martedì 26 gennaio 2016

L'ombra nera (1)

Se Michele Giuttari in “Confesso che ho indagato” definisce erroneamente “dubitativa“ l’assoluzione di Francesco Calamandrei, Giuliano Mignini, nella propria requisitoria per il caso Narducci, più prudentemente usa il termine “attenuata”. In ogni caso è chiaro l’interesse d'entrambi a sminuire in qualche modo la portata della decisione del giudice Silvio De Luca. E più che sull’uso del comma 2 art. 530, in entrambi i casi il tentativo si appoggia a un passaggio della sentenza dove si parla di “un’ombra nera” che sarebbe rimasta a macchiare il proscioglimento di Calamandrei. Scrive Mignini (dalla sentenza Micheli):

A pag. 201 il GUP osserva che le molteplici e reiterate conferme della presenza del NARDUCCI a San Casciano e della sua frequentazione della farmacia CALAMANDREI, comportano “un’ombra nera… nei suoi confronti”, perché il CALAMANDREI ha inspiegabilmente e pervicacemente negato questa conoscenza. A p. 207 della sentenza il GUP aggiunge: “Le modalità della morte del NARDUCCI, e ciò che ne è seguito, alla luce di quanto risulta realmente emerso sulla persona e sui suoi contatti a San Casciano, e non di mere congetture, portano effettivamente un’ombra di sospetto sul CALAMANDREI, il quale, avendo sempre serbato nel presente procedimento un atteggiamento di assoluto riserbo… solo in tale ambito ha negato decisamente qualsiasi sua conoscenza con detto personaggio” e più avanti, a p. 209: “L’unica, vera ombra è rappresentata… dalla vicenda ‘NARDUCCI’, del quale comunque sono stati affermati la frequentazione di San Casciano e il rapporto col CALAMANDREI” (..).

A pagina 361 del proprio libro Giuttari riprende quasi alla lettera il passo precedente, il che, per inciso, dimostra la tutt'ora perfetta intesa tra magistrato ed ex superpoliziotto:

A p. 201, il gup osserva che le molteplici e reiterate conferme della presenza di Narducci a San Casciano e della sua frequentazione della farmacia Calamandrei comportano “un’ombra nera… nei suoi confronti”, perché Calamandrei ha inspiegabilmente e pervicacemente negato questa conoscenza.
E oltre, a p. 207, aggiunge: “Le modalità della morte del Narducci, e ciò che ne è seguito, alla luce di quanto risulta realmente emerso sulla persona e sui suoi contatti a San Casciano, e non di mere congetture, portano effettivamente un'ombra di sospetto sul Calamandrei, il quale, avendo sempre serbato nel presente procedimento un atteggiamento di assoluto riserbo… solo in tale ambito ha negato decisamente qualsiasi sua conoscenza con detto personaggio”.
E ancora oltre, a p. 209: “L’unica vera ombra è rappresentata… dalla vicenda Narducci, del quale comunque sono stati affermati la frequentazione di San Casciano e il rapporto col Calamandrei”.

In effetti in sentenza De Luca sembra rimanere dubbioso di fronte all’ostinazione con cui Calamandrei aveva sempre negato la conoscenza di Narducci, quando invece vari testimoni avevano sostenuto il contrario. Va però precisato che la locuzione “ombra nera”, che sembra evocare chissà quali contesti esoterici, risulta più un’arguzia del giudice che altro, poiché fa parte della frase “se ciò comporta un sospetto, anzi un'ombra nera (tanto per rimanere in tema di magia, esoterismo e cose affini...)”, quando “magia, esoterismo e cose affini” erano stati del tutto esclusi dall’insieme degli elementi rilevanti. Ma soprattutto sia Mignini sia Giuttari omettono di citare altri passi significativi che la sentenza dedica all’argomento, come il seguente:

D'altra parte sul conto del medico di Perugia, che pur risulta essere stato investigato in tutti i modi e in due diverse indagini, poi riunite, non è emerso quantomeno allo stato un suo coinvolgimento con i fatti per cui è causa, al più risultando coinvolto in qualche rapporto sessuale con prostitute della zona di S. Casciano e Firenze ed essendo stato avvistato (sia pur con non pochi dubbi e non da tutte le pp.ii.ff. sentite nella lunga indagine) nella zona.
Anche qui appare un sillogismo secondo cui  […] poiché il prevenuto ha dichiarato di non aver mai conosciuto Narducci ed essendo invece quest'ultimo “legato” a San Casciano, non poteva costui non avere responsabilità gravissime negli omicidi. Tuttavia, non essendo emerso alcun serio riscontro che leghi il Narducci al gruppo degli “intellettuali”, anche tale ipotesi appare quale sospetto o indizio ma non si spinge oltre detta soglia e non può di certo costituire, quindi, conferma dell'assunto accusatorio.

Se è vero che De Luca prese atto dell’esistenza di testimoni che avevano dichiarato d’aver visto assieme Narducci e Calamandrei, “sia pur con non pochi dubbi”, e del fatto che quest’ultimo non aveva voluto confermare la frequentazione, giudicò però sbagliato ritenere ciò una prova a favore dell’accusa, poiché non era stato dimostrato il coinvolgimento di Narducci nelle vicende fiorentine. Il ragionamento sarebbe stato ripetuto dalla sentenza Micheli, ma in modo speculare. Mignini, infatti, nell’ombra nera concessa da De Luca aveva cercato sostegno alla propria tesi di un coinvolgimento di Narducci nei delitti del Mostro. Così Micheli rintuzzò il tentativo (Tizio = Calamandrei, Caio = Narducci):

Il ragionamento è: a carico di Tizio ho nulla o quasi, per dire che sia (o abbia avuto a che fare con) il “mostro di Firenze”; Tizio ha negato di aver mai conosciuto Caio, ma qualcuno sostiene che invece erano amici per la pelle; se avessi la certezza che Caio era rimasto coinvolto in quei delitti, potrei ricavarne un indizio significativo anche su Tizio. L’ultimo step non è tuttavia percorribile, perciò si ritorna da dove si era partiti, vale a dire al nulla o quasi.
A questo punto, non è corretto affermare, come fa invece il P.M. perugino, che l’inciso della motivazione su quell’ombra di sospetto valga a dimostrare ulteriormente la serietà dell’impianto accusatorio che contempla il Narducci nella posizione di Caio; perché anche a carico del Caio menzionato nell’esempio, secondo l’estensore della sentenza, c’è un nulla o quasi, a sua volta impossibile da riempire con quanto acquisito nei confronti di Tizio.

Quindi, per entrambi i giudici, poiché sia su Narducci sia su Calamandrei non erano stati trovati indizi significativi di un loro qualsivoglia coinvolgimento nei delitti del Mostro, neppure la loro eventuale reciproca conoscenza poteva qualificarsi come indizio significativo. Nondimeno appare comunque bizzarro che un personaggio aristocratico come Narducci si fosse preso la briga di frequentare Calamandrei e in generale l’ambiente di San Casciano (addirittura Vanni, Lotti, Ghiribelli e compagnia bella) senza un valido motivo. Piuttosto ci sarebbe da ragionare sull’affidabilità dei testimoni che avevano raccontato di quelle frequentazioni. Quanto credito si poteva dar loro? Davvero poco, anzi, nessuno. La maggior parte aveva riconosciuto Narducci in qualche vecchia foto, dichiarando d’averlo visto vent’anni prima, una volta o poco più, senza aver saputo chi fosse. Ma il metodo con il quale erano avvenuti tali riconoscimenti non dava alcuna garanzia. Anche dando per scontata la buona fede dei testimoni (ma per qualcuno di loro il dubbio s’impone), è ragionevole ritenere che nell’associare l’immagine di Narducci a un ricordo così lontano nel tempo doveva aver pesato più che altro il desiderio di non scontentare gli investigatori. È anche vero che con un paio di loro il personaggio si sarebbe qualificato con il proprio nome, ma vedremo quanto poco credibili furono i loro racconti.
Per il momento concentriamoci sulla testimonianza di Marzia Pellecchia, la prima (4 febbraio 2003) e di gran lunga più loquace di tre prostitute interrogate da Giuttari. Le altre due erano Angiolina Giovagnoli, frequentata in modo assiduo da Calamandrei, e Loredana Miniati. La Pellecchia dichiarò d’aver partecipato per tre volte, all’incirca nel 1982, a festini a base di sesso in una casa malmessa nelle campagne di San Casciano, presenti Vanni, Pacciani, Lotti, Gian Eugenio Jacchia, Calamandrei e Narducci, tutti riconosciuti tra le foto di un album che gli inquirenti le avevano mostrato. A introdurla nella lussuriosa combriccola sarebbe stata la Giovagnoli, presente a due degli incontri, mentre all’altro avrebbe partecipato la Miniati. Interrogata il 7 febbraio dopo aver subito una perquisizione domiciliare, la Giovagnoli ammise che Calamandrei era stato suo cliente abituale, ma affermò con decisione che i loro incontri erano sempre avvenuti a Firenze, e che lei non si era mai recata a San Casciano e non aveva mai partecipato ad alcun festino, smentendo quindi quanto affermato dalla Pellecchia.
Il giorno dopo le due donne furono messe a confronto, ma continuarono a portare avanti ognuna la propria versione, fino a quando la Giovagnoli concesse alla Pellecchia un formale beneficio del dubbio:

E quindi rimangono tutte e due sulle loro posizioni e la Giovagnoli concede alla Pellecchia solo quella frase “se lo dice lei sarà vero”, negando, però, la sua frequentazione nella casa di San Casciano insieme alla Pellecchia, tanto che concludeva: “Confermo le dichiarazioni fatte a verbale, ma le feste non me le ricordo.”

