Lavoretto”: a sentire Giancarlo
Lotti, con questo termine a dir poco bizzarro Mario Vanni avrebbe definito la
sanguinosa spedizione di morte a Vicchio, dove si sarebbe vendicato per il
fallimento delle proprie avances
verso Pia Rontini. “Io con te, un uomo anziano, puoi essere il mio babbo!”,
gli avrebbe risposto la diciottenne, importunata all’interno del bar dove
lavorava, suscitando la sua ira veemente: “a quella la sistemo io, brutta scema, ninfomane, gliela
faccio pagare, quella scema perché ha detto a me così”. E, sempre
secondo Lotti, sarebbe stato proprio l’anziano corteggiatore respinto a
infierire sul corpo della poveretta, mutilandolo non soltanto del pube ma anche
del seno sinistro, trasformatosi così da suggestivo indizio
contro Pietro Pacciani a oggetto della furia vendicatrice di Vanni.
Come è stato possibile che, alle
soglie del 2000, i giudici di un tribunale italiano abbiano condannato un uomo
all’ergastolo sulla base di assurdità simili? Proviamo a ricercare nella
sentenza le loro ragioni, esaminandone i sei “riscontri esterni” elencati.
Primo riscontro
Conoscenza da parte dello stesso Lotti del luogo del delitto, risalente a data anteriore a quella del duplice omicidio.
Con questo primo riscontro i
giudici intesero dimostrare che Giancarlo Lotti aveva frequentato la piazzola
di Vicchio prima dell’uccisione della coppia, considerando il fatto un avallo
alle sue parole. La prova più significativa era la testimonianza di Filippa
Nicoletti, la quale, anche in dibattimento (vedi),
si era detta sicura di esservi andata con lui più volte: la prima nel 1981,
quando si erano conosciuti, poi nel 1982, e forse in date successive. Tra i
particolari più inquietanti c’è quello dell’auto, che Lotti parcheggiava nel
medesimo punto e nella medesima posizione della Panda delle future vittime, e
la discesa al fiume Sieve, dove i due andavano a rinfrescarsi e dove, a sentire il presunto pentito, Vanni e
Pacciani si sarebbero lavati dopo il delitto.
Superficialmente trascurato da chi ritiene Lotti del
tutto estraneo alle vicende delittuose, il riscontro risulta invece valido e
importante. Valido, poiché Filippa Nicoletti dimostrò d’esser sicura del posto, ben
descritto nell’interrogatorio del 10 febbraio 1996 e riconosciuto nel
sopralluogo di una settimana dopo. Ad avvalorare i suoi racconti c’è anche la
riscontrata presenza di un vicino locale dove Lotti la portava a mangiare, “La
casa del prosciutto”, di cui la donna aveva parlato e che poi nel sopralluogo aveva indicato agli inquirenti. Il riscontro appare anche importante come indizio di un
coinvolgimento di Lotti nella vicenda, a qualsiasi titolo esso fosse
stato, poiché la piazzola era un luogo molto difficile da conoscere per chi non
abitava nella zona, essendo del tutto invisibile agli automobilisti in transito
sulla vicina strada asfaltata, la provinciale 41. Che Lotti l’avesse
frequentato prima del delitto appare quindi una coincidenza oltremodo sospetta. Tra
l’altro la Nicoletti affermò che l’amico, la prima
volta che ce l’aveva portata, nel 1981, lo conosceva già. Se si pensa che il duplice
omicidio di Borgo San Lorenzo era avvenuto sette anni prima a neppure dieci km di distanza, diventa necessario chiedersi da quanto tempo Lotti avesse potuto bazzicare la zona del Mugello.
Nell’ambito del medesimo riscontro la sentenza riporta anche le dichiarazioni di Fernando Pucci, secondo le quali lui e l’amico erano andati a spiare proprio i due ragazzi della Panda pochi giorni prima che venissero uccisi. Si trattava ben più di una semplice frequentazione della piazzola, era un legame diretto e inquietante con le vittime. Ma se dai verbali d’istruttoria il fatto appariva certo, in dibattimento Pucci si era dimostrato assai poco disposto a confermarlo. Di fronte alle contestazioni del PM le sue reazioni erano state caratterizzate da grande reticenza e nervosismo (vedi): “Io 'un ci sono mai stato là. […] Se vu' mi fate di' le cose che 'un sono vere, abbia pazienza, io... […] Io vi dico icché so e basta. Icché 'un so, 'un lo dico di certo. […] Se 'un me lo ricordo, 'un lo dico”. Eppure in tutti gli altri casi il testimone non aveva esitato neppure un po’ a confermare i verbali che pareva non essersi ricordato (“gli è vero, si, è vero”, “se c'è scritto costì, vuol dire che va bene”, ad esempio). Insomma, l’impressione è che su Vicchio Pucci temesse di lasciarsi coinvolgere, e che quindi forse avesse qualcosa da nascondere.
Nell’ambito del medesimo riscontro la sentenza riporta anche le dichiarazioni di Fernando Pucci, secondo le quali lui e l’amico erano andati a spiare proprio i due ragazzi della Panda pochi giorni prima che venissero uccisi. Si trattava ben più di una semplice frequentazione della piazzola, era un legame diretto e inquietante con le vittime. Ma se dai verbali d’istruttoria il fatto appariva certo, in dibattimento Pucci si era dimostrato assai poco disposto a confermarlo. Di fronte alle contestazioni del PM le sue reazioni erano state caratterizzate da grande reticenza e nervosismo (vedi): “Io 'un ci sono mai stato là. […] Se vu' mi fate di' le cose che 'un sono vere, abbia pazienza, io... […] Io vi dico icché so e basta. Icché 'un so, 'un lo dico di certo. […] Se 'un me lo ricordo, 'un lo dico”. Eppure in tutti gli altri casi il testimone non aveva esitato neppure un po’ a confermare i verbali che pareva non essersi ricordato (“gli è vero, si, è vero”, “se c'è scritto costì, vuol dire che va bene”, ad esempio). Insomma, l’impressione è che su Vicchio Pucci temesse di lasciarsi coinvolgere, e che quindi forse avesse qualcosa da nascondere.
Tirando le somme su questo primo riscontro, si può
senz’altro concordare con i giudici sulla sua significatività, va però notato che esso riguardava soltanto Giancarlo Lotti, mentre per il
coinvolgimento di Vanni e Pacciani risultava ininfluente.
Secondo riscontro
Conferma, da parte del Vanni, del discorso
fattogli dal Lotti circa la piazzola di Vicchio e circa la coppia osservata
nella Panda celeste.
Nell’interrogatorio del 18
febbraio 1996, quando formalmente era ancora un semplice testimone fortuito del
delitto degli Scopeti, Giancarlo Lotti aveva raccontato d’aver detto a Mario
Vanni della coppia osservata con Pucci a Vicchio. A delitto avvenuto Lotti
avrebbe voluto parlargliene ancora mentre si trovavano in un bar, ma Vanni lo
avrebbe zittito, poiché “ci potevano essere persone in borghese che sentivano i
nostri discorsi”. Bisogna tener presente che il racconto di Lotti era nato come conseguenza di quanto gli avevano contestato gli inquirenti riguardo le rivelazioni dell’amica
Filippa e, soprattutto, del compare Pucci, sulla sua frequentazione della piazzola. È evidente come l'individuo, raccontando
di aver segnalato la coppia a Vanni – sottintendendo che poi questi vi sarebbe andato
con Pacciani a uccidere – sperasse di giustificare la compromettente coincidenza
di un delitto del Mostro avvenuto proprio in un posto a lui ben noto.
Il giorno successivo il PM aveva
chiesto conferma dei due colloqui a Vanni, per il momento indagato soltanto
per Scopeti, delle cui risposte la sentenza riporta la frase: “… Sì, c’ho parlato
con il Lotti… di questa piazzola di Vicchio… sì… però… non mi interessava…”.
E a domanda se avesse troncato il discorso al bar, l’uomo aveva risposto: “può darsi”.
