Secondo il giudizio di un
“mostrologo” che stimo molto, il mio articolo sui dossier di Francesco Bruno è
stato sin troppo superficiale e anche eccessivamente critico. Posso senz’altro
accettare il primo appunto, non avendo avuto il coraggio di addentrarmi nella
complessa successione di ragionamenti del criminologo, ma non accetto il
secondo, poiché detti ragionamenti sono deboli e non portano ad alcun risultato
di validità pratica. In ogni caso mi sono convinto che vale la pena dar loro un’altra
occhiata, anche perché le teorie di Bruno su un assassino in preda a una
febbre punitrice di natura religiosa hanno ancor oggi un certo seguito tra gli
appassionati. A questo proposito esaminerò con sufficiente attenzione il documento
preparato nel 1994 per la difesa Pacciani, l’unico disponibile in rete. Si
tratta di un PDF di una quarantina di pagine, il maggior numero delle quali,
quelle che qui interessano e che si presume siano in parte una replica in parte
un adattamento dal dossier del 1985-1986, sono dedicate alla definizione di un
possibile ritratto del Mostro, che per Bruno è in sintesi il seguente:
L'assassino si configura come una persona
"al di sopra di ogni sospetto", quasi certamente dall'intelligenza
elevata, di buon livello culturale, socialmente integrato ed oggetto di stima,
se non di ammirazione per la sua condotta di vita integerrima e morigerata,
animata fanaticamente da un ideale di probabile natura religiosa.
È chiaro che tutto il
ragionamento relativo ai cinque messaggi lasciati dopo il delitto degli Scopeti dipende dall’immagine sopra tracciata, in particolare quella di un soggetto sia
intelligente e di buon livello culturale, in grado quindi di comunicare attraverso
elaborati enigmi, sia mosso da una fanatica religiosità, della quale i presunti
enigmi apparirebbero intrisi. Viceversa, se la pistola fosse stata impugnata da
un disadattato privo d’istruzione e poco amico del Vangelo il complesso
ragionamento di Bruno cadrebbe miseramente. A questo punto è necessario
domandarsi quali fossero gli elementi che portarono il criminologo verso quelle
convinzioni.
Partiamo dalle caratteristiche di
elevata intelligenza e buon livello culturale. Chi scrive non ha rintracciato
nel documento alcuna motivazione valida a suffragio di tali presupposti; e non
è difficile capire il perché. In primo luogo pare evidente che per sorprendere
nel buio di un bosco o della campagna una coppietta appartata, ucciderla e
sparire nel nulla, di sicuro non c’è bisogno di un’intelligenza diabolica. In
secondo luogo il Mostro non aveva mai lasciato alcuna traccia dalla quale
poterne dedurre un alto livello culturale, come ad esempio un messaggio ben scritto
o ben recitato. L’unico messaggio certo attribuibile a lui è la lettera con il
lembo di seno, uno dei cinque presi in esame da Bruno per decrittarvi
fantomatici enigmi. La mancanza di un testo non aiuta a risalire al livello
culturale del mittente, però quel che c’è porta a immaginare un soggetto poco
a suo agio con la parola scritta, e anche poco preciso.
Ci si è sempre
focalizzati sulla mancanza di una “B” in “REPUBLICA”, magari leggendovi strani significati
come fa lo stesso Bruno, ma esistono altri elementi anch’essi significativi. L’errato
uso del maschile “DOTT.” al posto dei femminili “dott.ssa” oppure “dott.sa”
indica persona di basso livello culturale, confermato dall’anteposizione del
cognome al nome in “DELLA MONICA SILVIA”. Firmarsi o qualificarsi con cognome e
nome rivela una certa ignoranza accompagnata da tendenza al servilismo,
quest’ultima indicata anche dall’inutile e quindi evitabile “DOTT.” (in fin dei
conti il non metterlo sarebbero stati ritagli in meno da cercare e appiccicare).
