Sono stato avvertito della pubblicazione di un intervento
(vedi)
del “solito sig. Mignini” – al quale ricordo che dottore sono anch’io – in risposta al mio
ultimo articolo (vedi).
Devo dire innanzitutto che non comprendo il perché l’ex PM non si sia avvalso della
possibilità di un dialogo diretto. In ogni caso pubblico qui il suo scritto,
con una breve replica, ripromettendomi, con la dovuta calma, di preparare un
approfondimento successivo.
Gentili lettori, più volte sono intervenuto in forum e blog, di fronte ad affermazioni di persone la cui incompetenza in ambito giudiziario e investigativo balza all’evidenza sulla base delle loro stesse affermazioni. Quello che colpisce è la presunzione di parlare senza la necessaria preparazione e cognizione dei fatti. E quello che colpisce specie nell’ultimo intervento di cui sono stato informato, del solito Sig. Segnini è la confusione, la prolissità e la conseguente mancanza di chiarezza dell’esposizione. Scrivere tanto non serve a nulla. Bisogna andare al cuore dei problemi e cercare di fare la sintesi di vicende complesse.
Come si fa a tentare di difendere quello che fecero le Autorità il 13 ottobre 1985 sul pontile di Sant’Arcangelo del Trasimeno? Come si fa? Quello che è stato fatto, o meglio non è stato fatto, non si può in alcun modo difendere. C’è stata una messinscena incredibile destinata a perpetuarsi nel tempo.
Niente autopsia, niente foto, niente regolare visita esterna, niente medico legale, nulla osta al seppellimento intervenuto qualche giorno dopo i funerali, da parte del solito magistrato di allora… e a monte non c’erano bazzecole ma la vicenda del Mostro di Firenze. E ora Segnini si avventura sulle telefonate il cui processo si è concluso con una condanna patteggiata e addirittura si mette a disquisire, ho intravisto inorridito, sul dialetto “umbro” che non esiste perché, a semplificare, ce ne sono almeno cinque, diversissimi tra loro. Ma questo è solo un esempio della superficialità che traspare da certi interventi. Anche il più volte citato e osannato gup ternano sabino ha scritto tantissimo. Dimostrando un singolare interesse, in negativo, alla vicenda. Ha scritto tanto e ha impiegato qualche anno tra tutto. La conclusione è che si è prescritto tutto. E ora che rimane di quella “monumentale” sentenza annullata dalla IV sezione della cassazione?
Nessuno ricorda l’unico provvedimento che nessuno è riuscito a smontare, l’ordinanza De Robertis nel procedimento sull’omicidio, n. 1845/08/21.
Se qualcuno organizzerà un incontro in cui questi sostenitori della messinscena di Sant’Arcangelo possano mettere a confronto i loro argomenti con i miei, io lo invito a farlo.
Grazie.
Perugia 8 febbraio 21
Egregio dottor Mignini, vedo che ha evitato di entrare nel merito del mio articolo, nel quale vengono espresse molte perplessità sulla partenza dell’inchiesta Narducci, alcune delle quali assai inquietanti, e che è legittimo chiedersi quanto possano essersi riflesse su quello che è accaduto dopo. Se lei ha letto in fretta, magari con impeto, le consiglio di farlo adesso con più calma, poiché sono molte le domande alle quali le chiederò risposta, qui e in un eventuale dibattito pubblico al quale, con le dovute garanzie, non ho certo intenzione di sottrarmi. Le preannuncio, per esempio, che dovrà spiegarmi come faceva a sapere che, riguardo le irregolarità sulla tumulazione di Narducci, “a monte non c’erano bazzecole ma la vicenda del Mostro di Firenze”. Aveva non dico le prove, ma almeno qualche indizio migliore delle chiacchiere dei perugini e delle ipotesi tutte da verificare di Giuttari e Canessa sui mandanti? Questo, tra l'altro, il mio articolo ha inteso evidenziare, senza affatto disconoscere quelle irregolarità, ma attribuendole più banalmente a un desiderio comprensibile, seppur illecito, di una famiglia affranta. Del resto processualmente la sua inchiesta non è arrivata a nulla, se non ad alimentare le chiacchiere e trasferirle su internet.
