lunedì 10 ottobre 2016

La dinamica di Borgo

Una volta buttata nel cestino la ricostruzione di Innocenzo Zuntini (vedi), comprese alcune asserzioni atte a far tornare i suoi conti sbagliati (in primis: proiettile sulla slitta del sedile di destra e direzione destra-sinistra dei due finiti sulla spalliera di guida), la pur complessa dinamica del delitto di Borgo San Lorenzo può essere ricostruita in modo soddisfacente.
Dopo aver lasciato la sorella davanti a una discoteca Pasquale passò a prendere Stefania vicino casa, a Pesciola: erano le 21.15. Pochi minuti dopo la coppia fu vista per l’ultima volta mentre transitava attraverso un passaggio a livello in direzione del luogo del delitto, dove era solita appartarsi. In quel periodo i ragazzi erano in crisi, le vacanze estive avevano portato motivi di gelosia e ripensamento tanto da far loro decidere di vedersi soltanto al sabato, quindi si può immaginare che dentro l’auto si fosse discusso a lungo e anche in modo animato (i fazzolettini di carta ritrovati sul pavimento e in una scarpa di Pasquale fanno ipotizzare il pianto di entrambi). All’avvicinarsi dell’ora di partenza – Pasquale si era accordato con la sorella per passare a riprenderla a mezzanotte – i dissidi furono messi da parte, almeno per il momento. Proprio allora avvenne l’attacco, e non si trattò di un caso, essendo molto difficile la coincidenza di un assassino capitato sul posto esattamente in quei minuti. È da presumere invece che fosse lì da tempo, nascosto dal buio e dalle piante, avesse assistito alle discussioni e si fosse deciso a uccidere forse proprio per impedire una riconciliazione. Si tratterebbe di un comportamento mai più rilevato nei delitti successivi, e che, assieme ad altri, potrebbe indicare un legame con la vittima femminile – anche soltanto unilaterale – caratterizzato da gelosia e bisogno di possesso.

I colpi di pistola. Quando l’aggressore iniziò a sparare attraverso il finestrino anteriore sinistro, i ragazzi stavano ultimando i preparativi per un contatto fisico, probabilmente a luce accesa. Stefania era supina sul sedile del passeggero già reclinato, Pasquale sedeva alla guida, in procinto di abbassare il proprio. Entrambi erano in slip. Conosciamo l’ora dell’attacco, attorno alle 23.45, quando una coppia di coniugi, transitata all’altezza del posto sulla vicina via Ponte d’Annibale, udì due colpi di pistola (la loro testimonianza è riportata da La Nazione del 25 settembre, con tanto di avallo dell’allora capitano dei carabinieri Olinto Dell’Amico, incaricato delle indagini sul campo). Anche se già inserita nel precedente articolo, si riporta qui l’immagine con le cinque ferite di Pasquale elencate dalla perizia Zuntini; va detto però che in quella Arcese-Iadevito uno dei due proiettili che colpì il braccio sinistro non fu passante. Infine per De Fazio c’era un colpo in più, lo vedremo.


Forse per la mano incerta di chi si trovava al suo primo delitto, forse per un repentino movimento di Pasquale che si era accorto del pericolo, i primi due proiettili – probabilmente corrispondenti ai colpi uditi dai coniugi – andarono fuori bersaglio e colpirono la spalliera del sedile di guida.


Il vetro del finestrino si frammentò – in foto è stato abbassato per eliminare deleteri riflessi – rimanendo in sede e oscurando la visuale interna; di conseguenza l’aggressore fu costretto a una pausa nella sequenza di sparo. Mentre lui cercava di togliere qualche frammento di vetro, forse con l'aiuto della pistola, forse dando un pugno, Pasquale si ritirò spaventato verso la parte opposta, dove mise in atto un tentativo di uscire dall’abitacolo abbassando la maniglia e quindi sbloccando almeno la sicura, ma forse riuscendo anche a socchiudere o addirittura ad aprire la portiera. Ecco perché in seguito l’aggressore sarebbe riuscito a spalancarla. Nella foto sottostante, dove si cerca di dare un’idea delle probabili posizioni dei ragazzi, si noti il braccio sinistro di Pasquale, usato per spingersi, aderente al lato sinistro del tronco, e le gambe di Stefania ben visibili allo sparatore.


Se anche Pasquale riuscì ad aprire la portiera per uscire e sottrarsi alle pistolettate, l’aggressore non gli dette tempo, scaricandogli addosso i rimanenti sette colpi e colpendolo con cinque.
I primi tre entrarono nel torace dal lato sinistro, due attraversando prima il braccio corrispondente. Uno entrò nel cuore. Colpito a morte, Pasquale si accasciò sul grembo di Stefania, compiendo una rotazione del busto di 90 gradi, a metà della quale incassò un quarto colpo all’addome. Infine, a rotazione ultimata, ricevette un quinto colpo centralmente in zona ombelicale. Tutti e cinque i proiettili furono ritenuti ed estratti in sede autoptica.



Assente sulla perizia Zuntini, su quella De Fazio viene riportato anche un sesto colpo passante, con ingresso sull’addome e uscita al fianco destro. Ma questo presunto foro di uscita potrebbe essere soltanto l’effetto in foto dell’estrazione dal fianco destro di uno dei due proiettili entrati in zona inguinale. Nella perizia riassuntiva Arcese-Iadevito si parla infatti di un “proiettile estratto dalla regione inguinale destra, ala iliaca destra”. Altrimenti quel proiettile fu anche uno dei due che colpì Stefania.


I due proiettili che non colpirono Pasquale, o che comunque non furono ritenuti dal suo corpo, colpirono alle gambe Stefania. Una volta messa da parte la fantomatica triplice ferita al fianco destro, rimane la grande confusione nei documenti (perizia Zuntini, perizia De Fazio, deposizione Maurri al processo Pacciani) sulle ferite che interessarono gli arti inferiori della ragazza. Qui ci atterremo alla perizia Zuntini, secondo la quale un proiettile passante l’avrebbe colpita al ginocchio destro e l’altro alla gamba destra rimanendo schiacciato contro la tibia. Ignoreremo però le confuse indicazioni sulle traiettorie: “colpirono il ginocchio e la gamba destra dal basso verso l’alto (per quanto avessero traiettorie pressoché orizzontali)”. Naturalmente non è detto che Stefania fosse stata colpita dopo il quinto colpo su Pasquale, con il suo corpo addosso; i due proiettili che finirono su di lei erano anch’essi diretti al ragazzo e potevano essere due qualsiasi della sequenza dei sette.


Il proiettile fuoriuscito dal ginocchio destro non fu ritrovato all’interno dell’auto, nonostante ne fosse stata fatta una “ricerca accuratissima”, secondo Zuntini. Se Pasquale, prima di essere colpito a morte, aveva fatto in tempo ad aprire la portiera (oltre che a sbloccarla), dopo uno o più rimbalzi il proiettile poteva essere caduto direttamente nell’erba. Oppure era finito in qualche punto dell’abitacolo da dove le manovre successive – estrazione dei vestiti e del corpo di Stefania – lo avrebbero fatto scivolare fuori.

I fendenti di coltello. Esploso l’ultimo dei nove colpi, l’aggressore girò rapidamente dalla parte del passeggero, dove trovò la portiera, se non già aperta, almeno priva di sicura (in questo secondo caso: o se n’era accorto, o semplicemente provò a tirare la maniglia prima di passare a sistemi più cruenti, come rompere il vetro). Si è discusso a lungo sui forum se Stefania avesse tentato la fuga riuscendo almeno a posare i piedi sull’erba, ma non si vede come avrebbe potuto, con una gamba trapassata da due proiettili e il corpo di Pasquale che le gravava addosso. In ogni caso l’aggressore non le dette alcuna possibilità, spalancò la portiera e le mise una mano sulla bocca per farla smettere di urlare, come indica il segno di un’unghia trovato alla sinistra delle sue labbra (perizia De Fazio: “viene descritto un segno da unghiatura, all'angolo mandibolare sx., in senso trasverso, che potrebbe corrispondere al pollice della mano sx. dell'omicida”). Il particolare è importante, poiché, assieme alle ferite di pistola probabile effetto collaterale degli spari diretti a Pasquale, suffraga l’ipotesi che l’aggressore non avesse voluto ucciderla subito, ma avesse avuto l’intenzione di compiere su di lei qualche atto di libidine, anche soltanto di palpeggiarla. Per quale altro motivo, infatti, avrebbe dovuto impedirle di urlare tappandole la bocca, quando una coltellata al cuore sarebbe stata ben più efficace? Tanto più che il pollice a sinistra comporta una posizione dell’assassino addosso alla vittima e quindi all’interno dell’abitacolo, con la mano destra libera di toccarla, come ben mostra la foto sottostante.


Se l’individuo avesse soltanto voluto zittire la ragazza, le avrebbe messo la mano sulla bocca rimanendo più al di fuori, di conseguenza con il pollice a destra.
Anche questo comportamento, che non si sarebbe mai più ripetuto, suggerisce un possibile legame almeno unilaterale, in cui l’aggressore espresse una volontà di possesso. Forse per un morso ricevuto alla mano, o anche soltanto per una strenua resistenza che non riusciva a domare, a un certo punto però si scatenò in lui una furia selvaggia, in preda alla quale mise mano al coltello e colpì la poveretta con feroci fendenti al volto, al collo e al torace – questi ultimi con tale forza da sfondarle lo sterno – fino a ucciderla. L'assenza di ferite vitali all'addome conferma la posizione di Pasquale accasciato sul grembo di Stefania, che quindi risultava coperto.

Spostamento di Pasquale e manipolazione di Stefania. Alla concitata sequenza di eventi conclusasi con il decesso dei due ragazzi seguì una pausa di vari minuti, durante la quale l’aggressore dovette dare un’occhiata all’intorno per controllare l’eventuale arrivo di gente attratta dagli spari e dalle urla. Il molto sangue perso da Stefania in quei lunghi minuti imbrattò il sedile e il dorso di Pasquale. Viene così spiegata l’origine sia delle macchie sul dorso del ragazzo sia dell'impregnamento degli slip che la perizia Zuntini aveva ignorato non essendo in grado di ipotizzarne una.


Intenzione dell’aggressore era manipolare il corpo esanime di Stefania; per estrarlo fu costretto a spostare quello di Pasquale che lo bloccava, spingendone il tronco verso il lato opposto. Durante la manovra è molto probabile che avesse agganciato il corpo con la mano sinistra aggrappandosi con la destra allo specchietto retrovisore, il quale si ruppe (La Nazione del 16 settembre riportò la notizia del suo ritrovamento a terra, davanti al sedile del passeggero). Non si può fare a meno di domandarsi perchè non usò la sinistra per ancorarsi al montante e la destra per spingere: era forse mancino?


Una ferita allo zigomo sinistro indica l’impatto del corpo di Pasquale contro il bordo inferiore del finestrino e i frammenti di vetro ancora in sede, parte dei quali caddero sull’erba, mentre quelli rimasti assunsero una leggera bombatura verso l’esterno (due effetti che erroneamente Zuntini avrebbe attribuito a un proiettile arrivato da destra).


Nella prima delle due foto si può notare lo specchietto mancante. Un altro elemento che conforta l'ipotesi sopra proposta viene riportato da "Calibro 22", dove si dice che il braccio sinistro di Paquale era incrociato sotto la sua gamba sinistra (chi scrive non conosce però la fonte). Si tratta di una posizione ben spiegata dallo spostamento descritto, con il braccio penzoloni che finisce sotto la coscia.
Dopo aver spostato il corpo di Pasquale, per sicurezza il killer gli vibrò due coltellate al fianco destro; poi estrasse quello di Stefania adagiandolo a terra, sotto lo sportello, dove lo lasciò per diversi minuti – come attesta la consistente macchia di sangue ivi rinvenuta – andando a controllare per la seconda volta che non stesse arrivando qualcuno. Verificato che tutto era tranquillo spostò quindi Stefania dietro l’auto, in posizione più riparata rispetto alla prospicente strada di transito, prendendola per i piedi e trascinandola, come testimonia una strisciata di sangue e la posizione assunta dalle sue braccia. Poi le strappò gli slip, le allargò le gambe e iniziò a esplorarne orrendamente il corpo con il coltello. In un’azione per niente convulsa e durata a lungo, affondò per moltissime volte la punta nella carne – in totale si contarono ben 96 coltellate – con vari livelli di profondità forse in diminuzione, come se la residua rabbia fosse andata via via scemando. In zona pubica le ferite, molto leggere, assunsero una disposizione a mezzaluna che seguiva i contorni del vello pilifero.
Come probabile atto finale dello sciagurato rapporto, l’assassino strappò un tralcio da una delle viti situate nel campo adiacente e lo inserì nella vagina, senza affondare e senza insistere, quasi volesse saggiarne la consistenza.

