mercoledì 17 febbraio 2021

Telefonate minatorie e notizie di reato

Come mi ero ripromesso, pur disponendo di poco tempo, eccomi qui ad approfondire la risposta provvisoria (vedi) alle recenti rimostranze di Giuliano Mignini riguardanti i miei ultimi articoli sull’inchiesta Narducci. Nel frattempo l’ex PM è intervenuto ancora (vedi) con uno scritto che riporto qui sotto.

Gentile dr. Segnini, la sua risposta mi conferma quello che ho sempre detto. Lei ha una concezione tutta sua del processo penale e, soprattutto, della sua genesi e sono costretto a cercare di chiarirlo fermo restando che, di fronte a qualcuno che ha fatto il magistrato, lei ascolti con la volontà di capire quello che le sto dicendo del processo visto che lei non è assolutamente competente in materia giudiziaria come io non lo sono in ambito medico o ingegneristico. Per mia scelta culturale, mi interesso invece personalmente di storia, locale e non solo.
Detto questo e riservandomi di risponderle più dettagliatamente in seguito, io le rispondo subito sui tre punti che lei ha creduto di individuare come critici nelle indagini da me condotte.
Allora, cominciamo con la genesi delle indagini, un argomento di cui ho sentito parlare in relazione alle indagini da me condotte mentre generalmente si parla dell’esito dei processi.
L’inquirente deve partire da qualcosa che è la notizia di reato. C’è una notizia che può essere riferita dalla polizia giudiziaria, o appresa direttamente dal magistrato o emersa in altro procedimento e che dà luogo ad un procedimento distinto.
Il magistrato non sa nulla di questa notizia. Può anche saperne dalle voci correnti che sono più o meno determinate ma, come tali, non valgono finché non siano confermate.
La notizia è all’inizio, più o meno circostanziata ma va verificata e le indagini servono a questo. E deve essere verificata perché in Italia vige il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale.
E allora il magistrato fa le indagini che possono portare alla conferma della fondatezza della notizia o alla sua negazione.
Quando io dico che è indiscutibilmente indifendibile quello che è stato fatto sul pontile aggiungo che, per di più, non si trattava di bazzecole ma di una vicenda che, in ipotesi (per allora), c’era di mezzo la vicenda del Mostro di Firenze per la quale il Narducci era sospettato sin da prima della morte come riferito, tra gli altri, dall’App. CC. Pasquale Pierotti. L’isp. Napoleoni, presente sul pontile, è quello che aveva svolto indagini relative al Narducci sin dal delitto degli Scopeti.
Ho fatto le indagini e il procedimento principale, quello De Robertis, si è concluso con l’ordinanza irrevocabile che ha recepito integralmente l’assunto accusatorio. E questo provvedimento è rimasto in piedi a differenza di quello Micheli che è stato definitivamente travolto dalla Cassazione che ha salvato il capo sull’associazione solo per discutibili ragioni di opportunità ma aveva riconosciuto la fondatezza del mio ricorso anche sull’associazione. Poi i ritardi gravissimi, sottolineo gravissimi, verificatisi non certo per colpa mia hanno determinato la prescrizione di tutti i reati meno uno.
E allora ? Di che stiamo discutendo?
Quanto all’aspetto linguistico e, aggiungo, storico, non ha alcuna rilevanza sulle telefonate Falso. Quanto all’Umbria, esisteva al tempo di Augusto ma non comprendeva Perugia che era una delle capitali dell’Etruria e andava, l’Umbria o Sexta Regio, da Assisi fino all’Adriatico. Comunque, a quanto ricordo, le voci delle telefonate erano tutte dell’Umbria orientale e, quella femminile, era piemontese ma i dialetti o parlate non seguono quasi mai i confini amministrativi odierni.
Passiamo alla competenza. Le assicuro che l’inquirente ed io nella fattispecie sono stato sempre animato dalla ricerca della verità che non è un’opinione.
Per questo, ho pagato, insieme all’amico Giuttari, un prezzo altissimo ma ne sono uscito vincitore e ora è in piedi una causa di responsabilità civile contro magistrati della Procura ma soprattutto del Tribunale di Firenze.
Chi non ha fatto il suo dovere, invece, non ha subito danni di sorta. Questa è una certa Italia.
Chi è competente, ha titolo per parlare di un certo argomento. Chi non lo è, non ha titolo giuridico.
La saluto.
Perugia 8 febbraio 2021


