Colpo di scena in
appello. Nell’anno
circa intercorrente tra la condanna di Vanni e Lotti in primo grado e l’inizio
del processo d’appello, le ricerche della difesa Vanni sull’acquisto della Fiat
124 blu proseguirono. Quando si era ormai quasi a ridosso del nuovo
procedimento, dalla sede di Firenze della compagnia Axa Assicurazioni –
subentrata alla Allsecures Preservatrice – venne fuori un certificato che
anticipava dal 20 settembre al 25 maggio la sostituzione della polizza 67053
sulla 128 con la polizza 68731 sulla 124. Quindi alle ore 10 del 25 maggio 1985
il rateo residuo della semestralità 20 marzo – 20 settembre della polizza della
128 era stato trasferito sulla nuova polizza della 124, e la 128 era rimasta
priva di copertura assicurativa. Naturalmente Filastò e Mazzeo si affrettarono
a integrare i motivi di appello con la clamorosa novità.
Ecco l’annuncio del relatore nel corso dell’udienza del 17 maggio 1999 (vedi):
Ecco l’annuncio del relatore nel corso dell’udienza del 17 maggio 1999 (vedi):
In serie di motivi aggiunti di appello i
difensori del Vanni hanno prodotto un documento. Ci hanno detto che hanno
effettuato loro indagini, si sono limitati a recarsi presso l'agenzia di quella
compagnia assicuratrice di Firenze e l'agente della compagnia assicuratrice gli
ha consegnato tanto di polizza, che noi abbiamo in fotocopia ma che speriamo di
leggere in originale attinente al 124. Io non ci ho letto nulla ma quello che
si legge è un timbro. Sembrerebbe che questa polizza sia stata stipulata il 25
maggio 1985, quindi sembra che la 124 abbia iniziato a circolare, diversamente
era inutile assicurarla, dal mese di maggio '85. Questa è la novità importante
in questa sede di appello.
Preso atto della novità, il
procuratore generale Daniele Propato, futuro rappresentante dell’accusa, aveva
fatto anch’egli visita alla sede di Firenze della compagnia assicuratrice. E lì
non soltanto aveva avuto modo di verificare la fondatezza dei motivi d’appello,
ma si era anche trovato di fronte alle tracce di due incidenti stradali avuti da Lotti
alla guida della 124. Quando? Nell’estate del 1985, prima del delitto degli
Scopeti! Lo raccontò lui stesso nel suo primo intervento (17 maggio, vedi):
Spontaneamente la signora che era lì in
ufficio mi ha dichiarato – e voi trovate il verbale – che il Lotti ha avuto due
incidenti con la Fiat 124. Ha avuto un incidente il 22 giugno '85 alle ore
21,45 in via del Poggio Imperiale, Firenze. Questo incidente è stato denunziato
dal Lotti, di questo incidente io non ho preso il nome dell'altra parte dell'incidente,
perché ce n'è stato un altro in data 31 luglio con questa Fiat 124, 31 luglio
'85 e di questo ho preso il nominativo e questa persona vi chiedo anche di
sentire.
Era chiaro che esistevano tutti
gli estremi per riaprire il dibattimento con l’ascolto dei testimoni indicati dal
Procuratore Generale, nonché, se disponibile, dello stesso Lotti.
Il giorno dopo, 18 maggio, venne sentito per primo l’agente
assicurativo Alberto Bartoli, responsabile per Firenze della Axa Assicurazioni.
Di tale intervento è disponibile una trascrizione parziale qui, e l’audio completo qui. Va premesso che nel 1985 Bartoli non lavorava per la precedente Allsecures Preservatrice, quindi il suo intervento servì più che altro a
fornire e illustrare la documentazione da lui ritrovata negli archivi
dell’agenzia.
Queste furono le sue parole riguardo il contratto 68731 con il quale la copertura della 128 era stata trasferita sulla 124. Tale contratto era stato inserito tra gli annullati (vedremo più avanti la significatività di tale condizione).
Queste furono le sue parole riguardo il contratto 68731 con il quale la copertura della 128 era stata trasferita sulla 124. Tale contratto era stato inserito tra gli annullati (vedremo più avanti la significatività di tale condizione).
Procuratore
Generale: Quando lei dice di aver trovato questo contratto tra i contratti
annullati, che vuol dire?
Bartoli: Vuol dire che le
polizze annullate vengono inserite in un certo archivio, e in questo archivio
io ho trovato questo contratto qua.
Filastò: Sì, ma che vuol
dire annullato?
Bartoli: Annullato vuol
dire… questo contratto ha avuto una certa storia. È partito dal maggio dell'85 per
il 124 ed ha proseguito fino al marzo dell'86/87, poi è stato annullato perché
il cliente non ha più pagato la rata. Noi lo abbiamo annullato nel settembre
del '92, però già dall'88 riguardava un veicolo diverso.
PG: Questa polizza è
un trasferimento, una sostituzione, una rinnovazione, un passaggio da una
vettura all'altra.
Bartoli: È un passaggio.
Alle ore 10:00 del 25 maggio '85 fu assicurato, al posto di un'altra
autovettura, un Fiat 124.
Questo cambiamento di polizza aveva comportato una spesa per
il contraente? No, anzi, pare che ci fosse stato un rimborso. In effetti ai
tempi si andava per cilindrata, con i cosiddetti cavalli fiscali, e la 128 era
di cilindrata superiore (1300 contro 1200).
PG: Come cilindrata
delle macchine c’era un rimborso, lì c’è una compensazione, mi pare di leggere,
o no?
Bartoli:
Sì,
sulla prima rata c’è un importo compensato.
A conferma si riporta il successivo scambio con Mazzeo.
Mazzeo: Le risulta, sempre
esaminando questo documento che le viene sequestrato oggi, se l'assicurato per
fare questa sostituzione ha dovuto pagare qualche cosa?
Bartoli: No. Il premio è
stato compensato fino alla rata del settembre '85.
Mazzeo: Quindi per fare
questa sostituzione non ha pagato niente... era coperto fino al settembre dell'85,
avendo pagato in anticipo il 20 marzo '85 l'intero premio sulla macchina
precedente.
Bartoli: Giusto
Altro argomento importante fu quello dei documenti che
venivano richiesti in caso di voltura dell’assicurazione.
PG: Quando un cliente
viene dall'assicuratore e vuol fare questa operazione, l'assicuratore che
documentazione richiede?
Bartoli: Richiedo i
documenti della vecchia vettura e faccio una sostituzione, contrassegno e
certificato di assicurazione, dopodiché effettuo la voltura e il cliente mi
dovrebbe portare il libretto della nuova autovettura da assicurare.
PG: Se no non fa questa
polizza?
Bartoli:
Se
no non la fo. Però a quell’epoca lì… quello che la società di allora richiedeva
questo non lo so. Ora le regole sono queste.
PG: Allora, ci vuole il
certificato di assicurazione, il contrassegno della vecchia, e poi per la
macchina che acquisto ci vuole?
Bartoli:
Il
cliente mi dovrebbe portare il libretto della nuova autovettura, dal quale
risulti che l’auto è di tizio. Queste sono le regole che ci sono oggi… può
essere che allora le cose fossero diverse. Il cliente mi riporta indietro
senz’altro il certificato e il contrassegno, poi può essere che senz’altro
l’assicuratore prenda e sostituisca la polizza su semplici dichiarazioni del
cliente.
Le regole indicate da Bartoli per le sue polizze valevano
tal quali nel 1985. In caso di voltura il cliente doveva consegnare il
certificato della vecchia assicurazione, quello normalmente conservato nel
cruscotto dell’auto, e il relativo contrassegno che invece andava esposto sul
parabrezza. Doveva anche mostrare il libretto della nuova auto dal quale
risultasse il passaggio di proprietà a suo nome. C’è da dire che mentre la
consegna di vecchio certificato e vecchio contrassegno era pressoché
obbligatoria – nonostante Bartoli avesse ammesso la possibilità di eccezioni, vedremo
quanto frequenti – quella del libretto con trascritto il nome del nuovo proprietario
molto meno, essendo troppo lunghi i tempi che al PRA intercorrevano tra
richiesta ed effettiva trascrizione.
