
accompagnava soltanto una sintetica scheda del sinistro con indicati data e
importo del pagamento.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Se la
documentazione disponibile non consentiva di ricostruire nulla dell’incidente,
si poteva sperare che maggiori notizie venissero fuori da chi ne era stato
coinvolto. Abbiamo visto che nell’udienza del 18 maggio 1999 Federico Tartagli
venne interrogato, però, incredibile ma vero, affermò di non ricordarsi
assolutamente nulla, come se l’incidente non fosse mai avvenuto. E neppure i
suoi familiari (</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1qhhy7I7OOGw4aHMX94Gk-EU_TuRHUpM8" target="_blank"><span style="mso-bidi-font-family: Arial;">qui</span></a><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"> l’audio).</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";"> Lei signor Tartagli Federico
nel lontano 1985, esattamente il 31 luglio 1985, scrisse una lettera a una
società assicuratrice, dicendo che aveva avuto un incidente stradale con tale
Lotti Giancarlo. Se lo ricorda questo?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Tartagli: </span></i></b><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">No signor presidente, per
niente, non ho nemmen la minima idea di quello che può essere accaduto, ma
niente niente, guardi, se no sinceramente io… non ci sarebbe…</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Presidente: </span></i></b><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Signora… scusi… lei ha quel
documento che dovrebbe essere stato prodotto stamane? Se vuole farselo dare un
momento. Ecco, vuol farlo vedere al teste… si dà atto che al teste viene…</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Tartagli: </span></i></b><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif"; mso-bidi-font-style: italic;">[dopo
aver letto]<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i> </i></b><i>Sì, di questa
macchina mi ricordo l’avevo io… mi ricordo a quell’epoca io comprai due furgoni
e due Fieste dal signor Baldi a Pontassieve. Perché io facevo pavimenti in
legno… una ditta di pavimenti in legno… ecco per questo qui, ma però di questo
incidente onestamente non ho nessuna ricordanza di niente. Che l’abbia scritta
io la firma mia quello sì. Qui però non posso dirle sì è vero o non è vero. Non
ho nessuna minima idea, guardi, proprio niente niente…</i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Presidente: </span></i></b><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Ma noi non mettiamo in dubbio
che sia vero, perché oltretutto è stato risarcito quindi suppongo che sia vero</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Tartagli: </span></i></b><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">… presidente a dirle una cosa
per un’altra…</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Presidente: </span></i></b><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Era soltanto per avere
conferma… Comunque lei conferma che la firma è sua su questa lettera…</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Tartagli: </span></i></b><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Sì sì. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Presidente: </span></i></b><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">… anche se lei non ha memoria
di questo incidente…</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Tartagli: </span></i></b><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">No no, per niente signor
presidente, guardi, mi creda onestamente</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Presidente: </span></i></b><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Potrebbe essere che non
guidava lei, guidava qualcun altro?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Tartagli: </span></i></b><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Onestamente io ho sentito
anche i miei figli che collaboravano con me. Anche loro non hanno la minima
idea, proprio per niente. Ieri sera anzi ho telefonato, qualcuno l’ho visto
anche in casa, ho detto guardate ragazzi, così così così, vi ricordate che
nell’85 c’è stato un incidente così così? Dice: “Babbo, guarda io per niente ma
io non<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>mi ricordo di niente”.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Ormai
è passato 14 anni, poi se ci fosse stato qualcosa… perché è giusto dire anche
la verità, giusto signor presidente? Io onestamente gli parlo da padre di
famiglia onesto… che non ho nemmen la minima idea ecco di quello che sia stato
accaduto.</span></i></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Giudichi
il lettore se la persona era sincera. Chi scrive pensa male, rilevando anche un
appellarsi eccessivo alla propria onestà (“</span><i><span style="color: blue; font-family: "" serif "" , "serif";">Io onestamente gli parlo da padre di famiglia
onesto</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">”) quando
nessuno l’aveva messa in dubbio e neppure ne avrebbe avuto motivo. Oppure sì? Gallina
che canta ha fatto l’uovo?</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Bisogna
anche tener conto di un fatto, tanto per cambiare anch’esso anomalo. Come
risultava dalla documentazione letta da Bartoli in aula, il rimborso era
avvenuto il primo aprile 1986, quindi a distanza di ben otto mesi dal sinistro
– quasi come mettere al mondo un bel bambino o una bella bambina! Si tratta di
un lasso di tempo giustificabile soltanto in caso di danni alle persone, dove
intervengono convalescenze, guarigioni, invalidità e certificati annessi e
connessi. Ma qui c’era stato un danno di carrozzeria e basta, di entità non certo
astronomica, tenuto conto del rimborso, e, a dir tanto, in un paio di mesi la
pratica avrebbe dovuto essersi chiusa. Evidentemente sul rimborso c’erano stati
dei problemi, forse contestazioni accompagnate da contrasti di perizie, chi lo può
sapere? Tartagli si era dimenticato anche di questi?</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Ma quel
banale cozzo di un’austera Fiat 124 di fine anni ’60 contro una sbarazzina e
ancor giovane Ford Fiesta del 1981 non voleva proprio saperne di svelare alla
Corte le proprie nudità: nonostante lo avesse confermato, e quindi gli mancasse
qualsiasi motivo di nasconderne i dettagli, di quell’incidente non se ne ricordava
neppure Giancarlo Lotti!</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Il Tartagli non si
ricorda nulla di questo incidente, lei se lo ricorda?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Io un me ne
ricordo di questa persona, gli è passato tanto tempo...</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Ma dell'incidente
se lo ricorda?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> L'incidente sì...
c'è l'assicurazione, me la fece il Bellini a San Casciano...</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente: </span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Si, ma cosa
successe in questo incidente? Dove?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Di preciso un me
lo ricordo bene...</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> E che danni
riportò la sua macchina? Se lo ricorda?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;"> Mah, la mia la unn
ebbe danni di nulla, ha fregato appena il paraurti e basta.</span></i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Qualcosina
invero Lotti disse di ricordarsela: in pratica nessun danno alla sua macchina,
un graffietto al paraurti e basta. Però dall'altra parte c'era stato un danno di entità quasi pari all’intero valore della sua 124. Non
così piccolo, insomma, quindi quel paraurti doveva essere </span><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">proprio </span>di quelli tosti! Oppure si potrebbe anche pensare che Lotti, come suo
solito, avesse detto quel che gli conveniva dire, tanto per chiuderla lì e far
contenti tutti.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Continuiamo
però sulla fascinosa strada del pensar male, visto che oggi chi scrive si sente
oltremodo maligno. Non sappiamo dove fosse avvenuto l’incidente, non avendolo Tartagli specificato nella propria richiesta danni, si deve però notare che
anche lui abitava molto vicino all’officina Bellini, anzi, ancora più vicino di
Giuliani: in linea d’aria 5 chilometri. Anche in questo caso ci sarebbe da
stupirsi se fosse stata proprio quell’officina a provvedere alla riparazione?</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Alla
fine il lettore non inquadrato dovrebbe nutrire almeno qualche dubbio
sull’effettiva rispondenza al vero delle due denunce di sinistro, guarda caso
entrambe con riconoscimento di colpa da parte dell’intestatario della polizza
di cui si sta discutendo. Per di più il tutto era accaduto nei primi due mesi
da quando tale polizza era stata accesa. Era questa la sinistrosità media di
Giancarlo Lotti? Ma allora, in quale astronomica classe di (de)merito doveva essere
schizzato il suo bonus malus?</span><br />
<br />
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"><a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/05/il-tormentone-dellassicurazione-3.html">Segue</a> </span></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com15tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-89876172716807163782020-05-16T09:46:00.004-07:002023-04-21T23:53:52.390-07:00Il tormentone dell'assicurazione (1)<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Presto
o tardi la storia si dovrà chiedere attraverso quali perversi meccanismi un uomo
innocente come Mario Vanni sia stato condannato all’ergastolo in ben tre gradi
di giudizio sulla base delle sciocchezze raccontate da Giancarlo Lotti. A
parere di chi scrive le responsabilità verranno più o meno equamente distribuite tra
un’accusa che cercava un colpevole a tutti i costi, dei giudici che non
conoscevano la logica del buonsenso e una difesa la cui rigida impostazione preconcetta
si rivelò fallimentare. In mezzo il povero Vanni, l’agnello sacrificale di cui
rimangono alcuni toccanti filmati dai quali tutti possono rendersi conto della
sua tragica disperazione. Come in </span><a href="https://drive.google.com/open?id=1fjqmlhoroD-rtICjtSbs2QwWwuwuXhv3" target="_blank">questo</a><span style="color: black;">, dove chiede la gentilezza di essere mandato a casa perché
non ne può più.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Dei
trucchi dell’accusa e dell’ottusità dei giudici si è trattato più volte in
questo blog, mai però dei clamorosi errori della difesa, le cui potenti bordate
vennero sempre dirette contro i bersagli sbagliati. Il presente articolo
prenderà in esame uno di questi casi, oggi il più chiacchierato: la messa in discussione
della data di effettivo acquisto da parte di Lotti di una Fiat 124 blu, che
avrebbe dovuto dimostrare l’indisponibilità della precedente Fiat 128 Sport
Coupé rossa in occasione del delitto degli Scopeti. E che invece non dimostrò,
né avrebbe potuto dimostrare, proprio nulla.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Un
grazie doveroso e sentito a Giancarlo Gaviraghi, agente assicurativo la cui
competenza ha aiutato chi scrive a tracciare, come vedremo, uno scenario inedito
e sconcertante.</span></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-UNk0X97__X4/XsAOquCSBeI/AAAAAAAACTk/j1feXbgx5DYj8gITNaCeUeO_r9W87he2ACLcBGAsYHQ/s1600/128-124.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="401" data-original-width="1302" height="122" src="https://1.bp.blogspot.com/-UNk0X97__X4/XsAOquCSBeI/AAAAAAAACTk/j1feXbgx5DYj8gITNaCeUeO_r9W87he2ACLcBGAsYHQ/s400/128-124.png" width="400" /></a></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><span style="color: black;">L’auto rossa e la difesa Vanni.</span></b><span style="color: black;"> Come è ormai ben noto, a tirar
dentro Giancarlo Lotti nelle indagini fu l’avvistamento di un’auto sportiva
rossa a coda tronca, simile alla sua 128, sotto la piazzola di Scopeti nella
domenica in cui veniva collocato il delitto (8 settembre 1985), sia al
pomeriggio da parte dei coniugi De Faveri-Chiarappa, sia alla sera da parte di
Gabriella Ghiribelli. Prima Pucci poi Lotti confermarono la sosta serale,
raccontando di aver assistito a un (assurdo) attacco alla tenda da parte di
Vanni e Pacciani. Dapprima casuale, quella sosta divenne poi concordata, con
Lotti che avrebbe dovuto svolgere un inutile e imprudente ruolo di palo. Molto
più sfumate furono le ammissioni dei due compari sulla sosta pomeridiana.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Non ci voleva certo un principe del foro per capire che lo
scenario raccontato da Lotti e Pucci non era credibile, semmai più arduo poteva
risultare il darsi una spiegazione sul perché i due avessero raccontato tutte
quelle sciocchezze. All’inizio del dibattimento (3 giugno 1997 </span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2013/03/processo-contro-mario-vanni-3-udienza_12.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">) il difensore storico di Vanni, Giangualberto Pepi, si
mostrò possibilista su una linea di difesa aperta nei riguardi di un ruolo
attivo del presunto pentito: “</span><i><span style="color: blue;">Questa difesa cercherà di dimostrare che probabilmente
Lotti, non solo non ha detto tutto, ma forse ha fatto anche qualcosa di più di
quello che ha detto</span></i><span style="color: black;">”. Purtroppo per Vanni, da non molti giorni a Pepi si era aggiunto
Nino Filastò, esuberante e poliedrico personaggio – oltre che avvocato, anche
scrittore e mostrologo –, che la pensava in tutt’altro modo. </span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2013/03/processo-contro-mario-vanni-3-udienza_4.html" target="_blank">Qui</a><span style="color: black;"> la sua lunghissima e articolatissima relazione introduttiva,
nella quale l’avvocato lasciò più volte spazio al mostrologo e allo scrittore
(nel suo successivo intervento Pepi avrebbe parlato di </span>“<i><span style="color: blue;">fiera delle vanità</span></i>”)<span style="color: black;">. Naturalmente i due legali non
potevano convivere, e infatti alla fine, dopo un deleterio tira e molla, rimase
il solo Filastò, che chiamò in aiuto Antonio Mazzeo. I due si trovarono subito
d’accordo su una linea difensiva in cui Lotti figurava come un povero
mentecatto estraneo alla vicenda. Dimostrare questo assunto divenne il loro obiettivo
primario, dal raggiungimento del quale sarebbe dovuta discendere l’innocenza del
loro assistito.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Al termine dell’audizione di tutti i testimoni – nell’arco
di una cinquantina di udienze, ultima quella del 27 gennaio 1998 – i risultati conseguiti
non parevano però esaltanti. Pucci e Lotti, grazie sia all’aiuto di una Corte
benevola sia alla loro istintiva capacità di nascondersi dietro carenze
linguistiche e strategici vuoti di memoria, avevano retto piuttosto bene agli
attacchi dei due avvocati di Vanni. D’altra parte i modestissimi e inutili
testimoni convocati a discarico non avevano per nulla scalfito il teorema
dell’accusa. Basti ricordare le brutte figure rimediate da Luciano Calonaci (</span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.it/2014/10/luciano-calonaci-processo-contro-mario.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">) e da Lorenzo Allegranti (</span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.it/2014/10/lorenzo-allegranti-processo-contro.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">), chiamati in causa nell’improbabile dimostrazione di un
Mostro poliziotto e telefonatore e fatti arrosto con facilità dal sempre
brillante Paolo Canessa.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Ma veniamo al tema dell’articolo. Nella propria arringa,
iniziata il 5 marzo, naturalmente Filastò prese in esame anche il tema della
macchina rossa sotto Scopeti. Ecco un frammento dell’udienza del 10 (</span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2016/01/processo-contro-mario-vanni-3-udienza_29.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">; attenzione! per tutti gli interventi in aula si faranno
delle sintesi, quando necessario, ma senza inserire il simbolo di eliminazione
[…] che appesantirebbe troppo la lettura):</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Se si ritiene Lotti un mentitore come è, come
lo ritengo io, allora poi siamo tutti d'accordo, fine del discorso. Va be',
insomma, si piglierà un processo per calunnia, autocalunnia. Ma se si ritiene
che è vero e che quella è la macchina sua, questa macchina che sosta qui cinque
ore e mezzo, è tutto un altro discorso! Altro che riscontro i signori Chiarappa
e De Faveri. La moglie dice: “Da lì, poi, siamo andati via verso le otto circa
e la macchina era ancora lì.” I testi De Faveri e Chiarappa non danno alcun
riscontro alla pretesa confessione di Lotti, nella parte in cui dice di essere
andato a spiare la coppia nel pomeriggio.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Il racconto di Lotti è assolutamente diverso.