La borsetta. Conclusa la manipolazione del cadavere, l’individuo rimase ancora per qualche tempo sulla scena del crimine, rovistando dentro l’auto. Fu in questa fase che sparse all’intorno alcuni indumenti delle vittime, tra cui i pantaloni di entrambi più un altro paio di Pasquale avvolti in carta di lavanderia, che furono ritrovati vicino a una pianta, sembra ben ripiegati uno sopra l’altro. Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che fossero stati i ragazzi a riporveli, prima d’iniziare il loro rapporto fisico. Ma la camicetta di lei e il giubbotto di lui erano invece a terra in disordine, quindi pare assai più logica un’azione dell’assassino, il quale aveva prelevato i tre pantaloni dal lunotto oppure dal divanetto posteriore senza scompigliarli troppo. Che cosa stava cercando? Probabilmente la borsetta di Stefania, che si può ipotizzare non risultasse immediatamente visibile anche se era piuttosto grossa. Poteva trovarsi dietro il sedile del passeggero, ad esempio, nascosta dalla relativa spalliera reclinata. L’assassino la cercò dapprima sotto i vestiti, dai quali, se piccola, avrebbe potuto essere coperta. Alla fine la trovò e poi fuggì, portandola con sé. Ma dopo aver percorso circa 300 metri cambiò idea e la gettò nel campo di granoturco a lato della strada, dove fu ritrovata il giorno dopo, chiusa. Anzi, è probabile che non fosse mai stata neppure aperta; di sicuro non rovistata, poiché al suo interno fu ritrovato un pullover di Stefania che altrimenti sarebbe stato tolto.


Nella foto sopra – tratta dal mitico blog di Master Calibro 22 – dove si vede il pullover rinvenuto dalle forze dell’ordine, si possono apprezzare le dimensioni abbastanza importanti della borsetta, causa possibile del ripensamento dell’assassino nel volerla portare via. Vediamo perché, cominciando con il riflettere sul seguente passaggio del rapporto dei carabinieri datato 18 settembre:

Su segnalazione telefonica fatta alla Stazione di Borgo S.Lorenzo, alle ore 18,30 del 15/9/1974, militari dello stesso reparto rinvenivano, a circa 300 metri dal luogo del reato, in un campo di granoturco, sulla destra della strada che da Rabatta conduce a Sagginale, la borsa della Pettini Stefania, dentro la quale si trovavano le cose sopra menzionate, nonché il pullover.
La borsa si trovava per terra, accanto ad una pianticina di granoturco, la quale si trovava piegata a causa, presumibilmente, della caduta su di essa, nella parte superiore, della borsa stessa che si ritiene vi sia stata lanciata dalla strada.
La borsa era a circa 5 metri dal ciglio stradale…


Nella foto sopra – anch’essa tratta da “Calibro 22” – si vede la borsa prima di essere raccolta. La freccia rossa tracciata a penna sembra indicare la piantina rotta di cui parla il rapporto dei carabinieri.
L’impressione di chi vide l’oggetto a terra fu dunque quella di un lancio effettuato dalla strada durante la fuga. Anche se nelle discussioni in rete sono state avanzate ipotesi differenti, ad esempio di un soggetto che fuggiva a piedi oppure che aveva fermato l’auto ed era sceso (ma perché?), la logica dice che l’assassino si trovava a bordo di un mezzo in movimento mentre si stava dirigendo verso la provinciale SP41.



Nella prima piantina sono rappresentati il luogo del delitto e quello in cui fu ritrovata la borsetta, nella seconda il campo si allarga per mostrare l’innesto di via Ponte d’Annibale sulla provinciale SP41, da cui la fuga poteva proseguire per qualsiasi destinazione.
Dal punto in cui fu raccolto l’oggetto riusciamo a dedurre un dato molto importante. Due elementi di grande rilievo sono il lato della strada, il destro, e la consistente distanza dal ciglio, cinque metri, in ragione dei quali si può ipotizzare che il fuggitivo viaggiasse su un mezzo a due ruote, una moto, un motorino oppure uno scooter, quindi. Se fosse stato a bordo di un’auto la borsetta sarebbe stata ritrovata o in mezzo alla strada oppure sul lato sinistro, poiché l’individuo alla guida avrebbe aperto il finestrino dalla propria parte, la sinistra, e l’avrebbe semplicemente lasciata cadere fuori. Non ci sarebbe stato alcun valido motivo per effettuare l’operazione attraverso il finestrino opposto, tanto più che le auto dell’epoca, almeno quelle di normale cilindrata, non disponevano ancora di alzacristalli elettrici, quindi la manovra di apertura durante la guida sarebbe risultata molto difficoltosa. Ma supponiamo pure che il finestrino destro fosse già aperto, situazione possibile anche se improbabile. Ebbene, nello spazio angusto di un abitacolo, per di più mentre stava guidando, l’individuo non avrebbe mai potuto lanciare la borsa con la forza necessaria a farle compiere un volo di cinque metri, ammesso che fosse riuscito a imbroccare l’apertura senza sbattere prima da qualche parte (volante, specchietto retrovisore, cornice del finestrino).
L’ipotesi che l’aggressore si fosse trovato alla guida di un mezzo a due ruote spiega bene anche il suo quasi immediato pentimento riguardo l’intenzione di portarsi via l’oggetto. Abbiamo visto che si trattava di una borsa piuttosto grande, quindi per niente facile da trasportare su una motocicletta. Metterla sotto il giubbotto non sarebbe stato possibile. Altre collocazioni, ad esempio sul serbatoio per una moto oppure tra le gambe per uno scooter, potevano creare intralcio alla guida. In ogni caso la borsetta sarebbe rimasta allo scoperto, ben visibile soprattutto a un eventuale controllo delle forze dell’ordine, che avrebbero richiesto una giustificazione. Tutti questi problemi a bordo di un’auto non ci sarebbero stati, quindi non ci sarebbe stato neanche motivo di gettarla via senza neppure averla frugata.
Resosi conto quasi subito delle difficoltà di trasporto, l’assassino decise quindi di liberarsi della borsetta: l’afferrò con la mano destra e la lanciò – con forza e magari con rabbia – nel campo a lato, lontano dalle ruote del suo mezzo, tra le quali avrebbe potuto finire pericolosamente. È chiaro che nelle condizioni descritte un lancio di cinque metri sarebbe risultato fattibile.

Reggiseno e auto. In questa ricostruzione non si è ancora preso in esame l’argomento del reggiseno di Stefania, assai dibattuto tra gli appassionati in rete. Affrontiamolo iniziando dalla perizia De Fazio:

Non si fa menzione, nella descrizione degli indumenti rinvenuti sul luogo del delitto, del reggiseno della ragazza, né è noto se la ragazza fosse abituata a portarlo o meno. In linea di mera ipotesi, quindi, si può anche pensare che l'oggetto sia stato asportato e trattenuto dall'omicida.

Quindi nella documentazione consultata dagli esperti di Modena non c’era traccia di un reggiseno, tanto da lasciarli incerti sul possibile valore feticistico di un oggetto che non si sapeva se l’assassino avesse portato via oppure no.
Dieci anni più tardi, in questo passaggio della deposizione della madre di Stefania al processo Pacciani (vedi), si venne a sapere qualcosa di diverso:

Avv.Santoni: Un'altra domanda, mancava anche un indumento di sua figlia che fu ritrovato successivamente o no?
Bruna Bonini: Mancava un reggipetto rosso, che io, dopo svariati giorni, ho detto: "La Stefania indossava un reggipetto rosso", cosa che non avevano trovato, l'hanno ritrovato dopo diversi giorni, ma questo sarà stato tutto scritto no?
Avv.Santoni: Certo, ma era importante ora risentirlo.

Dove era stato ritrovato il reggiseno mancante? Santoni aveva sottomano un documento che ne parlava e che l’equipe De Fazio non aveva potuto esaminare? Non si sa. Anche il ben informato Master su “Calibro 22” dichiara di non saperne nulla. Alla fine si potrebbe pensare che all’origine del problema ci fosse stata una semplice svista dei carabinieri, che nel loro verbale di sequestro non avevano inserito il reggiseno. Letto il documento, la signora Bonini ne aveva rilevato la mancanza, per poi ricevere qualche giorno dopo la notizia di un ritrovamento successivo, in realtà mai avvenuto poiché il reggiseno già c’era.
Ad aggiungere ulteriore mistero sul tema ci ha pensato il recente libro di Valerio Scrivo, nel quale si afferma che “l’indumento fu recuperato 50 m oltre il luogo dove era stata ritrovata la borsetta”, con tanto di piantina. Non viene però fornita alcuna indicazione sulla fonte, supporto doveroso a notizie del tutto inedite, soprattutto in una vicenda piena di frottole come questa.
Allo stato delle attuali carenti informazioni è quindi poco utile ragionare sul reggiseno, che in ogni caso potrebbe anche essere stato gettato via lungo la strada, non per difficoltà di trasporto, naturalmente, ma per motivi di natura psicologica, ad esempio rabbia e delusione causa la forzosa rinuncia alla borsetta.
Un ultimo cenno alle auto che sarebbero state viste vicino al luogo del delitto. Così nel rapporto dei carabinieri del 18 settembre:

D.P. e L.F. riferiscono spontaneamente che verso le ore 7 del 15 c.m. (giorno del rinvenimento dei cadaveri) transitando per località Sagginale, notarono due autovetture, di cui una Giulia targata NA, nonché alcune persone ferme nei pressi del luogo del reato.
C.W. ed altri suoi amici, transitando per la località “Sagginale” verso le ore 00.30 del 15 c.m. (ora antecedente o conseguente al reato, o concomitante), hanno notato un’autovettura ferma sulla strada, a luci spente, con la luce interna accesa, con la parte anteriore rivolta verso l’imbocco di una strada campestre distante circa 50 metri dal tratturo che conduce al posto del delitto. Poteva trattarsi di una Simca, o di una BMW, o di una Giulia, forse di colore grigio.

Quale il possibile collegamento delle tre auto con il delitto? Su quelle viste alle 7 di mattina non vale la pena spendere troppe parole, anche se in rete, nell’ambito delle sciocchezze esoteriche, se ne è comunque discusso: al massimo si trattava di gente che si era accorta dei cadaveri, come o tramite il contadino che era corso a cercare aiuto. Senz’altro più inquietante è l’avvistamento di mezzanotte e mezza, ma anche in questo caso è difficile immaginare un collegamento con il delitto, che era stato compiuto da circa tre quarti d’ora. Per l’assassino sarebbe stato fuori da ogni logica, infatti, rimanere tutto quel tempo in sosta vicino alle proprie vittime, tanto più con la luce interna accesa; “come se fosse usanza de’ malfattori trattenersi più del bisogno nel luogo del delitto”, aveva scritto Manzoni in “Storia della colonna infame”, una frase che Francesco Ferri avrebbe ripreso più volte nel suo “Il caso Pacciani”.