Egregio dottor Mignini, nel suo precedente intervento lei mi ha rimproverato “la confusione, la prolissità e la conseguente mancanza di chiarezza dell’esposizione. Scrivere tanto non serve a nulla”. Non è lo stesso giudizio di altri, ma prendo comunque atto del suo legittimo punto di vista, di conseguenza in questa sede farò quanto è nelle mie possibilità per migliorarmi, condensando in un paio di pagine di Word, o poco più, i miei scritti sulle telefonate minatorie e la partenza dell’inchiesta Narducci. A beneficio suo, che se vorrà potrà fare le sue osservazioni, e di tutti quei lettori che non hanno voglia di addentrarsi in una vicenda narrativamente poco gradevole, nondimeno storicamente significativa. Ma prima sento il bisogno di una replica sulla questione della competenza in materia giudiziaria, che lei mi rimprovera di non possedere bocciandomi sul nascere ogni velleità di analizzare la sua inchiesta. Ne devo arguire che il suo lavoro possa essere giudicato soltanto da un collega? Mi sembra una pretesa un po’ eccessiva, neppure fosse un trattato di fisica quantistica!
Che io non sia competente in materie giudiziarie è vero, solo però quando per competenza s’intenda la capacità di esercitare il mestiere di magistrato. Per la ricostruzione storica che sto cercando di portare avanti, infatti, una laurea in legge non mi è necessaria, come non mi è mai stata necessaria – mi si perdoni la digressione – una conoscenza specialistica delle varie materie che in una ormai lunghissima attività di professionista nel campo del software applicativo sono stato costretto ad affrontare. Davanti alla necessità di produrre strumenti di lavoro per le tipologie di committenza più varie mi sono sempre rimboccato le maniche e ho studiato la materia. Non sono divenuto né un assicuratore, né un contabile, né un agente letterario, né un amministratore di condomini, neppure un investitore di valori mobiliari e tantomeno un progettista di cavi elettrici – potrei continuare ancora per po’ – ma ho imparato il linguaggio di tutti, anzi, ho dovuto imparare il linguaggio di tutti, pena il cambio di mestiere.
Lo studio della vicenda del Mostro di Firenze è per me una semplice passione, non un lavoro, ma in esso applico la medesima metodologia, cercando sempre di acquisire le informazioni necessarie prima di affrontarne i vari aspetti. Nel caso di specie – la partenza dell’inchiesta Narducci – sono andato a documentarmi su come viene aperto un procedimento giudiziario, potrà verificarlo leggendo qui. Mi sono soffermato sui cinque registri, e, avvalendomi di questo testo, anche sulla notitia criminis, sulla quale lei mi ha recitato la sua lezione, e la ringrazio. Non avevo capito nulla? Può darsi, però chi intende sostenerlo lo deve dimostrare, trovandomi in quel caso più che disponibile a ogni rettifica che si renda necessaria.
Ancora una premessa prima di andare sul concreto. Lei mi rimprovera la mancanza di chiarezza, ma dove sta la chiarezza nei suoi due scritti? In essi ha bocciato il mio lavoro senza rispondere su nessuna delle questioni che vi vengono sollevate, disquisendo di tutt’altro. Argomenti importanti, beninteso, ma fuori tema, e sui quali avrò modo di esprimere il mio parere in altra sede. Scrive giustamente un mio lettore, riferendosi al suo primo intervento:

Più che rileggo l'intervento di Mignini più che mi sembra veramente fuori fuoco, forse hai ragione e magari l'ha letto di fretta. Di tutto quello che hai scritto si è indignato per la storia degli accenti? Io, francamente aspettavo sì delle risposte, ma su cose ben più importanti come la telefonata minatoria partita da un commissariato umbro o il fatto che oggi, grazie a questi documenti, possiamo affermare con certezza che l'inchiesta Narducci partì prima delle telefonate alla Falso.

Nel secondo intervento parla di tre punti che, secondo lei, avrei creduto di individuare come critici nelle indagini ma poi non li elenca né tantomeno li affronta. In verità, pur molto sbrigativamente, uno sì, quello della notizia di reato, ma gli altri? Spero non abbia voluto intendere l’aspetto linguistico e l’identificazione dell’Umbria storica…
Ma adesso è davvero arrivato il momento di andare sul concreto, con l’esposizione sintetica in tre capisaldi del mio lavoro di ricerca sulle telefonate e sulla partenza dell’inchiesta Narducci. Va da sé che la lettura dei due articoli originali (qui e qui) risulta comunque necessaria se si pretendono le relative dimostrazioni.

