giovedì 15 giugno 2017

La dinamica di Giogoli

NB: Si avverte che in alcune sue parti l'articolo risulta superato dai corrispondenti video.
Giogoli Parte 1: Due uomini e un assassino
Giogoli Parte 2: La dinamica del delitto
Giogoli Parte 3: Quanto era alto l'assassino?

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Il duplice omicidio del 1982 era avvenuto all’inizio dell’estate e con evidente improvvisazione, come se il Mostro avesse avuto fretta di uccidere, forse per lasciarsi il tempo di colpire ancora una volta dopo qualche mese, come aveva fatto l’anno prima. Il risultato però non era certo stato ottimale, anzi, l'individuo aveva corso grossi rischi, senza perlatro portare a termine l’azione per come avrebbe voluto. Nei mesi successivi potremmo pensare che si fosse preso una specie di pausa di riflessione, iniziando dalla rinuncia al secondo omicidio, se mai lo aveva preventivato. La sua prudenza continuò anche nell’estate del 1983, quando del resto, causa le sue stesse imprese, neppure le potenziali vittime si lasciavano andare facilmente a comportamenti pericolosi. Per questi e forse per altri motivi che non conosceremo mai arrivò a settembre senza che avesse ancora trovato l’occasione giusta. Fino a quando non incontrò, molto probabilmente quasi per caso, un furgone con targa straniera.
Uwe Rush e Horst Meyer erano due amici tedeschi di 24 anni che stavano trascorrendo una vacanza avventurosa a bordo di un classico furgoncino Volkswagen Transporter, un mezzo che in quegli anni molti ragazzi attrezzavano a camper, e nel quale anche loro passavano la notte. Secondo una testimone abitante in zona (vedi, ma un documento emerso dopo la stesura di questo articolo la smentirebbe, vedi addendum finale), da una settimana circa avevano scelto di parcheggiare per la notte dentro uno spiazzo erboso situato a fianco della via di Giogoli, una stretta strada asfaltata che portava dalla provinciale Volterrana fino a Scandicci, mentre durante il giorno se ne andavano in giro.
Anche Rolf Reinecke era un cittadino tedesco. Abitava nel residence “Villa La Sfacciata”, il cui ingresso secondario si apriva a meno di un centinaio di metri dal luogo di sosta del furgone. Al mattino di sabato 11 settembre, dopo aver lasciato l'auto in mezzo alla stretta carreggiata, si era avvicinato al furgone (del quale aveva notato la targa tedesca) con l'intento di scambiare due parole con gli occupanti. Ma un'altra auto che non poteva passare lo aveva costretto a tornare sui suoi passi e a desistere. Aveva ripetuto il suo tentativo nel tardo pomeriggio, attorno alle 19.30, scoprendo i fori di proiettile sui vetri e i ragazzi morti all’interno. Probabilmente ingannato dai lunghi capelli biondi di Uwe – ma per molti la sua scelta sarebbe stata consapevole – per la prima e unica volta il Mostro di Firenze aveva ucciso due maschi, nella buia notte di novilunio del giorno precedente, venerdì 9 settembre 1983.
L’intervento delle forze dell’ordine fu molto disordinato, con le gazzelle dei Carabinieri parcheggiate accanto al furgone e un esercito di uomini intento a calpestare il manto erboso prima dell’inizio dei rilievi. A loro volta questi furono molto approssimativi, e al solito condotti senza il minimo coordinamento sia dai Carabinieri sia dalla Polizia Scientifica, quasi che l’intento fosse più quello di esserci che di scoprire elementi utili. La confusione dei risultati sarebbe emersa in tutta la sua imbarazzante enormità durante il processo Pacciani, quando il presidente Ognibene si lamentò più volte ascoltando i racconti del personale intervenuto. È celebre la sua sarcastica battuta di fronte a una foto della scena del crimine affollata di agenti, durante la deposizione del sottufficiale dei Carabinieri che aveva condotto i rilievi: “Maresciallo, mancavano i brigidini e poi era la fiera all'Impruneta”. Al momento di redigere la sentenza il giudice non se ne dimenticò, inserendo queste amare osservazioni:

Lo scarsissimo coordinamento tra gli inquirenti, quando non anche l'agire slegato o, peggio, dissociato ed in contrasto tra loro, l'assoluta mancanza di un programma di intervento sui luoghi dei delitti, con la inevitabile invasione degli stessi da parte di sempre più numerose schiere di intrusi (sfaccendati, curiosi, cercatori di souvenir etc.) e la conseguente dispersione di eventuali prove, per non dire poi anche dei gravi errori, non solo di valutazione, commessi, trovano nella incredibile confusione presente sul luogo dove da poco erano stati rinvenuti uccisi i due ragazzi tedeschi, il punto della loro massima espressione.


Quasi sicuramente, anche se notizie al riguardo non sono note a chi scrive, la valigia e gli altri oggetti che nella foto sopra si vedono a terra furono tirati fuori dalle forze dell’ordine senza troppa cura.

La scena del crimine. Il furgone era stato parcheggiato nello spiazzo entrando di muso, quindi perpendicolarmente alla via di Giogoli, la coda distante sette metri circa dal ciglio della strada. Attorno viti, ulivi e sul fianco sinistro un basso muretto ricoperto da una siepe. I ragazzi avevano modificato il vano di carico fissandovi nella parte posteriore rialzata una pedana che sosteneva un materasso, e su questo sistemavano il necessario per dormire.


L’accesso era possibile attraverso una portiera sul lato destro, a due ante, davanti alla quale si apriva un piccolo spazio con a sinistra i giacigli e a destra un ripiano su cui erano sistemati i bagagli (non è ben chiaro se fosse stato presente anche un portellone posteriore). La cabina di guida e il vano di carico avevano come unico parziale elemento divisorio la spalliera del doppio sedile. Su ogni lato si aprivano quattro finestrini, uno grande sulla portiera anteriore, e tre più piccoli in corrispondenza del vano di carico, i primi due fissi e trasparenti, l’ultimo, vicino alla coda, leggermente basculante e quasi del tutto opacizzato, a parte una piccola striscia sul lato superiore. Il materasso si trovava sotto gli ultimi due.
Gli sportelli del vano guida e l'eventuale portellone posteriore furono trovati chiusi, mentre sull’anta destra della portiera laterale non esistono certezze. Le foto la mostrano aperta, il che però vuol dire poco, vista la confusione dei rilievi. D’altra parte esistono testimonianze contrastanti, come quella di Giovanni Nenci che alla mattina del sabato, verso le 7-7.30, l’aveva vista chiusa, e quella di Reinecke, per il quale sarebbe stata aperta (ma il comportamento di tale personaggio non fu troppo limpido, anche se nulla lo collegava al delitto). In ogni caso il particolare non è di apprezzabile rilevanza.
Sul lato destro si notavano due fori di proiettile, uno sul vetro del penultimo finestrino, che si era fittamente frammentato, uno sull’ultimo, rimasto invece integro. Sul lato sinistro ancora due fori sui finestrini omologhi, con vetri rimasti integri, e un terzo sulla lamiera oltre l’ultimo finestrino.


I cinque colpi che avevano forato vetri e lamiera erano stati tutti sparati dall’esterno verso l’interno, ma dei cinque bossoli corrispondenti ne furono ritrovati soltanto due: uno sul lato sinistro quasi sulla coda a distanza di 110 cm dal mezzo (contrassegno “1” nella prossima foto) e uno sul lato destro verso la cabina di guida, raccolto però quando il furgone era già stato rimosso e del quale non conosciamo in modo preciso la posizione. Altri due bossoli erano dentro il mezzo, uno sul sedile di guida e uno tra coperte e indumenti, a testimoniare l’esplosione di due colpi dall’interno. Pertanto, sommando questi ultimi due ai cinque esplosi dall’esterno, in totale il Mostro sparò almeno – ma quasi certamente anche soltanto – sette colpi.


Sull’erba, in corrispondenza del vertice sinistro del furgone, fu rinvenuta una grossa macchia di sangue, la cui origine era da ricercarsi nel trasudamento, attraverso il pianale, dalle ferite di Uwe, il cui corpo giaceva supino con la testa appoggiata proprio lì sopra. Dalla parte opposta del materasso, verso la cabina di guida, si trovava il corpo di Horst, in posizione bocconi con la testa girata verso destra.


Proiettili e ferite. La perizia balistica Arcese-Iadevito, scaricabile qui, elenca due proiettili completi e un grosso frammento, verosimilmente estratti dal corpo di Horst, due frammenti, uno di dimensioni solo poco minori del precedente e uno molto più piccolo, estratti probabilmente dal corpo di Uwe, infine un proiettile quasi completo ma molto deformato e un piccolo frammento di provenienza incerta, forse rinvenuti a bordo del mezzo. Tutti i proiettili erano del tipo a piombo nudo, come a Scandici, Calenzano e Baccaiano, a parte uno dei due completi estratti dal corpo di Horst che risultò invece del tipo ramato, come quelli di Borgo, dei quali forse la cartuccia era una rimanenza.
Su Horst Meyer furono riscontrate tre ferite d’arma da fuoco.


  • Ferita mortale (1), con proiettile entrato nel fianco destro con direzione dal basso verso l’alto e da destra verso sinistra e finito nel muscolo pettorale sinistro dopo aver attraversato fegato, cuore e polmone sinistro;
  • ferita non mortale (2) al gluteo sinistro, con proiettile diretto verso l’alto arrestatosi nella parete addominale;
  • ferita poco più che superficiale alla nuca (3), con proiettile recuperato tra cute e osso della scatola cranica; la direzione della traiettoria non risulta precisata, quindi la freccia in figura è soltanto indicativa.
Le ferite d’arma da fuoco su Uwe Rusch furono quattro.


  • Ferita di striscio alla coscia sinistra (4);
  • ferita alla mano sinistra (5), con proiettile entrato tra il pollice e l’indice e uscito dalla parte opposta sotto il mignolo, in corrispondenza della cosiddetta “eminenza ipotenar”;
  • ferita alla bocca (6), con proiettile entrato sul labbro superiore sinistro, un frammento del quale si fermò contro l’arcata dentaria retrostante;
  • ferita allo zigomo sinistro (7), unica mortale, con il proiettile che attraversò l’encefalo con direzione da sinistra verso destra e dal basso verso l’alto.
Azzardando una correlazione tra proiettili descritti nella perizia Arcese-Iadevito e ferite, si potrebbe ritenere che i due completi estratti dal corpo di Horst fossero quelli che lo avevano colpito al fianco destro e al gluteo sinistro, mentre il grosso frammento fosse quello che lo aveva colpito alla nuca, a parere di chi scrive di rimbalzo, vedremo il perché. Dei due frammenti associati a Uwe il più grosso, un proiettile quasi completo, potrebbe essere quello entrato nel cranio dallo zigomo sinistro, mentre il più piccolo potrebbe essere derivato dalla frammentazione contro la resistente arcata dentaria del proiettile che lo aveva colpito al labbro.

La dinamica. Rispetto ai casi precedenti, l’azione poneva problemi ben maggiori. Le vittime non si trovavano subito dietro il finestrino di uno stretto abitacolo, e per questa ragione del tutto impossibilitate a sottrarsi alla scarica di pallottole. Il vano di carico del furgone era molto più ampio, con bersagli più lontani e soprattutto potenzialmente mobili. In ogni caso, di fronte a condizioni assai più difficili, il Mostro dimostrò di averne fatta di strada, come sparatore, rispetto alla prova concitata e confusa di nove anni prima a Borgo San Lorenzo, conducendo un attacco tanto audace quanto efficace.
Come ci mostrano le foto, tra il materasso e la parete sinistra del vano di carico restava uno spazio libero nel quale i ragazzi avevano sistemato dei cuscini. Questo perché la loro posizione di riposo era trasversale, un po’ inclinata data la modesta larghezza del vano che non arrivava al metro e settanta, con i piedi vicini e le teste lontane a formare una “V”. L’autoradio fu trovata ancora accesa, quindi almeno uno dei due non dormiva. A questa certezza si aggiunge la probabilità quasi equivalente di una luce interna accesa, anche se i documenti noti non sembrano parlarne. Usando una torcia, infatti, per lo sparatore sarebbe stato quasi impossibile inquadrare adeguatamente i bersagli attraverso i piccoli finestrini laterali.
Considerando gli elementi soprastanti e la posizione dei cadaveri, possiamo presumere che al momento dell’attacco Horst stesse già dormendo o comunque fosse in procinto di addormentarsi, e che Uwe invece stesse leggendo, forse proprio quella rivista che l’assassino avrebbe trasportato all’esterno, lo vedremo. La scena che si presentò al Mostro affacciatosi ai finestrini del lato destro, ricostruita per ragioni pratiche su un normale letto di casa, dovette essere più o meno questa:


Il primo sparo, esploso dal penultimo finestrino, fu quello che colpì Horst al fianco, uccidendolo sul colpo e congelandone il corpo nella posizione in cui si trovava al momento. Il vetro si divise in minutissimi frammenti rimanendo in sede e oscurando del tutto la visuale. In precedenza, in situazioni analoghe, l’assassino aveva continuato a sparare almeno un altro paio di colpi, ma con un bersaglio molto più vicino e molto più facile da colpire a intuito. In questo caso preferì spostarsi a sinistra, sul finestrino accanto, da cui, guardando attraverso la stretta striscia trasparente in alto, sparò ancora contro Horst colpendolo al gluteo sinistro.


