venerdì 9 dicembre 2016

La dinamica di Baccaiano (1)

Era quasi la mezzanotte di sabato 19 giugno 1982 quando Adriano Poggiarelli e Stefano Calamandrei, due giovani che stavano transitando lungo la buia via Virginio Nuova per raggiungere Baccaiano – una frazione del comune di Montespertoli – notarono sulla loro destra un’auto finita fuori strada, le ruote anteriori sulla banchina e le posteriori dentro il canaletto laterale di scolo, quindi inclinata con la coda in basso (come mostra la foto seguente, si tenga presente però che la portiera destra era chiusa).


Pareva la scena di un incidente stradale, ma in un primo momento, visti i fari spenti e l’assenza di persone all’intorno, i due non si fermarono. Arrivati in paese e trovato deserto il bar dove erano diretti, presi da uno scrupolo decisero di tornare indietro, raggiungendo il luogo del presunto incidente dopo appena qualche minuto dal precedente passaggio. Il tempo di scendere a terra e furono raggiunti, con provenienza dalla direzione opposta, da una coppia di fidanzati, Concetta Bartalesi e Graziano Marini, anch’essi insospettiti dall’auto fuoristrada e anch’essi tornati indietro a controllare.
Quasi immediatamente i quattro giovani si resero conto che quella non era la scena di un incidente stradale. Dietro il vetro in frantumi del finestrino anteriore sinistro un ragazzo respirava a fatica, seduto alla guida con il busto appoggiato alla spalliera inclinata, mentre sul divanetto posteriore sedeva una ragazza priva di conoscenza. Ma, soprattutto, c’era un buco sul parabrezza, al quale Bartalesi e Marini associarono gli schiocchi che avevano udito provenire dal posto poco prima del loro precedente transito. Intuendo che c’era stata una sparatoria, presi dal panico i quattro corsero a telefonare ai Carabinieri e al Pronto Soccorso, lasciando la scena del crimine incustodita. Dopo quindici, venti minuti iniziò ad arrivare gente, e poi l’ambulanza.
Entrati nell’abitacolo attraverso la portiera del passeggero forzata con il piede di porco in dotazione, i paramedici constatarono il decesso della ragazza, mentre estrassero il ragazzo incosciente ma vivo. Purtroppo però non c’era più nulla da fare neppure per lui: giunto in ospedale in coma irreversibile, otto ore più tardi morì.
Antonella Migliorini e Paolo Mainardi, 20 e 22 anni, fidanzati da tempo, avevano trascorso la serata a cena da un amico di famiglia, l’ultimo ad averli visti vivi, per poi uscire, attorno alle 22.30, a bordo della loro Fiat 147, una 127 economica a due porte costruita in Brasile. Si erano appartati quasi subito in un piccolo spiazzo erboso a fianco di un lungo rettilineo su una provinciale di medio scorrimento, via Virginio Nuova, a un chilometro circa da Baccaiano. A parte il lato d’ingresso il posto era circondato da fitti cespugli, quindi assicurava una ragionevole protezione da sguardi indiscreti, ma non era troppo isolato, rimanendo l’auto comunque ben visibile dalla strada. A detta degli amici intervistati nei giorni successivi, Antonella aveva terrore del Mostro, e sembra logico ritenere che la scelta di un luogo con simili caratteristiche fosse dovuta proprio a quello.
Purtroppo la loro accortezza non risultò sufficiente.

Un complicatissimo scenario. La ricostruzione della dinamica del delitto ha presentato da sempre notevoli problemi, sia per la sua intrinseca complessità dovuta allo spostamento dell’auto durante l’azione, sia per l’intervento dei paramedici che soccorsero Paolo, i quali fecero quel che andava fatto ma alterando in modo irrimediabile la scena del crimine. La presenza al suo interno di bossoli e frammenti di vetro attesta senza dubbio alcuno che l’attacco era iniziato sulla piazzola antistante, dove la 147 sostava con il muso rivolto verso i campi e la coda verso la strada. Così l’aveva vista Francesco Carletti, che vi era passato davanti attorno alle 23.40. Pochi minuti dopo, quando erano transitate le auto dei due amici e dei fidanzati, la 147 si trovava dalla parte opposta con le ruote posteriori nel fosso, dove evidentemente era finita a marcia indietro. La figura sottostante schematizza lo scenario e l’azione.


I pallini rossi indicano i nove bossoli, contrassegnati da lettere dell’alfabeto che non vogliono indicare alcuna sequenza temporale. Le lettere “F”, “G”, “H”, “I” replicano quelle utilizzate dalla Scientifica così come si evince dalle foto sottostanti. La seconda immagine è costituita dall’accostamento di due fotogrammi televisivi di un filmato non noto a chi scrive, pubblicata su Calibro 22, dove si vedono tutti e quattro i bossoli ritrovati sull’asfalto, di cui “F” dalla parte della piazzola. Riguardo invece quelli ritrovati in piazzola, dei quali non sono emerse foto, da Storia delle merende infami si apprende che “A”, “B” e “C” erano tutti vicini, a 11 metri dalla ruota anteriore destra della 147 presa come punto di riferimento nella relazione della Scientifica, mentre “D” era a 10 metri.
Il bossolo “X” fu raccolto all’interno dell’auto, sul tappetino posteriore destro.

 
 

Sui proiettili repertati si sa poco – nella perizia Arcese-Iadevito si parla di sei frammenti e di una “parte” – mentre sono esaurienti le descrizioni delle ferite.


Antonella fu colpita due volte alla fronte: il proiettile “A”, non mortale, attraversò la cute e fuoriuscì, mentre il proiettile “B” la prese frontalmente penetrando nella cavità cranica e uccidendola. Varie escoriazioni e piccole ferite, delle quali la più importante lacero-contusa al naso con fratture delle ossa (“C”), furono dovute ai frammenti di vetro del finestrino infranto (perizia De Fazio: “Sul cadavere sono state anche riscontrate piccole escoriazioni multiple e piccole ferite da taglio sparse riferibili all'azione dei frammenti del cristallo frantumato”).
Va segnalata infine un’ecchimosi a una gamba – quasi certamente la destra – nelle vicinanze del piede.


Paolo fu colpito da quattro proiettili: “A” alla spalla sinistra con ingresso da dietro, “B” alla tempia sinistra con ingresso sopra e dietro l'orecchio e attraversamento dell’encefalo (l’unico mortale), “C” all’orecchio sinistro, non penetrato e rimbalzato in basso verso la mandibola, “D” alla punta della mandibola, sulla sinistra e dal basso in alto, con fuoriuscita dallo zigomo sinistro. Anche in questo caso la perizia De Fazio parla di piccole ferite da frammenti di vetro, in particolare nella zona della tempia e dell’orecchio sinistri. In più furono osservati lividi e abrasioni sul tronco e agli arti superiori.
Né Antonella né Paolo avevano addosso ferite d’arma bianca.


Ai sei proiettili che raggiunsero le vittime ne vanno aggiunti due che colpirono i fari anteriori della 147, sparati ad auto già fuoristrada poiché i relativi frammenti di vetro furono ritrovati lì sotto, mentre al foro sul parabrezza probabilmente corrisponde una delle ferite già descritte. Per pareggiare i conti con i nove bossoli ne manca uno, quindi: più avanti vedremo dove andò a finire.
Ulteriori elementi da tenere in considerazione riguardano l’auto. Il cambio era in retromarcia e il freno a mano inserito solo in parte. Le ruote anteriori erano sterzate verso destra, in una posizione ben compatibile con lo spostamento ad arco di cerchio della vettura. Lo sportello lato passeggero era bloccato dall’interno, quello di guida no, quantomeno così l’aveva trovato la Scientifica. Ma vedremo che con tutta probabilità era bloccato anche quello, e la relativa sicura si era sollevata nel momento in cui un soccorritore aveva tirato la maniglia dall’interno. All’intervento del medesimo soccorritore si deve anche il sedile di guida semireclinato, in origine in piedi come quello del passeggero. Infine le chiavi, che, furono trovate nel campo dietro l’auto in una posizione purtroppo non ben precisata.
Sul sedile posteriore della 147 venne recuperato l’orologio di Antonella con il cinturino privo di una delle due maglie di giunzione, rinvenuta in ospedale tra i capelli di Paolo, “arcuata e deformata(De Fazio). Dal pavimento fu invece raccolto un profilattico annodato contenente sperma, e di sperma era sporco un fazzoletto di carta anch’esso trovato in macchina.