Dopo le successive accuse aperte di Lotti
anche su Vicchio, il 26 marzo Vanni era stato interrogato di nuovo. Aveva
respinto ogni addebito, continuando però ad ammettere che di quella piazzola
Lotti effettivamente gli aveva parlato. La sentenza riporta queste sue frasi:
… il Lotti… di questa piazzola… me ne ha
parlato ma io non ci sono mai stato… (se) c’erano due che facevano l’amore, lì,
in una Panda celestina… non me lo ricordo preciso ma a me non mi pare che mi
dicesse tutte queste cose… la strada per andare a questa piazzola… io non
gliel’ho chiesta…
Che cosa si può realmente arguire da queste presunte “ammissioni” di Vanni? A parere di chi scrive soltanto che Lotti era andato
davvero a spiare la coppia nella Panda, come del resto era già stato riferito
da Pucci, e che lo aveva raccontato a Vanni, il quale, a delitto avvenuto, si
era rifiutato di parlarne dentro un bar. Vanni il colloquio lo aveva
ammesso, la qual cosa, nell’ambito di una sua totale negazione di ogni addebito, avrebbe dovuto far sospettare che non avesse avuto nulla da nascondere, altrimenti avrebbe
negato anche quello, assieme a tutto il resto. Ma i giudici non
ragionarono affatto così, e con una forzatissima interpretazione fecero di queste “ammissioni” un vero e proprio
“riscontro esterno”:
[…] le predette due dichiarazioni del Vanni,
per quanto accompagnate da una tesi oltremodo riduttiva, costituiscono un
riscontro ben preciso alle affermazioni del Lotti circa il discorso fattogli
sulla piazzola di Vicchio e sulla coppia della Panda celestina osservata
insieme al Pucci.
Sintomatico è il fatto che è lo stesso Vanni a
dire di aver “parlato” e quindi discusso con il Lotti di tale piazzola e di
tale coppia con la Panda.
Né vale osservare che la cosa non gli è
interessata e che quindi non ha avuto seguito alcuno, perché il Vanni è un tipo
che, quando una cosa non gli interessa davvero, taglia subito il discorso e non
accetta dialogo: e la prova di ciò deriva ancora dallo stesso Vanni che […] ha
altresì confermato la circostanza di aver impedito una volta al Lotti di
parlargli al bar dell’avvenuto delitto di Vicchio, col pretesto che ci poteva
essere qualcuno in “borghese” che potesse sentire […]
È dunque certo che il Lotti […] ha parlato col
Vanni di quella piazzola e della coppia intenta a far l’amore nella Panda
celeste e che la cosa ha avuto poi lo sviluppo riferito dal Lotti, atteso che
lo stesso Vanni, se fosse stato davvero estraneo al delitto di Vicchio […] non
avrebbe avuto alcun motivo né per impedire prima al Lotti di parlare
dell’omicidio di Vicchio al bar né per non rispondere poi alle ulteriori
domande del PM che intendeva avere chiarimenti sull’episodio del bar, essendo
subito avvalso della facoltà di non rispondere, raccogliendo peraltro un
suggerimento velatamente fatto dal difensore, che un attimo prima aveva
osservato: “… mi sembrava che avesse detto che non voleva più rispondere…”.
Non è certo questo il comportamento di chi non
ha nulla da temere da una vicenda alla quale è comunque estraneo.
In questo punto la sentenza
raggiunge uno dei vertici della propria faziosità, e sarebbe stato davvero
interessante conoscere il pensiero di Francesco Ferri su una cultura del
sospetto persino superiore a quella della sentenza di primo grado contro
Pacciani, da lui stigmatizzata più di una volta. Infatti, nel caso in cui Vanni
fosse stato estraneo al duplice omicidio, la sua reazione alle parole
pronunciate da Lotti dentro un bar poteva considerarsi del tutto normale. In
fin dei conti Enzo Spalletti, tre anni prima, aveva passato dei brutti guai
proprio per aver aperto troppo la bocca, almeno questo avevano scritto i
giornali, quindi il fatto che Vanni avesse scoraggiato Lotti dal raccontare in pubblico
d’aver spiato le ultime vittime del Mostro di per sé non costituiva alcun
motivo di sospetto. Va anche tenuto presente che l’episodio, così come descritto da Lotti, si giustificava
soltanto nell’ipotesi che questi fosse stato estraneo al delitto, come
pretendeva di essere quando lo aveva raccontato. Ma nel successivo
scenario di un suo coinvolgimento diretto, quale senso avrebbe avuto affrontare
un argomento così delicato anche per lui stesso dentro un bar? È evidente che,
se pure quel colloquio si fosse svolto davvero, le condizioni al contorno
dovevano essere state molto diverse da come le aveva presentate Lotti.
È poi incredibile la deduzione
che la sentenza trae dal consiglio del legale di Vanni, in quel momento
Giangualberto Pepi, di non rispondere più. In fin dei conti si trattava di un
normale comportamento per un difensore che aveva intuito quali guai sarebbero
potuti derivare per il proprio assistito dalle sue ingenue ammissioni, come in
effetti poi accadde davvero. Insomma, invece di riconoscere a Vanni la trasparenza
d’aver ammesso quei due colloqui, i giudici gli attribuirono la malizia
professionale del proprio legale nel consigliargli di tacere, quindi non sua
e per di più ampiamente giustificata da esigenze difensive.
Terzo riscontro
Presenza del Lotti sul posto, la sera del delitto.
Secondo i giudici, soltanto una persona presente all’azione
omicidaria avrebbe potuto conoscere gli elementi riferiti da Lotti, il quale
sapeva dove e com’era posizionata la Panda, che i proiettili avevano rotto un
vetro, e che Vanni aveva trascinato Pia Rontini fuori dall’auto viva e mentre
ancora si lamentava. Da quest’ultimo particolare i giudici furono molto
colpiti, poiché l’esame autoptico aveva ipotizzato una sopravvivenza di 10-15
minuti della ragazza già colpita in testa da un proiettile, durante i quali,
secondo il parere espresso in aula da Maurri, avrebbe potuto emettere gemiti e
gorgoglii. A dire il vero però Lotti, in fase di indagini preliminari, aveva
affermato che “strillava”,
cosa impossibile visto lo stato di coma, ma per i giudici, come sempre molto
comprensivi, il fatto poteva spiegarsi così:
[…] tale verbo è stato chiaramente usato in
modo improprio dal Lotti, trattandosi di un soggetto che è senza cultura
minima, che si esprime quasi totalmente in dialetto toscano e che, quindi, non
ha avvertito né poteva avvertire l’esatto significato del verbo usato.
Decisamente il ragionamento è da
respingere, poiché il verbo “strillare” è un termine popolaresco, peraltro assai diffuso
in Toscana, e Lotti non poteva ignorarne il significato. Tanto più che, su
domande specifiche di Santoni Franchetti, all’incidente probatorio aveva detto
più volte che alla ragazza Pacciani non aveva sparato, e questa affermazione ben si
accorda con quella degli strilli. Poi in aula la sua versione era
cambiata, e a domande del proprio difensore Lotti aveva risposto: “di colpi ne è
partiti diversi. Li avrà presi di certo tutti e due […] ho sentito dei lamenti,
no urlare proprio, dei lamenti e basta”.
In ogni modo questi mutamenti non
possono far dimenticare che Lotti aveva dimostrato di conoscere molti dettagli
della scena del crimine e della dinamica omicidaria, in qualsiasi modo li
avesse appresi. Piuttosto va preso atto ancora una volta come sia difficile
farsi un’idea chiara in mezzo alla confusione delle sue dichiarazioni. Se ne
potrebbero ignorare alcune, come fecero i giudici dimenticando quelle
dell’incidente probatorio, oppure si potrebbero considerare tutte frutto di
fonti esterne e non di una visione diretta, come fecero i difensori di Vanni.