Sulla dinamica fin qui illustrata non esistono dubbi, poiché le due ferite al fianco e al gluteo di Horst sono compatibili soltanto con gli unici due colpi sparati dal lato destro, i quali del resto furono senz’altro i primi, poiché non dettero al ragazzo il tempo di compiere  alcun movimento. Il fatto che anche il secondo colpo fosse stato indirizzato verso di lui invece che su Uwe potrebbe spiegarsi con la subitanea reazione di questi, messosi con grande prontezza fuori tiro contro la parete destra, oppure e più facilmente con la volontà del Mostro di neutralizzare del tutto quella che riteneva fosse la minaccia più pericolosa, il maschio. In ogni caso, se non subito dopo il primo sparo, almeno dopo il secondo effettivamente Uwe dovette posizionarsi fuori tiro, costringendo l’assassino a spostarsi dalla parte opposta.
Sugli effetti di ognuno dei tre colpi esplosi dal lato sinistro poco si può dire. Il bersaglio era diventato Uwe, che cercava di non farsi inquadrare muovendosi carponi, come è testimoniato da alcune ferite abrase riscontrate sulla faccia anteriore della sua gamba e del suo ginocchio sinistri. Probabilmente anche qui il Mostro iniziò dal penultimo finestrino, dal quale si godeva della visuale migliore, spostandosi poi sull’ultimo opaco. Infine Uwe si addossò con le spalle all’angolo posteriore sinistro, portando testa e busto fuori tiro e inducendo il Mostro a sparargli alla cieca attraverso la lamiera. Era il quinto colpo. A questa fase concitata dobbiamo associare sia le ferite alla gamba e alla mano sinistre di Uwe, sia quella alla nuca di Horst, che per la posizione proprio sotto i finestrini fu dovuta a un proiettile di rimbalzo, come del resto si arguisce anche dalla scarsa penetrazione del singolo frammento poi estratto. Certo, un proiettile di rimbalzo che colpisce una vittima proprio alla nuca potrebbe sembrare una coincidenza eccessiva, ma così dev’essere per forza, poiché la parte era completamente irraggiungibile da un colpo diretto, data la sua posizione quasi addossata alla parete.
Il colpo sparato attraverso la lamiera fu tutto sommato inutile, e infatti il Mostro non insistette, e cercò un modo per entrare. Purtroppo per Uwe, che in caso contrario avrebbe anche potuto salvarsi, il portellone laterale non era bloccato. Forse non aveva la sicura, considerato che il vano posteriore non era adibito al trasporto di persone, forse i ragazzi avevano dimenticato d’inserirla, oppure lo avrebbe fatto Uwe prima di mettersi a dormire. In ogni caso il Mostro spalancò l’anta destra, inquadrò la testa del ragazzo appoggiata sul fondo e sparò due colpi in rapida successione. La prima pallottola colpì Uwe al labbro superiore, inducendolo a portare la testa un po’ all’indietro, da cui la traiettoria dal basso in alto della seconda, che lo colpì allo zigomo sinistro uccidendolo sul colpo.


Due maschi. Abbiamo già visto che il Mostro non mise mano al coltello, dopo aver finito di sparare. Evidentemente, una volta resosi conto di avere di fronte due maschi, il suo interesse cessò, poiché non c’erano né un pube né un seno da tagliare. Si può però ragionevolmente presumere che già durante la fase in cui gli sparava da fuori avesse capito che Uwe non era una ragazza, se non dalla barbetta – che portava, vedi qui – almeno dal torso nudo. Eppure non si fermò. L’equipe De Fazio fece al riguardo alcune interessanti considerazioni.

Nel corso di questa azione, ha avuto forse poca importanza il fatto che le vittime fossero entrambe di sesso maschile. Ciò non avrebbe tolto nulla all’eccitazione del momento, suscitata dal rinvenimento della vettura, alla quale l'omicida si è avvicinato probabilmente seguendo il richiamo della luce e della musica, mentre l'eccitazione in lui cresceva e lo spingeva ad agire. La dinamica dell'azione poi si è svolta con modalità che richiamano direttamente quelle del reato precedente, ossia dell'azione omicidaria gratificante di per sé, nell'ambito di un "gioco al bersaglio" reso più difficile dalla possibilità di movimento delle vittime designate, collocate in uno spazio meno ristretto di quello che offre una piccola auto, e quindi con maggiore possibilità di movimento e di occultamento, e con maggiori possibilità di dispersione dei colpi d’arma da fuoco, e quindi maggiori possibilità di insuccesso. […]
Va sottolineato, a questo punto, che secondo questa interpretazione i macabri rituali attuati in altri casi dall'omicida si collocherebbero in una posizione accessoria rispetto all'azione omicidaria di per sé che costituirebbe la principale motivazione psicologica (e sessuale) dell'omicida.

Del medesimo parere era Mario Rotella, come si può rilevare dalla sua sentenza:

Gli uccisi sono due uomini e, pur sussistendo un sospetto di relazione omosessuale tra loro (poi avallata da riscontri della polizia tedesca), non risulta minimamente che fossero in atteggiamento intimo al momento del fatto. […]
Tutto ciò significa che per l’omicida ha avuto maggior peso l’occasione d’uccidere due persone inermi, in circostanze favorevoli, che non una pulsione suscitata dal loro comportamento in intimità. […] Se ha seguito un richiamo sessuale, per aberrante che possa essere, esso appare secondario.

Il delitto di Giogoli conferma la mancanza di un vero movente di natura sessuale nei delitti del Mostro, come già la freddezza delle escissioni del 1981 aveva fatto sospettare. Una freddezza che oggi potrebbe anche favorire l’ipotesi di delitti su commissione volti unicamente alla ricerca del “feticcio”, che però proprio Giogoli consente di ridimensionare. Ci si deve chiedere, infatti, il perché le vittime prescelte non furono controllate con la dovuta attenzione, se lo scopo era quello di impadronirsi di parti sessuali di donna, per di più dopo già un tentativo fallito l’anno precedente, e soprattutto il perché l’assassino non si fermò appena scoprì di aver aggredito due maschi. Il delitto pare piuttosto opera di un individuo che effettuò una scelta in “zona Cesarini”, alla fine di un’estate in cui non era ancora riuscito a trovare la situazione giusta. Il non facile attacco a dei turisti stranieri chiusi in un furgone va dunque visto come una insperata opportunità colta in fretta, forse nel timore di una loro ripartenza improvvisa.

La rivista. Il giorno successivo a quello del rinvenimento dei cadaveri venne effettuata una ulteriore ricognizione dei luoghi adiacenti alla scena del crimine. Dietro il muretto che correva a sinistra del furgone fu rinvenuta tra l’erba una rivista pornografica, dalla quale erano state tagliate e accartocciate tre o quattro pagine, anch’esse gettate a terra. La distanza dal mezzo non era molta, e anche il tempo di permanenza all’aperto pareva breve, visto il buono stato della carta patinata ancora ben lucida: il reperto aveva qualcosa a che fare con il delitto?


L’ispettore della Scientifica che aveva effettuato i rilievi, Giovanni Autorino, nella sua deposizione al processo Pacciani parlò tra l’altro anche della rivista (vedi). A dire il vero i suoi ricordi parvero un po’ annebbiati, poiché se da una parte ne collocò la posizione a ridosso del citato muretto, dunque a pochi metri dal furgone, dall’altra affermò che ne distava “30, 35, 40 metri, 50 metri”. Il maresciallo dei Carabinieri Giovanni Leonardi (vedi) parlò invece di “una distanza di circa dieci metri dal furgone, dieci, quindici metri, se non ricordo male. Comunque nelle vicinanze, immediate vicinanze. Come potrebbe essere da qui al di là del tavolo.”.
Un altro elemento d’incertezza riguarda il numero: si trattava di una rivista soltanto oppure di alcune? Sempre secondo Autorino sarebbero state alcune: “in mezzo a questa vegetazione che noi osserviamo, sul terreno, erano sparsi vari fogli e riviste pornografiche, quasi tutti in lingua italiana; o quasi tutte, o tutte”. Il maresciallo dei Carabinieri Giuseppe Storchi così disse (vedi): “[…] mi sembra comunque che era una rivista - cioè una rivista, erano qualche foglio non è che poi erano molti - erano tre o quattro fogli, se ben ricordo”. D’altra parte l’unica foto pubblicata, e probabilmente anche la sola scattata, mostra un’unica rivista con accanto qualche foglio sparso.
Non abbiamo fatto una ricerca, diciamo, a largo raggio perché sicuramente ne avremmo trovate altre”, così dichiarò Autorino, convinto che il punto dove furono uccisi i ragazzi fosse frequentato da coppie in cerca d’intimità e che al di là del muretto si posizionassero solitamente dei guardoni, adusi a portare con sé e a lasciare sul posto delle riviste pornografiche. Ma se è possibile che ogni tanto qualcuna vi si fermasse, è indubbio che il luogo, situato in una zona piuttosto popolata, non offrisse la protezione richiesta da una coppia che voleva denudarsi. Una signora, abitante all’epoca nella vicinissima Villa La Sfacciata e chiamata a deporre al processo Pacciani (vedi), a domanda “era normale vedere delle coppiette che si appartavano in macchina?” rispose con un secco “no”. Tanto meno il posto si prestava a una frequentazione regolare di guardoni, notoriamente restii ad avvicinarsi troppo alle case per paura di essere scoperti. E in ogni caso i guardoni non vanno a osservare le coppiette portandosi dietro dei giornali pornografici, quelli se li sfogliano comodamente sul divano di casa oppure in bagno se non vivono da soli. Ma gli elementi che confutano la convinzione dell’ispettore Autorino non sono finiti, poiché la rivista era dedicata a un pubblico di omosessuali, che con i guardoni nulla hanno a che fare.

Tracce di culto satanico? Per dare un significato più convincente alla presenza di quel reperto, qualcuno cercò di esaminarlo con maggiore attenzione. Si trattava del numero cinque del periodico mensile “Golden Gay”, uscito in edicola nell’agosto del 1981. In ogni numero della serie era contenuto un fotoromanzo, pretesto per immagini molto forti di rapporti sessuali più che altro tra uomini, ma anche tra donne e tra uomini e donne, nel quale il protagonista, un agente segreto di nome Golden Gay facente parte di una organizzazione anch’essa segreta, difendeva la comunità omosessuale dai vari soprusi cui era sottoposta.
Anni dopo l’avvocato e criminologo Luca Santoni Franchetti, che rappresentava i familiari di alcune delle vittime al processo Pacciani, riconsiderò la presenza di quella rivista alla luce delle proprie convinzioni decisamente fuori dal coro. Al contrario dei suoi colleghi di parte civile, infatti, il professionista non credeva alla colpevolezza dell’imputato, ma riteneva che il responsabile, o piuttosto i responsabili, andassero ricercati nel gruppo degli assassini di Signa, e la rivista pornografica trovata a Giogoli rafforzava quella sua convinzione. Vale la pena ricordare, poiché su questo blog ancora non se n’è parlato, che dopo Baccaiano gli inquirenti avevano scoperto il collegamento con il delitto di Signa, e avevano messo in carcere Francesco Vinci accusandolo di essere il Mostro. In un articolo uscito su “Il Giornale” del 23 maggio 1994 veniva riportata la tesi di Franchetti, già espressa da occhiello, titolo e sommario:

Un indizio sottovalutato dagli inquirenti ed evidenziato da un avvocato fa ulteriormente vacillare le accuse a Pacciani. Un fumetto porta al vero mostro. Sul luogo di un delitto l’assassino aveva lasciato in evidenza una rivista pornografica. Il giornaletto porno racconta di un tribunale di incappucciati che designa una vittima e la uccide violentandola. C’è un nesso con i delitti del mostro? La rivista fu trovata accanto al camper dei due tedeschi trucidati nel 1983. Una pagina era sistemata come se quella immagine fosse oggetto di culto.

L’articolo rilevava prima di tutto la strana disposizione sul terreno delle pagine strappate, un altarino secondo Franchetti; poi raccontava la trama del fotoromanzo, cogliendo varie analogie con la vicenda di Francesco Vinci. Leggiamo sull’articolo:

Nel fumettone pornografico trovato accanto al camper tedesco la puntata narra che il Tribunale reagisce per difendere un gay accusato ingiustamente d’assassinio. E nel settembre ’83, quando il Mostro uccide i tedeschi, in carcere esattamente da un anno c’è come mostro di turno Francesco Vinci, uno degli amanti di Barbara Locci, la quale fu la prima ad essere uccisa nel ’68 con la Beretta e tutto il Mucchio selvaggio attorno.
“È - dice l’avvocato Santoni Franchetti - un messaggio troppo preciso per ignorarlo. Il giornale Golden Gay non poteva appartenere ai tedeschi poiché fuori commercio fin dall’81 e, per di più, in lingua italiana. Non poteva essere stato messo lì in precedenza, i fogli non avevano tracce di intemperie o di scolorimenti da sole. Perciò non può che averli messi lì il Mostro o qualcuno giunto con lui o subito dopo”. Un Tribunale segreto, suggerisce dunque Golden Gay. Ma anche un gruppo d’appoggio. Un Grande Esecutore. È uno scenario che, invece di incastrare Pacciani, riporta per direttissima, volenti o nolenti, al Mucchio Selvaggio del ’68 con un mostro coperto dal gruppo nei suoi alibi e movimenti. Forse persino aiutato direttamente nell’esecuzione?


Secondo Santoni Franchetti la rivista quindi sarebbe stata portata dall’assassino, o meglio dagli assassini, e sarebbe servita per mettere in piedi una specie di rappresentazione simbolico-teatrale. L’avvocato individuava in Salvatore Vinci, personaggio dalla sessualità multiforme e perciò in linea con i temi trattati da Golden Gay, un possibile protagonista dell’anomalo delitto, spalleggiato addirittura da un gruppo di complici.
È evidente che questa teoria manca di riscontri obiettivi, e gli elementi da essa presi in esame potrebbero essere interpretati in modo molto più semplice e logico.

Due povere vittime come le altre. Uwe Rush e Horst Meyer erano omosessuali, furono chieste informazioni sull’argomento alla polizia tedesca con esito positivo. Nell’Italietta degli anni ’80, ancora imbarazzata per i fenomenali passi avanti che il rispetto e la tolleranza verso ogni inclinazione sessuale avevano compiuto già da vent'anni, non si parlava volentieri di certi temi. E dunque che tra i ragazzi tedeschi ci fosse stato qualcosa in più di un’amicizia non veniva detto. Ma proprio la presenza di quella rivista dalle pagine ancora in buono stato, quindi gettata sul terreno da poco tempo, e quindi con molta probabilità proveniente dal furgone, costringe a prendere atto di una realtà della quale, per fortuna, oggi nessuno ha più motivo di vergognarsi. La vergogna è tutta di coloro che sono ancora dipendenti da schemi stereotipati ormai estranei al vivere civile.
Tuttavia, riguardo il numero 5 di Golden Gay, Santoni Franchetti faceva notare che era uscito in edicola due anni prima del delitto, quindi, a suo parere, non poteva essere stato acquistato dai ragazzi durante la loro vacanza. L’avvocato dimenticava però che per riviste di quel genere era normale che rimanessero grandi quantitativi d’invenduto a magazzino, smaltiti negli anni attraverso buste cumulative contenenti più numeri a prezzo ribassato, oppure come copie omaggio allegate ad altre pubblicazioni. Per evitare la messa in vendita al prezzo di copertina originale, tali esemplari venivano privati dell’angolo in alto a sinistra, proprio come mostra la foto di quello trovato vicino al furgone. Che il fotoromanzo avesse le didascalie in italiano non è granché significativo, dato il genere le immagini bastavano e avanzavano per renderlo interessante agli occhi di un appassionato anche straniero.
Infine il fatto che per staccare le pagine lasciate a terra accanto al corpo della rivista fosse stato usato un taglierino, o comunque uno strumento analogo, porta a vedere nell’artefice dell’operazione proprio il Mostro con lo strumento che non aveva potuto adoperare sulle vittime. A parere di chi scrive il ragazzo ancora sveglio stava sfogliando proprio quella rivista al momento dell’attacco, e per l’assassino il portarsela via assumeva il significato di un’istintiva ricerca di un compenso per la mutilazione mancata. Ma un rapido e non trattenibile sguardo alla luce della sua torcia gli svelò un contenuto indigesto, facendolo ulteriormente arrabbiare. Anche De Fazio sposò questa interpretazione: “occorre vagliare l'ipotesi che siano stati asportati dall'omicida all'interno della vettura delle vittime […] potrebbe poi averli abbandonati e stracciati, una volta accortosi del loro carattere omosessuale”.

