Durante la prima metà degli anni
settanta il personaggio del serial killer venne rappresentato in numerose
pellicole, anche di produzione italiana, come quelle della famosa Trilogia degli animali di Dario Argento.
Si trattava in genere di figure che rimanevano nascoste durante quasi tutta la
proiezione, per svelare la loro identità poco prima del finale. Pertanto non
era agevole identificarsi con loro, anche da parte di una mente insana, poiché
la storia era comunque monopolizzata dai buoni, l’ispettore, il giornalista, il
detective privato, e il cattivo si vedeva poco, almeno nella veste di
assassino.
Nella seconda metà del decennio
iniziarono a circolare lavori nei quali, viceversa, era il serial killer a rivestire il ruolo di protagonista, seguito con
grande partecipazione durante le sue sciagurate imprese, delle quali veniva
mostrato ogni dettaglio: inseguimenti mozzafiato, mutilazioni, sangue in
abbondanza. Basti ricordare il Leatherface di Non aprite quella porta e ancor più il Michel Myers di Halloween, visti in Italia rispettivamente nel 1975 e nel 1979. Si
trattava però di figure stereotipate, entrambe nascoste dietro una maschera,
aliene, prive di qualsiasi connotazione interiore, con le quali rimaneva
comunque difficile identificarsi.
Del tutto diverso era invece Frank Zito.
Del tutto diverso era invece Frank Zito.
Influenze di Maniac. Nel maggio del 1980 fu
presentato a Cannes Maniac, di
William Lustig, un film rivoluzionario nell’ambito del genere, nel quale Frank
Zito, il serial killer protagonista interpretato magnificamente da Joe Spinell,
era mostrato fin dalle prime scene in tutta la sua crudeltà di assassino, ma senza maschera e con una
vita di relazione in apparenza regolare. Il personaggio godeva anche di un buon
approfondimento psicologico, mediante il quale quasi si giustificavano i suoi
comportamenti criminali attribuendoli a un cattivo rapporto avuto con la madre,
di cui erano testimoni numerose cicatrici che portava sul petto. Quindi, anche
se malvagia, la sua figura non impediva il verificarsi del classico processo di
identificazione da parte di uno spettatore che veniva indotto all’indulgenza. Tanto più se
egli stesso era un serial killer, tanto
più se anche lui assaliva coppiette appartate, come aveva fatto il Mostro di
Firenze a Borgo San Lorenzo qualche anno prima.
Durante l’ora e mezza di
spettacolo, Zito uccideva una coppia di fidanzati sulla spiaggia, una
prostituta in albergo, una seconda coppia in auto, una donna inseguita in una
stazione del metrò e infine una donna nell’appartamento di lei. Soprattutto la
scena della coppia uccisa in auto potrebbe aver favorito nel Mostro un
importante processo di immedesimazione. L’episodio era ambientato in una strada
buia poco lontano da una discoteca, con sullo sfondo il suggestivo ponte intitolato
a Giovanni da Verrazzano, a New York, ed è considerato un capolavoro dagli
amanti del genere: l’assassino che correva e saltava sul cofano della vettura e
con un colpo di fucile faceva esplodere la testa di Tom Savini, che come sua abitudine aveva interpretato una piccola
parte nel film di cui era il curatore degli effetti speciali.
In altri momenti Frank Zito usava
anche il coltello, un ulteriore elemento di similitudine con quanto era accaduto
a Borgo. Ma c'è di più: c'è il sospetto che la visione di Maniac
avesse costituito per il Mostro di Firenze una fonte di ispirazione. L’elemento che più induce a
sospettare la nefasta influenza del maniaco del film sulle sciagurate imprese
del killer fiorentino nella sua fase
seriale degli anni ‘80 è la somiglianza del trofeo asportato dai corpi delle
loro vittime femminili: Frank Zito il cuoio capelluto, il Mostro il pube con
tutti i suoi peli.
Ancora oggi la scena in cui Zito
taglia lo scalpo alla prostituta appena uccisa risulta altamente drammatica e
coinvolgente. Accompagnata da una musica ossessiva, la lama scorre sulla pelle
della fronte con esasperante lentezza, mentre il sangue esce copioso, fino a
quando la mano tira i capelli e il trofeo si stacca. Meno insistita ma comunque
ancora molto drammatica è una scena analoga riguardante l’ultima vittima, nella
quale Frank Zito “arma” e usa un cutter,
molto probabilmente lo stesso strumento usato dal Mostro per effettuare i suoi
tagli.