Narducci nelle telefonate. Per anni si è creduto che l’inchiesta Narducci fosse stata innescata dalle telefonate minatorie a un’anonima estetista di Foligno, la signora Dorotea Falso: “Ricorda il dottore amico di Pacciani... traditori di Satana... I traditori Pacciani e il grande medico... Narducci... finito nel lago strangolato”. A sostenerlo, oltre a Giuttari nei suoi libri – invero non sempre rispettosi della verità – era stato anche lo stesso pubblico ministero, come in un frammento della sua requisitoria leggibile qui. Pertanto mi stupii moltissimo scoprendo, una volta entrato in possesso delle trascrizioni di quelle telefonate, che Francesco Narducci vi veniva nominato per la prima volta – come “l'amico di Pacciani… del lago Trasimeno” – il 18 maggio 2002 alle ore 12:36! Quindi ben sette mesi dopo l’apertura del procedimento giudiziario sul suo presunto omicidio (25 ottobre 2001) e il successivo ascolto di qualche decina di testimoni, nonché il presumibile completamento della perizia sugli atti del professor Pierucci (giorno di consegna ufficiale: 22 maggio 2002).
E allora cosa diavolo c’entrano le ridicole minacce telefoniche all’anonima estetista di Foligno con la partenza dell’inchiesta Narducci, la quale, alle ore 12:36 del 18 maggio 2002, non soltanto era partita, ma aveva già percorso chilometri e chilometri?

I telefonisti. Le sorprese nate dall’esame della documentazione non erano affatto finite, anzi, ne emergeva una parte ancora più inquietante. Chi erano questi telefonisti e perché avevano fatto riferimento a Pacciani e in seguito anche a Narducci? Sappiamo che l’unico condannato – con patteggiamento – è stato un certo Pietro Bini, di Cannara, un individuo che dai documenti sembra non avesse avuto nulla a che spartire con Dorotea Falso. E con la questione Narducci c’entrava qualcosa? Parrebbe di no, poiché in nessuno dei relativi procedimenti risulta mai essere stato interrogato, il che francamente appare strano, visto che proprio grazie alle sue minacce quei procedimenti sarebbero partiti. Viene da chiedersi: e se avesse fatto parte della setta che stava dietro ai delitti del Mostro e le sue telefonate fossero state un depistaggio?
In realtà lo studio della documentazione porta a ritenere Bini un personaggio dietro il quale è rimasto nascosto il gioco di chi ha tramato per spingere la pista Narducci attraverso le telefonate. Per un anno e più a minacciare l’estetista erano stati il fratello del marito e la moglie di questi, dei cognati insomma, per motivi che non travalicavano il campo delle beghe familiari, con anche l’incendio di un fienile, il taglio delle gomme di un’auto e un foglietto intimidatorio lasciato in giardino. Dopo varie denunce presentate al commissariato e ai carabinieri di Foligno, il 29 settembre 2001 avviene un fatto nuovo: Dorotea Falso consegna alla questura di Perugia due cassette dove ha registrato le ultime telefonate minatorie. E al fatto nuovo delle cassette se ne accompagnano almeno altri due, con una concomitanza francamente sospetta. Innanzitutto in alcune telefonate, cosa mai successa prima, viene fatto riferimento a Pacciani. Poi il cambio dei due telefonisti. A dircelo sono le questioni linguistiche. Chi trascrisse le telefonate rilevò nella voce maschile un accento toscano, mentre una perizia fonica di qualche anno dopo avrebbe individuato in quella femminile un accento piemontese; entrambi i cognati della Falso erano nativi di Foligno e ivi residenti.
Bisogna a questo punto chiedersi di chi fosse stata l’iniziativa di registrare le telefonate; poco credibile della Falso, soprattutto per le concomitanze sopra indicate. E viene anche da chiedersi che cosa avesse avuto a che fare con questa faccenda il dirigente di polizia che risultò indagato e poi prosciolto. Indagato perché e prosciolto perché? Il sospetto che qualcuno si fosse inserito in una questione personale della Falso introducendovi le vicende fiorentine è legittimo, come è legittimo il sospetto che in qualche modo questo qualcuno avesse avuto a che fare con le forze dell’ordine. Va anche detto che indagata e prosciolta risulta pure la baby sitter del figlioletto della Falso, il cui marito era un poliziotto fratello di altri due poliziotti. Una coincidenza?
Dopo la consegna delle prime due cassette le telefonate continuarono, poi ebbero un momento di stasi. Fino a quando, nel maggio 2002, l’inchiesta non cambiò passo, con la consegna della perizia sugli atti da parte del professor Pierucci, la conseguente decisione di riesumare la salma e l’uscita del tutto sui giornali. Con un sospetto anticipo di pochi giorni – accesso a informazioni riservate? – le telefonate ricominciarono e finalmente entrò Narducci.
Dopo questa ripresa le telefonate andarono avanti, e, come si desume dai verbali di trascrizione, ancora per un po’ con la voce maschile dall’accento toscano. Poi, a partire dalla trascrizione della cassetta 10 datata 24 agosto 2002, l’accento toscano sparì e probabilmente entrò quello umbro, in seguito rilevato dalla perizia fonica. Il trascrittore, infatti, non scrisse più di accento toscano, in compenso evidenziò la parola “subbito”, con un raddoppio della “b”, molto probabilmente compatibile con la parlata di Cannara. Se così fosse si potrebbe associare tale cambiamento all’arrivo di Pietro Bini, quello stesso Bini che si sarebbe dichiarato colpevole ottenendo un patteggiamento che si fa fatica a comprendere, non avendo denunciato i suoi complici.
Edit 1/9/2021. Da un controllo più accurato è emerso che l'indicazione di accento toscano sparì dalle trascrizioni con la cassetta 11 – data verbale 19/11/2002 – e che la parola “subbito” nella cassetta precedente era stata pronunciata dalla voce femminile.