Ma allora andrebbero specificate le fonti, e i meccanismi con i quali Lotti
sarebbe riuscito ad accedervi. In questo caso, ad esempio, le circostanze nelle
quali l’individuo aveva raccontato i fatti per la prima volta escludono una sua
preparazione anticipata. Si trattava dell’interrogatorio del 6 marzo 1996,
quando il futuro presunto pentito era stato preso alla sprovvista dal PM che
gli aveva contestato la testimonianza Martelli-Caini. Il lettore ricorderà la
sua reazione inconsulta, con la panzana inventata su due piedi di un
inverosimile tallonamento dell’auto di Pacciani, alla quale però era seguito un
ragionevole resoconto della dinamica del delitto, cui l’individuo avrebbe
assistito non visto. A chi scrive pare notevole la descrizione
dell’accoltellamento di Pia Rontini fuori dall’auto, a dire di Lotti da parte
di Vanni. In effetti sembra molto probabile che i due fendenti ricevuti al
collo dalla ragazza fossero stati vibrati proprio fuori dall’auto. Lo lascia
pensare la loro precisione, in una zona del corpo di difficile accesso mentre la
ragazza si trovava in fondo al piano ricavato nella parte posteriore
dell’angusto abitacolo. Per confronto, le ferite su Claudio Stefanacci colpito
all’interno erano molte di più e sparse alla rinfusa, indice di un’azione
difficoltosa nell’abitacolo della piccola utilitaria, nonostante un bersaglio
oramai immobile. Infine Lotti aveva riferito in modo corretto anche il
trascinamento di Pia, confermato dalle vistose tracce di foglie e terra
presenti tra i vestiti e la pelle del cadavere, nonché dai graffi sul dorso di
un corpo ancora vitale.
Sospettare maliziosi e ampi
suggerimenti nel contesto di quell’interrogatorio pare fuori luogo, anche
perché quei suggerimenti avrebbero potuto essere migliori (senza gli strilli,
ad esempio).
Quarto riscontro
Presenza in zona, in quella notte, della “Ford
Fiesta” del Pacciani e della “FIAT 128 coupè” dello stesso Lotti, in un orario
compatibile con quello del delitto.
Si tratta della fin troppo sopravvalutata testimonianza Martelli-Caini. L’argomento è stato già dibattuto in modo esaustivo in un precedente
articolo (vedi),
cui si rimanda. Basti qui ricordare l’assoluta inconsistenza di un riscontro
che appare oltremodo artificioso.
Quinto riscontro
Individuazione del “casolare” dove fu
inizialmente occultata la pistola, subito dopo il duplice omicidio.
Con il riscontro numero 5 i giudici ritennero confermato il racconto
sull’occultamento della pistola dopo il delitto. Nel sopralluogo del 12 marzo
1996 Giancarlo Lotti aveva condotto gli inquirenti a un casolare abbandonato,
il “podere Schignano n. 54” in località Badia a Bovino, poco distante dalla
piazzola, dove in una fessura nel muro d’una stanza Vanni e Pacciani avrebbero
nascosto qualcosa che a lui era sembrata la pistola, ricoprendola con materiale
recuperato da terra. L’episodio in sé appare poco credibile, poiché non avrebbe
avuto alcun senso lasciare l’arma nelle vicinanze della scena del crimine per
poi doverla andare a riprendere, rischiando prima di tutto che qualcuno potesse
trovarla e poi qualche spiacevole incontro durante la fase di recupero. D’altra
parte non si comprende il motivo per il quale Vanni e Pacciani semplicemente
non se la fossero portata via. Ma nei racconti di Giancarlo Lotti la logica del
buonsenso non era mai di casa.
Piuttosto sembra opportuno
riflettere sulla conoscenza che il presunto pentito avrebbe dimostrato del
rudere. Così la sentenza:
Ora, come si ricava dal verbale di
sopralluogo, il Lotti ha indicato il casolare alla PG ed allo stesso PM da
molta distanza, quando è riuscito finalmente ad orientarsi ed a localizzare la
zona. La difficoltà manifestata nel rintracciare la zona dà quindi conferma al
fatto che aveva appunto visto il casolare una sola volta e che non aveva poi
potuto meglio individuare e memorizzare il posto preciso, dato il buio di
quella notte.
Ma il Lotti, nella successiva fase di
avvicinamento al casolare, ha fornito alla PG ed al PM alcuni particolari
significativi, ancor prima di arrivarci e di riuscire a vederlo da vicino,
indicando che esso si trovava sulla parte destra per chi saliva dal “basso”;
che la strada sterrata, che portava ad esso, era tutta in salita ed era
percorribile soltanto a piedi nell’ultimo tratto; che l’ingresso al casolare
era costituito dalla “prima porta che si trovava nella casa venendo dal basso”.
Se davvero i fatti furono questi,
è logico ritenere che Giancarlo Lotti conoscesse il posto, visti i particolari
anticipati a chi lo stava accompagnando (tra gli altri Giuttari e Canessa); ma
quei particolari paiono troppo precisi per essere frutto soltanto dei ricordi
di una buia notte senza luna di undici anni prima. Bisogna tener conto,
infatti, delle difficili condizioni nelle quali Lotti avrebbe potuto osservare
la scena, almeno secondo il suo racconto, con avanti Vanni e Pacciani muniti di
una torcia e dietro lui a seguirli per curiosità. Ai giudici invece non sembrò
per niente strano, però si appellarono al buio della notte e all’unicità della
visita per giustificare le difficoltà di orientamento accampate dal presunto
pentito, il che non è un grande esempio di coerenza. Piuttosto ancora una volta
si può notare come nei racconti di Lotti convivessero elementi contrastanti, in
questo caso ricordi vividi sulle caratteristiche del rudere e ricordi molto
meno precisi sulla sua posizione nella zona. Ma probabilmente a metterlo in
difficoltà durante il sopralluogo non era stato tanto il rudere in sé stesso,
che doveva conoscer bene, quanto la strada sterrata dalla quale diceva di
esservi arrivato quella notte, una sicura clamorosa bugia già spiegata nell’articolo
citato in precedenza.
Sesto riscontro
Conferma dell’accurata preparazione del
delitto.
Si tratta di un riscontro inconsistente,
anzi, caratterizzato da una logica del tutto incomprensibile. Dopo aver affermato che la
piazzola costituiva un luogo di assidua frequentazione da parte di coppiette e
aver raccontato che la sera del delitto Pia Rontini e Claudio Stefanacci erano
usciti soltanto per un imprevisto cambio di turno della ragazza e per la
sfortunata insistenza della madre, i giudici così scrissero:
Ma le due predette circostanze non potevano
essere conosciute dagli autori del programmato delitto, che sicuramente non
hanno mai saputo, allora, del risultato dell’opera di convinzione fatta dalla
Kristensen nei confronti della figlia, perché ciò è avvenuto proprio nella
immediatezza dell’ora del delitto e quindi senza il tempo necessario per programmare
alcunché quella sera.
Di conseguenza, gli autori del duplice
omicidio hanno preparato l’azione delittuosa con molto anticipo e con la piena
consapevolezza che quella sera ci sarebbe stata sulla piazzola sicuramente una
“coppietta” da colpire, dato che quell’area era assiduamente frequentata, per
le ragioni già sopra indicate.
Trovano quindi conferma le affermazioni del
Lotti, che ha fatto presente che il delitto era stato accuratamente programmato
anche con sopralluoghi fatti dal Pacciani e dal Vanni per conto loro e che
erano poi partiti tutti insieme la sera da San Casciano sicuri della riuscita
del piano.
Quindi, secondo i giudici, quando
Vanni e Pacciani si erano recati sulla piazzola la domenica sera del delitto
non volevano affatto colpire proprio quella coppia, ma una qualsiasi che vi
avessero trovato, e che peraltro erano sicuri di trovare. L’affermazione è
sorprendente e grave, poiché contraddice tutti i racconti di Giancarlo Lotti
sull’argomento, nei quali aveva sempre messo al centro proprio e soltanto la coppia della Panda
celestina, Pia e Claudio insomma. Loro erano stati spiati da lui e Pucci, di
loro Lotti aveva raccontato a Vanni, loro videro successivamente lui e Vanni,
il quale sarebbe anche entrato nel bar a importunare la ragazza per poi
minacciare ritorsioni dopo i suoi rifiuti. Ancora alla medesima coppia si
riferiscono le parole di Pucci, quando raccontò di aver declinato la proposta
che Lotti gli avrebbe fatto, mentre era in compagnia di Vanni e Pacciani, di “andare con loro a
dare una lezioncina a quella lì di Vicchio”. Infine Lotti lo aveva
ribadito anche in dibattimento:
PM: Le dissero anche
quella sera che sareste andati a fare un lavoretto e a ammazzare quei due,
della Panda?
Lotti: Sì.