Fu proprio la trovata dello
scalpo a fare di Maniac un film molto
chiacchierato all’epoca, anche perché i produttori la misero bene in evidenza,
nei trailer e nella stessa locandina,
dove campeggiava inequivocabile la figura minacciosa del killer con in mano il coltello e il trofeo insanguinati. I
distributori italiani rincararono la dose, sostituendo il sottotitolo originale
“Ti avevo avvertito di non uscire
stanotte” con un ben più esplicito “A
caccia di scalpi per le strade di New York”.
È difficile non lasciarsi andare
alle suggestioni, dato lo scenario. La coincidenza di due serial killer, uno di celluloide che scalpa le proprie vittime
femminili e uno reale che toglie loro il vello pubico, comparsi nel medesimo
anno, non può lasciare insensibili. Anche perché si tratta di due comportamenti
del tutto originali. Fino a quel punto al cinema erano stati soltanto i
pellerossa a prelevare lo scalpo, mentre tra i serial killer veri non erano certo mancati i casi di mutilazione
dei genitali femminili, inseriti però in contesti di grande efferatezza, dei
quali esse costituivano soltanto una parte. Può darne l’idea questo frammento
tratto dalla perizia De Fazio:
Sono descritti in letteratura scientifica
numerosi casi in cui l'omicida agiva come se si immergesse in una "orgia
di sangue", manipolando visceri ed organi (prevalentemente sessuali) del
cadavere, masturbandosi con quelli, o semplicemente godendone alla vista, al
tatto, all'odorato; in altri casi organi o visceri vengono morsi, masticati o
addirittura mangiati: in entrambi i casi si tratta di comportamenti istintuali
di natura antropofagica, attuati per lo più da soggetti gravemente patologici.
Il personaggio immaginario di
Frank Zito non voleva dare e non dava affatto l’impressione del maniaco
sessuale, ma piuttosto quella del pazzo paranoico. Nessun godimento veniva
evidenziato durante il taglio del cuoio capelluto, né venivano mostrati atti
collaterali di significato sessuale; il killer
usava il trofeo per costruirsi, con l’aiuto di manichini, dei simulacri di
donne di cui si circondava, quelle donne che un grave complesso edipico gli
impediva di amare nella realtà.
Che cosa ne facesse il Mostro dei
propri trofei non lo sappiamo, sappiamo però che anch’egli, durante
l’operazione di asporto, non si lasciava andare a nessun atto di natura
né sessuale né sadica. E come Zito portava via il cuoio capelluto, lui si prendeva il vello
pilifero, più che altro limitandosi al pube (in un solo caso, a Calenzano,
spingendosi anche più in basso, sempre comunque in una zona ricoperta di peli, per poi tornare a dimensioni minori nei due casi successivi).
Così Mauro Maurri in un’intervista comparsa su “La Città” del 7 agosto 1984 (vedi):
“Per
l’esattezza, l'assassino non asporta la vagina ma il pube. Ignora la vagina,
l'utero, le ovaie. Non li ferisce né tanto meno gli interessa asportarli”.
E anche l’equipe De Fazio faceva notare “il precipuo interesse dell’autore per la cute e per i peli
del pube”. Dell’evoluzione verso il seno sinistro e del suo
significato avremo occasione di trattare in altra sede.
Il sentiero non battuto. A proporre per primo, pubblicamente,
l’ipotesi di un Mostro di Firenze influenzato dalla visione del film Maniac fu Giuseppe
Alessandri nel libro La leggenda del
Vampa, pubblicato nel 1995. L’autore la applicò a Pietro Pacciani, della
cui colpevolezza, come ben si sa, si riteneva sicurissimo.
In casa Pacciani se ne sta a ore incollato
alla televisione: guarda di tutto, ma soprattutto i film pornografici e quelli
del genere horror, con tutto quel sangue che scorre. Le varie TV private trasmettono
in continuazione rubriche di trailer, le promozioni cinematografiche; una sera
una di queste scene lo fa sobbalzare: con gli occhi in fuori dalle orbite il
Vampa scopre che è stato fatto un film su di lui! C'è infatti un trailer che
viene trasmesso in continuazione e che parla di un tale in giro per New York a
caccia di scalpi.
Il film si intitola Maniac, e la sequenza
passata per televisione risulta a Pietro più che familiare: una coppia di
giovani, appena uscita da una discoteca di New York, si ferma a conversare in
auto sul ponte Giovanni da Verrazzano. Quando lui si fa più intraprendente
allungando le mani e i due cominciano così a passare dalle parole ai fatti, un
giustiziere sbucato dalla notte e armato di un fucile a pompa irrompe sulla scena
e facendo fuoco attraverso i vetri fa fuori prima lui e poi lei.