La notizia di reato. Non è questa la sede per disquisire attorno alla locuzione “notizia di reato”, che il codice penale usa senza definirla. Basti il suo significato intuitivo, e la consapevolezza che una notizia di reato sta alla base di ogni procedimento giudiziario: non può esserci procedimento giudiziario senza notizia di reato, e data una notizia di reato (s'intenda: della quale sia stato verificato il fondamento) deve esserci un procedimento giudiziario, lo impone la legge con il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale. Ma una notizia di reato è anche una notizia in senso generico, e non tutte le notizie sono anche notizie di reato, nonostante una loro eventuale vicinanza all'ambito giudiziario. Immagino che per un magistrato distinguere non sia sempre facile, non a caso esiste il registro modello 45.
La notizia di reato con la quale venne aperto il procedimento giudiziario 17869/01/44, il 25 ottobre 2001, era quella del presunto omicidio di Francesco Narducci (art 575 e relative aggravanti). Ebbene, faccio fatica a comprendere il modo in cui, fra i tre elencati nell’intervento di Giuliano Mignini, tale notizia fosse nata. Riferita dalla polizia giudiziaria? No, poiché l’informativa dove Angeloni chiedeva di poter procedere non parlava affatto di presunto omicidio, ma di presunto suicidio (vedi) e comunque si trattava soltanto di voci di popolo. Emersa in un altro procedimento? Non si comprende quale, a meno che non si voglia intendere quello delle minacce telefoniche, dove però di Narducci non c’era neppure l’ombra. Appresa direttamente dal magistrato? Si tratta dell’unica strada percorribile, previa la necessaria sostituzione del termine “appresa” con il più appropriato “ipotizzata”. Allora percorriamola, questa strada, come fossimo stati noi il PM che doveva decidere.
Vediamo gli elementi in gioco. Sopra il tavolo c’erano le irregolarità sulla tumulazione della salma, la cui più ovvia origine andava però ricercata nel desiderio di una famiglia potente di evitare l’autopsia e nello zelo con cui alcune autorità locali si erano messe a sua disposizione. Con il che non c’era alcuna notizia di reato, comunque non tale da consentire l’apertura di un procedimento giudiziario, poiché eventuali reati risultavano ormai prescritti. L’unica era guardare dietro le quinte e chiedersi il perché: perché la famiglia Narducci aveva voluto evitare l’autopsia? Anche in questo caso c’era una risposta ovvia: se il loro congiunto si fosse suicidato, come era sempre parso probabile – lo aveva scritto lo stesso Angeloni nella sua informativa – l’autopsia e l’esame tossicologico lo avrebbero fatto emergere. Per i familiari un’eventualità da evitare a ogni costo, data la notorietà del cognome Narducci in ambito locale: tutti ne avrebbero parlato, i giornali ne avrebbero scritto, e il loro dolore non avrebbe potuto far altro che crescere.
Sul tavolo c’erano però anche i sospetti sul coinvolgimento di Narducci nelle vicende del Mostro di Firenze. Sospetti sui quali in verità la procura aveva già indagato, giungendo alla conclusione che erano ingiustificati, sia per la mancanza di elementi a sostegno sia e soprattutto perché il soggetto era impossibilitato a compiere almeno il delitto di Calenzano, trovandosi in quel periodo negli Stati Uniti. In ogni caso, se anche Narducci fosse stato il Mostro, il suo suicidio avrebbe già chiuso la questione, quindi all’orizzonte ancora nessuna notizia di reato.
Ma qui entra un elemento del tutto nuovo: l’ipotesi di Giuttari che i delitti del Mostro di Firenze fossero delitti su commissione, eseguiti dalla scalcagnata banda dei compagni di merende per conto di una fantomatica setta satanica che avrebbe ucciso Narducci per impedirgli di parlare. Nel nuovo scenario poteva quindi configurarsi la notizia di reato dell’omicidio, costruita a tavolino sulla base di tre elementi tutti molto deboli, dei quali due ipotetici e un terzo reale ma spiegabile in modi assai più semplici. Quello spiegabile riguardava le irregolarità di tumulazione, delle quali si è già detto. Il primo degli ipotetici poggiava sulle chiacchiere della gente. Ma chiacchiere simili avevano colpito molte altre persone innocenti, e non si vede perché a quelle su Narducci si sarebbe dovuto attribuire maggior spessore. Il secondo è l’ipotesi dei delitti su commissione, basata su una valutazione malevola e sbagliata dei soldi di Pacciani – mi è bastato far due conteggi e incrociare qualche data per dimostrarlo (vedi) – e sul labilissimo e sospettosissimo accenno di Lotti al dottore (vedi), peraltro respinto dalla sentenza di secondo grado. Del resto, pur ostacolato dai tentativi dei superiori di porgli un freno (vedi), sui mandanti Giuttari aveva già indagato a lungo, non rimediando null'altro se non la brutta figura alla villa dei C. a San Casciano.
Dove si è arrivati partendo da questa notizia di reato costruita in un modo quanto meno artificioso, alla quale non credo si potesse applicare il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale? A nessun risultato processualmente valido. I presunti uccisori di Narducci, come anche i mandanti dei delitti del Mostro di Firenze, sono rimasti dei fantasmi alla cui esistenza oggi come ieri è davvero difficile credere, sia per una questione di semplice buonsenso, sia perché non hanno lasciato neppure una traccia. In compenso si sono spesi milioni di euro che di sicuro il contribuente avrebbe avuto maggior interesse a vedere impiegati in inchieste più ordinarie. Esclusa forse qualche decina di appassionati, felici di potersi baloccare all’infinito con i misteri delle sette e dei doppi cadaveri.