PM: Glielo dissero
prima di partire. Glielo dissero qualche giorno prima o glielo dissero la sera
stessa?
Lotti: No, la sera stessa
no. Quello... il giorno innanzi. Qualche giorno innanzi...
Ma i giudici non credettero alla
vendetta contro Pia Rontini che aveva rifiutato le avances di Vanni (“Il fatto, per
quanto possibile possa essere stato, non era certamente tale da spingere ad una
reazione tanto spropositata”), e neppure che, per qualsivoglia altro
motivo, Vanni e Pacciani volessero uccidere proprio lei e il suo ragazzo. Come abbiamo visto, a
convincerli di ciò era stata la casualità dell’uscita della coppia, impossibile
da prevedere. Ma allora, per quale motivo i due assassini avevano scelto
proprio quella piazzola segnalata da Lotti per avervi visto la coppia nella
Panda celestina? E come poterono i giudici scrivere che vi era “l’assoluta certezza
della presenza sul posto di una coppietta da colpire” se tale
coppietta non era stata selezionata e studiata in anticipo nelle sue abitudini? Poteva bastare la
supposta (peraltro indimostrata) alta frequentazione del luogo?
E infine e soprattutto, come può
questa confusa argomentazione costituire riscontro alle dichiarazioni di
Lotti? Semmai costituisce l’esatto opposto, poiché rende poco credibile che la
grottesca combriccola di malfattori si fosse fatta tutta quella strada senza
alcuna certezza di trovare sul posto una coppia da uccidere.
Considerazioni finali. Giancarlo Lotti aveva frequentato la
piazzola di Vicchio prima del delitto; è questa la maggiore certezza che rimane
dopo una disamina critica dei “riscontri esterni” invocati dalla sentenza.
Rimane soprattutto perché non c’è alcun motivo per dubitare della testimonianza
di Filippa Nicoletti, troppo spesso ignorata da chi preferisce vedere in Lotti
soltanto un utile idiota in mano agli inquirenti. Di per sé quella
frequentazione non costituisce certo una prova del coinvolgimento
dell’individuo nel delitto, ma inserita nello scenario completo delle indagini
che lo riguardano deve costringere a riflettere attentamente. E a essa va
comunque aggiunta la dimostrata ottima conoscenza di molti aspetti sia della
scena del crimine sia della dinamica omicidaria; come per Scopeti è necessario
chiedersi quali fonti avrebbe avuto a disposizione Lotti per farsela.
Ancora una volta la posizione di
Fernando Pucci appare legata a quella di Lotti, poiché entrambi avevano ammesso
d’aver spiato le vittime sul posto. L’aveva detto Pucci per primo, e non pare
esistano validi motivi per i quali l’individuo avrebbe dovuto mentire. O
meglio, avrebbe anche potuto mentire, ma certamente non per amplificare il
proprio livello di coinvolgimento, semmai per renderlo minimo, come aveva
dimostrato il suo comportamento reticente in aula, il che costringe a chiedersi
quale ruolo egli potesse aver effettivamente rivestito in uno scenario ancora
tutto da chiarire.
E Vanni e Pacciani? La sentenza
non riporta alcuna vera prova contro di loro. Il “riscontro esterno” basato
sull’avvistamento Martelli-Caini appare come un garbuglio tenuto in piedi
contro ogni logica. L’unico altro sono le ammissioni di Vanni sul colloquio
nel quale Lotti gli avrebbe raccontato d’aver visto la coppia nella Panda
celestina: una prova del tutto ridicola contro di lui, semmai un ulteriore
elemento a carico del solo Lotti.
Dialogo di fantasia tra un investigatore e un testimone.
RispondiEliminaCommissario Michele (nome di fantasia): la tua macchina è stata vista a Vicchio.
Lotti: ma io ci andavo anni prima con la Nicoletti.
Commissario Michele: non fare il furbo, è stata vista nei giorni prima del delitto.
Lotti: ma io facevo una girata con Fernando.
Commissario Michele: non fare il furbo, è stata vista la sera del delitto.
Lotti: ma io ero andato dietro a loro per vedere icché facevano.
Commissario Michele: non fare il furbo, le vostre macchine sono state viste insieme su una strada terrosa (tra sé: il fesso non sa che era a 7 km di distanza; ora ci casca).
Lotti: ma io... va bene, confesso, ero con loro a fare il palo.
Visto che il suo 128 era stato visto veramente in piú luoghi dei delitti,Magari la parte finale é andata così ... Commissario Michele : non fare il furbo , le vostre macchine sono state viste insieme su una strada terrosa. Lotti ( tra sé : macchine? Strada terrosa? Ma questo non ha capito un cazzo é grullo propio ) ah si eravamo io sul 128 facevo il palo e Pacciani Vanni Faggi Toscano Narducci Calamandrei sulla macchina del Pacciani ma han fatto tutto loro é ... Commissario Michele : li ho incastrati sono propio un genio...
EliminaPiù o meno anch'io credo che sia andata più o meno così.
EliminaMi viene da ridere a leggere il vostro scambio perché "ma il commissario Michele ci è o ci fa?" è una delle domande che più mi tormentano! ;-)
EliminaIl fesso che lotta con Filastò dopo essere stato condannato a trent'anni per farsi condannare ancora credo sia una trama da film grottesco. In ogni caso, fesso o non fesso, con la Nicoletti nella piazzola di Vicchio Lotti c'era andato. Bella coincidenza. Messa assieme alla macchina rossa vista a Scopeti è un po' difficile farla passare come una casualità.
RispondiEliminaUn film grottesco, certamente. e lo stai certificando tu stesso con queste puntuali analisi della sentenza.
RispondiEliminama aspetta, mi ero dimenticato l'ultima frase del dialogo:
Lotti: ma io... va bene, confesso, ero con loro a fare il palo... ma dove si va in trattoria oggi?
Scherzi a parte, Lotti poteva conoscere la piazzola per vari motivi, tra cui quello che lui effettivamente racconta; non è automatico concluderne che perché la conosce vi abbia commesso un omicidio.
Ti propongo di dare un'occhiata alle regole del calcolo probabilistico, in particolare a quella della combinazione di più probabilità, il cui risultato è un prodotto che decresce vertiginosamente all'aumentare dei fattori. Passi che Lotti avesse frequentato la piazzola di Vicchio, se gli indizi contro di lui si fermassero lì. Passi che un'auto particolare come la 128 rossa coupè di Lotti avesse stazionato sotto Scopeti per un intero pomeriggio e anche a sera, se gli indizi contro di lui si fermassero lì. Passi che Lotti si attribuì comunque un ruolo nella vicenda, rimediando una condanna a 26 anni di carcere, se gli indizi contro di lui si fermassero lì. Passi che Lotti conosceva bene, certo ben più della persona media e nonostante le sue pessime caratteristiche di lettore, le scene dei crimini e le dinamiche omicidarie, se gli indizi contro di lui finissero lì. Potrei andare avanti ancora un po', con qualche altro elemento, come le dichiarazioni dell'amico Pucci corroborate dal di lui fratello, e magari mettere nel calderone anche certe sue caratteristiche ben compatibili con quelle attese dell'assassino, ma credo basti.
EliminaLiquidare queste coincidenze sommate come del tutto casuali mi pare da Partito Preso, del quale fa parte la maggioranza degli appassionati (che difatti brancola nel buio).