Come ho scritto, le risponderò in modo approfondito più avanti, intanto però mi consenta di ribattere su due punti che mi sta a cuore affrontare subito. Il primo. Non ho scritto “dialetto umbro”, ma “parlata umbra”, il che tra l’altro mi conferma la sua eccessiva fretta nel leggere. Come specifica ad esempio il vocabolario online Treccani (vedi), il termine parlata “ha significato più generico e meno preciso che dialetto”. Non so se “parlata umbra” sia una locuzione frequente, di sicuro frequente è la locuzione “parlata toscana”, nonostante nella mia regione un fiorentino e un grossetano parlino in modo sensibilmente differente. In ogni caso non mi pare proprio che la sua osservazione sia in grado di confutare quello che ho affermato nell’articolo: la parlata di un umbro e la parlata di un toscano non si possono confondere, di qualsiasi zona essi siano. Quindi nessuna telefonata di quel toscano che minacciava l’estetista di Foligno poteva essere tra le 20 che sono state periziate.
Veniamo al secondo punto, “la presunzione di parlare senza la necessaria preparazione”. Seppur non illudendomi di valere neanche un millesimo del personaggio di cui si dice, ma rivendicando comunque il diritto di tentare e la speranza di riuscire a veder più chiaro in una vicenda nella quale la magistratura italiana ha fallito, lascio parlare Arthur Schopenhauer, con le parole inserite da C.W.Ceram nel libro Civiltà sepolte riferendole al grandissimo archeologo dilettante Heinrich Schliemann, lo scopritore di Troia e Micene:
Dilettanti! Dilettanti! Così vengono chiamati con disprezzo coloro che si occupano di una scienza o di un’arte per amore di essa e per la gioia che ne ricevono, per il loro diletto, da quanti si sono dedicati agli stessi studi per il proprio guadagno, poiché costoro si dilettano solo del denaro che con tali studi si procurano. Un tale disprezzo deriva dalla meschina convinzione che nessuno possa prendere qualcosa sul serio senza lo sprone della necessità, del bisogno e dell’avidità. Il pubblico ha lo stesso atteggiamento e la stessa opinione: e di qui nasce il suo rispetto per gli “specialisti” e la sua sfiducia verso i dilettanti. La verità è, al contrario, che per il dilettante la ricerca diventa uno scopo, mentre per il professionista rappresenta solo un mezzo, ma solo chi si occupa di qualcosa con amore e con dedizione può condurla al termine in piena serietà. Da tali individui, e non da servi mercenari, sono sempre nate le grandi cose.
Gentili lettori, più volte sono intervenuto in forum e blog, di fronte ad affermazioni di persone la cui incompetenza in ambito giudiziario e investigativo balza all’evidenza sulla base delle loro stesse affermazioni. Quello che colpisce è la presunzione di parlare senza la necessaria preparazione e cognizione dei fatti. E quello che colpisce specie nell’ultimo intervento di cui sono stato informato, del solito Sig. Segnini è la confusione, la prolissità e la conseguente mancanza di chiarezza dell’esposizione. Scrivere tanto non serve a nulla. Bisogna andare al cuore dei problemi e cercare di fare la sintesi di vicende complesse.
Come si fa a tentare di difendere quello che fecero le Autorità il 13 ottobre 1985 sul pontile di Sant’Arcangelo del Trasimeno? Come si fa? Quello che è stato fatto, o meglio non è stato fatto, non si può in alcun modo difendere. C’è stata una messinscena incredibile destinata a perpetuarsi nel tempo.
