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lunedì 30 novembre 2015

In fuga da Vicchio (3)


Abbiamo visto che, prendendo a destra in uscita dalla piazzola come era stato fatto nel sopralluogo del 12 marzo, non esisteva alcuna strada in grado di aggirare il passaggio a livello. Considerati gli sviluppi successivi, si può a ragion veduta ipotizzare che, dopo quel deludente sopralluogo, Giuttari si fosse messo alla ricerca di nuovi spunti per una possibile soluzione alternativa. L’astuto poliziotto era quindi tornato a scartabellare tra i documenti trascurati dalla precedente inchiesta, trovando una relazione del PM datata 2 dicembre 1992 e un verbale d’interrogatorio di due giorni dopo relativi a un’interessante testimonianza, quella di Maria Grazia Frigo. Dai due documenti risultava che la signora aveva telefonato a Canessa affermando di aver incrociato la notte del delitto di Vicchio, su una stretta strada di campagna vicina alla piazzola, un’auto rossa lanciata a folle velocità che per poco non era andata addosso alla sua. Lo spericolato guidatore altri non sarebbe stato che Pietro Pacciani, riconosciuto da una foto vista su un giornale.
Perché la Frigo non era stata chiamata a deporre al successivo processo? Per le poco tranquillizzanti modalità del riconoscimento, si potrebbe immaginare, avvenuto su una foto di giornale dopo un fuggevole incontro “automobilistico” nel buio di una notte di ben otto anni prima. A dire il vero, però, diversi altri testimoni invece convocati non avevano offerto molto di più. Quindi, più probabilmente, la testimonianza della donna era stata scartata poiché Pietro Pacciani non aveva mai posseduto l’auto rossa della telefonata, tra l’altro divenuta semplicemente scura nel successivo interrogatorio (come si sa, quella del contadino era bianca). In ogni modo la Frigo si era avvilita e aveva protestato più volte per telefono, ma era stata liquidata con l’invito a mandare una lettera al Presidente del tribunale. Al che aveva rinunciato.


A Giuttari la testimonianza era apparsa importantissima. Il punto dell’avvistamento (F) era situato lungo una strada di campagna il cui imbocco si raggiungeva entro poche centinaia di metri uscendo a sinistra dalla piazzola, e che era idealmente collegabile a quella dell’avvistamento Martelli-Caini attraverso il raggiungimento di San Martino a Scopeto. Anche gli orari  grosso modo quadravano (23.45 Frigo, 23.30-24 Martelli-Caini), quindi il misterioso ingresso della deviazione di Pacciani per strade di campagna poteva diventare proprio quello. In più la presenza di un cavalcavia (C) che oltrepassava la linea ferroviaria avrebbe consentito di evitare il passaggio a livello, quindi la motivazione addotta da Giancarlo Lotti assumeva un senso.
Maria Grazia Frigo era stata interrogata da Giuttari il 26 marzo 1996, un paio di settimane dopo il sopralluogo del 12 durante il quale, evidentemente, il poliziotto ancora ignorava la sua testimonianza del 1992, tantoché non aveva condotto Lotti sul posto. Per poter agganciare l’avvistamento Martelli-Caini c’era però qualche problema, poiché, rossa o scura che fosse, la Frigo aveva visto un’auto soltanto, e anche se la guidava Pacciani, non  era la sua. Ma la teste aveva dimostrato una notevolissima disponibilità ad arrotare i propri ricordi, e di fronte alle domande dell’investigatore aveva adattato il proprio avvistamento al nuovo scenario multiplo: non più una sola auto ma due, davanti una Ford Fiesta bianca come quella di Pacciani e dietro un’auto rossa a coda tronca come quella di Lotti. E stavolta Pacciani guidava la bianca! L’altro guidatore, che seguiva a una distanza di circa duecento metri, come per evitare l’incontro con l’auto della Frigo aveva compiuto una strana manovra buttandosi dentro una strada laterale. 
Gli aggiustamenti del racconto originario erano proseguiti tre giorni dopo, in occasione di un sopralluogo sulla strada degli avvistamenti: da una foto la testimone quasi aveva riconosciuto anche il guidatore dell’auto rossa, la cui capigliatura e corporatura corrispondevano a quelle di Lotti. In più la medesima auto e il medesimo personaggio la signora li avrebbe visti, il giorno prima del delitto, imboccare una stradina che portava vicino alla scena del crimine, mentre nel successivo Ferragosto avrebbe notato Pacciani aggirarsi, a bordo di una Fiat 126 verde, attorno alla casa dei propri parenti guardandola male!
Non c’è bisogno alcuno di rimarcare l’inaffidabilità di una testimonianza come questa: Maria Grazia Frigo era evidentemente disposta a venire incontro a ogni esigenza del proprio interlocutore un fenomeno involontario purtroppo sempre in agguato in questi casi –  al quale per primo sarebbe spettato valutare con estrema prudenza le sue dichiarazioni. Ma per Giuttari la signora era una testimone preziosa, e quanto lo avrebbe dimostrato durante la propria deposizione del 23 giugno 1997 (vedi), quando non avrebbe lesinato alcuna lode per accreditarla:

La signora è molto precisa ha una memoria devo dire formidabile, ed è stata molto, molto precisa. […] Vedremo che è una testimone che mi ha impressionato veramente in una maniera eccezionale, positivamente e che devo dire, quando l'ho sentita, era mortificata perché non era stata quasi creduta nel '92, quando si era presentata spontaneamente.