Considerazioni finali. Come spero il lettore abbia avuto modo di rilevare, la ricostruzione del delitto fornita da questo articolo sostanzialmente fila – ogni critica costruttiva è comunque ben accetta – la qual cosa costituisce un motivo in più per buttare nel cestino la perizia Zuntini. Per qualcuno può risultare difficile accettare il fatto che l’allora colonnello dell’esercito avesse un po’ truccato le carte, ma così fu, altrimenti una dinamica del tutto alternativa come questa non avrebbe mai potuto risultare convincente. Del resto la lunghissima epopea delle indagini sui delitti del Mostro ha visto mille occasioni in cui gli addetti ai lavori hanno interpretato a loro favore dei dati più o meno controversi.
La ricostruzione proposta fa emergere in modo chiaro un fatto importante: l’assassino non voleva uccidere Stefania, almeno non subito, almeno non con la pistola. I due proiettili che la raggiunsero alle gambe non erano diretti a lei, ma a Pasquale, e la colpirono soltanto per l’imprecisione dello sparatore, che mandò fuori bersaglio quattro colpi su nove. Il suo attacco fu estremamente disordinato, il che dovrebbe far riflettere chi vede in lui il medesimo assassino di Signa, dove invece si evidenziò grande freddezza e precisione, almeno per i primi sei colpi (un articolo sulla dinamica completa di quel delitto è in programma, come di tutti gli altri, ma il lettore dovrà pazientare un po’, poiché ho intenzione di pubblicarla dopo l’ultimo, quello di Scopeti).
Torniamo però al desiderio dell’assassino di tenere in vita Stefania, un fatto che rende il delitto di Borgo assai diverso dai successivi, nei quali ogni volta la donna sarebbe stata uccisa immediatamente, senza che si fosse manifestato verso di lei alcun interesse se non quello di toglierle il macabro trofeo. Con Stefania no. Sono vari i comportamenti che suggeriscono un interesse particolare dell’assassino nei suoi confronti. Ripassiamoli, con qualche necessaria ma plausibile supposizione:
  • Prima dell’attacco, stette a lungo ad ascoltare i ragazzi mentre litigavano.
  • Attaccò proprio quando i due fecero pace preparandosi per un rapporto intimo.
  • Sparò soltanto a Pasquale, colpendo Stefania senza volerlo.
  • Cercò di palpeggiare Stefania ancora viva.
  • La accoltellò poi con violenza estrema, ben maggiore di quella necessaria a ucciderla.
  • Si soffermò a lungo sopra il suo corpo inanimato, penetrandolo con una certa delicatezza.
  • Si impadronì della sua borsetta.
Forse non è un caso se Stefania aveva confidato alle proprie due cugine e amiche di essere stata seguita da uno sconosciuto. Il giorno stesso del ritrovamento dei cadaveri, così aveva parlato Tiziana Bonini di fronte al maresciallo Trigliozzi:

Non mi risulta di episodi particolari o di conoscenze fatte da Stefania a Firenze, ad eccezione di un caso che la stessa ebbe a riferirmi, relativamente ad un tale che l’avrebbe seguita dalla Stazione Ferroviaria di Firenze fino alla sua sede di lavoro. Stefania mi riferì di questo tale, che a suo dire non aveva mai visto in precedenza, senza descriverlo. Questo fatto me lo riferì mesi fa, ma non sono in grado di riferire sulla data esatta.

Subito dopo Carla Bartoletti aveva precisato meglio la data della confidenza e aggiunto un altro elemento, la presunta età del misterioso personaggio:

Prima che io e Stefania e Tiziana andassimo al mare, a Rimini, dove siamo state dall’8 al 17 agosto 1974, verso il mese di giugno, la Stefania, parlando con me, mi riferiva che in precedenza, a Firenze, era stata seguita da uno sconosciuto, dell’apparente età di 35 anni, che “le faceva paura”, dalla stazione centrale fino a Novoli, dove lavorava.

Se Stefania aveva sentito il bisogno di riferire l’episodio alle cugine, doveva esserne rimasta particolarmente colpita. Come ne sarebbero rimasti colpiti gli esperti di Modena, tanto da farne cenno nella loro perizia.

85 commenti:

  1. Se e' vero che i bossoli sono stati tutti ritrovati vicino alla ruota anteriore sinistra, in un'area molto ristretta, la probabilita' che lo sparatore fosse sul lato destro mi sembra proprio bassa. Nell'ingegnosa ricostruzione qui offerta, un punto debole mi sembra la posizione innaturale del braccio sinistro lungo il fianco quando Pasquale cercherebbe di armeggiare colla porta destra. Anche la passivita' di Stefania, che rimarrebbe sdraiata, e' un po' strana, a meno di non spiegarla col terrore.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il braccio sinistro poteva servire, premendo contro la seduta, a rendere più stabile la posizione, che dall'altra parte era affidata alla mano che stava armeggiando con la maniglia. A tuo parere dove altro avrebbe potuto essere posizionato?
      In ogni caso si tratta di pochi secondi, quelli che sono serviti ad una semiautomatica a sparare due colpi. Quindi non mi pare improbabile che quel braccio si sia trovato, almeno in quei secondi, sulla stessa linea del fianco.
      In quei momenti Stefania avrebbe anche potuto tentare di muoversi, ma non so che cosa sarebbe potuto cambiare nella dinamica. Parliamo sempre di pochi secondi. Una volta che Pasquale le cadde addosso, rimase bloccata, anzi, magari era già stata colpita.

      Elimina
    2. Concordo per quel che riguarda la povera Stefania. Ma d'altra parte, non si potrebbe supporre che sia stata lei a sbloccare e magari aprire la porta, senza riuscire a scappare, invece di rimanere ferma? Cambierebbero i dettagli, ma non la sostanza della ricostruzione.

      Elimina
    3. Sono d'accordo, potrebbe anche essere stata Stefania ad aprire la portiera, ed in effetti era questa la prima soluzione al problema dell'apertura della portiera che mi era venuta in mente. Però è senz'altro vero che Pasquale si portò verso di lei, dopo i primi due colpi a vuoto, basta guardare la sua posizione finale con il sedere quasi sul sedile del passeggero. Il che favorisce l'ipotesi che avesse tentato di aprire lui la portiera. Quindi ho preferito impostare la mia ricostruzione così. In ogni caso si tratta di un'approssimazione, tanto più vicina alla realtà quanti più elementi è in grado di spiegare. Ma non si tratta della realtà, che nessuno conoscerà mai.

      Elimina
  2. Io, probabilmente per superficialità quando lessi vari materiali sui delitti, ho sempre ritenuto che l'omicida, in questo caso come negli altri, abbia ucciso a partire dalla porta lato guidatore, per cui per me la vera sorpresa è stato leggere che nel 1974 si ipotizzò l'attacco dalla portiera di destra! Non capisco perché Zuntini si sia incaponito in questa ricostruzione quando tutti i bossoli sono a sinistra vicino alla ruota posteriore (posteriore vero? Non anteriore come ho letto in un commento?)

    La ricostruzione letta qui della possibile dinamica è molto plausibile, alcuni particolari è ovvio che non si sapranno mai però il tutto si tiene, spiega le macchie di sangue sulla schiena ad esempio. Si è certi che fosse sangue della ragazza? Hanno confrontato allora i gruppi sanguigni?

    Che sia stato il ragazzo ad allungarsi per aprire la portiera di destra oppure la ragazza è abbastanza poco influente secondo me, importa invece che lui cade di schiena sopra di lei quindi nei fatti diminuendo di molto le sue capacità di reazione (come cercare di alzarsi e scappare) già di parte molto basse per l'improvviso terrore.

    Interessante il particolare della ferita da unghia sul volto della ragazza: significa che il mostro agì a mani nude...

    Sospendo il giudizio su cosa volesse esattamente fare alla povera Stefania prima di ucciderla e se effettivamente volesse fare qualcosa su di lei ancora in vita: sicuramente la forza delle pugnalate è molto alta ed almeno per quella che ha rotto lo sterno è probabile che il MdF si sia appoggiato col peso del corpo sulla mano che impugnava la lama. Se era alto come si dice, ca. 1,80, è molto probabile che si sia inginnocchiato mentre tappava la bocca a Stefania e la pugnalava.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il sangue sulla schiena di Pasquale è certamente di Stefania, poichè non c'è alcuna sua ferita che lo giustifichi. Ad un certo punto dell'azione lui dovette trovarsi con la schiena sul grembo di lei, non c'è alcun dubbio. Come non c'è alcun dubbio che la ricostruzione di Zuntini non possa essere adattata in alcun modo per arrivare a questo.
      Riguardo la posizione del Mostro mentre tappava la bocca a Stefania, se con una cavia provi a usare la mano sinistra mettendo il pollice dalla sua parte sinistra, ti renderai conto che devi quasi salirle addosso, quindi è da escludere la posizione in ginocchio. Che invece ci sta per la fase dell'accoltellamento, quando ormai tapparle la bocca non serviva più.

      Elimina
  3. X info ma sicuramente l'avrete già sentita , su youtube la trasmissione radiofonica con la partecipazione dell'investigatore Cannella e Valerio Scrivo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie della segnalazione, l'ho ascoltata a pezzi tra ieri e oggi. Adesso devo solo cercare di capire cosa pensa veramente Cannella... :-(

      Elimina
    2. Ha sempre sostenuto FV + AV i mostri , xó in un video ha detto che il mostro é morto nel 86 ...

      Elimina
  4. Per Luca Lorenzo Baldini.
    Concordo con le tue valutazioni, ma preferisco chiudere qui le polemiche, quindi non le pubblico.
    Ciao.

    RispondiElimina
  5. Ciao Antonio , discutendo in un forum con un mostruologo sostenitore della setta mi ha fatto notare che la borsa della Pettini non era sporca di sangue, dato che il mostro aveva accoltellato ferocemente la vittima e frugato successivamente la borsa come é possibile ha sporcato ne la borsa ne i maglioni ?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Prima di tutto la borsa non era stata frugata, altrimenti il maglione non sarebbe stato trovato all'interno. Poi mi sembra ovvio che l'assassino si sia ripulito le mani prima di prenderla, con la sua ultima azione sul posto. Avrà avuto almeno un fazzoletto con sè, non credi?

      Elimina
    2. Si può frugare una borsa senza togliere il maglione e si può certamente togliere il maglione, frugare la borsa, rimettere dentro il maglione e poi buttare la borsetta.

      Elimina
    3. Si può tutto, anche andare da Milano a Roma passando per Torino, però, se vogliamo tendere a una verità storica quanto più possibile vicina a quella reale dobbiamo sfrondare la vicenda dalle improbabilità, anche se rimane il rischio di commettere qualche errore.

      Elimina
  6. Sì ammetto che x qualche millesimo di secondo ho pensato ad un un possibile complice ... Grazie x avermi rimesso sulla retta via

    RispondiElimina
  7. L unica cosa che non mi quadra sulla ricostruzione abbastanza plausibile e che l assassino abbia usato un mezzo a due ruote. Può anche darsi che la borsa l abbia lanciata a piedi mentre scappava!per poi raggiungere l auto e fuggire

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Può darsi tutto, si tratta però di assegnare delle plausibilità. Per quale motivo avrebbe lanciato la borsa nel campo scappando a piedi? E perchè lanciarla così lontano?
      Come ho scritto, essendo a bordo di un mezzo a due ruote, il motivo c'era: l'essersi accorto quasi subito delle difficoltà di trasporto. C'era anche il motivo di lanciarla lontano: evitare che finisse in mezzo alle ruote.

      Elimina
  8. A me sembra che questa ricostruzione fili a meraviglia, soprattutto per quanto riguarda la dinamica dell’aggressione e il successivo spostamento del corpo di Pasquale. Sembra quasi di rivivere la scena. Ritengo sia praticamente impossibile conoscere con esattezza quello che è accaduto dopo, pur trovando perfettamente logiche le tue supposizioni sul lancio della borsetta.
    Non mi è sfuggita la tua allusione relativa alla rottura dello specchietto retrovisore. Attendo con ansia tue future argomentazioni sul mancinismo dell’assassino.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se per Borgo il mancinismo del Mostro è poco più di una suggestione, per Scopeti è una certezza.

      Elimina
    2. La ricostruzione mi pare coerente con un MdF ambidestro, perchè se è vero che usò la mano sinistra per tirare fuori Stefania dall'auto, è vero pure che usò la mano destra per vibrare le coltellate, dato che la sinistra era impegnata a tappare la bocca alla vittima. Questo è confermato dalla perizia De Fazio, che parla di unghiatura sulla mandibola sx di Stefania lasciata dal pollice sx del MdF. Essendo io mancino e volendomi immedesimare nel MdF, preferirei usare la destra per tappare la bocca e la sinistra per accoltellare e non viceversa, a meno che il Mostro inizialmente volesse solo tappare la bocca di Stefania e decise di usare il coltello in un secondo momento.

      Elimina
  9. Rileggendo la deposizione della mamma di Stefania sul blog di Flanz (http://insufficienzadiprove.blogspot.ie/2010/09/bruna-bonini-prima-parte.html e http://insufficienzadiprove.blogspot.ie/2010/09/bruna-bonini-seconda-parte.html), si legge che non furono ritrovati alcuni oggetti di Stefania, e precisamente una catenina, un orologio ed il portafoglio, nonchè gli anelli (non si sa bene quanti, ma più d'uno). La signora Bruna è abbastanza sicura che Stefania tenesse il portafoglio in borsa, questo indica che il Mostro la borsa l'aprì, almeno in un primo momento. Io penso che inizialmente abbia inserito tutti questi oggetti nella borsa perchè era più facile portarseli appresso, ma dopo un po' si sia reso conto che girare con una borsetta da donna (a piedi, in motorino o in macchina) poteva essere compromettente, per cui si tenne gli oggetti più piccoli (probabilmente in tasca) e gettò la borsa nel campo di grano. Questo ragionamento farebbe cadere l'ipotesi di Scrivo secondo cui il ritrovamento della borsa fu una sorta di "staging" architettato dal Mostro per far credere di essersi allontanato in macchina.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Difficile che avesse messo degli oggetti nella borsa, dove Stefania aveva inserito il proprio maglione che ne doveva occupare gran parte. Anzi, in quel caos non ci sarebbe da meravigliarsi se gli oggetti mancanti fossero spariti in altri modi, o presi direttamente dalla scena del crimine da qualche imbecille, oppure persi dalle stesse forze dell'ordine in seguito.
      Riguardo l'ipotesi di Scrivo, a mio modesto parere si squalifica da sola per la sua macchinosità.