Fu sentita anche Loredana Miniati, che si mostrò risoluta nel negare ogni coinvolgimento, anche davanti alla Pellecchia con la quale fu messa a confronto.
A dire il vero i festini descritti dalla Pellecchia non sembrava avessero nulla a che fare con le cerimonie esoteriche ricercate dagli inquirenti, non contemplando né rituali satanici né uso di feticci. Neppure vi si consumavano droghe, al massimo qualche bel bicchiere di quello buono, bevuto in gruppo per scaldare l’ambiente licenzioso e danzereccio, dopodiché ognuno si ritirava nella propria stanza in allegra compagnia. In ogni caso è legittimo esprimere seri dubbi sui racconti della donna. Innanzitutto le sue colleghe l’avevano smentita, anche la Giovagnoli, il cui beneficio del dubbio sa tanto di un modo per chiuderla lì e non aver più rotture di scatole. Poi non sembra per nulla affidabile il riconoscimento dei partecipanti ai festini, tra cui assume particolare rilevanza quello di Francesco Narducci, poiché, se confermato, darebbe prova di sue frequentazioni fiorentine, non necessariamente legate alla vicenda del Mostro ma comunque allarmanti, visto il contesto. È il caso quindi di approfondire, facendo prima alcune considerazioni di principio, valide anche per molte altre testimonianze che via via dovremo esaminare.
Una semplice ricerca su Google con la frase “riconoscimento fotografico” porta a numerosi articoli giurisprudenziali che mettono in guardia sull’affidabilità di tale mezzo di prova. Ad esempio qui:

La giurisprudenza e la dottrina di common low interessate da tempo al fenomeno dell’individuazione (sia fotografica che tramite line up) e da decenni impegnate ad isolarne le criticità con lo scopo di limitarne la fallacia, hanno sottolineato come l’85% delle sentenze di condanna fondate sui riconoscimenti dei testimoni oculari siano state poi riformate in appello (Domenico Carponi Schittar, 2012) e come il riconoscimento fotografico sia uno dei mezzi di prova meno attendibili e si trovi all’ultimo posto nella scala di attendibilità probatoria dovendo trovare soltanto nelle esigenze investigative il presupposto per la loro esecuzione mirato esclusivamente alle finalità proprie della fase preliminare (V. in Giurisprudenza la Sentenza Corte di Assise di Milano n. 16/2007 del 26 novembre 2007 richiamata anche da Luisella de Cataldo Neuburger, 2008).

Riconoscere una persona in foto è spesso molto difficile anche in condizioni ottimali: avvistamento non troppo remoto e disponibilità di più scatti a colori, contemporanei all’avvistamento stesso, sia della figura intera sia del volto. L’affidabilità del riconoscimento cala in modo esponenziale via via che ci si allontana da queste condizioni, come nel caso di Marzia Pellecchia dove esse erano estremamente sfavorevoli. La donna, infatti, avrebbe visto Narducci per due volte vent’anni prima, nel 1982, e per riconoscerlo aveva avuto a disposizione soltanto due foto che sarebbe stata una gran bella fortuna se fossero risalite proprio a quell’anno.
Ma c’è di più. Prove condotte con la metodologia ben più affidabile del line up (persone in carne e ossa messe una accanto all’altra) dove mancava il soggetto da riconoscere, hanno dimostrato che addirittura nei tre quarti dei casi il testimone ne sceglie uno comunque, indirizzandosi su quello a suo giudizio più somigliante, poiché teme di deludere i propri interlocutori. Il rapporto che si crea tra testimone e interlocutore è di rilevanza enorme per i risultati della prova: più il secondo dà l’impressione d’esser sicuro che in mezzo agli individui mostrati ci sia anche quello visto dal primo, più il primo sarà portato a dare in ogni caso una risposta positiva.
Nel riconoscimento fotografico si aggiungono i possibili inquinamenti dovuti alle modalità con le quali le foto vengono sottoposte al testimone. A dire il vero esistono delle metodologie stabilite dalla legge, obbligatorie però soltanto in dibattimento e non in fase di indagini preliminari, dove vengono lasciate alla sensibilità del poliziotto o del magistrato, della quale è lecito diffidare anche nel caso di professionisti seri. Purtroppo l’ansia di aggiungere una conferma alle proprie tesi costituisce una tentazione irresistibile, per di più in un contesto dove manca qualsiasi garanzia per i sospettati, il cui avvocato non è presente. Già il giudice Ferri aveva evidenziato il problema:

Ai testi italiani, poi (ad esempio Bevilacqua e Iacovacci), sono state mostrate, a distanza di 7-9 anni dall'omicidio dei francesi, foto del Pacciani da sole e non assieme alle foto di altri individui, sì da provocare analogo sforzo di adattamento dei testi alle aspettative degli inquirenti.

Il semplice buonsenso suggerisce che per limitare i falsi riconoscimenti come minimo sarebbe opportuno inserire la foto del sospettato in mezzo a una serie di altre neutre. Ebbene, vediamo come si presentava l’album fotografico mostrato alla Pellecchia. A quanto si riesce a ricostruire dalla sentenza De Luca esso conteneva 16 foto, delle quali le prime 13 erano, in sequenza, quelle di: Pacciani, Vanni, Lotti, Faggi, Salvatore Vinci, Calamandrei, Francesco Vinci, Giulio Zucconi, Francesco Verdino (il mago Manolito), Narducci, ancora Calamandrei, ancora Narducci, Jacchia. Come si vede, in coda a sei effigi ben note di individui implicati nella vicenda erano state inserite quelle di cinque sospettati. Se Marzia Pellecchia covava l’intenzione di assecondare le aspettative degli inquirenti, come sembra del tutto pacifico, in quel modo fu messa senz’altro nelle condizioni ideali per metterla in pratica. Avrebbe sostenuto lo stesso di aver visto ai festini il personaggio corrispondente alla foto di Narducci se questa fosse stata inserita in mezzo a cinque o sei altre neutre?
Per di più di Narducci avevano già iniziato a circolare foto sulla stampa, come fa giustamente notare la sentenza Micheli:

Un’altra considerazione, che non riguarda soltanto il contributo della Pellecchia, va invece esposta a proposito della ricognizione fotografica: l’epoca dell’assunzione di informazioni è infatti successiva rispetto al clamore giornalistico (notevole in Umbria, ma non trascurabile neppure in Toscana) delle vicende connesse alla riesumazione del cadavere ed alle possibili implicazioni del gastroenterologo con i delitti del “mostro”. Dunque di foto del Narducci, sulla stampa e in TV, se n’erano viste parecchie: con la conseguenza che è lecito nutrire dubbi sul fatto che si tratti di ricognizioni assolutamente genuine.

Ad alimentare i dubbi sulla genuinità del riconoscimento c’è anche la sua evoluzione nel tempo. Dalla sentenza De Luca, dove si commenta il primo interrogatorio della Pellecchia (4 febbraio 2003) reso di fronte alla Polizia:

Poi le veniva mostrata la foto n. 8, corrispondente al Narducci, e la Pellecchia riferiva: “Sono incerta.”
E a domanda: “Incerta in che senso?”
“Incerta in dove lo posso aver visto.”
Ma lei è sicura di averlo visto?”
Sì, può anche darsi che lo abbia visto, non sono sicura però.”
“E che cosa le dice? Qual’è il ricordo?”
“Una persona di buone maniere, molto raffinata, di buona educazione.”
Poi a pag. 48 si parlava della foto n. 8. “Le sembra…”
“Potrebbe essere anche questo, però non ne sono sicura. Mi disse: sono dottore.”
Si trattava sempre del Narducci. […]
Poi si passava alla foto n. 11 (corrispondente ancora al Narducci).
“E questo l’ho visto a San Casciano.”
E a precisa domanda: “Ah. È sicura di questo?”, la Pellecchia replicava:
“Sì, sì, questo sì.”
“Se lo ricorda bene? Le disse chi era questo signore?”
“No, no.”
“Le disse che lavoro faceva?”
“No, no. Era venuto in macchina, poteva essere un industriale.”

Come si vede l’incertezza regnava sovrana. Ma tre giorni dopo la Pellecchia fu interrogata di nuovo, non è ben chiaro per quale motivo. Fatto sta che nell’occasione la sua memoria parve essersi risvegliata, poiché il personaggio che in una foto non era sicura di aver visto, e che comunque le avrebbe detto di essere un dottore, e nell’altra aveva riconosciuto ma che le era parso un industriale, diventò un “medico di Prato” con cui avrebbe consumato un amplesso “brutale”. Su di lui le vennero in mente anche molte altre informazioni, come si legge nella sentenza Micheli:

era più giovane di tutti gli altri uomini… vestiva elegantemente;… in particolare ricordo che portava una catena a maglie larghe con una medaglia; lo stesso parlava correttamente l’italiano senza inflessione particolare;… aveva un fisico sportivo, alto circa 1.80, capelli chiari… parlava più degli altri dei viaggi che aveva fatto. Lo sentii parlare della Thailandia ed anche di sport acquatici.

Si tratta di caratteristiche sorprendentemente ben compatibili con Francesco Narducci, compresa la collana a maglie larghe, i viaggi in Thailandia e gli sport acquatici. Ci sono però un paio di obbligatorie considerazioni da fare. La prima: è pensabile che dopo vent’anni e chissà quanti uomini la Pellecchia potesse ricordare particolari così precisi su una persona che aveva incontrato due volte? Proviamo pure a supporre di sì. Ma allora, se l’individuo riconosciuto per Narducci le fosse rimasto così impresso, perché non lo aveva descritto già la prima volta, anche mantenendo i dubbi sulla foto?
Appare del tutto evidente come la testimone, nei tre giorni d’intervallo tra il primo e il secondo interrogatorio, si fosse fatta in quattro per andare incontro alle aspettative di chi la doveva reinterrogare, magari dopo essere stata congedata con qualche inconsapevole suggerimento e la raccomandazione a pensarci bene su. Possibili conversazioni con amiche più informate di lei o anche la lettura di qualcuno dei numerosi articoli che già allora erano stati scritti su Narducci poteva senz'altro averla aiutata. Vale la pena accennare al fatto che il medesimo risveglio nei suoi ricordi si sarebbe manifestato anche per Gian Eugenio Jacchia, davanti alla cui foto il 4 aveva detto “anche questo mi pare, ma non son sicura, non lo so”, mentre il 7 affermò che sulla sua presenza ai festini avrebbe potuto “metterci la mano sul fuoco”, e che si trattava di “un tipo proprio strano, vizioso, nel senso di pervertito” cui “piaceva farsi toccare nelle parti intime”. Insomma, si può immaginare che quando poi a interrogarla fu la volta del PM, il 13, l’originario racconto assai fumoso si era trasformato in un insieme di fantasiose certezze.
Riguardo il riconoscimento di Calamandrei, dato per sicuro dall’accusa al futuro processo, è bene precisare che fu particolarmente nebuloso, tanto da poterlo considerare inesistente. Davanti alla prima di due foto la donna affermò che lo aveva visto, forse a San Casciano forse nell’appartamento di Firenze dove si prostituiva, ma “fosse l’anno scorso andrei sul sicuro, foto di vent’anni fa potrebbe essere, l’ho già detto”, mentre davanti alla seconda disse: “A me non mi pare di averlo visto in nessun posto”. E a domanda se il nome le dicesse qualcosa, la risposta fu: “No, non saprei […] Io non lo conosco questo Francesco Calamandrei.
Alle perplessità fin qui evidenziate se ne aggiunge un’altra riguardante la casa dove sarebbero avvenuti i festini, a parere di chi scrive decisiva per squalificare l’intera testimonianza. Dopo qualche cenno nel primo interrogatorio, nel secondo la Pellecchia l’aveva descritta con sorprendente dovizia di particolari, sia all’interno sia all’esterno, indicando nel redivivo Giovanni Faggi il probabile proprietario. Naturalmente il ritrovare quella casa avrebbe costituito uno splendido risultato per le indagini, un punto di partenza per chissà quali ulteriori sviluppi. Peccato che la teste non si ricordava affatto come arrivarci: il 26 febbraio fu scarrozzata avanti e indietro per San Casciano e dintorni, ma non fu in grado di ritrovare alcuna casa, al contrario di quanto avrebbe affermato Mignini (dalla sentenza Micheli): 