Le conclusioni sono soltanto due, “tertium non datur”: nei paraggi, a poca
distanza dalla piazzola, domenica c'è una macchina che non è quella di Lotti;
la seconda: Lotti, con la sua macchina, è stato lì per almeno cinque ore, dalle
15.00 alle 20.00. La gita dalla Ghiribelli è una fandonia, oppure avviene dopo.
Tutto il suo racconto non quadra. Cinque ore per spiare due persone che fanno
l'amore sono troppe.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Domanda al signor rappresentante dell'accusa:
se n'è accorto di queste cinque ore almeno di sosta di una macchina che lui
ritiene essere la macchina di Lotti? E che domande gli ha fatto a Lotti sul
punto? Almeno le domande. Diciamo che in galera non ce l'ha voluto mettere, ma
le domande: “Guardi, signor Lotti, che a noi ci risulta che la sua macchina ha
sostato lì per cinque ore. Che ci può dire?” Io non le ho viste queste domande.
Non le ho viste perché non ci sono. E vorreste mandare all'ergastolo questo
poveruomo sulla base di un materiale probatorio di questo genere?</span></i><span style="color: black;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Parole sante: il furbo Canessa si era guardato bene dal
porre a Lotti quelle imbarazzanti domande, né in istruttoria – così perlomeno
risultava dai verbali – né in dibattimento. La lunga permanenza pomeridiana sotto Scopeti,
infatti, contraddiceva sia il racconto dei due compari sul pomeriggio trascorso
a Firenze, sia e soprattutto l’accordo serale con Pacciani millantato da Lotti.
La credibilità del pilastro dell’accusa rischiava di uscirne assai malridotta. Ma
in dibattimento Filastò c’era, e quelle domande avrebbe potute porle lui
stesso. E invece niente! Perché? Il perché lo spiegò il giorno dopo (</span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2016/02/processo-contro-mario-vanni-3-udienza.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">):</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">L'altro riscontro è Chiarappa e De Faveri. Ne
abbiamo parlato ieri. E quindi, voglio dire, che a me, l'ipotesi più probabile,
che quella sia una macchina qualsiasi. Che sta lì per cinque ore e mezzo per i
fatti suoi. D'altra parte sappiamo che vicino c'è la festa degli Hare Krishna;
che qualcuno sia andato alla festa, si sia soffermato prima, abbia lasciato
poi, durante la festa, per lungo tempo, questa macchina in questo posto è più
che possibile. Come si fa a dire che quella è la macchina di Lotti?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">L’avvocato di Vanni riteneva dunque che quella macchina
rossa non fosse affatto il 128 di Lotti, e naturalmente neppure che i due tizi che
vi erano appoggiati fossero lui e Pucci. A suo parere la macchina avrebbe
potuto essere stata parcheggiata sotto la piazzola da uno degli invitati alla
festa degli Hare Krishna. Ma, a parte il fatto che la sede degli Hare Krishna
distava oltre un chilometro, almeno uno dei due personaggi era rimasto per ore
accanto all’auto, quindi certamente non aveva partecipato alla festa. Per di
più a metà pomeriggio quell’auto era partita e poi tornata, come dimostrava
l’ulteriore testimonianza di Sabrina Carmignani, la qual cosa contrastava ancor
più con la già improbabile ipotesi di Filastò. D’altra parte trovare una
giustificazione migliore non era affatto facile (del resto non lo è neppure
oggi, come dimostrano i balbettamenti sul punto di coloro che chi scrive chiama
“negazionisti”).</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Eppure le descrizioni dei coniugi contenute nei verbali
dell’11 ottobre 1995 erano estremamente compatibili, sia con l’auto sia con gli
stessi Lotti e Pucci, l’una e gli altri al momento non ancora entrati
nell’inchiesta. Riguardo l’auto la donna l’aveva definita “</span><i><span style="color: blue;">dalla forma tronca dietro, di colore rosso,
sicuramente non più nuovo né brillante, ma sbiadito</span></i><span style="color: black;">”, l'uomo “<span style="color: blue;">di colore
rosso sbiadito, di forma squadrata, con il dietro tronco</span>”: in pratica una
fotografia della 128 di Lotti, modello molto raro nel 1985 e difficilmente scambiabile
con qualsiasi altro. Era stata proprio questa descrizione a far venire in mente
l’auto di Lotti agli uomini della SAM (Riccardo Lamperi, Alessandro Venturini e
Lidia Scirocchi). Si legge nella loro nota del giorno dopo: </span>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Questo Ufficio, sulla scorta di quanto
riferito in passato (ore 15.00 del 21.07.1994) da uno degli amici di PACCIANI
Pietro, cioè̀ LOTTI Giancarlo, il quale ha dichiarato di aver posseduto anche
una FIAT 128 coupé̀ di colore rosso (vedasi annotazione SAM del 26.07.1994), ha
potuto stabilire con obiettività̀ che, effettivamente, il LOTTI è stato proprietario
di una FIAT 128 Coupé rossa targata FI D56735 dal 30.03.83 al 02.04.1986. Un
ulteriore accertamento esperito presso il Centro Storico della FIAT […] ha
consentito di individuare, tramite il numero di telaio assegnato alla vettura
(0025976) anche il tipo di rosso con il quale questa venne prodotta, cioè̀ un
rosso aranciato con numero di codice FIAT 171. (È per questo motivo che il
CHIARAPPA consegna alla SAM anche la pagina di una rivista QUATTRORUOTE sulla
quale figura un tipo di rosso che più̀ si avvicina alla tonalità̀ di quello da
lui osservato nel 1985). Sempre tramite il Centro Storico della FIAT è stata
acquisita via telefax la foto, anteriore, posteriore e laterale della FIAT 128
coupé. La signora DE FAVERI Marcella, dopo averla osservata, ha dichiarato che,
specie con riguardo alla forma tronca della parte posteriore di questo modello,
avrebbe potuto benissimo trattarsi della vettura da lei vista nel pomeriggio
della domenica 8.9.1985.</span></i><span style="color: black;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Si noti che la De Faveri, di fronte a una foto vista <b>dopo la testimonianza</b>, dichiarò che
l’auto avrebbe potuto benissimo essere quella, “</span><i><span style="color: blue;">specie con riguardo alla forma tronca della
parte posteriore</span></i><span style="color: black;">”,
che era poi l’elemento più caratteristico del modello.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Riguardo invece la descrizione dei due uomini, la compatibilità
è analoga. Questa la dichiarazione della donna:</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-YEqazBL2k2s/XsAPG_VKD9I/AAAAAAAACTs/YYoKDqTpy0c0jXVpTxq71SsCMxnIqnACACLcBGAsYHQ/s1600/immagini.quotidiano.net.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="495" data-original-width="315" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-YEqazBL2k2s/XsAPG_VKD9I/AAAAAAAACTs/YYoKDqTpy0c0jXVpTxq71SsCMxnIqnACACLcBGAsYHQ/s200/immagini.quotidiano.net.jpg" width="126" /></a><i><span style="color: blue;">Uno era un uomo di mezza età, di corporatura tipo squadrata, di
media altezza, senza collo, con testa dal taglio rettangolare, che mi dava
l'apparenza di essere un contadino. Costui stava appoggiato al cofano motore
della macchina (cioè alla parte anteriore indirizzata verso San Casciano)
guardando in avanti, lungo la strada. Mi dava l'impressione d'avere i capelli
tagliati corti. Il secondo personaggio era appoggiato sul lato destro dell'auto
e guardava il bosco. Questi dava l'impressione di essere un po' più alto del
precedente e come figura sembrava meno grezzo dell'altro.</span></i><span style="color: black;"></span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">
L’uomo
visto dalla De Faveri mentre, appoggiato al cofano, guardava la strada che
conduceva verso San Casciano era ben compatibile con Pucci, in quel momento del
tutto ignoto alle forze dell’ordine: la mezza età corrispondeva, 54 anni, la
media altezza anche, un metro e 70, e nelle foto presenti in rete si notano
subito sia il collo corto sia la testa squadrata con i capelli a spazzola.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">L’altro
un po’ più alto che guardava verso la tenda era ben compatibile con Lotti: un
metro e 78, anche lui di mezza età, 45 anni, e di corporatura robusta
(Chiarappa: “<i><span style="color: blue;">Di corporatura grossa e di mezza età</span></i>”).</span></div>
<span style="color: black;"> </span>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><span style="color: black;">L’acquisto della
Fiat 124 blu.</span></b><span style="color: black;"> Anche
se si era ormai in piena zona Cesarini, per dimostrare che l’auto rossa vista
sotto Scopeti non era quella di Lotti la difesa di Vanni nutriva ancora delle speranze,
come si deduce dalle seguenti parole di Filastò (arringa dell’11 marzo, </span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2016/02/processo-contro-mario-vanni-3-udienza.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">):</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Come si fa ad essere certi che quella è la
macchina di Lotti, quando non sappiamo nemmeno se Lotti, in quel periodo di
tempo, possedesse ancora la macchina 128 rossa? Perché? Perché questa macchina
al Pubblico Registro Automobilistico risulta cancellata alla data dell'aprile
del 1986. Ma l'esperienza ci dice che per arrivare a quella certificazione la
trafila è abbastanza lunga.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Allora, quale potrebbe essere il dato
significativo dal quale ricavare la prova che Lotti ancora aveva quella
macchina? Quando Lotti immatricola a suo nome la macchina successiva. E la
macchina successiva è una 124. Ora, questa macchina successiva, immatricolata
successivamente, a me non è stato possibile sapere quando il Lotti l'ha
immatricolata. Ho fatto fare un accertamento a Roma, perché al PRA di Firenze
questo non risulta, non te lo fanno l'accertamento. E dal computer del PRA di
Roma questa macchina 124, alla data di immatricolazione di Lotti, risulta
"0000". Per qualche ragione questo dato non c'è. Allora ho fatto fare
delle ricerche alle varie compagnie di assicurazione, per sapere quando il
Lotti aveva assicurato sia la macchina 128 rossa, che quella successiva, questa
124. E non è stato possibile saper nulla, perché il Lotti le macchine non le
assicurava. Mah! Così mi è stato detto da varie compagnie di assicurazione.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Filastò aveva dato incarico a un’agenzia privata, la Falco
del noto Davide Cannella, di investigare sulla data di acquisto della macchina
successiva di Lotti, una 124, sospettando che la 128 fosse andata fuori uso ben
prima della data di rottamazione registrata al PRA. La speranza naturalmente
era quella di trovarne una anteriore a quella del delitto degli Scopeti. Ma, a
quanto sembra, il PRA di Firenze non forniva l’informazione, e quello di Roma
non l’aveva. Poi, nelle ultime febbrili ricerche, la data venne finalmente alla
luce. Ecco il conseguente annuncio di Filastò nel suo clamoroso intervento del
16 successivo (</span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2016/03/processo-contro-mario-vanni-3-udienza_8.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">):</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Allora, questa auto 124 con targa FI E42432 è
stata acquistata dal signor Giancarlo Lotti con scrittura privata autenticata
del 3 luglio del 1985. Quindi, alla data del 3 luglio del 1985 il signor
Giancarlo Lotti non aveva più quella macchina precedente da lui posseduta, vale
a dire la Fiat 128 Coupé con targa FI D56735, di cui appare cessata la
circolazione in data 3 aprile del 1986.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Mi preme di spiegare le ragioni per le quali
io sono arrivato in possesso di questo documento, da cui appare la proprietà da
parte del Lotti di quest'auto fin dal luglio del 1985. La ragione per cui io
sono in grado di produrre questo documento soltanto adesso. E spiego la trafila
del come ci sono arrivato. A Roma esiste un Registro Automobilistico per cui io
do il nome di una persona e loro dicono tutte le auto che sono state intestate
e possedute da questa persona. Cosa impossibile da fare per esempio a Firenze.
Quindi io chiedo questa cosa e loro mi mandano questa attestazione da cui
risulta: Fiat 124 anno di immatricolazione 00/00/00.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Quindi ho fatto fare da questa agenzia
investigativa Falco di Lucca questo accertamento dal Pubblico Registro
Automobilistico di Firenze. Non c'era versi di cavarne nulla. Perché? Perché,
guarda la combinazione, in questa attestazione, cioè a dire in quel computer
centrale di Roma, non mancava solamente l'indicazione della immatricolazione ma
era sbagliata anche la targa. Nell’annotazione proveniente dal registro di Roma
conteneva un numero in più, un 2 in più. Ecco perché questa attestazione, che
riporta la scrittura privata autenticata con cui l'automobile viene trasferita
al signor Giancarlo Lotti e la data 03/07/85 mi perviene soltanto ora.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Dalle ricerche della Falco era emerso che al PRA di Firenze
il passaggio di proprietà a Giancarlo Lotti della Fiat 124 era stato trascritto
in data 26 novembre 1986, ma sulla base di una dichiarazione di vendita – il
classico documento che il venditore di un’auto usata firma davanti a un notaio,
dopo tanti anni finito al macero – del 3 luglio 1985. La qual cosa, secondo
Filastò, avrebbe dimostrato che Lotti era entrato in possesso di quell’auto ben
due mesi prima del delitto degli Scopeti!</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">In realtà la Falco aveva scoperto l’acqua calda, poiché l’informazione
era già stata recuperata dalla polizia e messa agli atti, come si desume dal
prospetto riepilogativo delle auto possedute da Lotti (</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1TAzUADdBdCangJ54bduyAzrHhzWqhBZ4" target="_blank">qui</a><span style="color: black;">), redatto il 29 agosto 1996 e allegato all’annotazione inviata
alla procura il 21 dicembre successivo. Vi spiccava chiaramente una
sovrapposizione di date: la 128 demolita il 19 marzo 1986 e la 124 acquistata
il 3 luglio 1985.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">In ogni caso l’agenzia Falco aveva fatto anche di più, raccogliendo
da Roberto Scherma, nel 1985 datore di lavoro di Lotti nonché suo vicino di
casa, una testimonianza ritenuta importantissima:</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">In questo documento, dell'istituto
Investigazioni e Ricerche Falco, si fa riferimento anche al fatto che questi
signori hanno interrogato i coniugi Scherma. I coniugi Scherma sono gli ex
datori di lavoro del signor Lotti e si chiamano Roberto Scherma e la signora
Scherma, e figlio. Questi signori, interrogati da questi investigatori, sono in
grado di riferire come la 128 rossa del signor Giancarlo Lotti rimase
completamente ferma, bloccata davanti alla porta di casa del signor Lotti.
