Presto
o tardi la storia si dovrà chiedere attraverso quali perversi meccanismi un uomo
innocente come Mario Vanni sia stato condannato all’ergastolo in ben tre gradi
di giudizio sulla base delle sciocchezze raccontate da Giancarlo Lotti. A
parere di chi scrive le responsabilità verranno più o meno equamente distribuite tra
un’accusa che cercava un colpevole a tutti i costi, dei giudici che non
conoscevano la logica del buonsenso e una difesa la cui rigida impostazione preconcetta
si rivelò fallimentare. In mezzo il povero Vanni, l’agnello sacrificale di cui
rimangono alcuni toccanti filmati dai quali tutti possono rendersi conto della
sua tragica disperazione. Come in questo, dove chiede la gentilezza di essere mandato a casa perché
non ne può più.
Dei
trucchi dell’accusa e dell’ottusità dei giudici si è trattato più volte in
questo blog, mai però dei clamorosi errori della difesa, le cui potenti bordate
vennero sempre dirette contro i bersagli sbagliati. Il presente articolo
prenderà in esame uno di questi casi, oggi il più chiacchierato: la messa in discussione
della data di effettivo acquisto da parte di Lotti di una Fiat 124 blu, che
avrebbe dovuto dimostrare l’indisponibilità della precedente Fiat 128 Sport
Coupé rossa in occasione del delitto degli Scopeti. E che invece non dimostrò,
né avrebbe potuto dimostrare, proprio nulla.
Un
grazie doveroso e sentito a Giancarlo Gaviraghi, agente assicurativo la cui
competenza ha aiutato chi scrive a tracciare, come vedremo, uno scenario inedito
e sconcertante.
L’auto rossa e la difesa Vanni. Come è ormai ben noto, a tirar
dentro Giancarlo Lotti nelle indagini fu l’avvistamento di un’auto sportiva
rossa a coda tronca, simile alla sua 128, sotto la piazzola di Scopeti nella
domenica in cui veniva collocato il delitto (8 settembre 1985), sia al
pomeriggio da parte dei coniugi De Faveri-Chiarappa, sia alla sera da parte di
Gabriella Ghiribelli. Prima Pucci poi Lotti confermarono la sosta serale,
raccontando di aver assistito a un (assurdo) attacco alla tenda da parte di
Vanni e Pacciani. Dapprima casuale, quella sosta divenne poi concordata, con
Lotti che avrebbe dovuto svolgere un inutile e imprudente ruolo di palo. Molto
più sfumate furono le ammissioni dei due compari sulla sosta pomeridiana.
Non ci voleva certo un principe del foro per capire che lo
scenario raccontato da Lotti e Pucci non era credibile, semmai più arduo poteva
risultare il darsi una spiegazione sul perché i due avessero raccontato tutte
quelle sciocchezze. All’inizio del dibattimento (3 giugno 1997 vedi) il difensore storico di Vanni, Giangualberto Pepi, si
mostrò possibilista su una linea di difesa aperta nei riguardi di un ruolo
attivo del presunto pentito: “Questa difesa cercherà di dimostrare che probabilmente
Lotti, non solo non ha detto tutto, ma forse ha fatto anche qualcosa di più di
quello che ha detto”. Purtroppo per Vanni, da non molti giorni a Pepi si era aggiunto
Nino Filastò, esuberante e poliedrico personaggio – oltre che avvocato, anche
scrittore e mostrologo –, che la pensava in tutt’altro modo. Qui la sua lunghissima e articolatissima relazione introduttiva,
nella quale l’avvocato lasciò più volte spazio al mostrologo e allo scrittore
(nel suo successivo intervento Pepi avrebbe parlato di “fiera delle vanità”). Naturalmente i due legali non
potevano convivere, e infatti alla fine, dopo un deleterio tira e molla, rimase
il solo Filastò, che chiamò in aiuto Antonio Mazzeo. I due si trovarono subito
d’accordo su una linea difensiva in cui Lotti figurava come un povero
mentecatto estraneo alla vicenda. Dimostrare questo assunto divenne il loro obiettivo
primario, dal raggiungimento del quale sarebbe dovuta discendere l’innocenza del
loro assistito.
Al termine dell’audizione di tutti i testimoni – nell’arco
di una cinquantina di udienze, ultima quella del 27 gennaio 1998 – i risultati conseguiti
non parevano però esaltanti. Pucci e Lotti, grazie sia all’aiuto di una Corte
benevola sia alla loro istintiva capacità di nascondersi dietro carenze
linguistiche e strategici vuoti di memoria, avevano retto piuttosto bene agli
attacchi dei due avvocati di Vanni. D’altra parte i modestissimi e inutili
testimoni convocati a discarico non avevano per nulla scalfito il teorema
dell’accusa. Basti ricordare le brutte figure rimediate da Luciano Calonaci (vedi) e da Lorenzo Allegranti (vedi), chiamati in causa nell’improbabile dimostrazione di un
Mostro poliziotto e telefonatore e fatti arrosto con facilità dal sempre
brillante Paolo Canessa.
Ma veniamo al tema dell’articolo. Nella propria arringa,
iniziata il 5 marzo, naturalmente Filastò prese in esame anche il tema della
macchina rossa sotto Scopeti. Ecco un frammento dell’udienza del 10 (vedi; attenzione! per tutti gli interventi in aula si faranno
delle sintesi, quando necessario, ma senza inserire il simbolo di eliminazione
[…] che appesantirebbe troppo la lettura):
Se si ritiene Lotti un mentitore come è, come
lo ritengo io, allora poi siamo tutti d'accordo, fine del discorso. Va be',
insomma, si piglierà un processo per calunnia, autocalunnia. Ma se si ritiene
che è vero e che quella è la macchina sua, questa macchina che sosta qui cinque
ore e mezzo, è tutto un altro discorso! Altro che riscontro i signori Chiarappa
e De Faveri. La moglie dice: “Da lì, poi, siamo andati via verso le otto circa
e la macchina era ancora lì.” I testi De Faveri e Chiarappa non danno alcun
riscontro alla pretesa confessione di Lotti, nella parte in cui dice di essere
andato a spiare la coppia nel pomeriggio.
Il racconto di Lotti è assolutamente diverso.
Le conclusioni sono soltanto due, “tertium non datur”: nei paraggi, a poca
distanza dalla piazzola, domenica c'è una macchina che non è quella di Lotti;
la seconda: Lotti, con la sua macchina, è stato lì per almeno cinque ore, dalle
15.00 alle 20.00. La gita dalla Ghiribelli è una fandonia, oppure avviene dopo.
Tutto il suo racconto non quadra. Cinque ore per spiare due persone che fanno
l'amore sono troppe.
Domanda al signor rappresentante dell'accusa:
se n'è accorto di queste cinque ore almeno di sosta di una macchina che lui
ritiene essere la macchina di Lotti? E che domande gli ha fatto a Lotti sul
punto? Almeno le domande. Diciamo che in galera non ce l'ha voluto mettere, ma
le domande: “Guardi, signor Lotti, che a noi ci risulta che la sua macchina ha
sostato lì per cinque ore. Che ci può dire?” Io non le ho viste queste domande.