La casa nella quale si svolgevano i “festini” di cui ha parlato la PELLECCHIA è stata dalla stessa riconosciuta come quella ubicata in una zona tra San Casciano e Mercatale, contraddistinta col n. 4/a, vicina a villa CORSINI.

Nella sentenza De Luca vengono raccontate le modalità di questo presunto riconoscimento, che non appare affatto confermato:

Si tornava indietro e si proseguiva in direzione di quest'ultima, si proseguiva in direzione di San Casciano. Passato il paese, si svoltava verso Mercatale. Raggiunta la via Grevigiana, la strada sterrata, la imboccavamo, e la signora Pellecchia esclamava: “La strada per arrivare alla casa era uguale a questa". Continuando a percorrerla, siamo arrivati a due costruzioni. Qui la Pellecchia dichiarava di riconoscere la casa contraddistinta dal numero civico 4/A come molto simile alla casa dove aveva effettuato i festini a luci rosse. Inoltre esclamava: ”Lo spiazzale era questo”, riferendosi all'aia e al muretto che la delimita, ricordando che il piazzale era fatto di pietre. Si rappresenta che continuando a percorrere detta strada, questa si interrompe davanti al cancello della villa dei Corsini. 
Per meglio vedere il luogo e la casa si scendeva dall’auto e, recatasi nella parte ove la donna diceva trovarsi l’entrata, questa non vi era. Ma all’interno del porticato si è notata la presenza di una porta. Inoltre non ricordava la parte estrema della casa, che era fatta ad archi e stondata. Durante il ritorno, la Pellecchia ribadiva che sia la strada che la casa erano molto simili, però non era quella.

Serve altro per dimostrare che la donna si era inventata tutto?

95 commenti:

  1. Lavoro molto interessante Antonio, sono curioso di leggere le parti successive.

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  2. Davvero un lavoro encomiabile.
    SU FN però c'è da dire che all'indomani di Scopeti uyno dei poliziotti più bravi di Perugia era già sulle sue tracce il che mi fa pensare che qualcuno abbia fattoi una soffiata su di lui, qualcuno magari vicino all'ambiente della MAssoneria che frequentava; questo lo ha detto anche il PM crini al processo Calamandrei. Poi probabilmente per celare la fonte ha detto che è stato un medium a proporgli tale nome. Il maresciallo in questione ha detto che ricorda di aver perquisito un appartamento fuori Firenze ma che non fu rinvenuto niente. Il fatto che ci sia stato esito negativo non significa che FN non fosse addentro alla vicenda

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  3. Non esiste niente su Narducci nell'85, se non quando non tornò più con la barca... sono state usate le prime dichiarazioni del ex capo della squadra mobile di Pg Luigi Napoleoni, oramai anziano e confuso, ma che poi rivisitando gli elenchi di allora, ha ricostruito la storia a dovere,la perquisizione a Fi fu fatta su segnalazione di una donna, ma ad un tale Poli ...

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    1. Le segnalo questo articolo http://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2015/11/una-misteriosa-frattura-al-corno.html dove fornisco una semplice spiegazione alla misteriosa frattura al collo del povero Narducci sulla quale si è fin troppo fantasticato.

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  4. Mai fidarsi solo di ciò che si legge sui giornali !

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  5. Premetto che ritengo la questione Narducci per lo più inintelligibile in termini analitici e di verosimiglianza e che elementi che attestino un suo coinvolgimento nei delitti in sostanza mancano o per lo meno scarseggiano; però la questione - continuo a dirlo - non può essere liquidata corsivamente. Ad un mio post precedente si rispose dicendomi che non vi era traccia del famoso fermo al Narducci, a ridosso di uno dei delitti. Segnalo dunque un passaggio della sentenza Micheli che, secondo me, è rilevante e non può essere trascurato. Pagina 347 della sentenza. Si legge: "La prima riguarda l'autovettura, perché Francesco Narducci non pare abbia mai avuto un' "Alfetta" bianca: aveva però una BMW di quel colore, e proprio tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, come risulta da molte dichiarazioni, a partire da quelle della moglie per arrivare a quanto riferito dal Trovati. Peraltro, il medico era stato controllato proprio a bordo di quell'auto (come narrato dal teste Pellegrini) il giorno successivo a quello in cui una vettura identica, e forse la proprio la sua, aveva eluso un posto di controllo dei Carabinieri ed il successivo inseguimento".
    Ora, si badi che non è la solita storia che si propala confusamente per cui c'era un agente della Polfer sulle sue tracce. Qui si è in presenza di un episodio tutto diverso che, nella mirabile sentenza Micheli, viene citato per sottoporre a dubbio l'episodio del GIOVANNONI, sul quale ora non rileva soffermarsi. Quindi non è una citazione qualunque, questa, ma un fatto in cui Micheli mostra di credere e che impiega per porre in dubbio un altro elemento significativo della possibile presenza del Narducci nei luoghi dei delitti. Guardate che vi è da essere certi che Narducci fu inserito nel famoso database della SAM prima delle vicende discutibili e assurde (vedi Dora e altro). Questo non significa nulla, ma impone di partire dall'idea che, in questa vicenda vi sono dei punti oscuri, che rimangono fatalmente ambigui. Ammetterete che un episodio di tal genere, unito ad altri lascia pensare.

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    1. Che la BMW controllata con a bordo Narducci fosse stata la stessa che la sera precedente aveva forzato un bosto di blocco è tutto da vedere. Mi pare poco rassicurante il modo in cui le due auto sarebbero state collegate ("Io non so perché ma la riconobbi subito per quella che aveva forzato il posto di blocco, non ricordo per quale motivo"). In ogni caso, anche se fosse, che cosa c'entra questo con la vicenda del MdF? Non ho neppure capito dove l'episodio si sarebbe svolto, immagino a Perugia, visto che la mattina Narducci stava andando in ospedale. Ma in ogni caso Narducci, ammesso e non concesso che la sera precedente fosse lui, poteva avere a bordo qualcosa in grado di metterlo nei guai, tipo che so, una bustina di coca...

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  6. Capisco lo scetticismo che è (era) anche il mio. Però mi sono trovato di fronte ad alcune fonti significative che non mi pare si possano ignorare. Eccole.
    Da pagina 71 della sentenza Micheli: "Narducci Francesco. Tra le auto transitate nei giorni 8 e 9 settembre 1985 nell'area esaminata cioè nell'area della provincia di Firenze contigua all'area degli Scopeti". Sono parole di Mignini ma danno l'idea che nel 1985 fosse questo un potenziale contatto autonomo con i delitti del Narducci, diverso da quello del 1981 (per Calenzano). Si trattava di un faldone che racchiudeva proprio il traffico di auto nella zona (quella degli Scopeti, appunto) e che era parte dell'archivio SAM, poi andato distrutto.
    A me pare si possa dire, dunque, che ci furono due avvistamenti autonomi di competenza di Firenze che riguardano Narducci e che sono i primi (ed esterni rispetto alla scandalosa e ridicola vicenda di Dora), l'uno nel 1981 e l'altro nel 1985. E'da qui che sorge il primario interessamento della procura per il medico umbro, tanto ciò è vero che si comincia a ragionare dei soggiorni in USA che impedirebbero la sua partecipazione diretta ai delitti. Ammetto che è tutto molto confuso, però ci sono degli aspetti, pur liminari, di cui si deve tenere conto: il Mercenario (che pure si può prendere per un totale millantatore, ed è comunque ambiguo fino al midollo) ha parlato egli stesso di trovarsi in macchina con Narducci e di essere stato fermato dalla polizia nei dintorni di Firenze e di essersi preso uno spavento. Poi, è certo che la lista dei possibili sospettati perchè oggetto di segnalazioni (pure anonime) tra il 1984 e il 1985 comprendeva Narducci. Quindi, ben prima del 1987 gli occhi su di lui la procura fiorentina li aveva messi. Ciò anche senza credere alla nota storia di Petri che lo insegue (con FN che gli sfugge per un attimo), e rimanendo agli atti. Tutto questo non significa quasi niente, ma una cosa la implica: forse la vox populi perugina non nasce dal nulla (quasi fosse psicosi collettiva mista ad invidia sociale), ma da un brandello di verità e cioè che il Narducci fosse tra i sospettati potenziali della Sam, ormai liberatasi della pista sarda.

