venerdì 8 maggio 2020

Una strana frattura

Sul mistero della causa della morte di Francesco Narducci si sono versati i classici fiumi d’inchiostro, ma in definitiva esso rimane ancor oggi irrisolto. Il povero gastroenterologo perugino fu vittima di una banale disgrazia? Oppure commise suicidio per cause ignote, e i suoi influenti familiari cercarono di nasconderlo evitando gli accertamenti medico-legali? O peggio, venne ucciso in circostanze per lui poco pulite, e a maggior ragione si cercò di evitare ogni controllo?
È ben nota l’inchiesta aperta nel 2001 dall'allora pubblico ministero Giuliano Mignini, concretizzatasi nell’ipotesi di un omicidio a opera del gruppo dei misteriosi mandanti dei delitti del Mostro di Firenze, dei quali in qualche modo Narducci avrebbe fatto parte. Tale inchiesta individuò una serie di personaggi che all’epoca avrebbero operato per nascondere l’omicidio, e in anni recenti per depistare le nuove indagini. Con la nota sentenza del 2010 il giudice per l'udienza preliminare Paolo Micheli respinse la richiesta di rinvio a giudizio per tutti gli imputati. La Cassazione annullò parte della sentenza, poi tutto andò in prescrizione, salvo il caso di Alfredo Brizioli, che alla prescrizione rinunciò e venne assolto.
Tra gli elementi che più convinsero Mignini della validità dell’ipotesi di omicidio va senz’altro annoverata la lesione che il suo consulente, professor Giovanni Pierucci, riscontrò in sede di autopsia sul collo del cadavere, riesumato a 17 anni di distanza dalla morte (6 giugno 2002). Si trattava della frattura di uno dei due corni superiori della cartilagine tiroidea, il sinistro. Il destro risultò intatto, come intatte erano tutte le altre strutture circostanti.


Vitale o non vitale? La lesione era avvenuta in vita – di conseguenza sarebbe stato legittimo ipotizzare uno strozzamento – oppure dopo la morte, per qualche urto o manipolazione del cadavere? Usando le tecniche rese disponibili dalla medicina legale non fu possibile stabilirlo, come ben specificato dalle seguenti frasi contenute nella relazione dello stesso Pierucci, e riportate nella sentenza Micheli:

Di fronte ad una lesione del genere si pone classicamente il quesito della ‘vitalità’, vale a dire del periodo in cui essa fu prodotta: se dopo morte, ovvero prima della morte, e di quanto tempo prima (..). Di fronte all’assoluta irriconoscibilità della vitalità, noi abbiamo tentato di saggiare qualche proprietà fisico-chimica dell’emoglobina (..) con risultati peraltro nulli: coerentemente con l’entità dei fenomeni trasformativi. Questi sono risultati di tipo complesso, ed anche antitetico, tipo mummificazione e ‘saponificazione’ (..). Assai interessante, sul piano ‘bio-tanatologico’, un rigogliosissimo sviluppo fungino (..): anche le parti molli peri- e iuxta-tiroidee sono risultate sede di un rigogliosissimo sviluppo fungino, un vero e proprio feltro (..), idoneo ad ‘assorbire’ ogni traccia di reazione vitale. Per tale motivo, la prova sicura di una produzione vitale ovvero post-mortale della frattura in discussione non può essere fornita.

In sede di integrazione istruttoria, il 3 giugno 2009 così il professore rispose a una domanda dell’avvocato Zaganelli (“Lei è in grado di dire se questa frattura è avvenuta in vita o da morto?”):

Ecco questo è il grande quesito che oggettivamente non si può risolvere, si può risolvere su base deduttiva, su base diciamo così di esclusione ma non in via positiva, in via positiva la produzione in vita la si dimostra attraverso i segni della vitalità, vitalità che è espressa macroscopicamente da una emorragia focale, circoscritta e istologicamente dalla visione, dalla obiettivazione del sangue che infiltra i tessuti, tessuti antistanti e tessuti direi intrinseci. Ecco, questo qui abbiamo detto che c’è stata colliquazione di tutte le strutture cellulari ecco non è più obiettivabile in assoluto quindi la certezza scientifica matematica della vitalità della lesione non ce l’ho […] e né potrei averla […].

Vediamo adesso quali potrebbero essere state le possibili cause della lesione in un caso e nell’altro, così come vennero prospettate ed eventualmente escluse dalle varie parti.

Lesione vitale. A proporre la possibilità di una frattura avvenuta in vita ma non per strozzamento fu lo stesso giudice Micheli, che all’omicidio non credeva.

Altra considerazione, che merita rilievo centrale, riguarda l’esclusione da parte del P.M. di qualunque ipotesi alternativa ad un’azione di strozzamento per spiegare la lesione […]
Non si vede perché l’evenienza di un urto del collo del Narducci su una superficie rigida od un ostacolo, prodottosi quando egli era ancora in vita, dovrebbe essere relegata a identico rango.
Di superfici idonee a determinare quel tipo di conseguenze, negli ultimi frangenti dell’esistenza terrena del gastroenterologo perugino, ce n’erano: si pensi al profilo dello scafo del natante dove egli si trovava, od a quello del parabrezza.
Se cadde o si lasciò cadere in acqua, intontito da una pesante dose di meperidina, perché non ammettere che poté urtare sul bordo o sul parabrezza della barca? E perché non considerare gli spigoli o una delle piccole bitte presenti sul bordo dello scafo, ovvero le smussature lungo l’andamento curvilineo del parabrezza, come un corpo solido capace di provocare una lesione di quel genere in un punto così determinato del collo? È chiaro che un urto contro una superficie “estesa”, come sottolinea il P.M., non avrebbe avuto la possibilità di produrre quella lesione: ma un’eventuale collisione contro un corpo solido di forma allungata sì, certamente interessando un’area ben localizzata e concentrata del collo e senza la necessità che per produrre una frattura fosse indispensabile esercitare una forza progressiva.