Niente autopsia, niente foto, niente regolare visita esterna, niente medico legale, nulla osta al seppellimento intervenuto qualche giorno dopo i funerali, da parte del solito magistrato di allora… e a monte non c’erano bazzecole ma la vicenda del Mostro di Firenze. E ora Segnini si avventura sulle telefonate il cui processo si è concluso con una condanna patteggiata e addirittura si mette a disquisire, ho intravisto inorridito, sul dialetto “umbro” che non esiste perché, a semplificare, ce ne sono almeno cinque, diversissimi tra loro. Ma questo è solo un esempio della superficialità che traspare da certi interventi. Anche il più volte citato e osannato gup ternano sabino ha scritto tantissimo. Dimostrando un singolare interesse, in negativo, alla vicenda. Ha scritto tanto e ha impiegato qualche anno tra tutto. La conclusione è che si è prescritto tutto. E ora che rimane di quella “monumentale” sentenza annullata dalla IV sezione della cassazione?
Nessuno ricorda l’unico provvedimento che nessuno è riuscito a smontare, l’ordinanza De Robertis nel procedimento sull’omicidio, n. 1845/08/21.
Se qualcuno organizzerà un incontro in cui questi sostenitori della messinscena di Sant’Arcangelo possano mettere a confronto i loro argomenti con i miei, io lo invito a farlo.
Grazie.
Perugia 8 febbraio 21
Egregio dottor Mignini, vedo che ha evitato di entrare nel merito del mio articolo, nel quale vengono espresse molte perplessità sulla partenza dell’inchiesta Narducci, alcune delle quali assai inquietanti, e che è legittimo chiedersi quanto possano essersi riflesse su quello che è accaduto dopo. Se lei ha letto in fretta, magari con impeto, le consiglio di farlo adesso con più calma, poiché sono molte le domande alle quali le chiederò risposta, qui e in un eventuale dibattito pubblico al quale, con le dovute garanzie, non ho certo intenzione di sottrarmi. Le preannuncio, per esempio, che dovrà spiegarmi come faceva a sapere che, riguardo le irregolarità sulla tumulazione di Narducci, “a monte non c’erano bazzecole ma la vicenda del Mostro di Firenze”. Aveva non dico le prove, ma almeno qualche indizio migliore delle chiacchiere dei perugini e delle ipotesi tutte da verificare di Giuttari e Canessa sui mandanti? Questo, tra l'altro, il mio articolo ha inteso evidenziare, senza affatto disconoscere quelle irregolarità, ma attribuendole più banalmente a un desiderio comprensibile, seppur illecito, di una famiglia affranta. Del resto processualmente la sua inchiesta non è arrivata a nulla, se non ad alimentare le chiacchiere e trasferirle su internet.
Come ho scritto, le risponderò in modo approfondito più avanti, intanto però mi consenta di ribattere su due punti che mi sta a cuore affrontare subito. Il primo. Non ho scritto “dialetto umbro”, ma “parlata umbra”, il che tra l’altro mi conferma la sua eccessiva fretta nel leggere. Come specifica ad esempio il vocabolario online Treccani (vedi), il termine parlata “ha significato più generico e meno preciso che dialetto”. Non so se “parlata umbra” sia una locuzione frequente, di sicuro frequente è la locuzione “parlata toscana”, nonostante nella mia regione un fiorentino e un grossetano parlino in modo sensibilmente differente. In ogni caso non mi pare proprio che la sua osservazione sia in grado di confutare quello che ho affermato nell’articolo: la parlata di un umbro e la parlata di un toscano non si possono confondere, di qualsiasi zona essi siano. Quindi nessuna telefonata di quel toscano che minacciava l’estetista di Foligno poteva essere tra le 20 che sono state periziate.