      Elimina
    2. Carissimo Antonio,
      non so se faccio bene o male a intervenire, diciamo che non so bene se sia etico poiché potrà sembrare che io voglia difendermi dalle critiche. O che proprio non le accetti. Eventualmente, non pubblicare la risposta, se lo ritieni opportuno. Siccome ho stima del tuo lavoro mi permetto di fare una precisazione.
      Il mio unico scopo, e presumo che sia anche il tuo, non è quello di avere ragione ad ogni costo, bensì quello di arrivare alla individuazione dell'assassino oltre ongi dubbio.
      Forse il mio argomentare è macchinoso, come sostieni tu. Ma questo connotato non dovrebbe bastare a squalificarlo. Io credo di essere solo il 10% macchinoso rispetto all'assassino. Le mie ricostruzioni cercano sempre di conciliare i dati. Naturalmente posso sbagliare, e ci mancherebbe. Ma una buona critica smonta le ricostruzioni punto per punto. A mio avviso l'episodio della borsetta, nel 1974, ha un'importanza maggiore della balistica o del referto autoptico o di qualsiasi altra perizia, poiché indicherebbe un movimento dell'assassino in quei luoghi il giorno dopo l'avvenuta aggressione. Prima di me non mi pare che nessuno abbia messo l'accento su questo episodio.
      In ogni caso, ti faccio i migliori auguri per il tuo blog, poiché merita molta attenzione.
      Con stima, Valerio Scrivo.

      Elimina
    3. Caro Valerio, mi sono permesso di inserire qua e là nei miei articoli varie citazioni critiche del tuo libro, che ho comprato e letto con attenzione, per un semplice motivo: si tratta di un lavoro notevole, anzi, del migliore che proponga. Proporre qualcosa ragionandoci sopra, invece di accontentarsi di prendere atto che non ci si è capito nulla, è sempre un passo avanti nella comprensione della vicenda, se non altro perché dà modo a chi legge di confrontarsi con gli altrui punti di vista. Però proporre qualcosa vuole anche dire rassegnarsi alle critiche, in questo caso per me doverose data la caratura del tuo lavoro, da tutti giustamente valutato per come merita. Ma su quelle, se vuoi, possiamo discutere.

      Elimina
  10. Salve, mi chiamo C. D. e sto lavorando, con altri, a un progetto letterario sul MdF. La contatto perché ho apprezzato molto la precisione e l'acutezza della sua ricostruzione del delitto del '74.
    Sia la versione Zuntini che quella De Fazio mi hanno sempre suscitato dei dubbi: la sua versione è senza dubbio più convincente e articolata, ma ci sono due o tre punti che non mi hanno convinto e di cui vorrei, se possibile, ragionare con lei. Non la consideri una critica, semmai un'occasione per rendere inattaccabile quella che, a mio parere, è già la ricostruzione migliore che esista in circolazione.
    Ecco le mie perplessità:

    1) "l’ipotesi che l’aggressore non avesse voluto ucciderla [la Pettini] subito" secondo me non si concilia con il fatto che abbia sparato a Gentilcore anche quando questi si ritrovava riverso sopra la ragazza.
    Considerato che l'aggressore
    - non era un tiratore scelto
    - sparava al buio contro bersagli in movimento
    - si trovava, presumibilmente, in uno stato emotivo fortemente alterato e ammettendo che lo scopo ultimo dell'attacco fosse quello di togliere di mezzo il rivale maschile per attuare "qualche forma sadicopredatoria nei confronti della vittima di sesso femminile" (De Fazio), credo che mai e poi mai avrebbe corso il rischio di sparare indiscriminatamente in quella direzione, con il rischio di uccidere Stefania Pettini.
    Mi sembra più plausibile che l'aggressore intendesse ucciderli entrambi a colpi di pistola e che (riprendendo la dinamica immaginata dal col. Zuntini), nell'ottica di un attacco disordinato, fortemente emotivo, non abbia tenuto il conto dei colpi e si sia trovato, a caricatore vuoto, con una vittima ancora viva e urlante.
    A questo punto, quindi, ha fatto il giro dell'auto, ha aperto la portiera (già presumibilmente disserrata dalla Pettini in un tentativo di fuga) e qui riscontro il secondo problema

    2) "il pollice a sinistra comporta una posizione dell’assassino addosso alla vittima e quindi all’interno dell’abitacolo, con la mano destra libera di toccarla". Mi pare che qui si sia ignorata la spiegazione più
    semplice:
    l'aggressore usa la mano sinistra per tappare la bocca la ragazza perché la mano destra
    - è ancora tenuta sulla maniglia della portiera (azione quasi simultanea)
    - oppure è impegnata a reggere la pistola (che nella concitazione del momento stringe ancora in pugno)
    - o il coltello (che ha già estratto). Tra l'altro, a proposito di coltello, mi sembra eccessivamente pignolo chiedersi "per quale altro motivo [...] avrebbe dovuto impedirle di urlare tappandole la bocca, quando
    una coltellata al cuore sarebbe stata ben più efficace?", dato che le due azioni, coprire la bocca e pugnalare, possono essere - e spesso sono - compiute insieme (v. tecnica dei commando).
    - infine, non dimenticamocene, la mano destra poteva essere occupata a reggere una una fonte di luce.

    RispondiElimina
  11. 3) E vengo al terzo punto: la luce: "i ragazzi stavano ultimando i preparativi per un contatto fisico, probabilmente a luce accesa", ma che la luce nell'abitacolo della 127 fosse accesa non mi risulta citato in nessun verbale o perizia (e sarebbe troppo poggiare una illazione sull'illazione ulteriore che l'aggressore l'abbia spenta prima di andarsene). Inoltre mi sembra improbabile che, in una zona frequentata da coppiette - e quindi da guardoni - la Pettini e Gentilcore si apprestassero a fare sesso con la luce accesa. Ma questo, naturalmente, non esclude che l'abbiano tenuta accesa per le due ore e passa durante le quali (probabilmente) discussero.
    Tra l'altro, lo spegnimento della luce al momento di entrare in intimità potrebbe essere stato proprio il segnale che ha scatenato l'attacco. Se ammettiamo che l'ipotesi di Zuntini sulla portiera destra lasciata
    spalancata sia assurda (e io lo ammetto senz'altro), l'aggressore non poteva sentire cosa succedeva all'interno dell'auto, né, secondo me, possiamo desumere che ci fosse abbastanza luce naturale per vedere
    qualcosa. Ma se, dopo aver parlato con la luce accesa, i ragazzi l'avessero spenta, quello sicuramente sarebbe stato un segnale.
    Infine, in questo caso, l'aggressore avrebbe sfruttato l'ulteriore vantaggio di muoversi all'esterno senza essere visto, approfittando del fatto che gli occhi dei ragazzi avevano bisogno di qualche minuto per
    abituarsi al buio. E qui arrivo all'ultimo punto,

    4) in cui, pur convinto che l'aggressione sia stata portata dal lato sinistro dell'auto (soprattutto per la presenza dei bossoli a sinistra), nutro una piccola perplessità osservando le foto dell'area: su quel lato, si stende per un ampio tratto un campo completamente nudo e scoperto, mentre sul lato destro sembra esserci sufficiente vegetazione non solo per nascondere qualcuno, ma per rendere improvviso il suo attacco.
    Alla luce di quanto detto, ritengo altamente improbabile che l'aggressore spiasse da sinistra: più probabile che fosse acquattato a destra e che, al momento di entrare in azione, girasse intorno all'auto approfittando, come dicevo, del momentaneo abbacinamento dei giovani all'interno.

    Ecco, ho concluso. Rileggendomi, mi dispiace di aver elencato solo i difetti (quelli che secondo me sono difetti) e nessuno dei molti pregi di questa ottima ricostruzione. L'ho fatto nello spirito dialettico, per
    raffinare una ricostruzione già quasi perfetta con critiche costruttive e, a mio parere, sensate. Credo che la verità si nasconda nelle piccole cose, e che anche un dettaglio apparentemente insignificante possa essere d'aiuto nell'avvicinarsi alla verità.
    Con grande stima e auguri di buon lavoro

    C. D.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi perdoni per aver riportato il suo scritto sotto l'articolo, ma non mi pare il caso di circoscrivere i nostri scambi di opinioni in un ambito pesonale. Questa vicenda ha bisogno di far emergere la ragione alla luce del sole, a fronte della marea di stupidaggini nelle quali purtroppo è sempre stata affogata.
      Quindi invito i miei pochi lettori a valutare attentamente il suo scritto, che mi pare contenga delle considerazioni altamente valide. Lo farò anch'io, con una certa calma, mi consenta, poi le risponderò.
      Non ho messo il suo nome, se vuole lo faccia lei.

      Elimina
    2. Nella ricostruzione di un evento di questo tipo è chiaro che interviene in modo pesante l'interpretazione "emotiva" del ricostruttore. Mi sembra di capire che lei consideri il delitto di Borgo come il primo di un serial killer, quando invece io lo vedo come un episodio a sé stante. Sette anni dopo a Scandicci non c'era la stessa persona, c'era qualcuno con motivazioni nate anche dall'elaborazione dell'episodio di Borgo, ma da quelle sostanzialmente differenti. Di lì in poi il Mostro avrebbe ucciso per dare spettacolo, a Borgo c’era stato un rapporto molto emotivo con la vittima femminile. Ecco perché io credo che la sua intenzione non fosse quella di uccidere subito Stefania Pettini, e quindi ho interpretato vari particolari sotto questa luce.

      Veniamo ai quattro punti.

      Riguardo il primo, che se non voleva uccidere Stefania non avrebbe sparato nella sua direzione, non vedo in quale altro modo avrebbe potuto fare, non essendo un tiratore esperto. Dopo i primi due colpi sbagliati e il tentativo di fuga di Pasquale che aveva cercato di aprire la porta opposta, la sua reazione inconsulta fu quella di scaricargli tutta la pistola addosso. In quei momenti concitati il ragionare sul pericolo di colpire Stefania è comprensibile non fosse stata la sua priorità.

      Sul secondo punto insisto nella mia interpretazione. Il pollice sul lato sinistro della bocca di Stefania indica proprio un essere sopra di lei, per la piega che assume il polso. Faccia la prova come ho fatto io e si convincerà. Nel caso da lei indicato sulla parte sinistra della bocca sarebbero andate le altre quattro dita.

      Terzo punto. Ritengo molto probabile che al momento dell'attacco la luce interna fosse accesa. I ragazzi l'avevano accesa al momento di spogliarsi, per posizionare i vestiti e compiere quant'altro era necessario. La fase preparatoria non era del tutto finita, come dimostra la spalliera del sedile di guida alzata e la posizione di Pasquale, quindi è probabile che la luce fosse ancora accesa. D'altra parte la luce accesa sarebbe stata una costante anche in tutti gli episodi successivi, e mi pare plausibile ritenere che il Mostro la considerasse una condizione necessaria per la buona riuscita del suo attacco. Sparare dentro un abitacolo illuminato dall'interno è molto più semplice che sparare dentro un abitacolo buio illuminato da fuori con una torcia. Che poi quella luce l’avesse spenta si spiega bene con la necessità di non attirare l'attenzione durante la fase successiva. A Scandicci, Calenzano e Vicchio avrebbe fatto la stessa cosa.

      Sul quarto punto penso di essere d’accordo, non mi pare di aver scritto il contrario. Credo anch’io che se era stato a lungo a spiare lo avesse fatto dal lato destro, se non altro perché lì c’era la ragazza.