Per tutto il mese di maggio il Vampa è
costretto a subire questa scena di un minuto e mezzo bombardata dalle varie TV
locali; finché non ce la fa più a trattenersi: ora glielo fa vedere lui a
quell'usurpatore com'è che si fa. Prende la pistola, le dà una lucidata e la
notte va a fagiani per vedere se è sempre lei.
È da troppo che non prova quell'ebbrezza.
È l'ora di tornare a vivere pericolosamente.
Due anni dopo fu Nino Filastò,
che alla colpevolezza di Pietro Pacciani non credeva né aveva mai creduto, a
riprendere l’argomento. Ne parlò in aula durante le prime battute del processo
a Mario Vanni, del quale era difensore (3 giugno 1997, vedi).
Vengo a sapere da un collega che esiste un
certo fascicolo intitolato “Maniac" scritto da un personaggio. Siccome di
questo film avevo intravisto anch'io a suo tempo questa cosa, che cioè a dire
precedeva all'inizio delle escissioni la presenza nelle sale, in una sala
cinematografica cittadina, ma con riferimento solo all'ottobre dell'81, un
certo film americano in cui esiste un serial killer di New York il quale uccide
le coppie e poi porta via lo scalpo alle donne per rivestirne dei manichini, ho
chiesto a questo collega che mi mandasse il fascicolo che è qui, che voi
vedrete. Se ne avete voglia di vederlo, lo allegherete agli atti. […]
Benché la persona fosse anonima nello scritto,
sono riuscito a rintracciarlo. E ci ho parlato, ed è un medico serissimo, giovane,
che ha fatto – come risulta da quell' atto – nonostante che sia un po’ verboso,
uno studio serissimo approfondendo dei fatti. Ecco perché l'ho chiamato a
testimoniare, perché i testimoni si chiamano sui fatti.
Non c’è da stupirsi se il
presidente non volle sapere nulla né del fascicolo su Maniac né del medico che lo aveva scritto. Filastò era però così
convinto dell’intrigante ipotesi da utilizzarla per un racconto intitolato – e
come poteva essere altrimenti? – Maniac,
facente parte dell’antologia Toscana
delitti e misteri (2000), scaricabile qui.
In più ne trattò su Storia delle merende
infami, nel 2005, indicando ancora come fonte d’ispirazione il medico
anonimo.
Tempo dopo il misterioso medico
anonimo avrebbe partecipato, con lo pseudonimo di De Gothia, al noto forum di Ale (l’immagine sopra era il suo
caratteristico avatar), trattando con
arguzia e competenza molti altri temi sul Mostro, e mettendo a disposizione di
tutti altri lavori interessanti (ma quello su Maniac no). Oggi purtroppo non scrive più, essendo deceduto, però è
finalmente disponibile il fascicolo che avevano avuto in mano sia Alessandri
sia Filastò, dal titolo Maniac, il
sentiero non battuto, scaricabile qui. Il
documento, scritto nel 1994 e trasmesso con poca fortuna a qualche avvocato e a
qualche giornalista, fa dell’autore il padre di questa interessantissima
ipotesi. Credo sia anche il caso di scriverne nome e cognome, peraltro già
contenuti nei ringraziamenti de La
leggenda del Vampa: Stefano Galastri.
Aveva visto il film? Dopo aver individuato nell’operazione di
scalpaggio l’elemento principe che rende probabile la nefasta influenza di Maniac sul Mostro di Firenze, lo scritto
di De Gothia affronta un argomento di
vitale importanza: poteva il futuro serial killer aver visto il film prima della sua prima escissione, avvenuta a
Scandicci la sera del 6 giugno 1981? È una domanda inevitabile e scomoda per
l’ipotesi in questione, poiché i documenti ci riportano che Maniac entrò nelle sale di prima visione
soltanto a partire da luglio. Prima però c’era stata comunque una certa attività
che lo aveva riguardato.
La versione originale del film, in
lingua inglese, era stata presentata a Cannes nel maggio 1980. Per vederlo
nelle sale si dovette però aspettare novembre in Germania e dicembre negli USA.