Bartoli raccontò poi dei due incidenti, che più oltre
esamineremo in modo approfondito. Riguardo il secondo, quello del 31 luglio, a
seguire venne ascoltata la persona coinvolta, Federico Tartagli, il quale, con
una deposizione brevissima, dichiarò di non rammentare assolutamente nulla. Il
lettore prenda atto dell’ennesimo e totale vuoto di memoria, più avanti
esamineremo la deposizione in dettaglio.
A questo punto, prima dell’esame delle spiegazioni di Lotti –
che giunsero a ruota – conviene effettuare un temporaneo salto in avanti, per
la precisione al giorno dopo, quando venne sentito Roberto Longo, l’agente
responsabile della Allsecures Preservatrice nel 1985 (qui l’audio),
al quale il presidente iniziò a chiedere delucidazioni sulla polizza 68731
partita il 25 maggio 1985 sulla 124.
Presidente: Questa polizza risulta rilasciata dalla sua agenzia
Longo: Certo. Dalla mia agenzia.
Presidente: Ricorda se l’ha
rilasciata personalmente?
Longo: Personalmente no.
Perché io su San Casciano mi servivo dell’officina Bellini che vendeva
automobili nuove e usate. L’esazione vera e propria avveniva tramite l’officina
Bellini. Io preparavo la polizza, gliela davo, loro incassavano e me la
ritornavano firmata. Quindi io il cliente non lo vedevo.
Presidente: Mi sembra di aver
letto negli atti che in realtà si occupava dei contatti con lei…
Longo: Esatto, la signora
Mary Bellini, sì.
Dopo il timido accenno del marito Gino Coli in primo grado (“Qualche volta era
in contatto e faceva delle assicurazioni con questa compagnia qui”), Longo consentì di scoprire –
ma dalle parole del Presidente pare che la notizia fosse già agli atti – che
la signora Mery Bellini nel 1985 era il suo subagente per San Casciano, dove
interfacciava in modo diretto i clienti. Quindi delle polizze di Lotti si era
occupata lei.
Poi il presidente chiese informazioni sulla questione del
mancato ritiro di certificato e contrassegno della polizza vecchia:
Presidente: Questa polizza è
sostanzialmente la voltura di una polizza precedente su una macchina diversa. Prima
di rilasciare questa polizza, voi ritiravate il certificato di assicurazione
rilasciato sulla macchina che ora non era più assicurata e ritiravate anche il
tagliando da esporre o no? E nel caso specifico, le risulta che sia avvenuto
questo o no?
Longo: Nel caso
specifico, signor giudice, non me lo ricordo, però la prassi regolare era
quella che dovevano ritirare il vecchio certificato e il contrassegno, se no la
compagnia rischiava di coprire due vetture, cioè la vettura che veniva
sostituita e la nuova autovettura. Siccome il certificato e il contrassegno portano
la firma della compagnia, la compagnia è responsabile fino alla scadenza del
contratto della circolazione del veicolo, quindi se non viene fatto questo atto
la compagnia rischia su due vetture, mentre invece risulterebbe solo una
vettura per il premio incassato. Questa è la prassi però, ora, signor giudice,
non mi ricordo se in quel caso fu fatto o meno.
Presidente: Lei sostanzialmente mi dice che non attendeva
che le pervenissero questi documenti prima di rilasciare la polizza, visto che
lei agiva per interposta persona?
Longo: Le polizze emesse
nel mese precedente venivano sistemate una volta al mese, nel mese successivo.
Passava un mese dall’emissione del contratto, quindi a volte io non lo sapevo
se venivano ritirati al momento o dopo il certificato e il contrassegno vecchi.
Perché era una prassi che non avveniva immediatamente presso il mio ufficio,
avveniva presso la subagenzia di San Casciano, che io andavo una volta al mese
regolarmente. Quindi non potrei confermare se in quella fattispecie fu fatto
come doveva essere fatto.
PG: Volevo capire
meglio che cosa facevate a Firenze e che cosa si faceva San Casciano, cioè la
polizza la compilavate qua a Firenze, poi la mandavate tramite qualcuno a San
Casciano?
Longo: Esatto. I
contratti vengono emessi esclusivamente dalle agenzie, perché le agenzie sono
responsabili nei confronti della compagnia
della emissione delle polizze, poi il subagente cura l’incasso e rimette i
simpli [documenti] all’agenzia.
PG: Quindi la signora
a San Casciano faceva da tramite, consegnava materialmente la documentazione e
ritirava il certificato.
Longo: Esatto. Doveva
ritirare il certificato vecchio.
PG: E gliel’avevate
chiesto? Lo sapeva questa signora?
Longo: Lo sapeva quello
che doveva fare, poi se nella fattispecie l’ha fatto io non glielo posso dire.
Però la prassi che doveva ritirare il vecchio certificato e dare quello nuovo,
sì.
PG: Questo
certificato… il contrassegno…
Longo: È quello esposto
al vetro che si chiama contrassegno e il certificato quello che dovrebbe stare
nel [cruscotto].
PG: E lei cosa voleva
di questi due?
Longo: Tutti e due.
PG: Tutti e due. Poi questo
certificato non l’ha avuto perché l’abbiamo noi.
Essendo rimasto a Lotti il certificato della vecchia polizza
– quello consegnato dal suo legale alla Corte in primo grado – si deve
ragionevolmente presumere gli fosse stato lasciato anche il contrassegno
esposto sul parabrezza. La qual cosa gli avrebbe consentito di circolare con la
128 non più assicurata senza temere i controlli della polizia, visto che ai
tempi non c’era l’informatizzazione di oggi. Anzi, non avendogli ritirato i due
documenti, in caso di sinistro la compagnia assicuratrice sarebbe comunque
stata obbligata a coprire eventuali danni, come affermò chiaramente Longo su
domanda di Bertini (“Fino al 20 settembre 1985 può darsi che il cliente abbia
avuto in mano anche il certificato vecchio, se non è stato ritirato. Quindi la
compagnia era responsabile fino al 20 settembre 1985”). E questo per legge, quindi è
evidente l’importanza dell’operazione di ritiro.
Non
si comprende il perché non fosse stata convocata anche Mery Bellini, tanto più
dopo la testimonianza Longo. Chi meglio di lei poteva raccontare come si erano
svolti i fatti? Si trattò di un gravissimo errore della Corte e del Procuratore
Generale, che fece il paio con quello, grave soltanto un po’ meno, del non aver
convocato la persona con la quale Lotti avrebbe avuto il primo dei due
incidenti. Riguardo la Bellini, possiamo in ultimo notare il buon fine
dell’operazione del marito, che in primo grado aveva sostanzialmente
occultato, minimizzandolo, il suo vero ruolo in officina.
Le menzogne di
Lotti. Torniamo
adesso all’udienza precedente e all’ascolto delle spiegazioni di Giancarlo
Lotti (qui l’audio completo).
Consigliere: Si voleva sapere e
lo vorremmo sapere ancora noi, lei che macchina aveva l'8 settembre 1985 agli
Scopeti.
Lotti: Il 128.
Consigliere: Il 128 e lei
continua a dire questo. Adesso le faccio sapere una cosa. Si è scoperto che
questo 124, che lei aveva comprato, lei l'aveva addirittura assicurato in maggio.
Lotti: Io le adoperavo
tutte e due le macchine, il 128 e il 124.
Consigliere: Ah, lei
contemporaneamente le usava tutte e due, il 128 e il 124, abbiamo capito bene?