Non le ho viste perché non ci sono. E vorreste mandare all'ergastolo questo
poveruomo sulla base di un materiale probatorio di questo genere?
Parole sante: il furbo Canessa si era guardato bene dal
porre a Lotti quelle imbarazzanti domande, né in istruttoria – così perlomeno
risultava dai verbali – né in dibattimento. La lunga permanenza pomeridiana sotto Scopeti,
infatti, contraddiceva sia il racconto dei due compari sul pomeriggio trascorso
a Firenze, sia e soprattutto l’accordo serale con Pacciani millantato da Lotti.
La credibilità del pilastro dell’accusa rischiava di uscirne assai malridotta. Ma
in dibattimento Filastò c’era, e quelle domande avrebbe potute porle lui
stesso. E invece niente! Perché? Il perché lo spiegò il giorno dopo (vedi):
L'altro riscontro è Chiarappa e De Faveri. Ne
abbiamo parlato ieri. E quindi, voglio dire, che a me, l'ipotesi più probabile,
che quella sia una macchina qualsiasi. Che sta lì per cinque ore e mezzo per i
fatti suoi. D'altra parte sappiamo che vicino c'è la festa degli Hare Krishna;
che qualcuno sia andato alla festa, si sia soffermato prima, abbia lasciato
poi, durante la festa, per lungo tempo, questa macchina in questo posto è più
che possibile. Come si fa a dire che quella è la macchina di Lotti?
L’avvocato di Vanni riteneva dunque che quella macchina
rossa non fosse affatto il 128 di Lotti, e naturalmente neppure che i due tizi che
vi erano appoggiati fossero lui e Pucci. A suo parere la macchina avrebbe
potuto essere stata parcheggiata sotto la piazzola da uno degli invitati alla
festa degli Hare Krishna. Ma, a parte il fatto che la sede degli Hare Krishna
distava oltre un chilometro, almeno uno dei due personaggi era rimasto per ore
accanto all’auto, quindi certamente non aveva partecipato alla festa. Per di
più a metà pomeriggio quell’auto era partita e poi tornata, come dimostrava
l’ulteriore testimonianza di Sabrina Carmignani, la qual cosa contrastava ancor
più con la già improbabile ipotesi di Filastò. D’altra parte trovare una
giustificazione migliore non era affatto facile (del resto non lo è neppure
oggi, come dimostrano i balbettamenti sul punto di coloro che chi scrive chiama
“negazionisti”).
Eppure le descrizioni dei coniugi contenute nei verbali
dell’11 ottobre 1995 erano estremamente compatibili, sia con l’auto sia con gli
stessi Lotti e Pucci, l’una e gli altri al momento non ancora entrati
nell’inchiesta. Riguardo l’auto la donna l’aveva definita “dalla forma tronca dietro, di colore rosso,
sicuramente non più nuovo né brillante, ma sbiadito”, l'uomo “di colore
rosso sbiadito, di forma squadrata, con il dietro tronco”: in pratica una
fotografia della 128 di Lotti, modello molto raro nel 1985 e difficilmente scambiabile
con qualsiasi altro. Era stata proprio questa descrizione a far venire in mente
l’auto di Lotti agli uomini della SAM (Riccardo Lamperi, Alessandro Venturini e
Lidia Scirocchi). Si legge nella loro nota del giorno dopo:
Questo Ufficio, sulla scorta di quanto
riferito in passato (ore 15.00 del 21.07.1994) da uno degli amici di PACCIANI
Pietro, cioè̀ LOTTI Giancarlo, il quale ha dichiarato di aver posseduto anche
una FIAT 128 coupé̀ di colore rosso (vedasi annotazione SAM del 26.07.1994), ha
potuto stabilire con obiettività̀ che, effettivamente, il LOTTI è stato proprietario
di una FIAT 128 Coupé rossa targata FI D56735 dal 30.03.83 al 02.04.1986. Un
ulteriore accertamento esperito presso il Centro Storico della FIAT […] ha
consentito di individuare, tramite il numero di telaio assegnato alla vettura
(0025976) anche il tipo di rosso con il quale questa venne prodotta, cioè̀ un
rosso aranciato con numero di codice FIAT 171. (È per questo motivo che il
CHIARAPPA consegna alla SAM anche la pagina di una rivista QUATTRORUOTE sulla
quale figura un tipo di rosso che più̀ si avvicina alla tonalità̀ di quello da
lui osservato nel 1985). Sempre tramite il Centro Storico della FIAT è stata
acquisita via telefax la foto, anteriore, posteriore e laterale della FIAT 128
coupé. La signora DE FAVERI Marcella, dopo averla osservata, ha dichiarato che,
specie con riguardo alla forma tronca della parte posteriore di questo modello,
avrebbe potuto benissimo trattarsi della vettura da lei vista nel pomeriggio
della domenica 8.9.1985.
Si noti che la De Faveri, di fronte a una foto vista dopo la testimonianza, dichiarò che
l’auto avrebbe potuto benissimo essere quella, “specie con riguardo alla forma tronca della
parte posteriore”,
che era poi l’elemento più caratteristico del modello.
Riguardo invece la descrizione dei due uomini, la compatibilità
è analoga. Questa la dichiarazione della donna:
Uno era un uomo di mezza età, di corporatura tipo squadrata, di
media altezza, senza collo, con testa dal taglio rettangolare, che mi dava
l'apparenza di essere un contadino. Costui stava appoggiato al cofano motore
della macchina (cioè alla parte anteriore indirizzata verso San Casciano)
guardando in avanti, lungo la strada. Mi dava l'impressione d'avere i capelli
tagliati corti. Il secondo personaggio era appoggiato sul lato destro dell'auto
e guardava il bosco. Questi dava l'impressione di essere un po' più alto del
precedente e come figura sembrava meno grezzo dell'altro.
L’uomo
visto dalla De Faveri mentre, appoggiato al cofano, guardava la strada che
conduceva verso San Casciano era ben compatibile con Pucci, in quel momento del
tutto ignoto alle forze dell’ordine: la mezza età corrispondeva, 54 anni, la
media altezza anche, un metro e 70, e nelle foto presenti in rete si notano
subito sia il collo corto sia la testa squadrata con i capelli a spazzola.
L’altro
un po’ più alto che guardava verso la tenda era ben compatibile con Lotti: un
metro e 78, anche lui di mezza età, 45 anni, e di corporatura robusta
(Chiarappa: “Di corporatura grossa e di mezza età”).
L’acquisto della
Fiat 124 blu. Anche
se si era ormai in piena zona Cesarini, per dimostrare che l’auto rossa vista
sotto Scopeti non era quella di Lotti la difesa di Vanni nutriva ancora delle speranze,
come si deduce dalle seguenti parole di Filastò (arringa dell’11 marzo, vedi):
Come si fa ad essere certi che quella è la
macchina di Lotti, quando non sappiamo nemmeno se Lotti, in quel periodo di
tempo, possedesse ancora la macchina 128 rossa? Perché? Perché questa macchina
al Pubblico Registro Automobilistico risulta cancellata alla data dell'aprile
del 1986. Ma l'esperienza ci dice che per arrivare a quella certificazione la
trafila è abbastanza lunga.