12 commenti:

  1. Chiedo ai miei lettori prudenza nei loro commenti, è facile sconfinare senza accorgersene nel reato di diffamazione. In secondo luogo non vorrei instaurare dei dialoghi botta e risposta, quindi eviterei domande dirette a Giuliano Mignini.
    Grazie.

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  2. Scusa, hai ragione. Approfondendo questa vicenda è facile farsi prendere la mano... Che ne pensi delle indagini di Napoleoni, a quando pare iniziate dopo Scopeti?

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    1. Dissento completamente dalle posizioni solite su Napoleoni. Ho molto materiale che mi pare dica tutt'altro. Sarà oggetto del prossimo articolo, ma non posso dedicarmici in tempi brevissimi.

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  3. Mi scusi ma ho battuto un tasto sbagliato.Stavo dicendo che le teldfonate sono state registrate daa estetista quando le riceveva e sono state via via trascritte con urgenza dalla Squadra Mobile. Poi. nel 2002 io ho delegato la mobile a nominare un CT che le trascrivesse. Ho molto da fare e avevo ancora più da fare all'epoca ma cercherò di trovare il tempo per risponderle. Sarà fatica sprecata perché lei non vuol sentire. Cosa vorrebbe dire ? Che mi sono inventato come partire? Io non so se è questo ilsuo pensiero. Se è così. lo dica apertamente perché questa sarebbe diffamazione. La informo. Sarebbe l'unico caso al mondo e come mai Canessa mi chiede subito il collegamento di indagini. sin dal 9 novembre 2001 ? Le rispondero' stia tranquillo ma non metta in dubbio la mia onesta' e correttezza.