Lotti: Sì, sì, sì.
Consigliere: Però in primo
grado lei disse un'altra cosa, se lo ricorda?
Lotti: Forse non mi
ricordavo preciso, l'altra volta... Invece ora me lo ricordo preciso.
Presidente: L'importante è che
lei prenda atto del fatto che lei circolava a quell'epoca anche col 124 e...
Lotti: No, col 124 andavo
in posti un po’ più lontano perché il 128 gli era quasi per finire, sicché...
Presidente: Ma lei non era
assicurato col 128.
Lotti: No, ci avevo il
coso, però non era assicurata, ne assicurai una sola, due come fai a assicuralle?
Presidente: Quindi col 128
circolava senza assicurazione?
Lotti: Andavo vicino, non
lontano.
Ecco la sfacciata spiegazione di Lotti a tutti i misteri: “Io le adoperavo
tutte e due le macchine, il 128 e il 124”! Ma come aveva potuto circolare con una 128 non più
assicurata? Perché gli era rimasto il contrassegno sul parabrezza (“ci avevo il coso”), come spiegò meglio su domanda
di Mazzeo, che a dire il vero sembrò aver capito poco della sua risposta,
invece abbastanza chiara.
Mazzeo: Lei ha detto prima
che ci ha tenuto sul 128 rosso, dopo aver comprato la 124, un contrassegno di
assicurazione anche se era belle scaduto. Cosa vuol dire?
Lotti: Un mi ricordo mica
di preciso.
Mazzeo: Non l'aveva
consegnato? Non le era stato richiesto?
Lotti: Era rimasto nella
macchina...
Mazzeo: Come nella
macchina? Lei ha detto che lo teneva sul cruscotto!
Lotti: Era rimasto lì.
Mazzeo: Lei cosa ha messo
sul cruscotto? Era libero, pulito, vuoto oppure ci ha messo un simulacro di
assicurazione quando circolava magari per trarre in inganno qualche vigile
urbano?
Lotti: Quando la tiensi
ferma c'era sempre il contrassegno alla macchina.
Come era stata sua abitudine in istruttoria e nel
dibattimento di primo grado, di fronte a quella che pareva l’evidenza Lotti
fece dunque una giravolta strategica e si adeguò alla contestazione senza
contrastarla: semplicemente aveva usato entrambe le auto. È chiaro però che mentiva.
Mentiva perché non avrebbe avuto senso usare entrambe le auto, e mentiva soprattutto
perché i suoi datori di lavoro, nell’udienza del 18 marzo 1998, avevano rilasciato
testimonianze che dicevano tutt’altro. Partiamo da Roberto Scherma.
Presidente: E quando ritirò la
macchina, la 124, davanti a casa sua c'erano tutte e due le macchine o ce n'era
una sola?
R.Scherma: Ma mi pare per un
po' di tempo c'è stata anche quella che non andava, quella che l'aveva rotta.
Quella che era rotta. Non mi ricordo di che era rotta, quella per un po' di
tempo ci deve essere stata, lì.
Presidente: E quando c'era la
macchina 124, la blu, Lotti usava anche la 128? O usava solamente la 124 nuova?
R.Scherma: No, l'altra no,
non credo, non credo io, perché era rotta.
Presidente: Quello che ha
visto, quello che ha visto lei. Lei non deve dire quello che pensa, quello che
ha visto fare, è una cosa diversa.
R.Scherma: Io non l'ho...
quella lì… rotta, non gliel'ho vista usare...
Presidente: Da quando c'aveva
l'altra nuova.
R.Scherma: Gliel'ho ho vista
lì davanti per un po’ di tempo e poi mi pare che chiamò il coso lì, quello che
le prendono, il demolitore.
Presidente: E quanto tempo è
stata ferma davanti a casa sua quella macchina lì?
R.Scherma: Mah, un po' di
tempo c'è stata, un so, un mese, due mesi.
Presidente: Cioè, un mese o
due mesi da quando ha ricevuto la macchina, la 124?
R.Scherma: Sì, lui andava con
quella, diciamo, nuova.
Filastò: Lei questa
macchina rossa quanto tempo l'ha vista ferma? Di che periodo più o meno?
R.Scherma: Mah, l'ho detto
prima, il periodo un me lo ricordo.
Filastò: Un mese, due mesi,
ha detto.
R.Scherma: Sì, penso un paio
di mesi, io, così...
Filastò: Ecco, durante
questi due mesi lei è sicuro di non averla mai vista in movimento questa
macchina?
R.Scherma: No, io in giro,
no, un l'ho vista.
Filastò: Ecco. Stava in un
posto davanti alla casa del Lotti.
R.Scherma: Davanti alla casa
del Lotti.
Anche il figlio Luigi aveva confermato la circostanza:
Presidente: Ecco, quello che
volevo sapere io, invece, è: da quando lui ha avuto per la prima volta la 124
blu, la 128, se funzionava, se la usava lo stesso, non la usava; era ferma, con
le ruote, non ruote... Cosa ricorda di questi particolari?
L.Scherma: Mah... A me sembra
che non la usasse più la 128; usasse solo la 124 blu. Non... diciamo, non ho
badato tanto a questo. Ma mi sembra che la macchina non era più funzionante e
usava solo la 124 blu.
E
dunque, secondo entrambi gli Scherma, dopo l’acquisto della 124 Lotti non aveva
più adoperato la 128. Se fosse accaduto il contrario non si vede perché i due
non avrebbero dovuto accorgersene e ricordarsene, essendo del tutto anomalo un
comportamento di tal genere, quindi impossibile da passare inosservato a chi
aveva le due macchine tutti i giorni sott’occhio.
PG confuso e giudici sicuri. In base alla sua requisitoria
del 20 maggio (qui un’ampia sintesi), possiamo ragionevolmente suppore che quanto
di Lotti non aveva capito la difesa Vanni lo aveva almeno intuito il
Procuratore Generale. È ormai celebre questo passo – ma ogni appassionato
farebbe bene a leggerlo e rileggerlo più volte – in cui Daniele Propato tracciò
un inquietante ritratto dell’individuo, basandosi sulla perizia Fornari-Lagazzi
integrata da osservazioni proprie:
Riguardando la consulenza Lotti, qua il migliore autore per
questi reati, secondo me, è Lotti: perversione sessuale, istinti omosessuali
farebbero pensare a un Lotti autore dei reati. Lotti è mancino, ma per certe
cose usa ambedue le mani. E c'è una cosa che mi allarma: il francese una volta
dice che è stato preso col destro e accoltellato col sinistro ma i periti
dicono da destra a sinistra che fa proprio pensare ad un mancino.
La consulenza dice: guardate che Lotti non è un mitomane, è
vigile, lui sa come rispondere persino ai consulenti, valuta le risposte, si
regola a seconda dei casi, è cosciente della sua posizione, in qualche momento
– dice Lagazzi – rispondeva in modo palesemente e volutamente evasivo alle
domande che gli facevamo e riferiva elementi che facevano parte soprattutto
della sua storia personale. È una persona che davanti a domande specifiche
talvolta eludeva le stesse domande oppure si limitava a ribadire che su
determinati argomenti non ha nulla di più da dire.
Dice che pur essendo persona di risorse culturali e sociali
limitate, era in grado di reggere validamente un colloquio con gli
interlocutori. È l'atteggiamento di una persona molto attenta a quello che
diceva, molto attenta a quello che non diceva. Tutto quello che anche
indirettamente poteva in qualche modo portare nuove discussioni su questo
argomento lui lo troncava.
Si è atteggiato a uomo mite, che subisce gli altri, ma i
consulenti non sono d'accordo su questa valutazione. E questo è Lotti.