La ricostruzione ufficiale. Nella sentenza di primo grado contro Pacciani è riassunta la ricostruzione ufficiale:

[…] il ragazzo, forse già ferito, ma non mortalmente, dai colpi di arma da fuoco, era riuscito a mettere in moto l'auto e ad inserire la retromarcia, abbandonando la piazzola sterrata, cercando di immettersi sulla strada provinciale. Non vi era purtroppo riuscito perché l'omicida lo aveva inseguito esplodendo contro lui e la ragazza una serie di colpi che avevano ucciso quest'ultima, trovata seduta nella parte posteriore dell'auto, e ferito mortalmente lui. A macchina ferma l'omicida aveva sparato due colpi contro i fari anteriori; aveva poi danneggiato con un oggetto metallico e a punta i fanalini di posizione anteriori, sfilando anche le chiavi dal cruscotto.

La ragionevole anche se grossolana dinamica presuppone dunque che fosse stato Paolo Mainardi, sorpreso alla guida e forse ferito, a tentare la fuga, finendo per incagliarsi nella fossa sul lato opposto della strada dove il Mostro avrebbe terminato la sua azione di morte. Ma chi all’epoca fu incaricato di ipotizzare una ricostruzione (forse Arcese e Iadevito con l’aiuto di Maurri) dovette far fronte a non pochi dubbi, come appare evidente da quanto ne scrisse De Fazio un paio d’anni dopo.

Delle tre ricostruzioni proposte dai Periti medico-legali, nella perizia eseguita nell'83, la terza appare per alcuni versi la più convincente, in quanto esplicativa del fatto che il Mainardi, quando fu attinto dai colpi di arma da fuoco, si trovasse sul sedile anteriore, al posto di guida: tale ricostruzione implica infatti che il primo colpo sia stato sparato contro il parabrezza e possa essere quindi uscito dal finestrino dello sportello di sx., il cui vetro sarebbe quindi stato frantumato dall'interno, e che poi vi siano stati da un canto gli spostamenti e le manovre del Mainardi per mettere in moto l'auto, dall'altro lo spostamento dell'omicida nel fianco sx. dell'auto, per sparare all'interno di questa, in rapida successione, i colpi che hanno attinto le due vittime, mentre l'auto si muoveva in retromarcia lentamente in quanto verosimilmente era innestato il freno a mano, e l'omicida si teneva a contatto dell'auto, forse appoggiato a questa correndole a fianco e sparando i colpi in rapida successione.

Si capisce subito che i periti dovettero aver combinato un gran pasticcio, nelle loro tre versioni, se De Fazio ne privilegiò una che già partiva male, con un improbabile primo colpo verso il parabrezza il cui bossolo avrebbe dovuto trovarsi isolato in mezzo ai cespugli davanti all’auto. E non era lì. 


Vedremo che l’errore sarebbe stato ripetuto da altre ricostruzioni, alternative a quella ufficiale. Pur senza menzionare il problema del bossolo, De Fazio respinse l’ipotesi, confermando però la posizione di Paolo alla guida.

Tale interpretazione contrasta tuttavia col reperto di minute e numerose escoriazioni in zona temporo-auricolare sx. evidentemente prodotte da frammenti di vetro, proiettatisi quindi all'interno dell'auto, verosimilmente in un momento in cui il Mainardi si trovava al posto di guida, ovvero sul sedile posteriore con la testa protesa in avanti, forse nell'atto di protendere il braccio verso la parte anteriore dell'auto. Vi è un particolare che non è stato tenuto in considerazione nella ricostruzione dinamica dei fatti: l'orologio della Miglìorini è stato trovato sul sedile posteriore dell'auto, col cinturino libero ad una estremità, in quanto mancante della barretta che la tiene fissa al corpo dell'orologio; tale barretta è stata rinvenuta, arcuata e deformata, tra i capelli del Mainardi, da uno dei medici dell'ospedale in cui fu ricoverato.
Appare quindi verosimile che il polso sinistro della Migliorini si trovasse, nel momento in cui fu infranto il vetro dello sportello sx., a contatto con i capelli del Mainardi, e come appoggiato sul suo capo, in modo da essere investito da parte delle scheggie di vetro, una delle quali verosimilmente ha deformato e liberato la barretta che poi è stata trovata tra i capelli dell'uomo. Tale circostanza diviene possibile ove si ipotizzi non già la vicinanza della coppia per effusioni (non si capisce infatti in quale posizione reciproca potessero trovarsi le due vittime secondo tale ipotesi), ma una situazione diversa, forse di all'erta, in cui l'uomo si trovava seduto al posto di guida e la donna, forse per l'istintiva ricerca di un contatto rassicurante, si protendeva dal sedile posteriore cingendo con la mano sinistra il capo del compagno.

Le osservazioni di De Fazio sui frammenti di vetro e sull’orologio di Antonella sono molto acute, e senz’altro condivisibili. Ma anche lui non affrontò il vero problema di ogni ricostruzione che avesse collocato Paolo Mainardi al posto di guida: i soccorritori intervenuti dopo mezz’ora lo avevano trovato a sedere sul divanetto posteriore.

Paolo Mainardi seduto dietro. Nelle ore immediatamente successive al delitto, la notte stessa, furono interrogati i quattro ragazzi che per primi si erano fermati accanto alla 147. Tutti dichiararono di aver visto Paolo Mainardi sul sedile di guida. D’altra parte anche le macchie di sangue indicavano la stessa cosa. In un documento redatto dal Pubblico Ministero alle 2 di notte si poteva leggere: “Gli ufficiali di P.G. presenti riferiscono che, sul sedile anteriore di guida, in base a dichiarazioni assunte in loco, era adagiato il corpo di un giovane identificato in Mainardi Paolo”. Si può immaginare lo sconcerto degli inquirenti quando, uno o due giorni dopo, interrogarono i quattro soccorritori, i quali dichiararono all’unisono di aver trovato Mainardi seduto dietro. Si trattava di un adulto, Lorenzo Allegranti, che guidava l’ambulanza, e tre ragazzi neppure maggiorenni (Silvano Gargalini, Marco Martini e Paolo Ciampi - EDIT: in realtà Gargalini aveva 29 anni, come mi è stato fatto notare dal lettore Pardo), tutti volontari della Croce d’Oro di Montespertoli. Nell’articolo La sentenza CdM e Baccaiano (paragrafo: “Secondo e terzo riscontro”) sono già state evidenziate le enormi pressioni di chi li aveva interrogati affinché cambiassero versione, tanto da ottenere che Martini, dopo tre ore e mezza di eroica resistenza, firmasse quel che volevano: “Non sono in grado, invece, di precisare l'esatta posizione del corpo del Mainardi in origine in quanto, al momento del mio intervento, il corpo stesso era già stato spostato dal mio collega”. Ma in precedenza a “Paese Sera” (21 giugno) il ragazzo aveva dichiarato: “Ricordo benissimo che, per togliere il corpo di Paolo dalla macchina, abbiamo dovuto spostare in avanti i sedili anteriori. Lui stava seduto accanto ad Antonella su quelli posteriori”.
Il problema fu presto dimenticato, anzi, probabilmente già De Fazio non ne fu messo al corrente, considerando che nella sua perizia non se ne fa menzione. Anche al processo Pacciani non si sentì parlare dei quattro soccorritori. Fu Nino Filastò, nell’intento di confutare le dichiarazioni di Giancarlo Lotti, a chiamarli a deporre al processo Vanni (vedi qui: Allegranti, Gargalini, Martini, Ciampi). Ebbene, tutti, compreso chi suo malgrado aveva firmato verbali compiacenti (Martini e Ciampi) furono concordi nel dichiarare che Paolo Mainardi era seduto dietro. Chi ha letto l’articolo poco sopra citato sa già come andò a finire: i giudici non si impressionarono affatto e si voltarono dall’altra parte.
Eppure le parole soprattutto di Martini e Gargalini furono efficacissime nel dimostrare il primo le pressioni subite all’epoca e nel raccontare il secondo le manovre di soccorso. A entrare in auto erano stati lui avanti e Martini dietro, ed entrambi avevano sollevato il ferito passandolo a Ciampi e Allegranti che erano fuori. Per una serena valutazione del loro operato si tenga presente che si trattava di volontari giovanissimi – a parte l’autista – addirittura al loro primo intervento, quindi è comprensibile che il servizio svolto non fosse stato perfetto, per l’inesperienza e soprattutto per l’emozione.
Va segnalato, ad esempio, l’inutile scardinamento della portiera destra. Mentre Gargalini constatava che la portiera del passeggero era bloccata Martini tentava di aprire quella di guida, trovando bloccata anch’essa, quasi sicuramente per la levetta della sicura abbassata, tanto è vero che lo stesso Gargalini poi l’aprì facilmente dall’interno usando la maniglia (“gli sportelli forzavano e non si aprivano, oppure era chiusa. Io, questo, in particolare, non lo so. Io so che, dalla parte di là, l'ho forzata; dalla parte di là ho tirato la maniglia dall'interno e si è aperto lo sportello”). Non è ben chiaro in quale momento Gargalini avrebbe aperto la portiera di guida, che fu trovata effettivamente senza sicura, ma chiusa. Forse fu lui stesso a richiuderla, o forse qualcuno dall’esterno, anche semplicemente appoggiandovisi sopra.
Proviamo in ogni caso a sintetizzare il racconto di Gargalini con l’aiuto di qualche foto ricostruttiva, ripresa a bordo di una vera Fiat 127. Purtroppo nell’orario in cui il demolitore ha concesso l’uso dell’auto non era disponibile una figura femminile, quindi il lettore dovrà metterci un po’ d’immaginazione.