Allora, quale potrebbe essere il dato
significativo dal quale ricavare la prova che Lotti ancora aveva quella
macchina? Quando Lotti immatricola a suo nome la macchina successiva. E la
macchina successiva è una 124. Ora, questa macchina successiva, immatricolata
successivamente, a me non è stato possibile sapere quando il Lotti l'ha
immatricolata. Ho fatto fare un accertamento a Roma, perché al PRA di Firenze
questo non risulta, non te lo fanno l'accertamento. E dal computer del PRA di
Roma questa macchina 124, alla data di immatricolazione di Lotti, risulta
"0000". Per qualche ragione questo dato non c'è. Allora ho fatto fare
delle ricerche alle varie compagnie di assicurazione, per sapere quando il
Lotti aveva assicurato sia la macchina 128 rossa, che quella successiva, questa
124. E non è stato possibile saper nulla, perché il Lotti le macchine non le
assicurava. Mah! Così mi è stato detto da varie compagnie di assicurazione.
Filastò aveva dato incarico a un’agenzia privata, la Falco
del noto Davide Cannella, di investigare sulla data di acquisto della macchina
successiva di Lotti, una 124, sospettando che la 128 fosse andata fuori uso ben
prima della data di rottamazione registrata al PRA. La speranza naturalmente
era quella di trovarne una anteriore a quella del delitto degli Scopeti. Ma, a
quanto sembra, il PRA di Firenze non forniva l’informazione, e quello di Roma
non l’aveva. Poi, nelle ultime febbrili ricerche, la data venne finalmente alla
luce. Ecco il conseguente annuncio di Filastò nel suo clamoroso intervento del
16 successivo (vedi):
Allora, questa auto 124 con targa FI E42432 è
stata acquistata dal signor Giancarlo Lotti con scrittura privata autenticata
del 3 luglio del 1985. Quindi, alla data del 3 luglio del 1985 il signor
Giancarlo Lotti non aveva più quella macchina precedente da lui posseduta, vale
a dire la Fiat 128 Coupé con targa FI D56735, di cui appare cessata la
circolazione in data 3 aprile del 1986.
Mi preme di spiegare le ragioni per le quali
io sono arrivato in possesso di questo documento, da cui appare la proprietà da
parte del Lotti di quest'auto fin dal luglio del 1985. La ragione per cui io
sono in grado di produrre questo documento soltanto adesso. E spiego la trafila
del come ci sono arrivato. A Roma esiste un Registro Automobilistico per cui io
do il nome di una persona e loro dicono tutte le auto che sono state intestate
e possedute da questa persona. Cosa impossibile da fare per esempio a Firenze.
Quindi io chiedo questa cosa e loro mi mandano questa attestazione da cui
risulta: Fiat 124 anno di immatricolazione 00/00/00.
Quindi ho fatto fare da questa agenzia
investigativa Falco di Lucca questo accertamento dal Pubblico Registro
Automobilistico di Firenze. Non c'era versi di cavarne nulla. Perché? Perché,
guarda la combinazione, in questa attestazione, cioè a dire in quel computer
centrale di Roma, non mancava solamente l'indicazione della immatricolazione ma
era sbagliata anche la targa. Nell’annotazione proveniente dal registro di Roma
conteneva un numero in più, un 2 in più. Ecco perché questa attestazione, che
riporta la scrittura privata autenticata con cui l'automobile viene trasferita
al signor Giancarlo Lotti e la data 03/07/85 mi perviene soltanto ora.
Dalle ricerche della Falco era emerso che al PRA di Firenze
il passaggio di proprietà a Giancarlo Lotti della Fiat 124 era stato trascritto
in data 26 novembre 1986, ma sulla base di una dichiarazione di vendita – il
classico documento che il venditore di un’auto usata firma davanti a un notaio,
dopo tanti anni finito al macero – del 3 luglio 1985. La qual cosa, secondo
Filastò, avrebbe dimostrato che Lotti era entrato in possesso di quell’auto ben
due mesi prima del delitto degli Scopeti!
In realtà la Falco aveva scoperto l’acqua calda, poiché l’informazione
era già stata recuperata dalla polizia e messa agli atti, come si desume dal
prospetto riepilogativo delle auto possedute da Lotti (qui), redatto il 29 agosto 1996 e allegato all’annotazione inviata
alla procura il 21 dicembre successivo. Vi spiccava chiaramente una
sovrapposizione di date: la 128 demolita il 19 marzo 1986 e la 124 acquistata
il 3 luglio 1985.
In ogni caso l’agenzia Falco aveva fatto anche di più, raccogliendo
da Roberto Scherma, nel 1985 datore di lavoro di Lotti nonché suo vicino di
casa, una testimonianza ritenuta importantissima:
In questo documento, dell'istituto
Investigazioni e Ricerche Falco, si fa riferimento anche al fatto che questi
signori hanno interrogato i coniugi Scherma. I coniugi Scherma sono gli ex
datori di lavoro del signor Lotti e si chiamano Roberto Scherma e la signora
Scherma, e figlio. Questi signori, interrogati da questi investigatori, sono in
grado di riferire come la 128 rossa del signor Giancarlo Lotti rimase
completamente ferma, bloccata davanti alla porta di casa del signor Lotti.
Finché un certo giorno arrivò una ruspa, mandata da un demolitore, che la
sistemò sopra un carro e la portò alla demolizione, dove poi naturalmente
successe quello che successe. Quindi, io chiedo l'acquisizione di questo
documento, che per me è sufficiente per affermare che alla data dell'8
settembre 1985 il signor Lotti non aveva la macchina rossa, la 128, bensì
questa altra automobile 124.
A quel punto, nonostante il parere contrario del PM e delle
parti civili, la difesa di Vanni riuscì a ottenere l’interruzione della
discussione in corso – era il momento delle parti civili – e l’ascolto di nuove
testimonianze, nonché l’acquisizione di altra documentazione.
Le spiegazioni di
Lotti.
Nell’udienza del giorno dopo, 17 marzo (vedi), la palla fu subito presa in mano da Stefano Bertini, difensore
di Lotti. Dentro un portadocumenti del suo assistito – il cui contenuto sembra
fosse già stato visto durante la perquisizione del 23 gennaio 1996 (vedi) ma non sequestrato – aveva recuperato tre certificati di
assicurazione, tutti della compagnia Allsecures Preservatrice:
- Fiat 128 rossa - Polizza 67053 - 20 marzo 1985 - 20 settembre 1985 (vedi)
- Fiat 124 blu - Polizza 68731 - 20 settembre 1985 - 20 marzo 1986
- Fiat 124 blu - Polizza 69395 - 20 marzo 1986 - 20 settembre 1986 (vedi)
I tre certificati parevano raccontare una storia molto
chiara: la 128 rossa risultava assicurata fino al 20 settembre, dopodiché al
suo posto era stata assicurata la 124 blu. Dal che si poteva dedurre che nel
giorno del delitto degli Scopeti, 8 settembre, la macchina circolante fosse la
128 rossa.