In
quest’altro passo – chi scrive non è riuscito a collocarlo nel tempo, è comunque
rintracciabile qui – Propato si dichiarò convinto che Lotti non avesse subito manipolazioni
dagli inquirenti:
L’avvocato Filastò è stato molto leggero nel processo
d’appello. Insomma, non ha fatto polemiche. Lui dice, con la richiesta del
Procuratore Generale perché dovevo far polemiche? Ma se uno va a rileggere
tutto il dibattimento di primo grado l’avvocato Filastò è parecchio più
combattivo, più pungente. Qui ha parlato di contaminazione dei testimoni. Ma in
questa formazione progressiva della prova, cioè delle dichiarazioni, ci può
essere un sospetto diverso, che qui non è stato esplicitato. Io a questi
sospetti non credo minimamente, cioè io questi sospetti non ce li ho.
Nessun pubblico ufficiale aveva interesse a fare qualche
cosa così contraria alla legge, per esempio manipolare un testimone. Io mi
rifiuto di credere, un collega, un poliziotto… Qui non ce n’è, altrimenti tutti
i contrasti del Lotti non li avremmo nemmeno avuti. Lotti non è stato costretto
da nessuno, Lotti non è stato manipolato da nessuno, Lotti ha fatto le sue
dichiarazioni spontaneamente. E tanti particolari che lui racconta in qualche
modo s’incastrano con gli avvenimenti. E questo rimane per me il mistero Lotti.
Per
Propato dunque Lotti alla fine rimase un mistero, lo ammise lui stesso. La sua inedita
intuizione non poté concretizzarsi appieno per una serie di ragioni, la cui
principale, a parere di chi scrive, è proprio quella relativa alla questione
disponibilità sì o disponibilità no della Fiat 128 Sport Coupé rossa il giorno
del delitto degli Scopeti.
Come si poteva immaginare Lotti è venuto davanti a voi e di
fronte alla nuova emergenza processuale ha dato la risposta più logica: “Le
usavo tutte e due”. Ma bisogna andare a rileggere le dichiarazioni del Lotti su
ciò che riguarda l'automobile 128. Lui quando ha consegnato il certificato di
assicurazione fino al settembre '85 sulla Fiat 128 ha impostato le sue
dichiarazioni su quel presupposto: “Io fino al 20 settembre non circolavo con
la 124 perché avevo l'assicurazione sulla 128”.
Si legge da più parti nel verbale dibattimentale: “Io non
avevo i soldi per far andare due macchine”. “Perché usavi due automobili?”. “Perché
mi garbava così”. A mio avviso non è una risposta valida quando la risposta sia
stata data dopo pagine e pagine di domande sulla 128, impostate sul presupposto:
“Io ci ho il certificato di assicurazione, io viaggiavo con quella macchina”.
I vari testimoni vicini di casa, e lo stesso Lotti, parlano “di
qualche mese” di aver avuto contemporaneamente 128 e 124. Nel primo
dibattimento quando gli hanno fatto qualche domanda, alla fine ha ammesso di
essere uscito con la 128 ma ha detto “qualche volta”. A voi direttamente ha
detto: “La usavo per i viaggi più vicini, non lontano”. Combinazione, a Firenze
lui ha fatto due incidenti, e li ha fatti – mi pare su questo non si possa
dubitare – li ha fatti con la 124. È credibile
che per andare alla piazzola degli Scopeti piglia la 128 e lascia la 124?
Ma perché mai doveva decidersi a comprare un'automobile i
cui soldi glieli ha dati il datore di lavoro? Lui non ce li aveva, segno è che
la 128 o non funzionava completamente o comunque era diventata una carretta. È questo
il punto che secondo me va valutato pienamente e che ha incrinato certe mie
convinzioni.
Come
si vede, a fronte dei nuovi elementi portati dalla difesa Vanni e della
conseguente contraddittoria reazione di Lotti, Propato era decisamente
perplesso sulla possibilità che questi fosse andato agli Scopeti con il 128. Si
noti la grande valenza attribuita dal magistrato ai due incidenti, per lui
avvenuti senza dubbio con il 124 e che quindi rendevano poco credibile che l’8
settembre successivo Lotti avesse usato il 128. Come dargli torto? Ma era
giustificata tutta la sua sicurezza sulle modalità con le quali sarebbero
avvenuti i due incidenti?
In
ogni caso i giudici di secondo grado si bevvero a canna tutte le menzogne di
Lotti. Non è il caso di esporre, neppure sinteticamente, i ragionamenti della
pessima sentenza; ne bastino le conclusioni:
Il tutto poi a prescindere da una ulteriore considerazione
che deve necessariamente farsi: il fatto che il Lotti neppure ricordasse di
avere comprato qualche mese prima dei fatti un’altra vettura non significa
assolutamente che il medesimo l’8 settembre 1985 non abbia usato la 128 rossa. Tale
auto era infatti nella sua piena disponibilità con tanto di tagliando assicurativo
(illegittimamente) esposto sul parabrezza ed il Lotti ha dichiarato davanti a
questo giudice che le macchine le usava tutte e due: la qualcosa è pienamente
credibile se si tiene presente che il tagliando esposto sul vetro della Fiat
128 indicava una scadenza del periodo assicurativo al 20 settembre 1985.
E dunque Lotti,
dopo aver convinto i primi giudici, alla fine riuscì a convincere anche i secondi di essere andato agli Scopeti con la 128 rossa, guadagnandosi
in questo modo i suoi agognatissimi 26 anni di carcere! La stranezza di tale comportamento esige qualche
riflessione, quindi apriamo una parentesi.
Mentre
in aula insisteva con pervicacia nell’affermare di aver usato entrambe le auto,
per di più mentendo, Lotti si portava sul groppone il peso di una condanna in
primo grado a trent’anni di carcere. Per preparare una linea di difesa in vista
dell’appello lui e il suo difensore avranno senz’altro tenuto degli incontri,
entrambi consapevoli di dover fronteggiare la clamorosa novità
dell’assicurazione partita al 25 maggio. Nel caso fosse stato del tutto
innocente, quale miglior occasione avrebbe avuto Lotti per buttare all’aria il
tavolo dichiarando che sì, lui nel settembre 1985 la macchina rossa non ce
l’aveva più? Invece, assieme a Bertini, preparò soltanto una richiesta di
attenuanti, tramite la quale poteva sperare al massimo di vedersi ridurre la
condanna da trent’anni a una quindicina, ben più del paio o tre – peraltro già
scontati – che avrebbe potuto rimediare per la sola calunnia. Sempre nel caso
di una sua totale estraneità, è credibile che non ne avesse reso consapevole il
proprio difensore? Oppure che questi, dopo averne ascoltato la professione
d’innocenza, lo avesse comunque convinto a insistere nella sua rischiosissima
confessione con chiamata in correo?
Ma
non è questa la sede per porsi simili domande – porterebbero troppo lontano –
quindi chiudiamo subito la parentesi, e torniamo ai certificati. A
dimostrazione che Lotti e Bertini avevano preparato assieme le spiegazioni
sull’uso di entrambe le auto c’è una domanda furbina del secondo al primo, da
questi però non troppo raccolta: “Si ricorda se le è mai successo che la 124 non si mettesse
in moto?”; “Qualche volta può
essere successo”.
Ma allora, perché tale versione non l’avevano preparata già in primo grado?
Forse il certificato 25 maggio – 20 settembre relativo alla 124 non era tra le
carte di Lotti e Lotti era stato zitto nascondendone l’esistenza a Bertini? E
perché gli altri certificati c’erano e quello no? Oppure Bertini – ma sarebbe
stato un pessimo stratega – lo aveva ignorato nella speranza che non venisse
mai fuori? Oppure infine, in uno scenario come vedremo per nulla impossibile –
anzi! – Lotti di quel certificato non ne sapeva nulla?
