giovedì 28 gennaio 2016

L'ombra nera (2)

Segue dalla prima parte

In questa seconda parte dell’articolo cominceremo a esaminare i fondamentali contributi all’ “ombra nera” forniti dai personaggi che avevano animato l’inchiesta precedente. Il mancato ritrovamento della sede dei festini descritti dalla Pellecchia dovette costituire una grande delusione per il commissario Giuttari, il quale, appena due giorni dopo, andò a chiedere aiuto a Gabriella Ghiribelli, il vecchio testimone Gamma. Ai tempi dei “Compagni di merende”, superate le prime paure, la donna aveva dimostrato di saper godere appieno dell’improvvisa e inaspettata popolarità – lei che non aveva mai contato nulla – fronteggiando con grande disinvoltura giornalisti, giudici e avvocati. A parte qualche sporadica intervista, come quella del 2001 per la trasmissione “Un giorno in pretura”, era poi ripiombata nell’anonimato, trascinandosi tra qualche cliente e i molti bicchieri di vino che l’avevano condotta verso la fine del proprio percorso autodistruttivo (il 5 dicembre 2004, a soli 54 anni, sarebbe morta di cirrosi epatica). Essere chiamata di nuovo sul palcoscenico dovette renderla molto felice e soprattutto molto disponibile a raccontare di tutto, complice lo stato di ebbrezza nel quale si doveva sempre trovare. Come era già accaduto con Fioravanti per Pacciani – di questo tratteremo in un prossimo articolo – attraverso di lei ricominciò a parlare anche l’ormai defunto Giancarlo Lotti.
E così il 28 febbraio, il 1° marzo e il 5 marzo 2003 la Ghiribelli sedette di nuovo davanti a Giuttari. Grazie alla sua inesauribile voglia di comunicare, in quei tre giorni cominciò a definirsi meglio lo scenario nel quale, secondo la futura ricostruzione degli inquirenti, sarebbe maturato il commercio dei feticci a San Casciano. Innanzitutto Gamma aggiunse molti particolari inediti alle antiche descrizioni delle orge e delle attività esoteriche che si sarebbero svolte a casa del sedicente mago Salvatore Indovino, lei presente, dove una certa “Marisa” proveniente da Massa avrebbe portato addirittura dei bambini. Il seguente frammento, riportato nella nota GIDES scaricabile qui, può darne un’idea:

Di solito la Milva Malatesta era quella che faceva la parte della vittima, si sdraiava nel centro del cerchio con all’interno una stella a cinque punte, poi tutti gli uomini si accoppiavano con lei; successivamente anche i bambini venivano portati nella stanza dove c’era il cerchio, ma non so cosa avvenisse dopo. Le feste avvenivano sempre a casa di Indovino, tranne una volta che andarono in un cimitero assieme al capo degli Hare Krishna. Infatti il giorno dopo c’era un articolo sulla Nazione, che diceva che sconosciuti avevano scoperchiato le tombe. Il cimitero era nei dintorni di San Casciano ed il periodo era nei primi anni '80.

Clamorose novità anche per i partecipanti, un potpourri nel quale furono inseriti Filippo Neri Toscano, Filippa Nicoletti, un orafo, un medico delle malattie tropicali, il capo degli Hare Krishna e Sebastiano Indovino, fratello di Salvatore, il quale si sarebbe accompagnato anche con i bambini. Eppure qualche anno prima la Ghiribelli aveva raccontato d’aver visto soltanto le tracce di queste presunte orge, alla domenica mattina quando andava ad aiutare Indovino a rimettere a posto la casa, quindi lei non avrebbe mai partecipato. Tra l’altro la donna non era in possesso di patente, e a casa d’Indovino veniva sempre accompagnata dal suo protettore Umberto Galli, che più volte aveva dichiarato di non aver mai visto nulla. A domanda della Polizia sul perché prima avesse taciuto sulla presenza dell’orafo e del medico delle malattie della pelle o tropicali, la donna rispose (dalla sentenza De Luca):

In verità io mi ricordo che durante il processo fatto a Lotti Giancarlo e Vanni Mario io parlai dell’orafo e del medico delle malattie della pelle, ma non venni presa in considerazione. Comunque, durante i verbali fatti in Questura non ne parlai perché le domande che mi venivano poste riguardavano il Lotti e il Vanni.