Una volta scardinata la portiera destra, Gargalini si sporse verso Antonella e ne verificò la morte (“la donna dietro lì, al lato destro, tasto il polso, tasto la carotide: non c'era segni di vita”). Poi cercò di tirare su il sedile del passeggero per accedere al vano posteriore e compiere la medesima verifica su Paolo, ma non trovò la leva di sblocco (“quei sedili, di solito, ci vuole una leva per tirarla. Io non la trovavo, con la furia”). A dire il vero la leva era in una posizione di facile accesso, sul lato esterno della spalliera, ma evidentemente il ragazzo la cercò in basso, dove invece si trovava quella per regolare l'inclinazione dello schienale.


Visto che non riusciva ad alzare il sedile del passeggero, il ragazzo entrò posizionandosi sull’altro (“io sono salito sul sedile, allora,  a questo punto, a sinistra”), senza però riuscire ad arrivare a Paolo (“non arrivando a fare quello che dovevo fare”). Si tenga presente che il sedile in foto era tutto indietro e non scorreva, quindi in realtà lo spazio tra soccorritore e ferito poteva essere maggiore.
 

Gargalini decise quindi di reclinare la spalliera con la leva in basso (“Ho reclinato il sedile di dietro, per poter arrivare meglio alla persona”).


Verificato che Paolo era ancora vivo, Gargalini uscì e cercò ancora una volta di trovare la leva di sblocco dei sedili, finalmente riuscendovi. Quindi i due sedili furono basculati in avanti e lui entrò nel vano posteriore iniziando le manovre di estrazione. A seguire entrò anche Martini, mentre Ciampi e Allegranti erano fuori sul lato destro dell’auto in attesa di prendere il ferito.
I sedili furono poi rimessi al loro posto, non si sa bene da chi e quando, probabilmente dalla Scientifica. Nella foto sottostante si vede bene quello del passeggero abbassato mentre quello di guida sembrerebbe ancora basculato in avanti. In altra foto risulta invece abbassato.


A questo punto appare evidente che i quattro soccorritori non potevano essersi sbagliati asserendo di aver trovato Paolo seduto dietro. Per quale motivo, infatti, si sarebbero inventati una manovra così articolata e del tutto plausibile? È altrettanto evidente l’ottusità degli inquirenti dell’epoca e dei giudici del processo Vanni nel non voler credere alle loro parole.

La ricostruzione di Filastò. Persa la battaglia in tribunale, nel libro Storia delle merende infami l'indomabile Nino Filastò propose in seguito la propria personalissima ricostruzione, secondo la quale Paolo Mainardi non sarebbe stato sorpreso al posto di guida, ma sul divanetto posteriore, dove la coppia aveva fatto l’amore e forse ancora stava per farlo. Il Mostro, dopo aver sparato i primi colpi in piazzola credendo di aver ucciso entrambi i ragazzi, si sarebbe messo al volante alla ricerca di un posto più riparato dove portare a termine l’ambita mutilazione. Durante il percorso a marcia indietro però Antonella, ancora viva, si sarebbe agitata costringendolo a sparare e facendogli perdere il controllo dell’auto finita in fossetta, con il tentativo di ripartenza impedito dalle ruote anteriori motrici prive di aderenza.
I punti deboli di questa artificiosa ricostruzione sono innumerevoli, qui conviene limitarsi solo ai principali. Che la coppia avesse scelto i sedili dietro per fare l’amore è assurdo. Già riesce difficile credere che i ragazzi si sarebbero chiusi in trappola sul sedile posteriore, per di più di un’auto a due porte, per di più con Antonella che aveva paura del Mostro. Sarebbe successo due anni dopo a Vicchio, ma Pia Rontini e Claudio Stefanacci probabilmente contavano sul fatto che il Mostro fosse in galera, e inoltre furono sorpresi in una fase preparatoria, quando ancora non avevano finito di preparare l'ampio giaciglio che, tramite smontaggio dello schienale posteriore, la loro Panda metteva a disposizione.
Ma a rendere del tutto impossibile l’ipotesi di Filastò sono le dimensioni del divanetto posteriore: 128 cm di larghezza e 45 di profondità. Le due foto sottostanti, con protagonista una persona di altezza media (1.75), lo dimostrano con chiarezza (purtroppo la prima è stata rovinata dai riflessi del sole sul parabrezza molto sporco).

 

Chi scrive non ha trovato una fonte diretta, è comunque diffusa la convinzione che i due ragazzi fossero piuttosto robusti. Ad esempio di Paolo “ragazzone robusto” si legge in Il Mostro di Firenze di Cecioni e Monastra, mentre per Wikipedia addirittura sarebbe stato alto quasi due metri. Di Antonella che sarebbe pesata 90 kg si legge invece nel documento di De Gothia che a breve andremo a trattare. I quasi due metri e i novanta chili saranno senz’altro delle esagerazioni, in ogni caso si può ragionevolmente escludere per entrambi una costituzione particolarmente minuta.
Come abbiamo già visto, l’auto era dotata di molto più comodi sedili reclinabili, del resto previsti proprio per situazioni del genere, ai quali non si comprende davvero il perché Antonella e Paolo avrebbero dovuto preferire il divanetto posteriore. Rimane da spiegare la posizione di Antonella: perché era dietro? Vedremo nella seconda parte dell’articolo una logica spiegazione.
Ma se anche la coppia avesse adottato strane posizioni da kamasutra sul divanetto posteriore, a dimostrare che al momento dell’attacco Paolo era seduto davanti intervengono due fattori decisivi: il vetro anteriore andato in frantumi – i cui frammenti ferirono la faccia di entrambi – e le copiose macchie di sangue rinvenute sul sedile di guida, attribuite con troppa disinvoltura da Filastò alla fase di soccorso. In quel frangente il sedile era basculato in avanti, quindi al massimo un pur imponente fiotto di sangue lo avrebbe macchiato sul retro. In ogni caso la presenza di una strisciata lungo la portiera, lo vedremo a tempo debito, dimostra che il ragazzo aveva sanguinato a lungo mentre si trovava sul sedile anteriore.
Risulta inoltre poco ragionevole che il Mostro avesse deciso di spostarsi dalla piazzola, dove la vegetazione all’intorno risultava più che sufficiente ai suoi scopi: bastava trascinare il corpo di Antonella per appena un paio di metri e nessuno lo avrebbe visto mentre la mutilava. D’altra parte andare in giro con un’auto dal vetro anteriore sinistro infranto, il parabrezza forato da una pallottola e due cadaveri a bordo certamente non sarebbe stato un buon sistema per diminuire i rischi di essere colto sul fatto.
Va infine segnalata un’ultima gravissima incongruenza che riguarda i due bossoli raccolti tra la piazzola e la strada (“D” e “F”), poiché la loro posizione, nell'ambito della dinamica proposta da Filastò, presupporrebbe che lo sparatore fosse uscito dall’auto incastrata nel fosso e avesse attraversato nuovamente l’asfalto per sparare da lontano: a quale scopo e verso quale bersaglio?