Ma forse il particolare che più
rimanda a un soggetto in possesso al massimo di licenza elementare è il
trattino per l’accapo messo dopo “REPUBLI”. Già si può rilevare della goffaggine
nel non aver provato le lunghezze prima di procedere all’incollaggio e comunque
nel non aver scelto dei caratteri più piccoli, in modo da scansare il troncamento (goffaggine confermata dall’andamento tutt’altro che rettilineo
delle scritte). Ma soprattutto: chi si sognerebbe di utilizzare un inusuale e
inutile trattino in un indirizzo, se non un soggetto ancora condizionato dal timore
di un brutto voto della maestra?
Dunque un assassino per il quale non
esiste alcuna prova che possa farlo ritenere molto intelligente e istruito, anzi, ne esistono di contrarie in virtù dell'unico suo documento scritto. Ma neppure
esiste prova di una sua particolare religiosità tale da far inquadrare i
delitti delle coppiette e le mutilazioni delle ragazze nel contesto di un
fervore punitivo contro la sessualità fuori dal matrimonio. Su questo tema, però, il documento di Bruno cerca almeno di fornire qualche giustificazione e trovare
qualche pezza d’appoggio.
L'assassino presenta una forma di
attrazione-ripugnanza per il corpo della donna che, evidentemente, giudica
"sorgente di peccato" e "ricettacolo del demonio"; egli, pertanto,
mutila la donna degli organi che maggiormente sono oggetto di desiderio da parte
dell'uomo.
L'assassino coglie le coppie nell'atto dei
preliminari amorosi; l'omicidio acquista una valenza di punizione ed allo
stesso tempo di martirio liberatorio. Attraverso la mortificazione delle carni
egli dona alle sue vittime sventurate la vita eterna e la santificazione.
L'asportazione degli organi è di natura
simbolica così come simbolico e dimostrativo può essere il valore cosciente
degli omicidi.
L'assassino si presenta come il flagello del
"peccato" e dei "peccatori"; egli, infatti, ha ottenuto lo
scopo di ridurre grandemente i convegni amorosi delle coppiette che, evidentemente,
lo disturbano fortemente nelle sue convenzioni paranoicali.
L'assassino agisce con calma e padronanza
senza tradire la minima eccitazione sessuale; egli si scompone soltanto quando
qualcosa tende a sfuggire al suo controllo ed allora interviene a ripristinare
l'ordine sconvolto ed il suo dominio di onnipotenza indulgendo ad atti
simbolici che hanno proprio tali significati (spara sui fari dell'auto, pugnala
cento volte la ragazza ancora in vita, lancia lontano le chiavi, ispeziona e sconvolge
l'ordine degli oggetti).
Si tratta di affermazioni molto
forzate, frutto soltanto di personali convinzioni e interpretazioni dalle quali
è lecito dissentire. Il fervore religioso per il quale l’assassino avrebbe donato
“alle sue
vittime sventurate la vita eterna e la santificazione” non traspare
in alcun modo dalle scene dei crimini. E non si comprende perché dovessero rivestire
valore simbolico e non pratico gesti come lo sparare ai fari dell’auto di Paolo
Mainardi o frugare un paio di borsette. Ma dove le affermazioni di Bruno
diventano davvero gratuite se non ridicole è appena dopo, quando elenca “indicazioni
religiose dirette”:
1. La scelta delle date (il II delitto,
importante nella dinamica psico-patologica) è stato compiuto il giorno dell'
Esaltazione della S.Croce; il III è compiuto il giorno della Trasfigurazione di
N.S. (Sacro Cuore di Gesù); il VII è compiuto il giorno di S.Marta Vergine e
l'VIII il giorno della Natività di Maria Vergine;
2. Il tralcio di vite posto fra le gambe della
Pettini nel II delitto sembra richiamare quanto esposto nel Vangelo di Giovanni
15,1,5 "Gesù disse ancora : "Io sono la vera vite, Il padre mio è il
contadino, Ogni ramo che è in me e non dà frutto egli lo taglia e getta via, e
i rami che danno frutto, li libera da tutto ciò che impedisce frutti più abbondanti...