Alla
ricerca di risposte ai tanti misteri che caratterizzano la compravendita di
questa Fiat 124 blu nel prosieguo ne evidenzieremo le tante stranezze. Di
queste cercheremo poi di dare una per quanto possibile corretta
interpretazione, nelle intenzioni un po’ meno dozzinale di quelle che ancor
oggi si leggono sul Web e sui libri privi di ragionevoli dubbi o, peggio,
celebrativi di spietate indagini.
Un’auto piena di amnesie. Proviamo adesso a ripassare e
commentare il vuoto di memoria che colpì chi aveva avuto a che fare con la Fiat
124 di Lotti prima del 20 settembre 1985. Cominciamo dal titolare
dell’officina, Franco Bellini, e dal suo intervento in aula del 17 marzo 1998 (vedi):
Presidente: Senta, lei conosce
Lotti Giancarlo? Lo conosce, vero?
Bellini: Sì, era mio
cliente.
Presidente: Si serviva della sua officina.
Bellini: Della mia
officina, sì.
Presidente: É lei che ha venduto la 128 a lui?
Bellini: La 128 sì, mi
ricordo di avergliela venduta.
Presidente: Ecco, noi
intendiamo parlare non della vendita della 128, ma della 124 blu o celeste.
Com'era? Blu o celeste?
Bellini: Quello, guardi,
io, assolutamente non me lo ricordo. Il 124 che ha preso dopo non mi ricordo
nemmeno di che colore era, onestamente.
Presidente: Era la macchina di
Schwarzenberg.
Bellini: L'ho saputo
stamani mattina io di questo, perché non mi ricordavo...
Presidente: Non c'era lei in
officina?
Bellini: Sì, c'ero io in
officina. Ma, capisce, sono passati tanti di questi anni che ricordarmi...
Presidente: Senta, c'era un
altro dipendente che si chiama Gino?
Bellini: Il mio cognato.
Coli Gino.
Presidente: E pare che questa
macchina è stata proprio venduta, il pagamento l'ha ricevuto lui, il Gino,
dallo Scherma Roberto.
Bellini: Può darsi.
Presidente: Con un assegno, eccetera, eccetera. Insomma,
questa vendita è stata trattata da voi.
Bellini: Può darsi sia stata trattata da noi. Infatti io, quando mi chiesero che macchina avevo
venduto, dissi: il 128 me lo ricordavo chiaramente, era una macchina un po'
particolare, un 128 coupé rosso. Altre macchine, onestamente, capisce, ne
passano tante, ricordarsele tutte...
Insomma,
Franco Bellini si ricordava bene della 128, ma della 124 nisba! C’era però la
speranza che se ne ricordasse meglio il cognato, Gino Coli, quello che aveva
ricevuto l’assegno da Roberto Scherma. Il giorno dopo fu il suo momento (audio completo; trascrizione sintetica)
Presidente: Senta, lei conosce
Lotti Giancarlo?
Coli: Sì, lo conosco
perché era un cliente. Era un cliente.
Presidente: Ecco, ci può dire:
ha acquistato una macchina, lui, da voi, oppure no?
Coli: Ma è probabile,
senz'altro. Perché era, in quel periodo lì specialmente, qualche cliente,
amico, lasciavano lì delle macchine per venderle. Può darsi.
Presidente: Ecco. Schwarzenberg
Karl, gli dice qualche cosa?
Coli: Sì, era un nostro
cliente anche lui.
Presidente: Ecco, cosa ha
fatto lui?
Coli: Lui ha lasciato
una macchina lì, una macchina da poche lire da vendere a chi capitava.
Presidente: E che macchina
era?
Coli: Eh, mi sembra
Presidente: Un 124 blu. Era
blu?
Coli: Guardi, le dovessi
dire il colore...
Presidente: Va bene. É un 124.
Coli: Sì. Gli è passato tanto tempo, eh.
Presidente: E questo 124 lo ha
venduto lei?
Coli: É probabile, è
probabile lo abbia trattato anch’io.. Senz'altro. Nel senso che...
Presidente: Cioè, nel senso
che c'è chi ci dice che lo ha trattato lei. Quindi...
Coli: Si, si, può darsi
senz'altro. Può darsi.
Presidente: ...cerchi di
ricordare meglio.
Coli: Può darsi.
Presidente: E si ricorda a chi
lo ha venduto?
Coli: A chi l'ho
venduto. Mi sembrava... a Lotti, mi sembrava. Quel 124 lì. Sì.
Presidente: Ecco, a Lotti. É
Lotti. Quanto lo pagò Lotti?
Coli: Non me lo ricordo,
assolutamente, guardi. No.
Presidente: Chi lo pagò Lotti,
o lo pagò qualche altro per Lotti?
Coli: É probabile anche
che sia stato un...
Presidente: No, “è probabile”,
niente di probabile. “Probabile” non vuol dire nulla. Riferisca cosa sa lei.
Coli: . .. lui lavorava
a una draga. É probabile l'abbia pagata il suo principale.
Presidente: Allora, la pagò il
principale di lui con un assegno.
Coli: Ci sta.
Presidente: Si ricorda più o
meno quando è avvenuto questo, o no? É pretendere troppo?
Coli: No.
Presidente: L'epoca, grosso
modo?
Coli: No, guardi. Assolutamente,
non ricordo.
Presidente: Lasciamo l'anno,
ma diciamo: la stagione. Inverno, estate, prima della mietitura, dopo la
mietitura...
Coli: Mah., potrebbe
essere stato, semmai... proprio inverno, no. Nell'autunno, mi sembra, o nel...
così.
Presidente: Come?
Coli: Inverno no. Mi
sembrava d'inverno, no. Mi sembrava più una stagione come ora, ecco, di questo
periodo qui.
Presidente: Come ricevette il
pagamento, con assegni?
Coli: Non lo so. Non me
lo ricordo.
Presidente: Non si ricorda se
era assegno, o in contanti. E la macchina quando gliel'avete data a Lotti?
Coli: Non glielo so
dire, no.
Come
si vede, anche Gino Coli non ricordava nulla di quella 124. La sua deposizione
andò avanti con un’incredibile sfilza di “non ricordo”, “può darsi” , “è probabile” , “potrebbe” , “non glielo so dire”, “ci sta” e così via, facendo innervosire più volte il presidente: “Dice sempre: 'È probabile, è probabile', però lo dice troppo spesso 'probabile'!”. C’è da scommettere che se
fosse stata convocata anche la moglie, Mery Bellini, il risultato sarebbe stato
analogo.
Dopo
Gino Coli, a ricordarsi poco toccò a Roberto Scherma, quasi come se, prima di
deporre, si fosse lasciato influenzare dai vuoti di memoria dell’officina.
Abbiamo visto che era stato lui a consegnare i soldi nelle mani di Coli, e
sarebbe stato importante sapere quando.
Presidente: La domanda è questa: lei ha mai pagato una 124 a Lotti?
R.Scherma: Una 124?
Presidente: L'ha pagata lei
per conto del Lotti? Che lui ha ritirato poi insieme a lei?
R.Scherma: Eh, può darsi.
Presidente: Può darsi.
R.Scherma: Può darsi
perché... sì, può darsi perché lui lavorava con me, allora, dice: “Mi mancano
questi soldi e il meccanico vuole che, insomma, che tu ci vieni e poi glieli
darai, poi glieli dai tu”.
Presidente: E questa macchina
da chi l'avete comprata?
R.Scherma: Mah, mi pare che
questa macchina la comprò dall'officina Bellini. Perché ne ha comprata più di
una, lui, di queste macchine. E ora io un me lo ricordo.
Presidente: Si parla del 124,
però, non delle altre.
R.Scherma: Mi pare che questa
l'abbia comprata lì. Al cento per cento non glielo posso assicurare.