      Elimina
  12. Salve, Antonio. Non so se l'argomento è stato toccato nei commenti, nel caso mi scuso per la ripetizione. Mi chiedevo il suo parere in merito all'affermazione di Spezi contenuta in "Dolci colline" in cui si accenna a una confidenza di un carabiniere che sosteneva ci fosse stato un tentativo di stupro andato male.
    Per il resto, complimenti vivissimi, sto leggendo da poco il suo blog e l'ho trovato estremamente utile. Un saluto!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Francamente non ricordo questo passo del libro, in ogni caso mi associo almeno in parte. Il fatto che l'assassino non avesse sparato sulla ragazza (come si legge qui, a mio parere l'aveva colpita alle gambe senza volerlo) e l'unghiata sulla sua bocca raccontano qualcosa di simile a un tentativo di stupro. Anche De Fazio aveva preso in esame questa possibilità:

      Si potrebbe essere tentati di ipotizzare anche che in questo omicidio [...] rientrassero inizialmente nelle fantasie e nelle intenzioni dell'autore atti di violenza sessuale o qualche forma di abuso, poi impediti o da una resistenza della ragazza e dalla susseguente 'furia omicida', o più semplicemente da una mancata erezione, o da una incapacità a procurarsi godimento con atti di natura sessuale.

      Ancora in accordo con quanto scritto da De Fazio, quello che invece non risulta affatto uno stupro è il successivo trattamento del cadavere. Si ha piuttosto l'impressione di un'esplorazione di un oggetto sconosciuto.

      Elimina
  13. Ricostruzione molto interessante...sono d'accordo da quanto detto da de Fazio in relazione al fenomeno esplorativo. Lei segnini cosa pensa in merito all eventualità che il mostro abbia deliberatamente sparato alle gambe della pettini??

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Penso che non lo abbia fatto, come mi pare si evinca chiaramente dall'articolo. Ritengo che il suo proposito fosse quello di eliminare il ragazzo e mettere le mani addosso alla ragazza, che quindi non voleva ferire.
      Se poi si pensa alla poca perizia dimostrata nello sparare, mi sembra davvero poco probabile che avesse colto di proposito un bersaglio così piccolo e probabilmente non immobile.
      Tutto questo però rimane soltanto un'ipotesi indimostrabile.

      Elimina
  14. vorrei chiedere se qualcuno conosce e sa dirmi il nome dello psichiatra che dopo il delitto di Borgo san Lorenzo previde che chi lo aveva commesso avrebbe colpito ancora, anche se non si poteva prevedere fra quanto tempo. Ricordo che quella previsione fu ripetuta sui giornali e in televisione ancche quamdo nel 1981 ci fu il delitto a Scandicci. Ma non fu mai fatto ik nome dello psichiatra che aveva fatto quella previsione. Che sarei curiosa di sapere. Grazie

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A una prima ricerca non l'ho trovato, magari Omar Quatar, senz'altro l'appassionato più erudito, saprà darci la risposta.

      Elimina
    2. l'articolo, manco a dirlo, è di Mario Spezi La Nazione 9 giugno 1981 - poi ripreso da altri giornali (io l'ho trovato nel Corriere). La frase è attribuita a un anonimo inquirente che cita un altrettanto anonimo psicologo o psichiatra. Questo è il poco che so e sinceramente sono anche un po' scettico, vista la ben nota creatività del giornalista.

      Elimina
  15. grazie comunque per le risposte a Omar e anche a Segnini___
    Ricordo che di uno psichiatra che aveva fatto quella previsionE, poi azzeccata, parlarono anche in televisione, fu data anche ai tg___Non sono mai riuscita a trovare il nome dello psichiatra____La curiosità è aumentata quando ho letto il libro di Mattei____Coniglio il martedi'____dove lo psichiatra che fa la previsione é consulente degli investigatori e il mostro va in analisi da lui:

    RispondiElimina
    Risposte
    1. la fonte è sempre Spezi, nel suo libro, il primo, dice esplicitamente che "Quando però, anni dopo, indagando sugli altri delitti si cercherà di ricordare chi era, nessuno rammenterà il suo nome".
      Quindi, temo che ogni ricerca sia vana... :-)

      Elimina
  16. GRAZIE a OMAR QUATAR ______che, mi sembra di capire non creda poi tanto a uno psichiatra che abbia davvero fatto quella previsione______Io invece ci ho creduto

    RispondiElimina
  17. (parentesi profana)

    Una domanda per Omar Quatar e per Antonio, apparira' forse sciocca e scusate se sono un semplice curioso e non un mostrologo animato da vero impegno e passione. Ne sapro' un 3% di tutto, rispetto a voi. E noto un generale disprezzo per Mario Sprezi a tal riguardo vorrei chiedere come mai, con dettagli, la sua teoria di "Carlo" non venga presa in considerazione. Ripeto che non so niente di niente, ma ad una superficialissima occhiata la possibilita' del possesso della calibro 22, la vita pregressa del soggetto, la sua assenza in quei determinati anni, il ritrovamento a casa del padre, a altro, potrebbero fare apparire possibile. Invece perche non lo e'? Grazie

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Oltre a essere un'ipotesi priva di qualsiasi riscontro, è anche senza movente. Vogliamo chiamare riscontro la fantomatica denuncia di furto che nessuno ha mai visto, e che, se anche fosse esistita davvero, non poteva riguardare in alcun modo la pistola? Che senso avrebbe avuto per Salvatore Vinci denunciarne la scomparsa con il rischio di far venire alla luce le sue responsabilità nel delitto del 1968?
      Sul movente, sono patetici i rimandi al profilo FBI.
      Per quanto mi riguarda ritengo concluso qui il discorso, si tratta di un argomento inutile e anzi dannoso.

      Elimina
    2. Lungi da me l'aprire diatribe con chi e' cosi molto ben piu informato su tutto di me e sopratutto con chi e' dotato di intuito fuori dal comune tantopiu che mi sta portando al lottismo giorno dopo giorno (sto sentendo la perizia psichiatrica di R.L.). Comunque per rispondere, il movente sarebbe ne piu ne meno quello di Lotti cioe una forte malattia psichiatrica certo incomprensibile persino a me, che con mia madre ebbi un rapportino niente male (senza entrare nei dettagli ma tento' persino di uccidermi), se e' vero che la madre gli fu uccisa davanti agli occhi (ma mi pare di avere letto che la cosa sia da te smentita...i matti comunque esistono a prescindere da questi traumi). In quanto alla denuncia mi pare di avere letto che S.V. la fece aggiungendo di non sapere cosa gli fu sottratto, se e leggendo le tue parole che non la danno per vera allora dico "se", sarebbe stata una denuncia piuttosto sui generis. Dannoso non vedo perche. Comunque grazie della risposta i complimenti non te li faccio perche te ne fanno gia molti.

      Elimina
    3. Per quel che mi riguarda, non disprezzo affatto Mario Spezi, infatti nel mio libro ho dedicato un'appendice all'ipotesi di Magdalen Nabb (alla quale Spezi si ispirò, per usare un termine leggero). Il fatto è che, se Salvatore era l'ultimo dei Mohicani della pista sarda, fallito anche quello, Carlo è l'ultimissimo. Quindi, la vedo come una soluzione forzata per ricollegare comunque i peronaggi del 1968 (in questo caso, addirittura per discendenza) ai delitti del MdF. Peraltro, Carlo, nell'ipotesi investigativa originaria, sarebbe entrato in scena come ausiliario / sostituto dello zio; per scagionarlo? ma allora perché continuerebbe a uccidere?

      Elimina
    4. Mi associo alle parole di Omar. L'ipotesi è molto forzata, a mio parere ripresa da Spezi soltanto per ragioni editoriali.
      Riguardo Lotti e il movente, è vero che anche lui avrebbe avuto un movente poco standard per delitti simili, ma rispetto a Carlo ha in più una condanna a 26 anni di carcere, rimediata in seguito alle sue stesse confessioni. Tale fatto supera qualsiasi necessità di movente, che comunque c'è, e risiede nella sua frustrazione.

      Elimina
    5. Premettendo sempre che so un 3% delle cose a vostra conoscenza e che parlo quindi da dietro ad un banco osservando due cattedre che A.S. sarebbe entrato in scena come ausiliario io non lo avevo letto (ma comincio ad intuire "quante" se ne siano dette in tutte le direzioni) sapevo fosse stato un solitario psicopatico fin dal principio e quella sospensione dei delitti ripresi con il suo rientro in Toscana (ammesso ovviamente che anche questa non sia una leggenda) sarebbe una bella coincidenza davvero, specie se la denuncia paterna non fosse anche questa una leggenda pero hehehe. Sul fatto che Spezi poi, tutto possibile in Pulcinellia comunque, abbia tirato in ballo cosi pesantemente (si parla di un essere orrendo che uccide giovanissimi ragazzi e si porta a casa pubi) un povero innocente per suoi fini editoriali be in questo caso, se cosi davvero fosse, e comunque pace all'anima sua, sarebbe stato un uomo come minimo di sabbia. E se davvero lo fosse andato pure ad intervistare avrebbe rischiato come minimo un naso rotto. Io comunque grazie a te Antonio sono orientato su Lotti anche perche, e qui scatta la domanda, mi risultano altrimenti inspiegabile le sue biascicate auto accuse a meta'(interessante anche la deposizione dei dottori Lagazzi e Fornari) ma io non sono una mente calcolatrice come voi (anche, ma non solo, per mancanza di dati), solo un istinto che fiuta chi di voi tutti ha la vista piu lunga. Vorrei chiedere come dove quando e in quale circostanza G.L. sia sbucato sulla scena...per meglio capire la dinamica e le ragioni del suo tirarsi e tirare in ballo dei poveri derelitti. Fu attraverso avvistamenti della sua macchina o cos'altro? (mi scuso per l'ignoranza, il tuo blog lo sto leggendo cosi come pure altre cose ma non ci passo la vita). Vorrei inoltre chiedere le ipotizzabili ragioni per le quali una teoria a mio avviso cosi verosimile non sia mai stata perseguita se non da un anonimo blogger, ossia quella della sua unica responsabilita'. Ora starebbe forse bruciando tra le fiamme ma sarebbe giusto si portassero a galla le verita' perche saremo anche in Pulcinellia (no, io vivo nelle Filippine) ma oltre ai nostri giochi investigativi esistono anche delle vittime. Grazie

      Elimina
    6. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

      Elimina
    7. Grazie delle delucidazioni. E la domanda posta era anche la mia ossia proprio "in quale momento avrebbe avvertito il pericolo" e deciso di giocare al ribasso? Gli avvistamenti della sua auto sono cio che si ipotizzi lo abbia inquietato o cio sarebbe da posticiparsi (poiche appunto non conosco benisissimo come voi atti ed eventi) quindi fu qualcos'altro (cosa)?

      Elimina
    8. Se posso dire una mia opinione mi e' molto piaciuta la deposizione di uno dei periti psichiatrici. Alla domanda sul Q.I.di G.L. egli rispose che per loro quello aveva una importanza relativa (era comunque, disse, poco sotto la media), cioe che avevano potuto dedurre era la sua enorme capacita di mettere a frutto la sua intelligenza (una sorta di "lucidita" intellettiva...sappiamo che l'intelligenza ha innuerevoli forme) che contrasterebbe con quella di un grullo di paese. Per me nel complesso (e per tutti) era comunque un individuo di scarsa intelligenza, alla fine non ci vuole molto a sparare su poveri ragazzi inermi, non occorre essere Diabolik, in Pulcinellia poi....ci puo stare che la semplice tirata in ballo di sue conoscenze con relativi interrogatori e (probabili) perquisizioni di casa sua gli abbiano fatto (dicono a Roma) strigne er culo. Solo ipoteticamente ma aspetto di sapere da Segnini se c'e qualcosa di piu concreto.