Figurarsi se almeno ai giornalisti la loquacissima Ghiribelli non avrebbe raccontato fatti così clamorosi! In ogni modo gli inquirenti presero le sue fandonie molto sul serio, comprese quelle su una seconda sede di orge, più prestigiosa e ben più esoterica della stamberga di Salvatore Indovino: una misteriosa villa appartenente a un medico svizzero. Dal verbale del 28 febbraio riportato dalla sentenza Micheli:

Nel 1981 vi era un medico che cercava di fare esperimenti di mummificazione in una villa vicino a Faltignano, che, da quello che sapevo, sembrava che l'avesse comprata sotto falso nome. Questa villa so trovarsi nei pressi del luogo dove furono uccisi nel 1983 i due ragazzi tedeschi. […] Di questo posto mi parlò anche Giancarlo Lotti in più occasioni e sempre negli anni ‘80 quando ci frequentavamo. […] Sempre il Lotti mi raccontò che questa villa aveva un laboratorio posto nel sottosuolo, dove il medico svizzero faceva gli esperimenti di mummificazione. Mi spiego meglio: il Lotti disse che questo medico svizzero, a seguito di un viaggio in Egitto, era entrato in possesso di un vecchio papiro dove erano spiegati i procedimenti per la mummificazione dei corpi. Detto papiro mancava però di una parte che era quella relativa alla mummificazione delle parti molli e cioè tra le altre il pube ed il seno. Mi disse che era per quello che venivano mutilate le ragazze nei delitti del c.d. mostro di Firenze. Mi spiegò anche che la figlia di questo medico nel 1981 era stata uccisa e la morte non era stata denunciata tanto che il padre aveva detto che era tornata in Svizzera per giustificarne l’assenza. Il procedimento di mummificazione gli necessitava proprio per mummificare il cadavere della figlia che custodiva nei sotterranei. Questo medico svizzero, sempre da quello che ho saputo, al momento delle indagini su Pacciani, abbandonò la villa per tornare in Svizzera. […]
Questo medico svizzero all’epoca aveva 40-45 anni e frequentava assiduamente un orafo di San Casciano che aveva un laboratorio vicino all’ “Orologio” ed un medico che curava le malattie tropicali con ambulatorio nei pressi dell’orafo.
A proposito di quest’orafo, posso dire che più volte lo vidi insieme al medico di Perugia che poi scomparve nel lago. Riguardo a quest’ultimo lo descrivo come un giovane dal fisico atletico, alto, ben curato. […]
Il medico di Perugia lo vidi anche in compagnia del medico che curava le malattie tropicali di cui ho parlato. Era più giovane degli altri e poteva avere una trentina d’anni. […]
So che il medico di San Casciano di malattie tropicali, il medico di Perugia e l’orafo frequentavano la villa del medico svizzero, dove facevano anche festini con minorenni. Ricordo che seppi che in un’occasione un bambino ed una bambina di 9 anni dovevano accoppiarsi mentre loro si masturbavano. […]
Giancarlo mi parlò spesso del medico di Perugia. Mi disse che l’aveva conosciuto a San Casciano e che aveva fatto amicizia. Ricordo che mi riferì che questo medico si dava tante arie e diceva di avere una barca. Mi riferì anche che era amico del medico svizzero e dell’orafo. Ricordo anche che mi disse che quando era a San Casciano questo medico di Perugia dormiva nella villa dello svizzero.

Poteva mancare Francesco Narducci tra i personaggi coinvolti? Alla Ghiribelli fu mostrato un album contenente tre sue foto, e lei lo riconobbe per il medico di Perugia. A domanda se l’avesse mai visto in televisione rispose di no, poiché da sette mesi aveva il televisore rotto. Ma è difficile credere che non le fosse mai capitato di posare l’occhio sopra una sua fotografia, quando sui giornali ne comparivano già da tempo, poiché c’è da scommettere che l’antica protagonista delle indagini sui “Compagni di merende” non si fosse lasciata scappare neppure un articolo. Anzi, è forte il sospetto che le storie raccontate agli inquirenti fossero frutto di qualche fantasia preparata proprio durante quelle letture.
Può sembrare incredibile, ma le bizzarre dichiarazioni della Ghiribelli sarebbero andate a costituire l’ossatura del quadro accusatorio portato in aula quattro anni dopo dalla Procura, secondo la quale la misteriosa villa dei festini era da identificarsi con Villa La Sfacciata, posta di fronte alla piazzola dove vennero uccisi Horst Meyer e Uwe Rusch, e il medico svizzero con Rolf Reinecke, un cittadino tedesco che a quel tempo vi abitava e aveva visto per primo i corpi. È da notare però che Reinecke era un imprenditore tessile e nient’affatto un medico. Nulla torna, quindi, e non si capisce come gli inquirenti avessero potuto prendere sul serio i fantasiosi racconti di un’alcolista giunta ormai all’ultimo stadio, capace anche d’inventarsi delle confidenze di Giancarlo Lotti sul delitto di Giogoli, quando da sempre aveva sostenuto di non sapere, all’epoca, che l’amico era coinvolto nella vicenda del Mostro: “Giancarlo mi fece vedere anche dove furono uccisi i due tedeschi e mi disse che il Pacciani l’aveva costretto, perché lui aveva visto la storia degli Scopeti […] e allora gli disse che doveva sparare a questi qua ‘così tu sei dei nostri’” (dalla sentenza De Luca). Come si vede, probabilmente intontita dai fumi dell’alcool, la donna aveva anteposto il delitto degli Scopeti a quello di Giogoli!