A metà gennaio 1981 l’attrice protagonista, Caroline Munro, era a Roma per la
presentazione sul mercato italiano, come si legge tra l’altro su “Stampa Sera”
del 16 (vedi). Lo scritto di De Gothia
riporta alcuni dati tratti da un periodico del settore, il «Giornale dello
Spettacolo», secondo i quali il film fu proiettato in anteprima nazionale in
una sala di Palermo dal 20 al 26 febbraio, e in tre sale di Roma dal 21 al 27,
sempre di febbraio.
Interessante è questa pubblicità,
tratta da “Il Messaggero” del 21, riguardante una delle sale di Roma, che lo
scritto di De Gothia riporta a
conferma. La consultazione delle pagine degli spettacoli de “L’Unità”,
reperibili tramite l’archivio storico on
line, fornisce comunque la prova definitiva (qui la pagina del 21).
Alle anteprime nazionali di
Palermo e Roma non seguì però la programmazione ordinaria, almeno non
nell’immediato. Il motivo risiede nei problemi attraversati dalla società cui
era stata affidata la distribuzione, la Eurocopfilms di Roma, che proprio in
quel periodo probabilmente cessò l’attività. Maniac rimase così per diverso tempo in un limbo indefinito, dal
quale iniziò a uscire a fine aprile, secondo De Gothia, quando alcune TV locali presero a trasmetterne in modo
ossessivo gli spot pubblicitari,
andando avanti anche per tutto il mese di maggio. In ogni caso il film ancora
non usciva nelle sale. Evidentemente c’erano in ballo dei problemi legali che
non ne consentivano la libera gestione.
Le notizie reperibili in rete
sull’inizio della programmazione ordinaria sono scarse. In un articolo del 18
giugno di “Stampa Sera” (vedi) viene
preannunciata una prima nazionale ad Alessandria per il 17 luglio, confermata
dalla pagina degli spettacoli di quel giorno (vedi). Allo stato delle notizie note a
chi scrive sembra quindi che il film, nel periodo dal 27 febbraio al 17 luglio,
fosse rimasto assente dalle sale. Forse era passato in qualche cinema
secondario, come ipotizza De Gothia
in base a un ragionamento anche condivisibile, ma su questa flebile possibilità
non si può contare granché. Infine, riguardo Firenze, Maniac venne proiettato in prima visione al Supercinema dal 28 agosto al 2 settembre (qui "La Nazione" del 30 agosto).
A questo punto possiamo tirare le
prime conclusioni. Non contando Palermo per ovvie ragioni di distanza, non si
può escludere che il futuro Mostro di Firenze fosse andato a vedere Maniac a Roma in febbraio, quindi ben
prima di uccidere la coppia di Scandicci. La possibilità dovrebbe però legarsi
a un personaggio con interessi particolari verso il cinema, anche soltanto di
genere, attento ai festival (Cannes) e alle novità che arrivavano dall’estero,
e per questo a conoscenza della trama del film, per il quale si sarebbe così
incuriosito da recarsi a Roma per vederlo. A giudizio di chi scrive è però molto
più plausibile l’ipotesi avanzata da De
Gothia, secondo la quale fu la martellante pubblicità televisiva a far
conoscere Maniac al Mostro.
Dopo un opportuno pronunciamento
della Corte Costituzionale risalente al 1976, si assistette in Italia a un proliferare
di TV private che trasmettevano via etere in ambito locale finanziandosi con la
pubblicità. Per mancanza di leggi adeguate, la ferrea censura che aveva
ingabbiato fino a quel momento le trasmissioni RAI non riusciva a intervenire
sul nuovo mezzo. Addirittura venivano trasmessi film porno, quelli dei cinema a
luci rosse. È ben noto il caso di Telereporter, costretta a smettere dopo
l’intervento dei carabinieri (26 luglio 1985) inviati dalla Procura di Milano.
Immaginare il futuro Mostro di Firenze che nei primi mesi del 1981 faceva zapping davanti al televisore non è
difficile, come non è difficile immaginare che si fosse imbattuto in uno degli spot pubblicitari su Maniac. A giudicare da quanto è oggi
reperibile su Youtube (vedi ad esempio la collezione raccolta qui) si trattava di vari
filmati di poche decine di secondi fatti per catturare l’attenzione dello
spettatore e impressionarlo con frammenti delle scene più forti. Sono compresi
sia l’attacco alla coppia in auto, sia il taglio dello scalpo, come mostra il
fotogramma sottostante, dove l’operazione è ben visibile e interpretabile, anche se il seguito, il distacco della cute (vedi una delle immagini precedenti), veniva risparmiato.
