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domenica 7 aprile 2019

Il punto sulla testimonianza di S.C.

Uno dei primi articoli pubblicati da questo blog, Se il buongiorno…, incentrato sull’estenuante interrogatorio cui venne sottoposta Sabrina Carmignani il 6 dicembre 1995, cerca di evidenziare in quale clima poco sereno iniziò l’inchiesta condotta da Michele Giuttari. L’impellente bisogno di trovare in tempi strettissimi gli sconosciuti complici di Pacciani, infatti, indusse l’investigatore ad adottare metodi fin troppo rudi per tirar fuori dalla testimone delle informazioni che in realtà lei non possedeva. Il principale documento su cui si basa lo scritto è un articolo a firma Mario Spezi, uscito sul settimanale “Gente” nell’aprile del 2004, contenente clamorose rivelazioni; il reperimento di altra documentazione e l’uscita recentissima del libro di Davide Cannella Winchester calibro 22, serie H (acquistabile qui), lo ha reso bisognoso di revisione e suscettibile di miglioramenti.
Prima di proseguire è necessaria una precisazione riguardo il libro citato. Cannella è il titolare dell’agenzia di investigazioni private “Falco” di Lucca, della quale più volte si avvalse Nino Filastò per effettuare indagini nell’ambito della difesa di Mario Vanni. Cannella intervistò vari personaggi, tra i quali, il 1° e il 5 aprile 2003, anche Sabrina Carmignani. Da qualche tempo il relativo rapporto è giunto nella disponibilità di chi scrive, con l’accordo però di non consentirne la consultazione in rete; un vero peccato, data la sua estrema significatività. Di quell’intervista ne parla Cannella nel proprio libro, con una sintesi che quindi, di per sé già pubblica, può essere riprodotta e commentata. Di altri passi del documento si eviteranno citazioni dirette, richiamandone soltanto i concetti o brevi frasi quando necessario.
Infine, si approfitterà di questa occasione per rendere disponibili tutti i documenti già noti, più alcuni mai pubblicati prima.

8 settembre 1985. Il giorno della scoperta dei cadaveri dei francesi, lunedì 9 settembre 1985, Sabrina Carmignani passò davanti alla piazzola in auto assieme alla madre, come raccontò lei stessa il 30 giugno 1997 in dibattimento (vedi e vedi):

PM: Senta, lei ricorda di essersi recata dai carabinieri di San Casciano, se non sbaglio, il giorno dopo che fu... anzi, il giorno stesso, la sera, in cui fu scoperto l'omicidio di Scopeti?
SC: Sì.
PM: È vero che si presentò lei spontaneamente?
SC: No, no. Io quel giorno stavo andando a Firenze e passai dagli Scopeti con mia madre. E quindi, insomma c'erano tutte le persone, domandando cos'era successo mi rivolsi a mia madre dicendo che il giorno prima io ero lì. Quindi mi sentì non so chi e mi portò in caserma.
PM: I carabinieri, comunque, li avvertiste voi o sua madre che lei era stata lì quel giorno.
SC: No. C'era, non so se era un poliziotto, o così, e mi disse di venire in caserma.

Sappiamo già quello che la ragazza raccontò ai carabinieri; in ogni caso il verbale delle sue dichiarazioni è consultabile qui in fotocopia, e qui in trascrizione. Per completezza è il caso di riportare anche il contenuto di due articoli di giornale, entrambi consultabili sull’emeroteca di “Insufficienza di prove”.
Dalla “Città” del 10 settembre 1985:

Una ragazza si era avvicinata col fidanzato al luogo del delitto. «L’ho vista domenica, credevo dormisse…»
[…] C’è però una testimonianza importante, quella di una giovane, Sabrina Carmignani, 18 anni, di San Casciano, che domenica pomeriggio, intorno alle 17, si è recata inconsapevolmente sul luogo del delitto con il suo ragazzo. I due erano in auto. «Ho visto – racconta emozionata – una persona distesa dentro alla tenda. Ci siamo fermati pochi minuti poi, pensando che la musica della nostra autoradio potesse disturbarla, ci siamo allontanati di qualche metro. Ma siamo rimasti lì per poco tempo, perché io avvertivo un’aria strana, inquietante. E così ho pregato il mio ragazzo di cambiare zona».
La giovane è rimasta quasi tutto il pomeriggio di ieri tra la folla, in attesa di qualche brandello di notizia. In serata i magistrati l’hanno interrogata. «Abbiamo sentito a lungo la ragazza – ha detto il sostituto procuratore Paolo Canessa – e ho notato che faceva un po’ di confusione».
Quella di Sabrina rimane comunque una testimonianza di eccezionale interesse, perché fa presumere che i due turisti francesi siano stati uccisi sabato notte, quando la luna era all’ultimo quarto, proprio una settimana prima che sparisse del tutto.