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  7. Rileggendo i commenti della signora Calamandrei vorrei fare la seguente precisazione:
    esistono carte di lavoro della Questura di Perugia dalle quali si evince che alcune indagini ufficiose (iGli scritti sono piuttosto criptici, ma pare evincessi anche una sorta di pedinamento) su “Narducci - Mostro di F., furono condotte da elementi della polizia perugina (tra cui il Napoleoni) a Foligno e Apparentemente in Toscana zona S.Casciano all’indomani del duplice delitto degli Scopeti (circa un mese prima della scomparsa del dr Narducci).
    Ciò a cui mi sembra si fosse riferita la signora Calandrei è il secondo blocco di indagini (sempre ufficiose) condotte dopo la sparizione di Narducci e il ritrovamento del suo cadavere nel Trasimeno, nell’ambito delle quali, secondo quanto riferito dallo stesso ispettore Napoleoni, si sarebbe localizzato e perquisito su indicazione di un sedicente medium un presunto appartamento fiorentino utilizzato dal Narducci dove sarebbero stati conservati feticci umani , nel quale peraltro non si trovò alcunché (posto fosse vera la dichiarazione del Napoleoni).
    Giudico senz’altro più interessanti le suddette carte di lavoro della Questura perugina, che indìcano attività investigative sul conto del Narducci già all’indomani del duplice delitto degli Scopeti. Certamente queste potrebbero essere state indotte da voci che già da tempo circolavano a Perugia sul conto del giovane medico, resta tuttavia il fatto che siano attività che hanno un riscontro documentale e che sono state fatte quando il Narducci era ancora vivo e vegeto e del tutto fuori (ufficialmente almeno) dall’indagine sui fatti di MdF.

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  8. Antonio che ne pensi della recente notizia secondo la quale il libro edito da Metropoli "Assolto perché il fatto non sussiste" sarebbe stato volutamente manipolato tagliando parti importanti della sentenza De Luca?

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    1. Non ho approfondito, ma non ho dubbi che non sia altro che una sciocchezza. Sono stati forniti degli esempi di tale manipolazione?

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  9. Io non ne ho trovati. Sul blog "MdF un caso ancora aperto" si parla genericamente di tagli alla sentenza fatti dalla solita manina( forse il gides?) per depistare i lettori... Criticano il fatto che gli autori dicono di aver ripreso pari pari la sentenza cosa che invece non avrebbero fatto, anzi, stravolgendo (cito testualmente) fatti ed eventi. Credo che con tutto questo si cerchi per l'ennesima volta di far credere alle persone che la sentenza De Luca sarebbe stata pilotata dai poteri forti che avrebbero avuto interessi per far scagionare Calamandrei. Mentre stavo scrivendo questo messaggio mi sono accorto da solo di quanto sia ridicola questa cosa...

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    1. Basta leggere i commenti che i proprietari hanno messo sotto l'ultimo intervento di Giuliano Mignini contro i miei articoli per capire il livello.
      Peccato che dopo la mia ultima replica siano rimasti muti come pesci. Gente senza dignità.

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    2. Giusto per allentare la tensione del mio lavoro, ecco lo scambio. Credo che Alessandro sia un coglione che scrive sciocchezze a tutta randa sul gruppo facebook di Flanz.

      Piero
      Eh si… dott. Segnini, tu continui a complicarti la vita avventurandoti in ambiti da dove non ne esci mai vivo; continui a snobbare Canali e Blog che sarebbero alla tua portata e la tua presunzione continua a farti fare autogol e passi falsi. Mah….

      Io
      E quale sarebbe il passo falso, caro Piero, quello di cercare la verità oltre le favole a cui crede la gente come te?

      Alessandro
      Beh, più passo falso che quello di credere Lotti serial killer unico…
      No,veramente,abbiamo ormai la possibilità di sapere e di ascoltare (quasi) tutto sulla vicenda:l’intera storia processuale, documenti di ogni sorta, libri non se ne contano più, ora anche le dirette youtube e da questa nomenclatura sconfinata alcune certezze le possiamo trarre.
      Una è, senza ombra di dubbio, che Lotti non sapeva neanche di cosa stesse parlando!

      Io
      Quando gli argomenti mancano, si vanno a cercare altrove. Questo è un indice della pochezza di chi scrive, e che di quella massa di documentazione legge soltanto quello che si confà alle sue convinzioni.

      Redazione MdF
      Facciamoci una risata.

      Io
      Questa la mia risposta

      E ho linkato questo articolo. Muti come pesci.

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    3. Oggi a forza di scrivere righe di codice sono fuso!!!
      Non questo articolo, ma l'ultimo delle telefonate.

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    4. Beh io gli ho chiesto di dettagliare le discordanze, ma per rispondere volevano i miei dati anagrafici :-)
      ho lasciato perdere triplo :-)

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    5. Si l'ho letto anche io... volevano il tuo nome e cognome! Mi stupisco che gente che gestisce un blog sul MdF non sappia chi è Omar... Penso siano super fan della setta satanica. Comunque Antonio ho notato che, Lotti o non Lotti, a te nessuno risponde mai nel merito e questo è un peccato perché sarebbe un motivo per approfondire.

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    6. A questo punto sto perdendo le speranze anche per Omar, del quale una approfondita esposizione dei motivi per i quali si sente di escludere in modo assoluto la pista Lotti serial killer unico mi avrebbe fatto molto comodo per verificare i miei che sono contrari.
      Dagli sciocchi che viaggiano su Facebook a faccine sorridenti, tipo tale Alessandro Silvestri oppure talaltro Giuseppe Christian Gàeta, non mi aspetto certo una critica costruttiva.

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    7. Antonio, non è per snobismo, ma non sono più produttivo, forse per limiti di età. Vedi che non scrivo più neppure sul mio blog.
      Comunque, permettimi di dire che, a mio parere, sei troppo coinvolto per essere recettivo di considerazioni critiche. Ma ti voglio bene lo stesso per tutto quello che hai scritto e diffuso in questi anni.

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    8. Ti ringrazio per le tue parole, però non credo di aver perso le mie capacità critiche sulla vicenda del Mostro. Come nel mio lavoto, dove so capire quando una soluzione altrui è migliore della mia (anche se non succede troppo spesso...), e non ho difficoltà a riconoscerlo, visto che quel che conta è il risultato. Non potrei continuare sulla pista Lotti-Mostro se avessi qualche dubbio. E non ne ho.
      In verità ci contavo molto sul confrontarmi con il tuo punto di vista, essendo totalmente opposto al mio e proveniendo da una persona che ne sa almeno quanto me e che sa ragionare quanto me. Purtroppo invece devo leggere soltanto gli interventi dei soliti sciocchi che ragionano a luoghi comuni conditi di faccine.
      Pazienza.

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    9. E dai Omar! Fallo questo articolo, sono sicuro che potrebbe portare qualcosa di buono. Vai, un ultimo sforzo...

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    10. Ultimo sforzo? Detta così sembra che mi stai portando sfiga... non ti è riuscita bene. Scherzo, naturalmente...

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    11. Mi associo al Collega nel chiedere un articolo di confutazione all'ipotesi di Segnini da parte di un esperto come Omar Quatar. Non è da molto che mi sono interessato alla vicenda, ma per ora non ho mai letto una sola critica valida a riguardo, anzi, tutti sembrano cercare di evitare il più possibile la questione, liquidandola grossolanamente col solito ritornello “Lotti era uno scemo, non so altro”.
      Sono ormai arrivato quasi a convincermi che questa tesi sia inattaccabile, ma sarei curioso di leggere un tentativo serio di farlo, giacché non si tratta solo di Segnini (il quale comunque non mi pare proprio il tipo che sostiene le sue idee per partito preso), ma anche di un numero a naso crescente di sostenitori della sua ipotesi.

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    12. In effetti mi pare ingiusto sostenere che non accetterei argomentazioni contrarie per partito preso, come un qualsiasi "narducciano", "vinciano", "paccianista" o "merendaro". Tutto quello che sostengo ha alle spalle documentazione e riflessioni adeguate e dichiarate. In più ho anche reso disponibili i documenti sui quali ho ragionato, quindi tutti possono argomentare come ho fatto io.
      In realtà mi pare proprio che molto più in là del Lotti scemo non si abbia il coraggio di spingersi. Al massimo ci si attacca a qualche tormentone indimostrabile, come quello della stessa scatola di cartucce o della macchina rossa che non andava più. Oppure alla coincidenza del Mostro vero amico del Mostro falso.

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    13. Mi sembra che la posizione di Omar Quatar sia molto precisa e rigorosa. Non tutto mi convince, ma non c'è nulla di superficiale. Mi pare siano due i pilastri della sua ricostruzione: le bugie di Lotti e il suo adeguarsi alle dichiarazioni dello sventurato compare Pucci prima e alle ricostruzioni degli inquirenti poi. Lotti mentiva sui delitti perché non c'era, semplicemente per questo non ha saputo ricostruirne le dinamiche tra interrogatori, incidente probatorio e processi. Si adeguò alle (false) testimonianze di Pucci e Ghiribelli perché era convinto che accusare Pacciani e Vanni era l'unico modo per sfuggire al carcere. C'è poi il discorso delle coincidenze e qui i lottiani possono rivendicarne alcune interessanti, come la fortuna di Giuttari e Canessa di trovare un personaggio con un'auto rossa, per di più tanto allocco da non rendersi conto di fare il loro gioco. Dall'altra parte, c'è il caso abbastanza incredibile di trovare il vero Mostro tra gli amici del falso Mostro, e così via. Ognuno ha dei validi argomenti.

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    14. Nessuno ha accusato Omar Quatar di superficialità. Semmai posso accusarlo di aver sposato una tesi ma di non avere il coraggio di argomentarla in modo approfondito.
      Lei la fa troppo semplice. Pensa che sarei qui da dieci anni e più se le cose potessero liquidarsi in questo modo?
      Lotti mentì, questo è vero, ma si tratta di spiegare il perché. E con lui mentì Pucci. Di nuovo si tratta di spiegare il perché. Più ci sono alcune coincidenze anch'esse da spiegare.
      Eviti di intervenire ancora la prego, se i suoi argomenti sono soltanto questi.

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    15. Questi non sono i miei argomenti, ma in estrema sintesi quelli di Omar Quatar. La spiegazione delle bugie di Lotti l'ha data dal suo punto di vista, solo questo intendevo dire. Chiudo dicendo che non si può pretendere che spieghi perché Lotti non poteva essere il Mostro. Tutto può essere. Secondo Omar Quatar Lotti non era il Mostro, e ha già ampiamente motivato nel suo blog le ragioni di questo convincimento. Tutto qui. Saluti a tutti.