Io sono la vite, Voi siete i tralci. Se uno non rimane unito a me è gettato via
come i tralci che diventano secchi e che la gente raccoglie per bruciare";
3. La mancanza di immagini sacre sulla scena
dei delitti. Nel VII delitto l'assassino rompe la catenina della Rontini per
portarne via il Crocefisso.
Insomma, secondo Bruno non
sarebbe stato un caso che Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore fossero stati
uccisi proprio il 14 settembre, poiché in quel giorno il calendario commemora
la croce di Gesù! Come si vede la forzatura è notevole: a parte il non chiaro
significato simbolico della ricorrenza, che fosse anche un sabato e che i due
poveretti si appartassero soltanto di sabato non sembra rivestire alcuna
importanza per il criminologo. Insomma, se quell’anno l’ “Esaltazione della
Croce” fosse caduta di venerdì come si sarebbe regolato l’assassino? Le altre
ricorrenze si commentano da sole.
Nel punto due Bruno raggiunge il
massimo del ridicolo. Al limite il discorso poteva rivestire una qualche
validità teorica se quel tralcio di vite l’assassino se lo fosse portato da
casa; ma invece si era arrangiato con quello che aveva trovato sul posto, che
guarda caso era a qualche metro da un vigneto. A quale passo del Vangelo
sarebbe giunto Bruno se accanto vi fosse stato un uliveto e il corpo della povera Stefania
fosse stato violato con un rametto d’ulivo?
Riguardo il punto tre, c’è da
dire che forse in alcuni casi l’assassino potrebbe anche essersi procurato dei souvenir strappando le catenine delle
proprie vittime, però Giovanni Foggi al collo aveva un crocefisso, e quello rimase
al suo posto.
Prima di chiudere, esaminiamo qualcun’altra
delle sciocchezze scritte da Francesco Bruno nel suo dossier del 1994, che non
sono soltanto di natura religiosa. Nel capitolo “Analisi numerica”, ad esempio,
vengono compilate delle tabelle con le quali si tenta di estrarre informazioni
da alcune variabile numeriche: date e intervalli tra un delitto e un altro, età
delle vittime, distanze dei luoghi da Firenze, numero dei colpi esplosi e delle
coltellate inferte. Su di esse vengono “operati semplici calcoli statistici quali: il calcolo dei
valori medi e delle deviazioni standard, le correlazioni,le variabilità, la
riduzione in punti standard”. Ecco il risultato:
tenendo conto che la variabilità è una misura
indiretta della casualità degli eventi, se ne può dedurre, che pur nell'ambito
di decisioni omicidiarie sempre soggettive e determinate, l'assassino abbia
espresso il massimo di scelta determinata (con minore incidenza di elementi
casuali) nei delitti 3,4,7 e segnatamente nel 4° delitto (Baldi - Cambi).
Dunque, secondo Bruno i numeri da lui analizzati portano
a pensare che il delitto di Calenzano sarebbe stato quello meno casuale di tutti, quindi
più studiato e meglio pianificato. Ebbene, è esattamente il contrario. Susanna Cambi e Stefano Baldi
si erano appartati mentre la ragazza veniva riportata a casa a fine serata, in
una situazione che meno prevedibile non avrebbe potuto essere. La sosta doveva
essere breve, come testimonia l’auto ritrovata in mezzo al viottolo, in una
posizione che impediva il transito a eventuali altre. Probabilmente la coppia
aveva voluto soddisfare un bisogno nato al momento, dopo una cena con la
famiglia di lui, quindi in un contesto che il Mostro non avrebbe potuto
prevedere per nulla. Ma forse l’errore di Bruno fu quello di non aver tenuto
conto di altri numeri importanti, come la lunghezza dei capelli delle vittime e
la cilindrata delle loro auto, ad esempio. In ogni caso si può senz'altro dire che con i numeri ci acchiappava di più Gabriella Carlizzi...
