Abbiamo visto che, prendendo a
destra in uscita dalla piazzola come era stato fatto nel sopralluogo del 12 marzo, non esisteva alcuna strada in grado di aggirare il
passaggio a livello. Considerati gli sviluppi successivi, si può a ragion
veduta ipotizzare che, dopo quel deludente sopralluogo, Giuttari si fosse messo
alla ricerca di nuovi spunti per una possibile soluzione alternativa. L’astuto
poliziotto era quindi tornato a scartabellare tra i documenti trascurati dalla
precedente inchiesta, trovando una relazione del PM datata 2 dicembre 1992 e un
verbale d’interrogatorio di due giorni dopo relativi a un’interessante
testimonianza, quella di Maria Grazia Frigo. Dai due documenti risultava che la
signora aveva telefonato a Canessa affermando di aver incrociato la notte del
delitto di Vicchio, su una stretta strada di campagna vicina alla piazzola,
un’auto rossa lanciata a folle velocità che per poco non era andata addosso
alla sua. Lo spericolato guidatore altri non sarebbe stato che Pietro Pacciani,
riconosciuto da una foto vista su un giornale.
Perché la Frigo non era stata
chiamata a deporre al successivo processo? Per le poco tranquillizzanti
modalità del riconoscimento, si potrebbe immaginare, avvenuto su una foto di giornale dopo un fuggevole incontro “automobilistico” nel buio di una notte di ben otto anni prima. A dire il vero, però, diversi altri testimoni invece convocati non avevano offerto molto
di più. Quindi, più probabilmente, la testimonianza della donna era stata scartata poiché Pietro Pacciani non aveva mai
posseduto l’auto rossa della telefonata, tra l’altro divenuta semplicemente
scura nel successivo interrogatorio (come si sa, quella del contadino era bianca). In ogni modo la Frigo si era avvilita e
aveva protestato più volte per telefono, ma era stata liquidata con l’invito a
mandare una lettera al Presidente del tribunale. Al che aveva rinunciato.
A Giuttari la testimonianza era
apparsa importantissima. Il punto dell’avvistamento (F) era situato lungo una
strada di campagna il cui imbocco si raggiungeva entro poche centinaia di metri
uscendo a sinistra dalla piazzola, e che era idealmente collegabile a quella
dell’avvistamento Martelli-Caini attraverso il raggiungimento di San Martino a
Scopeto. Anche gli orari grosso modo quadravano (23.45 Frigo, 23.30-24
Martelli-Caini), quindi il misterioso ingresso della deviazione di Pacciani per strade di campagna
poteva diventare proprio quello. In più la presenza di un cavalcavia (C) che
oltrepassava la linea ferroviaria avrebbe consentito di evitare il passaggio a
livello, quindi la motivazione addotta da Giancarlo Lotti assumeva un senso.
Maria Grazia Frigo era stata
interrogata da Giuttari il 26 marzo 1996, un paio di settimane dopo il
sopralluogo del 12 durante il quale, evidentemente, il poliziotto ancora
ignorava la sua testimonianza del 1992, tantoché non aveva condotto Lotti sul
posto. Per poter agganciare l’avvistamento Martelli-Caini c’era però qualche problema, poiché, rossa o scura che fosse, la
Frigo aveva visto un’auto soltanto, e anche se la guidava Pacciani, non era la sua. Ma la teste aveva dimostrato una notevolissima
disponibilità ad arrotare i propri ricordi, e di fronte alle domande dell’investigatore
aveva adattato il proprio avvistamento al nuovo scenario multiplo: non più una
sola auto ma due, davanti una Ford Fiesta bianca come quella di Pacciani e
dietro un’auto rossa a coda tronca come quella di Lotti. E stavolta Pacciani
guidava la bianca! L’altro guidatore, che seguiva a una distanza di circa
duecento metri, come per evitare l’incontro con l’auto della Frigo aveva
compiuto una strana manovra buttandosi dentro una strada laterale.
Gli aggiustamenti del racconto originario erano proseguiti tre giorni dopo, in occasione di un sopralluogo sulla strada degli
avvistamenti: da una foto la testimone quasi aveva riconosciuto anche il
guidatore dell’auto rossa, la cui capigliatura e corporatura corrispondevano a
quelle di Lotti. In più la medesima auto e il medesimo personaggio la signora
li avrebbe visti, il giorno prima del delitto, imboccare una stradina che portava
vicino alla scena del crimine, mentre nel successivo Ferragosto avrebbe notato
Pacciani aggirarsi, a bordo di una Fiat 126 verde, attorno alla casa dei propri
parenti guardandola male!
Non c’è bisogno alcuno di
rimarcare l’inaffidabilità di una testimonianza come questa: Maria Grazia Frigo era evidentemente disposta a venire
incontro a ogni esigenza del proprio interlocutore – un fenomeno involontario purtroppo sempre in agguato in questi casi – al quale per primo sarebbe
spettato valutare con estrema prudenza le sue dichiarazioni. Ma per Giuttari la
signora era una testimone preziosa, e quanto lo avrebbe dimostrato durante la propria
deposizione del 23 giugno 1997 (vedi), quando non avrebbe lesinato alcuna lode per accreditarla:
La signora è molto precisa ha una memoria devo
dire formidabile, ed è stata molto, molto precisa. […] Vedremo che è una
testimone che mi ha impressionato veramente in una maniera eccezionale,
positivamente e che devo dire, quando l'ho sentita, era mortificata perché non
era stata quasi creduta nel '92, quando si era presentata spontaneamente.