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    16. C'è tutta una vicenda da spiegare nei dettagli riguardo il coinvolgimento di Lotti, tra interrogatori e telefonate. Questo mi aspetto da un esperto come Omar Quatar che si sente di mettere la mano sul fuoco che Lotti non c'entra nulla. Anche la questione di Vicchio.
      Ma pare che ormai debba perdere ogni speranza.

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    17. In questo dibattito tra Segnini e me sono in gioco due interpretazioni diverse (non opposte) degli stessi documenti e stessi fatti. A me sembra che tutta la storia, come anche da lui magistralmente ricostruita, indichi che Lotti è un povero di spirito che si trova ad essere incastrato sulla base di testimonianze fasulle e che, essendo appunto povero di spirito e di tasca, non trova di meglio che assecondare gli inquirenti cercando di uscirne a buon mercato, contando su promesse che poi non saranno, a quanto sappiamo, mantenute. Perché penso così, lo ho spiegato abbondantemente. Segnini pensa che Lotti sia il Mostro di Firenze. La sua ipotesi, purtroppo, non è falsificabile, in quanto per ogni falla della versione Lotti c'è sempre la giustificazione: Lotti era il MdF quindi gli conveniva dire così. Lotti era intercettato, quindi quello che dice non vale. Lotti spara minchiate perché vuole diminuire la sua responsabilità. E via così. A questo punto, tenuto conto che per entrambi Lotti ha mentito e la verità giudiziaria non sta in piedi, si deve valutare quale interpretazione, tutto considerando, appare più probabile. Per me è la mia, per lui è la sua. Aggiungo che su Lotti si sa molto poco, perché, per quanto complice, venne sempre considerato un succube e utilizzato come reo chiamante in correità, non come soggetto criminale autonomo. Conveniva a tutti; questa mancanza di reale conoscenza della persona (e prego non rimettere in gioco la pessima consulenza Lagazzi-Fornari, condizionata dal punto di vista del PM)la scontiamo ora che vogliamo, da storici, ricostruire la storia.
      Non vorrei aggiungere altro.

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    18. Omar in effetti mi è uscita male, hai ragione! Ovviamente scherzo anche io però sarebbe importante questo confronto tra di voi e vedere che ne esce. Fosse x me ci aggiungerei anche Valerio Scrivo. Comunque anche io, nel mio piccolo, mi sto preparando x cercare di mettere Antonio un pò in difficoltà... Ma é abbastanza difficile.

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    19. X Omar. Magari una spiegazione sul perché fin dal 1981 aveva frequentato la piazzola di Vicchio, tanto per cominciare.
      Poi bisognerebbe spiegare tutto il suo comportamento senza farla troppo facile come la fai tu. Comunque prendo atto della tua volontà di non misurarti con gli innumerevoli dettagli da spiegare. Per me si tratta di una grossa delusione, onestamente mi aspettavo di più.

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    20. Antonio per i tuoi detrattori è proprio Vicchio un punto debole. Nel 74 Lotti sarebbe andato a Vicchio in motorino a cercare la Pettini. Essendo la piazzola poco conosciuta anche dai residenti risulta poco probabile sia che Lotti l'abbia trovata alla prima sia che facesse costantemente un tragitto di quasi 150 km (andata-ritorno) per trovare proprio quel non posto. Curioso il fatto che Perugini avesse la stessa idea per Pacciani sul 68.

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    21. Ti riferisci al delitto di Borgo. Riguardo Vicchio c'è la testimonianza della Nicoletti che dimostra la frequentazione della piazzola da parte di Lotti fin dal 1981. Supponendo che Lotti fosse totalmente estraneo ai delitti, diventa molto difficilmente spiegabile questo dettaglio. La piazzola di Vicchio non era dietro casa sua, come Scopeti, che un personaggio finito nell'inchiesta come reo confesso avesse, guarda caso, frequentato proprio quella piazzola, dalle mie parti puzza forte. Gli sciocchini di Facebook nonché i fanatici vinciani si girano dall'altra parte, ma Omar Quatar che fa? Mi piacerebbe saperlo. Immagino cercherebbe di invalidare la testimonianza della Nicoletti, ma la vedo dura.
      Riguardo Borgo, come ci può stupire se un personaggio capace di uccidere si fece, senz'altro più di una volta, 150 km in motorino per alimentare le sue fantasie su Stefania Pettini? Cosa è quel viaggio di fronte a un duplice omicidio? Senza contare che la posizione della borsetta si concilia benissimo con un lancio da un mezzo a due ruote.

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    22. Scusa volevo dire Borgo. Riguardo la Nicoletti ho letto che per screditarla,c'è chi sostiene che lei avesse ammesso di esserci andata con un altro di cui ora non ricordo il cognome e su suggerimento degli inquirenti, dopo molti tentennamenti, avrebbe aggiunto Lotti che era un suo cliente abituale. Per Borgo: sostieni, e non sei il solo, che il Mostro conoscesse la Pettini, forse pedinandola a Firenze. In che contesto si potrebbero essere conosciuti, anche solo a livello unilaterale, scatenando quella pazzia?

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    23. E' chiaro che la documentazione di eventi così lontani, per di più con tutti gli inquinamenti successivi dovuti alle manovre di Giuttari nell'ambito della pista esoterica, danno facilmente modo ai negazionisti di buttare per aria il tavolo. Così la Ghiribelli, che poi raccontò della mummificazione, mentiva anche durante la famosa telefonata alla Nicoletti con l'avvistamento della macchina rossa. E la Nicoletti, che poi raccontò di aver incontrato Narducci, mentiva dicendo di essere stata a Vicchio con Lotti. Si tratta di un gioco facile per chi guarnisce il tutto con qualche faccina, che però stride alquanto addosso a chi si propone come storico della vicenda, ma tanté.
      In realtà una valutazione serena porta a ritenere che la Nicoletti semplicemente avesse avuto una fifa boia di cacciarsi nei guai, ammettendo quella sua frequentazione della piazzola con Lotti, e per questo all'inizio raccontò una mezza verità dicendo di esserci stata con tale Sadotti, che però smentì. Quando fu costretta a vuotare il sacco descrisse molti dettagli, peraltro ammessi da Lotti, che da par suo cercò di attenuare un po' le cose. Il che dà ulteriore biada a chi vuole buttare tutto in caciara.

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    24. Riguardo la Pettini cosa si può dire? L'unico labile riscontro, che comunque c'è, è il racconto alle cugine di un uomo sui 35 anni che l'aveva seguita a Firenze dalla stazione al posto di lavoro. Un uomo che le aveva fatto paura. Lotti di anni ne aveva 34, e che potesse far paura, vista la sua stazza, è plausibile. Non altrettanto si può dire di Salvatore Vinci, ad esempio, che per età poteva anche starci, con i suoi 39 anni, ma il cui metro e 60 scarso e la corporatura minuta di paura ne dovevano far poca.

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  10. Guarda uno spunto posso dartelo io: tempo fa hai accennato ai pantaloni di JM a Scopeti e di come, in sede dibattimentale, l'unico a dire che il ragazzo li indossava fu Lotti. Secondo me varrebbe la pena approfondire questa cosa che, se ragionevolmente sviluppata, potrebbe essere un altro macigno sull' ipotesi Lotti.

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    1. Ce l'ho in programma, ma ho anche altre cose e in questo momento sono in mezzo al guado sul lavoro.

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  11. Altro punto dei tuoi detrattori: una sera un eminente Mostrologo mi disse che se Lotti fosse stato davvero il MdF e gli inquirenti l'avessero scoperto indagando Pacciani la cosa si potrebbe paragonare a quando qualcuno, studiando la muffa, scoprì la penicillina. Comunque Antonio scusa se insisto ma ormai che sono diventato un tuo assiduo lettore mi permetto di darti un umilissimo consiglio e spero di non farti arrabbiare. Forse all' ipotesi Lotti potrebbe servire uscire un po' dalla nicchia. In fondo solo chi scopre questo blog può veramente capire le tue convinzioni. Oramai ci sono un sacco di modi per parlare di questa storia e secondo me qualche ospitata ogni tanto non sarebbe male e arriverebbe ad un pubblico più ampio. Pensa che su Florence I.R., dove un paio di volte sono andato anche io in qualità di appassionato fanno quasi 70.000 contatti a puntata. So che qualcuno ti ha invitato ma hai declinato, forse perché sei un po' prevenuto e non ti do tutti i torti. Però pensaci...

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    1. La qual cosa sarebbe da confrontare con la fortuna degli inquirenti che per incastrare Pacciani avrebbero trovato un personaggio, tra il suo entourage, che più adatto non poteva essere. Non solo era disposto ad autoaccusarsi, non solo aveva persone attorno a lui pronte ad appoggiarlo in questo gioco, non solo aveva una macchina rossa come quella vista sotto Scopeti dai coniugi, non solo aveva frequentato la piazzola di Vicchio prima del delitto, non solo era alto e robusto come doveva essere il Mostro, non solo era semianalfabeta come chi aveva scritto la lettera dopo Scopeti... Devo continuare?
      Riguardo il buttarmi in mezzo all'arena, non mi ci vedo proprio. So già che manderei tutti affanculo.
      Ho pensato a pubblicare qualche video in appoggio ai miei articoli, ma tra il dire e il fare...

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    2. Ma perché il vero MdF era disposto ad autoaccusarsi? Questa è una cosa, nella tua narrazione, che non ho mai capito.

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    3. Strana domanda. Credo di averlo scritto mille volte. Temeva uscisse la verità e preferì il male minore.

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    4. la fortuna non si esaurirebbe nell averne trovato uno, ma ne han trovati due... io sto molto umilmente e senza pretese cercando di approfondire il comportamento di pucci. ho il sospetto che qualcosa di interessante sulla "teoria lotti" si potrebbe trovare piu facilmente li che continuando ad analizzare gl e le sue dichiarazione per la trilionesima volta (parlo ovviamente a livello storico, non giuridico)
      mario cremascoli

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    5. Scusa Omar ma perché schifi così tanto la perizia Fornari Lagazzi? In fondo non servì nè all'accusa, che voleva dimostrare la totale sottomissione di Lotti a Pacciani, nè tantomeno alla difesa che voleva dimostrare che Lotti era un ritardato.