      Elimina
    9. In questa deposizione Lagazzi (come forse sapete) riferisce di un insolito infuocarsi di Lotti nel toccarsi l'argomento Pacciani il che sta forse ad indicare la sua rabbia verso colui che rappresenta la causa dei riflettori (anche) su di lui. Poco dopo nella deposizione (che linko qiu gia dal minuto 1:16) si capisce anche la paura del Lotti e la sua decisione a "parlicchiare", ma non esplicita esattamente cosa lo abbia messo nel panico. https://youtu.be/mO9yAQbbIBA?t=4575

      Elimina
  18. Stamane posi una domanda all'autore del bel blog (questo) e a Omar Qutar, relativa all'ipotesi "Carlo". Ora se non e' di troppo fastidio poiche nulla mi autorizza al saperlo vorrei chiedere ad Antonio come fa a ritenere possibile l'ipotesi Lotti? Mi spiego: mi pare di avere capito che avrebbe "raccolto" la pistola nei pressi del luogo del delitto del '68 ma come spieghi il possedimento delle cartucce? L'assassino si sarebbe liberato della pistola insieme alla scatola delle cartucce??? E sopratutto perche si sarebbe portato appresso tutta la scatola? Mi pare che sta domanda mette alle corde la tua ipotesi ma se riuscirai a convincermi del contrario saro' pronto a farlo in meno di due minuti. Ciao grazie complimenti per tutto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quella della stessa scatola di cartucce è una leggenda

      https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2016/02/la-scatola-di-cartucce-1.html

      Elimina
    2. E quindi per noi profani che diamo solo una occhiata in rete capirci qualcosa diventa impossibile. Troppe leggende date per "documentazione". Rinuncio. La teoria Lotti mi pare pero' molto possibile e se fosse vera forse solo in Pulcinellia si sarebbe potuta verificare una simile presa in giro colossale messa in opera dal grullo di paese piu geniale di sempre.

      Elimina
    3. Purtroppo le leggende sono tantissime, ma è logico. Personalmente cerco di confutarne per quanto posso.

      Elimina
  19. Wikipedia:"Fino al 1982 non si riteneva che di questo delitto fosse responsabile il mostro di Firenze che si pensava infatti avesse iniziato a colpire il 14 settembre 1974; a seguito però del ritrovamento casuale in archivio di alcuni bossoli che, dopo le analisi, risultarono identici a quelli trovati sulle altre scene dei crimini, si dedusse che la pistola usata dal mostro era la stessa usata dall'assassino che aveva ucciso Antonio Lo Bianco e Barbara Locci nell’estate del 1968".

    Mi scuso per l'ignoranza ma se la storia della medesima scatola di cartucce si rivelo' una leggenda (cosi leggo in questo blog) cosa resta a collegare la pistola degli omicidi del mostro all'omicidio del '68? Grazie a chi avra' la pazienza di rispondermi mi scuso ancora per una domanda cosi sciocca che deve avere ovviamente una risposta evidentissima. Mi sfugge.

    RispondiElimina
  20. Al signor Antonio e a chiunque voglia essere cosi paziente da rispondere, ripeto la domanda. Al che se fosse cosi demente da continuare a non meritare risposta (mi domando perche allora venga pubblicata) vi chiederei in seconda battuta di darmela lo stesso, "anche per educazione" come diceva Benigni nel famoso film ambientato a Frittole. Se le cartucce non provengono dalla medesima confezione di quelle di Signa (e stabilito si tratti di mano diversa) quale sarebbe il trait d'union tra gli omicidi del mostro e quello di Signa, solo che fu una Beretta calibro 22 alcuni anni dopo ad uccidere un'altra coppia di amanti in macchina? Su quali basi logiche o scientifiche si stabilisce che un arma mai trovata usata per uccidere sia la stessa arma anch'essa mai trovata che uccise alcuni anni prima? Un biglietto anonimo? L'intuizione di un carabiniere? Mi scuso per l'eventuale ignoranza in materia di armi, di indagini, ma vorrei mi chiariste questa mia curiosita' prima di tornare ai vostri dubbi ben piu seri e alle vostre interessantissime diatribe di logica investigativa, credo siate in grado di farlo in due semplici righe per le quali vi ringrazio fin d'ora.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi deve scusare, ma ho avuto qualche problema. Non sono un esperto di armi, ma a quanto ne so c'è un modo inequivocabile di stabilire che due cartucce sono state sparate dalla stessa arma ed è l'impronta del percussore sul fondo del bossolo. Altre impronte sempre sul bossolo (non però per i revolver) e quelle sui proiettili possono aiutare. Ebbene, apposite perizie comparative hanno stabilito che i bossoli raccolti a Signa sono stati colpiti dal medesimo percussore di quelli successivi.
      Ogni percussore infatti ha piccole caratteristiche sue proprie, dovute a imperfezioni di lavorazione, che si trasmettono al bossolo percosso.

      Elimina
    2. Peraltro, non vedo come si possa accertare l'identità della "scatola" di munizioni, ma solo la medesima tipologia: Winchester calibro 22 LR "serie H". Al contrario, l'arma, a quanto ci dicono gli esperti, lascia impronta pressoché univoca sui bossoli. Pare poi che addirittura la pistola del MdF avesse un difetto che la rendeva unica. Sinceramente non ricordo se fu stabilita un'identità merceologica tra i bossoli del 1968 (i proiettili erano deteriorati e poco utili per confronti) e quelli degli omicidi successivi (un esperto parlò di tre lotti diversi). Forse in questo stesso blog si trova una risposta...

      Elimina
    3. Ah ok ecco. Se il modo e' inequivocabile. Il dubbio mi era venuto sia dalla mia ignoranza della materia sia sentendo queste parole dell'avvocato di Pacciani ( https://youtu.be/l5czm7qLNq4?t=13 ) che non riuscivo a interpretare. Grazie.

      Elimina
  21. Buongiorno Antonio,lavoro davvero notevole il tuo complimenti.
    Ero militare nel 1982/83 fra Pisa e poi Siena e ricordo quell'epoca perfettamente,da poco mi sto interessando a conoscere in modo più preciso la storia del mostro.
    Ho letto gran parte del tuo lavoro e ascoltato molte fas dei processi PP e Cdm,ho soltanto una semplice domanda a riguardo questo delitto,che fu il primo dopo Signa dove ricompare la pistola maledetta.
    Non so spiegare bene perchè,ma credo fossero in due ad agire già in questo delitto.
    La borsa durante la fuga fu lanciata dal lato passeggero a destra,e il reggiseno lo gettò il guidatore credo a sinistra..come ho visto da qualche parte...sempre soltanto ipotesi.
    Sulla dinamica leggo che l'assassino o gli assassini fossero nei pressi dell'auto,forse hanno ascoltato un litigio o il parlottare dei ragazzi,e mi chiedo...Pasquale forse voleva quell'atto d'amore che la Stefania ancora non era pronta a dargli..cioè,Stefania se ho capito bene,era ancora vergine ? Il mostro già sapeva,conosceva...o ha capito in quei discorsi ascoltati ? potrebbe essere possibile ? Da qui si spiega forse il tentativo di stupro,non riuscito per la forte reazione della stessa,le grida,la paura d'essere scoperto,o anche l'impotenza.. che poi ha scatenato la rabbia omicida,ma il gesto dell'inserire delicatamente quel tralcio di vite alla fine potrebbe essere causa della diversità d'azione criminale poichè la giovane forse...dico forse..appariva pura ai suoi occhi ? Cosa che nei seguenti omicidi invece non vediamo con lo strazio totale dei corpi.
    E' un semplice ragionamento,grazie dell'attenzione,e del tuo interessante lavoro.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Personalmente ritengo che l'assassino fosse uno solo e sempre lo stesso in tutti i delitti dal 1974 in poi. Quello del 1968, invece, fu un delitto comune maturato nell'ambito dei personaggi che frequentavano la Locci.
      Riguardo la verginità di Stefania, la si può dedurre dalla testimonianza di un ragazzo più grande con il quale ebbe una storia pochi mesi prima di morire.

      https://drive.google.com/uc?export=download&id=0BxHpeQvorWm5YUd4cGVhNXVGekE

      Indubbiamente il delitto del 1974 è molto differente dai successivi, e indica un qualche interesse particolare per la ragazza. Ipotesi se ne possono fare tante.

      Elimina
  22. Dal libro di Hazet si legge:

    Siamo quasi arrivati alla fine per quello che riguarda il duplice delitto di Rabatta – Sagginale,
    ma prima di procedere oltre, approfittiamo dello spazio e cerchiamo di sgombrare anche il
    campo dagli argomenti
    1. “possibile conoscenza” delle vittime
    2. “possibile” interazione mostro – vittime sulla scena del crimine
    Per il punto 1)
    In questo caso il compito appare semplice da svolgere: nessuna indicazione di una pregressa,
    diretta e biunivoca conoscenza tra le vittime e il SV e nemmeno nessuna conoscenza diretta e
    biunivoca tra le vittime e il MdF (nel caso si trattasse di altra persona), è mai emersa; né in
    sede di documenti ufficiali, né come fonte giornalistica. E le poche e dubbiose righe su Il
    Messaggero, non possono essere caricate di un valore che non hanno [NdA: “Si dice, infatti, che
    la polizia avrebbe ricevuto una telefonata anonima che accusava della strage un sardo respinto da Stefania.
    L'anonimo accusatore avrebbe fatto anche il nome dell'assassino Fonte: Il Messaggero – 17 settembre 1974].
    La stessa informazione scritta nella Perizia De Fazio: “La ragazza, descritta come corretta e
    riservata, nell'estate aveva avuto una "simpatia" al mare ed aveva riferito alle amiche
    che in altra occasione era stata sequita da uno sconosciuto alla stazione di Firenze”
    [Perizia De Fazio], appare così datata nel tempo, ossia prima delle vacanze della stessa, che non
    ha motivo di essere realmente associata ad un pregresso conoscimento del MdF; anche
    perché, in ogni caso, “essere seguiti” (o aver l'impressione di) non indica un tipo di relazione
    biunivoca.
    Tale dato di assenza di pregresso conoscimento, inoltre si concilia sia con quanto proposto
    dalla FBI nel suo profilo; sia con quanto da noi elaborato come profilo anonimo del mostro;
    sia con quanto proposto in documenti ufficiali e documentazioni di settore [NdA: “Le vittime,
    quasi sempre, sono persone sconosciute, incontrate casualmente, e se conoscenza c'è stata, è stata solo
    superficiale ed estemporanea” ]
    Un dato di pregresso conoscimento,mal si concilierebbe inoltre con quanto abbiamo raccolto
    come informazioni circa il SV.
    Unico punto comune al SV e alla giovane coppia assassinata, era il “ballo”.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non si può dire niente, se non che il comportamento del Mostro con Stefania Pettini fu del tutto differente da quello tenuto con le altre ragazze poi. Se a questo ci aggiungiamo lo sconosciuto di 35 anni abbiamo di che riflettere su una conoscenza non biunivoca ma unilaterale.
      Dubbio che ebbe anche l'equipe De Fazio:

      [...] soltanto nel secondo delitto si potrebbe ipotizzare una precedente conoscenza della vittima o quanto meno di quella di sesso femminile, sia sulla base della brutalità con cui è stata condotta l'azione, sia sulla base dei riscontro di ferite al viso, che nei lustmord possono avere il significato di intenzionale "sfregio" alla personalità ed all'identità di una vittima già nota, per uno stato di collera o un sentimento di odio nutrito nei suoi confronti . Va però sottolineato che da un lato la conoscenza può essere unilaterale, e non implica necessariamente una precedente interazione [...]

      Elimina
  23. Trovo la ricostruzione della dinamica del delitto estremamente verosimile, sono invece in disaccordo riguardo l'immagine resa del profilo psicologico del serial killer. Secondo me non ha mai avuto intenzione di possedere fisicamente la Pettini, piuttosto voleva a tutti i costi interrompere l'atto che per lui era ragione di scandalo, comportamento che ritroveremo nei delitti succissivi ad eccezione di Baccaiano in cui il s.k.arriva tardi. Una volta estratto il corpo esanime della ragazza dall'auto, un uomo capace di infierire a quel modo col coltello sarebbe stato capace senz'altro anche di possedere post mortem la sua vittima, invece non lo fa, reprime i propri impulsi sessuali e infierisce in modo macabro sulle regioni del corpo della ragazza che lo provocano. Al termine, a rabbia scemata ma all'apice del proprio delirio di follia, viola la ragazza ma sempre attraverso l'uso di un corpo estraneo. Abbiamo quindi un soggetto che per tutto il tempo non tocca le parti intime femminili con le proprie dita ma lo fa con il coltello od altri c. Estranei (vite). Il comportamento di appostamento ed azione rapida e impulsiva da parte del s.k. Secondo me è riscontrabile anche nella maggior parte degli altri delitti. L'assassino cerca di intervenire quando i ragazzi stanno per fare l'amore e non interviene mai per partecipare attivamente all'atto. Questo secondo me già ci esclude tutta una serie di soggetti, i guardoni, che invece si appostavano al solo scopo di trarre libidine dal sesso altrui. Con questo non dico che il s. K. Non avesse un legame "speciale" con la Pettini rispetto alle altre sue vittime, questo è probabile, tuttavia non penso che la sua esitazione nell'ucciderla sia stata dettata dal fatto che volesse palpaggiarla/possederla ma solo dal fatto che era assolutamente scandalizzato di come una ragazza che stimava (e forse idolatrava, santificava) si fosse concessa a certi atti.
    Si deve poi specificare che si intende con "conosceva la vittima", perchè questo assassino potrebbe essersi fissato con la ragazza anche solo per un "buongiorno" da parte di lei o addirittura soltanto osservandola vivere da lontano.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Purtroppo si parla di opinioni, per loro natura difficilmente confutabili, le sue come le mie. A mio giudizio un aggressore che tappa la bocca a una ragazza che urla invece di procedere subito con le coltellate vuole palpeggiarla.