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    1. Se a scrivere è lei, dottor Mignini, sappia che ho ricevuto soltanto questo frammento. Se vuole può riscrivere, tenendo presente che questi commenti non possono superare una certa dimensione. Li spezzi e nel caso sarò io a riunire le parti in una pagina unica.
      Intanto la prego di non percorrere la strada delle minacce, qui si tratta soltanto di fare chiarezza su una vicenda che ha segnato profondamente la nostra società. Non metto in dubbio la sua correttezza di magistrato, però non può impedire che il suo lavoro venga sottoposto a una revisione critica. Io, da semplice appassionato, mi sto muovendo nel solco delle mie originarie dichiarazioni d'intenti leggibili qui.

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  4. Ma se Narducci avesse avuto una malattia tipo l'AIDS, facendogli l'autopsia lo avrebbero visto a 17 anni dalla morte?

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    1. Bella domanda. Probabilmente sì, ma sicuramente non l'hanno cercato, altrimenti si saprebbe.

      Esempio

      https://www.unipi.it/index.php/news/item/11594-identificato-il-virus-dell-epatite-b-in-una-mummia-di-450-anni-fa

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  5. In effetti stavo pensando alla versione sempre resa dai familiari. La famosa telefonata ricevuta all'università potrebbe essere stata effettuata da un dottore che gli comunicava una malattia mortale. Questo spiegherebbe l'urgenza di chiamarlo davanti a tutti e il gesto repentino di imbottirsi di droga e scappare al lago. Nel caso dell' AIDS pensiamo a che scandalo sarebbe stato se qualcuno lo avesse saputo. Ciò avrebbe portato anche a ipotizzare la sua omosessualità. Sai che scaldalo visto che eravamo nel 1985 e non nel 2021... Mentre per quanto riguardo un tumore? Lo avrebbero visto dagli esami del sangue e dall'autopsia?

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    1. Secondo me, visto il discorso del fratello fatto a Gianni Spagnoli, i familiari temevano che si scoprisse l'uso di meperidina, associabile allo stordimento a scopo di suicidio.
      Sui motivi della decisione estrema l'ipotesi dell'AIDS è verosimile. Nel 1985 si trattava di una malattia associata agli omosessuali, e le prospettive di cura non erano confortanti. L'idea di doverla affrontare poteva mandare in paranoia tutti. Diverso il discorso di un tumore, che non ledeva l'onore della persona e in ogni caso poteva essere affrontato con qualche speranza.
      Non so se l'autopsia avrebbe potuto rilevarlo, dipende dal tipo, credo.

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  6. In più, per quanto riguarda l'AIDS, aggiungiamo che dall' ipotetico momento in cui lo viene a sapere, F.N deve fare i conti con il rimorso e la preoccupazione sia di averla attaccata alla moglie, sia il dover affrontare uno scaldalo indelebile per se stesso, per la propria famiglia ed anche per la famosa famiglia della moglie. Secondo me questa ipotesi sarebbe da approfondire, magari potrebbe essere una questione che potresti sottoporre al' ex Pm...

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  7. @il collega
    Narducci non aveva l'AIDS.
    Venne barbaramente ucciso dai killer del connubio Massoni + Poteri Forti + Sette sataniche + Fantacalcio + Putin + Cinesi + CIA + Eta Beta + Consorzio Zimbawese del Gorgonzola + Servizi Segreti di Orione

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  8. Grazie Hazet ora ho le idee molto più chiare! Ma uno come te, super-competente, perché non prova a fare una ricostruzione seria dell' inchiesta di Perugia? Secondo me sarebbe utile a molti mostrologi. Magari, se posso essere sincero cerca di essere un po più sintetico... Antonio a me non dispiace affatto questo botta e risposta! Finalmente c'é qualcuno che porta un po di luce in un mondo dominato dalle ombre... Ripeto quello che ho già scritto: le risposte dell' ex Pm sembrano molto confuse. Ipotizziamo che ha ragione lui e le telefonate alla Falso hanno fatto iniziare le indagini su FN. Ma quei soggetti cosa avrebbero a che vedere con un setta satanica che pagava Pacciani? Ma se ipotizziamo l'esistenza di un'associazione a delinquere perché non indagare proprio su un poliziotto? Dai, tutto questo non ha veramente senso! E poi caro Antonio, sei sicuro che i tuoi lettori siano così sparuti?

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