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    6. Certo. Ma questo è un punto debolissimo. Perché gli sarebbe bastato dire che lui aveva cambiato macchina e che Pucci era un subnormale che prendeva fischi per fiaschi. E' incredibile come nella tua interpretazione questo Lotti sia prima un astuto e imprendibile assassino e poi si faccia incastrare con un trucchetto poliziottesco (guarda che hanno visto la tua macchina qua e là quindi ti conviene confessare) come l'ultimo dei deficienti. Perché è innegabile che, Ghiribelli a parte, la svolta di tutto si ha quando genericamente gli dicono che la sua auto è stata vista anche a Vicchio; non era vero ma lui ci casca e si scava la fossa da solo. E infatti lui lo dice alla Nicoletti, mi hanno imbrogliato, io per me sapevo solo del 1985 e basta (cito a memoria, scusa le inesattezze). Quindi è tutta una serie di incastramenti che va a ritroso finché fornisce anche il movente, il dottore, dopo non serve altro.

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    7. Cominciamo col dire che la telefonata tra Lotti e Nicoletti, che tu molto spesso tiri in ballo, non vale nulla, essendo i due interlocutori a conoscenza del fatto che erano intercettati, lo sai bene anche tu. Io potrei tirare in ballo quella col prete, dove Lotti non accenna mai a una sua estraneità (ma come, un innocente neppure al prete che lo aveva ospitato per anni lo dice o comunque lo lascia capire?), ma non lo faccio, perché anche in quel caso lui sapeva bene di essere intercettato.
      Il tallone d'Achille di Lotti era Pucci, che sapeva troppe cose. Fosse crollato lui sarebbero venuti fuori i tanti altarini, come le visite alla piazzola di Vicchio e di Scopeti assieme, prima del delitto in un caso e dopo nell'altro, per quel che si può arguire. Poi non sappiamo quali altre interazioni ci furono tra i due, potrebbero essere state più di quel che oggi sappiamo. Trovo molto interessante l'intuizione di un mio lettore sull'aiuto che Pucci potrebbe aver fornito nelle tre lettere che aprirono la pista sarda, purtroppo indimostrabile, ma comunque plausibile. L'atteggiamento di Lotti verso Pucci è indice di grande preoccupazione per quel che avrebbe potuto raccontare, anche in dibattimento, dove Lotti stette sempre in un silenzio religioso (a controllare quel che avveniva prima della sua deposizione) infranto soltanto per andare in aiuto di Pucci.
      Perché casca nella trappola della sua auto vista a Vicchio se era del tutto estraneo? Possibile che non ti venga il dubbio che ritenesse che gli inquirenti potessero disporre di altre carte e che quindi, per tagliare la testa al toro, gli convenisse assecondare le loro convinzioni su Vanni e Pacciani? Tra l'altro gli avevano già detto delle sue visite alla piazzola con la Nicoletti, altro personaggio del quale sappiamo poco rispetto a quello che Lotti si era fatto sfuggire. Come avrebbe potuto giustificarle senza tirare in ballo Vanni e Pacciani? Tu e tutti i negazionisti questo dettaglio fate finta di non vederlo, ma c'è, ed è inspiegabile se non nell'ottica di un Lotti colpevole. Peraltro Pucci disse che anche la Nicoletti sapeva tutto, e in effetti il suo attegggiamento molto guardingo ne è una conferma indiretta.
      Infine sulla frase che l'avessero imbrogliato detta nella telefonata con la Nicoletti. Fatto salvo il fatto che sapesse bene che era intercettato, io la posso interpretare in modo uh po' diverso. Lo avevano imbrogliato sì, ma per la storia della carovana di due auto sulla stradina interna, la qual cosa non era mai avvenuta. Il che non vuol dire che non avesse ammazzato i due per conto suo.

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    8. x Il Collega. La perizia Fornari-Lagazzi è un altro macigno, sul quale i negazionisti glissano. Omar cerca sempre di dimostrarne la fallacia, ma i suoi argomenti sono debolissimi, essendo impossibile che due professionisti di quella portata avessero potuto descrivere Lotti come un furbacchione (anche sotto giuramento in tribunale) se fosse stato l'imbecille che inseguiva gli UFO o comunque che si era fatto incastrare. Anche perché il personaggio che descrissero era tutt'altro rispetto a quello che conveniva all'accusa, e soltanto una difesa Vanni miope all'estremo non ne seppe approfittare. Possibile che né a Filastò né a Mazzeo fosse mai venuto in mente di porre una domandina semplice semplice, peraltro suggerita dal loro assistito: "Lotti, ma se quelle brutte cose che sta raccontando le avesse fatte lei?". Una domandina che avrebbe potuto portare molto lontano, probabilmente molto più lontano di Maniac e del mostro poliziotto.

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    9. x Mario Cremascoli. Sono d'accordo con lei. Ritenere Pucci un personaggio costruito dal nulla è assurdo. Peraltro ci si dimentica che era amorevolmente assistito dai due fratelli, i quali si guardarono bene dal contraddire i propositi della procura, per esempio nominandogli un avvocato. Se lo avessero ritenuto innocente e manipolato, come avrebbero potuto non farlo assistere da un legale? Evidentemente sapevano che sarebbe stato peggio, e che in fin dei conti quello era il male minore.

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    10. Infine voglio aggiungere che tra le fortune degli inquirenti che volevano incastare Pacciani ci fu anche quella di un Lotti informatissimo sugli ultimi quattro delitti. Ma come, uno che a fatica sapeva leggere conosceva i posti, i mezzi, le vittime e molte altre cose. Perché? I negazionisti si fermano alle balle che raccontò (parte delle queli spiegabili con equivoci, come quella degli strilli di Pia Rontini o del volano di Giogoli) senza pensare che Lotti disse quello che gli conveniva dire nel solco degli interessi dei suoi interlocutori.

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    11. Ho valutato solo adesso una considerazione di Omar, molto interessante. Perché Lotti non avrebbe detto che la macchina rossa non ce l'aveva più e che Pucci era un cazzaro subnormale? La domanda è lecita in un'ottica di Lotti estraneo. Se fosse stato innocente e fosse stato vero sia che la macchina rossa non ce l'aveva più sia che Pucci aveva raccontato balle non si capisce perché non avrebbe dovuto dirlo. Ma se invece fosse stato colpevole, la macchina ce l'avesse avuta e Pucci tanto cazzaro non fosse stato si capisce bene che a quel punto gli conveniva assecondare le pretese della procura di accusare Vanni e Pacciani.

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    12. Non voglio sembrare maleducato, ma valutare Pucci come teste attendibile, addirittura come ispiratore di un astuto depistaggio rasenta il ridicolo e significa non aver capito nulla di questo personaggio.
      Quanto alla perizia F-L, è scarsa perché non gli fanno i test che avrebbero dovuto fare e così evitano di trarne le conclusioni. I consulenti si rendono ben conto che Lotti sta nascondendo qualcosa, ma, poiché partono dal presupposto imposto dalla Procura committente della sua colpevolezza, possono solo dedurre che stia nascondendo un suo eventuale maggior coinvolgimento. Invece Lotti stava nascondendo di aver mentito perché non sapeva nulla, ma aveva paura di finire dentro - e lo dice - se non parlava; o, al punto a cui era arrivato, se smentiva quello che aveva già detto.

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    13. Siamo così sicuri che le conversazioni telefoniche di Lotti non fanno testo perché, sapendo di essere intercettato, bluffava? Io il dubbio che fosse spontaneo, almeno in alcuni frangenti, continuo ad averlo.
      Nel caso della conversazione con Don Poli, è vero che Lotti non accenna mai a una sua totale estraneità ai fatti, ma ribadisce più volte di essere stato costretto a dire di più perché altrimenti finiva dentro. Più o meno quello che aveva detto con la Nicoletti.

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    14. x Omar Quatar. Chi valuta Pucci teste attendibile? Padrone di perseverare nella tua idea di un Lotti che difende a testa bassa la sua colpevolezza di complice, consentimi di considerarla un partito preso. Per te Lotti era uno scemo che non si rendeva conto di scherzare col fuoco, ma i consulenti, al di là dei test cui avrebbero dovuto sottoporlo, ebbero la netta impresione di un furbastro, e tu continui a ignorare questa semplice verità. Che poi si deduce anche dall'analisi delle sue risposte agli avvocati.

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    15. X Kozincev. Un Lotti proprio scemo, quindi, figura che, ripeto, fa a pugni con le valutazioni dei due esperti, che deposero sotto giuramento, e con l'esame sereno dei suoi scontri con la difesa Vanni, dai quali uscì sempre vincitore.

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  12. Vedi quale è il punto... Io, come probabilmente tanti altri, quella sera non seppi dare questa risposta. Tu ci sei riuscito di getto in poche righe. Tanto di cappello

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  13. una domanda preleminare per la mia fissa sul pucci (scusandomi per l ignoranza). Ma assistere ad un omicidio, riconoscendo pure i colpevoli, e non andare di corsa dai carabinieri non è mica un reato bello grosso? a pucci è stato contestato qualcosa? cosa rischiava con le sue "ammissioni"? (va bene anche un link se l argomento è gia stato spiegato) grazie
    (mario cremascoli)

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    1. Pucci fu uno strumento in mano alla procura, che si fece beffe della legge tenendoselo a tutti i costi come testimone. Questa è la semplice verità.

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    2. Penso - ovviamente posso sbagliare - che per il favoreggiamento sia necessaria una condotta attiva e non sia sufficiente la semplice omissione di informare le autorità di essere a conoscenza di un reato. Quindi formalmente la Procura potrebbe essere nel giusto; concretamente, sono d'accordo con Antonio, Pucci viene usato come riscontro esterno a Lotti e per questo doveva essere teste e non imputato.

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  14. da una rapiderrima googlata per un privato cittadino non è un reato denunciare un delitto a cui si è assistito (salvo eccezioni particolari). bho,prima volta che incontro qualche amico avvocato chiedero lumi...
    (mario cremascoli)

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  15. Dopo la sua scandalosa deposizione Pucci poteva essere accusato come minimo di reticenza. Poi aveva accompagnato Lotti a Vicchio e a Scopeti, quindi il suo ruolo andava chiarito, e doveva essere indagato. Ma alla procura naturalmente non conveniva.