Finché un certo giorno arrivò una ruspa, mandata da un demolitore, che la
sistemò sopra un carro e la portò alla demolizione, dove poi naturalmente
successe quello che successe. Quindi, io chiedo l'acquisizione di questo
documento, che per me è sufficiente per affermare che alla data dell'8
settembre 1985 il signor Lotti non aveva la macchina rossa, la 128, bensì
questa altra automobile 124.</span></i><span style="color: black;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">A quel punto, nonostante il parere contrario del PM e delle
parti civili, la difesa di Vanni riuscì a ottenere l’interruzione della
discussione in corso – era il momento delle parti civili – e l’ascolto di nuove
testimonianze, nonché l’acquisizione di altra documentazione.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><span style="color: black;">Le spiegazioni di
Lotti.</span></b><span style="color: black;">
Nell’udienza del giorno dopo, 17 marzo (</span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2016/03/processo-contro-mario-vanni-3-udienza_14.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">), la palla fu subito presa in mano da Stefano Bertini, difensore
di Lotti. Dentro un portadocumenti del suo assistito – il cui contenuto sembra
fosse già stato visto durante la perquisizione del 23 gennaio 1996 (</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1Ffq8wJK_3HnkOQZWvoauIDx3jr-ecVIW" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">) ma non sequestrato – aveva recuperato tre certificati di
assicurazione, tutti della compagnia Allsecures Preservatrice:</span></div>
<ul>
<li><span style="color: black;">Fiat 128 rossa - Polizza 67053 - 20 marzo 1985 - 20 settembre 1985
(</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1vdtnEPb8ArXEQAqm2litJtqHFFMMmFlV" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">)</span></li>
<li><span style="color: black; font-family: "symbol";"><span style="font: 7pt "times new roman";">
</span></span><span style="color: black;">Fiat 124 blu - Polizza 68731 - 20 settembre 1985 - 20 marzo 1986</span></li>
<li><span style="color: black;">Fiat 124 blu - Polizza 69395 - 20 marzo 1986 - 20 settembre
1986 (</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1Pf0JzWdGG8LHipoGsyQpwFvidU0mH3fB" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">)</span></li>
</ul>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">
I tre certificati parevano raccontare una storia molto
chiara: la 128 rossa risultava assicurata fino al 20 settembre, dopodiché al
suo posto era stata assicurata la 124 blu. Dal che si poteva dedurre che nel
giorno del delitto degli Scopeti, 8 settembre, la macchina circolante fosse la
128 rossa.
<br />
Oltre a presentare la nuova documentazione, Bertini annunciò
la volontà del proprio assistito di fornire adeguate spiegazioni. E in effetti
Giancarlo Lotti si sottopose di buon grado a un vero e proprio interrogatorio, prima
da parte del presidente poi di tutti gli altri, PM, difesa Vanni e parti civili
(</span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2016/03/segue-dalla-prima-parte.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">). I primi scambi furono con il presidente, che si dimostrò
un pessimo interlocutore: tanta fatica faceva Lotti a spiegarsi quanta ne
faceva lui a porre le domande corrette e a capire le risposte</span> (<a href="https://drive.google.com/open?id=1FvXpEbcPvMtx4aJTv8yExio_GqhYBiqD" target="_blank">qui</a><span style="color: black;"> l’audio completo, dal quale il lettore paziente e curioso potrà
giudicare da solo). Il presunto pentito rese molto
meglio nel confronto con Filastò, dove non risultò mai in difficoltà. Sostanzialmente
la sua versione fu chiara: aveva visto questa Fiat 124 nell’officina Bellini,
della quale era cliente e dalla quale aveva già acquistato la 128, gli era
piaciuta e aveva chiesto di tenergliela da parte fino al momento in cui non avesse avuto in
tasca i soldi per ritirarla:</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Gli dissi: lasciamela questa macchina, perché
quell' altra la un va più prenderò questa.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Io gli ho detto: se tu me la fermi questa
macchina la prendo io.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Mi rivolsi al Bellini, insomma, a quello
anziano che mi conosceva bene, gli dissi: se vu' me la fermate... se vu' me la
date a me bene, sennò quando arriva il giorno che la un c'è, prendevo un'altra
macchina. E invece me la lascionno a me.</span></i><span style="color: black;"></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Sempre a suo dire, arrivato il momento in cui stava scadendo
l’assicurazione della 128 (attorno al 20 settembre 1985), Lotti era andato in
officina con il proprio principale, Roberto Scherma. Questi aveva consegnato ai
Bellini un assegno di 800 mila lire per suo conto, soldi che poi gli sarebbero
stati detratti mese mese dalla busta paga. E l’auto fu sua.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Aspetti un momento.
Perché io la macchina, prima di prendila l'era bell'e assicurata, però i soldi
io subito unn'avevo. Allora parlai con Scherma e allora Scherma mi disse: “Sì,
si va su e si va, la sera... la sera”. Era bell'e pronta la macchina,
assicurata, bollo e tutto. Si va su e Scherma gli fa l'assegno e gliene dà a
questa persona, a questo Gino.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Ah, l'è stato
Scherma a pagare? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Due macchine m'ha
pagato Scherma: il 128 e il 124. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Con un assegno. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Con un assegno di
800.000 lire. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:
</span></i></b><i><span style="color: blue;">Benissimo.
E quando è stato fatto questo pagamento? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Questo, preciso il
giorno come fo a ricordammi?</span></i><span style="color: black;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
(<a href="https://drive.google.com/open?id=1XEoWltp5li1nLweYXy4T-ktcykEP5Ac9" target="_blank">Audio</a>)</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Dunque... Ecco, e
questa cosa qui, lei, però, non si ricorda quando è avvenuto questo pagamento.
Il giorno non se lo ricorda. Il mese se lo ricorda? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Come fo a
ricordammi il mese, è passato parecchi anni. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Fatto il pagamento
lei è salito sulla macchina e se n’è andato. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Gl'era di sera, un
lo so, se gl'era di venerdì o sabato, un mi ricordo di preciso. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> No, ma voglio
dire, una volta effettuato questo pagamento, lei è montato su questa macchina,
sì o no? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Mah, la macchina
l'era bell'e assicurata, potevo anda' via... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Eh, assicurata e
tutto. Lei è salito sulla macchina? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Sì. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Ed era la prima
volta che ci montava sopra? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Prima un la potevo
pigliare perché se un c'era pagata rimaneva lì ferma. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Come? Se...? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Se un pagavo la
macchina, rimaneva lì ferma. O un gliel'ho spiegato? Io un capi... un lo so.
Più chiaro che così. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Rimaneva lì ferma,
dove?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Fori dall'officina
era. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Fuori
dall'officina. Molto bene. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Pronta. Però se
uno un paga la macchina... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">(</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1GOP8nUIhLIaD6FS5TsPvRo3PX9MzhEIO" target="_blank">Audio</a><span style="color: black;">)</span><i><span style="color: blue;"></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Lotti asserì dunque di essere entrato fisicamente in
possesso dell’auto soltanto dopo la consegna ai Bellini – nelle mani di Gino
Coli, meccanico e marito di Mery Bellini, sorella di Franco – dell’assegno di
800 mila lire da parte di Roberto Scherma. In effetti la cosa appare del tutto
plausibile, e in una certa misura prescinde dal momento in cui il precedente
proprietario era andato dal notaio a firmare l’atto di vendita, del quale Lotti
asserì di non sapere nulla.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Questa 124, quando gliel’hanno data a lei? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Quando gli era
pronto l'assicurazione per prenderla. Il 20, il 20. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Perché ha fatto un
contratto del 3 luglio '85? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Icché c'entra? Il
luglio '85 un c'entra niente. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Ha firmato lei. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Ma in dove l'ho
firmato io? Io unn'ho firmato.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">PM:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> É il venditore che
firma. Non c'è la firma dell'acquirente.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Io da il Bellini a
San Casciano.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Aspetti. Lei,
questa macchina da chi l'acquistò, la 124? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Da i' Bellini a
San Casciano. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> E questa macchina
di chi era? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Era la macchina
di… un lo so, se l'era tedesca, di questo che l'aveva prima. Però l'era targata
Firenze. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Sì, va bene.
Firenze. Era di una tedesca o di un tedesco? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Però io co' il
Bellini, un ho firmato niente. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">(</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1uVFtdF2t_E2Dcrk9klP273XGYSXKzc8r" target="_blank">Audio</a><span style="color: black;">)</span><i><span style="color: blue;"></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Lotti, ora lei ci
deve spiegare a che cosa serviva quel contratto... quel contratto, quell'atto
che a noi ci risulta. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> E dai con quel
contratto! Io un ho fatto un contratto di nulla. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Lei un l'ha fatto,
benissimo. Lei non sa nemmeno che esisteva? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Un l'ho fatto un contratto.
Ma lei, avvocato, dice: dai il contratto. Ma perché la insiste su questo qui?
Io il contratto un ho fatto niente.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:
</span></i></b><i><span style="color: blue;">Io
l'ho già pregata, signor Lotti, di smetterla di far le domande a me. Sono io
che le faccio a lei, lo vuol capire? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Ma scusi, la
insiste sul contratto, e che contratto c'è?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">(</span><a href="https://drive.google.com/open?id=1hqmyGe17XfNyuWm8cRZYRCM9W0tdmXpo" target="_blank">Audio</a><span style="color: black;">)</span><i><span style="color: blue;"></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> La domanda a
questo punto abbastanza inutile, comunque io gliela faccio. Lei sa
dell'esistenza di questa scrittura privata autenticata in cui il signor
Schwarzenberg trasferisce questa macchina a lei? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Come trasferisce?
Io l'ho presa da Nandino. Il Bellini. Ma io l'ho presa dal meccanico, icché
c'entra. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Si, ma lei sa
dell'esistenza di un atto con il quale questo signore dice che l'ha venduta a
lei? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Mah, questo di che
mese l'è? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Gliel'ho bell'e
detto: è del 3 di luglio del 1985. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Di luglio? Che di
luglio? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Di luglio, di
luglio. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> No. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> C'è scritto così
nel Pubblico Registro. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Ma che macchina,
il 124? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> La 124. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> O non l'ho già
spiegato quande l'ho presa io. Il 20/09/85. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Ma la domanda non
è questa. Io volevo sapere se lei sapeva dell'esistenza di questo atto con il
quale questo tedesco... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> No io un so
niente. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Oh. Non ne sa
niente. Senta, però formalmente, da un punto di vista formale, a partire dal 3
di luglio dell'85 questo signore ha dichiarato di averla venduta a lei la
macchina? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> No, la macchina
l'era ferma da Nandino. Io un l'ho presa.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">(</span><a href="https://drive.google.com/open?id=12t5YVF4XE-sl7CmyznNyC3UyUg4XWbvw" target="_blank">Audio</a><span style="color: black;">)</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Che della dichiarazione di vendita firmata dal precedente
proprietario Lotti non ne sapesse niente appariva perfettamente normale. Si
trattava infatti di un’operazione per la quale non erano richieste né la sua
presenza né la sua firma. I Bellini avevano svolto il ruolo di intermediari e
si erano occupati di tutte le pratiche, tra l’altro con il loro legittimo
guadagno, visto che al venditore erano andate soltanto 400 mila lire delle 800
incassate. Quindi Lotti nulla sapeva del signor Karl Schwarzenberg. A far testo
sull’effettiva presa di possesso dell’auto era la consegna dell’assegno da
parte di Roberto Scherma ai Bellini, che logica vorrebbe fosse avvenuta nei
giorni vicini a quello di firma del documento di vendita da parte di Schwarzenberg.
La data precisa Lotti diceva di non ricordarsela, ma in ogni caso la collocava
molto più tardi del 3 luglio, in concomitanza con il passaggio della polizza
assicurativa dal 128 al 124, avvenuta secondo lui – e in accordo con i
certificati presentati dal suo difensore – il 20 settembre.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Questa 124, quando gliel’hanno data a lei? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Quando gli era
pronto l'assicurazione per prenderla. Il 20, il 20. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> E la macchina, lei
l'ha avuta quando? Nel settembre l'ha avuta, ha detto prima, o no? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> A settembre, sì. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Del '96. Dell'86,
cioè, dell'85. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> No, quando rigirai
l'assicurazione da quell’altra.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Può essere che lei
sia andato qualche giorno o qualche volta in giro con la 124 senza
assicurazione? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> No, questo gl'è
impossibile. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Impossibile
perché? Ce lo vuol dire? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Perché l'è
assicurata dal 20 settembre dell'85. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Si, è assicurata,
dal 20 settembre, ma prima evidentemente non era assicurata. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Eh, ma io prima di
qui' giorno un l'avevo la macchina, quella lì. Io ho preso la macchina... l'ho
assicurata, qualche giorno prima o due o tre un me ne ricordo. Io l'ho presa
quande proprio l'era intestata a me.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Di questo è
sicurissimo: che con la 124 senza assicurazione non è mai andato in giro. E
nemmeno in precedenza con altre macchine era mai andato in giro senza
assicurazione?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Mai. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Filastò:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Mai? Con la 128 sì,
però, l'ha detto al Pubblico Ministero. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Lotti:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Una volta... Un
potevo mica gira' tanto con la 128 senza assicurazione , io un credo. Se ti
fermano...</span></i><span style="color: black;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">(</span><a href="https://drive.google.com/open?id=10UI8dM9TCsFtszHVcTUXnz4nD92JUKwY" target="_blank">Audio</a><span style="color: black;">)</span><i><span style="color: blue;"></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><span style="color: black;">I testimoni.</span></b><span style="color: black;"> Alla ricerca di chiarimenti,
dopo Lotti vennero ascoltati vari testimoni. Il primo fu il titolare
dell’officina Bellini, Franco Bellini (</span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2016/03/processo-contro-mario-vanni-3-udienza_24.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">), figlio del fondatore Ferdinando, il Nandino nominato da Lotti.