I clamorosi risultati della tre giorni con Gabriella Ghiribelli avevano finalmente concesso qualche buona carta ai nostri investigatori, che proseguirono per quella strada andando a recuperare altri protagonisti dell’inchiesta precedente.
Il 4 e l’8 aprile venne interrogato Lorenzo Nesi, sempre pronto ad attingere al pozzo inesauribile della propria duttile memoria. Non ne aveva saputo dire il nome, però aveva riconosciuto in una foto di Narducci una persona vista più volte a San Casciano, anche assieme a Calamandrei, aggiungendo, da consumato teatrante qual’era, tutta una serie di fantasiose notizie inedite che avevano dato un tocco di originalità alle sue dichiarazioni. Dalla sentenza De Luca:

La persona raffigurata nella foto n. 2 l’ho vista sicuramente a San Casciano. Ne sono proprio certo e credo che abitasse in una villa o comunque in una casa colonica grossa, che si trovava sulla strada che da San Casciano va verso Cerbaia, e precisamente vicino alla chiesa di San Martino. Non era sicuramente una persona del posto e mi sembra di ricordare di averla vista insieme al farmacista di San Casciano che si chiama Francesco Calamandrei. Su questo punto non sono proprio certo. […]
Ricordo che correva voce che fosse gay. Questa persona sono sicuro di averla vista con un tipo un po’ strano, di nazionalità straniera, ma non so dirvi di dove. Dico strano perché era proprio un omone che vestiva in maniera un po’ stravagante ed ho ricordo che avesse una camminatura tipica da gay. Questo omone credo che avesse un’auto grossa, ma non so dirvi se fosse una Jaguar o una Mercedes… anche l’omone abitava nella zona in cui ho dichiarato abitava la persona raffigurata nella foto n. 2. […]
Era una persona dal fisico atletico, più giovane dell’omone, all’epoca poteva avere 28/30 anni. Il fisico era ben curato e credo che facesse anche dello sport, tipo tennis. Dico questo perché ho ricordo di averlo visto con una borsa con le racchette da tennis, ma non so dire dove nella zona andasse a giocare, forse in un campo privato.

Le fandonie di Nesi furono prese molto sul serio dai nostri inquirenti. Ma dov’erano le tracce di tutta questa attività di Narducci a San Casciano? Dov’era la villa, quali persone dicevano che fosse gay, chi era il misterioso “omone”, anche lui gay? A quanto sembra Nesi riconobbe l’omone. Si sarebbe trattato di un certo Natanhel Vitta, possessore di campi da tennis privati a San Casciano. Non risulta però che tale personaggio sia mai stato interrogato o sia stato interrogato qualcuno che lo conosceva, e a suo riguardo, nelle sentenze De Luca e Micheli, vengono riportate soltanto le parole di Nesi. Tra l’altro, secondo Nesi, tutti i personaggi della congrega – a suo dire Narducci, Calamandrei, il cognato di questi, l’omone, un cugino dell’attore Giorgio Albertazzi – avrebbero frequentato vari ristoranti della zona, tra cui l’osteria di Ponte Rotto, ma non risulta che qualcuno se ne fosse mai accorto.
Un paio di mesi dopo la Polizia tornò a cercare anche Fernando Pucci, che il 3 giugno fu portato in Questura, davanti a Giuttari e all’ispettore Castelli. Chi ha letto la trascrizione del suo interrogatorio al processo Vanni (qui) non può certo stupirsi di come fece presto ad accontentare i suoi interlocutori. Naturalmente anche lui aveva visto Narducci a San Casciano, “un tipo alto e magro tipo finocchino” che avrebbe parlato al bar con Giancarlo Lotti. Il quale ormai era morto, quindi non se la sarebbe certo presa per le fandonie del suo vecchio compagno di scorribande, e tantomeno avrebbe potuto smentirlo. Come la Ghiribelli, anche Pucci raccontò di “una villa nei dintorni dove c’erano minorenni con cui facevano sesso”, e come Nesi di un omone visto assieme a Narducci, confermandone l’identificazione nel già citato Natanhel Vitta.

6 commenti:

  1. Ciao Antonio,
    una domanda che magari tu ne sai piu di me.

    La Gh., dichiarò [NdA: ad esempio il 27 dicembre 1995 - http://insufficienzadiprove.blogspot.it/2009/04/gabriella-ghiribelli-prima-parte.html ] che lei faceva la "prostituta" e il Ga. era il suo "protettore".