Altre ricostruzioni. Quella di Filastò non è certo l’unica ricostruzione alternativa che riconosce valide le testimonianze dei soccorritori. Anche il compianto Mario Spezi in Dolci colline di sangue ne abbozzò una, ad esempio. Paolo sarebbe stato sì sorpreso alla guida, ma, una volta rimasto bloccato nel fosso, sarebbe stato spostato sul divanetto posteriore dal sopraggiunto Mostro che poi avrebbe preso il volante per portarsi in un luogo riparato ove effettuare l’escissione. Le ruote però avrebbero girato a vuoto, costringendolo a rinunciare. Come la classica coperta troppo corta, la dinamica proposta da Spezi elimina qualche problema rispetto a quella di Filastò ma ne introduce altri, il primo dei quali è l’estrema difficoltà – se non addirittura l’impossibilità – dello spostamento di un corpo inanimato dal vano anteriore a quello posteriore nell’angusto abitacolo dell’utilitaria. E poi, perché tanta fatica quando sarebbe bastato lasciarlo scivolare a terra nel fosso?
Nelle lunghe discussioni in rete sono stati abbozzati altri tentativi di ricostruzione, e in due casi sono nati dei documenti che adesso circolano tra gli appassionati. Il primo a provarci fu il mitico De Gothia con La notte dei salami, uno scritto arguto e piacevole dove però si sommano vari errori e inverosimiglianze che il lettore può scoprire da sé. Va comunque riconosciuto al compianto padre dell’ipotesi Maniac di aver notato ed evidenziato un particolare importante scoperto su una foto della 147 scattata dopo il trasporto in una caserma dei carabinieri di Signa: delle macchie di sangue sul longherone esterno sinistro, ormai note sui forum come “colature di De Gothia”. Tra poco ne tratteremo, giungendo però a conclusioni del tutto differenti da quelle del loro scopritore.
Partendo dalle citate colature integrate con una misteriosa macchia di sangue sull’asfalto vista in un filmato dell’epoca, un forumista noto come Accent ha proposto un’incredibile ricostruzione dal titolo Il Mostro e la legge di Murphy (ne esistono due versioni, con la seconda che cerca di eliminare qualche grave difetto della prima). Il tentativo è interessante per alcuni dati raccolti – anche inediti, come quelli sulle caratteristiche dell’auto – e da ammirare è la grande fantasia con cui l’autore ha cercato di far quadrare i conti, ma il tutto è terribilmente artificioso, e il risultato finale è pessimo. Ecco un breve campionario delle ingegnose invenzioni contenute nel documento e di qualche loro punto debole.
Secondo Accent a far muovere l’auto in retromarcia sarebbe stato il motorino di avviamento azionato da Antonella. Dopo un primo tentativo di Paolo seduto accanto a lei sul divanetto posteriore, neutralizzato dai primi spari del Mostro, la ragazza si sarebbe gettata sulla chiave di accensione girandola per tentare la fuga. Si può già osservare che l'azione, al di là della sua inverosimiglianza – a chi sarebbe venuta in mente in quel contesto di massima sorpresa e spavento, per di più confidando che fosse innestata la retromarcia? – risulta con tutta probabilità anche impossibile. Se davvero i due ragazzi avevano scelto il divanetto per fare l'amore, per farsi un minimo di spazio avrebbero almeno basculato in avanti i sedili anteriori, con il che la chiave di accensione sarebbe risultata inaccessibile.
Ma andiamo avanti. Secondo Accent il Mostro  avrebbe inseguito l'auto che singhiozzava a marcia indietro riuscendo a colpire Antonella di striscio alla fronte attraverso il parabrezza. Ad auto ferma avrebbe quindi ingaggiato una strenua lotta con la disgraziata fino a colpirla con un pugno al naso provocandole la ferita di cui si è già detto (che però era lacero-contusa, quindi poco compatibile con un pugno). Dopo aver finito Antonella con un proiettile, sarebbe poi entrato per togliere l'auto dalla strada – è a questo punto, con l'apertura della portiera, che viene collocata la formazione delle colature e della macchia sull'asfalto – ma la poca conoscenza del mezzo e l'eccitazione lo avrebbero fatto finire in fossetta. A questo punto si immagina un infruttuoso tentativo di ripartenza – però assai improbabile, vista la posizione del cambio ritrovato in retromarcia, del freno a mano in parte tirato e delle ruote girate a destra – e gli spari ai fari. Ma tutte queste azioni condotte sulla strada non sarebbero potute avvenire nei tempi ristrettissimi, dell'ordine del minuto o due, che il Mostro aveva avuto a disposizione tra un passaggio di auto e un altro, lo vedremo più avanti.
Qualche parola infine sulla ricostruzione più ambiziosa e recente, pubblicata da Valerio Scrivo nel libro Il Mostro di Firenze esiste ancora. Il tentativo di conciliare la posizione di Paolo sul sedile anteriore a inizio attacco con  quella sul sedile posteriore rilevata dai soccorritori è lodevole, ma purtroppo anche macchinoso e pieno di punti deboli, dei quali qui si evidenziano soltanto i principali.
La sparatoria viene divisa in tre fasi. Inizialmente vengono esplosi i tre colpi corrispondenti ai bossoli raccolti in piazzola (“A”, “B” e “C”): il primo infrange il vetro senza colpire nessuno, il secondo colpisce la spalla di Paolo che comunque riesce a partire, il terzo, ad auto in movimento, attraversa il parabrezza e provoca la ferita di striscio alla fronte di Antonella. Come è facile intuire, passando dal primo colpo al terzo, la canna della pistola avrebbe dovuto cambiare direzione, da laterale a frontale in rapporto all’auto (gli angoli della traiettoria sulla superficie dei due vetri non avrebbero potuto essere troppo lontani dai 90 gradi, altrimenti il proiettile sarebbe scivolato via, soprattutto sul duro e già inclinato parabrezza). Però i tre bossoli erano vicini tra loro, indice di una canna rimasta più o meno ferma. Infine puzza la coincidenza di un proiettile sparato contro il parabrezza dell’auto in movimento che colpisce proprio la fronte della ragazza seduta dietro, per di più dall’altra parte rispetto al foro sul vetro. In ogni ricostruzione bisogna sempre diffidare dei colpi fortuiti, anche se in qualche caso possono certo esserci stati. In realtà vedremo che questo fu sparato mirando e colpendo la testa di Paolo.
Nella seconda fase immaginata da Scrivo vengono esplosi i due colpi contro i fari, corrispondenti ai bossoli raccolti tra piazzola e asfalto (“D” e “F”). Qui torna poco sia la mira dello sparatore, che a distanza di vari metri e non da fermo (i due bossoli erano lontani tra loro, indice di movimento) colpisce con precisione i fari che per di più lo stavano abbagliando, sia la motivazione: con le vittime ancora vive, perché sprecare due delle sei cartucce residue per abbuiare i fari? In realtà anche questi due colpi furono sparati a contatto, e i bossoli corrispondenti non sono certo i due immaginati da Scrivo.
La ricostruzione che si concretizza nella terza fase è la più macchinosa di tutte, e non potrebbe essere altrimenti, visto che si propone di spiegare lo spostamento di Paolo, l’enigma massimo. Ad auto incastrata nella fossa, il Mostro impone al ragazzo di uscire e passare sui sedili posteriori, ma, ancora prima che si sieda, gli spara tre colpi alla testa facendolo accasciare dove sarebbe stato soccorso (bossoli “I”, “G”, “H”). Infine con l’ultima cartuccia, mettendo la mano dentro l’abitacolo, dà il colpo di grazia ad Antonella ancora viva (bossolo “X”). Tutto questo perché vuole mettersi alla guida e spostare l’auto da lì, forse riportandola nella stessa piazzola, per ritardare la scoperta del delitto e quindi raggiungere a piedi con maggior tranquillità la propria auto parcheggiata lontano. Ma davvero il Mostro si sarebbe preoccupato per una improbabilissima caccia all’uomo organizzata in quattro e quattr’otto? In effetti, se mai ci fu, sappiamo bene che l’ipotizzato tentativo di ripartenza non andò a buon fine, ma non si assistette a nessuna caccia all’uomo, tantomeno immediata.
Si può poi ripetere la considerazione già fatta per la finestra temporale minima: mentre il Mostro avrebbe minacciato Mainardi per costringerlo a uscire stavano avvicinandosi le auto dei due amici e dei fidanzati. Vedremo nella seconda parte quanto stretti furono i tempi dall’uscita di strada della 147 alla fermata di Poggiarelli e Calamandrei, tanto che risulta fuori luogo immaginare qualsiasi azione complessa da parte del Mostro in quei frangenti.
In ogni modo ad affossare del tutto l’ingegnosa ipotesi di Scrivo sono i bossoli, gli impietosi censori di ogni ricostruzione artificiosa: “I”, “G” e “H”, con lo sparatore nella posizione da lui immaginata, avrebbero dovuto finire in mezzo ai campi, come mostra la figura sottostante, e invece furono ritrovati sulla strada, davanti al muso dell’auto.