Oltre a presentare la nuova documentazione, Bertini annunciò la volontà del proprio assistito di fornire adeguate spiegazioni. E in effetti Giancarlo Lotti si sottopose di buon grado a un vero e proprio interrogatorio, prima da parte del presidente poi di tutti gli altri, PM, difesa Vanni e parti civili (vedi). I primi scambi furono con il presidente, che si dimostrò un pessimo interlocutore: tanta fatica faceva Lotti a spiegarsi quanta ne faceva lui a porre le domande corrette e a capire le risposte (qui l’audio completo, dal quale il lettore paziente e curioso potrà giudicare da solo). Il presunto pentito rese molto meglio nel confronto con Filastò, dove non risultò mai in difficoltà. Sostanzialmente la sua versione fu chiara: aveva visto questa Fiat 124 nell’officina Bellini, della quale era cliente e dalla quale aveva già acquistato la 128, gli era piaciuta e aveva chiesto di tenergliela da parte fino al momento in cui non avesse avuto in tasca i soldi per ritirarla:
Oltre a presentare la nuova documentazione, Bertini annunciò la volontà del proprio assistito di fornire adeguate spiegazioni. E in effetti Giancarlo Lotti si sottopose di buon grado a un vero e proprio interrogatorio, prima da parte del presidente poi di tutti gli altri, PM, difesa Vanni e parti civili (vedi). I primi scambi furono con il presidente, che si dimostrò un pessimo interlocutore: tanta fatica faceva Lotti a spiegarsi quanta ne faceva lui a porre le domande corrette e a capire le risposte (qui l’audio completo, dal quale il lettore paziente e curioso potrà giudicare da solo). Il presunto pentito rese molto meglio nel confronto con Filastò, dove non risultò mai in difficoltà. Sostanzialmente la sua versione fu chiara: aveva visto questa Fiat 124 nell’officina Bellini, della quale era cliente e dalla quale aveva già acquistato la 128, gli era piaciuta e aveva chiesto di tenergliela da parte fino al momento in cui non avesse avuto in tasca i soldi per ritirarla:
Gli dissi: lasciamela questa macchina, perché
quell' altra la un va più prenderò questa.
Io gli ho detto: se tu me la fermi questa
macchina la prendo io.
Mi rivolsi al Bellini, insomma, a quello
anziano che mi conosceva bene, gli dissi: se vu' me la fermate... se vu' me la
date a me bene, sennò quando arriva il giorno che la un c'è, prendevo un'altra
macchina. E invece me la lascionno a me.
Sempre a suo dire, arrivato il momento in cui stava scadendo
l’assicurazione della 128 (attorno al 20 settembre 1985), Lotti era andato in
officina con il proprio principale, Roberto Scherma. Questi aveva consegnato ai
Bellini un assegno di 800 mila lire per suo conto, soldi che poi gli sarebbero
stati detratti mese mese dalla busta paga. E l’auto fu sua.
Lotti: Aspetti un momento.
Perché io la macchina, prima di prendila l'era bell'e assicurata, però i soldi
io subito unn'avevo. Allora parlai con Scherma e allora Scherma mi disse: “Sì,
si va su e si va, la sera... la sera”. Era bell'e pronta la macchina,
assicurata, bollo e tutto. Si va su e Scherma gli fa l'assegno e gliene dà a
questa persona, a questo Gino.
Filastò: Ah, l'è stato
Scherma a pagare?
Lotti: Due macchine m'ha
pagato Scherma: il 128 e il 124.
Filastò: Con un assegno.
Lotti: Con un assegno di
800.000 lire.
Filastò:
Benissimo.
E quando è stato fatto questo pagamento?
Lotti: Questo, preciso il
giorno come fo a ricordammi?
(Audio)
Filastò: Dunque... Ecco, e
questa cosa qui, lei, però, non si ricorda quando è avvenuto questo pagamento.
Il giorno non se lo ricorda. Il mese se lo ricorda?
Lotti: Come fo a
ricordammi il mese, è passato parecchi anni.
Filastò: Fatto il pagamento
lei è salito sulla macchina e se n’è andato.
Lotti: Gl'era di sera, un
lo so, se gl'era di venerdì o sabato, un mi ricordo di preciso.
Filastò: No, ma voglio
dire, una volta effettuato questo pagamento, lei è montato su questa macchina,
sì o no?
Lotti: Mah, la macchina
l'era bell'e assicurata, potevo anda' via...
Filastò: Eh, assicurata e
tutto. Lei è salito sulla macchina?
Lotti: Sì.
Filastò: Ed era la prima
volta che ci montava sopra?
Lotti: Prima un la potevo
pigliare perché se un c'era pagata rimaneva lì ferma.
Filastò: Come? Se...?
Lotti: Se un pagavo la
macchina, rimaneva lì ferma. O un gliel'ho spiegato? Io un capi... un lo so.
Più chiaro che così.
Filastò: Rimaneva lì ferma,
dove?
Lotti: Fori dall'officina
era.
Filastò: Fuori
dall'officina. Molto bene.
Lotti: Pronta. Però se
uno un paga la macchina...
Lotti asserì dunque di essere entrato fisicamente in
possesso dell’auto soltanto dopo la consegna ai Bellini – nelle mani di Gino
Coli, meccanico e marito di Mery Bellini, sorella di Franco – dell’assegno di
800 mila lire da parte di Roberto Scherma. In effetti la cosa appare del tutto
plausibile, e in una certa misura prescinde dal momento in cui il precedente
proprietario era andato dal notaio a firmare l’atto di vendita, del quale Lotti
asserì di non sapere nulla.
Presidente: Questa 124, quando gliel’hanno data a lei?
Lotti: Quando gli era
pronto l'assicurazione per prenderla. Il 20, il 20.
Presidente: Perché ha fatto un
contratto del 3 luglio '85?
Lotti: Icché c'entra? Il
luglio '85 un c'entra niente.
Presidente: Ha firmato lei.
Lotti: Ma in dove l'ho
firmato io? Io unn'ho firmato.
PM: É il venditore che
firma. Non c'è la firma dell'acquirente.
Lotti: Io da il Bellini a
San Casciano.
Presidente: Aspetti. Lei,
questa macchina da chi l'acquistò, la 124?
Lotti: Da i' Bellini a
San Casciano.
Presidente: E questa macchina
di chi era?
Lotti: Era la macchina
di… un lo so, se l'era tedesca, di questo che l'aveva prima. Però l'era targata
Firenze.
Presidente: Sì, va bene.
Firenze. Era di una tedesca o di un tedesco?
Lotti: Però io co' il
Bellini, un ho firmato niente.
Filastò: Lotti, ora lei ci
deve spiegare a che cosa serviva quel contratto... quel contratto, quell'atto
che a noi ci risulta.
Lotti: E dai con quel
contratto! Io un ho fatto un contratto di nulla.
Filastò: Lei un l'ha fatto,
benissimo. Lei non sa nemmeno che esisteva?
Lotti: Un l'ho fatto un contratto.
Ma lei, avvocato, dice: dai il contratto. Ma perché la insiste su questo qui?
Io il contratto un ho fatto niente.
