Sull’uccisione di Susanna Cambi e
Stefano Baldi i giudici non disponevano della testimonianza oculare di
Giancarlo Lotti, ma soltanto delle confidenze che il presunto pentito avrebbe
raccolto dalla voce di Mario Vanni. Troppo poco per mandare in galera il povero
Giovanni Faggi, tirato in ballo dagli sbrodolii sia di Lotti sia di Pucci, ma
abbastanza per addebitare a Vanni anche quel duplice omicidio; in fin dei conti
uno più o uno meno non faceva granché differenza per lui. Ma quali riscontri
avrebbero potuto confermare quelle confidenze? Messa a dura prova dalla
difficile impresa, l’inventiva dei giudici riuscì a confezionarne soltanto due:
Uso
della stessa arma ed uso dello stesso tipo di cartucce per tutti i duplici
omicidi.
Stessa
persona e stessa mano in tutti i delitti in cui furono operate le escissioni
sul cadavere delle ragazze.
Nel primo punto vennero richiamate le ben note conclusioni delle perizie balistiche sull’unicità della pistola, mentre nel secondo vennero utilizzati gli studi dell’equipe De Fazio per affermare che le mutilazioni erano opera di una sola persona. Secondo i giudici si tratterebbe di “due riscontri particolarmente significativi, che collegano peraltro il presente duplice omicidio a tutti gli altri successivamente accaduti”. Certo, se Vanni e Pacciani erano colpevoli per i delitti da quello di Baccaiano in poi, si poteva senz’altro presumere che lo fossero anche per il precedente di Calenzano. Ma che quel delitto fosse da attribuirsi al cosiddetto “Mostro di Firenze” era universalmente noto senza bisogno di alcuna perizia, né sulle pallottole né sulle fotografie delle escissioni, Giancarlo Lotti lo sapeva bene come lo sapevano tutti, quindi di quale riscontro si poteva parlare? Poteva la circostanza costituire prova dell'asserita confidenza di Vanni? Riscontro valido sarebbe stato una conferma da parte dello stesso Vanni oppure di una terza persona, ma non era accaduto nulla del genere.
C’è da dire piuttosto che portando
le argomentazioni dei giudici alle loro naturali conseguenze, si sarebbero
dovuti addebitare a Vanni almeno anche il delitto di Scandicci e quello di
Borgo San Lorenzo, se non il primo di Signa (eterna bestia nera di ogni ricostruzione e per il quale era già stato
condannato Stefano Mele), nonostante che per essi Lotti non avesse ricevuto
alcuna confidenza. La pistola, infatti, restava quella, e la mutilazione di
Scandicci era stata attribuita dall’equipe De Fazio alla medesima mano delle
successive. All’apertura del processo lo aveva fatto giustamente notare Filastò,
chiedendo l’allargamento della discussione anche ai delitti non imputati dal PM
(vedi):
Dice il Pubblico Ministero perché ho la prova
solo per cinque. Strano, perché anzi, la prova avrebbe potuto dilagare, una
volta trovata la strada giusta e chiarire anche tutti quei dubbi e quelle
perplessità che riguardavano quei vecchi delitti. E poi soprattutto
contraddittorio, perché contraddittorio? Perché a suo tempo, quando impostò il
suo lavoro di prove il Pubblico Ministero con riferimento all'accusa Pietro
Pacciani, egli che aveva a danno diciamo di Pietro Pacciani soltanto degli
indizi che riguardavano l'omicidio di Giogoli e quello dei francesi, disse che
gli altri gli andavano addebitati con riferimento all'esistenza di un elemento
di prova importante che era rappresentato dalla unicità dell'arma. La famosa e
mai trovata pistola Beretta calibro 22. Ora mi smentisca, signor Pubblico
Ministero, se lei ritiene di farlo, leggete. Ecco, leggete la introduzione, la
esposizione introduttiva del Pubblico Ministero. Non un accenno a questa
unicità dell'arma; non un accenno a questo elemento di prova che è l'unica
certezza di cui voi disponete, tutti noi disponiamo in questo processo. Ce ne
sono qualche altre, ma questa è la più cospicua. Perchè? Se gruppo criminale o
autore unico che sia, c'è una unicità sotto il profilo quantomeno della unicità
dell'arma, perché falcidiare così il capo di imputazione?
Inseguendo le sue teorie
imperniate su un gruppo di criminali nell’ambito della pista sarda anche
Santoni Franchetti aveva chiesto di discutere dei primi tre delitti. Ma i giudici
avevano risposto picche sia a lui sia a Filastò. Perché allora invocare il loro argomento principe, l'unicità della pistola, nell’ambito dell’attribuzione a Vanni del delitto di Calenzano?
Scusa Antonio ma in quale contesto Pucci riferisce della presenza di Faggi? Secondo te lo foce sempre per il solito motivo di Scopeti?
RispondiEliminaIl contesto è quello di un regalo a chi lo stava interrogando, il 18 aprile 1996. Noi abbiamo il verbale riassuntivo, ma non si sa come siano andate le cose davvero. Se guardiamo alla deposizione di Pucci al processo se ne può però farsene un'idea. Se davanti a un tribunale si ebbe il coraggio di guidare le sue dichiarazioni in quel modo così scandaloso, nel chiuso di una stanza con il PM e tre poliziotti cosa successe?
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