Abbiamo visto che, secondo De Gothia, tali spot erano trasmessi in modo ossessivo a partire da fine aprile.
Il suo scritto però non fornisce prove, se non la sua memoria e quella del
fratello. Per fortuna, partendo da un accenno contenuto ne La leggenda del Vampa, chi scrive è riuscito a rintracciare una
prova, indiretta ma assai significativa, delle affermazioni di De Gothia. Nella pagina degli spettacoli
dell’edizione fiorentina de “La Nazione” del 30 agosto 1981 (qui),
era comparsa una breve e impietosa recensione di Maniac a firma RPM, acronimo del giornalista Ranieri Polese
Remaggi, dal titolo “Così brutto e
cattivo: Maniac”. Leggiamola:
Che orrore questo signor Zito, Frank Zito di
New York, il maniaco del film, brutto, sgradevole, butterato, con una faccia
che ricorda un topo. Si muove come una bestia, fra strade malfamate e bassifondi
di New York. Adocchia le prede, donne sole, battone; studia i loro movimenti,
poi colpisce, cattivo, spietato, con il suo rituale disgustante. Per cui, dopo
averle uccise, porta via lo scalpo e lo conserva a casa in una schifosissima
collezione.
Pochi mesi fa, una tv privata trasmetteva il
prossimamente di questo film. Fra alcune scene (un ragazzo e una ragazza in
macchina di notte, assaliti e ammazzati con terribile violenza; la macabra
cerimonia dello scotennamento) e i particolari del delitto di Scandicci
qualcuno scorse delle analogie. Un brivido in
più, insomma, per questo prodotto che gioca le sue carte (poche) su effettacci
di macelleria.
Per due terzi è girato con la tecnica del
cinema-verità: camera traballante, molte soggettive, sequenze casuali. Piene di
efferatezze. Poi, comunque, il guizzo finale. Dal sordido realismo alla
fiction, l’assassino che agisce per un maledetto complesso di Edipo, si reca al
cimitero, e immagina che la mamma esca dalla tomba per castigarlo
definitivamente. Un ricordo di Carrie di De Palma? Forse, ma non basta a
rimediare l’impressione pessima di questa pellicola.
Evidentemente Remaggi non amava i
film slasher, un genere nell’ambito
del quale Maniac è considerato un
capolavoro. Ma della sua recensione a noi interessa soltanto l’accenno al fatto
che pochi mesi prima dell’agosto – quindi il fine aprile-maggio di De Gothia risulta ben compatibile – “una tv privata
trasmetteva il prossimamente di questo film”. Si aggiunga che
qualcuno si era già accorto delle analogie tra quel “prossimamente” e il
successivo delitto di Scandicci, non soltanto di quella ovvia dell’attacco a
una coppia in auto, ma anche di quella meno ovvia del taglio dello scalpo.
Evidentemente gli spot, magari
integrati da qualche discorso di qualche conduttore, erano bastati per dare
un’idea del film.
Adesso possiamo tirare le
conclusioni definitive del presente paragrafo: se non è probabile che il futuro
Mostro di Firenze avesse visto Maniac
prima del 6 giugno 1981, è però probabile che avesse visto gli spot che lo pubblicizzavano, attraverso
i quali poteva aver ricevuto la sciagurata influenza della quale si sta qui
discutendo.
Finzione e realtà nella stessa serata. Lo scritto di De Gothia prende in esame anche un altro
importante elemento per valutare i possibili effetti di Maniac sul Mostro. Dopo la programmazione in agosto, il film tornò
in sala a Firenze dal 15 al 22 ottobre, al Cinema Nazionale oggi scomparso. La data
del 15 è confermata dalla riproduzione della relativa pagina degli spettacoli de
“La Nazione” contenuta nello scritto di De
Gothia. La ben più importante data del 22 è confermata invece dalla pagina
scaricabile qui. Perché è così importante la
data del 22? Perché quel giorno furono uccisi Susanna Cambi e Stefano Baldi.
Il delitto di Calenzano ha delle
caratteristiche sue particolari rispetto agli altri. Avvenne in autunno pieno,
innanzitutto, ad appena quattro mesi e mezzo di distanza dal precedente, e in
un giorno infrasettimanale, il giovedì. Riguardo quest’ultimo punto, si è
sempre pensato che lo sciopero generale previsto per il giorno successivo
avesse equiparato quel giovedì a un sabato, ma non è del tutto vero. Forse lo è
per la possibilità che avrebbe avuto il Mostro di rimanere a casa a riprendersi
dopo la mattanza, ma non per quella di trovare più facilmente coppiette
appartate, tanto più a estate ormai finita da un pezzo.