Filastò:
Io
l'ho già pregata, signor Lotti, di smetterla di far le domande a me. Sono io
che le faccio a lei, lo vuol capire?
Lotti: Ma scusi, la
insiste sul contratto, e che contratto c'è?
Filastò: La domanda a
questo punto abbastanza inutile, comunque io gliela faccio. Lei sa
dell'esistenza di questa scrittura privata autenticata in cui il signor
Schwarzenberg trasferisce questa macchina a lei?
Lotti: Come trasferisce?
Io l'ho presa da Nandino. Il Bellini. Ma io l'ho presa dal meccanico, icché
c'entra.
Filastò: Si, ma lei sa
dell'esistenza di un atto con il quale questo signore dice che l'ha venduta a
lei?
Lotti: Mah, questo di che
mese l'è?
Filastò: Gliel'ho bell'e
detto: è del 3 di luglio del 1985.
Lotti: Di luglio? Che di
luglio?
Filastò: Di luglio, di
luglio.
Lotti: No.
Filastò: C'è scritto così
nel Pubblico Registro.
Lotti: Ma che macchina,
il 124?
Filastò: La 124.
Lotti: O non l'ho già
spiegato quande l'ho presa io. Il 20/09/85.
Filastò: Ma la domanda non
è questa. Io volevo sapere se lei sapeva dell'esistenza di questo atto con il
quale questo tedesco...
Lotti: No io un so
niente.
Filastò: Oh. Non ne sa
niente. Senta, però formalmente, da un punto di vista formale, a partire dal 3
di luglio dell'85 questo signore ha dichiarato di averla venduta a lei la
macchina?
Lotti: No, la macchina
l'era ferma da Nandino. Io un l'ho presa.
Che della dichiarazione di vendita firmata dal precedente
proprietario Lotti non ne sapesse niente appariva perfettamente normale. Si
trattava infatti di un’operazione per la quale non erano richieste né la sua
presenza né la sua firma. I Bellini avevano svolto il ruolo di intermediari e
si erano occupati di tutte le pratiche, tra l’altro con il loro legittimo
guadagno, visto che al venditore erano andate soltanto 400 mila lire delle 800
incassate. Quindi Lotti nulla sapeva del signor Karl Schwarzenberg. A far testo
sull’effettiva presa di possesso dell’auto era la consegna dell’assegno da
parte di Roberto Scherma ai Bellini, che logica vorrebbe fosse avvenuta nei
giorni vicini a quello di firma del documento di vendita da parte di Schwarzenberg.
La data precisa Lotti diceva di non ricordarsela, ma in ogni caso la collocava
molto più tardi del 3 luglio, in concomitanza con il passaggio della polizza
assicurativa dal 128 al 124, avvenuta secondo lui – e in accordo con i
certificati presentati dal suo difensore – il 20 settembre.
Presidente: Questa 124, quando gliel’hanno data a lei?
Lotti: Quando gli era
pronto l'assicurazione per prenderla. Il 20, il 20.
Presidente: E la macchina, lei
l'ha avuta quando? Nel settembre l'ha avuta, ha detto prima, o no?
Lotti: A settembre, sì.
Presidente: Del '96. Dell'86,
cioè, dell'85.
Lotti: No, quando rigirai
l'assicurazione da quell’altra.
Filastò: Può essere che lei
sia andato qualche giorno o qualche volta in giro con la 124 senza
assicurazione?
Lotti: No, questo gl'è
impossibile.
Filastò: Impossibile
perché? Ce lo vuol dire?
Lotti: Perché l'è
assicurata dal 20 settembre dell'85.
Filastò: Si, è assicurata,
dal 20 settembre, ma prima evidentemente non era assicurata.
Lotti: Eh, ma io prima di
qui' giorno un l'avevo la macchina, quella lì. Io ho preso la macchina... l'ho
assicurata, qualche giorno prima o due o tre un me ne ricordo. Io l'ho presa
quande proprio l'era intestata a me.
Filastò: Di questo è
sicurissimo: che con la 124 senza assicurazione non è mai andato in giro. E
nemmeno in precedenza con altre macchine era mai andato in giro senza
assicurazione?
Lotti: Mai.
Filastò: Mai? Con la 128 sì,
però, l'ha detto al Pubblico Ministero.
Lotti: Una volta... Un
potevo mica gira' tanto con la 128 senza assicurazione , io un credo. Se ti
fermano...
I testimoni. Alla ricerca di chiarimenti,
dopo Lotti vennero ascoltati vari testimoni. Il primo fu il titolare
dell’officina Bellini, Franco Bellini (vedi), figlio del fondatore Ferdinando, il Nandino nominato da Lotti.
La sua deposizione fu però del tutto inutile, poiché dichiarò di non
rammentarsi nulla della 124 (“Quello, guardi, io, assolutamente non me lo ricordo. Il 124
che ha preso dopo non mi ricordo nemmeno di che colore era, onestamente”). In realtà Franco Bellini fu
soltanto il primo di una lista di testimoni che parevano aver cancellato dalla
loro memoria ogni ricordo di quella macchina. Più avanti torneremo sul tema in
dettaglio.
Più interessante fu la deposizione di Karl Schwarzenberg (vedi), che confermò di non aver mai visto Giancarlo Lotti.
Presidente: Noi vogliamo
sapere di una 124 che lei aveva e che poi ha affidato all'officina Bellini per
la vendita. Ecco, come è avvenuto questo fatto?
Schwarzenberg: Dunque. È stato un
quattordici, quindici anni fa che mia
figlia è venuta ad abitare con noi a Castelbonzi, ed ho acquistato per lei una
macchina. E mia figlia l'ha guidata per un anno, circa, e poi è tornata in
Austria. Non è più ritornata da quel tempo e così l'ho venduta e l'ho affidata
al garage Bellini di San Casciano per venderla. E so che c'è voluto parecchie
settimane, perché trovasse un acquirente. Lui mi telefona e dice: “L'abbiamo
venduta, vada all'ACI di San Casciano per firmare il contratto di vendita”.
Cosa che ho fatto. E poi gli chiedevo i soldi e non ho più sentito parlare di
questa macchina.
PM: Quando andò a
firmare, questo signor Lotti non era presente?
Schwarzenberg: No, no. Ho trovato
il foglio e ho firmato un foglio soltanto all'ACI, ma non c'era nessuno.
Insomma, non l'ho visto di persona.
Il lettore faccia caso alle modalità con le quali Schwarzenberg
andò a firmare l’atto di vendita: i Bellini gli telefonarono dicendogli di
andare all’ACI di San Casciano e lui andò. Non pare insomma che ci fosse stato
alcun impedimento a quella firma, che dunque dovette essere avvenuta a ridosso
della telefonata stessa.
Altra informazione importante: non ricordava la data, ma in
ogni caso Karl Schwarzenberg si era preoccupato di disdire la propria
assicurazione (c'è da scommettere che si fosse subito portato via il tagliando sul parabrezza). Quindi in officina era rimasta un’auto che non avrebbe potuto
circolare, se non – ma entro determinate condizioni – con una targa “Prova”.
Presidente: Quando lei ha
affidato la macchina al garage Bellini per la vendita, la macchina era sempre
coperta da assicurazione?