La sua deposizione fu però del tutto inutile, poiché dichiarò di non
rammentarsi nulla della 124 (“</span><i><span style="color: blue;">Quello, guardi, io, assolutamente non me lo ricordo. Il 124
che ha preso dopo non mi ricordo nemmeno di che colore era, onestamente</span></i><span style="color: black;">”). In realtà Franco Bellini fu
soltanto il primo di una lista di testimoni che parevano aver cancellato dalla
loro memoria ogni ricordo di quella macchina. Più avanti torneremo sul tema in
dettaglio.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Più interessante fu la deposizione di Karl Schwarzenberg (</span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2016/03/segue-dalla-decima-parte.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">), che confermò di non aver mai visto Giancarlo Lotti.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Noi vogliamo
sapere di una 124 che lei aveva e che poi ha affidato all'officina Bellini per
la vendita. Ecco, come è avvenuto questo fatto?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Schwarzenberg:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Dunque. È stato un
quattordici, quindici anni fa che mia
figlia è venuta ad abitare con noi a Castelbonzi, ed ho acquistato per lei una
macchina. E mia figlia l'ha guidata per un anno, circa, e poi è tornata in
Austria. Non è più ritornata da quel tempo e così l'ho venduta e l'ho affidata
al garage Bellini di San Casciano per venderla. E so che c'è voluto parecchie
settimane, perché trovasse un acquirente. Lui mi telefona e dice: “L'abbiamo
venduta, vada all'ACI di San Casciano per firmare il contratto di vendita”.
Cosa che ho fatto. E poi gli chiedevo i soldi e non ho più sentito parlare di
questa macchina.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">PM:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Quando andò a
firmare, questo signor Lotti non era presente? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Schwarzenberg:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> No, no. Ho trovato
il foglio e ho firmato un foglio soltanto all'ACI, ma non c'era nessuno.
Insomma, non l'ho visto di persona. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Il lettore faccia caso alle modalità con le quali Schwarzenberg
andò a firmare l’atto di vendita: i Bellini gli telefonarono dicendogli di
andare all’ACI di San Casciano e lui andò. Non pare insomma che ci fosse stato
alcun impedimento a quella firma, che dunque dovette essere avvenuta a ridosso
della telefonata stessa.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Altra informazione importante: non ricordava la data, ma in
ogni caso Karl Schwarzenberg si era preoccupato di disdire la propria
assicurazione (c'è da scommettere che si fosse subito portato via il tagliando sul parabrezza). Quindi in officina era rimasta un’auto che non avrebbe potuto
circolare, se non – ma entro determinate condizioni – con una targa “Prova”.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Quando lei ha
affidato la macchina al garage Bellini per la vendita, la macchina era sempre
coperta da assicurazione?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Schwarzenberg:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Era coperta almeno
fino al momento del passaggio. Adesso non mi ricordo esattamente, so che ho
telefonato alla Compagnia per dire: “La macchina è venduta, dunque, scade
l'assicurazione. Insomma, finisce il contratto”.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Allora ha
telefonato quando è andato all'ACI per firmare, quando ha preso i soldi? Si può
ricordare un po'?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Schwarzenberg:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Non mi ricordo
quando l'ho fatto; ma so che mi premeva di farlo, perché quello che spesso
succede è che chi continua a guidare, poi arrivano delle contravvenzioni perché
ha parcheggiato male. Poi arrivano le multe al vecchio proprietario. Dunque, la
prima cosa che fa è di... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Di mettere tutto
regolare. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Schwarzenberg:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Ma la data
precisa, onestamente, non gliela so dire.</span></i><span style="color: black;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: black;">Attenzione! Prima
di proseguire è necessario premettere che erroneamente su Insufficienza di
prove le successive deposizioni sono accreditate al 18 marzo, però sono anch’esse
del 17, come risulta dal sito di Radio Radicale, </span></i><a href="https://www.radioradicale.it/scheda/100676/processo-ai-presunti-complici-del-mostro-di-firenze-vanni-3" target="_blank"><i>vedi</i></a><i><span style="color: black;">.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Dopo la sospensione per il pranzo, riprese la sfilata dei
testimoni. Il primo fu Gino Coli (</span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2016/04/processo-contro-mario-vanni-3-udienza.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">), marito di Mery Bellini e meccanico dell’officina, la
persona alla quale era stato consegnato l’assegno da Roberto Scherma. E come il
cognato, anche lui parve non ricordarsi nulla di quella Fiat 124 blu. Dell’informazione
più importante, la data di consegna dell’assegno e del conseguente rilascio
della macchina a Lotti, non aveva la minima idea. Riguardo l’assicurazione, sul
perché fosse partita il 20 settembre 1985 a fronte di una dichiarazione di
vendita datata 3 luglio non seppe dare spiegazioni, mentre fu categorico
nell’escludere che un’auto potesse uscire dall’officina senza essere stata
prima assicurata. Fece anche un timidissimo cenno all’attività della moglie,
affermando che “</span><i><span style="color: blue;">qualche volta era in contatto e faceva delle assicurazioni
con questa compagnia qui</span></i><span style="color: black;">”. In realtà lo faceva molto più di qualche volta, e il fatto che
Coli non lo avesse detto lascia molte perplessità.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Il successivo testimone <span style="color: black;">fu Roberto Scherma (</span></span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2016/04/processo-contro-mario-vanni-3-udienza_12.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">), l’ex datore di lavoro di Lotti che aveva dato l’assegno a
Coli. Anche la sua memoria si dimostrò poco viva. Confermò l’episodio
dell’assegno, ma disse di non ricordare nulla della data.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Quando lei ha
pagato, la macchina l'avete ritirata subito?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Sì, io mi ricordo
che siamo andati assieme e questi soldi o gliel'ho dati subito al meccanico,
sennò gli ho detto: ‘Te li do io, la macchina gliela puoi Darè, ecco. O glieli
diedi subito, un me lo ricordo, diciamo, se questi soldi io gliel'ho dati lì
per lì. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Comunque, è andato
insieme al Lotti... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">R.Scherma:
</span></i></b><i><span style="color: blue;">Insieme
a Lotti e io ho detto, questi soldi... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> E sta dicendo, la
macchina l'ha ritirata la stessa occasione, oppure è andato dopo a ritirarla? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">R.Scherma:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Ma io penso che
sia andato dopo, però, perché io ci sono andato di furia, così, perché lui
dice: 'Bisogna che vieni te, sennò la macchina un me la dà, io i soldi non ce
li ho, poi me li ritiri', e via discorrendo.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Dopo Roberto Scherma, toccò al figlio Luigi. Da lui gli
avvocati di Vanni si aspettavano una testimonianza importante riguardo il destino
della 128 dopo l’acquisto della 124. Lo aveva preannunciato in apertura
d’udienza Antonio Mazzeo, che, a suo dire, avrebbe raccolto</span><span style="color: black;"><span style="color: black;"> dall’uomo </span> una clamorosa dichiarazione
(</span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2016/03/processo-contro-mario-vanni-3-udienza_14.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">):</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Mazzeo:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Io e il collega
Filastò, nel pomeriggio di ieri, ci siamo recati in San Casciano, località
Ponte Rotto, via di Lucciano numero 20, presso la draga dove il Lotti, per sua
stessa dichiarazione reiterata, ha lavorato alle dipendenze dei signori Scherma
dal 1981 al 1988, abitandovi anche. Lì abbiamo avuto un colloquio col signor
Luigi Scherma, quale persona informata dei fatti, il quale ha fornito una serie
di indicazioni estremamente importanti con riferimento a questa fase di
indagine che è stata questa dell'ordinanza di questa Corte. Noi abbiamo
raccolto a verbale, previsto dalla legge, queste informazioni. Il verbale che
abbiamo redatto ve lo leggo, perché va al di là di ogni commento; poi valuterà
la Corte sotto il profilo dell'ammissione delle richieste di prova che poi vado
a fare.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">“Nei locali della draga del Ponte Rotto,
davanti a noi, avvocato Antonino Filastò e avvocato Antonio Mazzeo,
rispettivamente del Foro di Firenze e di Pistoia, è presente il sopramenzionato
Luigi Scherma, il quale ci dichiara quanto segue:</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">'Conosco da molti anni il signor Giancarlo
Lotti, il quale, nel 1985, lavorava presso la draga dei miei genitori situata
in San Casciano, località Ponte Rotto, via di Lucciano' </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Avvocato, però ci
dica questa cosa. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Mazzeo:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> In sostanza,
questo signore è in grado di confermare alla Corte – evidentemente, se verrà
ammesso come testimone – che nel luglio del 1985 il Lotti acquistò
effettivamente una 124 blu usata, va bene, con la quale cominciò a girare. La
128 rossa coupé, coda tronca, eccetera, che effettivamente aveva in precedenza,
da mesi era davanti casa sua, lì in via di Lucciano, inutilizzata al punto tale
che mancavano anche i pneumatici. Quindi questo signore è in grado di confermare
questa circostanza che a me pare molto rilevante, proprio con riferimento alla
vostra ordinanza.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Le cose non stavano proprio come aveva anticipato Mazzeo, e
più di tanto Luigi Scherma non disse (</span><a href="http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2016/04/processo-contro-mario-vanni-3-udienza_15.html" target="_blank">vedi</a><span style="color: black;">). Di sicuro non fornì indicazioni sulla data in cui Lotti
iniziò a circolare con la 124:</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Senta, nell'85 che
macchina aveva il Lotti, se lo ricorda? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">L.Scherma:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Siccome ha
cambiato molto spesso le auto, l'85 non ricordo. Ricordo tutte le auto che ha
avuto.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> E che auto ha
avuto?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">L.Scherma:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> [Elenca le prime
auto, poi] Dopodiché ha avuto una 128 coupé rossa. Dopo di questa ha avuto
un'altra 124 berlina, colore blu.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Cosa gli ricorda,
più o meno, l'epoca in cui ha avuto questa 124 blu? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">L.Scherma:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Mah... niente di
particolare. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Questa macchina
pare che l'abbia pagata suo padre.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">L.Scherma:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Sì, mi sembra che
fu agevolato da mio padre. Il pagamento non ricordo come fu effettuato. Fu un
concessionario di San Casciano a cedere questa macchina. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> E nulla può dire
di queste modalità di acquisto? Quando è avvenuto, quando non è avvenuto,
quando è avvenuta la consegna della macchina... </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">L.Scherma:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> No, questo no.
Questo forse mio padre, se ci pensa, glielo sa dire.</span></i><span style="color: black;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">E sul lungo periodo, mesi secondo Mazzeo, in cui la 128
sarebbe rimasta ferma non funzionante sul piazzale davanti casa di Lotti,
addirittura senza ruote?</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Può localizzare
nella sua mente quando è venuta la macchina, ha visto la macchina, la 124
davanti a casa lì, vostra? Blu, la macchina 124 blu.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">L.Scherma:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> Cioè, voleva
sapere? </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">Presidente:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> La 128 ce l'aveva
ancora, non ce l'aveva, era funzionante, non funzionante... Insomma, tutto
quello che sa di questa macchina.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><i><span style="color: blue;">L.Scherma:</span></i></b><i><span style="color: blue;"> All'acquisto della
124 blu, la 128 era ferma davanti alla sua casa. Che, non so, era guasta. É
rimasta ferma per un mese, un mese e mezzo, davanti alla sua casa, che negli
ultimi giorni aveva tolto le gomme, ricordo. E poi venne il rottamista e portò
via tutto.</span></i><span style="color: black;"></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Sostanzialmente Luigi Scherma confermò quello che aveva
detto poco prima il padre: “</span><i><span style="color: blue;">Mah, un po' di tempo c'è stata, un so, un
mese, due mesi</span></i><span style="color: black;">”.