Un altro elemento peculiare è la
modalità con cui furono scelte le vittime. Susanna e Stefano non erano frequentatori abituali del posto in cui si appartarono quella sera, ma vi si
erano fermati per consumare un rapporto veloce mentre stavano andando a Firenze.
Il Mostro doveva già essere lì, in un luogo dove sapeva di poter trovare
delle vittime potenziali, in attesa non certo di loro ma di una coppietta qualsiasi.
Ragionevolmente, a Borgo e a Scandicci era andato invece a colpo sicuro, su una
precisa coppia adocchiata in precedenza.
Infine, quando l’attività del
Mostro cessò, divenne evidente anche l’anomalia della zona geografica.
Escludendo quello di Signa, gli altri delitti potevano essere raggruppati
grosso modo entro due aree ben distinte: quattro nei dintorni di Scandicci e
San Casciano e due nel Mugello, mentre quello di Calenzano appariva a sé, nella
zona di Prato. Sulla questione aveva ragionato a lungo Ruggero Perugini, che
così si domandava nel suo Un uomo
abbastanza normale: “che cosa significavano quei due colpi spiazzati? Signa e
Calenzano, 1968 e 1981, agosto e ottobre... anche Calenzano mi sembrava fuori
posto, ma perché, perché?”.
Proviamo a rispondere ai dubbi di
Perugini su Calenzano pensando al Mostro che quel 22 ottobre era andato a
vedere Maniac allo spettacolo delle
21. Prima delle 22.30, quando iniziava l’ultimo, era fuori, carico della voglia
di provare dal vero le emozioni appena vissute in sala attraverso il suo eroe
di celluloide. Eccolo allora mettersi alla guida, con già dentro il bagagliaio pistola,
coltello e soprabito adatto, per cercare una coppia qualsiasi da far fuori.
Perché Calenzano? Per uno di questi due motivi. Il primo: aveva già visto il
film in una o più delle serate precedenti, e aveva già cercato una coppia nei
soliti luoghi senza trovarla, quindi sperava in miglior sorte cambiando
zona. Il secondo: era già piuttosto tardi, quindi, dovendo raggiungere in tempi
brevi un luogo adatto, con partenza dal Cinema Nazionale la campagna di Calenzano
era la scelta migliore.
Il Cinema Nazionale si trovava nel
centro di Firenze, in via dei Cimatori. Come si vede dalla figura, per arrivare
nel luogo del delitto Google Maps suggerisce un percorso di 20.6 km
effettuabile oggi in circa 29 minuti con traffico regolare. Si può immaginare
che 35 anni fa in tarda serata ne bastassero anche 20, per una ragionevole
media di 60 km all’ora. Susanna Cambi e Stefano Baldi erano usciti di casa
attorno alle 22.30, ma la Golf di Stefano era stata vista ferma davanti al loro
appartamento in ristrutturazione ancora alle 22.50. Quindi potevano essere
giunti nella stradina della campagna di Travalle, distante poco più di un paio
di chilometri, non prima delle 23, quando il Mostro aveva già avuto il
tempo di portarsi nella zona.
Infine un breve cenno a un argomento tutto da sviluppare. Nella notte tra l'11 e il 12 febbraio 1982 veniva uccisa a coltellate nel proprio appartamento di Firenze Giuliana Monciatti, prostituta. Si trattò di un delitto gratuito, in apparenza privo di movente, il cui autore non è mai stato individuato, e in cui molti hanno creduto di vedere la mano del Mostro. Ma anche Frank Zito uccideva una prostituta, quindi anche in questo caso è inevitabile prendere in esame l'ipotesi di una possibile emulazione.
Infine un breve cenno a un argomento tutto da sviluppare. Nella notte tra l'11 e il 12 febbraio 1982 veniva uccisa a coltellate nel proprio appartamento di Firenze Giuliana Monciatti, prostituta. Si trattò di un delitto gratuito, in apparenza privo di movente, il cui autore non è mai stato individuato, e in cui molti hanno creduto di vedere la mano del Mostro. Ma anche Frank Zito uccideva una prostituta, quindi anche in questo caso è inevitabile prendere in esame l'ipotesi di una possibile emulazione.