Lo scenario non convince affatto, avendo probabilità bassissime. Forse una sporgenza di piccole dimensioni (come uno spigolo) avrebbe potuto comprimere il corno tiroideo sinistro fino a romperlo, se urtata con molta forza, ma la coincidenza che l’urto fosse avvenuto proprio in quel particolare punto del collo, neppure troppo esposto, lascia assai perplessi.
Altre possibilità di frattura in vita alternative allo strozzamento non paiono esservi, e infatti la sentenza non ne riporta. D’altra parte anche lo strozzamento stesso non appare così scontato, come causa possibile della morte. La frattura era isolata, con tutte le strutture circostanti integre; riesce difficile immaginare una conseguenza così limitata e circoscritta di un’azione per forza molto violenta. I testi di medicina legale riportano dati statistici sulle morti da strozzamento in cui le rotture isolate di un solo corno tiroideo sono molto rare, come in Asfissie meccaniche violente, di Giancarlo Umani Ronchi e Giorgio Bolino, dove tra l'altro si legge: “Il riscontro di un’unica frattura di un corno superiore tiroideo […] in assenza di altri segni lesivi a carico delle strutture del collo, assume scarso valore diagnostico”.

Lesione non vitale. Un po’ più ampio risulta lo spettro delle possibilità per una lesione avvenuta dopo la morte. Naturalmente non si poteva escludere, perlomeno in via teorica, l’eventualità che fossero state proprio le manovre di estrazione del complesso dove era contenuta – laringe, trachea, osso ioide – a fratturare la fragile struttura. L’operazione però era stata condotta da Pierucci con estrema diligenza, senza che i consulenti delle parti avverse – si trattava di un incidente probatorio – avessero avuto qualcosa da ridire. Queste furono le dichiarazioni di Barbara Cucchi, tecnico di laboratorio, il 31 marzo 2004:

L’operazione è stata condotta dal prof. Pierucci in maniera professionale ed ineccepibile e nessuno dei presenti al momento ha avuto da ridire sull’operato svolto. Una volta posta in evidenza la parte interessata, il prof. Pierucci ha estratto la cartilagine tiroide, stando ben attento a non toccare i corni della stessa. Preciso ancora che il prof. Pierucci ha scarnificato completamente la cartilagine tiroide, estraendola con molta cautela e facilità, senza toccare minimamente i corni della stessa. Una volta estratta la parte veniva mostrata ai presenti i quali non hanno fatto alcuna osservazione. L’operazione è durata circa tre ore, data l’estrema cautela impiegata dal prof. Pierucci. Quando lo stesso ha mostrato la cartilagine prima descritta ben scarnificata, ha evidenziato la linea di frattura esistente nel corno superiore sinistro e nessuno ha obbiettato nulla, né sulla parte, né sull’operato del professore.

La sentenza Micheli propone altre possibilità, come quella ventilata dai professori Torre e Balossino, consulenti per la famiglia Narducci, inerente le modalità di recupero e successivi spostamenti del cadavere:

Chiunque abbia consuetudine coi cadaveri (..) sa quanto essi siano difficili da maneggiare (..). Un modo idoneo ed efficace per spostarli (anche soltanto metterli in cassa) è che di due persone una afferri il morto per le caviglie, l’altra per il collo (sotto la mandibola: qui c’è un’ottima presa; ed è una presa che agisce su di una regione anatomica e con modalità analoghe alle manovre di strozzamento o strangolamento effettuate sul vivente).
Non dimentichiamo, tra l’altro, che il nostro morto del lago non fu semplicemente spostato; fu caricato a bordo del natante dei Carabinieri, operazione che comporta trazioni ed afferramenti di notevole violenza.

Anche questo scenario convince poco. Due persone spostano un corpo inanimato afferrandolo per le caviglie e per le ascelle, non per il collo.
Senz’altro più appropriate paiono queste considerazioni di Micheli, dove si tira in ballo la cravatta che stringeva fortemente il collo gonfio di Narducci:

Non va dimenticato, inoltre, che il cadavere rinvenuto il 13 ottobre 1985 aveva la più volte menzionata cravatta, rimasta impressa nella memoria di vari testimoni e concordemente descritta come assai serrata: come si può escludere che la frattura del cornetto sinistro della tiroide sia derivata da quella, vuoi perché rimasta a cingere il collo mentre cominciava a gonfiarsi, vuoi magari perché afferrata anche per pochi attimi da chi stava esercitando una notevole forza di trazione per rendere possibile l’imbracatura del corpo, per sistemarlo sul telo parimenti descritto dal Baiocco o per riuscire direttamente nell’intento di sollevare il corpo stesso dalla superficie del lago e sistemarlo sulla barca dei soccorritori?

La cravatta. In effetti la cravatta doveva trovarsi più o meno in corrispondenza dei corni tiroidei, ed era a diretto contatto con la pelle (appuntato di polizia Paolo Gonnellini, 22 ottobre 2003: “Stretta al collo l'uomo aveva una cravatta scura che si trovava al di fuori dei colli della camicia”), quindi il suo utilizzo per tirar su il cadavere dal lago, più che il gonfiarsi stesso del collo, avrebbe forse potuto produrre la frattura. Possibile, ma molto improbabile. Nel tirar su una persona esanime afferrandola per la cravatta la pressione maggiore viene esercitata sulla parte posteriore del collo, mentre una pressione minore, dovuta allo stiramento del cappio, viene esercitata sui lati. Ma i corni tiroidei si trovano in posizione latero-anteriore, non laterale, quindi non vengono interessati.
Ci sono poi le modalità di recupero descritte dal pescatore Ugo Baiocco in sede d’incidente probatorio (17 marzo 2006) a togliere ogni residuo dubbio: “I Carabinieri avevano un telo, poi con dei bastoni le guardie da una parte e i Carabinieri dall’altra gli hanno passato sotto al corpo questo telo... dicendo in gergo dialettale imbracato, come si può dire, e poi lo hanno tirato su col telo, non lo hanno preso mica a mano”. Una volta a bordo, il corpo fu adagiato su una barella, quindi negli spostamenti successivi di sicuro non fu preso per la cravatta.
In ogni modo causa di quella frattura così localizzata doveva essere stata una pressione altrettanto localizzata prodotta da una piccola superficie, e non dal cappio di una cravatta. Nondimeno Micheli c’era andato molto vicino, poiché la cravatta c’entra. Le testimonianze furono concordi nel descriverla molto stretta attorno al collo molto gonfio:

  • Quello che mi colpì del cadavere fu la cravatta stretta al collo con il classico nodo al di fuori del colletto di camicia, proprio sotto il mento (Paolo Gonnellini, 11 giugno 2002);
  • Quello di cui sono assolutamente certo e lo ribadisco perché ho davanti ancora l’immagine di quel corpo, è che attorno al collo, sopra la camicia aveva una cravatta molto stretta al collo tanto che io pensai che il colore scurissimo del volto dipendesse dalla strozzatura della cravatta (maresciallo di polizia Pietro Bricca, 11 giugno 2002);
  • Portava una camicia con una cravatta che lo stringeva molto al collo divenuto edematoso e cianotico (professor Antonio Morelli, 28 febbraio 2003);
  • Il collo era gonfio e stretto da una cravatta (Andrea Ceccarelli, cognato di Pierluca Narducci, 18 aprile 2005);
  • La testa e il volto del cadavere era molto gonfio e scuro. Anche il collo era particolarmente gonfio e mi sembra che avesse qualcosa al collo che stringeva (Giancarlo Papi, fotoreporter de “Il Messaggero”, 23 novembre 2005).

Il taglio. Ai dati precedenti se ne aggiunge un altro: nel verbale di ricognizione vengono menzionati un giubbotto marrone, dei jeans, una camicia e delle scarpe marroni, ma non una cravatta. Perché? Quella cravatta così stretta attorno al collo era stata tagliata via per agevolare l’esame del cadavere da parte della dottoressa Daniela Seppoloni, che così dichiarò il 24 ottobre 2001:

Ricordo che il cadavere del Dr. Narducci non poteva essere spogliato perché gli abiti erano del tutto attaccati ma i Vigili recuperarono delle forbici e con questo attrezzo iniziammo a tagliare i vestiti, non completamente; ricordo che scoprimmo quasi tutto il braccio sinistro, una parte del braccio destro, parte del torace salvo le spalle, il collo, e poi abbassammo leggermente i pantaloni verso il basso, poco sotto l’ombelico di circa un paio di centimetri perché i pantaloni non andavano giù.

Nella lunga deposizione la dottoressa disse che non ricordava una cravatta, quindi il vigile dovette averla tagliata prima che lei, nella confusione del momento, avesse potuto notarla. Disse anche: “Il Vigile che tagliava i vestiti aveva difficoltà a compiere la sua operazione per via del gonfiore del corpo”. Come poteva aver agito quel vigile per tagliare una cravatta affondata nella carne? Con il medesimo metodo che tutti – almeno i non mancini – avrebbero adottato: aveva messo la mano sinistra aperta sulla parte anteriore del collo, quindi, per farsi spazio e poter infilare le forbici tra la cute e il tessuto, aveva premuto fortemente con il pollice sotto il cappio della cravatta sul lato anteriore sinistro, nell'unico punto cedevole situato tra i duri pomo d'Adamo e muscolo sternocleidomastoideo; esattamente dove si trovava il corno tiroideo sinistro, il quale, già un po’ calcificato in una persona di 36 anni, a un certo punto si era fratturato.


Si noti nelle due immagini accostate la perfetta corrispondenza tra il punto in cui il pollice va a premere e il sottostante corno tiroideo.  Nel valutare la foto con la cravatta si tenga presente che, per ovvi motivi, non si è potuto stringere il cappio per come sarebbe stato necessario. Per effetto del gonfiore del collo, la cravatta addosso al cadavere del lago doveva essere molto infossata, quindi la pressione che il vigile aveva dovuto adottare per farsi spazio era stata ben più forte, e l'affondamento del pollice ben maggiore. In più, a detta di almeno due testimoni (Morelli e Tomassoni), la cravatta in questione era di cuoio o di pelle, meno facile da tagliare di una in stoffa, quindi l'operazione poteva anche aver richiesto diverso tempo. 
Tra l’altro questo scenario soddisfa in pieno le convinzioni espresse da Pierucci in fase di integrazione istruttoria (udienza preliminare del 3 giugno 2009) sul tipo di pressione, non istantanea ma continua e crescente, necessaria per rompere la struttura.

Vista la costituzione cartilaginea, osteo-cartilaginea in un soggetto relativamente giovane perché si verifichi una frattura è da presumere che la forza si sia esercitata in una maniera non istantanea ma per un brevissimo periodo sicuramente dell’ordine di secondi ma con il punto di applicazione della forza sempre nella stessa area o meglio areola e con una intensità crescente. [..]
Io insieme con il Professor Bacci avendo affrontato questo punto siamo arrivati alla conclusione che per poter esercitare quel tipo di frattura non è sufficiente ipotizzare l’intervento di una forza istantanea ma è necessaria una graduale e crescente applicazione della forza e su questa base abbiamo concluso secondo le nostre considerazioni.

Fortuna vuole che nella sentenza Micheli sia contenuta una descrizione indiretta ma assai efficace della scena. Per documentare il capo d’imputazione numero 18 a carico della signora Adriana Frezza, suocera di Pierluca Narducci, viene riportato il contenuto di una telefonata intercorsa tra lei e l’amica Teresa Miriano, nella quale, parlando del figlio Andrea Ceccarelli, presente sul molo al momento del recupero del cadavere, così si espresse la stessa Frezza: “Ma Andrea se ricorda tutto… eh però… se ricorda… Se ricorda perfino che quando l’hanno tirato su gli hanno tagliato la cravatta e ha buttato fori delle cose dalla bocca…”. La pressione esercitata dal pollice del vigile del fuoco aveva fatto uscire dalla bocca i liquami contenuti nella faringe, quindi doveva essere stata molto forte.
Naturalmente niente assicura che davvero le cose fossero andate come qui si è ipotizzato. Si deve però ammettere che la ricostruzione è molto verosimile, e porta con sé una conseguenza clamorosa: quel corpo su cui fu esercitata una forte pressione in corrispondenza del corno tiroideo sinistro fino a determinarne la frattura era il medesimo sul quale quella stessa frattura sarebbe stata riscontrata nell’esame autoptico di 17 anni dopo. Cadrebbe pertanto l'ipotesi del doppio cadavere.