L’altezza dello sparatore. In base all’altezza dei fori di proiettile su finestrini e carrozzeria del furgone, i periti dell’equipe De Fazio credettero possibile calcolare in modo approssimativo quella dello sparatore, con risultati però poco affidabili. Vediamo perché, cominciando a leggere le loro considerazioni:

Dalla perizia medico-legale si rileva che 4 dei 5 fori da proiettile di arma da fuoco rinvenuti nei vetri dei finestrini del pulmino distano da terra rispettivamente cm.137 (2) e cm.140 (2). La distanza da terra del foro sito nel vetro del finestrino anteriore dx. non ha potuto essere misurata in quanto durante il trasporto del pulmino molti dei frammenti di vetro si erano spaccati. Dalla documentazione fotografica relativa ad un momento in cui i frammenti erano ancora in sito si rileva che il foro in questione è ad altezza superiore rispetto a quello del vetro posteriore dx., distante da terra cm.140, ad una altezza deducibile di almeno 145 centimetri.
Va notato che i fori in questione sono ad una altezza abbastanza costante, quantomeno di cm. 137 da terra, ivi compreso il foro sulla carrozzeria, per il quale si può presumere non sia stata cercata dall'omicida una posizione "innaturale" di sparo (col braccio abnormemente rialzato), come in linea di ipotesi potrebbe essere avvenuto per gli altri colpi, sparati per il tramite dei finestrini, la cui altezza può condizionare giocoforza le posizione del braccio nel tiro. Il foro nella carrozzeria può rappresentare quindi un indice della posizione "naturale" di sparo dell'omicida, che teneva l'arma ad una certa distanza dalla carrozzeria (mancano segni di affumicatura e di polveri), con direzione lievemente inclinata in basso, tanto che, secondo la ricostruzione dei periti medico-legali, il proiettile, benché indirizzato all'Uwe Rush, è andato a colpire il gluteo sx. del Wilhelm Horst, all'incirca tra la metà e il terzo posteriore dell'asse longitudinale del pulmino. […]
Si può quindi ipotizzare che l'omicida abbia una statura considerevole, molto probabilmente superiore, e non di poco, a cm. 180.

Come si vede, il colpo più interessante per i periti era quello sulla carrozzeria, poiché lo ritennero esploso da una distanza notevole e soprattutto con il braccio disteso, visto che lo sparatore non doveva mirare avvicinandosi a un finestrino e quindi addurre il braccio in modo non valutabile. In più calcolarono una traiettoria dall’alto in basso, individuando nel gluteo di Horst la sua conclusione. La figura sottostante illustra lo scenario.


Poiché sono noti i segmenti AB (distanza del gluteo di Horst dalla lamiera), AD (altezza del gluteo di Horst dal terreno, BE (altezza del foro sulla carrozzeria), supponendo un certo valore per BC (distanza dello sparatore dal mezzo) si possono calcolare tutte quante le altre misure, in particolare CF, che è l’altezza della spalla dello sparatore (le mie troppo antiche reminiscenze di geometria non mi aiutano però a trovare la formula giusta, forse qualche lettore più fresco potrebbe suggerirmela).
La non esattezza della misura BC contribuisce all’approssimazione del risultato, che comunque i periti di Modena si sentirono di stabilire in almeno 180 cm. Salvo poi ricredersi al processo Pacciani, quando dovettero affrontare l’agguerritissima accusa, il cui colpevole poco si conformava alla figura di serial killer descritta nella loro perizia (vedi). Riguardo l’altezza, da diminuirsi di almeno una quindicina di centimetri, dichiararono di aver creduto erroneamente che il corpo di Horst si trovasse sul pianale, e di aver saputo soltanto al processo che era invece su una piattaforma rialzata. Per comprendere le conseguenze basta guardare la figura sopra: con BE costante, al crescere di AD diminuisce CF.
Si trattò evidentemente di un gioco delle parti, poiché è impensabile che i periti non avessero esaminato immagini simili a quelle che adesso girano in rete, dove si vede bene la piattaforma sulla quale i ragazzi avevano sistemato il materasso. In ogni caso i loro calcoli erano sbagliati in origine, poiché il colpo sparato attraverso la lamiera non poteva essere quello che aveva colpito Horst al gluteo sinistro, descritto in modo del tutto incompatibile da loro stessi:

un colpo in regione glutea sx., al quadrante superomediale, con tramite obliquo dal basso in alto e dall'avanti all'indietro, interessante il peritoneo posteriore, lo stomaco alla piccola curvatura, e proiettile ritenuto nello spessore della parete anteriore dell'addome.

Una descrizione similare è contenuta anche nella perizia Arcese-Iadevito:

un colpo d’arma da fuoco con foro d’ingresso in regione glutea sinistra e ritenuta a livello della regione epigastrica, con tramite, quindi, obliquo in alto, in avanti, e verso destra
 

Come si vede bene dalla freccia tracciata nell’immagine soprastante, il proiettile entrato dalla lamiera sul lato sinistro non avrebbe potuto percorrere il gluteo di Horst “dal basso in alto”, e non avrebbe certo potuto fermarsi nell’addome, dopo aver attraversato peritoneo e parte bassa dello stomaco. Quel colpo era stato sparato dal lato opposto del furgone, come abbiamo visto poc’anzi. Del resto non tornava neppure l’inclinazione della traiettoria verso il corpo di Horst, che si trovava a sinistra dello sparatore, il quale avrebbe dovuto colpire la lamiera obliquamente, con il rischio di non riuscire a forarla e soprattutto senza averne motivo. In realtà, indirizzando la canna della pistola in quel punto, mirava al bersaglio grosso di Uwe, nella speranza che il ragazzo fosse appoggiato con le spalle alla lamiera del furgone, riuscendo però a colpirlo, forse, soltanto di striscio alla coscia sinistra tenuta raccolta vicino al torace.

Una ragionevole valutazione. Premesso che qualsiasi calcolo rimane comunque di valore soltanto indicativo, date le inevitabili approssimazioni, a parere di chi scrive l’unico colpo dal quale si possa desumere una valutazione di massima dell’altezza dello sparatore è il primo, quello che attraversò il finestrino andato poi in frantumi e che colpì Horst al fianco destro. Gli altri furono esplosi in movimento, con il braccio più mobile e senza prendere troppo la mira, quindi la relativa posizione della pistola ha una significatività minore.
Nel momento in cui l’individuo si affacciò al finestrino, aveva di fronte dei bersagli immobili e ignari della sua presenza, quindi ebbe modo di inquadrarli mirando con relativa calma. La sua faccia doveva trovarsi a non più di trenta centimetri dal vetro, probabilmente anche meno, e il braccio corrispondente alla mano che impugnava la pistola doveva essere addotto, con l’altro appoggiato al mezzo a rendere più stabile la posizione.


In queste condizioni, nelle semplici prove condotte da chi scrive, il calcio dell’arma ha assunto una obbligatoria posizione orizzontale, come anche la canna e il braccio nel caso di un bersaglio posto ad altezza uomo. Via via che il bersaglio si abbassa la canna deve inclinarsi, e per mantenerla nei pressi degli occhi senza perdere la mira il gomito si alza, come nell’immagine soprastante in cui si è cercato di inquadrare il punto dove doveva trovarsi il fianco di Horst. Come si vede l’arma viene a posizionarsi più o meno all’altezza delle spalle, mentre l’altezza del punto d’impatto del proiettile sul vetro, che dipende anche dalla distanza della canna combinata con la sua inclinazione, si abbassa di qualche centimetro, in questo caso di un paio. A parere di chi scrive va esclusa una posizione dell’arma a cercare di mettere in linea la canna con occhi e bersaglio, quindi più in alto delle spalle, naturale a braccio teso ma non a braccio addotto, poiché troppo vicina alla faccia dello sparatore. Si potrebbe quindi concludere che l’altezza delle spalle del Mostro fosse di un paio di centimetri superiore a quella del foro prodotto dal primo sparo.
Purtroppo il vetro sul quale aveva impattato il primo proiettile – e che al suo passaggio si era fittamente frammentato – crollò al momento del trasporto del furgone in caserma, dove poi furono prese le misure esatte per gli altri quattro fori. Rimangono le immagini, tramite le quali De Fazio valutò un’altezza di “almeno 145 centimetri”. In più abbiamo la distanza dal bordo inferiore della cornice, presa da Autorino sul luogo quando il vetro era ancora in piedi: 20 cm. Il valore, molto probabilmente non noto a De Fazio, emerse in dibattimento al processo Pacciani, e lasciò traccia in sentenza:

Va precisato che per quel che riguarda il foro A i periti non sono stati in grado di indicare l'altezza effettiva da terra, poiché nel corso dell'affrettata rimozione del mezzo il vetro si era sbriciolato, disperdendo le tracce del foro del proiettile. Tale altezza è però determinabile esattamente in m. 1,50 partendo dalle uniche misurazioni fatte dalla polizia scientifica quella sera e riportate nel fascicolo dei rilievi tecnici. Infatti il foro B era situato a cm. 10 sopra la base del finestrino, mentre il foro A era collocato a cm. 20 sopra la base stessa. Poiché le basi dei due finestrini sono situate alla stessa altezza, come può vedersi dalle foto in atti, è evidente che il foro A era posto dieci centimetri più in alto dei foro B, e quindi a cm. 150 da terra, essendo quest'ultimo, come si è visto, posto a cm. 140 da terra.

Secondi i calcoli ritenuti validi dai giudici, quel foro era dunque a 150 cm di altezza. Nei loro ragionamenti c’è però un piccolo errore: rispetto al finestrino crollato, quello con il foro B posto a 10 cm dalla base era di tipo diverso, basculante, con il vetro circondato da una cornice metallica larga circa un centimetro e mezzo, come mostra l’immagine sottostante.


Questo fatto comporta un divario tra le due altezze dei fori rispetto al suolo non già di 10 cm ma soltanto di 8,5. Possiamo quindi stabilire per il foro scomparso un’altezza di 148 cm e mezzo, come abbiamo appena visto da ritenersi un paio di centimetri sotto quella delle spalle dello sparatore, che vanno quindi considerate alte 150,5 cm.
A questo punto introduciamo i valori normalmente accettati per le proporzioni medie di un maschio adulto.


La testa rappresenta un ottavo dell’altezza intera, il collo un terzo di un ottavo. Con semplici calcoli si arriva a determinare la quota totale di collo e testa, 1/6, quindi il resto, che poi sarebbe l’altezza delle spalle, vale 5/6. Conoscendo quest’ultimo valore, si determina facilmente l’altezza totale: 150,5 x 6 / 5 = 180,6 cm.
Secondo i calcoli appena fatti il Mostro era dunque alto poco più di un metro e ottanta, compresi i tacchi delle sue calzature. È il caso di ribadire ancora una volta che si tratta di un valore soltanto indicativo, il quale però non può essere diminuito troppo. Un individuo altro un metro e sessanta, ad esempio, sarebbe difficilmente compatibile. In ogni caso, se non altro per pura curiosità, il valore può essere confrontato con le altezze note dei vari personaggi entrati nella vicenda. Il lettore può farlo da solo, se crede, cominciando magari da qui. 

La macchina rossa. Nel libro di Giuttari Compagni di sangue si accenna a una testimonianza di un certo rilievo riguardo il delitto di Giogoli: 

E ancora un'altra conferma arrivava dalle dichiarazioni, rese in tempi non sospetti e, precisamente in data 13.09.1983, ai carabinieri della Stazione di Galluzzo da Nenci Giovanni, deceduto in data 09.08.1990. Costui aveva riferito che, nel transitare da via di Giogoli, la mattina del giorno precedente al delitto, aveva notato, accanto al furgone delle vittime, una autovettura Fiat 128 di colore rosso targata Firenze.
La moglie del Nenci, interrogata nel corso dell'inchiesta, confermava di aver saputo dal marito della presenza di quell'auto rossa, accanto al furgone. Lei stessa, aggiungeva, passando da quel posto proprio la mattina del giorno del delitto, aveva notato, nei pressi del furgone, un'auto di media cilindrata di colore bianco. 

Per Giuttari si sarebbe trattato di una conferma al coinvolgimento di Giancarlo Lotti, che proprio nel marzo del 1983 aveva acquistato la sua nota Fiat 128 coupé rossa. A parte la mancata specifica del modello – la 128 vista da Nenci era berlina o coupé? – l’investigatore dimenticava che nella presunta confessione del presunto pentito per quell’avvistamento non c’era posto, poichè Vanni e Pacciani lo avrebbero coinvolto soltanto la sera stessa della scellerata spedizione. In ogni caso, a parte gli eventuali legami di Lotti, poteva quell’auto aver avuto qualcosa a che fare con il delitto? Per quale motivo il Mostro avrebbe dovuto avvicinarsi al furgone dei ragazzi tedeschi alla mattina del giorno precedente a quello in cui sarebbe andato a ucciderli?
Abbiamo già visto in precedenza che la piazzola di Giogoli non sembrava un luogo adatto a impegnativi convegni d’amore. In un raggio di cento, duecento metri si trovavano varie abitazioni, tra cui Villa La Sfacciata, il cui cancello d’ingresso era ad appena ottanta metri. Per di più un’auto che vi avesse sostato rimaneva comunque ben visibile dalla via antistante, sulla quale insisteva un certo traffico, fatto più che altro di residenti ma anche di chi si recava a Scandicci partendo dai piccoli paesi a sud (o viceversa, la strada era molto stretta ma comunque a doppio senso di marcia). E in effetti dalle testimonianze raccolte risultò che davanti al furgone c’era stato un gran via vai di gente che l’aveva visto più volte.
Se il luogo non pareva adatto a frequentazioni di coppiette in cerca di privacy, tanto meno pareva adatto a regolari perlustrazioni da parte del Mostro, la cui scoperta del furgone potrebbe pertanto essere stata del tutto fortuita. Secondo Teresa Buzzichini, moglie di Nenci, i ragazzi si appartavano sulla piazzola per la notte già da una settimana (vedi), quindi per una settimana il Mostro li aveva lasciati in pace, molto probabilmente perché non si era accorto di loro. Questo fatto rende difficile che fosse un residente dei dintorni, avendo quindi la necessità di passare relativamente spesso davanti al furgone, ma favorisce l’ipotesi che avesse avuto qualche motivo per andare ogni tanto a Scandicci da sud o viceversa.
Torniamo adesso a quell’auto rossa. Se il Mostro aveva avuto occasione per transitare da via di Giogoli una sera sul tardi, poteva essersi già fermato alla vista del furgone, senza però capire chi vi fosse dentro poiché i ragazzi già si erano coricati. Quindi potrebbe essere tornato alla mattina successiva per controllare, rimanendo ingannato dai lunghi capelli biondi di Uwe che ancora dormiva. Ma perché non tornare subito la sera stessa per uccidere, e attendere il giorno dopo, con il rischio che i ragazzi se ne andassero?
Di recente è entrata nella disponibilità di chi scrive la trascrizione completa del verbale di Nenci, quello stesso riassunto da Giuttari. Leggiamola.