Imitatore di un lustmurderer. Il lettore ricorderà che alla fine
dell’articolo La dinamica di Calenzano era stata avanzata un’ipotesi per certi aspetti
rivoluzionaria, secondo la quale il Mostro di Firenze potrebbe non essere stato
un vero e proprio lustmurderer, cioè
un assassino che uccideva per libidine, ma soltanto un malvagio
imitatore. L’ipotesi prendeva origine dalla constatazione che sulle scene dei crimini non
c’era alcuna traccia di attività sessuale sulle vittime, né prima della morte né dopo. Adesso è chiaro quello che s’intendeva dire: è possibile che la serie omicidaria degli anni ’80 sia stata innescata proprio dalla visione
di Maniac, mediante un processo di immedesimazione, favorito anche
dall’attacco alla coppia in auto che richiamava il delitto di Borgo, un
processo di ispirazione, il taglio
del cuoio capelluto trasformato in quello del vello pilifero, e infine e più
importante un processo di emulazione,
dove il Mostro vero poteva aver desiderato anche per sé il successo mediatico
di quello del film, le cui imprese, diffuse dai giornali, terrorizzavano
l’intera città di New York.
L’ipotesi spiegherebbe bene la
peculiarità di altri comportamenti del Mostro di Firenze, oltre la mancanza di
libidine sulle scene dei crimini. Ad esempio, un individuo che non era preda
dei tipici impulsi sessuali incontrollabili dei lustmurderer, al contrario di loro avrebbe potuto decidere
razionalmente la cadenza dei propri delitti, nonché quando fermarsi, proprio
come fece il Mostro di Firenze, le cui motivazioni erano evidentemente altre. A
parere di chi scrive, si potrebbe pensare a un individuo frustrato nella
quotidianità che cercava una rivalsa nell’uccidere e nel creare spavento
nell’opinione pubblica. Quindi le mutilazioni potevano far parte di un macabro
spettacolo, nel quale l'assassino esprimeva il proprio disprezzo per le donne e per tutti e con le quali accresceva l'effetto mediatico delle proprie sciagurate imprese. Si legge in un articolo del quotidiano “La Città” del 15 settembre
1985, all’indomani del delitto degli Scopeti:
Che se ne fa il mostro dei terribili trofei di
morte? Il sostituto procuratore Francesco Fleury, confortato dal parere degli
esperti che hanno eseguito l’autopsia sui cadaveri, spiega: “Il pube è
facilmente conservabile, ma per quanto riguarda la mammella è sicuramente meno
facile. Quasi impossibile… A quanto mi hanno riferito i medici legali nel seno
vi sono molte parti grasse che impediscono la conservazione anche dentro un
liquido”.
Alla luce di questa osservazione il magistrato
avanza un’ipotesi: è possibile che il mostro non conservi i trofei. Si può
pensare che dopo essersene impadronito, li getti via. Il suo gesto potrebbe
essere esclusivamente uno spregio sul corpo della donna.
Chi scrive si trova in perfetta
sintonia con quanto aveva ipotizzato 31 anni fa Francesco Fleury.
Addendum (3 marzo 2018). La recente messa in linea da parte di Rai Play (vedi) della registrazione della puntata di Telefono Giallo dedicata al caso del Mostro di Firenze, risalente al 6 ottobre 1987, ha portato alla luce un'informazione che si era perduta, e che riguarda l'argomento di questo articolo. Nel frammento, già sopra riportato, dell'intervento del 3 giugno 1997 di Nino Filastò al processo Vanni si legge: “di questo film avevo intravisto anch'io a suo tempo questa cosa, che cioè a dire precedeva all'inizio delle escissioni la presenza nelle sale, in una sala cinematografica cittadina, ma con riferimento solo all'ottobre dell'81”. In sostanza l'avvocato pareva attribuirsi una prima scoperta autonoma del collegamento tra Maniac e i delitti del Mostro, precedente lo stimolo ricevuto dalle ricerche di De Ghotia. Ebbene, l'intervista che concesse a Telefono Giallo, messa in onda nella puntata di cui sopra, sembra proprio dargli ragione.