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  16. Non è un reato denunciare un delitto? Ma che vuol dire?

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    Risposte
    1. non è un reato NON denunciare un delitto salvo ecc ecc... chiedo scusa per il refuso
      (mario cremascoli)

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  17. Scusate, ma cavoli,Pucci assiste ad un delitto e non va a sporgere denuncia. Questo dovrebbe essere un reato ma la procura fa finta di niente, qualcuno mi spieghi dove sbaglio!

    Saluti Christian

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    Risposte
    1. Si tratta di un reato ma sembra poca cosa. Il che è assurdo.

      L'art. 364 del codice penale (Omessa denuncia di reato da parte del cittadino)

      La norma in esame mira a sanzionare la condotta del cittadino il quale, appresa la notizia di un delitto contro la personalità dello Stato per il quale la legge disponga la pena dell'ergastolo, non ne faccia comunicazione alle autorità che sono indicate nell'art. 361 c.p., ovvero all'autorità giudiziaria o quella di competenza. L'art. 364 c.p. così dispone: "Il cittadino, che, avendo avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato, per il quale la legge stabilisce l'ergastolo, non ne fa immediatamente denuncia all'Autorità indicata nell'articolo 361, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 a euro 1.032".

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    2. spero di non aver innescato un vespaio con una ricerca superficialissima a cui ho pensato bene di aggiungere un refuso sanguinoso...
      da quello che ho capito io un privato cittadino NON ha obbligo di denunciare un reato, salvo alcune eccezioni, quali quelle indicate all art 364 sopra menzionato, che riguarda solo i reati "contro la personalita dello stato punibili con ergastolo" fattispecie cui non dovrebbe rientrare l omicidio cui sosteneva di aver assistito, anche ammesso di aver capito giusto, ci sono anche la reticenza e il il favoreggiamento da considerare.
      (mario cremascoli)

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    3. Immagino, ma potrei sbagliarmi, che dopo dieci anni fosse ormai prescritto da un pezzo.

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    4. Ma l'omicidio di Scopeti secondo te rientra tra i delitti contro la personalità dello Stato?

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    5. NO, quello è un residuato del ventennio, una sorta di obbligo di delazione
      (mario cremascoli)

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    6. Scusa Omar, riguardo la perizia F-L che ne pensi quando i due psichiatri dicono che Lotti non prova nessuna empatia per le vittime? Non fa tanto serial Killer? Possibile che un innocente non provasse questo sentimento verso dei poveri ragazzi trucidati?

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    7. Non regge questo ragionamento, Collega. Secondo lei Vanni provava empatia per le vittime del Mostro? E Pacciani non malediceva il Mostro solo per impietosire i giudici? Qui bisogna valutare fatti concreti, indizi, testimonianze. Le valutazioni di chi studia la mente umana, e prende spesso cantonate, lasciano il tempo che trovano, secondo me.

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    8. Anche Vanni non provava alcuna empatia per le vittime. Allora era un serial killer anche lui.

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    9. Non ritengo troppo significativo questo dettaglio, rimane il fatto che di Lotti venne detto da due esperti che lo avevano esaminato, di Vanni e Pacciani viene detto da Giorgio e Omar Quatar.

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    10. Hai scritto esattamente quello che stavo per scrivere io.

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    11. Il ritratto che emerge dalla consulenza e dalla successiva deposizione è quello di un individuo per nulla confacente ai bisogni dell'accusa, che avrebbe avuto tutto l'interesse a ottenere quella d'un pentito. Invece il ritratto di un pentito non ne uscì affatto, anzi, ne uscì quello di un serial killer, tutt'altro che pentito. Fornari in dibattimento: "Lui ha molti tratti da serial killer, da perverso, ce li ha i tratti, ce li ha".
      Quindi mettere nel cestino la perizia soltanto perché non venne fatto un tipo di test è pretestuoso. Lotti venne valutato con l'occhio clinico di due esperti, che pagarono dazio al committente accettando lo scenario del gruppo di assassini, questo è senz'altro vero, ma non sufficiente a screditare il loro lavoro. Non è pensabile che avessero trasformato lo scemo del villaggio che si stava avviando innocente e inconsapevole verso una pesante condanna in un malvagio furbacchione che continuava a nascondere qualcosa.

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    12. No, non viene detto da me, viene detto da lui stesso (rif. udienza 4 luglio 1997, audizione nesi): Avvocato Curandai: Bene, bene. Io passerei a un'altra domanda, signor Presidente. La domanda è questa: dunque, lei un giorno si trovava in Questura insieme al Vanni.
      Lorenzo Nesi: Sì.
      Avvocato Curandai: E ambedue avete esaminato un fascicolo fotografico che, appunto, le cui fotografie ritraevano i corpi straziati dei due ragazzi francesi.
      L.N.: Esatto.
      Avvocato Curandai: Lei ricorda che cosa esclamò lei e che cosa esclamò il signor Vanni in quella occasione?
      L.N.: : Prima le guardò Vanni, le guardò tutte. C'era sempre Lamperi e Venturini mi sembra e la Lidia Spiccio, le guardano tutte. Vanni quando arrivò alla fine, ora non mi ricordo chi dei tre, ma senz'altro uno gli disse: 'Ha' visto Mario questa persona che cosa fa? Se la ci può aiutare, la cerchi di aiutarci'. Vanni li guardò e gli disse: 'mah, non sono mica mi' parenti'.
      Avvocato Curandai: Sì, lei davanti alla Polizia fu diciamo più preciso, disse:"Il Vanni sfogliò lentamente tutto il fascicolo senza batter ciglio, mentre io guardai solamente due o tre fotografie..."
      L.N.: : Io guardai due o tre foto, dopo dissi: 'no, no...'
      Avvocato Curandai: "... e alla domanda dell'ispettore Lamperi: 'vedi Vanni come sono stati ridotti questi poveri ragazzi?' Vanni rispose: 'mica son parenti miei'.

      Quindi, se vale per Lotti vale anche per Vanni, abbiamo appurato che hanno la mentalità del serial-killer.
      Non vi viene in mente che entrambi non hanno particolare empatia perché non hanno nulla a che fare con gli omicidi?
      Comunque vedo che commentare è inutile, cantatevela e suonatevela da soli è meglio.

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    13. Mettere sullo stesso piano una frase detta da Vanni nel contesto descritto e la valutazione di due esperti dell'animo umano e delle sue storture nell'ambito di una perizia non fa altro che confermare il tuo pregiudizio estremo. Il classico partito preso.
      In ogni caso rimane il fatto che Il Collega ha scritto di mancanza di empatia, sostenuta da Fornari e Lagazzi in base alla loro perizia da una parte, e dall'altra non certo da Vanni, ma da Omar Quatar, in base all'episodio raccontato dal boccalone Nesi. Episodio che potrebbe anche essere vero, la prima volta che sento Lamperi glielo chiedo, ma bisogna vedere quanto esagerato e lo stato d'animo del pover'uomo in quel momento.

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    14. Giusto per concludere la discussione su un dettaglio al quale di per sé non attribuisco soverchia importanza, ma che in ogni caso costituisce l'ennesima dimostrazione di quanto fosse compatibile la figura di Lotti con quella del Mostro, ecco cosa si legge nel profilo FBI:

      Questo aggressore non sente alcun rimorso per le sue vittime, né colpa per ciò che ha fatto.

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    15. Be Omar, non è questione di cantarsela da soli. E' che non mi pare che sei riuscito a rispondere al perché screditi tanto quella perizia. Antonio toglimi un altra curiosità magari un po fine a se stessa: che pensavi prima dell'ipotesi Lotti? Eri un Paccianista, un sardista o cosa?

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    16. Non sapevo quasi niente di questa vicenda, alla quale non mi ero mai interessato. Ero fermo a Pacciani singolo serial killer, alla cui colpevolezza a naso non credevo. Poi verso il 2010 ho visto il serial di sky, e sono rimasto basito per le troppe scemenze, sui compagni di merende e sulla pista satanica. Presa la decisione di capirne di più, girando per Internet sono incappato nel video che ho indicato nel mio articolo su Lotti e ho capito. Prima a intuito, poi via via con il ragionamento.
      Tornando ai detrattori dell'ipotesi Lotti, la cosa incredibile è che nessuno di loro è in grado di fornire una prova positiva d'innocenza. Al limite posso capire i Vinciani, i quali, essendo sicuri della colpevolezza di Salvatore Vinci, automaticamente si sentono in diritto di escludere Lotti. Ma quelli come Omar, che confessano di non avere un'idea, come fanno a escludere a priori un personaggio gravato da tale caterva di indizi e compatibilità come Lotti? Evidentemente si tratta di un partito preso che viene da lontano, da convinzioni a prescindere talmente radicate che ormai non c'è più alcuna speranza che possano rimettere in discussione. Pensa al nuovo dettaglio dei pantaloni che il ragazzo francese aveva indosso. Che Lotti avesse parlato di uomo nudo dalla cintola in su, contro tutte le convinzioni anche ufficiali, non gli fa né caldo né freddo.

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    17. Collega, come saprai non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire e peggior cieco di chi non vuol vedere. Quindi ti consiglio un buon paio di occhiali per osservare meglio questa vicenda.
      Quando poi leggo Antonio parlare di caterva di indizi nei confronti di Lotti, non so se ridere o piangere. Come mi ha scritto un amico, che non nomino, ma non è un cazzaro da FB: "la possibilità che X cambi idea è pari a circa zero. Si può cambiare un giudizio, mai un pregiudizio: egli ha un pregiudizio, si è innamorato di una sua tesi e quella tesi resterà per lui imperitura".
      Sinceramente mi dispiace, continuerò a leggere ma cercherò di non intervenire più.