Presidente: No, no, lo dice il
Lotti. L'ha detto il Lotti che l'ha pagata lei, 800.000 lire. Si ricorda questo
pagamento all'officina Bellini in che epoca avvenne? Il giorno, di sera, la
stagione o non stagione. Cerchi un po' di far mente locale.
R.Scherma: Come? Unn'ho
capito la...
Presidente: Lei andò insieme
al Lotti all'officina Bellini a pagare questa macchina.
R.Scherma: Sì. Non mi ricordo
se era l'officina Bellini, insomma, da un meccanico a San Casciano.
Presidente: Un meccanico a San
Casciano, benissimo. É uscito poc'anzi, sta lì fuori, se vuole... è quello che
ha ricevuto il pagamento da lei.
R.Scherma: Sì.
Presidente: Allora, si ricorda
quando è avvenuto questo fatto? Siamo nell'85, la metto sulla strada.
R.Scherma: Eh, un me lo
ricordo, come fo? Sarà stato nell'85, nell'87, nell'83, non me lo ricordo.
Ci fu
un altro testimone smemorato, questo più di tutti, ma lo vedremo nel prossimo
paragrafo.
Incidenti misteriosi. Diamo adesso
un’occhiata un po’ più approfondita ai due incidenti che Giancarlo Lotti
avrebbe provocato con la Fiat 124 nell’estate del 1985 e denunciati
alla sua assicurazione. Ne parlò in appello Alberto Bartoli,
raccontando di averne trovato traccia all’interno del fascicolo della polizza.
Vediamo il primo.
PG: Il Presidente le
ha chiesto la pratica dell'incidente del 30 luglio '85. Ce n'è stato uno
precedente, guardando le sue carte, ci può dire il nome dell'altro col quale
c'è stato l'incidente? Giugno...
Bartoli: Il primo sinistro
è avvenuto il 22 giugno '85 alle ore 21:45. La parte avversa era un certo
Giuliani Settimio, abitante a Impruneta.
PG: Sa l'entità di
questo incidente?
Bartoli: Di questo no,
dell'altro sì. L'incidente è avvenuto il 31 luglio 1985, quello con il signor
Tartagli ed è stato pagato il primo aprile '86 in 590.000 lire.
PG: Parliamo di quello
di giugno. C'è tale Giuliani, questo è stato denunziato da Lotti? Ci può dire
cosa dice?
Bartoli: “Il sottoscritto
Lotti Giancarlo, abitante a San Casciano Val di Pesa, Via Lucciano, 20,
proprietario dell'autovettura Fiat 124, targata FI E42432 e assicurata con la
vostra polizza n. 68731, dichiara che il giorno 22 giugno '85 alle ore 21:45
immettendomi in via del Poggio Imperiale, urtavo nella parte anteriore
sinistra, danneggiando il parafango di una Fiat 127 targata FI 814964 del signor
Giuliani Settimio, abitante a Impruneta, assicurato con Lloyd Adriatico S.p.A.,
polizza 3613299-09. Distintamente salutiamo”.
Questa è diretta all'allora Preservatrice Assicurazioni
e sembra abbia la firma di Lotti ed è datata 27/6/85.
L’unico documento rintracciato da
Bartoli riguardo questo incidente era una fotocopia della lettera con la quale Lotti
se ne era assunto la responsabilità. L’aveva scritta lui? Di sicuro no, non ne
sarebbe stato capace; sappiamo bene che l’individuo quasi non sapeva scrivere,
come dimostra la sua famosa “lettera spontanea” (vedi).
L’aveva almeno firmata? “Sembra abbia la firma di Lotti”, disse Bartoli
dopo averla letta, senza segnalare differenze stilistiche tra firma e testo
soprastante (qui
due firme di Lotti, ringrazio Francesco Cappelletti). Naturalmente Bartoli
poteva anche aver omesso l’osservazione, oppure il testo era scritto a
macchina. I maligni però potrebbero anche pensare a una firma di chi lo aveva
scritto a mano, quindi non genuina. Soltanto l’esame del documento fugherebbe i
dubbi, ma chi scrive purtroppo non ne ha la disponibilità.
Non sappiamo se il danno fosse stato poi rimborsato dalla Allsecures Preservatrice, Bartoli non ne aveva documentazione. Si presume di sì, comunque, essendosi Lotti accollato il torto. In ogni caso si deve rilevare una strana coincidenza: l’incidente era accaduto a Firenze – via del Poggio Imperiale è a Firenze e soltanto lì – e tra le tante auto di fiorentini e provincia alle quali Lotti poteva essere andato addosso gli era capitata proprio una il cui proprietario abitava a Impruneta, a pochi chilometri da lui e soprattutto dall’officina Bellini: meno di sette in linea d’aria. Qualcuno si stupirebbe se la riparazione fosse avvenuta proprio in tale officina? Servizio completo, insomma. Purtroppo il signor Settimio Giuliani non venne chiamato a deporre, e niente venne chiesto a Lotti – il quale chissà se ne sapeva qualcosa? – quindi niente in più si poté sapere intorno a quello strano incidente, oltre le scarne notizie desumibili dalla lettera.
Passiamo al secondo incidente, del quale abbiamo già visto l’entità del rimborso: 590 mila lire, corrispondenti a circa 736 euro di oggi (2020).
Non sappiamo se il danno fosse stato poi rimborsato dalla Allsecures Preservatrice, Bartoli non ne aveva documentazione. Si presume di sì, comunque, essendosi Lotti accollato il torto. In ogni caso si deve rilevare una strana coincidenza: l’incidente era accaduto a Firenze – via del Poggio Imperiale è a Firenze e soltanto lì – e tra le tante auto di fiorentini e provincia alle quali Lotti poteva essere andato addosso gli era capitata proprio una il cui proprietario abitava a Impruneta, a pochi chilometri da lui e soprattutto dall’officina Bellini: meno di sette in linea d’aria. Qualcuno si stupirebbe se la riparazione fosse avvenuta proprio in tale officina? Servizio completo, insomma. Purtroppo il signor Settimio Giuliani non venne chiamato a deporre, e niente venne chiesto a Lotti – il quale chissà se ne sapeva qualcosa? – quindi niente in più si poté sapere intorno a quello strano incidente, oltre le scarne notizie desumibili dalla lettera.
Passiamo al secondo incidente, del quale abbiamo già visto l’entità del rimborso: 590 mila lire, corrispondenti a circa 736 euro di oggi (2020).
PG: Passiamo ora all'incidente
del 30 luglio. L'incidente è stato denunziato dalla controparte?
Bartoli: Sì. C'è una lettera
di richiesta danni, qui in fotocopia, con il mittente Tartagli Federico, La
Romola, ed è diretta al signor Giancarlo Lotti, Via Lucciano, 20 San Casciano
Val di Pesa e pc alla Allsecures Preservatrice, ispettorato sinistri, Via Orti
Oricellari, 32 - Firenze. La data è 31 luglio '85 e dice:
“In riferimento al sinistro causato
dall'autovettura Fiat 124, targata FI E42432, di sua proprietà e da lei
guidata, informo che è mia intenzione chiedere risarcimento del danno subito
dalla mia Ford Fiesta targata B59183, sulla fiancata. La prego quindi di voler
periziare il danno o personalmente o a mezzo assicurazione, contattandomi
precedentemente al numero telefonico xxxxxx, preferibilmente dopo le 20:30.
Informo che non ricevendo comunicazioni, provvederò alla riparazione del danno
girandole poi la fattura relativa. Distinti saluti.”
C'è un timbro, Federico Tartagli e una sigla.
C’è
da dire che con una richiesta danni del genere – priva di ogni specifica: data,
ora, luogo, dinamica, ecc… – non sarebbe stato possibile istruire alcuna
pratica di sinistro, e tantomeno decidere il risarcimento della parte avversa.
Questo almeno nell’ambito di una corretta gestione da parte dell’assicuratore.