L’anno millenovecentottantatre addì 13 del mese di settembre nell’ufficio della Stazione CC. di Firenze Galluzzo, alle ore - - -
Avanti a noi M/llo Storchi Giuseppe, comandante della sopracitata Stazione è presente il signor Nenci Giovanni, in rubrica meglio generalizzato, il quale opportunatamente sentito in merito al decesso di due giovani tedeschi, spontaneamente dichiara:
Per ragioni di lavoro sono costretto a transitare in via di Giogoli ove è stato trovato il furgone con ì due cadaveri degli stranieri. Giovedì sera 8 c.m. nel rientrare a casa notai nello spiazzo di cui sopra il furgone straniero regolarmente parcheggiato nello spiazzo. Erano circa le ore 20,30 ed accanto al furgone non notai movimento di sorta. Il mattino transitai nuovamente in via di Giogoli verso le ore 7,30 e notai accanto al furgone in parola un’auto Fiat 128 di color rosso, targata FIRENZE. Non vidi movimento di sorta intorno e pensai a persone che provavano i cani per la caccia.
Anche venerdì 9 c.m, nel transitare verso le ore 20,30 in via di Giogoli, notai nuovamente il furgone in sosta nel prato adiacente alla via stessa, senza notare intorno nessun movimento di persone. Il giorno successivo passai ancora in via di Giogoli a bordo della mia auto ed in compagnia di mia moglie. Notai sempre lo stesso furgone, con le portiere chiuse, fermo nel luogo visto la sera precedente. Erano circa le ore 7-7,30 e mia moglie mi ha riferito che accanto vi era una auto bianca di media cilindrata di cui però non ricorda né la marca e né tantomeno rilevò particolari e targa.
La sera stessa di sabato appresi da mio figlio del fatto che era successo.
A.D.R. - Accanto al furgone di cui sopra non ho mai visto movimenti di persone sospette.
A.D.R. - Non ho altro da aggiungere e né da modificare e mi sottoscrivo. Fatto, chiuso e sottoscritto.

Come si vede Giuttari aveva capito male, o forse aveva capito bene, ma tanta era la sua voglia inconscia di dare un ruolo anche all’avvistamento dell’auto bianca – vale la pena ricordare che Pacciani possedeva una Ford Fiesta bianca – che aveva traslato indietro il tutto di un giorno. In realtà la signora Buzzichini aveva notato l’auto bianca alla mattina del sabato, quando i due poveri ragazzi erano già morti, quindi non pare che al suo avvistamento possa essere assegnato un apprezzabile valore. Invece il marito aveva visto l’auto rossa la mattina del venerdì, il giorno del delitto, e questo spostamento in avanti di un giorno rende la sua testimonianza ben più significativa, poiché si correla molto meglio con un delitto compiuto quella sera stessa. 
Possiamo notare che anche nel verbale originale non viene specificato il modello di 128, se berlina o coupé. Il documento fu però redatto in forma riassuntiva, quindi non è illogico prendere in esame la possibilità che l’eventuale mancata precisazione “coupé”, fosse da imputarsi all’incuria del verbalizzante. Anche perché il colore rosso era tipico proprio del modello coupé, macchina piuttosto diffusa per essere una (finta) sportiva, mentre sulla berlina era raro (la classica 128 si ricorda verde). 
Infine, a rendere la figura di Giancarlo Lotti ancor più compatibile con quella di un assassino che passa davanti alla piazzola per caso, è il fatto che l’individuo avesse avuto una cugina a Scandicci, che in aula (vedi) ammise di essere andato a trovare proprio in quei giorni, e proprio passando da via dei Giogoli, si legga anche qui.

Addendum 15 maggio 2019. La recente acquisizione di un documento datato 12 giugno 1992, contenente un'annotazione della questura riguardo il blocco Skizzen Brunnen di Pacciani (vedi), ha cambiato le carte in tavola sulla data di arrivo dei ragazzi in Italia, e conseguentemente anche a Giogoli. Vi si legge:

Un dato di interesse è che il giovane RUSCH, la sera del mercoledì antecedente la sua uccisione, verse le 20/20:30, telefonò ai suoi familiari dalla città di Spessart per riferire loro che erano arrivati lì e che il viaggio era andato bene. Va detto che i due giovani erano partiti la mattina da Munster, dove entrambi avevano un appartamente ciascuno in affitto, città che dista circa 4 ore di macchina da Spessart.
 

Quindi i ragazzi dormirono per la prima volta nella piazzola di Giogoli la sera prima di essere uccisi, e non per tutta la settimana precedente, come invece avrebbe testimoniato Teresa Buzzichini al futuro processo Paccia. È evidente che questa circostanza rende ancora più probabile che i ragazzi fossero stati avvistati da un assassino che transitò per caso davanti al loro furgone.

75 commenti:

  1. Ciao Antonio..come sempre un ottimo lavoro..non riesco proprio a credere che ci sia ancora qualcuno che si ostina a considerare Lotti un estraneo alla vicenda..qui l'evidenza dei fatti è fin troppa..o vogliamo considerarle sempre coincidenze? L'auto rossa..Lotti che in quei giorni percorre quella strada per andare da una parente..l'altezza dello sparatorie..suvvia quando è troppo è troppo!!!

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    1. É sicuro che Lotti in quei giorni É passato di li x trovare la cugina? Lotti se non sbaglio disse che passava 2 o 3 volte l'anno

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    2. Se Lotti era chi penso io aspettarsi che dicesse con chiarezza di essere andato a trovare la cugina proprio poco prima del delitto sarebbe troppo.
      Dalla sua deposizione esce però fuori un sospetto grande come una casa, ne ho già trattato qui

      http://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2016/05/la-sentenza-cdm-e-giogoli.html

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    3. In proposito, mi sembra molto significativo (del metodo dell'inchiesta e del tenore delle risposte dell'indagato) questo passaggio da un'intercettazione Lotti - Nicoletti:

      Giancarlo Lotti: ‘Poi mi voglian domanda’ le cose dell’83, dell’82... come fo a sapere queste cose?” (…)
      Giancarlo Lotti: “Ma poi gli hanno visto una macchina, dice, a Scandicci, a Giogoli. E io che ne so? Per l’appunto la mi’ macchina l’è da tutte le parti. Io se vo a trovare una cugina, io un lo so. Loro dice... lì a Giogoli c’era un furgone, dice, quei du’ tedeschi... ”
      Filippa Nicoletti: “Ah. ”
      Giancarlo Lotti: “Ma come fo a dire una cosa che un n’ho vista?”
      Filippa Nicoletti: “Eh ma tu... gli dici che non l’hai visto. ”
      Giancarlo Lotti: “Dice: ‘ma te tu vai dalla tu cugina.’ E questo i’ che vuol dire? Perché dalla mi’ cugina un ci posso andare?”

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    4. Buona sera sig. Segnini purtroppo Confermo che F de fazio Viene a conoscenza che le vittime non erano sul pianale e che vi era un materasso che portava i corpi più in alto rispetto ai suoi calcoli ( lo dice lui stesso ) che ne é venuto a conoscenza quel giorno
      Secondo il tutto é stato calcolato in base alla scheda tecnica senza contare che il terreno aveva una pendenza pertanto i primi colpi ( quelli “mirati“ attraverso il vetro alla sx del furgone Sono sparati da in altezza più alta rispetto allo zero. Quanto detto dal perito diminuisce l altezza dello sparatore ( singolo x forza ) Fonte : Testimonianza de fazio E consulenti processo Pacciani

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    5. Le consiglio di leggere meglio quello che scrivo prima di intervenire.

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  2. Purtroppo la maggioranza leggerà pensando tra sè e sè che ho truccato le carte. Oppure che sono soltanto coincidenze. Che ci voi fà?

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    1. La maggioranza serve ad indicare al saggio la direzione opposta. Su parecchio non concordiamo ma la presenza di Lotti sui luoghi del delitto trova conferme oggettive. Nel merito della ricostruzione solo un punto (non sostanziale) mi lascia dubbioso: la troppa vicinanza al vetro su cui si spara aumenta di molto il rischio di essere feriti da schegge. Se il mostro si fosse trovato accecato non avrebbe avuto scampo. Aggiungo, con la mia scarsa esperienza, che la mira di chiunque patisce le variazioni sull'asse orizzontale dell'arma. Vero che nel caso specifico la distanza è così breve che il problema mira non si dovrebbe porre trattandosi del primo colpo.

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    2. La mia ipotesi sul primo colpo rimane un'ipotesi, sulla quale però mi sentirei di scommettere con una certa tranquillità.
      Innanzitutto che fosse il primo colpo è più una certezza che un'ipotesi, considerati gli effetti su Horst, che non ha senso vedere in giro mentre il Mostro spara da sinistra e poi mettersi nella posizione di sonno per farsi sparare da destra.
      Poi c'è la posizione naturale del Mostro all'atto dello sparo. Con i bersagli di gran lunga più difficoltosi da inquadrare fino a quel momento, non poteva che avvicinarsi al vetro il più possibile, cercando un giusto compromesso con la distanza dell'arma dalla faccia, occhi e orecchi. Non credo però che il pericolo fossero eventuale schegge di vetro, che semmai vengono scagliate nella medesima direzione del proiettile. Va anche tenuto presente che al crescere della distanza si restringeva il campo visivo. Basta pensare al finestrino con la striscia in alto, come poteva l'assassino sparare da lontano? E' chiaro che aveva gli occhi quasi sul vetro.

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    3. La tua ipotesi sul primo sparo mi convince. Aggiungo alle tue considerazioni che, così facendo, riduceva di molto il rischio di trovarsi con due sagome impazzite ad agitarsi all'interno di uno spazio relativamente ampio. Insomma, si assicura di ferire subito e mortalmente una delle vittime. La differenza di circa 8/10 cm d'altezza tra il primo sparo ed i successivi è un riscontro rispetto al cambiamento della posizione di sparo. Nonostante, come sai, la mia ipotesi preveda più persone sulla scena, non credo al "cambio di mano" durante l'azione descritto da Lotti. Mi sbaglierò ma lo trovo inverosimile. Ritengo che Lotti abbia portato avanti (e "di gusto") tutta l'azione. Se il cambio di mano fosse la ragione della differenza dell'altezza dei fori, si dovrebbe supporre che i due sparatori avessero adottato la stessa posizione dinamica di tiro. Ma soprattutto che abbiano perso insensatamente secondi preziosi.

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    4. A mio parere due sparatori che si passano la pistola non hanno senso, non soltanto nel racconto bislacco di Lotti, ma in assoluto. D'altra parte non c'è alcuna evidenza di due sparatori con arma diversa.
      La differenza di altezza tra il primo foro e gli altri si spiega bene con le diverse circostanze: colpo da fermo mirato il primo, con la pistola non lontana dagli occhi, colpi più dinamici e più a intuito i successivi, con la pistola più lontana dagli occhi.

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    5. Anche a Signa viene passata la pistola..

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  3. ciao Antonio, complimenti, mi appassiona molto leggerti, interventi chiari, circostanziati e basati su fatti. Anch'io, dopo lungo girovagare, propendo per la soluzione: unico sparatore/escissore, e lo identifico nel Lotti; la sua telefonata all'amica, intercettata a sua insaputa, è una confessione a tutti gli effetti; poi, vistosi sgamato, inizia il gioco del dice/non dice, introducendo elementi verosimili ad altri totalmente inventati, mettendo altri nei suoi panni a compiere quei gesti e quelle movenze che lui stesso ha compiuto, mettendo il "timbro" sulle tesi ufficiali (omicidio nr. 8 posticipato alla domenica, 128 rossa inutilizzabile anziche' la 124, ...) laddove le circostanze - per lui e dal suo limitato punto di vista - non avessero apportato elementi peggiorativi. Una sola cosa mi lascia pero' ancora perplesso: ritieni il Lotti - che non era quel cretino di paese che si vuol far credere - sufficientemente strutturato per scrivere quella che è l'unica comunicazione sicuramente originale del "mostro", e cioè la lettera alla Della Monica? mi interessa il tuo parere, grazie mille.
    p.s.: riguardo all'equazione, ...a volte la semplicità è la via migliore; ovvio che ci si puo' arrivare ma ... se prendi un foglio millimetrato ed un righello, conoscendo la lunghezza dei segmenti AD ed BE, ricavi l'inclinazione della retta passante da D ad F, con F proiezione del punto C: a quel punto basta misurare col righello il segmento CF nel punto di intersezione. Nel disegno, potresti anche tener conto di eventuali dislivelli del terreno (AC), o posizione del camper su un dosso.

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    1. Perchè inviare un frammento di seno, chiaro messaggio di sfida, senza uno scritto che lo accompagnasse, e che avrebbe ingigantito il clamore dell'invio? La spiegazione più semplice è quella che chi lo mandò non era a suo agio con la parola scritta, il che si accorda con gli errori che fu capace d'infilare in un semplice indirizzo. Quindi Lotti calza a pennello.
      Poteva un personaggio come lui mettere in atto un gesto del genere? Perchè no? Lotti era pieno di rabbia, solo contro tutti, immaginare che avesse avuto voglia di sfidare e spaventare gli inquirenti e tutti gli italiani non è fuori luogo.
      Grazie per la dritta sui calcoli, magari domani provo a capirci qualcosa.
      Ciao.

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    2. Ma quale sarebbe la telefonata intercettata che contiene una "confessione a tutti gli effetti" di Lotti? Ti riferisci alla frase detta dalla Ghiribelli il 25 gennaio 1996 "non ci si può nemmeno fermare a pisciare"?
      O altro che al momento mi sfugge?

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    3. Credo anch'io che Crant2 si riferisca alla telefonata del 25 gennaio 1996, intercettata, tra Ghiribelli e Lotti, dove, a fronte della frase della Ghiribelli "‘non ci si può neanche fermare a pisciare’, lo hai detto tu", Lotti rispose in modo un po' sconclusionato ma non negandolo affatto:

      Che c’entra! ........ e guardano dove ci si ferma! Me l’hanno detto loro .......... io non ho mica fatto nulla! ..... a me non me ne frega nulla! Non ritornino a fare quel lavoro perchè non mi sta bene!

      Non si tratta di una confessione di essere il mostro, naturalmente, ma di essere stato la sera della domenica a Scopeti. Che poi Lotti avesse accampato con la Ghiribelli la stessa giustificazione avanzata da Pucci prima di Pucci, è una circostanza sulla quale si dovrebbe fare qualche considerazione.