70 commenti:

  1. L'ipotesi Narducci andava fortissimo nei primi anni 2000, poi adesso è caduta un pò in disgrazia, un pò come l'ipotesi della demolizione controllata delle Torri Gemelle, tutti all'inizio ne erano convinti, adesso si fa fatica a trovare qualcuno che la sostiene.

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    1. C'è uno zoccolo duro che resiste imperterrito. Poi dobbiamo vedere di che cosa sarà capace Giuttari con il suo film, coronavirus permettendo.

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  2. Non avevo mai letto questo articolo prima della ripubblicazione e mi sembra una ricostruzione plausibile. Credo ci sia anche un altro modo per un destrimane di tagliare una cravatta: tenerla leggermente sollevata con due dita (della mano sinistra), direi pollice e indice, e procedere al taglio con la mano destra. In questo modo è il nodo della cravatta a stringere maggiormente. Ovviamente stiamo parlando del taglio di una cravatta su una persona morta, che non poteva avvertire nessun dolore, pertanto è senz'altro possibile che l'operazione sia stata compiuta in modo energico. Il modo descritto nell'articolo potrebbe spiegare la localizzazione della lesione.

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    1. Anche tirando la parte dopo il nodo, probabilmente si sarebbe riusciti a farsi spazio. Bisognerebbe ascoltare il vigile del fuoco che fece il taglio, se ancora vivo, per sapere come andò davvero. Chissà se tra le mille persone interrogate c'era anche lui... In ogni caso la mia rimane soltanto un ipotesi, con il pregio però di suggerire una semplice (e mi sia consentito, geniale) spiegazione a quella frattura su cui si sono costruiti scenari fin troppo fantasiosi, spendendo tanti, troppi soldi di noi contribuenti.

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  3. Ciao Antonio,

    volevo chiederti se posso usare una tua foto riguardante la mappa del ritrovamento della borsetta nel delitto 1974, ovviamente citerò il tuo blog e il link tuo al post in questione, sto facendo una semplice ricostruzione sui fiumi/torrenti nei luoghi dei delitti, fammi sapere,
    grazie.

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    1. Ma certo, poi magari trasmettimi il link che guardo il tuo lavoro.

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  4. Eh lavoro è una parola grossa, solo alcuni riflessioni più che altro geografiche (per ora)...

    https://ilmostro-difirenze.blogspot.com/2020/05/questa-siepe-tanta-parte-2-rabatta-1974.html

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  5. Salve Antonio. Una domanda: in quale articolo Lei si occupa delle famose telefonate di Dora?

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    1. E' un articolo che ho messo temporaneamente off line per le proteste di Giuliano Mignini. Sono convinto che non erano motivate. Avevo semplicemente fatto emergere una verità scomoda ma incontrovertibile. Appena riesco ci rimetto mano limando eventualmente certi spigoli del linguaggio.

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    2. Ok, grazie. Sono molto curioso delle sue scoperte. Spero sia presto di nuovo consultabile

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    3. Ma nella fattispecie quale articolo è?

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    4. Il titolo era "Firenze-Perugia andata e ritorno". La prego però di non insistere, dovrà avere pazienza.

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  6. Scusi Antonio ma della sentenza Micheli è stata annullata anche la parte in cui si dice che Narducci si è suicidato?

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    1. Quello di Micheli era un parere personale, come molti altri. In quanto tale i giudici non potevano annullarlo, però lo censurarono essendo fuori dalle competenze di chi lo aveva espresso. Questo almeno ho capito io.

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  7. Ma secondo lei, Canessa e la procura fiorentina in generale cosa pensano della vicenda Narducci? Insomma, io se fossi in loro me ne sarei tirato fuori da un pezzo... perciò non riesco a capire quale sia la loro posizione.

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    1. Secondo me pensano male. Canessa, dopo lo scherzetto della registrazione carpita, penso si sia reso conto con chi aveva avuto a che fare.

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    2. Certo, mi sembra il minimo! Però io non riesco a togliermi dalla testa una domanda: una persona che prima ha accusato Pacciani di essere un serial killer e poi ha cambiato versione accusando un gruppo di assassini come concilia tutto ciò con Perugia? E soprattutto la domanda del secolo: ma secondo Canessa chi diavolo era il Mostro di Firenze? Lei che ne pensa?

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    3. Anche se la domanda era per Antonio provo a rispondere io. Canessa non può non pensare che l'mdf fosse Pacciani. Altrimenti tutti i processi di cui è stato protagonista sarebbero qualcosa di molto simile ad una sceneggiata televisiva. Di quart'ordine, aggiungerei. Non credo ci siano altre possibilità. Penso, e spero (per lui), che sia assolutamente convinto della colpevolezza di Pacciani e dei compari.

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    4. Ma, nella fattispecie, cosa fu detto da Canessa nella registrazioni carpite?

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    5. Può leggere la sentenza Giuttari - Mignini scaricabile nella pagina dei contenuti scaricabili

      https://drive.google.com/uc?export=download&id=0BxHpeQvorWm5bUp5cHdlSXdXbUk

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  8. IMHO, a Canessa andava indifferentemente bene chiunque la Procura ufficialmente accusasse (come dimostrato dal fatto che spese lo stesso acritico pathos 'probatorio' accettando, entrambe in egual misura di richiesta di condanna, le inconciliabili versioni del Nesi e del Lotti per Scopeti, etc etc).
    E infatti, sarà un caso, le due volte che non c'era lui in entrambi i casi gli altri PM, Tony e Propato, qualcosina da dire su cosa si trovavano davanti per le mani la ebbero a dire, eccome se la ebbero a dire!

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  9. Quello lo penso anche io ma c'è da chiedersi come collega i CDM con quello che è successo a Perugia ed anche con i due nuovi indagati a Firenze. Facendo un conto approssimativo, coinvolgendo tutte le persone finite nella versione ufficiale ci sarebbe da credere che il MDF sia stata un'entità composta da almeno una ventina di persone, tutte scollegate tra loro! Per questo motivo pagherei oro per sapere la'opinione di Canessa.

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  10. Un altra domanda: ma è vero che Pacciani quando era in galera suggerì al suo avvocato di indagare sul medico di Perugia o questa è un altra leggenda?