I giudici di primo grado non si lasciarono
convincere, né dalle iperboli di Giuttari né dalla colorita deposizione della
stessa Frigo (7 luglio 1997, vedi), durante la quale la donna aveva manifestato grandi difficoltà nel
giustificare le metamorfosi dei propri racconti. Pertanto in sentenza, dopo
averne elencato le numerose contraddizioni, la censurarono con inusitata
e persino eccessiva durezza:
Il che sta chiaramente a significare o che la
Frigo si è inventata tutto (per la sua mania di protagonismo o per apparire
comunque nella vicenda di Vicchio) o che quell’auto non era quella condotta dal
Pacciani, come è dato cogliere anche dalle dichiarazioni del Lotti, che ha
parlato di un diverso percorso fatto nel viaggio di ritorno dalla piazzola, a
delitto avvenuto. […]
Ritiene quindi la Corte di non riconoscere
credibilità alla suddetta teste, a prescindere da ogni considerazione sulla
certezza dell’asserito riconoscimento del Pacciani e sull’asserita “memoria
fotografica” della stessa teste, di cui ha in particolare parlato il marito
nella medesima udienza del 7.7.97.
Respingendo la testimonianza Frigo, i giudici rifiutarono l’assist che Giuttari aveva offerto
loro per ricostruire una via di fuga a Vicchio dotata almeno di un embrione di plausibilità, poiché avrebbe consentito di aggirare il passaggio a livello. In
questo modo la sentenza rimane ancorata all’itinerario privo di scopo ipotizzato,
probabilmente dallo stesso Giuttari, ancor prima che Lotti confessasse qualche
responsabilità, lo abbiamo visto. Suona però strana (e falsa) l’asserzione della stessa sentenza che
quest’ultimo ne avrebbe dato conferma, vista la mancanza della motivazione del
passaggio a livello della quale lo stesso aveva parlato.
Giuttari è sempre rimasto
convinto della bontà dell’avvistamento Frigo, e ancora nel libro "Il Mostro" del 2005
lo proponeva come naturale contraltare di quello Martelli-Caini. Ma troppi
elementi contrari ostacolano questa ipotesi. Abbiamo appena visto
l’inaffidabilità della testimone, e, in precedenza, l’inutilità di evitare un
passaggio a livello su una linea priva di treni in transito. Se ne può
aggiungere qualche altro.
Nel sopralluogo del 12 marzo
Giancarlo Lotti aveva cercato la strada di quella notte svoltando a destra in
uscita dalla piazzola, e non a sinistra. Con tutti i particolari che aveva
ricordato, perché quello no? Non pareva uno da poco. E anche se nel riferirsi a
quanto disse o non disse bisogna sempre tener conto che si trattava di un
emerito bugiardo, è comunque un fatto che Lotti non raccontò mai di aver visto
lungo la via di fuga né l'auto dei coniugi Martelli-Caini, né quella della signora
Frigo, né, a dire il vero, qualsiasi altra. In fin dei conti l’ammetterlo non gli avrebbe nuociuto.
Un altro elemento che rende l’itinerario proposto da Giuttari poco plausibile è l’impraticabilità di un segmento di circa 300 metri (simboleggiato in piantina dal tratteggio) della sterrata che avrebbe consentito di raggiungere San Martino a Scopeto. Si tratta di un sentiero che congiunge i due casolari ben visibili nella seconda delle due immagini soprastanti, particolare ingrandito della prima, entrambe ottenute con Google Maps. In anni recenti almeno due appassionati hanno tentato di percorrerlo in auto senza riuscirci. Può darsi che in passato le sue condizioni fossero state migliori, ma di un sentiero difficile si sarebbe sempre trattato, e pare quindi comunque folle l’avventurarsi di notte su un percorso del genere.
Un’ultima considerazione va fatta
sul casolare dove sarebbe stata nascosta la pistola (B). Nell’ipotesi di
Giuttari esso sarebbe stato raggiunto dopo il rientro sulla provinciale nel
punto R prendendo a sinistra. Ma se Pacciani voleva arrivare lì, perché non
aveva imboccato la via diretta che vi giungeva da San Martino a Scopeto?
Avrebbe risparmiato un po’ di strada, avrebbe evitato un pezzo di provinciale avanti
e indietro e avrebbe comunque aggirato il passaggio a livello.
Alla fine appare chiaro che se la
via di fuga proposta dai giudici è priva di senso, quella proposta da Giuttari
è fasulla, costruita in modo artificioso mettendo assieme due testimonianze
tutt’altro che affidabili. L’ipotesi di gran lunga più plausibile è che le auto
viste dai coniugi Martelli-Caini e dalla signora Frigo non avessero alcun
collegamento con il delitto, tra l’altro avvenuto già da un paio d’ore, e che
Giancarlo Lotti non fosse mai passato da quelle strade, né da solo né tanto meno
seguendo l'auto di Vanni e Pacciani.