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    4. e anche su quel "Me l'hanno detto loro..." che a me è sempre suonato un po' strano.
      personalmente mi sono fatto l'idea che le carte (e non soltanto le carte che abbiamo, ma forse tutte le carte) non coprono tutto quello che è successo in quel periodo.

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    5. In questo caso la sequenza mi pare abbastanza chiara, come ho già spiegato in

      http://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2016/08/la-teste-gamma.html

      Quel "Me l'hanno detto loro" a che cosa è riferito? Non risulta che Lotti fosse stato interrogato dopo la Ghiribelli, dopo quindi la comparsa sulla scena dell'auto rossa sotto Scopeti alla sera. Immaginare un diabolico piano degli inquirenti in cui Lotti sarebbe stato preparato al cruciale interrogatorio con Vigna all'insaputa di tutti è fuori luogo. In quello stesso interrogatorio l'individuo avrebbe dovuto dimostrare un talento d'attore poco credibile, e poi perchè non confessare tutto subito se quello era il suo destino?
      Con un Lotti estraneo i conti non tornano, c'è poco da fare. Quel "Me l'hanno detto loro" è una delle solite frasi prive di senso che Lotti balbettava quando era in difficoltà, niente di più. E neppure Pucci era del tutto fuori.

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    6. Antonio, non c'è bisogno di immaginare un diabolico piano, ma degli interrogatori stringenti nei confronti di personaggi dalla mente debole (anche se so che per Lotti non sarai d'accordo).
      Del resto, basta pensare all'episodio, quasi contemporaneo, di Sabrina C. del quale tu stesso hai ampiamente ed egregiamente scritto.

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    7. ciao, si anche, Antonio, ma in realtà mi riferivo a quella intercettata (e quindi "documento ufficiale") ovviamente all'insaputa dei due, con la Nicoletti del 16 dic 95, laddove - e la cosa mi ha sempre colpito - il nostro, dopo esser gia' stato ascoltato dagli inquirenti, in un contesto di curiosità crescente che poi - mi pare di capire dal contesto - scema improvvisamente, si informa sull'oggetto dei discorsi avuti in questura dalla donna. A domanda, lo riporto e spero nella trascrizione corretta, lei gli dice aver avuto chiesto ... "Se conoscevo la tua macchina. Se avevi una macchina rossa!" ed il Lotti: "La macchina rossa?... ah, sì! Ah! Io le ho avute! Ah, quel coupé, il 128! Ti hanno chiesto di quello?" , e poi, cambiando subito discorso,..."A me mi hanno tenuto troppo questa volta...Io non sono calmo, sono nervoso! Te lo sai! Tu mi conosci!...Lui mi ha detto: “Stai calmo, rilassati, non essere nervoso”. Ma come fo a non essere nervoso gli dissi....". Dunque in questo dato momento, il primo pensiero del L. va subito alla 128 coupe rossa, non v'è dubbio che ne se ricorda bene di averla posseduta, non la confonde con la 131 pure rossa, per poi passare a parlare d'altro. Incrociamo adesso questo elemento, di per se' apparentemente insignificante, con quanto invece dichiara - e spero anche qui in un resoconto fedele - nemmeno 2 mesi dopo, nell'interrogatorio reso agli inquirenti l'11 feb 96 -:
      "Viene chiesto a Lotti di indicare tutte le auto da lui possedute nel tempo, e Lotti le elenca, tutte:
      850 bianca, mini gialla, 124 gialla, 124 celeste 131 rossiccio sbiadito".
      Stop. Ne manca qualcuna all'appello? io direi che manca proprio la 128 coupè rossa, e mi pare impossibile che se ne sia dimenticato proprio ora, doveva essere in cima alla lista dei suoi ricordi! poco dopo, a specifica domanda: "Gli si chiede se abbia mai avuto una 128 rossiccia" è costretto ad ammettere, come prima ammissione obtorto collo di una lunga serie: "Si e' vero me l'ero dimenticato. L'ho avuta prima della 131 rossa...". Evvai. (segue)

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    8. (segue)
      Ecco perche' ritengo fondamentale l'intercettazione, ed almeno di questo occorre ringraziare il dr. Giuttari, della telefonata con la Nicoletti; senza quella, ripeto è un documento reale, in presa diretta, senza filtri, la deposizione con tanto di rettifica del febbraio successivo avrebbe avuto, almeno ai miei occhi, tutt'altro significato. Ma cosi....
      Tra i due eventi, si incastra, e lo ricordava Antonio, ma me lo ero ricordato avendolo riletto sul blog di Omar, lo stralcio di telefonata con la Ghiribelli, nel corso della quale: 1) si ha conferma definitiva, senza se e senza ma, della reale presenza del Lotti agli Scopeti; 2) intuisco che aveva gia' iniziato l'"imboccatura" - ci manca il primo step, ma lo deduciamo da "...lo hai detto tu!" - di futuri potenziali testimoni : "non ci si può fermare neanche a pisciare"; la stessa cosa aveva detto il Pucci il 2 gen 96 : "...Rientrando da Firenze la domenica sera, ci fermammo alla piazzola di Scopeti per un bisogno fisiologico...", e questo sarà stato un fatto storicamente avvenuto.
      Il Lotti era molto, ma molto meno scemo di quello che sembrava: di sicuro il Pucci era nella sua "disponibilità", poteva - come ritengo abbia fatto - suggestionarlo con racconti sui fatti degli Scopeti a tal punto che quel poveraccio pensava davvero di averli vissuti in prima persona, e parzialmente li ha vissuti davvero; quasi certamente quella stessa domenica, dopo la "girata" a Firenze - se mai c'è stata, a proposito, il Vanni, rifiutato dalla Ghiribelli, se ne va incacchiato e torna bofonchiando a piedi ? a casa ? perche' se ne perdono le tracce.... - sulla via del ritorno, alla sera, all'imbocco della stradella, dopo il bisogno fisiologico, lasciandolo - forse impaurito, visto che sapeva che ci sarebbe stato un omicidio, in effetti gia' avvenuto - in auto e scendendo egli per andare a vedere nei pressi della tenda; al ritorno gli avrà raccontato chissà che, di aver visto due tizi imbufaliti, del coltello e della pistola pistola, del taglio e dei colpi, bla bla bla... Quel poveraccio del Pucci sarà rimasto talmente terrorizzato da fissare nella sua memoria quanto raccontato vividamente, col linguaggio a lui intellegibile del Lotti ed avrebbe voluto andare dai CC, ma ne fu - ovviamente, direi - dissuaso dal Lotti; ne seguì, con le poche strutture mentali delle quali era dotato, il consiglio ma - dalle mie risultanze - la loro amicizia si interruppe improvvisamente li', niente piu' girate, niente piu' bevute, niente di niente: ma la testimonianza del Pucci, per come immagino cosi' instradato dal Lotti già la domenica dell'8 set 85, servirà dopo 10 anni al nostro per suggellare la chiamata in correità di P&V.

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    9. Riporto un frammento più completo della telefonata di cui parli, in attesa che mi decida a sistematizzare il materiale di cui sono entrato in possesso di recente per poi metterlo in download

      G. che ti hanno detto più o meno?
      F. quando ti ho conosciuto....come ho fatto a conoscerti.
      G. ma te lo hanno detto subito di me?
      F. eh no !.... se io conoscevo a quelli della fotografia...se io non li conoscevo, se ti conoscevo.....la macchina.....la macchina era la tua.....
      G. come la mia?
      F. la macchina che hanno loro....hanno una foto della macchina.
      G. ma che macchina è?
      F. è la macchina rossa, quella sportiva che avevi.
      G. la macchina rossa?
      F. si
      G. ah, si...ah....io le ho avute...ah, quel coupè, il 128....ti hanno fatto vedere quello?.....ma quello è da quindici anni e più....
      F. poi una donna ....mi hanno fatto vedere la foto....io non l'ho mai vista. Mi hanno fatto vedere quattro fotografie.... no...no...io non li conosco. Io li conosco a questi due per via della televisione, poi gli altri due non li ho visti mai....no...no....io.....
      G. a me mi hanno tenuto troppo questa volta.....
      F. tu devi stare calmo....devi dire....
      G. io non sono calmo, son nervoso....te lo sai....tu mi conosci!

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    10. Sono d'accordo su tutto quello che scrivi, escluso la posizione di Pucci. Non credo che la sera in cui fu portato a Scopeti rimase in macchina ad aspettare Lotti. Se Lotti era tornato alla tenda era proprio per dimostrare a Pucci che non gli aveva raccontato balle sui due francesi morti, dopo un pomeriggio trascorso nell'inutile attesa della scoperta dei cadaveri. Quindi andarono tutti e due alla tenda. Credo anche che quella fu l'occasione in cui Lotti fece il noto taglio, del cui rumore di tela strappata Pucci si ricordava così bene dieci anni dopo.
      E' probabile che fino ad allora Lotti, che soffriva di non poter dimostrare a tutti di non essere il tapino che tutti credevano, avesse giocato con Pucci nel dire e non dire, nel dimostrare di saperla lunga senza raccontare la verità, ma non credo che già allora avesse potuto prevedere la duplicazione dei Mostri che sarebbe avvenuta dieci anni dopo. Credo anche che fu proprio dopo Scopeti che Pucci finalmemte capì che il Mostro era proprio Lotti.
      Sempre secondo me, forse già dopo la telefonata con la Nicoletti del 16 dicembre o forse dopo l'incontro con la Ghiribelli del 23, Lotti andò a cercare Pucci, e si mise d'accordo su che cosa raccontare al prevedibile interrogatorio di entrambi. Anche Pucci non era così scemo come quasi tutti pensano, capiva bene quello che stava rischiando, in ogni caso Lotti gli dovette dire chiaro che la loro barca era la stessa.
      Ho anche il sospetto che i due si accordarono sul solo Pacciani, e che i tre interrogatori di Pucci furono molto guidati. Dalla deposizione del fratello che lo aveva sempre accompagnato si apprende che già dopo il primo interrogatorio gli aveva detto di aver sentito la voce di Pacciani, mentre dal verbale non risulta.

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    11. Al processo CdM, in una situazione surreale (Lotti seduto nel banco immediatamente dietro al Vanni, che pero' dà in escandescenze non contro il grande accusatore - appena dietro di lui! ma conto il Pucci che sta deponendo sui fatti di Vicchio - subito dopo che Canessa legge al Pucci (che, a sentirlo parlare, pero', eh ...mica male, mi sembra) la deposizione resa in istruttoria: "...dopo l'omicidio fu lo stesso Lotti che mi disse che lui era stato presente all'omicidio, lui Lotti - voce di Pucci: "lui, ma io no" - ed aveva visto ammazzare i due giovani... Mi disse che ad ammazzare i due giovani erano stati Pacciani e Vanni,.. " Canessa: "Le disse cosi'?". Vanni: "unn'è vero nulla!". Pucci: "ma come unn'e' vero nulla?"), il Lotti in dichiarazione spontanea, ritengo per evitare che il Pucci dicesse a questo punto delle emerite caxxate, e con Vanni allontanato dall'aula, intende rimarcare : "si devo dire ... vediamo se ..le ho dette io ... a Fernando, .... quelle 'ose che successero ....gliele ho dette io a Fernardo". (!)
      La sensazione che ho, e non solo da queste battute, ovvio, che il Pucci non vide effettivamente alcunchè, assolutamente nulla a Vicchio, ma "nemmanco" a Scopeti; le uniche fonti per lui erano i racconti che GL gli propinava. Mia ipotesi: Il Lotti guardone spiava le coppiette, magari molte di queste gli venivano segnalate, tra un bicchiere di vino e l'altro, da Vanni - a Mario piaceva guardare, anche quando andava a prostitute....- arrivava sulle piazzole che aveva avuto modo gia' di esplorare piu' volte da solo od anche accompagnato dal Pucci; poi se la serata era buona, Pucci a nanna, nessuno in giro...bum bum bum, tagliava e se ne andava, allontanandosi nel buio della notte; il tutto con le motivazioni, che condivido, di Antonio, senza un vero motivo che potesse accomunarlo lontanamente ad un lust murder. Poi, che avrebbe dovuto fare? vantarsi col suo amico di aver combinato quel macello? No, pero' poteva ben dire di averlo visto fare, e di aver visto chi avrebbe sparato i colpi, e chi invece avrebbe tagliato: d'altronde, di quei siti, non sapeva anche il Pucci, che ad indicarli erano stati proprio P&V? chi meglio di loro avrebbero potuto impersonificare l'assassino?

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  4. Immagino uno scenario in cui gli inquirenti -Vigna e Giuttari in particolare- abbiano usato al meglio la loro enorme esperienza negli interrogatori. In particolare mi riferisco alla capacità di convincere l'indagato che "ormai i giochi sono fatti", che le risultanze sono tali che solo una confessione può migliorare le cose. Non è un reato infatti prospettare all'indagato, sulla base di riscontri e testimonianze, futuri scenari giudiziari e penali catastrofici. In questa ottica leggo alcune delle affermazioni di Lotti. "Ormai l'ho detto" "Mi hanno imbrogliato" significherebbe che, a posteriori, fuori dal clima dell'interrogatorio, si rese conto che qualche scappatoia l'avrebbe avuta se avesse tenuto duro e taciuto ma..."ormai" "l'ho detto". Difficile per uno che sa di essere colpevole (in quale misura in questa ottica non conta), reggere l'impatto dialettico di inquirenti abituati a trattare con terroristi e mafiosi di ogni risma. Soprattutto se è comunque riuscito a non raccontarla tutta, se spera di prendere meno anni di quanti si merita, se può ancora pensare e raccontarsi di essere lui il più furbo. Inoltre gli inquirenti ragionevolmente sapevano quale fosse la paura più profonda di Lotti, la sua "orwelliana" stanza 101. Un'ipotesi (a titolo d'esempio) è che non volesse trovarsi in galera tra i "comuni" in una cella affollata.