Applico anche io la combinazione di più probabilità: passi che Pacciani possa aver trovato oggetti di marca tedesca in una discarica (e che abbia cambiato più volte spiegazione sulla provenienza in buona fede); passi che alcuni anonimi ce l'avessero con lui senza motivo, o lo ritenessero implicato nei delitti per errore; passi che degli investigatori abbiano fabbricato il falso e debole indizio dell'asta guidamolla e abbiano prelevato dei pezzi di stoffa per avvalorarlo; passi che una manina compiacente abbia nascosto una cartuccia inesplosa (dimenticando, con tutti i bossoli trovati sui luoghi dei delitti, di collocarne una esplosa); passi che abbiano mentito le persone che lo hanno visto spiare delle coppie agli Scopeti o che casualmente facesse il guardone proprio in quella zona; passi che in alcuni delitti fu vista un'auto chiara, e casualmente lui avesse un'auto chiara; passi che Maria Grazia Frigo fosse disposta a venire incontro in ogni modo agli inquirenti ... si potrebbe continuare all'infinito. Pacciani capro espiatorio è una possibilità scarsissima. Per inciso, i testi che rilasciano dichiarazioni sotto giuramento in tribunale non mentono come se bevessero acqua fresca: possono ricordare in modo impreciso, e in questa vicenda non mi sembra così anormale considerando gli anni intercorsi tra i delitti e le udienze dei processi
RispondiEliminaSe lei crede alla colpevolezza del Pacciani di Perugini, per come mi sembra di capire, non dovrebbe credere alla colpevolezza del Pacciani di Giuttari, essendo le due figure in netta contraddizione. E allora, se in qualche modo, leggendo per come si voleva leggere gli elementi reali e inventandosene anche qualcuno, si è riusciti a costruire l'enorme inganno dei CdM, non potrebbe essere lo stesso per lo scenario precedente?
EliminaMa questo non è mica un teorema, in cui tutti gli elementi devono portare a una conclusione escludendo tutte le altre. Per me non sono così contrastanti il Pacciani di Giuttari e quello di Perugini: a lungo si ritenne che ci fosse un solo serial killer e si trascurarono delle testimonianze perché confliggevano con questa teoria. Giuttari entrò in scena solo nel 1995 e le indagini portarono poi alla luce dei nuovi fatti. Potremmo anche pensare, dato che non era stato Giuttari ad arrivare a Pacciani, che potesse avere interesse a trovare il vero colpevole. Quanto ai compagni di merende, Lotti aveva parlato della frequentazione stretta tra Pacciani e Vanni già nel 1990, in tempi non sospetti, interrogato da Vigna
EliminaAbbia pazienza, ma già il fatto che di tutti gli indizi che erano serviti per incastrare il primo Pacciani nella seconda fase si sia fatto completamente a meno vuol dire che non valevano nulla. Anzi, in qualche caso sono stati interpretati in un modo del tutto diverso, come l'avvistamento Nesi a Scopeti. Prima sarebbe stata una fuga dopo il delitto, poi una perlustrazione prima.
EliminaIn realtà lo scenario uscito dai processi ai CdM è del tutto fasullo, pieno di forzature assurde. Tanto per rimanere al tema di questo articolo, a Vicchio i due poveretti furono uccisi prima delle 10 di sera, mentre per Lotti il tutto avvenne dopo le 11. Per non parlare poi dell'assurda e inutile deviazione per campi durante la fuga.
La invito poi a leggere la mia ricostruzione del delitto di Baccaiano, dalla quale si evince l'impossibilità assoluta che Pacciani e Lotti avessero parcheggiato le loro auto sulla strada senza che nessuno le avesse viste.
Che Lotti mentì mi pare un fatto incontrovertibile. E su quelle menzogne è stata costruita l'unica verità giudiziaria oggi disponibile. Come è potuto accadere? Chi ha guidato la macchina della giustizia verso questa vergognosa conclusione che ha ingannato un intero paese? A questo punto mi consenta di dubitare fortemente anche del prima. Gli unici due veri indizi contro Pacciani erano il blocco e la cartuccia. Sul blocco ho già scritto a lungo, dimostrando come tutto escluda che potesse essere stato acquistato dal povero ragazzo ucciso. Sulla cartuccia non ho ancora pubblicato nulla, ma ho studiato e scritto molto, potendo constatare come perizie fin troppo compiacenti verso l'accusa avessero visto montagne dove invece c'erano sassolini. Mi riferisco alle impronte secondarie, dalle quali giammai si sarebbe potuto stabilire l'incameramento della cartuccia nella Beretta del Mostro.
A mio parere la miriade di impronte secondarie che furono rilevate sulla cartuccia, tra cui una strana impronta di estrazione larga il doppio del normale, indicano una sua manipolazione sospetta. La cartuccia fu infilata più di una volta in una canna, e più di una volta estratta. Era stato Pacciani (ma perché) o invece qualcuno che tentava di fabbricare una pseudoprova? Ecco cosa disse il tecnico del PM Benedetti, descrivendo il tentativo di riprodurre quell'impronta:
Allora abbiamo cercato di riprodurre queste tracce manualmente, cioè introducendo la cartuccia nel caricatore in modo che il fondello del bossolo si trovasse vicino alla parte anteriore delle labbra del caricatore, e il proiettile invece disposto più in alto, inclinato in modo che non potesse entrare nella camera di cartuccia. Lasciando andare l'otturatore noi abbiamo riprodotto, come dimostrano anche le fotografie, impronte e deformazioni, direi, molto simili a quelle trovate sul reperto.
Quale miglior descrizione involontaria di quello che poteva essere accaduto davvero?
Mi sono ricordato della sua osservazione riguardo la convenienza di far ritrovare non una cartuccia inesplosa ma uno dei bossoli. Ma non sarebbe stato possibile impadronirsi di uno dei bossoli repertati, mi sembra chiaro. Quindi si fece quel che si poteva fare. Esplodere un colpo con una pistola differente non sarebbe servito, poichè l'impronta del percussore sarebbe stata differente. L'unica possibilità era produrre delle impronte secondarie su una cartuccia inesploasa, impronte per loro natura tutt'altro che individualizzanti e non accettabili dalla giustizia di un paese civile, ma che nel processo Pacciani servirono ampiamente a far ciccia. Salvo poi essere correttamente ridimensionate da Ferri in appello.
EliminaResta che il fatto che chi partecipò alla perquisizione notò la preoccupazione di Pacciani quando le ricerche erano orientate nella zona in cui fu ritrovata la cartuccia. Se si trattava di un indizio costruito per incastrarlo, come si spiega questo atteggiamento? E la cartuccia inesplosa e poi manomessa dove sarebbe stata reperita? Sono ipotesi poco probabili secondo me. Alcune considerazioni di Ferri erano sensate, ma il processo d'appello fu comunque anomalo dato che non fu ammesso nessun nuovo elemento, dalle perizie ai testi. Ferri non credeva a Lotti e Pucci, come disse anche in alcune interviste: riteneva le loro testimonianze totalmente inattendibili e la presenza di Lotti sulle scene degli omicidi un'invenzione. Qui si corre il rischio di arrivare a una conclusione assoluta e fuorviante: essendoci delle contraddizioni nei racconti, il mostro è una persona estranea a tutti i processi. Ed è una conclusione che sia io che lei rifiutiamo. Pacciani era una persona molto sottovalutata secondo me: è una cosa accertata la sua confidenza con le armi dato che già nel '51 possedeva due pistole, una delle quali disse di aver gettato in un cespuglio, ma non fu mai ritrovata; così come nel '90 non fu trovato un fucile ad avancarica, la cui presenza era indicata da molti indizi (testimonianze, inneschi, cartucciere). Evidentemente sapeva disfarsi delle armi o affidarle a qualcuno. Per quanto riguarda Lotti, era più scaltro di quanto potesse sembrare, lo penso anche io: ma mi pare difficile che lo fosse fino al punto di riuscire ad indottrinare Pucci e di convincere quest'ultimo, che non era neppure indagato, a reggergli il gioco fino in fondo
EliminaLe anticipo che nei prossimi giorni cercherò di pubblicare il mio studio sulla cartuccia, al quale lavorai con una certa attenzione, pur da profano della materia.
EliminaRiguardo Pacciani, che fosse preoccupato non mi pare per nulla un indizio di colpevolezza. A parte la naturale diffidenza che poteva avere per le forze dell'ordine uno con i suoi trascorsi, in ogni caso aveva ben capito che lo volevano incastrare a tutti i costi.
Sono molto d'accordo sul fatto che Lotti fosse assai più scaltro di quanto crede la massa, e proprio per questo ritengo che abbia tenuto in pugno Pucci in un modo molto semplice ed efficace: se cado io cadi anche tu. Pucci non aveva la coscienza del tutto pulita, non credo avesse mai partecipato a un delitto, però aveva accompagnato Lotti nelle sue perlustrazioni, e se quello gli avesse addossato qualche colpa anche oltre quelle che in effetti aveva, per Pucci sarebbe stato difficile uscirne senza le ossa rotte. E anche lui non era affatto scemo come si continua a sostenere ancor oggi.