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    1. Pacciani aveva letto del medico di Perugia su Visto, come ammise il suo stesso avvocato, e questo spiega perché voleva che si indagasse su Narducci.

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  11. Ma Narducci era già così popolare da finire su una rivista praticamente quasi un decennio prima delle indagini di Mignini?!

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    1. Certo. Domani le spiegherò meglio.

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    2. Che io sappia non è mai emerso un articolo in particolare, ma è molto facile che su riviste tipo "Visto" o "Cronaca Vera" sia uscito qualche servizio sulla morte di Narducci nel 1993 o giù di lì, basato sulle ricerche di Valerio Pasquini, un investigatore privato.

      https://drive.google.com/open?id=0BxHpeQvorWm5cHJBTEtVYVJsMjQ

      Pasquini nel 1993 era stato a Perugia a verificare le voci di popolo su Narducci e aveva raccolto un sacco di pettegolezzi. La sua speranza era quella di ricavarci un libro, poi andata delusa. Alla fine, il 28 ottobre 1993, consegnò tutto ai magistrati di Firenze. Mi stupirei davvero molto se quelle ricerche non fossero finite in mano a qualche giornale scandalistico.
      Nella sentenza Micheli può trovare le notizie fornite da Pietro Fioravanti, che dapprima aveva fomentato i sospetti su una conoscenza tra Pacciani e Narducci, poi li aveva ridimensionati, attribuendoli in via ipotetica a letture. Nel 1993 Pacciani era in carcere, e in carcere c'era un fitto scambio di riviste tra detenuti.

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    3. Ho eliminato erroneamente un intervento di Omar Quatar.
      In Stampa Sera del 14 ottobre 1985 a pagina 10 la morte di Narducci e un articoletto sul Mostro sono accostati. Ma solo fisicamente, però è comunque interessante. Potrebbe non essere un caso.
      Grazie della segnalazione.

      Si può scaricare qui

      https://drive.google.com/file/d/0BxHpeQvorWm5YXRTN2VpQV9Gd0E/view?usp=sharing

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  12. Buona sera sig. Segnini. Ho una curiosità, e chiedo il suo parere.
    Più autori riportano che, secondo testimoni dell'epoca, il corpo di Narducci subito dopo essere ripescato dal Trasimeno era di colore scuro. In questo documentario https://www.youtube.com/watch?v=Bc3A_pVFSTU&t=36s&ab_channel=InsufficienzadiProve
    al minuto 9.35, l'ottimo Mario Spezi afferma testualmente che un cadavere "prende l'aspetto negroide" dopo una certa permanenza in acqua. Al contrario in quest'altro documentario
    https://www.youtube.com/watch?v=Rua-UrX7Syo&t=24s&ab_channel=JohnMarkham al minuto 19.14, un altro giornalista, Luca Cardinalini, afferma invece che "tutti i corpi che sono stati ripescati dall'acqua dopo giorni" diventano bianchi.
    Qual'è secondo lei la verità?
    Acaturx

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    1. Preferisco non esprimermi su un argomento che non conosco bene. Spero di poter riprendere a interessarmi di Narducci tra non moltissimo, e magari dirò la mia anche su questo argomento (naturalmente valutando la documentazione, visto che non sono un medico).

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  13. Antonio, in un suo intervento precedente abbiamo visto chi era a telefonare all'estetista di Perugia. Ma si sa chi erano le altre due persone e perché sono finite in questa storia?

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    1. Deve avere un attimo di pazienza, uscirà tra non molto il seguito del mio articolo sull'argomento, già pubblicato e tolto per le lamentele di Mignini. Le posso anticipare che tutto porta verso un uso strumentale di una vicenda che con quella di Narducci non c'entra un cavolo. Narducci ce l'hanno infilato dopo, ingannando noi tutti.

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  14. Caro dottor Segnini,
    innanzi tutto le faccio i miei complimenti per il suo blog e le sue ricostruzioni. Una domanda: cosa ne pensa delle telefonate fatte all'estetista di Foligno da parte di schede telefoniche che erano state usate anche per chiamare utenze del Forteto? Potrebbe esserci una connessione fra i due casi, ovviamente Mostro a parte? Dato che non conoscevo il suo blog fino a pochi mesi fa, mi sono perso gli articoli dedicati alla vicenda. Ancora i miei complimenti perche' ci vuole un bel coraggio ad andare contro ai vari Giuttari e Mignini. In bocca al lupo!
    Johnnie

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    1. C'è del marcio dietro questa storia. Lei pensi che una delle utenze da cui partirono le telefonate era in uso a un poliziotto! Almeno questo è quanto sostiene il libro "Setta di stato", con il cui autore ho parlato a suo tempo, e che mi sembrò persona seria e informata.
      Anche a lei chiedo pazienza, sono ancora impegnato a tempo pieno in altro, ma tra non molto rimetterò mano all'argomento pista esoterica e Narducci, ripubblicherò quanto ancora è off line e pubblicherò altro.
      Giuttari e Mignini hanno fatto il loro lavoro che va comunque rispettato, ma non possono impedirne una revisione storica. Tutti noi italiani ne abbiamo pieno diritto.

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    2. Aspettero' con ansia. Interessante questa cosa del poliziotto... Ha assolutamente ragione, il lavoro di Mignini e Giuttari contiene anche spunti interessanti ma sicuramente emergono piu' chiari dopo un serio lavoro di revisione quale il suo. Le auguro buon lavoro. Johnnie

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  15. Antonio a lei sembra plausibile che la presunta differenza di lunghezza dei due cadaveri sul molo possa essere provocata dal fatto che le gambe non erano completamente stese? In fondo si vede solo la coperta e le scarpe...

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    1. Mi pare sia un'ipotesi anche di Micheli, sulla quale mi trovo del tutto d'accordo.

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  16. Spezi parlò anche che quella differenza poteva essere provocata dall' angolatura del cadavere rispetto al molo. Secondo lei in base a quella foto con la tecnologia di oggi si riuscirebbe ad arrivare ad un risultato soddisfacente?