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  5. Non so Voi, ma a me, anche se avevo già - ed ovviamente, direi - letto e visionato molto sulla dinamica degli omicidi, mancava ancora una visione di dettaglio, non di insieme, si badi bene, della esatta posizione dei corpi nei veicoli crivellati dall'assassino. Scopeti a parte, si intende. Ebbene, questo per dire che il lavoro di Antonio mi ha permesso di capire, a distanza di tempo da quando ho iniziato ad interessarmi all'argomento, "dove" si trovassero esattamente i cadaveri e da dove verosimilmente siano partiti i colpi, riguardo agli omicidi piu' "lontani", quelli dal 74 all'81, i quali - a dire il vero non mi ero molto soffermato. Ed arriviamo all'82 ed all'83 (aspetto con ansia gli altri, ma sopratutto Borgo S.L.!), dei quale qui si è già trattato. Ebbene, per questi, la versione di GL, non tanto in merito alla dinamica - che questi avrà modo di "personalizzare" a suo piacimento, nulla togliendo od aggiungendo al risultato finale - ma alla posizione dei corpi ben si collega a quello che fu effettivamente trovato sulla scena del crimine. Vengo al dunque: su Giogoli, per esempio, sappiamo bene che il Mayer si trovava a dx e il Rush all'angolo sx del VW T1; e lo sappiamo, perchè ci sono le foto sui social, blog, emeroteche, ....Potremmo sostenere un dibattito pubblico sull'argomento, e parlarne a ruota per ore... Ma negli anni 80, od anche 90, quali strumenti ci potevano essere per poter fissare certe immagini e certe situazioni nella memoria di uno che manco la licenza elementare aveva? La lettura approfondita della Nazione dal barbiere, coi resoconti dettagliati dell'omicidio? oppure alla Taverna del Diavolo, dove notoriamente si disquisisce sui massimi sistemi del mondo? e vogliamo parlare dei colpi tirati da sx del camper? il nostro che fa, si fa leggere la notizia da un amico ben disposto, prima di tracannare si intende, e ne sarba memoria per anni ed anni? (anche adesso, se leggiamo su un giornale - ammesso che le notizie pubblicate siano oro colato - di un omicidio, a distanza di anni ci rammenteremmo forse di come sono stati trovati i corpi, o che macchine erano coivolte ?....). O più semplicemente, lui c'era?

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    1. Crant2
      Bellissimo intervento: dimostri che Lotti c'era senza neppure aver bisogno di citare i testimoni che videro lui o la sua auto nei luoghi dei delitti. Ai tempi era davvero impossibile che Lotti si potesse documentare arrivando a questi livelli di precisione. Probabilmente Lotti avrebbe avuto enormi difficoltà anche ora a reperire tante informazioni. Leggendo i verbali d'udienza si può notare come Filastò sistematicamente puntasse ad approfittare delle difficoltà lessicali di Lotti. Eppure spesso Filastò dal confronto ne esce sconfitto: sosteneva polemicamente, ad esempio, che il fuorgone WW avesse una sola porta laterale. Erano due, come diceva Lotti, benché Filastò fece finta di aver dimostrato per l'ennesima volta che Lotti non sapeva nulla. Ancora più eclatante il tentativo di convincere la giuria che Lotti avesse collocato le vittime nella cabina di guida.
      La mia ipotesi è che Lotti non fosse solo ma questo è tutto un altro discorso.

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    2. Crant 2, esempio peggiore non potevi scegliere. In udienza il 27 novembre Lotti sbaglia la posizione di una delle vittime e il giorno dopo è costretto a correggersi Si era espriso male).

      27 novembre:
      P.M.: Verso il dietro del furgone?
      Giancarlo Lotti: No, dalla parte di là dalla parte della parte del volano.
      P.M.: Dalla parte del furgone dove c'è il volano.
      Giancarlo Lotti: Sì.
      P.M.: Ma dietro, o sul posto di guida?
      Giancarlo Lotti: No, dalla parte della guida.
      P.M.: Dalla parte della guida, sì. Ma dico: nel dietro del furgone, o nel davanti del furgone?
      Giancarlo Lotti: Nel davanti.

      Poi il giorno dopo si corregge:
      Giancarlo Lotti: Dalla parte di dietro...
      Presidente: Sì.
      Giancarlo Lotti: ... un erano sulla guida loro, quei due, davanti...
      Presidente: Esatto, erano sulla parte del pianale di dietro.
      Giancarlo Lotti: Del pianale dove dormivan lì.
      Presidente: E uno era più dietro.

      Vabbé. Inoltre, non sa (o non ricorda) che dei colpi furono sparati all'interno del furgone.

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    3. Ti sei dimenticato una frase molto importante che precede quella del PM.

      GL: Che gl'hanno aperto... E quell'altro, vorsano... quell'altro sportello di là.

      Lotti stava parlando dello sportello, non dei corpi, ed in effetti lo sportello aperto era vicino alla cabina di guida. Probabilmente c'era uno sportello anche dietro.

      Ci sono comunque molti errori nei racconti di Lotti, il che però, paradossalmente, ne aumenta la genuinità, escludendo un lavoro preventivo di addottrinamento da parte degli inquirenti.

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    4. Il camper dei ragazzi tedeschi, degli anni '50, era un Vw Trasporter T1, diffuso tra i giovani di tutta Europa. Era dotato, oltre alle portiere lato guida e passeggero, di una doppia portiera per accedere alla cellula abitativa, con apertura a compasso, ed unico maniglione sulla portiera anteriore, quella piu' vicina alla porta del passeggero; la maniglia si apriva pigiando un pulsante, sollevandola e girandola di 45° verso il basso. Nei modelli "continentali", queste porte si trovavano, come è ovvio, sul lato dx del camper, lato strada, al contrario - come avviene ancora oggi - dei modelli prodotti per il mercato anglosassone. Non vi erano altri accessi alla cellula abitativa, nè vi si poteva accedere ribaltando i sedili guida/passaggero. Nella parte posteriore, c'erano due sportelli con apertura a ribaltina verso l'altro (dell'altezza pressapoco, 1/3 e 2/3) e che occupavano quasi interamente nella loro altezza la vista posteriore. Quello piu' piccolo ospitava il motore ed annessi (era il boxer del Maggiolino), quello piu' grande permetteva di accedere da dietro alla cellula abitativa. Il filo di chiusura inferiore di quest'ultimo era all'altezza del ripiano (un tavolaccio in legno) che ricopriva il motore, e sul quale era stato posto il materasso che ritengo fosse del tipo 1 piazza e mezza (in altre versioni, v'erano due materassi singoli, entrambi posti trasversalmente, uno posteriore ed uno dietro la fila dei sedili guida/passeggero). Normalmente,lo sportello posteriore grande era finestrato; quello di Giogoli, invece, era chiuso, di metallo, e non permetteva da dietro alcuna visibilità all'interno, probabilmente perche' si trattava di una versione ancora piu' spartana.


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    5. Lotti si basava sui ricordi e non era precisissimo (presumibilmente si aggiungeva lo sforzo di sminuire il proprio ruolo). Filastò traeva (o pensava di trarre) vantaggio dalla confusione. Faceva il suo lavoro comunque, era una strategia che non ha fruttato.

      "Avvocato Filastò: Lei ha visto che dentro il furgone c'erano dei ragazzi?
      Giancarlo Lotti: Per l'appunto c'era un vetro mezzo opaco, sicché un si vede tanto bene.
      Avvocato Filastò: Un si vede tanto bene. Però lei ha detto che aveva sparato contro il vetro. E ora si è capito che il vetro è il parabrezza.
      Giancarlo Lotti: Sì.
      Avvocato Filastò: Allora un l'ha preso, sa?
      Giancarlo Lotti: Come?
      Avvocato Filastò: Non l'ha mica preso.
      Giancarlo Lotti: No?
      Avvocato Filastò: No.
      Giancarlo Lotti: E avrò preso lo sportello, di preciso...
      Avvocato Bertini: Il parabrezza non l'ha mai detto. Nemmeno stamattina ha detto il parabrezza, eh.
      Presidente: Ha parlato di vetro opaco, ora, eh. Non è il parabrezza eh.
      Avvocato Bertini: Il parabrezza non lo ha mai detto.
      Presidente: Ora non confondiamo.
      Giancarlo Lotti: Ho visto il vetro opaco."

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  6. Opps, scusate, aspetto ovviamente la dinamica di Signa! anche se so sospetto gia' dove si andrà a parare ....

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  7. Supposizioni sono solo supposizioni, portatemi prove serie e inizierò a credere a lotti serial killer!

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  8. Non è questa la sede per discutere di Lotti a 360 gradi, prego tutti di lasciar perdere.
    Arriverà l'occasione anche su questo blog, intanto segnalo l'apposito topic sul forum di Ale, dove chi ha qualcosa di serio da dire può farlo.

    http://mostrodifirenze.forumup.it/viewtopic.php?t=2010&mforum=mostrodifirenze

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  9. Ciao Antonio , l'articolo su Vicchio uscirà trà breve?

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    1. Sarà il prossimo a uscire, ma in quali tempi non posso per adesso valutarlo.

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  10. ho cercato su google immagini una foto di un VW Transporter T1 con l'ultimo finestrino opaco basculante, come doveva essere quello dei tedeschi, ma non ne ho trovate. Qualcuno è più fortunato?

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  11. Il livello di personalizzazione del mezzo era talmente elevato che ha generato una miriade di versioni, difficilmente catalogabili se non per grandi linee; in effetti pero' quella di cui parliamo sembrerebbe una versione particolare, ma magari perche' proprio "entry level", si direbbe oggigiorno, o perchè modificata in economia: i vetri posteriori sono si' apribili a compasso, ma l'opacizzazione mi pare piu' che altro ottenuta con la sovrapposizione di un foglio di carta opaca adesiva (e la cosa, se confermata, non sembrerebbe da Vw) piu' che da un vero e proprio vetro smerigliato: la cosa non ha cmq molto senso (ed anche questo non sarebbe da Vw...), considerando che tutti gli altri vetri laterali erano tutti "a giorno", con buona pace della privacy, se questo era l'intento: e qui occorrerebbe capire se il mezzo era stato acquistato nuovo o, come ritengo, di seconda mano, con modifiche eseguite magari dal vecchio proprietario. Se fosse vero (che si tratta di un vetro con una telatura di carta adesiva) magari spiegherebbe perche' il colpo "d" di sx abbia forato il vetro senza frantumarlo, avendo avuto un maggior sostegno strutturale. Meno rara invece la presenza delle barre antiintrusione di serie, comuni ad altre versioni della casa tedesca. Omar, la tua curiosita' nasce da cosa? Il nostro mi pare accenno' a qualcosa riguardo alla difficoltà nel prendere la mira attraverso il vetro con ridotta visibilità...

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  12. In fase dim indagini il racconto è, more solito, molto scarno, almeno così mi risulta: ". lo mi trovavo dalla parte destra del furgone con Pietro vicino a me e sparai verso il vetro, quello dello sportello (come preciso ora).
    A domanda fattagli ora: quando io sparai lo sportello di destra ed il vetro erano chiusi". Nel successivo sopralluogo non mi sembra si parli di finestrini. Bisognerebbe verificare cosa disse in sede di incidente probatorio, ma al momento non sono in grado di farlo.

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  13. Omar, non vorrei (anzi, vorrei, eccome!) che tu abbia toccato, non so se casualmente o meno, un tasto dirimente a favore - quanto meno - della presenza di GL sulla scena di Giogoli.
    GL dice testuale : "... pero' il vetro sul davanti, .... sulla parte dove c'è il volano,.... c'era meta' vetro ....opaco... meta' ... sicche' io ho visto una lucina dentro....".
    Fermiamoci un attimo; il nostro dice un sacco di fandonie (o falsi ricordi ? chissà) commettendo errori su errori, ma cmq funzionali - consapevolmente o meno, non lo sapremo mai - al tirarsi fuori il piu' possibile, una volta ammessa la sua partecipazione, condendo il tutto con: "ero distante" / "non ho visto bene" / "si, ho sparato, ma non so se li ho presi" , ...; a domanda specifica, quasi mai / o addirittura mai risponde con un "non ricordo": per tutto ha una risposta, magari farfuglia, si incarta, in certi punti il suo eloquio è inestribabile e difficilmente ricostruibile, al limite dice castronerie, con evidenti errori di posizionamento spazio-temporale, ma risponde a tutte le domande postegli. Detto ciò, senza che gli venga chiesto specificamente introduce - nello stralcio della deposizione in aula, che ho riportato - il discorso del vetro opaco, per metà! E' vero, al solito sbaglia sul posizionamento di tale vetro (che non era di tutta evidenza dalla parte del "volano") ma ne parla! e - per favore - non ditemi che tra tanti elementi che potevano essere attenzionati da un mitomane leggendo / facendosi leggere i giornali (ammesso che lo abbia fatto), GL abbia serbato memoria di questo elemento assolutamente marginale! Tra l'altro, e lo abbiamo appurato grazie all'osservazione di Omar, non ce n'erano mica di camper come quelli col vetro opacizzato al posteriore! GL era presente nella scena del delitto di Giogoli, non so con che ruolo, ma certo questa immagine del vetro opaco che gli celava parzialmente la visione deve averlo colpito, magari quando, cercando il colpo perfetto, il "d" nella ricostruzione di Antonio, si è avvicinato al vetro e sbirciando dalla parte superiore - che era trasparente, e GL aveva l'altezza per arrivarci - - ha potuto prendere la mira precisa su un obiettivo che era cmq ormai immobilizzato all'angolo.

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    1. può essere... peccato non avere a disposizione il verbale dell'incidente probatorio

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    2. In mezzo ai farfugliamenti di Lotti vi sono tanti particolari delle scene del crimine che emergono come piccole gemme lucenti, a disposizione di chi voglia ragionare sul suo coinvolgimento nella vicenda. Li aveva appresi dai giornali e se ne era ricordato dopo dieci anni? Oppure si era riletto le cronache dell'epoca chissà dove? O, infine, erano stati gli inquirenti a ricordarglieli in colloqui informali dei quali nulla è mai emerso? Può essere tutto, ma a tutto va assegnato un livello di probabilità e plausibilità, che nelle tre supposizioni precedenti appare davvero basso.
      Questo del vetro mezzo opaco è uno dei particolari più eclatanti. Negli articoli dell'epoca se ne fa cenno in qualche riga, ma, ripeto, è plausibile che Lotti, ammesso che li avesse letti (ma con estrema fatica, dati i suoi ben noti limiti) dopo 13 anni se ne fosse ricordato? Altri esempi di particolari inquietanti sono gli spari ai fari di Baccaiano, l'accoltellamento di Pia Rontini fuori dall'auto, la presenza di una luce interna a Scopeti. In quest'ultimo caso addirittura la notizia è del tutto inedita, ma a parer mio è assolutamente veritiera, per un semplice motivo: se è vero che una lampada da campeggio non fu trovata, è impossibile che i francesi non ne avessero avuta una per i loro pernottamenti in boschi bui. Evidentemente quella lampada se l'era portata via l'assassino, che doveva avervi lasciato le proprie impronte insanguinate usandola per mutilare Nadine.
      Concordo con Omar che sarebbe necessario disporre della trascrizione dell'incidente probatorio per inquadrare meglio la vicenda. Per ora neppure io ne dispongo. Sarebbe ora che chi custodisce gelosamente i documenti mai pubblicati si mettesse una mano sulla coscienza e cominciasse a renderli disponibili a tutti. Ragionandoci in più teste magari verrebbe fuori qualcosa di buono.