Schwarzenberg: Era coperta almeno
fino al momento del passaggio. Adesso non mi ricordo esattamente, so che ho
telefonato alla Compagnia per dire: “La macchina è venduta, dunque, scade
l'assicurazione. Insomma, finisce il contratto”.
Presidente: Allora ha
telefonato quando è andato all'ACI per firmare, quando ha preso i soldi? Si può
ricordare un po'?
Schwarzenberg: Non mi ricordo
quando l'ho fatto; ma so che mi premeva di farlo, perché quello che spesso
succede è che chi continua a guidare, poi arrivano delle contravvenzioni perché
ha parcheggiato male. Poi arrivano le multe al vecchio proprietario. Dunque, la
prima cosa che fa è di...
Presidente: Di mettere tutto
regolare.
Schwarzenberg: Ma la data
precisa, onestamente, non gliela so dire.
Attenzione! Prima
di proseguire è necessario premettere che erroneamente su Insufficienza di
prove le successive deposizioni sono accreditate al 18 marzo, però sono anch’esse
del 17, come risulta dal sito di Radio Radicale, vedi.
Dopo la sospensione per il pranzo, riprese la sfilata dei
testimoni. Il primo fu Gino Coli (vedi), marito di Mery Bellini e meccanico dell’officina, la
persona alla quale era stato consegnato l’assegno da Roberto Scherma. E come il
cognato, anche lui parve non ricordarsi nulla di quella Fiat 124 blu. Dell’informazione
più importante, la data di consegna dell’assegno e del conseguente rilascio
della macchina a Lotti, non aveva la minima idea. Riguardo l’assicurazione, sul
perché fosse partita il 20 settembre 1985 a fronte di una dichiarazione di
vendita datata 3 luglio non seppe dare spiegazioni, mentre fu categorico
nell’escludere che un’auto potesse uscire dall’officina senza essere stata
prima assicurata. Fece anche un timidissimo cenno all’attività della moglie,
affermando che “qualche volta era in contatto e faceva delle assicurazioni
con questa compagnia qui”. In realtà lo faceva molto più di qualche volta, e il fatto che
Coli non lo avesse detto lascia molte perplessità.
Il successivo testimone fu Roberto Scherma (vedi), l’ex datore di lavoro di Lotti che aveva dato l’assegno a
Coli. Anche la sua memoria si dimostrò poco viva. Confermò l’episodio
dell’assegno, ma disse di non ricordare nulla della data.
Presidente: Quando lei ha
pagato, la macchina l'avete ritirata subito?
R.Scherma: Sì, io mi ricordo
che siamo andati assieme e questi soldi o gliel'ho dati subito al meccanico,
sennò gli ho detto: ‘Te li do io, la macchina gliela puoi Darè, ecco. O glieli
diedi subito, un me lo ricordo, diciamo, se questi soldi io gliel'ho dati lì
per lì.
Presidente: Comunque, è andato
insieme al Lotti...
R.Scherma:
Insieme
a Lotti e io ho detto, questi soldi...
Presidente: E sta dicendo, la
macchina l'ha ritirata la stessa occasione, oppure è andato dopo a ritirarla?
R.Scherma: Ma io penso che
sia andato dopo, però, perché io ci sono andato di furia, così, perché lui
dice: 'Bisogna che vieni te, sennò la macchina un me la dà, io i soldi non ce
li ho, poi me li ritiri', e via discorrendo.
Dopo Roberto Scherma, toccò al figlio Luigi. Da lui gli
avvocati di Vanni si aspettavano una testimonianza importante riguardo il destino
della 128 dopo l’acquisto della 124. Lo aveva preannunciato in apertura
d’udienza Antonio Mazzeo, che, a suo dire, avrebbe raccolto dall’uomo una clamorosa dichiarazione
(vedi):
Mazzeo: Io e il collega
Filastò, nel pomeriggio di ieri, ci siamo recati in San Casciano, località
Ponte Rotto, via di Lucciano numero 20, presso la draga dove il Lotti, per sua
stessa dichiarazione reiterata, ha lavorato alle dipendenze dei signori Scherma
dal 1981 al 1988, abitandovi anche. Lì abbiamo avuto un colloquio col signor
Luigi Scherma, quale persona informata dei fatti, il quale ha fornito una serie
di indicazioni estremamente importanti con riferimento a questa fase di
indagine che è stata questa dell'ordinanza di questa Corte. Noi abbiamo
raccolto a verbale, previsto dalla legge, queste informazioni. Il verbale che
abbiamo redatto ve lo leggo, perché va al di là di ogni commento; poi valuterà
la Corte sotto il profilo dell'ammissione delle richieste di prova che poi vado
a fare.
“Nei locali della draga del Ponte Rotto,
davanti a noi, avvocato Antonino Filastò e avvocato Antonio Mazzeo,
rispettivamente del Foro di Firenze e di Pistoia, è presente il sopramenzionato
Luigi Scherma, il quale ci dichiara quanto segue:
'Conosco da molti anni il signor Giancarlo
Lotti, il quale, nel 1985, lavorava presso la draga dei miei genitori situata
in San Casciano, località Ponte Rotto, via di Lucciano'
Presidente: Avvocato, però ci
dica questa cosa.
Mazzeo: In sostanza,
questo signore è in grado di confermare alla Corte – evidentemente, se verrà
ammesso come testimone – che nel luglio del 1985 il Lotti acquistò
effettivamente una 124 blu usata, va bene, con la quale cominciò a girare. La
128 rossa coupé, coda tronca, eccetera, che effettivamente aveva in precedenza,
da mesi era davanti casa sua, lì in via di Lucciano, inutilizzata al punto tale
che mancavano anche i pneumatici. Quindi questo signore è in grado di confermare
questa circostanza che a me pare molto rilevante, proprio con riferimento alla
vostra ordinanza.
Le cose non stavano proprio come aveva anticipato Mazzeo, e
più di tanto Luigi Scherma non disse (vedi). Di sicuro non fornì indicazioni sulla data in cui Lotti
iniziò a circolare con la 124:
Presidente: Senta, nell'85 che
macchina aveva il Lotti, se lo ricorda?
L.Scherma: Siccome ha
cambiato molto spesso le auto, l'85 non ricordo. Ricordo tutte le auto che ha
avuto.
Presidente: E che auto ha
avuto?
L.Scherma: [Elenca le prime
auto, poi] Dopodiché ha avuto una 128 coupé rossa. Dopo di questa ha avuto
un'altra 124 berlina, colore blu.
Presidente: Cosa gli ricorda,
più o meno, l'epoca in cui ha avuto questa 124 blu?
L.Scherma: Mah... niente di
particolare.
Presidente: Questa macchina
pare che l'abbia pagata suo padre.
L.Scherma: Sì, mi sembra che
fu agevolato da mio padre. Il pagamento non ricordo come fu effettuato. Fu un
concessionario di San Casciano a cedere questa macchina.
Presidente: E nulla può dire
di queste modalità di acquisto? Quando è avvenuto, quando non è avvenuto,
quando è avvenuta la consegna della macchina...