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    1. Considerata l'approssimazione dei dati di partenza, per la non eccelsa qualità della foto e l'indeterminabilità della posizione del cadavere, credo che realisticamente si possa giungere a una forbice di vari centimetri, non mi meraviglierei se fossero una ventina.
      Ma è soltanto una mia impressione intuitiva. Un giorno o l'altro dovrò mettere il naso nelle perizie, e cercherò di capirne di più.

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  17. Abbia pazienza ma se può mi chiarisca una cosa; in una recente intervista Mignini ha detto che la cassazione ha stabilito che Narducci è stato ucciso e che esistevano legami con Firenze però è caduta l'accusa di associazione a delinquere. Quindi riassumendo cosa si evince da tutto ciò?

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    1. Non credo proprio che sia così, in ogni caso è un argomento complesso che va affrontato con metodo. Lo farò, ma prima ci devo arrivare.

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    3. Grazie, è più o meno quello che ho capito anch'io da non esperto della materia. Se posso tradurre in termini pratici, di entrambi i pronunciamenti non ha alcun valore giuridico la ricostruzione dei fatti riguardanti la morte di Narducci e azioni connesse. Sia nel caso della De Robertis sia nel caso di Micheli si tratta di convinzioni personali a lato dei loro pronunciamenti che non sono sulle questioni in sé stesse, ma su altro. Quindi nel caso di Micheli non c'è alcuna sconfessione della Cassazione su quelle convinzioni, i giudici si limitarono a rilevarne la non necessarietà.

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    4. Riposto il commento precisandolo meglio, per non alimentare confusione tra il procedimento De Robertis e quelli cautelari.
      Mignini sostiene che (1) la sentenza Micheli (2010), che sosteneva la tesi del suicidio, è stata rimossa dalla Cassazione (2013), e che (2) rimane invece non confutata l'ordinanza di archiviazione De Robertis (2009, confermata anche a seguito dell'impugnazione da parte dei familiari di FN), che invece accoglieva la tesi omicidiaria.
      Entrambi i rilievi sono due dati di fatti inconfutabili. La sentenza Micheli non esiste più (salva l'archiviazione dell'associaziazione per delinquere, confermata dalla Cassazione).
      Giusto soltanto precisare che nel caso 1 la Cassazione non ebbe bisogno di entrare nel merito delle cause della morte del Narducci (rimosse la sentenza per la sua abnormità, in quanto il GUP Micheli si era attribuito un ruolo non spettante); nel caso 2 l'ordinanza di archiviazione non è un provvedimento che definisce i fatti in modo vincolante e definitivo per l'ordinamento.
      Mignini aggiunge poi che la tesi omicidiaria fu accolta anche in sede di esame dei provvedimenti cautelari (quelli volti non a decidere il merito della vicenda, ma a stabilire se fossero dovute o meno misure restrittive temporaneee; Tribunale riesame Perugia 2005).
      Anche qui è nel vero, ed anche qui si tratta di provvedimenti in cui l'accertamento del fatto ha questa valenza per così dire limitata.

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    5. Scusate ma sono veramente ignorante... in soldoni per la legge Narducci è stato ucciso o no?

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    6. Però scrivere che la sentenza Micheli non esiste più non è esatto, non essendo stata cancellata per la parte in definitiva principale, quella dell'associazione a delinquere.
      Per quanto rigurda il resto, sono tutti pronunciamenti che non hanno nulla a che fare con l'omicidio di Narducci e i suoi legami con le vicende di Firenze. Sia Micheli sia la De Robertis non avevano titolo per decidere se Narducci fosse stato ucciso. Hanno semplicemente espresso le loro opinioni in appoggio alle rispettive decisioni su altro. La De Robertis ha preso atto della mancanza di elementi, sostenuta dallo stesso PM, per portare in giudizio detto omicidio con i suoi presunti legami con le vicende fiorentine. Micheli ha sostenuto la mancanza di elementi per sostenere in giudizio il reato di associazione a delinquere (e la Cassazione gli ha dato ragione) e tutti gli altri reati vari (intralci alle indagini, false testimonianze e così via, e qui la Cassazione gli ha dato torto). I ragionamenti di entrambi a margine valgono come quelli di qualsiasi altra persona, come i miei e come i suoi.
      Ritenere che la De Robertis, dopo aver riconosciuto l'impossibilità di portare in giudizio le tesi di Mignini, le abbia nello stesso tempo avallate è un controsenso logico. Se davvero secondo la legge si potesse sostenere tale ipotesi, la legge sarebbe sbagliata. Sia Micheli sia De Robertis hanno voluto offrire a tutti le loro opinioni sul presunto omicidio? Bene, chi è interessato ringrazia. E finisce qui.

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    7. X Il Collega. Per quanto ho capito io la legge non ha avuto occasione di pronunciarsi sulla questione. Quindi per la legge Narducci è semplicemente morto per una presunta disgrazia, quello che risulta dagli atti del 1985.

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    8. Dottore, Mignini chiede l'archiviazione ed il Giudice gliela concede perchè non ha elementi dì accusa contro quegli indagati, non perchè non esista l'omicidio (almeno, esiste secondo PM e GIP, come esiste anche per il Tribunale del Riesame).
      Nessun controsenso.
      Un conto è accertare l'inesistenza del fatto di reato, un conto è accertare che quegli indagati non possono essere portati a giudizio.
      Sulla parte della sentenza Micheli che rimane in piedi, ha perfettamente ragione, lo avevo scritto anch'io.

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    9. Se ho capito bene lei vuol dire che avendo la De Robertis riconosciuto l'esistenza del reato (l'uccisione di Narducci) questo vuol dire che per la legge tale reato esiste? Se fosse così la legge sarebbe sbagliata. Ma non credo sia così. Altrimenti lo stesso Micheli lo avrebbe riconosciuto. Dalla sua sentenza:

      Va anche precisato che l’ordinanza di archiviazione emessa dal G.I.P. a proposito del delitto di omicidio consumato ai danni di FRANCESCO NARDUCCI (per l’impossibilità di ascriverne la responsabilità a soggetti determinati) e di altri reati (soprattutto per intervenuta prescrizione) non ha in questa sede alcuna efficacia di precedente vincolante. Nella sua requisitoria, il Procuratore della Repubblica è più volte tornato a ribadire che il presupposto dei reati per cui qui si procede, vale a dire l’omicidio del NARDUCCI, dovrebbe comunque intendersi accertato in virtù di quella decisione giudiziale che ha accolto la ricostruzione in fatto offerta dall’organo inquirente, ma è appena il caso di rilevare che ad un provvedimento di archiviazione non può mai riconoscersi siffatta valenza.