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    3. certamente, se assumiamo la completa correttezza e completezza degli atti di P.G. che, anche grazie a te e alla tua fonte, conosciamo, Lotti sa dei delitti molto di più di quanto dovrebbe o potrebbe sapere.
      tuttavia, mi sembra che, ad esempio, sia alla Nicoletti che alla Ghiribelli furono fatte vedere delle foto senza che questo risultasse a verbale; che nell'interrogatorio di Pucci si sia parlato di pacciani senza che questo risultasse a verbale; che Pucci non sapeva cosa firmava; che la carmignani ecc.; in altre e semplici parole, non possiamo sapere cosa fu detto e mostrato a Lotti sia quando era testimone sia quando era indagato e poi imputato sotto protezione. non posso certo accusare nessuno, ma non mi sembra così impossibile che un passaggio di informazioni, così pour parler, ci sia stato. me lo fa pensare il fatto che L. sembra conoscere dei dettagli anche marginali e poi ignorare dei fatti di importanza fondamentale (es. lettera alla Della Monica; o cosa avviene alla fine di baccaiano). mi sembra ovvio che se non c'è stato anche involontario inquinamento L. è o complice o colpevole in toto.

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    4. Hai toccato un altro tasto dolente, Frank, poichè sulla conoscenza di molti particolari e la contemporanea non conoscenza di altri c'è da riflettere a lungo. La circostanza mi pare possa escludere un addottrinamento consapevole da parte delle forze dell'ordine, che di certo avrebbero fatto un lavoro migliore. Quindi, escludendo anche un'origine da letture autonome, visto il personaggio, resta in campo la sola ipotesi di un travaso frammentario durante interrogatori totalmente o parzialmente fuori verbale, come del resto ipotizzi tu.

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    5. sì, sono d'accordo; del resto su un sacco di cose tu e io ci capiamo, il che mi fa ovviamente piacere.

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  14. In questo blog sono state finalmente cancellate alcune leggende: il mostro poliziotto di Filastò, piste sarde abbandonate da anni dagli inquirenti e rispolverate da fantasiosi giornalisti... Però, come si è giustamente privilegiata la semplicità nella ricostruzione dei delitti, non si potrebbe usare lo stesso criterio nel valutare la posizione di Lotti e dei compagni di merende? Le contraddizioni nelle dichiarazioni di Lotti sono riconducibili a mio avviso a tre fattori: i tanti anni trascorsi dagli eventi (dai 10 ai 15, davvero molti...); la sua scarsa capacità di "registrare nella mente" gli avvenimenti e soprattutto di riferirne lo svolgimento; il tentativo di sminuire il suo ruolo negli stessi, che lo ho portato a diluire le ammissioni e a vuotare il sacco "a rate". Io mi fermerei qui: qualunque altra considerazione è arbitraria e non dimostrabile. E poi mi sembra improbabile che inquirenti dell'esperienza di Vigna (soprattutto) e Giuttari non avrebbero fiutato l'inattendibilità del testimone, se davvero avesse inventato le accuse nei confronti degli altri. Che poi possano essere stati addirittura gli inquirenti a "indottrinarlo" vedo che per fortuna sono in pochi a crederlo

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    1. @ Kozincev, seguendo il tuo discorso mi sfugge un particolare, il duplice omicidio del 68 come lo spieghi? lo hanno fatto i compagni di merenda? ciao

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    2. I compagni di merende sono stati condannati per gli ultimi quattro duplici omicidi. Non lo hanno commesso loro infatti. Il delitto di Signa fu compiuto dal Mele e da almeno un complice, purtroppo mai identificato. Ma gli altri delitti non sono riconducibili alla pista sarda: erano degli uomini violenti ma nessuno li ha visti nei luoghi dei delitti e non risulta fossero usi spiare le coppiette che amoreggiavano. Il giudice Rotella li prosciolse tutti nell'89. Non so quale sia la tua opinione, ma l'autore di questo blog ritiene Giancarlo Lotti l'unico assassino. Per me Pacciani non era un povero disgraziato vittima di un complotto giudiziario ma un furbo che in questa storia ha svolto un ruolo e che gli altri temevano

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    3. Se i cdm non hanno commesso l'omicidio di Castelletti, come sono entrati in possesso della stessa pistola responsabile di quel delitto? Conosco benissimo la teoria di questo blog, che frequento molto anche se ho scritto pochissimi commenti. Cercavo di capire se tu concordi con Antonio sul passaggio di mano della pistola la sera stessa dell'omicidio oppure no. Ciao

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    4. Non so cosa dirti, non riesco ad azzardare ipotesi perché tutte hanno dei punti deboli. A me onestamente che qualcuno (Lotti secondo l'autore di questo interessante blog) possa aver seguito le vittime e poi raccolto la pistola senza che nessuno lo notasse sembra poco probabile. Avrò poca fantasia ma mi pare più verosimile quello che diceva Vigna: vivendo nelle campagne, i sardi avranno incontrato molte persone; Pacciani era stato ad esempio molti anni in carcere e può aver conosciuto qualcuno che poi gli ha procurato la pistola. Io vorrei capire quali elementi collegano Lotti alla pistola: era uno che usava le armi? Secondo me è stato coinvolto negli ultimi delitti. Tu invece cosa pensi? Chi è l'autore del delitto di Signa, come è passata di mano l'arma e chi ha commesso gli altri delitti?

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    5. per Signa, io credo che non ci sia un solo autore, ma più persone nella sdc. la dinamica del 74, se non fosse per la stessa pistola, a me sinceramente farebbe pensare a 2 delitti del tutto scollegati, compiuti da una mano diversa. resta però il macigno della stessa arma. seppur usata in modo diverso. la mia conclusione, sicuramente banale, è che se la pistola non è mai passata di mano, o riusciamo a collocare uno dei cdm a signa, oppure la verità giudiziaria differisce da quella storica. se la pistola è passata di mano la sera del delitto di signa, o successivamente, restano aperte tante teorie fra loro diverse. io personalmente escludo la teoria dei mandanti esoterici, per molti motivi che sarebbero troppo lunghi da spiegare. le altre le ritengo ugualmente valide. certo, ammetto che faccio fatica ad immaginare un mario vanni che fa le escissioni o un pacciani a baccaiano a fare il tiro a segno.

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    6. E' un dato di fatto che la pistola fu lasciata sul posto. Lo disse Natalino, e non vedo motivo per non credergli, non essendo l'argomento oggetto di pressioni da parte di adulti. Il bambino vide lo zio Piero buttare via la pistola.
      Perchè la pistola fu lasciata sul posto? C'è un motovo di sicuro, e io so anche quale, almeno secondo i miei studi, e si accorda bene con la prima confessione di Stefano Mele, che, guarda caso, disse proprio di aver lasciato la pistola sul posto.
      Se si pensa che in quel momento Mele aveva scelto come complice Salvatore Vinci e che le indagini avrebbero portato a individuare a Villacidro una Beretta 70 scomparsa, si fa presto a fare due più due.
      In ogni caso qualcuno quella pistola gettata a terra se la dovette esser presa, Lotti o non Lotti.

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    7. Al racconto del bambino anche io credo: mi sembra genuino, e ha ragione lei sul fatto che non si capisce perché avrebbe dovuto mentire. Ma che l'arma sia stata raccolta dal futuro mostro, chiunque fosse, è un'ipotesi tra le tante. Potrebbe anche averla prelevata e fatta sparire uno dei complici di Stefano Mele. O averla raccolta qualcuno per caso, ed essere passata al mdf molto tempo dopo. I 6 anni trascorsi prima del delitto di Borgo non trovano purtroppo nessuna spiegazione convincente: dopo anni di incubazione si manifestò la follia omicida nel killer per poi restare sopita di nuovo per 7 anni ed esplodere con frequenza annuale dal 1981? questo è un mistero davvero insolubile. Santoni Franchetti aveva una posizione che non ho mai capito: non credeva tanto all'innocenza di Pacciani quanto al gruppo di assassini che si coprivano a vicenda. Lei ha mai capito quale fosse la sua teoria? è una semplice curiosità, ma non avendo Franchetti pubblicato libri (almeno a mia conoscenza) ed essendo da tempo scomparso è l'unica ipotesi che non ho avuto modo di approfondire. E poi perché insisteva sull'opportunità di sottoporre a una perizia psichiatrica Pacciani? Dove voleva andare a parare?

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    8. Credere al racconto del bambino, e non c'è alcun motivo per non farlo se non quello di mettere da parte un elemento assai scomodo per quasi tutte le ricostruzioni immaginate, può portare molto lontano, e non vedo il motivo per non esplorare tutte le strade conseguenti. Compresa quella che vede un estraneo al gruppo dei sardi raccogliere la pistola e usarla sei anni dopo. Si tratta di uno scenario che ha il pregio di spiegare molti aspetti del tutto peculiari di una storia che più peculiare non potrebbe essere. E che quindi non ci sarebbe da stupirsi se fosse partita in un modo completamente diverso da tutte le altre dello stesso tipo.
      Su quello che pensava Santoni Franchetti ho soltanto una vaga idea alla grossa, non so se esiste una sua ricostruzione della vicenda con tutti i particolari. E francamente non ho interesse ad approfondire l'argomento.

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  15. Il collegamento operato nel luglio 1982 tra Signa 68 e gli altri delitti non è cosa certa e assodata. E' di pochi mesi fa il ritrovamento, da parte di Vieri Adriani, di una richiesta datata agosto 82 in cui la procura chiede la restituzione di una lettera anonima che, nei fatti, sbugiarda Tricomi, Fiori, Rotella e "tutti gli artefici del girotondo". Questa lettera si aggiunge a tanti altri riscontri che fanno dubitare della bontà e della limpidezza del collegamento: la rottura della catena di custodia della prova; l'articolo appello dei cc di Borgo Ognissanti del 20 luglio 82; la sparizione degli originali fotografici dei bossoli e proiettili rinvenuti a Signa e altro. Voglio dire che nessuno dovrebbe sentirsi obbligato a credere che il collegamento sia una prova "provata" da cui non si prescinde. E' piuttosto un "colabrodo" che permette di ampliare le ipotesi.

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  16. Trasferisco qui la discussione come mi ha opportunamente suggerito. Aggiungo soltanto che l'altezza da terra dell'acromion (l'estremità della spalla) di Pacciani risultò in dibattimento di circa 1,40. Ritenendo maggiore di 3 cm. l'altezza di Pacciani all'epoca del delitto (cioè 1,67) rispetto al processo, risulterebbe compatibile con l'altezza di tutti i fori eccetto il primo (ma solo per pochi centimetri secondo Ognibene). Ci sarebbe anche da tenere conto delle gibbosità e degli avvallamenti del terreno su cui poggiava i piedi l'assassino. Purtroppo i giudici hanno avuto a disposizione molte fotografie che credo nessuno conosca. Mi pare onestamente che proprio per la dinamica estremamente concitata e imprevedibile questo delitto sia il più complesso da ricostruire.

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    1. E' però un fatto che anche le impronte di ginocchia a Vicchio facciano immaginare un assassino sul metro e ottanta, o di più se non era in punta di piedi. Quelle impronte sono in molti a far finta che siano state opera dello spirito santo, ma nessuno poteva averle lasciate se non l'assassino.

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    2. Ognibene spiegò le impronte come dei segni non recenti oppure con la presenza di un complice di statura tra 180 e 185 cm. Se non ricordo male, l'assenza di impronte sul tetto dell'auto e il fatto che le impronte delle ginocchia fossero molto ravvicinate secondo il giudice accreditavano proprio la presenza di un'altra persona, che avrebbe agevolato l'omicida ad estrarre il corpo della povera Rontini. Concordo con lei che una persona di elevata statura ha preso parte ai delitti, in veste di assassino unico o di aiutante: questo resta il dubbio. E per me Lotti un ruolo lo ha senz'altro svolto.

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  17. Ciao Antonio, complimenti per il lavoro svolto, una curiosità: invece di sparare attraverso i vetri perché non aprire una porta d'accesso, laterale o posteriore che sia? Grazie.

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    1. Secondo me per non perdere l'effetto sorpresa. Da una parte lo sparatore non sapeva se la porta laterale o posteriore erano bloccate, quindi, se avesse cercato di aprirle e non si fossero aperte, avrebbe allarmato i ragazzi inutilmente. Ma anche se non fossero state bloccate, c'era comunque il rischio che dentro avrebbero potuto accorgersi della manovra, quindi in qualche modo reagire.

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  18. Gentile sig. Segnini,
    le sarei molto grato se volesse prendere in considerazione 3 punti che sono a sottoporle qui di seguito (una ipotesi suggestiva riguardante Francesco Narducci, una notazione su Pier Luigi Vigna, sempre collegata al Narducci, e una richiesta di chiarimento sul porta-saponetta ritrovato in casa Pacciani). Trattando argomenti diversi ho preferito raccoglierli tutti insieme e pubblicandoli nello spazio commenti dell'articolo più recente del blog (addendum 15 maggio 2019).

    1. In un’intervista fatta alla moglie di Francesco Narducci, Francesca Spagnoli, nella seconda parte di quattro, (questo il link: http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2010/06/dichiarazioni-di-francesca-spagnoli_16.html) la vedova dichiara così: "Non riuscivo a rimanere incinta. Con suo padre mi sottoposi a ogni genere di controllo. Il mio ginecologo era mio suocero e mio cognato Pierluca. Perché fai quella faccia? E normale avendo degli specialisti in famiglia. Il guaio è che il desiderio di un bambino si trasformò in una Via crucis. Dapprima mi diagnosticarono una prolattinemia: perdevo latte per un problema ormonale. Mi prescrissero due compresse al giorno di una medicina che mi faceva svenire. Poi mio suocero scoprì che avevo l'utero retroverso, anche se questo, di per sé, non era la causa della mia presunta sterilità."

    Ebbene: vulve e mammelle sono asportate alle vittime del Mostro.

    A nessuno è mai venuto in mente che le due cose siano collegate? Che si facessero riti esoterici per invocare la fertilità e che servissero feticci di ragazze giovani uccise nelle notti di luna nuova?

    2. Le incollo il link dell’intervista a cui mi riferisco, rivolta a Pier Luigi Vigna: https://www.youtube.com/watch?v=WZa_crXgtjw

    2.A. minuto 14:44
    Cosa c'entra l'assenza del Narducci nei giorni del delitto (si trovava negli Stati Uniti) se l'accusa è di essere il mandante? Non è più sensato sparire in quei giorni proprio per non essere sospettato materialmente del delitto?

    2.B. minuto 32:29
    Perché il Vigna chiude il discorso ripetendo la storia del passaporto del Narducci quando gli viene chiesto di parlare della villa del suddetto? Narducci si trovava negli Usa durante i delitti, mi sembra di capire. Ma, a parte, come già detto, la domanda su cosa c'entri questo fatto, visto che il Narducci è stato accusato di essere il mandante; perché, aggiungo, Vigna tira di nuovo in ballo i viaggi del medico in America mentre si parla della villa? La villa non è mica il luogo del delitto bensì si ritiene fosse il luogo di riti esoterici e satanici. Non vedo quindi in che modo Vigna possa aver provato che Narducci era in America durante le presunte feste in villa. Le date su cui ha indagato Vigna possono essere soltanto quelle conosciute dei delitti (e in questo caso l'assenza del Narducci non lo scagiona affatto se lui è accusato di essere il mandante e non la mano) ma cosa c'entrano le date dei delitti con le feste? Mica Vigna poteva sapere, in qualità di inquirente, quando esse si svolsero e di conseguenza contrapporvi l'alibi del passaporto che colloca il Narducci altrove. Non vedo alcun nesso logico nel discorso del Vigna tra i due elementi: villa-alibi del passaporto.