I due, dopo il primo interrogatorio della Ghiribelli, si incontrarono, come è dimostrato dalla comune scusa del fermarsi a Scopeti per pisciare. E concordarono una versione di massima, che li vedeva soltanto testimoni. Poi fu la cecità dei nostri investigatori, per i quali Pacciani era dentro a prescindere, ad aiutare Pucci e Lotti nel portare avanti i loro aggiustamenti verso lo scenario che faceva comodo a tutti, escluso il povero Vanni. Questo almeno è ciò che penso io sulla base dei miei studi.
Mi pare che l'elenco di Kozincev sia fuorviante. Gli indizi contro Pacciani si possono riassumere anche così:
Elimina1) Voci di corridoio, nate in un periodo in cui si parlava (malissimo) di Pacciani in ogni parte d'Italia, complici i media;
2) Testimonianze su avvistamenti veloci e notturni risalenti a molto tempo prima delle dichiarazioni;
3) Un proiettile senza le impronte di Pacciani e non esploso dalla pistola del mostro, ma ritrovato su un terreno di Pacciani;
4) Un'asta guidamolla recuperata misteriosamente da un uomo misterioso, senza alcuna impronta sopra ma avvolta in una metà di uno straccio ritrovato nella non sorvegliatissima casa delle figlie di Pacciani;
4) Un quaderno di origine tedesca forse simile a uno di quelli adoperati da una vittima.
Mi spiegate in quale Stato civile si condanna una persona per 14/16 omicidi basandosi su questo materiale?
Non mi meraviglierei neanche se, durante le indagini (che, al 2018, ancora non paiono concluse), fosse stata commessa qualche forzatura. Il mostro di Firenze è il serial killer con il più alto conto vittime della storia d'Italia dopo Bilancia (che è colpevole senza dubbio e venne dopo di lui) e la gente voleva un nome. A ogni costo.
Salve io credo che sulla condizione mentale più o meno sana dei vari compagni di merende, o sulla loro capacità di poter mettere insieme in piedi una storia così truce possa rispondere chi magari li conosceva.
EliminaIl vivere in quei luoghi, conoscere le persone del posto da più informazioni di un milione di libri. Cordialmente Andrea. Con l’occasione volevo ringraziarvi di tutto il materiale che mettete a disposizione.
Vorrei porre una domanda rispetto al proiettile ritrovato nel giardino di Pacciani. Sapreste dirmi in quali condizioni è stato ritrovato?
EliminaE con le tecniche di oggi sarebbe possibile comparando le tempistiche verificare, viste le condizioni del ritrovamento del proiettile, se questo era un proiettile che stava lì da un giorno, un mese , un anno etc etc? Grazie Andrea
Tra non molto inserirò un articolo sull'argomento. Posso anticiparti che l'esame dello strato di ossido superficiale faceva pensare a un interramento di molto breve periodo, anche nullo. Ma non esistendo precedenti sufficienti in letteratura il tecnico si sentì soltanto di poter escludere un periodo superiore a 5 anni.
EliminaScambio molto interessante che mi provoca una riflessione: non è che abbiamo tutti un bias?
EliminaMi spiego. Questa vicenda ci ha mostrato il peggio, il lato più oscuro e orwelliano e insieme dilettantesco della "giustizia" italiana, su questo credo siamo tutti d'accordo indipendentemente dal nostro sospetto di elezione. Eppure...
... eppure siamo qui, perlomeno molti di noi, a portare interpretazioni diverse degli stessi dati, ma sempre sugli stessi nomi, Pacciani, Lotti, Vinci. Non è che in parte, magari inconsciamente, rimaniamo su questi nomi per bilanciare la delusione? Perché oltre a tutto il pasticcio sarebbe troppo grossa che addirittura il mostro sia qualcuno mai entrato, oppure sfiorato e poi escluso (e non so quale sia peggio) dalle indagini?
Sulle voci di corridoio non si fondano i processi. Se pensate che si è detto di tutto su questa vicenda: perfino che il mostro era Vigna o un suo fratellastro... Per forza gli avvistamenti risalivano a molto tempo prima: è passato un decennio dagli ultimi delitti al processo. Io non ho certezze, ma sull'innocenza di Pacciani non giurerei per niente: troppe bugie ha detto e anche sulle cose più futili. Resto dell'idea che per incastrarlo avrebbero potuto fare di meglio
RispondiEliminaGrazie signor Segnini. Attendo sue ulteriori considerazioni
RispondiEliminaQuello che un po’ mi spiazza di qst particolare è che un mostro così attento, così poco “compreso” nelle sue azioni possa essere stato così sprovveduto a lasciar ritrovare un proiettile nel suo orto. Mah!!!!
RispondiEliminaSignor Segnini lei nel post del 30 Gennaio 2018 ore 4.15 ha parlato dell’esame del bossolo ritrovato dicendo che la perizia ha stabilito che l’interramento era di breve periodo anche nullo ma che il tecnico non avendo riferimenti passati ha stabilito un tempo minimo di cinque anni. Questo cosa potrebbe significare? Se non sbaglio questo del bossolo ritrovato è stato un elemento indiziario molto probante nei riguardi... Certo seguendo in modo circostanziato blog seri come questo Le dico la verità qualche dubbio a me personalmente inizia a sorgere sulle reali colpe dei condannati, anche se ovviamente nel caso di Pacciani lo stesso è deceduto in attesa del processo d’appello quindi per la giustizia italiana ancora innocente.... Cordialità Andrea
RispondiEliminaNei prossimi giorni pubblicherò un mio studio dal quale l'argomento risulterà più chiaro. In ogni caso già il giudice Ferri nella sentenza di secondo grado aveva espresso notevoli perplessità sulla questione del periodo d'interramento.
EliminaCi sono delle palesi contraddizioni nelle conclusioni dei giudici della Corte d'Assise, in parte emendate dalle sentenze successive (per esempio fu tolto a Vanni il delitto di Calenzano). Quello che secondo me resta oscuro è l'atteggiamento di Vanni. A me pare che non fosse del tutto diverso da quello di Lotti: ammetteva solo quando non poteva negare i fatti e si fermava lì. Tutti i torti i giudici non li avevano: perché limitarsi a delle pallide ammissioni per poi avvalersi della facoltà di non rispondere? l'episodio del bar cosa poteva dimostrare riguardo il suo coinvolgimento? Lei ha giustificato l'atteggiamento sospettoso di Pacciani nei confronti degli inquirenti con i suoi trascorsi giudiziari. Questo discorso, certamente valido, non si può applicare però a Vanni, che era stato in carcere pochi giorni negli anni sessanta per un banale episodio di violenza domestica. Il suo atteggiamento spaventato e reticente nell'udienza famosa del processo in corte d'Assise a Pacciani non trova una spiegazione valida nella paura di essere accostato a una storia alla quale sarebbe stato totalmente estraneo. Secondo me ci sono tre possibili spiegazioni: che fosse effettivamente implicato nell'esecuzione dei delitti; che conoscesse l'autore degli stessi (Lotti o Pacciani o chiunque fosse) e che temesse di essere "manovrato" come potrebbe aver fatto Lotti con Pucci; che fosse implicato non negli omicidi delle coppiette ma nei delitti collaterali (nel suicidio del Malatesta per esempio?). C'è comunque da chiedersi perché Vanni, mentre Filastò a briglia sciolta inseguiva mostri poliziotti, non cercasse di controaccusare Lotti, che nei delitti era certamente coinvolto (su questo sono d'accordissimo con lei). Soprattutto quando ormai non aveva più niente da perdere. Con Pacciani al posto di Vanni non sarebbe certamente andata così.
RispondiEliminaE' sempre molto difficile mettersi nei panni degli altri. Quando poi tali persone si trovano in situazioni del tutto particolari, direi che diventa azzardato. I fatti hanno dimostrato che Vanni aveva tutte le ragioni di non sentirsi tranquillo di fronte a una magistratura che voleva un colpevole a tutti i costi.
EliminaA mio modesto parere non c'entrava proprio nulla. La dimostrazione migliore è data dal fatto che di fronte alla realtà di un ergastolo confermato dalla cassazione, continuò a non confessare nulla, semplicemente perchè nulla aveva da confessare.