Comunque tutte le ricostruzioni elaborate, compresa quella ufficiale, soffrono di un grosso inconveniente: non riescono a conciliare la testimonianza dei ragazzi intervenuti per primi, secondo la quale Paolo Mainardi era al posto di guida, con quella dei paramedici arrivati poco dopo che invece lo trovarono seduto dietro, e dunque costringono gli ideatori a rifiutare una delle due. Vedremo che l’apparentemente impossibile conciliazione è invece possibile, ma prima è necessario mettere i cosiddetti puntini sulle i riguardo alcune importanti questioni.

Segue

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  1. Il mostro che cerca di spostare la macchina per recarsi in un altra piazzola non sta in piedi, oltre al richio nel girare con 2 cadaveri e un finestrino distrutto é da chiedersi in quale piazzola sarebbe andato , e se nella piazzola scelta c'erano un altra macchina? Girava finché non ne trovava una libera?... l' unica possibilità é che il mostro avesse un complice con il compito di tenere libera la piazzola scelta per il mutilamento della donna ma entriamo in teorie che fanno impallidire quella della terra piatta ...Un volta entrato in auto non c'era la possibilità di spostare la macchina in retro cercato posti sicuri nella vegetazione sottostante? Forse lo stava x fare ma ha visto i fari di una macchina in arrivo ed é scappato... Cosa ne pensi

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    1. Il Mostro non è mai entrato in macchina. Quando arrivarono i quattro ragazzi al posto di guida c'era Mainardi. I soccorritori poi trovarono la portiera con la sicura innestata.

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    2. Allegranti ha dichiarato che i sedili di quel modello non sono reclinabili . Disse qualcosa come " so io la fatica che ho fatto per tirarli fuori da dietro ". Ma erano reclinabili.

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  2. La chiave come ha fatto a finire nel prato dietro la macchina?

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    1. Siamo soltanto alla prima puntata, un po' di pazienza...

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    2. non è necessario entrare in una macchina per prendere la chiave di avviamento

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  3. Allegranti e l'autista dell'autoambulanza sostennero che entrambe le vittime erano sui sedili posteriori. Non puoi ignorare questo. Fu il mostro a mettersi alla guida, senza dubbio.

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    1. Troppo faticoso leggere prima di commentare?

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    2. Caro Andrea, in tutta la vicenda del MdF i "senza dubbio" scarseggiano. Leggiti prima la ricostruzione di Antonio.

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  4. Carissimo Antonio, il tuo blog è veramente notevole e meritevole di elogi. Sicuramente lo inserirò nella sitologia nella prossima edizione del libro. Ora sto leggendo di fretta e ti rispondo di fretta. Come dici tu ho cercato di conciliare la posizione iniziale di Mainardi con quella finale. Non so come siano andate le cose quindi ho cercato una soluzione basandomi sui reperti. Riguardo alla posizione dei bossoli nella parte finale dell'attacco mi sono reso conto che poteva contraddire la ricostruzione. Tuttavia, sono convinto che l'esecuzione delle vittime sia avvenuta nella terza fase. Il fatto di aver trovato i bossoli a sn del tiratore invece che a dx potrebbe trovare una spiegazione, che nel libro avrei dovuto dare ma non ricordo perché l'ho omessa, presupponendo che l'assassino tenesse in quel momento la pistola girata di 180°, ovvero alla rovescia. Mi chiederai perché avrebbe dovuto impugnare l'arma a codesta maniera. Ti rispondo che non lo so. Tuttavia, non è un'ipotesi impossibile. Insomma, questa potrebbe essere una spiegazione probabile. Ti chiedo se per caso sai dove esattamente vennero ritrovate le chiavi dell'autovettura.
    Ti ringrazio per avermi citato e ti faccio nuovamente i migliori complimenti per l'ottimo lavoro che svolgi.
    Cordialmente, Valerio Scrivo

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    1. Ciao Valerio, prendo atto delle tue precisazioni, e sono pronto a sostenere eventuali tue critiche al mio differente punto di vista.

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  5. Non è possibile che l'omicida abbia spostato Mainardi dal sedile davanti a quello dietro (per ragioni che non conosco), nella finestra temporale durante la quale i quattro ragazzi sono andati a cercare soccorso?

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    1. Oltre al fatto che non c'era alcuna ragione, era del tutto impossibile. Si trattava dell'abitacolo di un'utilitaria, e di un corpo inanimato di un ragazzone alto, a quanto sembra, più di 1.90. Il Mostro avrebbe dovuto posizionarsi prima lui sul divanetto e tirare, poi, chissà come, sgusciare via, per una manovra difficilissima. Tra l'altro le sicure di entrambi gli sportelli erano calate, anche quella lato guida, che fu sollevata da uno dei soccorritori intervendo sulla maniglia.

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  6. Arrivo su questo blog un po' per caso, non seguendo particolarmente la vicenda. Tuttavia ho notato che la ricostruzione di Filastò (letta su questo blog) ha un particolare problema: i fari. Se i due ragazzi fossero stati dietro, i fari sarebbero stati spenti. Se l'assassino fosse messo alla guida, come li avrebbe accesi? Girando le chiavi? E allora perchè sparare ai fari se bastava girare le chiavi? Se, incece, li avesse accesi in qualche altro modo, avrebbe anche saputo sicuramente spegnerli senza sparare.

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    1. Direi che l'osservazione è ottima, ed evidenzia una delle tante magagne della ricostruzione di Filastò, che è irrispettosa della logica e degli elementi noti. Partendo da un'evidente manchevolezza di quella ufficiale (il non aver riconosciuto la posizione sul sedile posteriore di Mainardi al momento dell'arrivo dell'ambulanza), la risolve in modo del tutto sbagliato. Si potrebbe dire quello che dice lui nel suo libro in altro contesto: "Peso il tacòn del buso".

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    2. No, la dinamica di Baccaiano è stata la seguente:
      1)le due vittime erano DIETRO, e questo è perfettamente logico: è testimoniato dai soccorritori, ma sopratutto erano dietro entrambi che perché stavano per avere un rapporto sessuale (o lo avevano appena avuto, come provato dal preservativo e dal fazzoletto): la vedo difficile avere un rapporto sessuale se lei sta seduta dietro e lui davanti. I DUE ERANO DIETRO: DIETRO, lo ripeto fino allo spasmo
      2)il mostro si avvicina e comincia a sparare, apre la portiera e verifica se i ragazzi sono morti
      3) esattamente come dice Filastò, il mostro capisce che non può escindere la ragazza lì dov'è, ma nota che le chiavi sono nel quadro e si mette alla guida mettendo in moto
      4) dalla manovra che compie si capisce che vuole andare in direzione fornacette: probabile che la sua auto fosse in una piazzola vicina in direzione Fornacette
      5) essendo notte e avendo in più la visibilità del lunotto parzialmente impedita dalla presenza dei ragazzi, non nota la cunetta e la macchina va fuori strada
      6) in quel momento arrivano i due testimoni che dicono di aver visto un uomo chinato sul volante: quell'uomo non era Mainardi, era proprio il mostro che si stava nascondendo aspettano che i testimoni di allontanassero
      7) i testimoni si allontanano, il mostro spara un colpo di grazia ai ragazzi, esce all'auto con le chiavi in mano, chiude l'auto e lancia le chiavi
      8) si accorge dei fari rimasti accesi, vorrebbe spegnerli ma non può più entrare in macchina perchè ha gettato le chiavi, quindi, volendo ritardare il ritrovamento dell'auto, spacca i fari e se ne va nella notte.

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    3. Intervenire senza aver neppure letto l'articolo, dove le questioni da lei poste sono state tutte affrontate, la qualifica come uno spocchioso ignorante. Pubblicherò un altro suo intervento soltanto quando porrà delle critiche motivate dimostrando di aver letto.