E le gomme Lotti le aveva tolte soltanto pochi giorni prima che la macchina
venisse portata via dal demolitore nella speranza di poterle usare sulla
macchina nuova. Si tenga presente che, da casa loro, gli Scherma avevano la
visione completa del piazzale dove lui parcheggiava le sue auto.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">E qui è il caso di aprire una parentesi. Nel libro <i>Storia delle merende infami</i> su questo
argomento Filastò avrebbe dichiarato il falso, o perlomeno qualcosa di ben
diverso da quanto era stato detto in tribunale. E purtroppo gli odierni
appassionati di bocca buona – quasi tutti – credono che la storia vera sia
quella del libro. Eccola:</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Per farla breve, i signori Scherma, padre e
figlio, mi confermano la circostanza che mi era apparsa dalla fredda registrazione
del registro automobilistico. Mi precisano che un'auto posseduta da Lotti,
appunto una 128 rossa Fiat, già nel 1985 non era più funzionante. Lo stesso
Lotti l'aveva abbandonata davanti alla casa colonica da lui abitata, dopo
averne asportato le ruote, tanto che la macchina rossa si sosteneva su quattro
pile di mattoni.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">DOMANDA DEL DIFENSORE: “Il mese, per piacere,
dell'anno 1985. M'interessa il mese a partire dal quale l'auto fu immobilizzata
dal vostro operaio, asportandole le ruote e collocandola sulle pile di sostegno”.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">RISPOSTA: “Una parola! Sono passati dodici
anni. Chi può ricordarsi la data precisa?”</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Tuttavia i due Scherma ricordano benissimo che
quella vecchia auto, già usurata al tempo dell'acquisto, a un certo punto
lasciò Lotti a terra, non camminava più, rimase alcuni mesi davanti alla casa
abitata a titolo di cortesia, inamovibile, sui mattoni, finché il
carro-attrezzi dello 'sfattino', cioè del demolitore, non venne a portarsela
via.</span></i><span style="color: black;"></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">Luigi Scherma fu l’ultimo a testimoniare. E dopo la sua deposizione
il problema rimaneva sempre quello: in che data Lotti aveva ritirato la Fiat
124 dall’officina Bellini? La scrittura privata del venditore, datata 3 luglio
1985, era soltanto indicativa, poiché l’auto poteva essere rimasta in officina
ancora tanto tempo prima di venir consegnata, magari in attesa del pagamento. In
effetti la prova definitiva risiedeva proprio nella data in cui Roberto Scherma
aveva consegnato l’assegno di 800 mila lire nelle mani di Gino Coli, dando così
modo a Lotti di portarsi via l’auto. Ma nessuno aveva potuto dire quando, e stranamente
– e colpevolmente – nessuna ricerca venne effettuata presso le relative banche
per verificare sia l’estratto conto degli Scherma sia quello dei Bellini. Tra
l’altro è bene che il lettore noti un fatto importante: fu Lotti stesso a raccontare del pagamento
tramite assegno, e a dichiararsene sicuro a precisa domanda di Filastò, il
quale ne fu molto contento, poiché avrebbe potuto verificare la data
dell’operazione: <span style="color: black;">“</span></span><i><span style="color: blue;">Questa è una cosa ottima che c'ha detto,
perché così possiamo sapere quando è avvenuto</span></i><span style="color: black;">”</span><span style="color: black;">. Quindi
Lotti avrebbe fornito all’avvocato di Vanni uno strumento per scoprire la
propria menzogna, anche se non risulta che poi questi ne abbia approfittato.<span style="color: black;"></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black;">In ogni caso i giudici non ebbero dubbi, e a fronte delle
incertezze delle testimonianze fecero affidamento sui certificati di
assicurazione consegnati dal difensore di Lotti. Dalla sentenza:</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Sicché, sulla base delle predette risultanze,
deve escludersi che il Lotti abbia avuto la disponibilità della FIAT 124 prima
del 20 settembre 1985, essendo la copertura assicurativa di tale auto iniziata
alle ore 24 di tale data ed essendo stato il teste Coli categorico
nell'escludere che l'auto potesse essere stata consegnata al Lotti prima del 20
settembre, senza copertura assicurativa.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">D'altra parte, se il Lotti avesse avuto la
consegna della FIAT 124 al momento del suo acquisto o comunque prima del 20
settembre 1985, non avrebbe avuto alcun motivo per conservare la copertura
assicurativa anche sulla FIAT 128, tenuto anche conto del fatto che costui, dal
momento in cui ha avuto la materiale disponibilità della FIAT 124, ha usato
solo quest’ultima auto e non più la FIAT 128, come ha riferito sul punto anche
il teste Scherma Roberto […]</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Sicché si deve escludere che il Lotti, alla
data dell'8 settembre 1985, non abbia avuto più l'uso della FIAT 128 coupé, auto
che ha invece usato tranquillamente, in modo “regolare”, fino al momento del
ritiro della FIAT 124, non avvenuto sicuramente prima del 20 settembre 1985.</span></i><br />
<br />
<a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2020/05/il-tormentone-dellassicurazione-2.html"><span style="color: blue;"><span style="color: black;">Segue</span></span></a><i><span style="color: blue;"> </span></i></div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com23tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-38490023809820194272020-05-08T05:14:00.005-07:002022-06-19T08:36:11.167-07:00Una strana frattura<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
Sul mistero della causa della morte di Francesco Narducci si sono versati i classici fiumi
d’inchiostro, ma in definitiva esso rimane ancor oggi irrisolto. Il povero gastroenterologo
perugino fu vittima di una banale disgrazia? Oppure commise suicidio per cause
ignote, e i suoi influenti familiari cercarono di nasconderlo evitando gli
accertamenti medico-legali? O peggio, venne ucciso in circostanze per lui poco pulite, e a maggior ragione si cercò
di evitare ogni controllo?<br />
È ben nota
l’inchiesta aperta nel 2001 dall'allora pubblico ministero Giuliano Mignini,
concretizzatasi nell’ipotesi di un omicidio a opera del gruppo dei misteriosi mandanti dei
delitti del Mostro di Firenze, dei quali in qualche modo Narducci avrebbe
fatto parte. Tale inchiesta individuò una serie di personaggi che all’epoca
avrebbero operato per nascondere l’omicidio, e in anni recenti per depistare le
nuove indagini. Con la nota sentenza del 2010 il giudice per l'udienza preliminare
Paolo Micheli respinse la richiesta di rinvio a giudizio per tutti
gli imputati. La Cassazione annullò parte della sentenza, poi tutto andò in
prescrizione, salvo il caso di Alfredo Brizioli, che alla prescrizione
rinunciò e venne assolto.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
Tra gli elementi
che più convinsero Mignini della validità dell’ipotesi di omicidio va
senz’altro annoverata la lesione che il suo consulente, professor Giovanni
Pierucci, riscontrò in sede di autopsia sul collo del cadavere, riesumato a 17
anni di distanza dalla morte (6 giugno 2002). Si trattava della frattura di uno
dei due corni superiori della cartilagine tiroidea, il sinistro. Il destro
risultò intatto, come intatte erano tutte le altre strutture circostanti.</div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-R6VdBdtbxrE/XrVG8mb36RI/AAAAAAAACSo/4afc2Mk0lGc50HWfiyvEen9DkGrkvV3egCLcBGAsYHQ/s1600/Corno.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="887" data-original-width="1024" height="277" src="https://1.bp.blogspot.com/-R6VdBdtbxrE/XrVG8mb36RI/AAAAAAAACSo/4afc2Mk0lGc50HWfiyvEen9DkGrkvV3egCLcBGAsYHQ/s320/Corno.png" width="320" /></a></div>
<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Vitale o non vitale?</b> La lesione era
avvenuta in vita – di conseguenza sarebbe stato legittimo ipotizzare uno
strozzamento – oppure dopo la morte, per qualche urto o manipolazione del
cadavere? Usando le tecniche rese disponibili dalla medicina legale non fu
possibile stabilirlo, come ben specificato dalle seguenti frasi contenute nella
relazione dello stesso Pierucci, e riportate nella sentenza Micheli:</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Di fronte ad una lesione del genere si pone classicamente il
quesito della ‘vitalità’, vale a dire del periodo in cui essa fu prodotta: se
dopo morte, ovvero prima della morte, e di quanto tempo prima (..). Di fronte
all’<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">assoluta irriconoscibilità della
vitalità</b>, noi abbiamo tentato di saggiare qualche proprietà fisico-chimica
dell’emoglobina (..) con risultati peraltro nulli: coerentemente con l’entità
dei fenomeni trasformativi. Questi sono risultati di tipo complesso, ed anche
antitetico, tipo mummificazione e ‘saponificazione’ (..). Assai interessante,
sul piano ‘bio-tanatologico’, un rigogliosissimo sviluppo fungino (..): anche
le parti molli peri- e iuxta-tiroidee sono risultate sede di un rigogliosissimo
sviluppo fungino, un vero e proprio feltro (..), idoneo ad ‘assorbire’ ogni
traccia di reazione vitale. Per tale motivo, <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">la prova sicura di una produzione vitale ovvero post-mortale della
frattura in discussione non può essere fornita</b>. </span></i></div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
In sede di
integrazione istruttoria, il 3 giugno 2009 così il professore rispose a una
domanda dell’avvocato Zaganelli (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lei è in grado di dire se questa frattura è avvenuta in vita
o da morto?</span></i>”):</div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">
Ecco <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">questo è il grande quesito che oggettivamente non si può risolvere</b>,
si può risolvere su base deduttiva, su base diciamo così di esclusione ma non
in via positiva, in via positiva la produzione in vita la si dimostra
attraverso i segni della vitalità, vitalità che è espressa macroscopicamente da
una emorragia focale, circoscritta e istologicamente dalla visione, dalla
obiettivazione del sangue che infiltra i tessuti, tessuti antistanti e tessuti
direi intrinseci. Ecco, questo qui abbiamo detto che c’è stata colliquazione di
tutte le strutture cellulari ecco non è più obiettivabile in assoluto quindi <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">la certezza scientifica matematica della
vitalità della lesione non ce l’ho </b>[…] <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">e
né potrei averla</b> […].</span></i></div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
Vediamo adesso
quali potrebbero essere state le possibili cause della lesione in un caso e
nell’altro, così come vennero prospettate ed eventualmente escluse dalle varie
parti.</div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Lesione vitale.</b> A proporre la
possibilità di una frattura avvenuta in vita ma non per strozzamento fu lo
stesso giudice Micheli, che all’omicidio non credeva.</div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Altra considerazione, che merita rilievo centrale, riguarda
l’esclusione da parte del P.M. di qualunque ipotesi alternativa ad un’azione di
strozzamento per spiegare la lesione […]</span></i></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Non si vede perché l’evenienza di un urto del collo del
Narducci su una superficie rigida od un ostacolo, prodottosi quando egli era
ancora in vita, dovrebbe essere relegata a identico rango. </span></i></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Di superfici idonee a determinare quel tipo di conseguenze,
negli ultimi frangenti dell’esistenza terrena del gastroenterologo perugino, ce
n’erano: si pensi al profilo dello scafo del natante dove egli si trovava, od a
quello del parabrezza.</span></i></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Se cadde o si lasciò cadere in acqua, intontito da una
pesante dose di meperidina, perché non ammettere che poté urtare sul bordo o
sul parabrezza della barca? E perché non considerare gli spigoli o una delle
piccole bitte presenti sul bordo dello scafo, ovvero le smussature lungo
l’andamento curvilineo del parabrezza, come un corpo solido capace di provocare
una lesione di quel genere in un punto così determinato del collo? È chiaro che
un urto contro una superficie “estesa”, come sottolinea il P.M., non avrebbe
avuto la possibilità di produrre quella lesione: ma un’eventuale collisione
contro un corpo solido di forma allungata sì, certamente interessando un’area
ben localizzata e concentrata del collo e senza la necessità che per produrre
una frattura fosse indispensabile esercitare una forza progressiva.</span></i></div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
Lo scenario non
convince affatto, avendo probabilità bassissime. Forse una sporgenza di piccole
dimensioni (come uno spigolo) avrebbe potuto comprimere il corno tiroideo
sinistro fino a romperlo, se urtata con molta forza, ma la coincidenza che
l’urto fosse avvenuto proprio in quel particolare punto del collo, neppure
troppo esposto, lascia assai perplessi.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
Altre
possibilità di frattura in vita alternative allo strozzamento non paiono
esservi, e infatti la sentenza non ne riporta. D’altra parte anche lo
strozzamento stesso non appare così scontato, come causa possibile della morte.
La frattura era isolata, con tutte le strutture circostanti integre; riesce
difficile immaginare una conseguenza così limitata e circoscritta di un’azione
per forza molto violenta. I testi di medicina legale riportano dati statistici
sulle morti da strozzamento in cui le rotture isolate di un solo corno tiroideo
sono molto rare, come in <i>Asfissie meccaniche violente</i>, di Giancarlo
Umani Ronchi e Giorgio Bolino, dove tra l'altro si legge: “<i><span style="color: blue;">Il riscontro di un’unica frattura di un corno superiore
tiroideo […] in assenza di altri segni lesivi a carico delle strutture del collo,
assume scarso valore diagnostico</span></i>”.</div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Lesione non vitale.</b> Un po’ più ampio
risulta lo spettro delle possibilità per una lesione avvenuta dopo la morte.
Naturalmente non si poteva escludere, perlomeno in via teorica, l’eventualità
che fossero state proprio le manovre di estrazione del complesso dove era
contenuta – laringe, trachea, osso ioide – a fratturare la fragile struttura.
L’operazione però era stata condotta da Pierucci con estrema diligenza, senza
che i consulenti delle parti avverse – si trattava di un incidente probatorio –
avessero avuto qualcosa da ridire. Queste furono le dichiarazioni di Barbara
Cucchi, tecnico di laboratorio, il 31 marzo 2004:</div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">L’operazione è stata condotta dal prof. Pierucci in maniera
professionale ed ineccepibile e nessuno dei presenti al momento ha avuto da
ridire sull’operato svolto. Una volta posta in evidenza la parte interessata,
il prof. Pierucci ha estratto la cartilagine tiroide, stando ben attento a non
toccare i corni della stessa. Preciso ancora che il prof. Pierucci ha
scarnificato completamente la cartilagine tiroide, estraendola con molta
cautela e facilità, senza toccare minimamente i corni della stessa. Una volta
estratta la parte veniva mostrata ai presenti i quali non hanno fatto alcuna
osservazione. L’operazione è durata circa tre ore, data l’estrema cautela
impiegata dal prof. Pierucci. Quando lo stesso ha mostrato la cartilagine prima
descritta ben scarnificata, ha evidenziato la linea di frattura esistente nel
corno superiore sinistro e nessuno ha obbiettato nulla, né sulla parte, né
sull’operato del professore.</span></i> </div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
La sentenza
Micheli propone altre possibilità, come quella ventilata dai professori Torre e
Balossino, consulenti per la famiglia Narducci, inerente le modalità di
recupero e successivi spostamenti del cadavere:</div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Chiunque abbia consuetudine coi cadaveri (..) sa quanto essi
siano difficili da maneggiare (..). Un modo idoneo ed efficace per spostarli
(anche soltanto metterli in cassa) è che di due persone una afferri il morto
per le caviglie, l’altra per il collo (sotto la mandibola: qui c’è un’ottima
presa; ed è una presa che agisce su di una regione anatomica e con modalità
analoghe alle manovre di strozzamento o strangolamento effettuate sul vivente).