I giudici di primo grado non si lasciarono convincere, né dalle iperboli di Giuttari né dalla colorita deposizione della stessa Frigo (7 luglio 1997, vedi), durante la quale la donna aveva manifestato grandi difficoltà nel giustificare le metamorfosi dei propri racconti. Pertanto in sentenza, dopo averne elencato le numerose contraddizioni, la censurarono con inusitata e persino eccessiva durezza:

Il che sta chiaramente a significare o che la Frigo si è inventata tutto (per la sua mania di protagonismo o per apparire comunque nella vicenda di Vicchio) o che quell’auto non era quella condotta dal Pacciani, come è dato cogliere anche dalle dichiarazioni del Lotti, che ha parlato di un diverso percorso fatto nel viaggio di ritorno dalla piazzola, a delitto avvenuto. […]
Ritiene quindi la Corte di non riconoscere credibilità alla suddetta teste, a prescindere da ogni considerazione sulla certezza dell’asserito riconoscimento del Pacciani e sull’asserita “memoria fotografica” della stessa teste, di cui ha in particolare parlato il marito nella medesima udienza del 7.7.97.

Respingendo la testimonianza Frigo, i giudici rifiutarono l’assist che Giuttari aveva offerto loro per ricostruire una via di fuga a Vicchio dotata almeno di un embrione di plausibilità, poiché avrebbe consentito di aggirare il passaggio a livello. In questo modo la sentenza rimane ancorata all’itinerario privo di scopo ipotizzato, probabilmente dallo stesso Giuttari, ancor prima che Lotti confessasse qualche responsabilità, lo abbiamo visto. Suona però strana (e falsa) l’asserzione della stessa sentenza che quest’ultimo ne avrebbe dato conferma, vista la mancanza della motivazione del passaggio a livello della quale lo stesso aveva parlato.

Giuttari è sempre rimasto convinto della bontà dell’avvistamento Frigo, e ancora nel libro "Il Mostro" del 2005 lo proponeva come naturale contraltare di quello Martelli-Caini. Ma troppi elementi contrari ostacolano questa ipotesi. Abbiamo appena visto l’inaffidabilità della testimone, e, in precedenza, l’inutilità di evitare un passaggio a livello su una linea priva di treni in transito. Se ne può aggiungere qualche altro.
Nel sopralluogo del 12 marzo Giancarlo Lotti aveva cercato la strada di quella notte svoltando a destra in uscita dalla piazzola, e non a sinistra. Con tutti i particolari che aveva ricordato, perché quello no? Non pareva uno da poco. E anche se nel riferirsi a quanto disse o non disse bisogna sempre tener conto che si trattava di un emerito bugiardo, è comunque un fatto che Lotti non raccontò mai di aver visto lungo la via di fuga né l'auto dei coniugi Martelli-Caini, né quella della signora Frigo, né, a dire il vero, qualsiasi altra. In fin dei conti l’ammetterlo non gli avrebbe nuociuto.



Un altro elemento che rende l’itinerario proposto da Giuttari poco plausibile è l’impraticabilità di un segmento di circa 300 metri (simboleggiato in piantina dal tratteggio) della sterrata che avrebbe consentito di raggiungere San Martino a Scopeto. Si tratta di un sentiero che congiunge i due casolari ben visibili nella seconda delle due immagini soprastanti, particolare ingrandito della prima, entrambe ottenute con Google Maps. In anni recenti almeno due appassionati hanno tentato di percorrerlo in auto senza riuscirci. Può darsi che in passato le sue condizioni fossero state migliori, ma di un sentiero difficile si sarebbe sempre trattato, e pare quindi comunque folle l’avventurarsi di notte su un percorso del genere.
Un’ultima considerazione va fatta sul casolare dove sarebbe stata nascosta la pistola (B). Nell’ipotesi di Giuttari esso sarebbe stato raggiunto dopo il rientro sulla provinciale nel punto R prendendo a sinistra. Ma se Pacciani voleva arrivare lì, perché non aveva imboccato la via diretta che vi giungeva da San Martino a Scopeto? Avrebbe risparmiato un po’ di strada, avrebbe evitato un pezzo di provinciale avanti e indietro e avrebbe comunque aggirato il passaggio a livello.
Alla fine appare chiaro che se la via di fuga proposta dai giudici è priva di senso, quella proposta da Giuttari è fasulla, costruita in modo artificioso mettendo assieme due testimonianze tutt’altro che affidabili. L’ipotesi di gran lunga più plausibile è che le auto viste dai coniugi Martelli-Caini e dalla signora Frigo non avessero alcun collegamento con il delitto, tra l’altro avvenuto già da un paio d’ore, e che Giancarlo Lotti non fosse mai passato da quelle strade, né da solo né tanto meno seguendo l'auto di Vanni e Pacciani.

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