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    4. C'è un punto che non viene mai preso in considerazione sulla scena del crimine ed è quello citato nel rapporto dei CC: "Alla predetta piazzola si accede dalla via Nuova Virginio ed è circondata da alberi e arbusti di varia grandezza, salvo che sul lato (destro o sinistro non si capisce, ma non è importante: credo sia destro) parte anteriore, ove c'è un passaggio largo mediamente mt. 2, che immette in un terreno pascolativo che si estende fino al torrente Virginio"

      Quello stesso passaggio è citato nell'articolo di Ennio Macconi che ritiene che l'assassino sia giunto proprio di lì. I Carabinieri ci dicono che quel passaggio è largo due metri, più che sufficiente perché l'auto ci passi a marcia avanti con un paio di manovre. Certo, essendoci poi un campo, il rischio è che l'automobile potesse avere difficoltà ad uscire o potesse rimanere danneggiata, ma non credo che la cosa dovesse preoccupare chi mirava semplicemente a rendersi meno visibile dalla strada per cinque minuti.

      Altro punto sempre citato nel suddetto verbale è questo: "A fine del corpo della ragazza, sulla sinistra, e cioè sul posto posteriore [dove avrebbe dovuto sedere Paolo] vi erano: Un maglione da uomo di colore bleu, forma tipo a "V"; una borsetta bianca, con cinghia a tracolla, imbrattata di sangue". Insomma, non solo Paolo doveva riuscire a districarsi in uno spazio angusto, ma doveva pure convivere con il proprio maglione e la borsa della ragazza sulla parte del divanetto dove avrebbe dovuto sedere lui. La borsa, peraltro, non viene citata nel verbale della Polizia che giunge sul luogo più tardi. O c'è una dimenticanza, oppure l'oggetto è già stato rimosso dai CC.

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  7. Perche' pensare che stessero per rifare l amore, visto che erano perfettamente rivestiti?

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  8. Quindi la cosa più importante sarebbe la certezza dei corpi all'interno dell'auto. Le due versioni sono diametralmente opposte e contrastanti. Non è possibile che dietro ci fosse la ragazza e che Manairdi fosse passato davanti per spostare la macchina e andarsene e in quel momento fosse comparso il mostro??? Preso dalla paura abbia sbagliato manovra e sia per istinto andato nel sedile posteriore per cercare "rifugio" o proteggere la ragazza. La mente umana lavora in modi inaspettati... Lavoro docet

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    1. Non ho ben capito la sua ricostruzione. In ogni caso ritengo poco plausibile che i ragazzi avessero scelto il divanetto posteriore per le loro faccende. Era troppo piccolo, come ho verificato personalmente e come si vede anche dalle foto pubblicate. Quindi fu la ragazza a cambiare posto, andando dietro a rivestirsi.

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    2. signor Segnini per quale oscura ragione lei si ostina a ignorare la testimonianza dei paramedici della croce d'oro che hanno deposto in tribunale affermando che il Mainardi era sul divano posteriore? Buona pasqua.
      uno spocchioso ignorante.

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    3. Ma li legge i miei articoli prima di intervenire? Quando mai avrei ignorato tale testimonianza? Già in questa prima parte parlo dei paramedici accettando senza alcuna riserva la loro testimonianza, poi ci sono la parte due e la parte tre in cui la concilio con quella dei ragazzi intervenuti per primi.
      Grazie della buona Pasqua, contraccambio, ma questo non le può togliere l'accusa di essere spocchioso e ignorante!

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    4. mi scusi stavolta ha ragione, prima in ogni caso presentavo la mia teoria all'utente Unknown, non a lei, come può evincere dall'indentazione.
      Ho letto la sua ricostruzione e mi è anche piaciuta, sopratutto il particolare tragicamente romantico del povero Mainardi che si trascina a fianco della compagna morente o già morta, tuttavia non sono sicuro che qualcuno prluricolpito alla testa possa avere la forza di sollevarsi dal sedile e contorcersi passando tra lo spazio tra i due sedili per andare dietro.
      Ma sopratutto, se Mainardi era ancora vivo ed erano accorsi i 4 ragazzi, non era più semplice per lui gridare aiuto?se il vetro lato guida era infranto e Mainardi era lì sanguinante ma cosciente, non poteva dire "ci hanno sparato, aiutateci" ? possibile che non si fosse accorto che erano sopraggiunte altre persone? Poi non ho ben capito quale sarebbe stata l'utilità si sparare ai fari.
      Saluti.

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    5. In questa vicenda sicurezze non ne esistono, tranne forse qualcuna. Ad esempio si può essere ragionevolmente certi che non passò l'Enterprise del capitano Kirk con il suo raggio traente a spostare Mainardi, che i ragazzi intervenuti per primi avevano visto seduto davanti (e le tracce di sangue danno loro ragione) e che i soccorritori avevano visto seduto dietro.
      Riguardo il fatto che il poveretto non fosse riuscito a parlare lei dimentica che la ferita sotto il mento doveva avergli riempito la bocca di sangue e comunque leso i muscoli circostanti.
      Poi è sempre la solita storia, di cosa avrei fatto io al posto suo, che lascia sempre il tempo che trova, tantopiù in una circostanza come questa, del tutto inimmaginabile da chi siede comodamente davanti a una tastiera.

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  9. Seconde me, è altamente improbabile che, il mostro abbia deciso di mettersi alla guida e ancor più (al sopraggiungere delle luci dei fari della prima auto) di rimanere "ingabbiato" all'interno della macchina, precludendosi ogni possibilità di fuga, conscio del fatto che le auto al transito si sarebbero sicuramente fermate vedendo la 147 fuoristrada! ne consegue la necessità di riportare tutto al buio, scappare e sparire tra i campi. Il killer era già lontano quando veniva notato nel sedile di guida ..

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  10. Salve,

    precisazione: il Gargalini all' epoca dell intervento in ambulanza a baccaiano aveva 29 anni.

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    1. Grazie, effettivamente ha ragione, me ne sono sincerato. Provvedo a mettere una nota. Questo rende il suo racconto, se possibile, ancora più affidabile.

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    2. Di nulla si figuri , complimenti per il suo lavoro e la sua passione.

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  11. La testimonianza più incerta secondo me è quella dei primi ragazzi che giunsero sul posto. Erano spaventati e sono corso via subito in cerca di aiuti
    Le macchie di sangue sul sedile di guida di spiegano perché Mainardi fu colpito mentre era seduto al posto di guida e rimase con la testa appoggiata al vetro anteriore sinistro (il suo finestrino) il che spiega le macchie di De Gothia
    Il problema della ricostruzione è quello che è successo dopo. Io ho un'altra possibile spiegazione rispetto alla Sua se ipotizziamo che la testimonianza dei primi ragazzi non quella (invece corretta) dei soccorritori sua errata

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    1. Se però non ci dice il perché e dove fosse errata non si capisce dove intende arrivare.

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  12. Ha ragione non mancherò non appena avrò un minuto. Le dico però la Sua ricostruzione resta comunque l'unica che risolve le tante incognite dell'equazione Baccaiano. Io ho ragionato su una possibile alternativa avendo comunque la Sua ricostruzione come riferimento e ipotizzando che i ragazzi giunti per primi sul posto si siano sbagliati : il Mainardi era già dietro non davanti

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    1. Però abbia pazienza, lei dice che la mia dinamica risolve le tante incognite poi ne elimina una. Perché i ragazzi avrebbero dovuto sbagliarsi? Non ne vedo la ragione.

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  13. Secondo me è andata così: il mostro spara dal davanti della vettura, prima a lui e poi a lei. Lui finisce in coma, lei è ancora viva. A questo punto ci sono due alternative: i ragazzi erano entrambi DIETRO. questo è un dato di fatto incontrovertibile , come dicono le testimonianze dei soccorritori. Dicevo le due alternative: 1) sappiamo che la ragazza era terrorizzata dal mostro e quindi è probabile che prima di appartarsi nella piazzola avessero innestato la retromarcia. Quindi: o uno dei due al momento dell'aggressione , dal sedile posteriore, ha avuto la prontezza e l'istinto di girare la chiave, per cui la macchina con la retro innestata è andata all'indietro senza controllo, intrappolando nella cunetta. Da lì il mostro li ha raggiunto e finiti. Poi si è messo al volante della macchina perché voleva fare le escissioni per andare in un posto sicuro che aveva già in mente. La macchina gira a vuoto , ne prende atto, finisce la ragazza con un colpo( bossolo trovato in macchina), nel frattempo prima aveva ovviamente spento i fari con la pistola, prende la chiave , chiude la macchina, distrugge le luci di posizione , lancia le chiavi lontano e si allontana a piedi da dove è sbucato per raggiungere il mezzo che aveva parcheggiato poco distante. Conosce benissimo la zona, e a piedi, oltre il torrente raggiunge auto o motoc ha e si allontana. La seconda teoria è essenzialmente quella dell'avvocato filasto', con lui che distratto dalla ragazza e dalla scarsa visuale del posteriore per la presenza dei corpi, si mette alla guida, fa retromarcia mentre spara alla ragazza e commette un errore finendo nel fosso. Una cosa è certa: gli è andata bene perché è sicuramente l'unico delitto in cui ha rischiato di essere riconosciuto e catturato.