    3. Okay, se il blocco per gli appunti tedesco Skizzen-Brunnen viene preso da Pacciani sulla scena del crimine, la polizia lo trova successivamente in casa sua, fa l'associazione vittime tedesche e passa a chiedere conferma alla sorella della vittima Meyer se un blocco per gli appunti simile fosse mai appartenuto al fratello. Ma il porta-saponetta? Come hanno fatto a individuarlo quale elemento probatorio? Ci sono mille oggetti in una casa. Qual è l'associazione fatta coi tedeschi? Perché proprio il porta-saponetta doveva assumere una valenza significativa? La sorella della vittima dichiara che poteva essere appartenuto al fratello ma solo dopo che il reperto è stato portato alla di lei attenzione. Come si arriva a selezionarlo in funzione delle indagini e del processo?

    Grazie per l’attenzione e il tempo che mi vorrà dedicare.

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    1. Signor Filippo, il suo tono garbatissimo mi mette in difficoltà rispetto agli argomenti che mi propone. A mio parere Narducci fu tirato dentro da chi voleva proseguire a tutti i costi le indagini per proprie ambizioni personali, ma con la vicenda del Mostro non c'entrava nulla, se non per le chiacchiere che erano nate su di lui.
      In ogni caso:

      1. Ma lei pensa davvero che dei medici avessero potuto pensare di curare i problemi di sterilità di una donna attraverso delle cerimonie esoteriche a base di feticci?

      2. Vigna semplicemente racconta all'intervistatore quali indagini vennero effettuate su Narducci poco dopo la sua morte, quando pervenne in procura a Firenze una segnalazione anonima. In quel momento di mandanti non si parlava.
      Certo, può essere suggestiva l'idea del viaggio in America per sviare i sospetti su di sè, ma che vuole che le dica, gli avvenimenti di una vita sono così numerosi che trovare qualche spunto per le proprie teorie non è per nulla difficile.

      3. Il portasapone venne sequestrato perchè aveva una scritta che poteva richiamare la lingua tedesca (DEIS). Tra l'altro le indagini successive non riuscirono a scoprire la ditta produttrice, a tutt'oggi ignota, come ignota quindi è la sua nazionalità.

      Ho risposto come potevo alle sue domande, purtroppo le mie idee sul caso sono del tutto differenti dalle sue, a quanto ho capito. Le segnalo un forum dove potrà trovare molti interlocutori ben felici di confrontarsi sui temi da lei sollevati:

      https://imostridifirenze.forumfree.it/

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    2. Sulla valenza come fonte delle interviste giornalistiche, chiedo ad Antonio il permesso di autocitarmi:
      "Personalmente, pur non disconoscendone affatto l'importanza, nutro una certa diffidenza sul valore quale fonte narrativa dell'intervista giornalistica a protagonisti diretti del caso, sia essa pubblicata a mezzo stampa, in video, o, come sempre più spesso succede oggi, in rete. Questo fondamentalmente per due motivi. Il primo, e ovvio, è che l'intervistato, al di fuori di qualsiasi vincolo giuridico, dirà solo quello che vuol dire nel modo in cui lo vuole dire, tacendo quello che ha interesse a tacere, per un qualsivoglia, anche più che legittimo, motivo; né l'intervistatore ha modo di indurlo ad una maggiore sincerità. Secondariamente, quando l'intervista viene condotta a lunga distanza dai fatti, valgono le considerazioni già fatte per le testimonianze in udienza; con l'aggravante che di norma il teste convocato in tribunale ha tutto il tempo e l'interesse a raccogliere i ricordi per fornire una testimonianza accurata, il che non è di fronte a un giornalista delle cui domande non occorre preoccuparsi più di tanto. Nelle interviste pubblicate o diffuse in rete le imprecisioni abbondano, certo non per malafede dei soggetti intervistati, ma per approssimazione, cattivo ricordo, anche solo espressioni verbali non felici e conseguentemente poco chiare. E' di tutta evidenza che un'intervista che sia in contrasto con una fonte primaria può essere tenuta in poca considerazione, a meno che il contrasto non venga adeguatamente giustificato."

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    3. Grazie mille, sig. Segnini, è stato molto esaustivo.
      Se me lo permette, prima di lasciarla vorrei rispondere alla sua risposta-domanda alla mia domanda n.1: se un medico le prova tutte e non riesce a rendere fertile la propria moglie, se costui arriva a soffrire disperatamente per il fatto in sé e per la propria impotenza in qualità di medico, se il padre di questo medico appartiene a circoli massonici, non vedo così assurda e stramba l'ipotesi della pista esoterica. Tanto più che questi contesti alternativi sono popolati da soggetti eruditi, tecnici profondamente convinti della loro visione lucidamente folle (o follemente lucida) della vita e della morte. Dubito che si possano compiere riti esoterici senza un'adeguata preparazione culturale e in assenza di una forte convinzione ideologica propria di un soggetto intelligente, cognitivamente attivo, interattivo e proattivo. Sul ceto sociale non entro nel merito, perché nel caso delle Bestie di Satana, ad esempio, l'estrazione sociale era quella riferibile al sottobosco proletario quindi non è necessario essere ricchi per apprezzare e praticare il mondo dell'esoterismo e del satanismo così come non è necessario, secondo me, essere poveri e ignoranti. Quello che mi sembra poco assurdo, anzi al contrario, realistico, razionale e coerente con le vicende del Mostro, è il fatto di dover tenere presente l'elemento delle escissioni. Se ci sono state, il contesto esoterico non è poi così assurdo, ragion per cui la domanda sul "chi può averle praticate?" (e con questo intendo la personalità e le sue motivazioni) mi sembra una possibilità più giustificata della perplessità riguardo alla effettiva probabilità per un medico di praticare riti esoterici. Mi sembra che tale perplessità derivi piuttosto da un limite precostituito, quasi uno stereotipo socio-culturale che ci impedisce di andare oltre la facciata. A volte la realtà supera le nostre aspettative e le nostre certezze. Spero di non averla infastidita con questa mia replica e la ringrazio molto per il link fornitomi, che visiterò prestissimo. Grazie
      P.S. A un ceto punto alla moglie del Narducci viene somministrato il valium per favorire le cure fertilizzanti e la Spagnoli dice nell'intervista di arrivare quasi a svenire, a sentirsi inerte. Mi pare una suggestiva immagine archetipica di una donna "quasi-morta" su cui intervenire al seno e ai genitali. Una sorta di scena embrionale, un antefatto scatenante, un'avvisaglia, che si ripete in seguito in forma più evoluta e incisiva nel contesto dei delitti e delle escissioni alle vittime del Mostro, sempre in relazione all'originaria causa.

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    4. Signor Filippo ma se lo scopo dei delitti erano i lembi di pelle dei cadaveri, da usare per aumentare la fertilità di una donna, attraverso non meglio precisati riti (ma la donna sarebbe stata consapevole di ciò? sarebbe diventata una involontaria complice o il rito si svolgeva senza che ella fosse cosciente?), per quale motivo in 4 duplici omicidi su 8 le escissioni non avvengono? Nel 1974 il Narducci era già sposato? Perchè avrebbe fatto quel delitto se le escissioni non ci sono?

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    5. Rispondo per l’ultima volta qui perché ho capito che non è il luogo deputato a simili disquisizioni, essendo il blog orientato su campi di indagine diversi da quelli che si vorrebbero sviluppare in questa discussione, e quindi chiedo scusa al sig. Segnini per questo mio ultimo intervento.

      Dunque: certo, come dice lei, la coppia nel 1974 non è ancora sposata.
      Ma quello che dico io è che i delitti con escissione avvengono soltanto nel lasso di tempo in cui i due sono sposati (1981-1985). Il fatto che prima del 1981 non ci siano state escissioni e nemmeno il matrimonio dei due mi sembrano due tasselli congruenti a supporto della stessa ipotesi: niente matrimonio fra i due, niente conoscenza, niente escissioni.
      Vediamo allora perché gli altri 4 delitti sarebbero avvenuti senza escissioni.

      PRIMA DEL 1981
      1. Delitti del 1968: non li ritengo opera del Mostro;
      2. Delitti del 1974: viene adoperato il tralcio di vite, che è simbolo di vita, potato per dare frutto (nel caso in questione usato quale surrogato del pene). Quale sia stata la funzione esoterica specifica dell’atto, non saprei dire. Ma il significato esoterico è ipotizzabile. Lo scenario omicida può quindi configurarsi benissimo quale contesto rituale in cui il Mostro opera per ragioni diverse e preesistenti rispetto a quelle della problematica a venire della Spagnoli, e a noi ignote, ma comunque espressione di un omicida che si firma quale soggetto dedito a pratiche esoteriche. In altre parole, non tutti i delitti di una serie devono necessariamente avere una motivazione comune; ciò che hanno in comune è la mano del loro autore.

      DURANTE IL PERIODO 1981-1985
      3. Delitti del 1982: il Mainardi tenta la fuga spostandosi con l'auto dal luogo deputato per il delitto raggiungendo una zona vicina al ciglio della strada; ne consegue che il Mostro non poté più operare al sicuro? Il fatto che il Mainardi respirasse ancora nel momento del ritrovamento (e questo è un fatto) è coerente con l’ipotesi che il Mostro sia stato costretto a fuggire prima di finire il lavoro (festa patronale di Cerbaia, afflusso di auto, qualsivoglia imprevisto di natura a noi sconosciuta, etc.)
      4. Delitti del 1983: le vittime sono due uomini.

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    6. Guardi che venne usato il tralcio di vite perchè era la pianta che nasceva in quel posto. In un agrumeto avrebbe usato qualcos'altro. Il posto non l'ha scelto l'assassino ma le vittime. Non si è portato il tralcio di vite da casa. Non vedo nulla di esoterico. Certo sarebbe una coincidenza formidabile che un killer di coppie trovi nella sua scellerata abitudine preesistente anche la soluzione ai problemi di fertilità della moglie. Immagino che per lei il Narducci abbia unito l'utile al dilettevole. Comunque sembra strano che qualcuno interessato ai feticci per questioni personali, anzi direi coniugali, non cerchi di controllare bene che le vittime non siano due uomini. Senza contare che il Narducci era un medico, possibile che non sapesse che la moglie non fosse fertile (ammesso che sia vero), prima di sposarla?

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  19. Salve Antonio, ho un dubbio che spero tu riesca a dissipare. Nel verbale del 13/09/1983, il teste Giovanni Nenci, dichiara chiaramente che Giovedi 8 c.m vide il furgone dei due ragazzi tedeschi nella piazzola, intorno alle ore 20,30.
    Giovedi 8 è il giorno che i due tedeschi entrarono nel territorio italiano e durante la serata (si presume a un orario piu o meno intorno alle 22) furono fatti allontanare dal metronotte Salvadori dopo che ebbero a parcheggiare in località Scopeti, dinanzi alle Cantine Serristori.
    Se cosi fosse, riepilogando, i due tedeschi arrivano a Firenze, occupano la piazzola di Giogoli alle 20,30 per poi cambiare idea e recarsi agli Scopeti, dove verranno mandati via dal Metronotte Salvadori.
    In alternativa potremmo supporre che alle 20,30 del Giovedi il Nenci non abbia visto alcun furgone, che i due tedeschi arrivano a Firenze, vengono fatti allontanare dal Metronotte Salvadori e riparano in tarda serata nella piazzola di Giogoli (nessuno però li vede arrivare).Tuttavia ci sono testimoni che, passando il venerdi mattina alle 7-7,30 davanti alla piazzola, NON vede nessun furgone.
    Dove hanno pernottato quindi nella notte tra giovedi e venerdi?

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    1. Se entrambe le testimonianze sono valide, l'unica spiegazione possibile è che i ragazzi avessero sostato a Giogoli, si fossero poi spostati per cercare un posto migliore, e fossero poi tornati lì dopo l'intervento del metronotte.
      Altrimenti bisogna considerare la testimonianza del metronotte errata, magari aveva visto altri due ragazzi.
      La testimonianza Nenci è abbastanza forte, poiché comprende sia la serata del giovedì sia la mattinata del venerdì. Che i due avessero pernottato a Giogoli mi pare abbastanza certo.

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  20. Buonasera Sig. Segnini. Ultimamente mi è stata fatto notare da amici una macchia di sangue sul cuscino che Horst stringe tra le braccia, come si vede anche dalla foto che Lei ha allegato in questo articolo, e secondo loro quella macchia non è compatibile con la posizione nella quale è stato rinvenuto il povero Horst. Loro avanzano l'ipotesi che il Meyer sia stato spostato in quella posizione dal Killer.
    Lei che ne pensa?
    Saluti, Livio

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    1. Da questa foto non si vede, ma il braccio sinistro del ragazzo è sotto, con la mano che sporge fuori. In sostanza Horst dormiva (o comunque era sdraiato) abbrancando il cuscino. Quindi di sicuro è da escludere qualsiasi macro spostamento: Horst era lì e lì è rimasto.
      La macchia è quella corrispondente alla ferita alla nuca. Potrebbe essere stato il solo cuscino a essere sfilato da sotto la sua testa, probabilmente dal killer che cercava di agganciarsi a qualcosa, o salendo prima di sparare o sporgendosi verso l'interno quando prese la rivista.
      Altra ipotesi, quella di Uwe che cercò di proteggersi tirando verso di sé il corpo dell'amico morto. In questo caso si spiegherebbe anche l'altra macchia di sangue, quella sotto il braccio sinistro, derivata dalla ferita al fianco, con le due parti prima a contatto.

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    2. Oppure, infine, potrebbe essere stato il Mostro a spingere il corpo alla ricerca di altre riviste.
      Però non ci vedo misteri dietro.

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  21. No nessun mistero. È più un interesse nel capire se il killer possa aver “giocato” coi corpi post mortem. Ho provato a darmi delle spiegazioni su quelle macchie ma ero interessato ad un suo parere a riguardo.
    Grazie mille

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  22. Antonio, un chiarimento che magari ti hanno già chiesto: è vero che Lotti dichiarò che i cadaveri erano davanti? Se sì, secondo te perchè?

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    1. Non è vero. Si trattò di confusione di lingiaggio. In dibattimento mulinarono tante parole attorno alle locuzioni “dalla parte della guida” e “dalla parte del volano” – che poi sarebbe il volante – con equivoci su davanti o dietro piuttosto che destra o sinistra.

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