Semmai tale richiesta avrebbe potuto costituire il punto di partenza di una
successiva e indispensabile raccolta di informazioni. Ma nel fascicolo
recuperato da Bartoli non ve n’era traccia, poiché alla lettera di Tartagli si
accompagnava soltanto una sintetica scheda del sinistro con indicati data e
importo del pagamento.
Se la
documentazione disponibile non consentiva di ricostruire nulla dell’incidente,
si poteva sperare che maggiori notizie venissero fuori da chi ne era stato
coinvolto. Abbiamo visto che nell’udienza del 18 maggio 1999 Federico Tartagli
venne interrogato, però, incredibile ma vero, affermò di non ricordarsi
assolutamente nulla, come se l’incidente non fosse mai avvenuto. E neppure i
suoi familiari (qui l’audio).
Presidente: Lei signor Tartagli Federico
nel lontano 1985, esattamente il 31 luglio 1985, scrisse una lettera a una
società assicuratrice, dicendo che aveva avuto un incidente stradale con tale
Lotti Giancarlo. Se lo ricorda questo?
Tartagli: No signor presidente, per
niente, non ho nemmen la minima idea di quello che può essere accaduto, ma
niente niente, guardi, se no sinceramente io… non ci sarebbe…
Presidente: Signora… scusi… lei ha quel
documento che dovrebbe essere stato prodotto stamane? Se vuole farselo dare un
momento. Ecco, vuol farlo vedere al teste… si dà atto che al teste viene…
Tartagli: [dopo
aver letto] Sì, di questa
macchina mi ricordo l’avevo io… mi ricordo a quell’epoca io comprai due furgoni
e due Fieste dal signor Baldi a Pontassieve. Perché io facevo pavimenti in
legno… una ditta di pavimenti in legno… ecco per questo qui, ma però di questo
incidente onestamente non ho nessuna ricordanza di niente. Che l’abbia scritta
io la firma mia quello sì. Qui però non posso dirle sì è vero o non è vero. Non
ho nessuna minima idea, guardi, proprio niente niente…
Presidente: Ma noi non mettiamo in dubbio
che sia vero, perché oltretutto è stato risarcito quindi suppongo che sia vero
Tartagli: … presidente a dirle una cosa
per un’altra…
Presidente: Era soltanto per avere
conferma… Comunque lei conferma che la firma è sua su questa lettera…
Tartagli: Sì sì.
Presidente: … anche se lei non ha memoria
di questo incidente…
Tartagli: No no, per niente signor
presidente, guardi, mi creda onestamente
Presidente: Potrebbe essere che non
guidava lei, guidava qualcun altro?
Tartagli: Onestamente io ho sentito
anche i miei figli che collaboravano con me. Anche loro non hanno la minima
idea, proprio per niente. Ieri sera anzi ho telefonato, qualcuno l’ho visto
anche in casa, ho detto guardate ragazzi, così così così, vi ricordate che
nell’85 c’è stato un incidente così così? Dice: “Babbo, guarda io per niente ma
io non mi ricordo di niente”.
Ormai
è passato 14 anni, poi se ci fosse stato qualcosa… perché è giusto dire anche
la verità, giusto signor presidente? Io onestamente gli parlo da padre di
famiglia onesto… che non ho nemmen la minima idea ecco di quello che sia stato
accaduto.
Giudichi
il lettore se la persona era sincera. Chi scrive pensa male, rilevando anche un
appellarsi eccessivo alla propria onestà (“Io onestamente gli parlo da padre di famiglia
onesto”) quando
nessuno l’aveva messa in dubbio e neppure ne avrebbe avuto motivo. Oppure sì? Gallina
che canta ha fatto l’uovo?
Bisogna
anche tener conto di un fatto, tanto per cambiare anch’esso anomalo. Come
risultava dalla documentazione letta da Bartoli in aula, il rimborso era
avvenuto il primo aprile 1986, quindi a distanza di ben otto mesi dal sinistro
– quasi come mettere al mondo un bel bambino o una bella bambina! Si tratta di
un lasso di tempo giustificabile soltanto in caso di danni alle persone, dove
intervengono convalescenze, guarigioni, invalidità e certificati annessi e
connessi. Ma qui c’era stato un danno di carrozzeria e basta, di entità non certo
astronomica, tenuto conto del rimborso, e, a dir tanto, in un paio di mesi la
pratica avrebbe dovuto essersi chiusa. Evidentemente sul rimborso c’erano stati
dei problemi, forse contestazioni accompagnate da contrasti di perizie, chi lo può
sapere? Tartagli si era dimenticato anche di questi?
Ma quel
banale cozzo di un’austera Fiat 124 di fine anni ’60 contro una sbarazzina e
ancor giovane Ford Fiesta del 1981 non voleva proprio saperne di svelare alla
Corte le proprie nudità: nonostante lo avesse confermato, e quindi gli mancasse
qualsiasi motivo di nasconderne i dettagli, di quell’incidente non se ne ricordava
neppure Giancarlo Lotti!
Presidente: Il Tartagli non si
ricorda nulla di questo incidente, lei se lo ricorda?
Lotti: Io un me ne
ricordo di questa persona, gli è passato tanto tempo...
Presidente: Ma dell'incidente
se lo ricorda?
Lotti: L'incidente sì...
c'è l'assicurazione, me la fece il Bellini a San Casciano...
Presidente: Si, ma cosa
successe in questo incidente? Dove?
Lotti: Di preciso un me
lo ricordo bene...
Presidente: E che danni
riportò la sua macchina? Se lo ricorda?
Lotti: Mah, la mia la unn
ebbe danni di nulla, ha fregato appena il paraurti e basta.
Qualcosina
invero Lotti disse di ricordarsela: in pratica nessun danno alla sua macchina,
un graffietto al paraurti e basta. Però dall'altra parte c'era stato un danno di entità quasi pari all’intero valore della sua 124. Non
così piccolo, insomma, quindi quel paraurti doveva essere proprio di quelli tosti! Oppure si potrebbe anche pensare che Lotti, come suo
solito, avesse detto quel che gli conveniva dire, tanto per chiuderla lì e far
contenti tutti.
Continuiamo
però sulla fascinosa strada del pensar male, visto che oggi chi scrive si sente
oltremodo maligno. Non sappiamo dove fosse avvenuto l’incidente, non avendolo Tartagli specificato nella propria richiesta danni, si deve però notare che
anche lui abitava molto vicino all’officina Bellini, anzi, ancora più vicino di
Giuliani: in linea d’aria 5 chilometri. Anche in questo caso ci sarebbe da
stupirsi se fosse stata proprio quell’officina a provvedere alla riparazione?
Alla
fine il lettore non inquadrato dovrebbe nutrire almeno qualche dubbio
sull’effettiva rispondenza al vero delle due denunce di sinistro, guarda caso
entrambe con riconoscimento di colpa da parte dell’intestatario della polizza
di cui si sta discutendo. Per di più il tutto era accaduto nei primi due mesi
da quando tale polizza era stata accesa. Era questa la sinistrosità media di
Giancarlo Lotti? Ma allora, in quale astronomica classe di (de)merito doveva essere
schizzato il suo bonus malus?
Segue
Segue
Buongiorno Sig. Segnini,
RispondiEliminaattendo con impazienza di leggere la terza parte di questo suo interessantissimo approfondimento.
Tuttavia mi sento in dovere di chiederle una precisazione. C'è un passaggio in questa seconda parte in cui lei affronta il tema del rapporto che aveva Lotti con il suo legale difensore.
Trascurando il fatto che l'Avv. Bertini, nel prosieguo della sua carriera ha dato ampia dimostrazione di essere persona e professionista eticamente e deontologicamente scorretta, perchè afferma che la calunnia del Lotti gli avrebbe procurato - al massimo - una condanna di due o tre anni. In realtà la calunnia di Lotti nei riguardi di Vanni, avendo in primo grado determinato la condanna all'ergastolo del calunniato, era un reato aggravato passibile di una condanna fino a venti anni di reclusione.