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    10. No, non sto dicendo questo.
      Le sentenze accertano fatti con efficacia vincolante per l'ordinamento e per le persone coinvolte a condizioni ben precise, previste da alcuni articoli del codice di procedura penale.
      La sentenza Micheli (associazione a delinquere esclusa) non potrà mai avere tale effetto perchè rimossa dalla Cassazione.
      L'ordinanza De Robertis non potrà mai averla perchè è un provvedimento che non può acquistare la valenza di quello che si definisce "giudicato" (sul punto si sofferma la stessa sentenza Micheli proprio nella parte che giustamente cita lei; qualche riga più sotto il GUP aggiunge che l'ordinanza De Robertis è insuscettibile di divenire giudicato).
      La tesi Micheli (suicidio) e la tesi De Robertis (omicidio) non sono però semplici "opinioni" incidentalmente filtrate nei provvedimenti.
      La prima è il percorso argomentativo con cui il GUP respinge la tesi di fondo del PM (Micheli non si limita a dire che X o Y non sono eolpevoli di questo o quello; dice che non c'è omicidio).
      La seconda è il modo in cui il GIP, a fronte delle linee difensive degli imputati seecondo cui non vi è omicidio, dice il contrario. Tanto che, proprio per questo motivo, gli stessi la impugneranno in Cassazione.
      Ripeto, per l'ordinamento giuridico, nessuno dei due provvedimenti ha forza di "giudicato". Il fatto è che una delle due è stata rimossa (associazione per delinquere a parte), l'altra invece no.

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    11. Abbia pazienza, ma trovandomi fuori dal mio campo purtroppo faccio fatica a ragionare come lei. Le chiedo dunque di mettersi nei miei stessi panni di informatico quando cerco di spiegare a un cliente che aggiungere un'informazione in un certo archivio può rendere una procedura instabile.
      Provi a rispondere a questa mia domanda: sarebbe stato possibile per la De Robertis accettare l'archiviazione chiesta da Mignini senza entrare nel merito omicidio o non omicidio? Ho la sentenza, ma non l'ho ancora letta, dunque le pongo la stessa domanda per la sentenza Micheli che invece conosco bene. Sarebbe stato possibile per Micheli respingere la richiesta di un procedimento per associazione a delinquere senza entrare nel merito omicidio o non omicidio? In questo caso la risposta la conosco già: sì di sicuro! Perché l'associazione a delinquere era escludibile indipendentemente dal reato per il quale veniva invocata. L'eventuale sodalizio che si fosse creato allora non era di per sé configurabile come associazione a delinquere, le cui caratteristiche sono ben diverse. Dunque Micheli avrebbe potuto fare a meno di argomentare su quel tema. E infatti la Cassazione in un certo modo glielo rimprovera.
      Torniamo alla De Robertis. Che bisogno aveva di entrare nel merito omicidio o non omicidio quando doveva soltanto prendere atto della mancanza di indizi su eventuali responsabili? Il suo ragionamento avrebbe dovuto essere: secondo il mio parere potrebbe anche essere omicidio, e di questo si dovrebbe accertare il tribunale, ma in ogni caso, mancando l'individuazione dei responsabili è inutile che il tribunale se ne occupi. Sarebbero soldi sprecati.
      Che la sentenza De Robertis sia rimasta in piedi mentre quella Micheli sia stata in parte cancellata non può portare alcun elemento giuridico in favore di nessuna delle due possibilità, omicidio sì oppure omicidio no. Da storico dilettante quanto si voglia mi sento di poterlo affermare senza tema di smentita. Dunque che Mignini si avvalga della sentenza De Robertis per rinforzare la sua tesi dell'omicidio non mi pare corretto. Ritengo ancora che quella fosse un'opinione del giudice, in ultima analisi neppure necessaria a livello logico, dato che non portava alcun elemento a rinforzo della sua decisione. Diverso il discorso di Micheli. Anche lui poteva fare a meno di esprimere le sue convinzioni, ma almeno erano di rinforzo alla sua decisione, quindi da un punto di vista logico ci potevano stare.

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    12. "Che bisogno aveva di entrare nel merito omicidio o non omicidio quando doveva soltanto prendere atto della mancanza di indizi su eventuali responsabili?".
      Il GIP deve motivare il proprio provvedimento. Non credo si possa farle una colpa se invece di limitarsi ad una mera presa d’atto, abbia voluto introitare nella motivazione il proprio convincimento che l’omicidio vi fosse stato, aderendo alla prospettazione del PM. Nel caso di specie, vista la complessità della questione, l’ampiezza delle indagini, e visto che vi era stata una sollecitazione a negare in radice l'omicidio proveniente dalle difese degli imputati (che non a caso impugneranno l'archiviazione davanti alla Cassazione), mi sembra anzi opportuno che abbia reso una motivazione effettiva e non un mero simulacro di motivazione.
      “Il suo ragionamento avrebbe dovuto essere: secondo il mio parere potrebbe anche essere omicidio, e di questo si dovrebbe accertare il tribunale, ma in ogni caso, mancando l'individuazione dei responsabili è inutile che il tribunale se ne occupi. Sarebbero soldi sprecati”.
      Tolga pure il potrebbe. La motivazione è stata proprio questa. “Secondo me è stato omicidio (e questo dovrebbe accertarlo il Tribunale), ma in ogni caso ecc. ecc.”.
      La questione però non è tanto se poteva o non poteva scriverlo (per me assolutamente sì, anzi doveva, nel quadro di un obbligo di seria motivazione).
      Il punto è che lo ha scritto (opinione condivisa dal Tribunale del Riesame).
      Così come Micheli ha scritto il contrario.
      Nessuna di queste pronunce accerta, con valenza di giudicato, l’omicidio, il suicidio o la disgrazia. Dunque, non vi è una verità giudiziaria, a questo livello di certezza, in nessuno di questi sensi.
      Da un punto di vista della loro stabilità, le decisioni pro omicidio non sono state rovesciate, l’altra invece sì (416 a parte) perché il Giudice si è arrogato prerogative che non aveva.
      Da un punto di vista storico e logico ognuno può valutarle come ritiene.