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    18. Diciamo pure che non hai argomenti. La mia caterva d'indizi è reale, a partire da quello di chi si prese 26 anni di carcere da presunto innocente, che si aggirò sotto la piazzola di Scopeti per l'intero pomeriggio della domenica, che frequentò la piazzola di Vicchio prima del delitto, che inventò la scusa della pipì assieme a Pucci, che mise le mani avanti sul sabato a Scopeti nell'interrogatorio con Vigna, che parlò di fancese nudo dalla cintola in su e di luce dentro la tenda e potrei andare avanti, anche recuperando le compatibilità.
      Che cosa viene opposto per dimostrare la sua innocenza? Che era troppo scemo, che sarebbe stata la coincidenza che sappiamo, che aveva comprato un macchina blu prima di Scopeti... mi dimentico qualcosa? Non mi pare.
      Il fatto che tu non riesca a scrivere un bell'articolo come ho fatto io con quello sull'ipotesi Lotti è la miglior dimostrazione che la tua rispettabilissima opinione non è traducibile in ragionamenti logici.

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    19. Guarda, ti dò io l'incipit, ispirandomi alle dimostrazioni per assurdo in matematica. Appunto, ragioniamo per assurdo, suppondendo che Lotti fosse il Mostro. Ma allora perché...
      Forza, non dirmi che non sei capace di trovare un pugno di elementi che riuscirebbero a negare l'ipotesi di partenza, viste le tue incrollabili certezze.

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    20. Tra gli espedienti retorici partoriti dalla mente umana, quello di attribuire agli altri le proprie mancanze è uno dei più abusati e sempreverdi. Indipendentemente dalle conclusioni personali che ognuno può trarne, l’articolo di Segnini su Lotti mostra un impegno che va ben al di là di pregiudizi e postulati, questo almeno è un fatto oggettivo. L’ipotesi Lotti sembra essere il pretesto preferito di chi tenta di screditare il suo lavoro in toto, ma le deboli contestazioni mosse, prive di valide argomentazioni logiche, a mio avviso non fanno che confermare la genuinità e la linearità del suo pensiero.

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    21. Al di là delle belle parole, per le quali la ringrazio, credo che lei abbia colto nel segno. Mi ricordo i primi tempi del mitico forum di Ale, quando aprii una discussione che mi pare avesse il titolo: "Perché Giancarlo Lotti non potrebbe essere il Mostro di Firenze?". Avevo appena messo in download il mio vecchio ebook, e mi aspettavo delle argomentazioni con le quali confrontarmi. Non raccolsi nulla. Ricordo soltanto un confuso intervento dell'altrimenti ottimo Master, oltre ai soliti luoghi comuni che sussistono ancor oggi. Quasi tutti respingono l'idea che Lotti potesse essere il Mostro, ma nessuno fornisce adeguata spiegazione.
      In questo caso è palese il tentativo di attribuire al sottoscritto il pregiudizio proprio. Omar Quatar e il suo amico di Facebook fanno finta che su questo blog non esista un articolo che si chiama "L'ipotesi Lotti", evitando quindi anche di contraddire le relative argomentazioni.

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    22. Omar guarda che non ho intenzione di scontrarmi con te visto che ho anche comprato il tuo libro. Però rileggendo i tuoi interventi, questa volta indossando un bel paio di occhiali, devo prendere atto che io ti ho fatto una domanda alla quale non hai risposto. Me ne farò una ragione.

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    23. La ragione per la quale Omar Quatar, e molti con lui, non ritengono credibile Lotti come mostro di Firenze risiede nel fatto che Lotti fece il gioco degli inquirenti, che volevano Pacciani a tutti i costi. Non ci arrivarono attraverso Vanni, ci sono arrivati attraverso Lotti e Pucci, che in dibattimento non ricordava neanche cosa aveva mangiato il giorno prima di deporre. Secondo Omar Quatar (e nel mio piccolo sono con lui su questo punto) l'atteggiamento passivo e remissivo di Lotti in fase istruttoria è incompatibile con la psicologia di un killer spietato come il Mostro di Firenze. Non capisco perché questa debba essere considerata una posizione per partito preso, e non un'opinione come le altre.

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    24. Collega, a me sembra di aver risposto. I consulenti intuiscono - non era difficile, del resto - che Lotti nascondeva qualcosa. Partendo dal presupposto della Procura della colpevolezza sua e degli altri CdM (prego rileggere le domande a cui devono rispondere) possono solo pensare che nasconda astutamente una sua maggiore responsabilità.Non gli fanno il test del Q.I. così non devono mettere in discussione la sua presunta astuzia. Non gli viene in mente che possa nascondere altro, appunto perché partono da un pre-giudizio. Se questa ti sembra una consulenza ben fatta, ok, io la penso diversamente. Del resto gli stessi due ne fanno una su Pucci che è del tutto scandalosa e che ho criticato in dettaglio.
      Mi fa sorridere che proprio su questo blog dove tutte le perizie vengono minuziosamente smontate e talora sbeffeggiate, questa invece diventa Vangelo.

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    25. x Giorgio
      L'opinione che Lotti non fosse il Mostro è legittima, non è leggittima la certezza che non lo fosse, a meno di non confutare una a una le argomentazioni che ho espresso nella mia pagina apposita.

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    26. Già, che l’ipotesi Lotti venisse accettata da tutti sarebbe sbagliato esigerlo… ma non prenderla nemmeno in considerazione è sintomo di superficialità.
      Conosco anch’io la sensazione di impotenza che si prova di fronte ai muri, ma spesso l’impegno non dà risultati tangibili sul breve termine, questo si sa. Tenga comunque conto che da quel che noto sempre più persone stanno iniziando a digerire le idee tanto innovative quanto lineari del suo blog, e considerando l’andamento generale mi sembra già un risultato nient’affatto disprezzabile.

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    27. x Omar Quatar.
      Quale perizia poteva venir fuori dalle prudentissime richieste della procura? Il documento non va visto tanto come perizia, ma come il ritratto di un personaggio assai inquietante, che la procura non avrebbe avuto alcun interesse a ottenere, e del quale soltanto una difesa oltremodo ottusa non seppe approfittare.
      Quello che mi pare tu stia sostenendo è che Fornari e Lagazzi non sarebbero stati sfiorati dal minimo dubbio che la persona di fronte a loro fosse un innocente, nonostante innocente lo fosse davvero. Insomma Lotti sarebbe riuscito a dargliela a bere. Il che è francamente assai improbabile, considerato il loro mestiere. Si potrebbe soltanto supporre che i loro dubbi li avessero nascosti, anche sotto giuramento, e anche questo appare molto improbabile.
      I consulenti descrivono invece un colpevole, e il suo atteggiamento glielo conferma, gli unici dubbi che hanno è che stia dicendo meno di quel che sa. Riguardo il suo ruolo, pur accettando il punto di vista della procura (che non avrebbero potuto contraddire), non lo vedono in quello di soggetto succube come vorrebbe passar lui, tutt'altro. E in dibattimento lo ribadiscono. Tu giri la testa di fronte a tutto questo, posso capire che lo facciano quelli di Facebook che hanno letto un paio di libri e già pontificano, ma da uno come te è difficile accettarlo. Mi dispiace dirlo, ma a me pare supponenza, la stessa supponenza di Filastò che portò alla condanna di Vanni. Sono dieci e più anni che studio la vicenda, ho dimostrato attraverso i miei articoli quale sia il mio livello di profondità, di logica, di serietà, e anche di generosità nel condividere le informazioni senza temere che altri possano interpretarle in modo opposto. Eppure non ti sfiora neppure il dubbio che nei miei studi possa esserci una stilla di verità, e questo senza neppure avere né un tuo colpevole né tantomeno una prova positiva d'innocenza. Cos'è questa se non supponenza? Tra l'altro una supponenza che nel caso dell'assicurazione di Lotti credo proprio di averti ridimensionato.

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    28. Antonio, sono già varie volte che porti avanti questo ragionamento: siccome sono dieci anni e più che studi la vicenda, è implicito che possiedi tu la verità. Ohimé, magari funzionasse così; il tempo e l'impegno spesi non sono di per sé garanzia di successo. Tu a mio parere hai capito molto; purtroppo, dieci anni fa o quando è stato non lo so, hai creduto di avere un'intuizione e ora pieghi tutto quello che scopri a questa intuizione che assolutamente non può e mai potrà essere verificata. Un'intuizione che, sempre a mio parere, va contro tutto quello che sappiamo dalle carte: che Lotti fu un docile e ottuso strumento nelle mani della Procura ecc. sono discorsi fatti molte volte. L'accusa di supponenza potrei ribaltarla facilmente, ma non lo farò: ognuno ha il caeattere che ha. Quello che spiace è che quando non si è d'accordo con te, si viene automaticamente tacciati di superficialità e miopia, il che non invita certo a partecipare alle discussioni. Del resto, sappi che sulle assicurazioni hai fatto un romanzo senza alcun appiglio nei fatti, quindi non mi hai convinto proprio per niente. Mi spiace :-)

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    29. Fai delle affermazioni molto ingiuste, ma non mi aspetto niente di più ormai. Chiudo con un invito, quello di leggere bene i miei articoli su Salvatore Vinci. Credo tu abbia molto da imparare su quale sia il modo corretto di confutare le teorie degli altri. Indipendentemente dal fatto che ci sia riuscito oppure no, ogni mia affermazione è accompagnata da argomentazioni adeguate, il che è ben diverso dal continuare a sostenere che Lotti era un colpevole costruito dal nulla senza riuscire a scrivere un articolo dal quale tale affermazione possa ricevere adeguato conforto logico.

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  18. Pucci andava indagato per il suo possibile coinvolgimento nei delitti. Era un punto sul quale doveva essere fatta chiarezza. Il sospetto che avesse fatto assai più di quello che aveva confessato non era eliminabile, anche stante le sue reticenze. Il comportamento della procura è stato di colpevole utilitarismo, in barba a ogni perseguimento della verità fattuale. Un Pucci indagato sarebbe stato assistito da un legale, e avrebbe potuto rifiutarsi di testimoniare in dibattimento.
    Si tratta di un'inchiesta semplicemente vergognosa, che verrà giudicata in modo molto severo dai futuri storici. Chi è qui ora dovrebbe fare tutto il possibile per lasciare un segno.

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  19. Credo che valga la pena di ragionare un po' su che cosa sarebbe successo se la Corte d'Assise Di Appello avesse assolto il Vanni, cosi' come richiesto dal P.G. Propato.

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    1. Aggiungo se non fosse morto Pacciani. Ma con i se e con i ma la storia non si fa...

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