      Elimina
  24. A mio modo di vedere, queste sono supposizioni:

    1)Prima dell’attacco, stette a lungo ad ascoltare i ragazzi mentre litigavano.
    2)Sparò soltanto a Pasquale, colpendo Stefania senza volerlo.
    3)Cercò di palpeggiare Stefania ancora viva.

    Attaccò proprio quando i due fecero pace preparandosi per un rapporto intimo: questo non é diverso dagli altri omicidi, escludendo i soliti Baccaiano, Giogoli, etc.).

    Che ne dici, Antonio?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono supposizioni, ma tutte motivate da indizi, ben illustrati nell'articolo. Che poi gli indizi, a seconda di come vengono valutati, possano portare o no da qualche parte è un altro discorso.

      Elimina
  25. Sono giunto alla conclusione che il 1974 sia il delitto dove si trova la chiave della vicenda e questo credo sia condiviso ormai da quasi tutti gli studiosi. Signa è uno specchietto ingannevole per chiunque: alla fine si fa meglio a metterlo da parte provvisoriamente, perchè è pieno di incognite, a cominciare dal pasticcio di come ci si è giunti.
    Due dettagli rilevano del 1974: la borsa e la vite che vanno letti rispetto all'esordio nella serie maniacale.
    Il fatto di portare via la borsa (a prescindere dal resto) induce a credere che si trattasse di persona che trovava bisogno o piacere negli oggetti delle vittime femminili.
    E' uno che rivive l'esperienza, forse tende ad avere un attaccamento particolare con gli oggetti, certamente di tipo feticistico. In questa linea si può spiegare la logica di portare via la borsa, ma non quella di gettarla che, invece, va interpretata come condotta legata alla volontà di farla ritrovare. Qui, delle due l'una: o fu tutto programmato per indurre a credere che fosse fuggito nella direzione in cui la borsa stava (la tesi di Scrivo, che troverebbe conferma nel getto delle chiavi a Baccaiano, un gesto gemello). Oppure, c'è prima una situazione di impaccio non calcolata per foga, per cui la borsa viene gettata per assicurarsi l'impunità o ridurre i rischi. Allora dobbiamo credere al favorire il ritrovamento il giorno successivo come ad un'anticipazione di temi che si sarebbero poi visti nel 1985: il gioco del gatto col topo, l'interazione con le indagini e, assai probabilmente, il ritorno sul luogo dove erano i cadaveri. (segue)

    RispondiElimina
  26. (Segue) Sulla vite - e dispiace parlarne per ovvi motivi - si coglie una condotta determinante per l'interpretazione della personalità dell'assassino: deflorare in tal modo la vittima dà un'impressione forte di gesto mancato, di succedaneo dell'azione da parte dell'uomo. Come se non avesse potuto o non avesse voluto fare lui. Questo per me si lega coerentemente a tante cose: conosceva la vittima femminile (vedi gli argomenti svolti nella ricostruzione di Segnini e ce ne sono anche altri); ne era attratto ed era all'esordio della maniacalità compiuta e agita (qualunque cosa si pensi di Signa, questo è un fatto). Quindi se pure aveva un rituale, qui lo stava formando e indirizzando. C'è sicuramente lo sfregio e la rabbia contro la povera Pettini. Il fatto che l'abbia uccisa con il coltello, unico caso, può voler dire proprio che aveva intenzione istintiva e intento iniziale di interagire con la donna. Da lì in poi non più. Ora con ragionevole dubbio, si possono trarre le seguenti deduzioni, ovviamente di senso criminologico e caratteriale, tenendo presente che noi sappiamo il seguito, lungo e sanguinoso, che fino al 1981 inoltrato nessuno sapeva. (Segue)

    RispondiElimina
  27. (segue) L'individuo è solo. Perchè immaginare un non agito sessuale di una coppia di assassini è piuttosto arduo. Era uno che conosceva bene i luoghi e che aveva molto tempo, in quelle condizioni, per fare appostamenti a vuoto, rivelatisi cioè non riusciti e vani. Oppure - e non cambia - in grado di seguire le vittime. Dimestichezza alta con i luoghi e probabile vicinanza territoriale se non di vita, almeno di lavoro (altrimenti si dovrebbero ipotizzare strane ipotesi sul come aveva individuato la coppia e su questi appostamenti per lui certamente più difficili). E' uno relativamente giovane dal profilo autonomo: cioè è già un killer (non ancora serial) organizzato; ma ignora cosa fare della vittima femminile. Come se lo confondesse, non avesse dimestichezza con le donne, o con una donna come la Pettini, emancipata, bella, desiderata, urbanizzata, ormai "moderna" (l'estate in vacanza in relativa autonomia). Quindi tirando le fila: solo, abbastanza giovane e inesperto, con abitudine alla campagna - e forse a quella campagna - con conoscenza dei luoghi almeno media, già organizzato e quindi non in preda a raptus improvviso (si è portato la pistola e non la ha mai usata fino a quel momento, salvo Signa per chi ci crede) - attratto dal deturpare il corpo femminile a morte avvenuta e nel cercare e portare via (la borsa e molto probabilmente altro)- uno così non colpisce lontano dai luoghi conosciuti, anche perchè non pensa affatto ad un serie, non sente un raptus incontrollabile ad uccidere (almeno fin qui). Cioè è uno che si riesce a compensare facilmente e in modo duraturo (bisognerà aspettare il 1981, per l'inizio della sequenza vera e propria).

    RispondiElimina
  28. Segue: uno degli errori che secondo me si fa sul 1974 (e che, ancora una volta, Segnini riesce ad evitare) è di non tenere conto quanto sia importante l'esordio per un lust murder o anche per un omicida di tipo imitativo, ma discretamente organizzato. Si deve muovere dall'idea che lui, in quel momento, non ha ancora la prospettiva di quel che diverrà in seguito, E' cioè una prima volta in cui porta l'arma con sé e probabilmente non è certo sin dal principio di quel che farà. In altre parole, si può ipotizzare che non fosse la prima volta che usciva con l'arma con l'ipotesi di usarla in quel modo. Si può anche credere che avesse spiato quella coppia già altre volte, nello stesso luogo. Questo peraltro conferisce forza alle tesi di chi vede nel 1974 il frutto di fantasie sperimentate o addirittura agite in prima persona (o da fiancheggiatore o da spettatore) nel 1968. Tra le molte cose che non vanno, invece, per la tesi del sk unico sin da Signa, qui ne emerge un'altra e cioè il diverso livello di capacità nell'impiego dell'arma da fuoco nei due omicidi. Tra il buono e il brillante a Signa, insufficiente e goffo a Borgo. Poi i tre fronti del voyeurismo, del sadismo e del feticismo qui si vedono distintamente. Onestamente non capisco come ignorare che persone con questo triplice e pronunciato profilo di perversioni (anche se il termine è ormai desueto), nella vicenda che abbiamo di fronte, non sono molte. Per me, certamente due e in maniera marcata. La vicenda della borsa, infine, ci induce a credere che o l'assassino riteneva di rischiare di essere preso, per cui si era posto nei dintorni del delitto durante le ore del ritrovamento al fine di capire l'andamento dei rilievi, oppure trovava una qualche soddisfazione (non rara per la verità nella storia di questo genere di soggetti), nell'ammirare l'esito del proprio agire, nel sentirsi protagonista senza che gli altri sappiano delle sue responsabilità. Sottolineo che questo tratto, nei sk organizzati, è frequentissimo e corrisponde all'altro - che invece in dottrina si illustra più spesso - che si riassume nella vulgata per cui "alla fine più o meno coscientemente vogliono farsi prendere" per vedersi riconoscere quelli che i soggetti in questione possono ritenere i propri meriti criminali.

    RispondiElimina
  29. Buongiorno chiedo a lei perchè so che conosce la vicenda piu di tutti. Dopo questo delitto venne fatto subito il collegamento col delitto del 74? Da chi? In quali modalità? Che documentazione abbiamo? Non riesco a trovare il punto del blog dove ne parla.
    Grazie se mi risponderà
    Emiliano

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' questo il delitto del '74. Se si riferisce al collegamento di questo con il delitto del '68, venne fatto nel 1982, dopo Baccaiano. Può trovare qui con quali modalità:

      https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2017/10/il-biglietto-del-maresciallo-fiori.html

      Se invece si riferisce al collegamento del successivo di Scandicci con questo di Borgo, avvenne subito. I giornalisti lo scrissero già alla prima uscita, i magistrati, prima di dichiararlo pubblicamente, attesero i risultati della perizia balistica. Se va qui

      http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2019/09/la-nuova-emeroteca.html

      nel giugno '81 trova i relativi articoli.

      Elimina
    2. Si scusi intendevo il collegamento 81-74 ! Grazie mille gentilissimo
      Emiliano

      Elimina
  30. Avendo più tempo a disposizione in questo periodo di pandemia ho cominciato a leggere la vicenda in maniera più approfondita rispetto ai libri consueti già letti negli anni precedenti.Complimenti per il blog che appare molto esaustivo anche per le accurate ricostruzioni.
    Il tema della borsa abbandonata lungo la strada secondo me va approfondito. Dalla precisa ricostruzione si evince che l'esecutore del delitto (sia nello spostare i cadaveri ,sia nella azione omicidiaria con l'arma da taglio nei confronti della ragazza, sia nel trasporto e nei successivi colpi di coltello) deve per forza essersi macchiato abbondantemente con il sangue delle vittime e (anche se come proposto si è pulito) la pulizia non potrà essere mai perfetta. Pertanto non è possibile che sulla borsa non vi siano delle tracce di sangue. Non è infatti possibile che in un luogo come quello del delitto sia stato possibile eseguire una pulizia cosi accurata da fare scomparire completamente il sangue. Se invece ci fossero 2 persone presenti al delitto una potrebbe avere assistito senza partecipare e quindi senza sporcarsi e avere preso e gettato dal finestrino destro dell'auto la borsa mentre l'indumento intimo viene gettato dal finestrino sinistro.

    RispondiElimina
  31. La borsa della bettini e i vestiti trovati adagiati puliti, vicino alla macchina, senza macchie di sangue suggerisce l'ipotesi che il mostro abitava vicino alla scena del crimine. Ha ucciso poi è tornato a casa si è ripulito e poi tornato sulla scena del crimine per depistare.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Stefania Pettini, innanzitutto. La prossima volta metta una sigla per farsi riconoscere.
      Addirittura tornare a casa per ripulirsi e tornare per metter fuori vestiti e buttare nel campo la borsa? Non le pare uno scenario un tantino fantasioso? Come andare da Milano a Venezia passando da Roma. Penso che un fazzoletto come si usava portarsi dietro una volta sarebbe stato più che sufficiente per ripulirsi le mani.