L.Scherma: No, questo no.
Questo forse mio padre, se ci pensa, glielo sa dire.
E sul lungo periodo, mesi secondo Mazzeo, in cui la 128
sarebbe rimasta ferma non funzionante sul piazzale davanti casa di Lotti,
addirittura senza ruote?
Presidente: Può localizzare
nella sua mente quando è venuta la macchina, ha visto la macchina, la 124
davanti a casa lì, vostra? Blu, la macchina 124 blu.
L.Scherma: Cioè, voleva
sapere?
Presidente: La 128 ce l'aveva
ancora, non ce l'aveva, era funzionante, non funzionante... Insomma, tutto
quello che sa di questa macchina.
L.Scherma: All'acquisto della
124 blu, la 128 era ferma davanti alla sua casa. Che, non so, era guasta. É
rimasta ferma per un mese, un mese e mezzo, davanti alla sua casa, che negli
ultimi giorni aveva tolto le gomme, ricordo. E poi venne il rottamista e portò
via tutto.
Sostanzialmente Luigi Scherma confermò quello che aveva
detto poco prima il padre: “Mah, un po' di tempo c'è stata, un so, un
mese, due mesi”.
E le gomme Lotti le aveva tolte soltanto pochi giorni prima che la macchina
venisse portata via dal demolitore nella speranza di poterle usare sulla
macchina nuova. Si tenga presente che, da casa loro, gli Scherma avevano la
visione completa del piazzale dove lui parcheggiava le sue auto.
E qui è il caso di aprire una parentesi. Nel libro Storia delle merende infami su questo
argomento Filastò avrebbe dichiarato il falso, o perlomeno qualcosa di ben
diverso da quanto era stato detto in tribunale. E purtroppo gli odierni
appassionati di bocca buona – quasi tutti – credono che la storia vera sia
quella del libro. Eccola:
Per farla breve, i signori Scherma, padre e
figlio, mi confermano la circostanza che mi era apparsa dalla fredda registrazione
del registro automobilistico. Mi precisano che un'auto posseduta da Lotti,
appunto una 128 rossa Fiat, già nel 1985 non era più funzionante. Lo stesso
Lotti l'aveva abbandonata davanti alla casa colonica da lui abitata, dopo
averne asportato le ruote, tanto che la macchina rossa si sosteneva su quattro
pile di mattoni.
DOMANDA DEL DIFENSORE: “Il mese, per piacere,
dell'anno 1985. M'interessa il mese a partire dal quale l'auto fu immobilizzata
dal vostro operaio, asportandole le ruote e collocandola sulle pile di sostegno”.
RISPOSTA: “Una parola! Sono passati dodici
anni. Chi può ricordarsi la data precisa?”
Tuttavia i due Scherma ricordano benissimo che
quella vecchia auto, già usurata al tempo dell'acquisto, a un certo punto
lasciò Lotti a terra, non camminava più, rimase alcuni mesi davanti alla casa
abitata a titolo di cortesia, inamovibile, sui mattoni, finché il
carro-attrezzi dello 'sfattino', cioè del demolitore, non venne a portarsela
via.
Luigi Scherma fu l’ultimo a testimoniare. E dopo la sua deposizione
il problema rimaneva sempre quello: in che data Lotti aveva ritirato la Fiat
124 dall’officina Bellini? La scrittura privata del venditore, datata 3 luglio
1985, era soltanto indicativa, poiché l’auto poteva essere rimasta in officina
ancora tanto tempo prima di venir consegnata, magari in attesa del pagamento. In
effetti la prova definitiva risiedeva proprio nella data in cui Roberto Scherma
aveva consegnato l’assegno di 800 mila lire nelle mani di Gino Coli, dando così
modo a Lotti di portarsi via l’auto. Ma nessuno aveva potuto dire quando, e stranamente
– e colpevolmente – nessuna ricerca venne effettuata presso le relative banche
per verificare sia l’estratto conto degli Scherma sia quello dei Bellini. Tra
l’altro è bene che il lettore noti un fatto importante: fu Lotti stesso a raccontare del pagamento
tramite assegno, e a dichiararsene sicuro a precisa domanda di Filastò, il
quale ne fu molto contento, poiché avrebbe potuto verificare la data
dell’operazione: “Questa è una cosa ottima che c'ha detto,
perché così possiamo sapere quando è avvenuto”. Quindi
Lotti avrebbe fornito all’avvocato di Vanni uno strumento per scoprire la
propria menzogna, anche se non risulta che poi questi ne abbia approfittato.
In ogni caso i giudici non ebbero dubbi, e a fronte delle
incertezze delle testimonianze fecero affidamento sui certificati di
assicurazione consegnati dal difensore di Lotti. Dalla sentenza:
Sicché, sulla base delle predette risultanze,
deve escludersi che il Lotti abbia avuto la disponibilità della FIAT 124 prima
del 20 settembre 1985, essendo la copertura assicurativa di tale auto iniziata
alle ore 24 di tale data ed essendo stato il teste Coli categorico
nell'escludere che l'auto potesse essere stata consegnata al Lotti prima del 20
settembre, senza copertura assicurativa.
D'altra parte, se il Lotti avesse avuto la
consegna della FIAT 124 al momento del suo acquisto o comunque prima del 20
settembre 1985, non avrebbe avuto alcun motivo per conservare la copertura
assicurativa anche sulla FIAT 128, tenuto anche conto del fatto che costui, dal
momento in cui ha avuto la materiale disponibilità della FIAT 124, ha usato
solo quest’ultima auto e non più la FIAT 128, come ha riferito sul punto anche
il teste Scherma Roberto […]
Sicché si deve escludere che il Lotti, alla
data dell'8 settembre 1985, non abbia avuto più l'uso della FIAT 128 coupé, auto
che ha invece usato tranquillamente, in modo “regolare”, fino al momento del
ritiro della FIAT 124, non avvenuto sicuramente prima del 20 settembre 1985.
Segue
Segue
Per amore di precisione, l'uomo più alto visto da Marcella De Faveri, secondo i ricordi della donna era più snello dell'altro. Così disse al processo. Dai filmati e dalle fotografie si direbbe che Pucci, oltre che più basso, fosse anche più magro di Lotti. Sulla scarsa memoria dei testimoni, potrebbe dipendere dal timore di influenzare l'esito processuale della vicenda. Vedi il caso di Luigi Scherma, che disse meno di quanto preannunciato da Mazzeo.
RispondiEliminaAttaccarsi a elementi del genere porta poco lontano. Credo che un ricordo fotografico per un avvistamento di qualche secondo di 10-12 anni prima sarebbe sospetto (tipo quelli di Pacciani in autostrada). L'unica sarebbe stata di chiedere ai due un riconoscimento diretto, ma non fu fatto.
EliminaPersonalmente, in presenza di tutti gli elementi che dicono che erano i due compari - e chi altri? - non ho dubbi.