Però è curioso che Lotti parlasse al bar della piazzola di Vicchio e Vanni, innocente e all'ignaro di tutto, lo invitasse a tacere. In teoria Lotti avrebbe avuto interesse a non sfiorare l'argomento, soprattutto in pubblico. Invidio le sue certezze, per me Lotti resta un enigma: tra bugie, mezze verità, particolari illuminanti e in qualche caso, a mio avviso, anche contraddizioni banali (a volte sembrava inciampare proprio sulle parole, come anche Pucci, del resto), è difficile trovare una spiegazione logica. E poi in questa storia c'è sempre qualche particolare che non torna: la 124 avvistata a Baccaiano, ma di colore diverso da quella posseduta da Lotti, per esempio (anche se lei ne ha dato una spiegazione verosimile). Come il motorino di Pacciani agli Scopeti.
EliminaLa 124 a Baccaiano è una suggestione. Certo, se si pensa che in ogni caso il Mostro qualche traccia dovè averla lasciata, e semplicemente non fu riconosciuta, quella 124 dà da pensare. Come ancor di più il 128 rosso a Giogoli.
EliminaDavanti al comportamento di Lotti si può rimanere sconcertati, non troppo però se ci si mette nell'ottica di aver di fronte un serial killer fuori da ogni canone.
Riguardo Vanni e il suo invito a tacere, mi pare abbastanza comprensibile, quando si pensi a quello che era successo al povero Spalletti.
Antonio lei che ne pensa del riconoscimento da parte di Renzo Confini su Vanni che andava avanti e indietro davanti al bar dove lavorava Pia? Risentendo la sua deposizione non sembra una persona che mente. Era il dolore a parlare?
RispondiEliminaIn mano a inquirenti incapaci se non anche privi di scrupoli i parenti delle vittime diventano i peggiori carnefici.
EliminaSecondo lei, se davvero Rontini avesse notato un personaggio sospetto, o comunque sconosciuto, aggirarsi attorno al bar della figlia nei giorni precedenti il delitto, non lo avrebbe segnalato subito dopo? Quella persona non poteva essergli rimasta in mente per 10 anni se per qualche motivo non l'aveva notata.
E' chiaro che la sua ansia di giustizia, legittima ma comunque non sufficiente a far andare in galera un innocente, gli fece immaginare quel che non era.
Probabilmente è vero quello che dice, però è una questione un po' delicata. Di certo Rontini avrà visto molte persone intorno al bar della figlia, e non tutti i visi magari gli erano familiari. Avrebbe dovuto segnalarli tutti? Può anche capitare che una persona rivista dopo anni possa richiamare alla mente un luogo e un momento specifico. La sfortuna comunque ha voluto che solo Pacciani e Vanni siano stati riconosciuti (anche se da testimoni forse inattendibili) come guardoni o tipi sospetti. Lotti andava a spiare le coppiette e trascorreva interi pomeriggi sui luoghi dei delitti e nessuno lo ha riconosciuto? Mah è una storia strana, mi chiedo come si possano separare i fatti veri da quelli millantati e dalle semplici suggestioni.
EliminaLei crede davvero che Vanni sarebbe andato dalla povera ragazza a tampinarla e poi a ucciderla? Penso sia arrivata l'ora di smetterla di farci prendere in giro da dei magistrati e dei poliziotti incompetenti (se non anche disonesti) che ci hanno propinato questa assurda verità giudiziaria, anche sfruttando il dolore dei genitori delle vittime.
EliminaGuardi, io ci credo poco, anche se ho un grande rispetto per il povero Rontini e non me la sento di additarlo come carnefice. C'è una cosa che non riesco ancora a capire nella sua teoria. Se Lotti era il colpevole, non avrebbe fatto altro che traslare su Pacciani e Vanni i propri comportamenti, a mio avviso. Invece mi pare di capire che, a suo parere, Lotti avrebbe individuato le vittime, parcheggiato l'auto, sparato, ucciso in un modo e raccontato i fatti in modo sempre totalmente diverso. Come aveva individuato le vittime di Vicchio Lotti? Era stato attirato da una coppietta qualunque e aveva deciso di uccidere proprio quella? E perché non mettere semplicemente Pacciani e Vanni al suo posto allora? Perché raccontare la storia delle avances respinte e della conseguente vendetta? So che mi dirà che le dichiarazioni di Lotti nascevano dal confronto con gli inquirenti e mi perdoni se metto troppa carne al fuoco, ma in questa storia io non riesco a raccapezzarmi.
EliminaCredo che si debba guardare la realtà in faccia, a proposito dei parenti delle vittime. Il loro bisogno di giustizia insoddisfatto li porta a vedere colpevoli dove non ci sono. Il caso di Marta Russo è il più eclatante, qualsiasi persona di buon senso non può credere alla colpevolezza di Scattone e Ferraro, che furono soltanto due capri espiatori immolati da una giustizia inefficiente. Eppure i genitori della poveretta sono convintissimi della loro colpevolezza, semplicemente perché non hanno nessun altro su cui riversare il loro comprensibile risentimento. Ma anche Alberto Stasi, Massimo Bossetti, Cosima e Sabrina Misseri sono in carcere innocenti, o perlomeno senza prove esaustive a loro carico, e anche per loro c'è lo stesso atteggiamento.
EliminaNel caso di Renzo Rontini c'è anche di più, poiché il carattere del pover'uomo era di quelli che non lo facevano stare a guardare. Vanni divenne un sospettato vero dopo la sua segnalazione seguita alla nota deposizione delle merende. Chiamarlo carnefice può sembrare inopportuno, ma al posto di un innocente condannato all'ergastolo io lo avrei chiamato così.
A raccontare la storia di Pia e dei due anziani che la importunavano fu per primo Pucci, nell'interrogatorio del 18 aprile 1996:
EliminaNon so dire come Pacciani e Vanni conoscessero la ragazza uccisa a Vicchio. Il Lotti mi
disse solo che Pacciani e Vanni l'avrebbero ammazzata perché́ non voleva fare l'amore con loro. Lotti mi diceva che Pacciani e Vanni non sapevano se ammazzare o meLotti mi diceva che Pacciani e Vanni non sapevano se ammazzare o meno anche il ragazzo. Lotti mi no anche il ragazzo. Lotti mi diceva che era Pacciani che aveva conosciuto la ragazza per primo, ma non mi disse come. diceva che era Pacciani che aveva conosciuto la ragazza per primo, ma non mi disse come. Aggiungeva che Pacciani e Vanni andavano a Vicchio a trovarla, ma lei non cedeva alle loro Aggiungeva che Pacciani e Vanni andavano a Vicchio a trovarla, ma lei non cedeva alle loro proposte e per questo la volevano ammazzare. Eproposte e per questo la volevano ammazzare. Erano stati gli stessi Pacciani e Vanni a raccontare questo a Lotti. Così una sera andarono ad ammazzare i due giovani e portarono Lotti con loro. Il Lotti mi disse se volevo andare a vedere anch’io ma io non volli andare. Ricordo che una sera i tre e Lotti mi disse se volevo andare a vedere anch’io ma io non volli andare. Ricordo che una sera i tre e cioè il Lotti, il Vanni e Pacciani erano in piazza a San Casciano e quando li vidi gli chiesi: "dove andate"; non ricordo chi rispose esattamente e dissero: "si va a dare una lezioncina a quelli lì di Vicchio". Vicchio". Io dissi subito che non sarei andato.
Quando con il Lotti si andò a vedere la coppia, egli mi disse che la ragazza era quella che non voleva fare l'amore con Pacciani e Vanni, mentre con quel ragazzo faceva l'amore e aggiunse che voleva fare l'amore con Pacciani e Vanni, mentre con quel ragazzo faceva l'amore e aggiunse che per questo Pacciani e Vanni volevano ammazzarla. Fu il Lotti a dirmi chper questo Pacciani e Vanni volevano ammazzarla. Fu il Lotti a dirmi che Pacciani e Vanni andavano a trovare quella ragazza ma non mi disse come l'avevano conosciuta esattamente, disse solo che l'avevano conosciuta in un bar, perché loro frequentavano solo bar per bere e mangiare. Non mi disse cosa ci facesse la ragazza nel Non mi disse cosa ci facesse la ragazza nel bar. Capii dai discorsi dei tre che la ragazza l'avevano conosciuta una settimana prima dell'omicidio.