      Elimina
  32. Ricevo da FrancescoG
    -------------------------------------
    Ho paura che riguardo a questo caso, e a diversi altri fra i delitti del Mostro, la realtà dei fatti sia sepolta dal tempo, e ci restino (a tutti) solo opinioni, a meno di clamorosi ritrovamenti, che appaiono però improbabili, visto che in sede giudiziaria non vi è più alcun interesse.
    Ecco quindi le opinioni che mi portano a non considerare Lotti nel novero dei possibili autori dei delitti del ‘74:

    Lo spostamento in motorino: anche se l’ipotetico mezzo avesse avuto una velocità massima di 70 km/h, e fosse stato estremamente performativo (date le disponibilità economiche del Lotti ne dubito fortemente) fra salite e curve si parla di un’ora e mezza all’andata e un’ora e mezza al ritorno. Se ti imbarchi in un’avventura del genere a mio avviso non vuoi semplicemente andare a fare una ricognizione ed eventualmente colpire (come potrebbe fare chi si sposta più comodamente in macchina), ma devi avere un obiettivo ben preciso o una conoscenza pregressa dei luoghi dove si appartano le coppiette in quella località del Mugello. E qui la faccenda si complica.
    Perché si implica o un interesse precedente per la Pettini e successivi pedinamenti fino a/in Vicchio (la testimonianza secondo cui alla stazione di Firenze la Pettini si sia sentita seguita può mettere in sospetto solo chi non sa che ambientino fosse la stazione di Firenze in quegli anni - io a Firenze ci sono nato e ci vivo -), o un’esplorazione continuativa e per forza notturna dei luoghi per sapere come muoversi (e fatta sempre in motorino). Quindi o Lotti pedina la Pettini (senza essere notato, in un paese come Vicchio? O come Pesciola?) e la sera del delitto deve essere tanto veloce e scaltro da riuscire, con il suo motorino, a stare al passo dell’auto del Gentilcore per vedere dove vanno, o fa avanti e indietro in motorino (di notte solo in motorino può muoversi) per familiarizzarsi con i luoghi dove si appartano le coppiette, o addirittura fa entrambe le cose.
    Lo vede quanto sia enormemente problematica questa dinamica? Tanto più che viaggiare in motorino espone al riconoscimento fisico in maniera assai maggiore di quanto non esponga il viaggiare in macchina.
    La borsa della Pettini: chi ne ha visto la foto si sarà reso conto che le dimensioni sono più simili a quelle di una piccola valigia, e per di più è chiara, con una fantasia che sembra a fiori, chiaramente femminile. Se il Mostro si è mosso in macchina, in un primo momento può aver pensato di portarla via, ma poi l’ha gettata perché si è reso conto che sarebbe stato impossibile spiegarne il possesso nel caso in cui l’auto fosse stata fermata a un posto di blocco. È vero che il Mostro in seguito con ogni probabilità porterà sempre via in macchina i feticci risultanti dalle escissioni, ma quelli sono: 1) essenziali al suo operare, e quindi vale la pena correre dei rischi per averli a disposizione (quale che sia il motivo scatenante o la finalità delle escissioni), 2) per le dimensioni molto più facilmente occultabili in macchina rispetto alla borsa-valigia della Pettini, che per di più come feticcio vale poco o niente. Chi come lei crede che il Mostro non fosse un Lust Murder, può anche pensare che si disfacesse dei feticci dopo pochi chilometri (tranne quelli della lettera) se riteneva che fosse pericoloso portarseli dietro. Se il Mostro si è mosso invece in motorino, la possibilità di portare via la borsa della Pettini non può avergli neanche attraversato l’anticamera del cervello, se vedi un uomo in motorino con un’enorme borsa chiaramente da donna, il minimo a cui pensi è un furto, e lo pensa chiunque ti veda, non per forza un carabiniere o un poliziotto. Ergo, a mio avviso non era in motorino anche per questo motivo, se lo fosse stato non l’avrebbe presa mai, neppure per ripensarci e gettarla via dopo 300 metri.

    Segue

    RispondiElimina
  33. I vestiti: non so se chi ci legge ha idea della quantità di sangue e della forza con cui quel sangue sgorga, nel caso di coltellate come quelle inferte dal Mostro alla Pettini ancora viva. Il Mostro doveva essere ricoperto di sangue dalla testa ai piedi. Aveva un ricambio totale? Se sì (e considerando le facoltà di Lotti ritengo che non potesse avere una progettualità tale da prevedere questa eventualità), dove ha messo i vestiti sporchi? Come ha fatto a lavarsi completamente (anche i capelli dovevano essere in larga parte zuppi di sangue)? Se in quelle condizioni poteva essere un azzardo lasciare la scena del delitto anche in macchina (per quanto “ripulito”, non poteva esserlo del tutto) fare un’ora e mezza di viaggio in motorino (non poteva aspettare comunque l’arrivo del giorno), esposto alla vista di chiunque, è un’eventualità incredibile.
    La pistola: questa considerazione riguarda i delitti del Mostro in generale. Sono portato a credere che il Mostro conoscesse le armi e sapesse usare la pistola da prima di iniziare la serie di omicidi conosciuti come i “delitti del Mostro”, o che in ogni caso abbia fatto pratica con un’arma diversa dalla Beretta degli omicidi, un’arma troppo calda, troppo compromettente per usarla anche per esercitarsi, e che doveva essere adoperata, come “marchio di fabbrica”, solo per gli omicidi seriali. Ma non si hanno notizie di simili pratiche in riferimento a Lotti.

    I punti che ho elencato, sommati o incrociati, a mio avviso consentono di escludere che Lotti possa essere l’autore del delitto del ‘74. Un’apertura potrebbe essere ammissibile nel caso si verificasse che Lotti aveva la possibilità di soggiornare in quella zona del Mugello nel ‘74. Ma sarebbe necessario un riscontro oggettivo, un “si dice” non sarebbe sufficiente ad avvalorare la tesi di Lotti possibile assassino del Gentilcore e della Pettini.

    Infine, considerati i mezzi, che non sono quelli di un organo di polizia o giudiziario, vorrei farle i complimenti per il suo lavoro eccezionale, di grandissima qualità. Davvero impressionante.

    RispondiElimina
  34. Prendo atto delle sue osservazioni, ma non le ritengo in grado di escludere che Lotti, a bordo del suo motorino, possa essere andato a uccidere la coppia di Borgo.
    Inizio dalla borsa, dove lei pare non comprendere che proprio la sua dimensione e il ritrovamento sul lato destro della via di fuga, a cinque metri, depongono per un pentimento e un lancio dal motorino. Si legga la mia ipotesi su questo stesso articolo.
    Per il resto. La persona che seguì la Pettini poteva essere chiunque, resta il fatto che aveva un'età presunta identica a quella di Lotti, e le aveva fatto paura. Ritengo che un tipo come Lotti potesse far paura a chiunque, al contrario di certi altri bassi e poco prestanti.
    Dopo aver scoperto dove abitava la Pettini, della quale poteva essersi invaghito a distanza, che cosa avrebbe impedito a Lotti di partire il pomeriggio e farsi un giro in zona con il suo motorino? In fondo al lato desto del blog, usando un computer, lei può vedere il motorino che avevo io nel 1969. Può stare tranquillo che con adeguati rapporti da strada, che peraltro dopo un po' montai, farci 60 km in un'ora non risultava affatto difficile. Una volta che fosse stato in zona, scoprire che il sabato sera la ragazza si appartava nel campo di Rabatta non era difficile. Dal suo diario si sa che il posto era sempre quello.
    Che dopo le coltellate l'assassino fosse inzuppato di sangue dalle scarpe ai capelli mi pare davvero un'esagerazione. Tale enorme quantità di sangue avrebbe dovuto imbrattare totalmente anche il corpo della ragazza, e le foto non lo dicono. Poi su dei vestiti scuri non è che il sangue si vedesse troppo.
    Insomma, gli elementi che lei porta non bastano a escludere Lotti dai sospetti di essere il Mostro, su di lui ci sono elementi pesanti. Se lei mi avesse dimostrato che in quei giorni del '74 Lotti era all'estero avrei dovuto prenderne atto e rivedere tutta la mia ricostruzione, ma così francamente credo che non devo rivedere nulla. Niente avrebbe impedito a Lotti di essere anche l'assassino del '74, anzi, la questione della borsa e l'età della persona che seguì la ragazza a Firenze sono indizi contro di lui, deboli quanto vuole, ma comunque sempre indizi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Aggiungo che imparare a sparare con una .22 semiautomatica non è che servono mesi di esercizio. Ne possiedo una anch'io. Praticamente non ha rinculo e sbagliare la sagoma di un uomo a 10 metri è quasi impossibile. È più facile sparare e colpire con la 22 che con una pistola ad acqua. Actarux

      Elimina
    2. Anch'io ho sparato con la 22, e confermo che non ha quasi rinculo.

      Elimina
  35. Grande ricostruzione, davvero tanti complimenti, non era affatto facile ipotizzare una ricostruzione partendo da zero perché quella di Zuntini come hai ben detto non è affatto attendibile.

    RispondiElimina
  36. SCUSATE, PROVO A CHIEDERE SE QUAKCUNO SA DARMI INFORMAZIONI______ANCHE SU COME TROVARE NOTISIE, DOCUMENTI RIGUARDANTI LA CONDANNA PER OMICIDIO COLPOSO DEL PADRE DI PASQUALE GENTILCORE_____CHE NEL 1947 fu CONDANNATO A OTTO ANNI. MI INTERESSA SIA L'OMICIDIO, CHE IL PROCESSO, CHE IL CARCERE IN CUI FU DETENUTO____GRAZIE

    RispondiElimina
  37. Buongiorno Antonio, spero di trovarti bene.
    Volevo condividere con te un'impressione che mi e' tornata in mente qualche giorno fa, e di cui sono riuscito a localizzare solo adesso l'audio relativo in udienza.

    Premesso che nella ricostruzione dei fatti questo omicidio ha un'importanza fondamentale, essendo il primo commesso dal Mostro, soprattutto per il modo diverso in cui e' stata trattata la vittima (tu stesso fai riferimento a un concetto di "esplorazione" del corpo della vittima).

    Mi viene quindi da pensare che per il Mostro questo omicidio sia stato una sorta di spartiacque, e come tale porti con se' un bagaglio di ricordi, emozioni e sensazioni non indifferente, magari anche per un rapporto piu' stretto con la vittima (e la tua ricostruzione va in questa direzione).

    A mia memoria (e se sbaglio, che qualcuno mi corregga pure), nel dibattimento e' stato chiesto solo a una volta a Giancarlo Lotti di parlare di questo omicidio, https://youtu.be/XROHgMfFzmM?t=3028 (minuto 50:28), dall'avvocato Filasto':

    (trascrizione da insufficienza di prove, purtroppo nel commento non ci sta tutta, http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2014/09/giancarlo-lotti-processo-contro-mario_16.html)

    Avvocato Filastò: Sì. Ora, a proposito della domanda che le ha fatto poco prima il suo difensore, l'avvocato Bertini, lei ha detto che il Vanni le aveva parlato d'aver fatto gli omicidi precedenti. E' così?
    Giancarlo Lotti: Quelli innanzi?
    Avvocato Filastò: Sì.
    Giancarlo Lotti: No, questo non... solo uno e basta, gli altri un so niente io.
    Avvocato Filastò: Solo quello di Calenzano? E di un omicidio avvenuto nel '74 a Borgo San Lorenzo gliene aveva parlato Vanni?
    Giancarlo Lotti: No.
    Avvocato Filastò: No?
    Giancarlo Lotti: Perché io c'ho avuto la mamma fino al '75 sicché queste cose non so niente.

    Se hai modo di ascoltare l'audio, la reazione di Lotti e si' stizzita come molti altri confronti con Filasto' e Mazzeo, ma e' molto piu' categorico nel negare, non si limita a un classico ruolo passivo del tipo "eh ma se mi ha detto solo quello, io che ne so, come faccio a saperlo se non me lo dicono".

    Anche la scusa usata all'inizio sembra specifica per smarcarsi:
    Avvocato Filastò: Solo quello di Calenzano? E di un omicidio avvenuto nel '74 a Borgo San Lorenzo gliene aveva parlato Vanni?
    Giancarlo Lotti: No.
    Avvocato Filastò: No?
    Giancarlo Lotti: Perché io c'ho avuto la mamma fino al '75 sicché queste cose non so niente.

    L'uso dell'anno e di un testimone (la mamma) non e' casuale, sembra quasi creare un debole alibi a un coinvolgimento diretto, a una domanda che invece presupponeva una conoscenza indiretta (attraverso Vanni).

    Grazie come sempre per il tuo lavoro.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Damiano, scusa il ritardo.
      Penso anch'io che l'omicidio del '74 sia un'altra cosa rispetto ai successivi. Ebbe motivazioni quasi comuni, me una gelosia malata verso una persona conosciuta solo unilateralmente. Il futuro Mostro avrebbe anche potuto fermarsi lì. Di lì in avanti dovette essersi creato a suo modo una vita sessuale più reale, come dimostra il differente comportamento verso Carmela De Nuccio, il cui corpo non costituì neppure lontanamente l'oggetto sconosciuto del '74.
      La storia di Lotti ci si incastra molto bene, poiché in effetti proprio alla seconda metà degli anni '70 dovettero risalire le sue prime esperienze con prostitute, prima andando in bus a Firenze, poi in macchina (dal '77), forse aiutato dalla presenza di Pucci, suo unico vero amico.
      La risposta a Filastò sembra una giustificazione eccessiva, sono d'accordo, poiché sarebbe bastatao affermare che Vanni non gliene aveva parlato. La tua osservazione è ottima.

      Elimina