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    1. Cosa vuole che le dica, se le piace liquidare il problema così alla grossa faccia pure. Penso comunque che la mia ricostruzione non l'abbia neppure letta. Se vuole intervenire ancora, ma in modo sensato, la prego di farsi riconoscere almeno con una sigla.

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    2. Signor Segnini,, la sigla con la quale può chiamarmi è S.B. Ho letto la sua ricostruzione, molto particolareggiata, e , pur riproponendomi di rileggerla più attentamente soprattutto per quanto riguarda i proiettili sparati al povero Paolo in cui in effetti il primo proettile fu esploso dal lato guidatore,la trovo un po' forzata. A parte il fatto che lei liquida come "poco attendibile" la testimonianza di Allegranti,e non ne capisco francamente il motivo. Quindi secondo lei uno con tre proiettili in corpo, che la perizia al processo di un medico dice già di per sé invalidanti, riesce a trascinarsi sul sedile posteriore? Mi pare che lei tenda a rifiutare qualsiasi cosa che confuti le sue ricostruzioni. Ammesso e non concesso che Paolo fosse in grado di svolgere una manovra di questo tipo, ( e lo trovo assurdo) non capisco perché avrebbe dovuto farlo. A che scopo andare sul sedile posteriore? Per rimanere vicino ad Antonella? A quel punto, se in grado di spostarsi, aveva già capito che era morta. Inoltre le testimonianze dei ragazzi dicono "ci parve di vedere qualcuno che si muovesse". Ragazzi spaventati ed impauriti in una strada in cui c'era buio pesto ed avevano appena visto il foro sul parabrezza, quindi terrorizzati. Perché afferma che Mainardi fosse al posto guida al momento dell'attacco? Cosa le dà questa sicurezza? Le stesse ferite al ragazzo non potevano essere fatte anche se lui fosse stato seduto dietro? Perché sottovalutare il fatto che il mostro volesse fare le escissioni? E quindi cercare di spostare la macchina? Ed inoltre in un gesto di rabbia ed in quella situazione, se c'è qualcosa che non va nel come voglio e voglio fare arrivare i soccorsi il più tardi possibile, come dice Filasto', le chiavi non mi limito a lasciarle dove sono, ma le butto più lontano che posso. In ogni caso la ringrazio , anche se mi dice di intervenire in "modo sensato" come se chiunque non condivida o abbia dubbi sulla sua ricostruzione dica fregnacce.

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    3. Lei fa delle affermazioni gratuite e spezzettate, senza tentarne una dimostrazione, che del resto in uno spazio piccolo come questo non sarebbe neppure possibile. I social sono pieni di luoghi nei quali può proporre una sua ricostruzione completa, lo faccia.

      Su qualche osservazione mi permetto di dissentire. Ad esempio su quelle del tipo "cosa avrei fatto io al posto suo", come nel caso di Paolo che decide di trascinarsi sul sedile posteriore. Come fa a mettersi nei suoi panni?

      Per il resto devo dire che lei avrà anche letto il mio articolo, ma non lo ha fatto con la dovuta attenzione da poterlo criticare oppure non ci ha capito nulla. La rilegga meglio, perché ci sono già tutte le risposte alle sue domande. E se queste risposte non la soddisfano, me le riproponga assieme ai motivi che gliele fanno respingere. Non ho voglia di discutere di quello che ho scritto con chi prima non lo legge con sufficiente attenzione.

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  14. "il mostro spara dal davanti della vettura... snip...i ragazzi erano entrambi DIETRO. questo è un dato di fatto incontrovertibile, come dicono le testimonianze dei soccorritori... La macchina gira a vuoto..."

    "dato di fatto"(sic!) ASSOLUTAMENTE FALSO.


    1) Vedasi l'intercapedine dello sportello anteriore sx pieno di sangue (e relativa deposizione in tribunale in merito), che rendono impossibile la posizione del Mainardi sul sedile posteriore al momento degli spari ed il suo spostamento in seguito

    2) Vedasi l'impossibilità di tale travaso e riempimento di sangue nei tempi minimi accertati, grazie ai testimoni di passaggio, della posizione dell'auto e dunque dell'assalto.

    3) Vedasi (degnarsi di leggere!) le deposizioni in aula dei testimoni, ambulanzieri compresi (ambulanzieri tutt'altro che omogenei nelle loro dichiarazioni, con ognuno che smentisce l'altro con una differente versione di ricordo, e quindi tutt'altro che certi sulla posizione del Mainardi! Anzi).

    4) Non ci fu nessun pattinamento delle ruote, come dimostrato nelle foto ad alta definizione della Scientifica (e non i francobolli di jpg compressi per il web) e testimoniato in aula.

    Tutto materiale -ufficiale- tranquillamente reperibile ad esempio su Insufficienza di Prove (e in parte [orari], più facilmente assemblato, nel libro di Cochi.)

    hazet

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  15. Risoondo brevemente: 1) Allegranti ha tirato fuori i cadaveri dai sedili posteriori. I ragazzi erano DIETRO, questo è incontestabile. Appunto iragazzi erano dietro e se il mostro sbuca dalla parte anteriore della vettura e spara , i proiettili mi raggiungono anche se sono dietro, non vedo il problema.2) ora i travasi di sangue secondo me è un punto delicato. Non oso immaginare quanto sangue c'era in macchina con due corpi martoriati di colpi a quella maniera. Allegranti stesso dice che il sangue schizzava da tutte le parti e che cercò lui stesso di tamponare l'arteria del povero Mainardi con un dito. Quindi i rivoli di sangue sono normali purtroppo.3) chi dice che non ci fu nessun pattinamento delle ruote?? Tutte le ricostruzioni, anche quelle balorde dell'accusa ammettono il pattinamento. D'altra parte va anche a logica. Se una macchina è in bilico sulla cunetta , è chiaro che il guidatore, cioè il mostro, si sia messo alla guida cercando di tirarla fuori perché voleva fare le escissioni. Come afferma filasto'. E per fare questo doveva per forza fare pattinare le ruote e ho letto che la macchina aveva la frizione bruciata. Segno che ha cercato eccome di tirarla fuori di li. O non mi vorrai dire che il mostro o i mostri avrebbero cercato di spostare i cadaveri in pochi minuti, sulla strada correndo un rischio altissimo di essere visti??

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  16. @unknown
    vedasi esattamente la stessa risposta del "2 luglio 2020 06:18", parola per parola e confermata in toto.

    Le immagini e le deposizioni a conferma del contenuto del "2 luglio 2020 06:18" sono a disposizione in rete: è sufficiente fare lo sforzo di usare un motore di ricerca per cercarsele e leggersele.

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    1. @Unknown
      Allegranti
      "Allegranti ha tirato fuori i cadaveri dai sedili posteriori." [cit].


      Peccato che gli altri ambulazieri proprio non siano d'accordo e nessuno di loro (nè Ciampi, nè Gargalini nè Martini) avvalori la versione dell'Allegranti.
      Proprio nessuno de tre, anzi!

      Ciampi
      http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2014/12/paolo-ciampi-processo-contro-mario.html

      Gargalini
      http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2014/11/silvano-gargalini-processo-contro-mario.html

      Martini
      http://insufficienzadiprove.blogspot.it/2014/12/marco-martini-processo-contro-mario_2.html

      Hazet

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  17. Signor Segnini, trovo quantomeno indisponente questo suo modo di fare. Mi pare che lei rifiuti il confronto con chiunque abbia una tesi alternativa alla sua ed invece "degni"di considerazione solo chi da per assodata la sua ricostruzione. Io non ho detto che la sua ricostruzione è sbagliata , ho posto delle domande dialogando. Se lei non risponde o considera solo chi appoggia la sua ricostruzione, non mi sembra un approccio valido e costruttivo. SB

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    1. Signor SB, lei è qui per far polemica, mascherandosi da persona pacata. Le rispondo e poi chiudo.

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      A parte il fatto che lei liquida come "poco attendibile" la testimonianza di Allegranti,e non ne capisco francamente il motivo.