Le sciocchezze proseguono nel
capitolo “Analisi
topografica”, nel quale si tenta di individuare la residenza dell’assassino.
Si parte dal presupposto che essa si trovi nella zona a est di Firenze, dove
non avvennero delitti, con un ragionamento che ha una propria logica nell’immaginare
un soggetto prudente, quindi attento a non colpire mai troppo vicino casa. Però
si potrebbe immaginare anche il contrario, cioè un soggetto che almeno qualche
volta colpì nella propria zona, dove più era presente e dove più era facile trovare
occasioni da cogliere al volo, come nel caso delle vittime straniere.
Una volta ipotizzata la zona, Bruno si spinse ancora oltre, armandosi di riga e squadra per individuare
addirittura il paese.
Tracciando sulla carta tutte le diverse
perpendicolari mediane rispetto alle linee di maggiore interesse (quelle che
uniscono i luoghi più esterni, gli assi principali) costantemente si vengono a delimitare
2 zone in cui le linee sembrano incrociarsi più frequentemente, la prima di
queste zone (3 incroci) comprende i paesi di Sieci e di Pontassieve, la seconda
di molto interesse (6 incroci) comprende i paesi di Bagno a Ripoli e Meoste.
Se il metodo seguito è giusto appare altamente
probabile che l'Assassino, oltre che nella città di Firenze abbia soggiorno o
residenza, nell'ordine in una delle seguenti località:
- Bagno a Ripoli
- Meoste
- Pontassieve
- Sieci
Se poi si considera anche la località di San
Piero a Sieve da cui l' omicida sceglie di inviare la macabra lettera al
giudice Della Monica e ci si limita a tracciare una linea retta perpendicolare
alla base sud e nord della mappa si scopre che essa incrocia in pieno nella sua
direzione verso Sud solo il paese di Bagno a Ripoli.
Ecco dunque con quali alchimie
geometriche il criminologo arrivò a individuare la probabile residenza del
Mostro nel paese di Bagno a Ripoli, ipotesi della quale trovò conferma nella
mancanza della “B” di “REPUBLICA”!
A questo punto chi scrive ritiene
ampiamente giustificato il definitivo abbandono, senza alcun rimpianto, delle teorie di
Francesco Bruno. Diventa anche più semplice ipotizzare il perché i suoi lavori non arrivarono mai alla Procura, dove si era già chiesta la collaborazione di Francesco De Fazio, le cui due perizie risultano di tutt'altro pianeta.
Viene spontaneo pensare che un assassino capace di non farsi mai catturare sia certamente dotato di un'intelligenza elevata. In realtà non è così: più che di genialità, un serial killer efficace necessita di una dinamica favorevole (come l'uccidere di notte coppiette appartate) e di uno spirito di adattamento e di improvvisazione spiccati.
RispondiEliminaPrendiamo il serial killer statunitense con il maggior numero di vittime accertate, ben 49: Gary Ridgway, il Green River killer.
Prese appena 82 punti al test per la misurazione del QI, 18 sotto la media, collocandosi nel range del ritardo mentale leggero. Eppure riuscì a compiere stragi, indisturbato, per anni.
Non c'è quindi nulla che accerti una particolare intelligenza del Mostro di Firenze.
Naturalmente concordo. Dietro la favola di un Mostro genio del crimine stanno due cose: l'oggettiva difficoltà di individuare un assassino che non aveva legami con le proprie vittime e l'inettitudine delle nostre forze dell'ordine.
EliminaAntonio le ho mandato una mail ma non mi ha risposto. Vorrei sapere quando torneranno on line gli articoli su Narducci.
RispondiEliminaPurtroppo Alessio non ho il tempo di curare i messaggi personali. Non so quando potrò rimettere on line gli articoli su Narducci, in questo momento non ho voglia di rischiare ancora di entrare in polemica con Giuliano Mignini, che tra l'altro mi pare sia andato in pensione, quindi immagino abbia ancora più tempo per mettere il naso negli scritti di un umile blogger. Adesso devo fare altro. In ogni caso lo farò.
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