    Siccome a me non risulta che, in quegli anni, fare il protettore fosse lecito; nè mi risulta che in quegli anni l'obbligatorietà dell'azione penale non esistesse...
    volevo chiederti:
    *** a te risulta che oltre ad assegnargli una lettera dell'alfabeto greco, al Ga. gli sia anche stata "assegnata" una dovuta denuncia?

    *** Oppure, per il Ga. vale il discorso come per il Pu.?

    hzT

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    1. Non so, in ogni caso erano passati dieci anni.

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    2. Scusate, ma vi preoccupate di una denuncia per galli perché faceva il pappone e non vi chiedere perché il teste alfa, invece malgrado complice, mai sia stato nemmeno indagato ? per altro Pucci è morto domenica scorsa e solo da ieri sera la notizia è su tutti i media e ieri anche al TG1, mi vien quasi da pensare che dovevano distogliere l'attenzione dal caso della sentenza gatta per la fox ?

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  2. Gentile sig. Segnini, ho letto per diverse settimane i contenuti del suo blog, invogliato dalla premessa che lei fa di volersi porre quale storico e ricercatore della verità negli oscuri meandri delle vicende del Mdf, apprezzando la sua capacità d'analisi sempre lucida e logica, che ricorda più i metodi di indagine applicati ai gialli anglosassoni che non a quelli confusi e caotici all'italiana. Tuttavia, ho riscontrato in diverse occasioni che la sua logica è al servizio di un'idea ben precisa, quando è risaputo che la logica asseconda solo se stessa, vale a dire è disposta a cambiare idea. Quando parla della testimone gamma, del metodo di riconoscimento line up, di Giuttari, Mignini, etc. ritengo che non lo faccia con la stessa oggettività con cui ad esempio analizza e descrive le dinamiche dei delitti. Quando dice che un testimone tende a non voler deludere l'inquirente e altre esternazioni di questo genere, lei getta un'enorme ombra non più solo sulle vicende del MDF ma in generale sulla validità di qualsiasi indagine e iter processuale. E questo per far emergere la debolezza delle tesi che lei non condivide? Come quando dice che il testimone gamma era ben felice di tornare sotto i riflettori. È chiaro che si tratta di una sua opinione ben orientata. Quindi ho capito che più che cronistoria, la sua è una battaglia per far trionfare la sua idea di verità. Proposito legittimo e invidiabile, ma resto del parere che per trovare la verità bisogna fare un passo indietro rimanendo nell'ombra e far parlare i fatti senza commentare, ascoltando tutti i protagonisti e le comparse, sempre vagliando i dati acquisiti attraverso il rigore della coerenza e della riprova, proprie di ogni metodica che voglia dirsi logica.

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    1. Premesso che il mio tentativo di storicizzazione delle vicenda non è opera di uno storico di professione, quindi è ben possibile la presenza di errori metodologici nei miei scritti, nondimeno ritengo che essi si pongano comunque al servizio della ricerca della verità, poiché distinguono sempre tra fatti e intepretazione degli stessi. E le interpretazioni uno storico deve darle, altrimenti non è uno storico, ma un semplice raccoglitore di documenti.
      Riguardo l'interpretazione dei fatti, è evidente che ognuno è libero di costruire la sua, nella quale per forza hanno un ruolo le convinzioni personali. E se queste non distorcono i fatti, sono legittime. Essere legittime non vuol dire però che abbiano anche valore, poiché comunque debbono sottostare alle regole della logica e anche della plausibilità. E devo dire che la sua riguardo riti di fertilità e simili di plausibilità, a mio modesto parere, ne hanno davvero poca.
      Riguardo le testimonianze, le consiglio di leggere il bel libro di Giuliana Mazzoni, "Si può credere a un testimone?". Se vuole davvero essere intellettualmente onesto nelle sue considerazioni su questo inquinatissimo caso, lo legga bene.

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  3. Non ho nessuna tesi, le assicuro. Semplicemente, quando scrivo ragiono a voce alta. Preferisco il dubbio alla persuasione e sono sempre pronto a cam biare idea. Se proprio vogliamo dirla tutta, la storia per essere tale, e dunque suscettibile di essere interpretata, deve avere una fine. Se le vicende del MDF non hanno avuto una fine, perché senza reale soluzione, allora si può provare a ricercare più che interpretare qualcosa che non si sa come sia effettivamente andata. Il mio commento d'esordio nel suo blog era una domanda, non una tesi, se qualcuno avesse mai notato collegamenti tra escissioni e Spagnoli e lei rispose con una nuova domanda quindi con nessun conforto logico a supporto. Grazie dell'informazione bibliografica.

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