      Dove avrei scritto una cosa del genere? Semmai "poco attendibile" l'ho sempre sostenuto per la questione delle telefonate del Mostro, che con la dinamica non c'incastra nulla.

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      Quindi secondo lei uno con tre proiettili in corpo, che la perizia al processo di un medico dice già di per sé invalidanti, riesce a trascinarsi sul sedile posteriore?

      Legga bene le mie considerazioni. Il medico sbaglia a individuare il primo colpo, non è infallibile. Le mie considerazioni sulle ferite vanno confutate in base a considerazioni mediche, non ai pareri di un medico in dibattimento, per giunta confusi. Abbiamo già visto i madornali errori di Maurri a Scopeti.

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      Mi pare che lei tenda a rifiutare qualsiasi cosa che confuti le sue ricostruzioni. Ammesso e non concesso che Paolo fosse in grado di svolgere una manovra di questo tipo, ( e lo trovo assurdo) non capisco perché avrebbe dovuto farlo. A che scopo andare sul sedile posteriore? Per rimanere vicino ad Antonella? A quel punto, se in grado di spostarsi, aveva già capito che era morta.

      Ecco qui il "se ci fossi stato io al suo posto avrei fatto così". Ma lei al suo posto non c'era. In più la sua è una logica da carta igienica. Che vuol dire che se era in grado di spostarsi aveva capito che era morta? Da cosa? Gli aveva sentito il polso?

      =======
      Inoltre le testimonianze dei ragazzi dicono "ci parve di vedere qualcuno che si muovesse". Ragazzi spaventati ed impauriti in una strada in cui c'era buio pesto ed avevano appena visto il foro sul parabrezza, quindi terrorizzati.

      Questa è una sua opinione, buona per far tornare i suoi conti, che mi par di capire siano quelli di Filastò, la cui ricostruzione è un obbrobrio logico che non tiene conto neppure dei bossoli.

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      Perché afferma che Mainardi fosse al posto guida al momento dell'attacco? Cosa le dà questa sicurezza? Le stesse ferite al ragazzo non potevano essere fatte anche se lui fosse stato seduto dietro?

      Sono mille gli elementi che dicono che Mainardi era davanti. Tra tutti ne basta anche solo uno: la strisciata di sangue dentro lo sportello, che non avrebbe potuto formarsi se lui era dietro. Le altre ragioni sono scritte nel mio articolo e non ho voglia di ripeterle qui.

      =======
      Perché sottovalutare il fatto che il mostro volesse fare le escissioni? E quindi cercare di spostare la macchina?

      C'era tutto lo spazio per fare le escissioni dietro la piazzola, come ho già scritto nel mio articolo.

      =======
      Ed inoltre in un gesto di rabbia ed in quella situazione, se c'è qualcosa che non va nel come voglio e voglio fare arrivare i soccorsi il più tardi possibile, come dice Filasto', le chiavi non mi limito a lasciarle dove sono, ma le butto più lontano che posso.

      Giusto la sua logica da carta igienica può associare un ritardo dei soccorsi al lancio delle chiavi.

      Non scriva più perché non pubblico. Mi ha già fatto perdere abbastanza tempo.
      Saluti

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  18. Buongiorno a tutti, vorrei proporre la mia ricostruzione. Sono,ovviamente, pronta ad accogliere precisazioni, confutazioni e quant'altro. Io credo che il Mainardi fosse seduto sul sedile anteriore al momento dei primi spari, ma che lo schienale fosse abbassato. Appena iniziato l'attacco, Mainardi, senza risollevare lo schienale, mette in moto e cerca di fuggire in retromarcia. Preso dal panico finisce in cunetta e il suo corpo viene sbalzato all'indietro. Il mostro raggiunge l'auto entra e si mette alla guida, ma vista la posizione inclinata del mezzo, per evitare di scivolare indietro anche lui, solleva lo schienale. Mette in moto si accorge che l'auto non può uscire dalla cunetta e decide di allontanarsi, ma prima chiude lo sportello con la chiave (che poi getterà) e spara sui fari allo scopo di ritardare lo scoprimento del delitto.

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    1. Difficile che il corpo possa essere finito seduto sul divanetto posteriore, con questa dinamica. Al momento dell'impatto è da escludere, essendoci lo schienale abbassato che occupava lo spazio. Dovrebbe quindi avercelo messo il Mostro dopo essere entrato in auto, ma non credo che lo avrebbe posizionato con tale precisione. Non avrebbe avuto motivo di farlo né ci sarebbe riuscito, con un corpo esanime.
      Perché poi chiudere lo sportello? Pensa davvero che in un momento come quello si sarebbe preoccupato di una cosa del genere? A che scopo? Ritardare i soccorsi per inutile sadismo su cadaveri, o quelli che lui credeva fossero cadaveri? Prtroppo la terribile logica di Filastò continua a far danno! Ma poi c'era il finestrino rotto, dunque il nottolino era facile sollevarlo. Non lo fece il giovanissimo Martini soltanto perché, comprensibilmente, era nel panico.
      Se vuole intervenire ancora metta almeno una sigla in fondo al suo scritto.

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  19. Mi scuso per l'anonimato, non volevo celarmi. Per incapacità mia ho scritto come sconosciuto. Ha ragione circa il fascino delle tesi di Filastò. La lettura dei suoi scritti mi ispira e mi stimola a approfondire. Rosanna Becciu

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    1. Mi dispiace di non poterla sostenere riguardo il buon avvocato. Per la mia richiesta di una sigla, non è per l'anonimato, è per poter individuare gli interventi dello stesso lettore. Comunque va bene Rosanna, il suo bel nome l'ho letto molto volentieri!

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  20. Antonio secondo te ha importanza la testimonianza del 2005 di Leda Matteuzzi?

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    1. Secondo me ha una grande importanza. Tra l'altro viene collocata dubbiosamente al lunedì. Fosse del martedì sarebbe il giorno in cui uscirono i giornali con la notizia di Mainardi che aveva detto qualcosa.

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  21. Non occorre che lo pubblichi. Solo qualche considerazione sul fatto che trovo improbabile che la frattura delle ossa nasali di Antonella sia stata causata da frammenti di vetro.
    https://mdf-alias-mostrodifirenze.blogspot.com/2023/10/dall-autopsia-di-antonella-migliorini.html

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    1. Nei video ho attribuito la frattura con maggior probabilità ad un urto contro la sommità del sedile.

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    2. Ah allora la foto non era chiara. Contro la sommità del sedile anteriore durante la retromarcia a singhiozzo ? Mi pare improbabile lo stesso, non c'era una forza cinetica da giustificarla, mentre quando la macchina cade nel fosso, in caso riceveva un colpo sul retro del capo, non davanti. Se guarda bene la foto col grosso ematoma e pensa ad un frattura nasale parrebbe proprio un colpo violento, sferrato con un corpo contundente. Comunque sono solo dettagli.
      Correggo il post nel blog, e mi scuso per il malinteso.

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    3. Mentre la ragazza stava finendo di vestirsi il sedile davanti a lei era basculato in avanti. Durante la marcia a singhiozzo oppure quando l'auto finì nel fosso il sedile tornò al suo posto, colpendola con la parte inferiore del telaio alla caviglia destra e con la sommità della spalliera al naso. Si deve pensare anche a un corpo senza vita sballottato avanti e indietro.

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    4. Ho capito cosa intende. L'ematoma alla caviglia destra sembra avere proprio quella genesi ma la frattura al naso, secondo me, necessita di una forza ben maggiore di quella prodotta dal sedile che torna indietro. Inoltre le forza in gioco si applicano a tutti i corpi, se il sedile va indietro, perchè la macchina cade nel fossato, va indietro anche il corpo della ragazza, e la distanza "relativa" fra sedile e ragazza rimane costante.

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    5. Come facciamo a sapere cosa successe durante gli sballottamenti di una macchina che, guidata da un ragazzo ferito e ostacolata da un freno a mano, poteva essere andata a singhiozzo?

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    6. Le ripeto, frattura nasale con ematoma allo zigomo destro, non hanno mica avuto un incidente stradale, a quanto poteva andare in retromarcia ? Sull'andare a singhiozzo, mi pare che in un suo video lei stesso fa notare che col freno a mano NON tirato fino all'ultima tacca, l'andatura poteva essere, diciamo, "fluente". Comunque penso non ci sia altro da aggiungere, nel 99,99% ognuno rimane della propria ide, è una regola, specie per quanto riguarda il MdF.

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