Bisogna però dire che il punto di vista del Filastò del 1987 è piuttosto confuso, e Maniac è soltanto uno di cinque film che, secondo lui, il Mostro poteva aver visto prima di commettere uno dei suoi duplici omicidi. In sostanza Filastò, partendo dal dato di fatto che nel 1968 nel cinema di Signa dove erano entrati Barbara Locci e Antonio Lo Bianco trasmettevano un film con elementi sadico-sessuali, Nuda per un pugno d'eroi, immaginava che il Mostro, entrato come ultimo spettatore appena dopo la coppia, se ne fosse lasciato stimolare a uccidere. Era poi andato alla ricerca di altri film a contenuto analogo proiettati nelle sale del fiorentino nei giorni precedenti gli altri delitti, trovando La notte dei generali per Borgo, Schizoid per Scandicci, Maniac per Calenzano e infine Nightmare per Scopeti. Di Maniac aveva anche colto l'elemento più intrigante, quello dello scalpo, senza però considerarlo un suggerimento, ma soltanto una similitudine di tipo feticistico, anche perché il Mostro avrebbe visto il film dopo aver già mutilato Carmela De Nuccio.
La teoria del Filastò del 1987 appare poco logica e molto fantasiosa, per vari motivi sui quali non vale la pena indugiare. Tra l'altro non è vero che Nightmare inizia con l'assassino che taglia una tenda con il coltello, come afferma l'avvocato nell'intervista. Si vede invece in una brevissima sequenza la mano artigliata di Freddy Krueger mentre lacera una stoffa della cui funzione nulla è possibile dire. In ogni caso il cenno a Maniac di Filastò a Telefono Giallo nulla toglie al merito di De Ghotia nell'essere stato il primo ad aver ipotizzato l'influenza del film sul Mostro in forma plausibile, e soprattutto prima della prima mutilazione. Semmai il rimpianto forumista, durante le sue ricerche d'archivio, potrebbe aver colto un suggerimento nella recensione di Ranieri Polesi del 30 agosto 1981.
Addendum (3 marzo 2018). La recente messa in linea da parte di Rai Play (vedi) della registrazione della puntata di Telefono Giallo dedicata al caso del Mostro di Firenze, risalente al 6 ottobre 1987, ha portato alla luce un'informazione che si era perduta, e che riguarda l'argomento di questo articolo. Nel frammento, già sopra riportato, dell'intervento del 3 giugno 1997 di Nino Filastò al processo Vanni si legge: “di questo film avevo intravisto anch'io a suo tempo questa cosa, che cioè a dire precedeva all'inizio delle escissioni la presenza nelle sale, in una sala cinematografica cittadina, ma con riferimento solo all'ottobre dell'81”. In sostanza l'avvocato pareva attribuirsi una prima scoperta autonoma del collegamento tra Maniac e i delitti del Mostro, precedente lo stimolo ricevuto dalle ricerche di De Ghotia. Ebbene, l'intervista che concesse a Telefono Giallo, messa in onda nella puntata di cui sopra, sembra proprio dargli ragione.
Bisogna però dire che il punto di vista del Filastò del 1987 è piuttosto confuso, e Maniac è soltanto uno di cinque film che, secondo lui, il Mostro poteva aver visto prima di commettere uno dei suoi duplici omicidi. In sostanza Filastò, partendo dal dato di fatto che nel 1968 nel cinema di Signa dove erano entrati Barbara Locci e Antonio Lo Bianco trasmettevano un film con elementi sadico-sessuali, Nuda per un pugno d'eroi, immaginava che il Mostro, entrato come ultimo spettatore appena dopo la coppia, se ne fosse lasciato stimolare a uccidere. Era poi andato alla ricerca di altri film a contenuto analogo proiettati nelle sale del fiorentino nei giorni precedenti gli altri delitti, trovando La notte dei generali per Borgo, Schizoid per Scandicci, Maniac per Calenzano e infine Nightmare per Scopeti. Di Maniac aveva anche colto l'elemento più intrigante, quello dello scalpo, senza però considerarlo un suggerimento, ma soltanto una similitudine di tipo feticistico, anche perché il Mostro avrebbe visto il film dopo aver già mutilato Carmela De Nuccio.
La teoria del Filastò del 1987 appare poco logica e molto fantasiosa, per vari motivi sui quali non vale la pena indugiare. Tra l'altro non è vero che Nightmare inizia con l'assassino che taglia una tenda con il coltello, come afferma l'avvocato nell'intervista. Si vede invece in una brevissima sequenza la mano artigliata di Freddy Krueger mentre lacera una stoffa della cui funzione nulla è possibile dire. In ogni caso il cenno a Maniac di Filastò a Telefono Giallo nulla toglie al merito di De Ghotia nell'essere stato il primo ad aver ipotizzato l'influenza del film sul Mostro in forma plausibile, e soprattutto prima della prima mutilazione. Semmai il rimpianto forumista, durante le sue ricerche d'archivio, potrebbe aver colto un suggerimento nella recensione di Ranieri Polesi del 30 agosto 1981.