Cordiali saluti.
Cosimo
grazie per la precisazione, non lo sapevo, quindi cercherò di informarmi meglio
EliminaHo letto qualcosa, e in effetti il reato, che comporta una pena dai due ai sei anni, prevede delle aggravanti, commisurate al danno procurato. Senza volermi attribuire competenze che non posseggo, immagino però che la condizione di Lotti non sarebbe stata certo quella di chi, per suoi motivi abietti, si fosse messo a calunniare qualcuno.
EliminaNle caso di un Lotti innocente, il suo comportamento calunnioso avrebbe avuto tutt'altra motivazione, con gravi responsabilità da parte delle forze dell'ordine che lo avevano inquisito. Quindi non credo proprio che, assistito da un buon avvocato, avrebbe rischiato vent'anni.
Riguardo Bertini, lei vorrebbe insinuare che avrebbe potuto, coscientemente, indurre una persona innocente a continuare ad autoaccusarsi? Non lo credo, anche perché non vedo quale sarebbe stato il suo guadagno.
EliminaA pensar male si potrebbe giudicare molto strano il fatto che di questa benedetta 124 nessuno si ricordasse nulla. Gli Scherma, il Bellini , il Coli, il Tartagli. Chi aveva pagato non ricordava, chi aveva incassato nemmeno, e chi avrebbe dovuto ritirare i documenti neppure chiamato a testimoniare.
RispondiEliminaL'hai detto, ma aspetta la terza parte per avere un quadro completo.
EliminaSu Bertini: trattavasi di considerazioni personali basate su fatti oggettivi che non depongono in suo favore. Convengo con lei, tuttavia, che sia complesso ipotizzare i motivi della strategia difensiva da egli adottò, quindici anni fa, per il suo assistito Lotti.
RispondiEliminaSulle aggravanti, invece, c'è da distinguere tra generiche e specifiche, tra soggettive e oggettive.
Quella di cui si discute è una circostanza specifica oggettiva che non ha bisogno di essere accertata: c'è la sentenza di I grado. Le motivazioni, invece, sono del tutto inconferenti. Semmai potrebbero essere prese in esame se fossero da considerarsi attenuanti, ma personalmente non mi sembra il caso.
Viceversa si può discutere se, una volta incriminato, Lotti avrebbe rischiato una condanna più vicina al minimo (6 anni) o al massimo (20 anni). La mia opinione è che, se avesse ammesso di aver mentito, dopo aver preso bellamente per i fondelli il sistema giudiziario italiano in un processo che aveva un enorme seguito mediatico e in cui, oltretutto, c'erano quattordici genitori che attendevano finalmente giustizia per gli atroci assassinii dei loro giovani figli, avrebbe faticato assai anche a trovare un avvocato disponibile a difenderlo, e prendersi 16/18 anni sarebbe stato da considerarsi un successone.
Cosimo
A scuola ci hanno insegnato che con i se e con i ma la storia non si fa. Chissà come sarebbe finita se Lotti avesse ammesso, da innocente, di essere innocente... Non lo sapremo mai.
EliminaQuel che mi pare indubbio, o perlomeno molto, molto ragionevole, è che, almeno dopo la sentenza di primo grado, da innocente l'avrebbe detto al proprio avvocato di esserlo. Aveva preso trent'anni, non dimentichiamolo. Ora si dovrebbe immaginare un avvocato talmente pezzo di m. da convicerlo a perseverare nella strada della confessione... Con quali vantaggi per se, per la propria carriera? C'era un complotto del quale Bertini faceva parte e nel quale erano implicati dei magistrati? Insomma, quale sarebbe lo scenario che lei si immagina? Può essere così cortese da darmi una sua ipotesi?
Ripeto: sentenza di primo grado, trent'anni, Lotti innocente e spaventato parla con Bertini dicendogli: avvocato, scherzavo, io non ho visto nulla e non c'entro nulla.
Senza 'quel' testimone [ma anche 'assassino', 'complice', 'testimone oculare' e pure 'collaboratore di giustizia'], crollava ogni possibilità di accusa (al Vanni) al Pacciani... quel Pacciani assolto in secondo grado e poi ripescato con il ricorso avverso a quella sentenza per la mancata audizione dei quartetto algebrico secretato.
RispondiEliminaQuindi quando leggiamo un Propato (Istituzioni) dire:
"Nessun pubblico ufficiale aveva interesse a fare qualche cosa così contraria alla legge, per esempio manipolare un testimone." [Propato]
Non possiamo proprio evitare di farci tornare in mente il sempreverde adagio popolare che dice:
"e cane non morde cane"
e pure quello, più moderno, di
"e le marmotte incartano la cioccolata"
Riguardo al povero Vanni: Giuttari afferma che da giovane era un violento e di averlo attenzionato x i suoi precedenti penali. Filastò nel processo ai Cdm nega totalmente quest'accusa ad eccezione x una denuncia in cui parrebbe che il Vanni avrebbe spinto la moglie giù x le scale. Chi ha ragione? Ci sono dei documenti a riguardo?
RispondiEliminaPurtroppo non ho la documentazione per poter rispondere.
EliminaPerò se nessuno li ha mai visti questi documenti sembra logico pensare che non esistono.
RispondiEliminaNormalmente, se un dipendente chiede un anticipo al datore di lavoro per una spesa d'importo eccessivo per le sue possibilità in quel dato momento, il datore di lavoro glielo (eventualmente) concede ed entrambi si accordano per la restituzione.
RispondiEliminaDove sta la logica per cui Scherma va di persona a consegnare l'assegno a Bellini?
Timore che Lotti si mangiasse l'acconto a donnine invece che per procurarsi un veicolo efficiente?
In quel caso Lotti avrebbe dovuto almeno inalberarsi per la mancanza di fiducia nei suoi confronti...
Formulo una sola supposizione: che chi aveva vero interesse che la Fiat 124 risultasse intestata (non necessariamente in uso e questo è un dettaglio non da poco) a Lotti era chi ha messo mano al portafoglio...
Devo dire che non ho capito la sua supposizione, magari potrebbe spiegarla meglio.
EliminaA mio modesto parere potrebbe essersi trattato soltanto di una questione pissicologica: a uno piaceva fare il finto tonto e all'altro il grand'uomo.
Nel 1985 io ero troppo giovane per capire appieno le normative fiscali, posso solo supporre che fossero meno oppressive di quelle odierne (anche se dipende dai punti di vista, dato che so per esperienza personale che sui documenti trasporto merci erano al contrario davvero rigidissime rispetto a oggi).
RispondiEliminaCerto anche allora l'emissione di un assegno era una faccenda abbastanza delicata e senz'altro ci voleva un motivo piuttosto forte affinché A figurasse come soggetto pagatore di un bene destinato a B.
Di più: attuando una simile transazione, poi Scherma che titolo avrebbe avuto per esigere la compensazione da Lotti?
Se ti presto denaro e faccio l'assegno a nome del beneficiario ciò è relativamente sufficiente per poi pretenderne la restituzione ma se acquisto un bene a nome del beneficiario per pacifica giurisprudenza il beneficiato non è tenuto alla compensazione, a meno che non esista un altro documento che lo prevede.
Ulteriore aggravante: Scherma era (o è ancora?) un titolare di partita Iva e se anche avesse staccato l'assegno collegato a un suo conto personale è intuibile quanto un'operazione simile, seppure d'importo modesto, sarebbe stata a rischio di contestazione degli organi di controllo.
In mia scienza e coscienza questa "donazione" di Scherma a Lotti è oltremodo anomala, non c'è assolutamente senso logico.