</span></i></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Non dimentichiamo, tra l’altro, che il nostro morto del lago
non fu semplicemente spostato; fu caricato a bordo del natante dei Carabinieri,
operazione che comporta trazioni ed afferramenti di notevole violenza.</span></i></div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
Anche questo
scenario convince poco. Due persone spostano un corpo inanimato afferrandolo
per le caviglie e per le ascelle, non per il collo.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
Senz’altro più
appropriate paiono queste considerazioni di Micheli, dove si tira in ballo la
cravatta che stringeva fortemente il collo gonfio di Narducci:</div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Non va dimenticato, inoltre, che il cadavere rinvenuto il 13
ottobre 1985 aveva la più volte menzionata cravatta, rimasta impressa nella
memoria di vari testimoni e concordemente descritta come assai serrata: come si
può escludere che la frattura del cornetto sinistro della tiroide sia derivata da
quella, vuoi perché rimasta a cingere il collo mentre cominciava a gonfiarsi,
vuoi magari perché afferrata anche per pochi attimi da chi stava esercitando
una notevole forza di trazione per rendere possibile l’imbracatura del corpo,
per sistemarlo sul telo parimenti descritto dal Baiocco o per riuscire
direttamente nell’intento di sollevare il corpo stesso dalla superficie del
lago e sistemarlo sulla barca dei soccorritori?</span></i></div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">La cravatta.</b> In effetti la cravatta
doveva trovarsi più o meno in corrispondenza dei corni tiroidei, ed era a
diretto contatto con la pelle (appuntato di polizia Paolo Gonnellini, 22
ottobre 2003: “<i><span style="color: blue;">Stretta al collo l'uomo aveva una
cravatta scura che si trovava al di fuori dei colli della camicia</span></i>”),
quindi il suo utilizzo per tirar su il cadavere dal lago, più che il gonfiarsi
stesso del collo, avrebbe forse potuto produrre la frattura. Possibile, ma
molto improbabile. Nel tirar su una persona esanime afferrandola per la
cravatta la pressione maggiore viene esercitata sulla parte posteriore del
collo, mentre una pressione minore, dovuta allo stiramento del cappio, viene
esercitata sui lati. Ma i corni tiroidei si trovano in posizione
latero-anteriore, non laterale, quindi non vengono interessati.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
Ci sono poi le
modalità di recupero descritte dal pescatore Ugo Baiocco in sede d’incidente
probatorio (17 marzo 2006) a togliere ogni residuo dubbio: “<i><span style="color: blue;">I Carabinieri avevano un telo, poi con dei bastoni le
guardie da una parte e i Carabinieri dall’altra gli hanno passato sotto al
corpo questo telo... dicendo in gergo dialettale imbracato, come si può dire, e
poi lo hanno tirato su col telo, non lo hanno preso mica a mano</span></i>”.
Una volta a bordo, il corpo fu adagiato su una barella, quindi negli
spostamenti successivi di sicuro non fu preso per la cravatta.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
In ogni modo
causa di quella frattura così localizzata doveva essere stata una pressione
altrettanto localizzata prodotta da una piccola superficie, e non dal cappio di
una cravatta. Nondimeno Micheli c’era andato molto vicino, poiché la cravatta
c’entra. Le testimonianze furono concordi nel descriverla molto stretta attorno
al collo molto gonfio:</div>
<br />
<ul>
<li><i><span style="color: blue;">Quello che mi colpì
del cadavere fu la cravatta stretta al collo con il classico nodo al di fuori
del colletto di camicia, proprio sotto il mento</span></i> (Paolo Gonnellini,
11 giugno 2002);</li>
<li><i><span style="color: blue;">Quello di cui sono
assolutamente certo e lo ribadisco perché ho davanti ancora l’immagine di quel
corpo, è che attorno al collo, sopra la camicia aveva una cravatta molto
stretta al collo tanto che io pensai che il colore scurissimo del volto
dipendesse dalla strozzatura della cravatta</span></i> (maresciallo di polizia
Pietro Bricca, 11 giugno 2002);</li>
<li><i><span style="color: blue;">Portava una camicia
con una cravatta che lo stringeva molto al collo divenuto edematoso e cianotico</span></i>
(professor Antonio Morelli, 28 febbraio 2003);</li>
<li><i><span style="color: blue;">Il collo era gonfio
e stretto da una cravatta</span></i> (Andrea Ceccarelli, cognato di Pierluca
Narducci, 18 aprile 2005);</li>
<li><i><span style="color: blue;">La testa e il volto
del cadavere era molto gonfio e scuro. Anche il collo era particolarmente
gonfio e mi sembra che avesse qualcosa al collo che stringeva</span></i>
(Giancarlo Papi, fotoreporter de “Il Messaggero”, 23 novembre 2005).</li>
</ul>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Il taglio.</b>
Ai dati precedenti se ne
aggiunge un altro: nel verbale di ricognizione vengono menzionati un giubbotto
marrone, dei <i>jeans</i>, una camicia e delle scarpe marroni, ma non una
cravatta. Perché? Quella cravatta così stretta attorno al collo era stata
tagliata via per agevolare l’esame del cadavere da parte della dottoressa
Daniela Seppoloni, che così dichiarò il 24 ottobre 2001:</div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Ricordo che il cadavere del Dr. Narducci non poteva essere
spogliato perché gli abiti erano del tutto attaccati ma i Vigili recuperarono
delle forbici e con questo attrezzo iniziammo a tagliare i vestiti, non
completamente; ricordo che scoprimmo quasi tutto il braccio sinistro, una parte
del braccio destro, parte del torace salvo le spalle, il collo, e poi
abbassammo leggermente i pantaloni verso il basso, poco sotto l’ombelico di
circa un paio di centimetri perché i pantaloni non andavano giù.</span></i></div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
Nella lunga deposizione
la dottoressa disse che non ricordava una cravatta, quindi il vigile dovette
averla tagliata prima che lei, nella confusione del momento, avesse potuto
notarla. Disse anche: “<i><span style="color: blue;">Il Vigile che tagliava i
vestiti aveva difficoltà a compiere la sua operazione per via del gonfiore del
corpo</span></i>”. Come poteva aver agito quel vigile per tagliare una cravatta
affondata nella carne? Con il medesimo metodo che tutti – almeno i non mancini
– avrebbero adottato: aveva messo la mano sinistra aperta sulla parte anteriore
del collo, quindi, per farsi spazio e poter infilare le forbici tra la cute e
il tessuto, aveva premuto fortemente con il pollice sotto il cappio della
cravatta sul lato anteriore sinistro, nell'unico punto cedevole situato tra i
duri pomo d'Adamo e muscolo sternocleidomastoideo; esattamente dove si trovava
il corno tiroideo sinistro, il quale, già un po’ calcificato in una persona di
36 anni, a un certo punto si era fratturato.</div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-fSwCCqvZV-A/XrVHTCT-6YI/AAAAAAAACSw/OvLJdROwT7QK3jc8M5YkYwWYzbl81yIdACLcBGAsYHQ/s1600/Corno%2Bdoppio.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="195" data-original-width="521" height="147" src="https://1.bp.blogspot.com/-fSwCCqvZV-A/XrVHTCT-6YI/AAAAAAAACSw/OvLJdROwT7QK3jc8M5YkYwWYzbl81yIdACLcBGAsYHQ/s400/Corno%2Bdoppio.png" width="400" /></a></div>
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
Si noti nelle
due immagini accostate la perfetta corrispondenza tra il punto in cui il
pollice va a premere e il sottostante corno tiroideo.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Nel valutare la foto con la cravatta si tenga
presente che, per ovvi motivi, non si è potuto stringere il cappio per come
sarebbe stato necessario. Per effetto del gonfiore del collo, la cravatta
addosso al cadavere del lago doveva essere molto infossata, quindi la pressione
che il vigile aveva dovuto adottare per farsi spazio era stata ben più forte, e
l'affondamento del pollice ben maggiore. In più, a detta di almeno due
testimoni (Morelli e Tomassoni), la cravatta in questione era di cuoio o di
pelle, meno facile da tagliare di una in stoffa, quindi l'operazione poteva
anche aver richiesto diverso tempo. </div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
Tra l’altro
questo scenario soddisfa in pieno le convinzioni espresse da Pierucci in fase
di integrazione istruttoria (udienza preliminare del 3 giugno 2009) sul tipo di
pressione, non istantanea ma continua e crescente, necessaria per rompere la
struttura.</div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Vista la costituzione cartilaginea, osteo-cartilaginea in un
soggetto relativamente giovane perché si verifichi una frattura è da presumere
che la forza si sia esercitata in una maniera non istantanea ma per un
brevissimo periodo sicuramente dell’ordine di secondi ma con il punto di
applicazione della forza sempre nella stessa area o meglio areola e con una
intensità crescente. [..]</span></i></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="color: blue;">Io insieme con il Professor Bacci avendo affrontato questo
punto siamo arrivati alla conclusione che per poter esercitare quel tipo di
frattura non è sufficiente ipotizzare l’intervento di una forza istantanea ma è
necessaria una graduale e crescente applicazione della forza e su questa base
abbiamo concluso secondo le nostre considerazioni.</span></i></div>
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
Fortuna vuole che nella sentenza Micheli sia contenuta una descrizione indiretta ma assai
efficace della scena. Per documentare il capo d’imputazione numero 18 a carico
della signora Adriana Frezza, suocera di Pierluca Narducci, viene riportato il
contenuto di una telefonata intercorsa tra lei e l’amica Teresa Miriano, nella
quale, parlando del figlio Andrea Ceccarelli, presente sul molo al momento del
recupero del cadavere, così si espresse la stessa Frezza: “<i><span style="color: blue;">Ma Andrea se ricorda tutto… eh però… se ricorda… Se ricorda
perfino che quando l’hanno tirato su gli hanno tagliato la cravatta e ha
buttato fori delle cose dalla bocca…</span></i>”. La pressione esercitata dal
pollice del vigile del fuoco aveva fatto uscire dalla bocca i liquami contenuti
nella faringe, quindi doveva essere stata molto forte.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
Naturalmente
niente assicura che davvero le cose fossero andate come qui si è ipotizzato. Si deve
però ammettere che la ricostruzione è molto verosimile, e porta con sé una
conseguenza clamorosa: quel corpo su cui fu esercitata una forte pressione in
corrispondenza del corno tiroideo sinistro fino a determinarne la frattura era
il medesimo sul quale quella stessa frattura sarebbe stata riscontrata
nell’esame autoptico di 17 anni dopo. Cadrebbe
pertanto l'ipotesi del doppio cadavere.</div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com70tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-22401621049389982862020-02-18T13:45:00.002-08:002020-03-01T07:38:04.346-08:00Il disegnatore ingrato<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Ieri,
verso le 14, ho sentito suonare il postino. Ero già preparato alla consegna, in ogni caso sono stato molto felice di aprire un pacco con dentro quattro libri sul Mostro. Di solito compro sempre i nuovi libri sull'argomento, salvo sfogliarli appena per mancanza di tempo. Del resto si tratta quasi sempre di roba orribile. Ma tra i quattro di ieri c'era anche la graphic novel <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il Mostro di Firenze – Enigma senza fine</i>, di Giuseppe Di Bernardo e
Vittorio Santi.</span><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-uIJMMpmof-Q/XkxJmKIxiHI/AAAAAAAACQ4/JG3G3MwOhrMEFzDmiWWJSVAIFoxfD9hNACLcBGAsYHQ/s1600/51ucbqGOI-L._SX368_BO1%252C204%252C203%252C200_.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="499" data-original-width="370" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-uIJMMpmof-Q/XkxJmKIxiHI/AAAAAAAACQ4/JG3G3MwOhrMEFzDmiWWJSVAIFoxfD9hNACLcBGAsYHQ/s320/51ucbqGOI-L._SX368_BO1%252C204%252C203%252C200_.jpg" width="237" /></a></div>
<br />
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Un fumetto si legge sempre volentieri. Sul mio comodino adesso c'è un numero di Zagor, per esempio, della collana storica di Repubblica. Qualche decina di pagine a sera prima di dormire e sono arrivato al 173, <i>Doppia minaccia</i>. In precedenza mi sono letto tutti i 300 numeri e passa di Tex, sempre della collezione storica di Repubblica. Finito Zagor tornerò alla mia vecchia passione Dylan Dog. Diabolik invece non mi piace, troppo noioso, ai tempi preferivo di gran lunga Kriminal e Satanik, forse adesso però è diverso.</span><br />
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Ma torniamo al Mostro e al fumetto di cui dicevo prima. Oggi l'ho letto e mi è piaciuto.
Indubbiamente una storia di fantasia, come del resto si addice a un’opera del
genere, contenente però diversi elementi di verità. Anzi, devo dire che mi sono
inorgoglito per avervi ritrovato alcuni punti forti del mio blog, del quale
almeno uno dei due autori, Giuseppe Di Bernardo, è o è stato mio lettore. Come
dimostra questo suo intervento, nel quale dichiara di averlo trovato</span><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"> “estremamente utile”:</span></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-SydA7EfpKj0/XkxKKdfG4kI/AAAAAAAACRA/8G0I1HacXm4EjK9KDzf8A_zrEt1z262XgCLcBGAsYHQ/s1600/Di%2BBernardo.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="582" data-original-width="650" height="286" src="https://1.bp.blogspot.com/-SydA7EfpKj0/XkxKKdfG4kI/AAAAAAAACRA/8G0I1HacXm4EjK9KDzf8A_zrEt1z262XgCLcBGAsYHQ/s320/Di%2BBernardo.JPG" width="320" /></a></div>
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">
Dicevo che ho ritrovato nel libro vari elementi trattati nel mio blog, anzi, di alcuni
di questi, come minimo due, ritengo di essere stato il primo ad averli evidenziati.