Ciao Antonio, sempre sui due personaggi visti dai coniugi, he hanno spostato tutto il pomeriggio della domenica in prossimità della piazzola: trovare una spiegazione è davvero difficile. Mi sembra del tutto improbabile che i due, chiunque fossero, non sapessero che lì c'erano due cadaveri. Come ho già scritto altre volte, per me nell'ambiente dei guardonj la voce si era ormai sparsa. A mio avviso la domenica c'erano già diverse persone a conoscenza del fatto che li vi era stato un delitto, probabilmente del mostro. Per me è difficile che nessuno sia andato lì a curiosare, anche solo per vedere se le voci erano vere. Ma restare ore intere vicino a dei cadaveri era ovviamente molto rischioso. Per un innocente. Figuriamoci per un colpevole. Nel caso quei due fossero proprio Lotti e Pucci, e c'è una buona probabilità che lo fossero, perché restare tutto quel tempo lì? Lo so che mettersi nei panni degli altri è difficilissimo, se non inutile, e che la logica in questa vicenda forse non ci è mai stata, ma il rischio che correva Lotti era oggettivo. Sia fosse stato colpevole che innocente. Perché secondo te avrebbe rischiato di essere presente alla scoperta dei cadaveri e perdere quella che era stata, in caso di sua colpevolezza, la sua arma migliore, ovvero l'essere totalmente sconosciuto agli inquirenti?
EliminaPerché ormai, avendo finito di uccidere, riteneva di essere al sicuro, o comunque di correre un rischio non abbastanza forte da impedirgli di godere delle ultime emozioni.
EliminaSi potrebbe pensare a un piccolo delirio di onnipotenza, perché no?
Avrei alcune considerazioni da fare, ma credo sia più utile e corretto attendere il seguito.
RispondiEliminaDi questa prima parte mi ha colpito l'acuta osservazione sul pagamento effettuato da Roberto Scherma tramite assegno: in effetti è strano che la difesa di Vanni non sia riuscita a scoprire quando avvenne il pagamento. O forse lo ha fatto e ha preferito tenerlo per sé, non ritenendo vantaggioso divulgarlo? (come potrebbe essere accaduto con un'altra fatidica data, quella in cui lo sfasciacarrozze venne a ritirare la 128).
Vedrà quante altre stranezze! Certo, per vederle bisogna aprire gli occhi e mettere a fuoco lo sguardo un po' più lontano della punta del proprio naso... Certe volte mi chiedo se davvero sia così difficile, soprattutto quando si ha sottomano sufficiente documentazione, come in questo caso.
EliminaGrazie Antonio, come sempre porti chiarezza nel caos di questa leggendaria vicenda.
RispondiEliminaGrazie a te Riccardo. Vedrai quando anche la terza parte sarà giù di quanto si sia discusso per anni sul nulla, prima da parte di giudici e avvocati, poi di frequentatori dei social. Ma credi che questo basterà a mettere la parola fine a quel nulla? Purtroppo no, vedi per esempio Baccaiano e mostro alla guida sì mostro alla guida no.
EliminaMi sento in obbligo di premettere che ho molta stima di lei, dottor Segnini. Ha capacità d'intelletto e di scrittura davvero non comuni. Credo che ad oggi, tra gli studiosi del caso (tra ex investigatori mediocri e documentaristi che godono di una pubblicità sconsiderata e di un credito tra gli appassionati a mio avviso assolutamente ingiustificato), solo Omar Quatar le possa tener testa. Mi sento in obbligo di dirlo perché non vorrei dare l'impressione di essere un fastidioso punzecchiatore. Ma lei capisce che le sue ipotesi, mai banali, sono sempre molto ardite e quindi si prestano a interventi critici. Non crede che i vuoti di memoria dei tanti personaggi citati si possano ricondurre alla difficile posizione in cui si sono trovati? Voglio dire che a me sembravano tutti imbarazzati, a disagio, nel timore di influenzare una vicenda delicatissima. Prendiamo il caso di Tartagli. Se avesse avuto la coscienza sporca, non pensa che gli sarebbe convenuto affrettarsi a confermare l'incidente e la lettera all'assicurazione anziché balbettare penosamente rischiando di far nascere sospetti in seno alla Corte? Scrivo qui ma ho letto anche la seconda parte. Giorgio
RispondiEliminaConviene che legga anche la terza.
EliminaMi scusi lei dice che sicuramente Lotti non ha avuto in uso la 124 prima del 20 settembre 1985…cosa pensa di quello che dice l’avv Mazzeo che ha scoperto che con la 124 Lotti fece incidenti nei mesi precedenti il settembre 1985?
RispondiEliminaSe si legga anche le altre due parti troverà la risposta.
EliminaScusa Antonio ma secondo te cosa sarebbe successo se Lotti, in dibattimento, avesse ammesso di aver mentito sull'auto rossa?
RispondiEliminaNon ho capito bene, dici se avesse negato di averne avuto la disponibilità a Scopeti?
EliminaSe ad un certo punto avesse ritrattato di avere in disposizione la macchina rossa? Se avesse detto: 'Ok, è vero, a settembre avevo solo la blu, ho mentito'.
RispondiEliminaNon mi ci metto neppure a immaginare cosa sarebbe successo! Chi lo sa...
EliminaTe l'ho chiesto perché chi vede un Lotti innocente sostiene che seguì il consiglio del proprio avvocato di non ritrattare perché a quel punto sarebbe stato condannato comunque ma avrebbe perso lo status di collaboratore. A me sembra un discorso un po contorto... Che ne pensi?
RispondiEliminaQuando uno deve far tornare i suoi conti si attacca a tutto. Lotti innocente che in appello, in accordo con il suo avvocato, difende la sua colpevolezza a fronte della possibilità di ritrattare fornitagli dalla difesa Vanni è del tutto assurdo. Bertini non sarà stato uno stinco di santo, ma dentro una situazione del genere è davvero difficile vedercelo.
Elimina"Quando uno deve far tornare i suoi conti si attacca a tutto."[cit]
RispondiEliminaTipo... tipo sostenere che Lotti conoscesse la Locci e/o ne fosse invaghito e che l'abbia seguita fino al sdc?
Ed ancor più che:
il Lotti-invaghito-della-Locci che vede il soggetto del suo desiderio venire ucciso proprio davanti ai suoi occhi:
invece che chiamare i Carabinieri e cercare di dare una mano a far prendere l'assassino della sua sognata:
avrebbe raccolto un pistola sporca di duplice omicidio ?
conun pò di buona volontà... 1+1=428
Il parolatore seriale all'opera.
Eliminail "parlatore seriale"[cit]: constata.
EliminaSecondo me Lotti era talmente ritardato che quella sera provò a chiamare i carabinieri ma li scambiò per gli alieni atterrati al campo sportivo!
RispondiElimina"Secondo me Lotti era talmente ritardato che quella sera provò a chiamare i carabinieri ma li scambiò per gli alieni atterrati al campo sportivo!"[cit]
RispondiEliminaMolto interessante come una simile frase sia stata in grado di snocciolare, uno per uno, i riscontri (almeno indiziari)al:
- Lotti che avrebbe conosciuto la Locci
e/o
- Lotti che sarebbe stato invaghito della Locci
e
- Lotti che avrebbe seguito la coppia Locci Lo Bianco la notte del duplice delitto
Una esposizione davvero granitica di elementi incontovertibili