Veniamo al secondo punto, “la presunzione di parlare senza la necessaria preparazione”. Seppur non illudendomi di valere neanche un millesimo del personaggio di cui si dice, ma rivendicando comunque il diritto di tentare e la speranza di riuscire a veder più chiaro in una vicenda nella quale la magistratura italiana ha fallito, lascio parlare Arthur Schopenhauer, con le parole inserite da C.W.Ceram nel libro Civiltà sepolte riferendole al grandissimo archeologo dilettante Heinrich Schliemann, lo scopritore di Troia e Micene:
Dilettanti! Dilettanti! Così vengono chiamati con disprezzo coloro che si occupano di una scienza o di un’arte per amore di essa e per la gioia che ne ricevono, per il loro diletto, da quanti si sono dedicati agli stessi studi per il proprio guadagno, poiché costoro si dilettano solo del denaro che con tali studi si procurano. Un tale disprezzo deriva dalla meschina convinzione che nessuno possa prendere qualcosa sul serio senza lo sprone della necessità, del bisogno e dell’avidità. Il pubblico ha lo stesso atteggiamento e la stessa opinione: e di qui nasce il suo rispetto per gli “specialisti” e la sua sfiducia verso i dilettanti. La verità è, al contrario, che per il dilettante la ricerca diventa uno scopo, mentre per il professionista rappresenta solo un mezzo, ma solo chi si occupa di qualcosa con amore e con dedizione può condurla al termine in piena serietà. Da tali individui, e non da servi mercenari, sono sempre nate le grandi cose.
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiEliminaGrazie Riccardo
EliminaRiformulo l'intervento togliendo una parola che potrebbe essere ritenuta offensiva.
EliminaSe Mignini non avesse avuto la responsabilità di un ruolo pubblico nella giustizia Italiana ci sarebbe da ridere a guardare le sue azioni e leggere le sue parole; purtroppo le sue azioni hanno devastato le vite di moltissime persone in questa e altre ... indagini. Tornando alla missiva la cosa che trovo più incredibile è nel seguente passaggio: "La confusione, la prolissità e la conseguente mancanza di chiarezza dell’esposizione. Scrivere tanto non serve a nulla. Bisogna andare al cuore dei problemi e cercare di fare la sintesi di vicende complesse". Ecco: imputare a lei Antonio di non essere chiaro, lei che ha una delle scritture più chiare e operative che abbia mai letto è la dimostrazione lampante che in realtà Mignini sta descrivendo se stesso. Ma al di là dei complimenti che non ci servono a molto, vorrei fare notare a Mignini che le sue critiche alle modalità delle forze dell'ordine sul molo del Lago Trasimeno sarebbero assai più convincente se non provenissero da colui che gestì nel peggiore dei modi le indagini sul delitto di Perugia: abbiamo ancora tutti negli occhi immagini come quelle della sua collega che sfonda a calci una porta del luogo nel delitto: scene che a differenza del ritrovamento del corpo di Narducci, possiamo vedere e rivedere con certezza anche su youtube. Un caro saluto, Riccardo.
Antonio continua così! Nella home hai citato i CCCP. Io ti voglio citare una canzone di un musicista a loro strettamente connesso: "E balla bimba, balla con gli skinhead, con i carabinieri, gli uni e gli altri nel corso dei secoli fieri. . . Di essere fieri! E balla bimba. . .
RispondiEliminaGrazie
EliminaPiù che rileggo l'intervento di Mignini più che mi sembra veramente fuori fuoco, forse hai ragione e magari l'ha letto di fretta. Di tutto quello che hai scritto si è indignato per la storia degli accenti? Io, francamente aspettavo sì delle risposte, ma su cose ben più importanti come la telefonata minatoria partita da un commissariato umbro o il fatto che oggi, grazie a questi documenti, possiamo affermare con certezza che l'inchiesta Narducci partì prima delle telefonate alla Falso.
RispondiEliminaCerto che accusarla simultaneamente di superficialità e di incapacità di sintesi dopo un tour de force come questo sulle telefonate (che è come minimo un monumento alla capacità di mettere in ordine quantità immani di materiale complesso) ha davvero dell'incredibile...
RispondiEliminaCredo non abbia neppure letto, non a caso l'ho invitato a farlo.
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