Altri sono mie convinzioni da sempre dichiarate a chiare lettere, come quella dei feticci che venivano buttati via,
della quale mi fa piacere gli autori del libro abbiano condiviso la sostanza.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Ma
veniamo adesso ai due elementi di cui ritengo di poter rivendicare la
priorità.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Il
primo riguarda la dinamica di Calenzano, con il tentativo di fuga del ragazzo che riuscì ad aprire la portiera di guida ma venne fermato da un proiettile, e il cui corpo rimase mezzo dentro e mezzo fuori. Il Mostro poi lo trascinò nell’avvallamento dove venne ritrovato. Nelle
discussioni sul mai troppo rimpianto forum di Ale e prima ancora nelle
ricostruzioni giornalistiche e ufficiali c’è sempre stata grande confusione
sul tema, che la dinamica descritta dal mio articolo credo abbia definitivamente eliminato.</span><br />
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Come
si arguisce dalla sottostante immagine il fumetto condivide almeno quella parte della mia
ricostruzione.</span><br />
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-PndyaSD52p4/XkxNOsEC-gI/AAAAAAAACRM/Kbadj6jdyME84KfM6mwODGTEzflv9qidgCLcBGAsYHQ/s1600/Calenzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="672" data-original-width="651" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-PndyaSD52p4/XkxNOsEC-gI/AAAAAAAACRM/Kbadj6jdyME84KfM6mwODGTEzflv9qidgCLcBGAsYHQ/s320/Calenzano.jpg" width="310" /></a></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Dove
è ancor più evidente il debito nei confronti di un articolo del mio
blog è il delitto di Baccaiano, per il quale gli autori ne sposano la ricostruzione del tutto inedita riguardo l'uccisione del ragazzo dopo il penoso trascinamento autonomo verso la sua ragazza.</span><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-QOmocWfw8pc/XkxNp1KoxOI/AAAAAAAACRU/NvkNrcnUj2AuzBqSycvpKkd-onuwoxDGwCLcBGAsYHQ/s1600/Baccaiano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="273" data-original-width="748" height="145" src="https://1.bp.blogspot.com/-QOmocWfw8pc/XkxNp1KoxOI/AAAAAAAACRU/NvkNrcnUj2AuzBqSycvpKkd-onuwoxDGwCLcBGAsYHQ/s400/Baccaiano.jpg" width="400" /></a></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">
<br />Ci sono anche altri elementi comuni, come ho già scritto, più generici ma in ogni caso indubbi, tra i quali vale almeno la pena
evidenziare l’ipotesi che il ragazzo biondo di Giogoli stesse leggendo la
rivista Golden Gay quando il furgone venne attaccato. Non mi pare che
qualcuno prima di me lo abbia supposto, però non ne ho certezza, quindi non mi attento a rivendicare la
priorità di tale ipotesi. </span><br />
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">
È comunque un fatto che la mia ricostruzione ne
presenti una foto esemplificativa molto simile alla prima delle sottostanti vignette.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-ezzoshhfyJw/XkxOYcrS0eI/AAAAAAAACRc/ZZ_mp7D7aJwm9DjQojin1yJsTZnsE9mpACLcBGAsYHQ/s1600/Giogoli.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="325" data-original-width="899" height="143" src="https://1.bp.blogspot.com/-ezzoshhfyJw/XkxOYcrS0eI/AAAAAAAACRc/ZZ_mp7D7aJwm9DjQojin1yJsTZnsE9mpACLcBGAsYHQ/s400/Giogoli.jpg" width="400" /></a></div>
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Ora,
lo scopo dichiarato del mio blog è quello di sgomberare il campo dalle troppe
sciocchezze che si sono stratificate sulla vicenda del Mostro. Quindi aver riscontrato
come il fumetto ne abbia preso ispirazione in alcune parti inedite o comunque differenti dalle solite trite e ritrite non può che avermi fatto piacere. Devo
dire però di esserci rimasto male quando, dopo l'ultima vignetta, nelle due pagine di testo finali, firmate da Di Bernardo, ho letto il trafiletto </span><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">“RINGRAZIAMENTI”. Eccolo qui.</span></span><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-qahdsBTgZJc/XkxPbSAyvQI/AAAAAAAACRk/YYrxhl6qNggFin8wGu5D8VXkvaSTKECgACLcBGAsYHQ/s1600/Ringraziamenti.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="325" data-original-width="376" height="345" src="https://1.bp.blogspot.com/-qahdsBTgZJc/XkxPbSAyvQI/AAAAAAAACRk/YYrxhl6qNggFin8wGu5D8VXkvaSTKECgACLcBGAsYHQ/s400/Ringraziamenti.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">
Signor Di Bernardo, non pretendevo certo alcun ringraziamento da parte sua, le mie idee non hanno un brevetto, chiunque può farle sue e riconoscermele soltanto se crede. Però lei ha ringraziato diversa altra gente, e di me pare si sia dimenticato. Perché io no? Forse perché mi porto dietro il terribile marchio dell'Ipotesi Lotti, quella che tanti sciocchi snobbano senza neppure conoscerla?
Non so che cosa le abbiano suggerito i</span><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"> “</span><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">super esperti</span><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;"><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">”</span> Enea Oltremari, Marco
Corigliano, Valerio Scrivo e Alessandro Bartolomeoli, posso solo notare, per
esempio, che nel libro di Scrivo le due dinamiche di Calenzano e Baccaiano sono
una cosa totalmente differente, e lei ha preferito far sue le mie. Sempre in detto libro, della rivista Golden Gay neppure si parla.
Credo la stessa cosa valga per gli articoli di Enea Oltremari che sono stati pubblicati da Insufficienza di prove. Riconosco di non averli letti con sufficiente attenzione, quindi potrei anche sbagliarmi, ma a una rapida scorsa non vi ho trovato niente del genere.</span><br />
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Poi vedo che lei ringrazia tutti gli amici di Facebook. Sono anch'io un lettore saltuario di quel gruppo, mi serve per mantenere un collegamento con l'aria che tira (ma non intervengo mai perché so già che manderei tutti affanculo). Ebbene, ho avuto occasione di leggiucchiarvi una ricostruzione del delitto di Baccaiano che si autoreferenzia come assai migliore della mia. Potrebbe anche esser vero, avendo l'autore lo sguardo penetrante di uno che la sa più lunga del diavolo (e le guanciotte di chi mangia tanto e volentieri... ma questo che c'incastra?). Lei comunque non l'ha scelta, ha scelto la mia, però ha ringraziato lui!</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="color: black; mso-bidi-font-family: Arial;">Saluti e auguri per le future vendite del suo libro, alle quali, mi lasci l'illusione di crederlo, avrò dato un piccolo contributo anch'io, seppur non riconosciutomi.</span></div>
</div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-2179283580663545.post-6339989585810828652019-12-24T11:26:00.002-08:002020-02-01T21:40:39.881-08:00I bossoli, i bossoli, i bossoli... e i proiettili?<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La recentissima pubblicazione
della mitica perizia Zuntini sul delitto di Signa ha dato nuovo fiato agli
irriducibili sostenitori del depistaggio, secondo i quali i 5 bossoli e i 5
proiettili allegati a tale perizia, recuperata nel 1982 dal fascicolo
processuale Mele, sarebbero stati sostituiti. L’entità detta volgarmente
“Mostro di Firenze” – un uomo con protezioni nelle forze dell’ordine? una
setta? una loggia massonica? non mettiamo troppi confini alla fantasia<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>– avrebbe quindi esploso 5 cartucce,
recuperato i relativi 5 bossoli e 5 proiettili, sarebbe andato nel posto dove
veniva custodito il fascicolo processuale Mele e li avrebbe sostituiti agli
originali. La qual cosa, tramite sua stessa segnalazione anonima, avrebbe fatto
partire la inutile pista sarda, in grado di tenerlo al riparo dalle indagini
per tanti anni, fino all’avvento di Giuttari e Mignini.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
C’è da dire che nel documento
pubblicato non compaiono fotografie, anzi, la mancanza di qualsiasi riferimento
a esse porta a pensare che neppure fossero mai state fatte. Peccato, perché la
loro presenza avrebbe tolto ogni dubbio. Nondimeno si cercherà qui di
dimostrare che la perizia non contiene alcun argomento davvero valido che favorisca l’ipotesi
della sostituzione.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">I ragionamenti di Amicone.</b> Per introdurre l’argomento si riporta
qui un intervento sulla pagina Facebook di Flanz a firma Francesco Amicone, un
giornalista che gli appassionati conoscono bene per aver portato alla ribalta
la fantasiosa ipotesi: Mostro di Firenze = Zodiac = Joseph Bevilacqua.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Dalla perizia Zuntini del 1968 si evince che
le prove trovate nel 1982 nel faldone del caso Locci-Lo Bianco sono in
contraddizione con l'esame peritale del 1968. Sui bossoli (autentici) del 1968
le tracce dell'espulsore e dell'estrattore, scriveva il perito, non si
vedevano. Sui reperti del caso Mostro l'impronta dell'espulsore si vede. La
classe dell'arma usata nel 1968 (che doveva essere una diffusissima Beretta 70)
non fu individuata dopo 35 comparazioni al poligono, nonostante fosse stato
ipotizzato che fosse una Beretta. Nel 1974, invece, lo stesso perito la
individuò facilmente. Come fa a essere la stessa pistola?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Cominciamo col dire che è
interesse di Amicone, come di moltissimi altri, eliminare dallo scenario il
delitto del 1968. Questo per la solita questione del passaggio della pistola,
che sarebbe davvero difficile immaginare tra i sardi e Bevilacqua! A meno di
non collocare l’italoamericano anche a Signa, ma chi scrive non sa se l’ipotesi
porrebbe dei problemi ad Amicone. Forse qualche lettore può aiutare.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Dice dunque Amicone che le tracce
dell’espulsore e dell’estrattore, presenti sui bossoli dei delitti del Mostro,
“<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">non si vedevano</span></i>”
in quelli del 1968 esaminati da Zuntini (una prova quindi della loro
sostituzione, poiché nelle perizie successive tali tracce sarebbero invece
state individuate). Ma non è proprio così, poiché Zuntini scrive che tali tracce
ci sono, anche se “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">quasi irrilevabili</span></i>”.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Amicone afferma altresì che le
comparazioni con i bossoli espulsi da 35 armi diverse non consentirono allo
Zuntini del 1968 di individuare il tipo di pistola, mentre invece quello del
1974 ci riuscì al primo colpo (Beretta classe 70).<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Leggiamo direttamente la perizia:</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Sono state effettuate prove di tiro con 35
armi diverse, tutte però del tipo “Long Rifle” cal. 22 ma in nessuna siamo
riusciti a trovare un percussore che desse un segno di percussione della stessa
forma di quella impressa nei bossoli in sequestro. […]</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Vi sono alcune armi il cui segno di
percussione (a sbarretta eccentrica) si avvicina a quello rilevabile sui
bossoli in sequestro ma nessuno può darci la sicurezza assoluta per
l’individuazione dell’arma incriminata.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ci si deve però domandare: come
si può essere sicuri che tra le 35 armi testate vi fosse una Beretta della
serie 70? Poi Zuntini ammette di aver rilevato segni di percussione simili (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">a sbarretta
eccentrica</span></i>”), però scartati, poiché non davano “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">la sicurezza assoluta</span></i>”. Ma forse la
sicurezza assoluta non era possibile ottenerla, almeno non dalla comparazione
del solo segno lasciato dal percussore. In ogni caso la descrizione che Zuntini
fece di tale segno risulta perfettamente compatibile con quello rilevabile
dalle foto dei bossoli del Mostro: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Forma approssimativamente rettangolare con contorni
leggermente ovalizzati caratteristici del percussore a sbarretta eccentrica
della percussione anulare</span></i>”. Come è ben visibile nella foto
sottostante, la stessa utilizzata da Amicone.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-yuDlJBGKOGY/XgJlfoVuArI/AAAAAAAACQY/kxSRMjvXTaYX-pZAFspBIz-0JryhA0xmQCLcBGAsYHQ/s1600/Bossolo%2BMostro.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="596" data-original-width="787" height="242" src="https://1.bp.blogspot.com/-yuDlJBGKOGY/XgJlfoVuArI/AAAAAAAACQY/kxSRMjvXTaYX-pZAFspBIz-0JryhA0xmQCLcBGAsYHQ/s320/Bossolo%2BMostro.png" width="320" /></a></div>
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
In realtà possiamo
tranquillamente affermare che la perizia Zuntini del 1968 si distingue per un
raro livello di confusione e approssimazione, al pari di quella del 1974
relativa al delitto di Borgo San Lorenzo, criticata <a href="https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2016/10/una-perizia-tutta-sbagliata.html" target="_blank">qui</a>.
L’apice viene raggiunto dal tentativo di ricostruzione della dinamica, ma anche
la descrizione delle ferite non scherza. Per quanto riguarda l’individuazione
del tipo di pistola, si deve ritenere altamente probabile che Zuntini si fosse
incaponito sull’ipotesi di un esemplare molto vecchio, usurato e mal mantenuto.