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    13. Dubito che per accettare la richiesta di archivizione del PM il giudice avrebbe dovuto esternare un'opinione che a tal fine è del tutto irrilevante. Perché riportare in sentenza il suo accordo con la ricostruzione del PM? Era necessario? In questo modo ha escluso le perizie della controparte senza neppure citarle, a quanto ho potuto capire da una lettura veloce.
      In ogni caso giriamo sempre intorno alla stessa questione: chi afferma che secondo la legge Narducci è stato ucciso ha diritto di dirlo? Si chiami Mignini oppure in un altro modo. Se ha diritto di dirlo mi lasci dire che abbiamo una legge ben strana, che per stabilire un fatto così grave si affida all'opinione di un unico giudice, che in pratica adopera gli stessi argomenti del PM.
      Grazie comunque dei suoi interventi. Potremo ridiscuterne quando andrò a fondo della questione.

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    14. Scusate, non vorrei essere troppo superficiale, ma visto che siamo in molti a non condividere le sentenze Mele, Pacciani, CdM...che sarebbero, a come intendo io, la verità giudiziaria... non si può anche dire che non ce ne frega nulla di quanto pensava la giudice De Robertis? In altre parole mi sembra una questione meramente nominalistica.

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    15. Il problema è che quello che pensava la De Robertis viene da qualcuno identificato con la verità giudiziaria, e sbandierato come tale. Quindi la legge avrebbe riconosciuto che Narducci sarebbe stato ucciso, che il suo cadavere sarebbe stato sostituito e compagnia bella.

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    16. Omar Quatar, un utente del forum (Il Collega) ha garbatamente richiesto se "per legge" Narducci fosse suicida o omicida. La discussione è nata dalla voglia di dargli una risposta.
      Criticare le sentenze è uno dei privilegi della democrazia, facciamo bene ad approfittarne.
      "Fregarsene" no.
      Dottor Segnini, grazie a lei per lo scambio di vedute.

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    17. Certo, ho seguito, ma al di là dell'espressione un po' rozza il mio parere sostanzialmente rimane quello. Del resto, come ha ben detto Lei, e sempre che io abbia capito, non esiste una "verità giudiziaria" sulla morte di Narducci... e se esistesse ci interesserebbe più che altro per valutarne criticamente le motivazioni, atteso che anche una sentenza passata in giudicato può rivelarsi "ingiusta" nel merito, per un sacco di ragioni.

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  18. ok grazie cmq ho visto l'intervista sul blog che mi ha segnalato lei in un altro articolo. Blog molto interessante!

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  19. Ringrazio tutti gli utenti che hanno cercato di rispondere ad una mia domanda creando una discussione veramente interessante! Volevo solo ribadire che la mia domanda è nata dopo un intervista rilasciata di recente da Mignini in cui afferma che la legge ha riconosciuto l'omicidio di Narducci con annesse frequentazioni fiorentine cosa che mi è sembrata un poco strana.

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  20. Guardi è il blog che mi ha suggerito lei. "Mostro di Firenze un caso ancora aperto". Nella casella "ricerca" digiti "Narducci" e verrà fuori l'articolo con una lettera scritta dallo stesso Mignini a maggio. Ps: ormai è diverso tempo che scrivo su questo blog, per me ci possiamo dare anche del Tu!

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    1. Possiamo darci del tu, certo.
      Ho letto, secondo me Mignini gioca un po' con le parole, mi riprometto di andare a fondo della questione, ma non potrà essere prestissimo.
      Ciao.

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  21. Scusa Antonio, forse risulterò essere un poco pedante ma forse sarebbe utile cercare di chiarire alcune cose che, per i "non avvocati" come il sottoscritto, sono di difficile comprensione. Ovviamente ho letto diverse cose ma tutto sommato mi piacerebbe sentire la tua stimata opinione ( e anche di qualcuno del mestiere ) per provare a capire 1) cosa è e cosa decide il GIP? 2) A cosa serve il Tribunale Del Riesame 3) Cosa è e cosa Decide il GUP? Immagino che chiedere queste cose, per i super esperti del caso, possa apparire assurdo ma credo che per l'opinione della gente comune sia importante capire di cosa stiamo parlando. Grazie come sempre.

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    1. Più o meno sono cose che so, ma vediamo se un lettore avvocato risponde con maggior cognizione di causa. Altrimenti ci proverò io.

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    2. Dimenticavo! Ho io una domanda per un avvocato o comunque uno del mestiere: la chiusura delle indagini preliminari avviene contemporaneamente per tutti gli indagati oppure può avvenire in tempi diversi?
      Sarebbe anche da specificare se si tratta di una regola di legge, di una prassi, o anche di una regola di legge che prevede delle eccezioni.

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    3. Il GIP segue le indagini preliminari del PM, e costituisce una sorta di garanzia per l'indagato. Per esempio deve convalidare il suo arresto, richiesto dal PM, e può non convalidarlo.
      Quando il GIP convalida tale arresto, il soggetto può appellarsi al Tribunale del Riesame (detto volgarmente anche Tribunale della Libertà) che può annullare detto arresto.
      Il GUP è il giudice che, alla fine delle indagini preliminari, decide se convalidare oppure no la richiesta del PM di andare in giudizio oppure di archiviare il procedimento.

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    4. A quanto sembra le due figure GIP e GUP non dovrebbero coesistere nella stessa persona.

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  22. Ok grazie, era l'idea che avevo. Quindi tornando alla mia domanda originale è giusto affermare che " per la legge italiana Narducci POTREBBE essere anche stato ucciso, che POTREBBE esserci stato lo scambio di cadavere e che POTREBBERO esserci stati collegamenti con Firenze. In sostanza che era legittimo indagare e processare delle persone. Se ho capito bene tutto questo mi pare, unito alla sentenza De Luca e alla caduta dell' associazione x delinquere della sentenza Micheli, un complessivo nulla di fatto. O sbaglio?

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