Perché Lotti avrebbe dovuto smentirlo andando a rovinare il delicato equilibrio che in qualche modo si era realizzato? Semmai ci sarebbe da chiedersi come fu che Pucci raccontò tutte quelle sciocchezze di fronte a Canessa e Giuttari. C'entra qualcosa lo strano incontro con Giuttari del 5 marzo precedente, a Montecatini Terme, secondo il cui verbale in pratica non venne detto nulla? E allora perché andare così lontano a interrogarlo? E che ci faceva Pucci a Montecatini Terme? Era in meritata vacanza forse a spese nostre?
Secondo me lei è eccessivamente garantista. Quando gli indizi sono molto gravi, e non è certo il caso del Mostro di Firenze (per nessuno, neanche per Lotti), portano a una conclusione logica e inevitabile. Stasi e Bossetti, soprattutto il primo, non sono affatto innocenti. Ho letto le sentenze e ho pochi dubbi a riguardo. A meno che non si voglia credere sempre agli imputati e ai loro legali o non si pretenda che un assassino venga filmato mentre uccide. Se per prova si intende questo o, peggio ancora, una confessione di colpevolezza, sono sempre tutti innocenti ed è inutile darsi la pena di discutere. Quanto a Pucci e Lotti, è difficile capire perché Pucci disse certe cose e soprattutto perché Lotti gliele aveva raccontate (non potevano essere ovviamente un parto della sua debole mente). Purtroppo si possono avanzare solo ipotesi, e temo che la verità ci sfugga.
EliminaSu tutto quanto non è Mostro eviterei di discutere, non è questa la sede. Su Pucci lei tralascia il rapporto con gli inquirenti, apparso in tutta la sua equivocità durante la deposizione. Perché Pucci non ebbe mai un avvocato ad assisterlo? Eppure rischiava grosso, e i suoi fratelli dimostrarono di essere molto protettivi nei suoi confronti. Ci fu un qualche "do ut des", mi pare logico sospettarlo.
EliminaVero è però che Pucci non nasce dal nulla, e il suo rapporto con Lotti va approfondito.
Certo, si possono avanzare solo ipotesi, ma questo non implica che la verità non possa essere raggiunta, perlomeno in una sua configurazione di massima. Siamo riusciti a intuire che la materia è composta di atomi a forza di ipotesi, quegli atomi nessuno li ha mai visti, non dovremmo intuire com'è andata questa brutta storia?
Buongiorno dottor Segnini, a suo giudizio potrebbe avere qualche fondamento il sospetto che Pucci sia stato complice, magari con un ruolo comprimariale, almeno nell' ultimo delitto, o addirittura negli ultimi due? Grazie e buona domenica.
EliminaPer come ho ricostruito la vicenda personale di Giancarlo Lotti credo che non abbia avuto un ruolo attivo, se non quello noto, di averlo accompagnato prima del delitto a Vicchio e dopo a Scopeti. Però se mi chiedessero di scommetterci non lo farei.
EliminaInfatti secondo me la storia del Mostro che seguiva le vittime è una baggianata pazzesca e non si capisce proprio quale vantaggio ne avrebbe tratto.
RispondiEliminaMi perdoni, sig. Segnini .. seguo il suo blog da diversi anni, e penso che lei abbia in mano le carte giuste quando si parla del mostro. Comprendo pienamente il suo voler rimanere nell'argomento e non divagare, ma è stato lei il primo a farlo. E sinceramente presentare Stasi, I Misseri e Bossetti come innocenti mi fa ripensare molto su di lei e sui suoi ragionamenti.
RispondiEliminaLe mie sono opinioni personali, senz'altro amplificate dalla sfiducia nell'operato della magistratura, non credo sia stato un delitto renderle pubbliche. In ogni caso è meglio precisare: la mia sensazione è che le persone siano innocenti, ma non posso essere sicuro che lo siano davvero, come per Pacciani e Vanni, non avendo approfondito allo stesso modo le loro vicende. Sono invece abbastanza sicuro che la loro condanna abbia lasciato troppi dubbi. In ogni caso è materia di cui non è questa la sede per discutere. Prego di non intervenire ancora perché non pubblico.
EliminaVisto che ormai l'argomento è stato trattato, preferisco chiarire le mie posizioni sui quattro casi.
EliminaSu Scattone e Ferraro innocenti ci giocherei la testa. Conosco benissimo la vicenda.
A uccidere Sara Scazzi è stato Michele Misseri, a mia profonda sensazione, e le due donne non c'entrano nulla.
Alberto Stasi non aveva un movente, e non essendoci prove esaustive lo ritengo innocente, e comunque per il principio del ragionevole dubbio dovrebbe stare fuori.
Sulla vicenda Bossetti sono stati compiuti tanti e tali strafalcioni che tenerlo in carcere va contro il principio del ragionevole dubbio.
A questo punto chiudo davvero.
Non voglio entrare nello specifico dei casi sopra citati, non è certo questa la sede. Mi limito a una semplice considerazione, che vale non solo per uno di essi (non c'è bisogno neanche di specificarlo, si capisce bene) ma in generale.
RispondiEliminaNon sempre è possibile individuare un movente specifico, e direi che non ha neppure importanza, quando gli indizi sono pesanti come macigni.
Il movente, che talvolta è occasionale, lo conosce solo l'assassino: se non confessa, non lo sapremo mai.
Venendo a quel che più ci interessa, la vicenda di Lotti e Pucci, direi che il secondo, per quanto possa aver subìto imbeccate e suggerimenti dagli inquirenti, doveva aver ricevuto delle confidenze da Lotti: qui è il nodo della vicenda. C'era qualcosa di vero? Lotti lo aveva portato con sé a Vicchio? Le proposte alla povera Rontini sono un'invenzione scaturita dalla necessità di trovare un movente o hanno attinenza con un fatto realmente accaduto (magari con altri protagonisti)?
Quando manca il movente le prove devono essere doppiamente valide, mi pare sia difficile negarlo.
EliminaChe Lotti lo avesse portato sotto Scopeti è un fatto, negarlo è far tornare il solitario. Semmai si può discutere sul perché, a delitto già avvenuto.
Rienere che Pucci sia un testimone nato dal nulla è di nuovo far tornare il solitario. Non si prende una persona qualsiasi e gli si fa dire qualsiasi cosa. Guidato sì, ma inventato no.
Quando Pucci raccontò di Pia aveva avuto a che fare con un mediocre romanziere, sarebbe potuto venir fuori di tutto.
Più che altro chi sostiene le risultanze processuali dovrebbe spiegarci perché sono venuti fuori così tanti moventi non n contrasto fra loro. Uccidevano ragazze che li rifiutavano? Uccidevano per prendere feticci femminili utili ai riti esoterici? Uccidevano per soldi? Uccidevano perché maniaci sessuali? Uccidevano perché Pacciani dava i feticci in pasto ai famigliari? ( Lotti disse anche questo). Davanti a tutte queste giravolte mi sembra evidente che non può esserci "qualcosa di vero" in ognuna di esse. Inventare tutto questo di sana pianta era possibile, ma sarebbe incredibile pensare che fior fior di poliziotti e magistrati se la siano bevuta dall'inizio alla fine. È evidente che una contaminazione ci sia stata. Non possiamo escludere vere e proprie frodi, anzi, con più moderazione si può pensare a un soggetto che guida Pucci e Lotti da una parte o dall'altra a seconda della convenienza e della circostanza. Altrimenti non si spiegano queste giravolte. Prima il movente era sessuale / vendicativo. Poi diventa la commessa economica del Dottore mandante. Non è proprio la stessa cosa. Ha ragione Antonio quando scrive che senza un movente le prove dovrebbero essere ancora più nette e numerose. Qui si entra nella annosa e logora questione della validità o meno del processo indiziario. Strenuamente difeso da alcuni. Ma con certi noti e recenti pensionamenti forse in futuro sarà più facile ottenere una giustizia più garantista e meno inquisitoria.
EliminaOvviamente intendevo scrivere tanti moventi IN contrasto fra loro.
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