E quindi che molte sue considerazioni, come quelle relative alla poca evidenza
delle impronte di estrazione ed espulsione, fossero viziate da questo suo
aprioristico convincimento. Che era sbagliato.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Una pistola usurata?</b> A far ritenere a Zuntini che la pistola fosse
usurata fu principalmente la presenza di un rigonfiamento poco sopra il
collarino in tutti e cinque i bossoli.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Ad un primo esame alla lente i bossoli
apparivano con contrassegni del tutto identici […], soprattutto appariva
evidente in posizione diametralmente opposta a segno di percussione a
sbarretta, ma dietro il righellino sulla parte cilindrica, un rigonfiamento
dovuto ad una imperfezione dell’arma.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Sulla parte cilindrica a ridosso del
righellino (orlo del fondello) si rileva un piccolo rigonfiamento […].</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Tale rigonfiamento, prodotto dalla pressione
dei gas della camera di lancio determinatasi al momento della partenza del
colpo, è indubbiamente originato da un difetto esistente nella parte cilindrica
terminale (in senso longitudinale) e bassa (in senso verticale) della camera di
cartuccia ove, nell’arma che ha esploso le cartucce delle quali facevano parte
i bossoli in giudiziale sequestro, deve certamente esistere un difetto sotto
forma di corrosione e di mira.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Tale difetto (che si rileva talvolta in armi
molto usurate e comunque non di ottima qualità), è del tutto eccezionale ed è
dovuto all’usura prodotta dalla cartuccia che viene sfilata dal caricatore ed
introdotta nella camera di cartuccia, in tale movimento la stessa sfregando
sulla parte bassa dell’orifizio della camera di cartuccia può provocare, col
tempo, l’usura, la quale talvolta è aumentata da ruggine originata da
imperfetta manutenzione.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Abbiamo visto altresì come sia stata rilevata sulla
parte cilindrica di tutti i bossoli, dietro il righellino, un rigonfiamento del
metallo.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Tale segno, che può essere considerato una “<u>firma
occasionale</u>” dell’arma è dovuto a un difetto esistente sull’orifizio
posteriore della canna ed è tanto caratteristico che potrebbe far riconoscere
un bossolo esploso dall’arma incriminata fra un numero qualsiasi di altri
bossoli esplosi da altre armi.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Alla luce di quanto riportato
sopra, diventa legittimo sospettare che il giudizio di poca rilevabilità dei
segni di estrattore e percussore <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>– ci si deve domandare: a quali gradi di rilevabilità era abituato Zuntini? <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>– fosse dipendente dal significato attribuito al
rigonfiamento.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Rileviamo ancora che su tutti i bossoli in
sequestro sono quasi irrilevabili i segni dell’estrattore […] e dell’espulsore
[…].</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Tale deficienza è caratteristica di armi molto
usurate con superfici di contatto dell’estrattore e dell’espulsore molto
levigate per l’usura e camera di cartuccia ormai allargata.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Niente di tutto questo appare
nella perizia del 1974. Niente rigonfiamento sul bossolo, niente impronte di
estrattore ed espulsore poco rilevabili, niente pistola vecchia e usurata,
insomma. Eppure su quattro dei cinque bossoli recuperati a Borgo San Lorenzo i
rigonfiamenti c’erano! Lo scrissero Arcese e Iadevito nella loro perizia del
1983, dove prendevano in esame i quattro delitti dal 1968 al 1982. Lo si legge
a pagina 91, sotto il paragrafo “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">EPISODIO GENTILCORE-PETTINI</span></i>”.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bossoli cal. 22 L.R. repertati: n. 5 bossoli,
di cui 4 leggermente rigonfiati in prossimità del bordo interno del collarino,
a 180° rispetto all’impronta del percussore. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ma c’è di più. A pagina 89, sotto
il paragrafo “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">EPISODIO
LO BIANCO-LOCCI</span></i>”, si legge:</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bossoli cal. 22 L.R. repertati: n. 5, con
leggero rigonfiamento in prossimità del bordo interno del collarino, a 180°
rispetto all’impronta del percussore. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Quindi possiamo dire che quel
rigonfiamento, che per lo Zuntini del 1968 sarebbe stato “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">del tutto eccezionale</span></i>” e “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">tanto
caratteristico che potrebbe far riconoscere un bossolo esploso dall’arma
incriminata fra un numero qualsiasi di altri bossoli esplosi da altre armi</span></i>”,
per lo Zuntini del 1974 non merita neppure una citazione. Eppure c’era!<br />
In più bisogna rilevare come i
bossoli del 1968 esaminati da Arcese e Iadevito riportassero anch’essi i
rigonfiamenti notati da Zuntini. Dobbiamo quindi ritenere usurata anche la
pistola del Mostro? Però non per le impronte dell’estrattore e dell’espulsore… [<b>Addendum</b>:
come si può leggere negli interventi sottostanti, Francesco Amicone mi
ha segnalato che anche nella perizia del 1974 Zuntini aveva riportato il
rigonfiamento. Non ritenendolo però indice di una pistola vecchia e
usurata.]<br />
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Munizioni da caccia.</b> In realtà le considerazioni sullo stato
dell’arma dello Zuntini del 1968 erano profondamente sbagliate. Lo dice nel
seguente <a href="https://www.youtube.com/watch?time_continue=2&v=Iaa6GQE7xGw&feature=emb_logo" target="_blank">video</a>
il generale Romano Schiavi, uno dei massimi esperti di balistica in Italia, al
quale l’avvocato Vieri Adriani ha commissionato una perizia sugli atti.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Lui [Zuntini] si è fermato su un altro segno
del bossolo che è un rigonfiamento che c'è vicino all'orletto. E questo lui lo
attribuisce a un rilassamento della molla recuperatrice mentre molto più
facilmente secondo me è dovuto al fatto che la cartuccia aveva una potenza
troppo elevata per una pistola e quindi avevamo un piccolo arretramento del
bossolo quando ancora il proiettile era in canna.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">[…] questo segno è dovuto al fatto che
probabilmente non era una pistola avariata o invecchiata o con qualche particolare
che non funzionava bene, come la molla di recupero in questo caso, che, essendo
più molle, arretrava un attimo prima quindi provocava questo rigonfiamento. Ma
è dovuta al fatto della potenzialità superiore perché una supersonica non
avrebbe ragione di essere impiegata in una pistola.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Prima di esaminare il significato
delle frasi precedenti, va fatta una premessa: nella propria perizia, Zuntini
non dà la colpa del rigonfiamento a una molla recuperatrice rilassata (come
sempre si è ritenuto), ma a un difetto della camera di sparo. Probabilmente
Schiavi è stato fuorviato dalla voce comune – chi scrive non sa come tale
notizia sia nata – e magari da quanto ha sempre ritenuto lo stesso Adriani, che
potrebbe averglielo suggerito. In ogni caso la sostanza non cambia, poiché
sempre di pistola usurata o difettosa secondo Zuntini si trattava.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ma veniamo a un argomento,
affrontato da Schiavi, che risulta invece assente in tutte le perizie
balistiche ufficiali: la differenza d’uso tra cartucce ramate e cartucce in
piombo nudo, le prime utilizzate a Signa e a Borgo, le altre poi. Fino al 1977
le cartucce di calibro 22 andavano bene anche per la caccia, poi vennero
proibite poiché facevano poco rumore e quindi favorivano i bracconieri.
Naturalmente venivano utilizzate con le carabine, non con le pistole (a parte
Pacciani, secondo Nesi…). E il tipo giusto per la caccia era il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">supersonico</i>, con palla ramata e carica
più potente – quindi gittata maggiore – rispetto a quella delle cartucce di
tipo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">subsonico</i>, in piombo nudo. Queste
ultime venivano adoperate soltanto nei poligoni di tiro.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Secondo Schiavi, l’uso di
cartucce da caccia in una pistola poteva provocare, per la loro eccessiva
potenza, un piccolo arretramento del bossolo rispetto alla camera di lancio,
con conseguente rigonfiamento della parte che fuoriusciva. È probabile che tale
effetto fosse dipeso anche da altri fattori, tra cui la non perfetta
uguaglianza tra tutte le cartucce di uno stesso tipo. Abbiamo visto che la
perizia Arcese-Iadevito riporta uno dei cinque bossoli di Borgo senza
rigonfiamento, quando invece tutti dovrebbero averlo avuto, essendo il
munizionamento di tipo supersonico, a palla ramata. Nel caso di Scandicci, dove furono usate
soltanto cartucce di tipo subsonico, a piombo nudo, si legge invece (p. 93): “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Bossoli cal. 22
L.R. repertati: n. 7, di cui soltanto uno leggermente rigonfiato</span></i>”,
quindi un bossolo ebbe un comportamento anomalo rigonfiandosi. Per Calenzano si
legge esattamente lo stesso di Scandicci (p. 95), mentre per Baccaiano nessuno
dei 9 bossoli ebbe rigonfiamenti (p. 97).</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
In ogni caso la perizia Arcese-Iadevito,
comparando le impronte su di essi rilevate, stabilì che anche i bossoli del
1968 erano stati espulsi dalla stessa pistola dei delitti successivi. E qui
torniamo al problema del depistaggio: furono sostituiti? Per adesso si è
dimostrato che la pretesa di Amicone di utilizzare la perizia Zuntini del 1968 a
favore del depistaggio non ha basi valide. Ma c’è di più.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">I proiettili.</b> Le perizia comparative che stabilirono l’univocità
della pistola per tutti i duplici omicidi, comprendendo anche quello del 1968,
si basarono non soltanto sull’esame dei bossoli ma anche su quello dei
proiettili. Quindi il presunto depistatore avrebbe dovuto sostituire anche
quelli. Ma se ottenere bossoli compatibili poteva essere facile – bastava
sparare cinque colpi al vento e raccoglierli – ottenere proiettili compatibili molto
meno, poiché gli originali risultavano deformati dall’impatto con i corpi. E,
pur senza averli fotografati, Zuntini li descrisse. Ecco che cosa ne pensava il
giudice Micheli. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Non bastava ottenere dei bossoli, ma ci voleva
anche qualche proiettile (quello che si riteneva fosse stato estratto dal corpo
del LO BIANCO fu esaminato, come appena ricordato); e non uno qualsiasi,
comunque sparato da una certa pistola, bensì proiettili che presentassero le
caratteristiche di deformazione tipiche di quando si attinge un corpo umano e
che fossero in numero esattamente corrispondente a quello dei colpi sparati per
uccidere il LO BIANCO e la moglie del MELE. </span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Da un lato, ci sarebbe voluto qualcuno che
avesse fornito allo sparatore le informazioni necessarie (avevano studiato il
fascicolo? Gli avvocati del MELE o delle parti civili, se ve ne furono, sono
altrettanti complici? Fu il solito maresciallo?); dall’altro, si sarebbe dovuto
sparare contro un essere vivente, magari uno o più animali domestici, per poi
sezionarne il corpo e recuperare il/i proiettile/i.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Ammesso peraltro che l’autopsia praticata
sulle due vittime del 1968 avesse parlato di attingimento di certi organi,
soprattutto se di certe ossa, i proiettili da sostituire avrebbero dovuto
presentarne di ulteriori, di caratteristiche peculiari: e quanti tentativi
avrebbe dovuto fare, il nostro sparatore, comunque preoccupandosi di far sì che
i proiettili rimanessero nel corpo del bersaglio attinto e non ne fuoriuscissero,
sennò bisognava ricominciare daccapo?</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Le considerazioni del giudice
sono, come al solito, di sano buonsenso. In questa sede esamineremo le
descrizioni dei cinque proiettili periziati da Zuntini nel 1968 mostrando come
essi fossero ragionevolmente gli stessi che Arcese e Iadevito esaminarono nel
1983. Quindi niente sostituzione.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Zuntini elenca con le lettere A, B, C, D, E i cinque proiettili repertati, descrivendone le deformazioni e
specificando dove ognuno di essi fu rinvenuto. Molto probabilmente l’indicazione
era stata riportata anche sulla bustina che conteneva ogni proiettile, trovata tal
quale da Arcese e Iadevito nel 1983, che la utilizzarono. Va tenuto presente
che soltanto uno tra i cinque proiettili fu descritto da Zuntini come un “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">frammento</span></i>”,
quindi si deve presumere che gli altri, pur deformati, fossero tutti integri. Ma
ecco l’elenco:</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
# A: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Proiettile estratto in sede di autopsia dal
corpo della Locci regione ombelicale</span></i>”. Esso corrisponde al
proiettile alla foto 96 della perizia Arcese-Iadevito, integro (g. 2,540): “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Il proiettile fu estratto
dalla regione ombelicale della Locci</span></i>”.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
# B: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Proiettile rinvenuto fra le vesti della Locci</span></i>”.
Per Arcese e Iadevito si tratta del proiettile alla foto <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>95, integro (g. 2,555): <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Il proiettile fu rinvenuto fra i panni della Locci</span></i>”.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
# C: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Proiettile rinvenuto nell’interno della
autovettura sul pavimento (dietro il sedile anteriore destro)</span></i>”.
Corrisponde a quello alla foto 98 della perizia Arcese-Iadevito, integro (g.
2,570): “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Il proiettile
fu rinvenuto sul pavimento dell’autovettura</span></i>”.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
# D: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Proiettile estratto in sede di autopsia dalla
regione scapolare profonda [della Locci]: si tratta di un frammento di
proiettile dello stesso tipo dei precedenti, fortemente deformato</span></i>”.
Nella perizia Arcese-Iadevito la foto di tale frammento ha il numero 97: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Si tratta di un
grosso frammento di un proiettile in piombo ramato, dal peso di g. 1,895 […].
Fu estratto dalla regione scapolare della Locci</span></i>”.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
# E: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Proiettile estratto, in sede di autopsia, dal
corpo del Lo Bianco</span></i>”. La corrispondenza nella perizia
Arcese-Iadevito è con il proiettile, integro (g. 2,545), alla foto 99: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: blue;">Il proiettile fu estratto
dal corpo di Lo Bianco</span></i>”.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Purtroppo Zuntini non aveva
pesato i proiettili, ma appare chiaro, dalle indicazioni del tutto coincidenti dell’una
e dell’altra perizia, che erano gli stessi esaminati da Arcese e Iadevito.
Compreso l’unico frammentario, in entrambi i casi indicato come quello estratto
dalla spalla della Locci. Ora ci si deve chiedere come il presunto depistatore sarebbe
potuto riuscire a truccare le carte in un modo così perfetto, stante la
difficoltà intrinseca di ottenere proiettili compatibili.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Riguardo le comparazioni, Arcese
e Iadevito ne effettuarono prima una tra alcuni proiettili dello stesso delitto
– quelli dove le deformazioni e la cattiva conservazione lo rendevano possibile
– rilevando una completa compatibilità: tutti risultavano sparati dalla
medesima pistola. Poi presero un proiettile per ciascun delitto e li
compararono tra di loro. Per il delitto di Signa scelsero quello alla foto 95,
ritrovato tra le vesti della Locci, che compararono con uno del delitto di Borgo,
uno del delitto di Scandicci e <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>uno del
delitto di Calenzano, rilevando assoluta compatibilità: l’arma che li aveva
sparati era la stessa. A completamento, furono confrontati i due proiettili
scelti per i delitti di Calenzano e Baccaiano, con esito del tutto identico.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Conclusioni.</b> Purtroppo chi scrive non ha il permesso di rendere
pubblica la perizia Arcese-Iadevito, quindi i lettori devono fidarsi. Ma tra di
loro ci sarà senz’altro qualcuno che ce l’ha, quindi potrà controllare. Si rende
invece <a href="https://drive.google.com/open?id=1ySjaJlVutxWJifa54x-c3C7XwINDx1uS" target="_blank">qui</a>
disponibile un pdf della perizia Zuntini, dove sono state raccolte le immagini
pubblicate sul Forum dei Mostri, per le quali ringrazio l’utente “<b>janh1</b>”.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Alla fine credo che lo scopo dell’articolo
sia stato raggiunto, dimostrando che la perizia Zuntini del 1968 non fornisce
alcun appoggio significativo alla teoria del depistaggio tramite la sostituzione dei bossoli
e dei proiettili nel faldone Mele. Anzi, la descrizione dei proiettili consente
al contrario di escluderla quasi definitivamente. Quindi l’eterno enigma del
passaggio della pistola rimane a disturbare i piani di tutti. Non quelli di chi
scrive, che lo ritiene invece l’evento più importante nella nascita della
figura del Mostro di Firenze.<br />
<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Addendum.</b> Avendo visto che su Facebook qualcuno ha già pubblicato la perizia Arcese-Iadevito del 1983, la metto anche <a href="https://drive.google.com/open?id=1Uki8Bg6LqDXMoFI3Zc8hWw9h8LLMSNeq" target="_blank">qui</a>. </div>
Antonio Segninihttp://www.blogger.com/profile/01390954893887680506noreply@blogger.com28