Dalla “Nazione” dell’11 settembre:

«Domenica ero lì». Il racconto di una ragazza: «Poi è arrivato uno, solo, in auto…»
Forse altri occhi hanno visto la piazzola degli Scopeti, con i cadaveri straziati dal mostro, prima che il giovane Luca Santucci, il cercatore di funghi di San Casciano, facesse scattare l’allarme. Frequentatissima dalle coppiette, quella strada che passa in mezzo ai boschi e ai campi di olivi è molto battuta anche dai guardoni. È certo che qualcuno è stato sulla scena del delitto poche ore dopo il passaggio dell’assassino. Ma il desiderio di restare nell’ombra, di non immischiarsi in una vicenda sempre più sconcertante, ha avuto forse il sopravvento sul dovere che impone di chiamare i carabinieri. […]
Anche Luca, però, pensa di non essere stato il primo ad accorgersi dei due cadaveri. Altra gente è passata da lì. Ci accompagna da Sabrina Carmignani, diciannovenne segretaria d’azienda in cerca di primo impiego. Sabrina era stata nella piazzola del delitto domenica pomeriggio, insieme al suo ragazzo.
«Con la nostra macchina – dice – ci siamo fermati accanto alla Golf francese, ma non siamo scesi, in terra c’era troppo sporco, cartacce, stracci, lattine. Quella macchina e quella tenda ci rassicuravano, c’era qualcuno, non eravamo soli. Fra l’altro, dall’apertura della tenda, s’intravedeva la forma di una persona sdraiata, forse addormentata. Abbiamo spento la radio per non disturbare. Dopo un po’ il silenzio è stato rotto dal rombo di un motore. C’era una macchina che veniva avanti con un uomo solo sopra. Sappiamo che la zona è infestata dai guardoni e abbiamo preferito andar via».
Chi era il solitario automobilista giunto sul piazzale dopo Sabrina e il suo ragazzo? Ha visto qualcosa? Perché non parla?
«Quando ho saputo che il mostro aveva colpito agli Scopeti – conclude la ragazza – ho pensato subito alla tenda e alla macchina francese e a quella persona che credevamo addormentata».

Altre informazioni su quel pomeriggio vennero fornite dalla Carmignani alla SAM in un colloquio informale del 2 dicembre 1995 (vedi), del quale ci siamo già occupati nell’articolo Autunno1995. Leggiamo la parte che riguarda la descrizione della tenda e dell’auto sopraggiunta:

Subito dopo il loro arrivo, allorché si erano spostati un po' più in basso per non essere troppo vicini alla tenda (che appariva come abbandonata sebbene vi fosse parcheggiata accanto una vettura VW GOLF di colore bianco), era giunta e si era fermata sulla strada, all'altezza dell'ingresso alla piazzola, una vettura dall'apparenza non nuova, con i fari anteriori di tipo squadrato.
A questo punto gli scriventi mostravano alla CARMIGNANI la foto del modello FIAT 128 coupé con lo scopo di una eventuale individuazione del modello di vettura notato dalla ragazza in correlazione con le dichiarazioni già rese da altre persone (CHIARAPPA Vittorio e DE FAVERI Marcella): la giovane asseriva che avrebbe potuto trattarsi anche di quel tipo di vettura precisando che a suo tempo aveva parlato di FIAT REGATA solo perché tale modello, posseduto da sua madre, le richiamava alla mente l'auto sopraggiunta a causa dei fari squadrati.

Ce ne occuperemo estesamente più oltre, intanto però è il caso di riportare quanto dichiarato dalla Carmignani il 6 dicembre successivo sui medesimi argomenti. Dal verbale:

La CARMIGNANI dichiara:
Confermo le dichiarazioni del 9 settembre 1985 ed intendo fare alcune precisazioni.
Il pomeriggio del giorno 8 settembre, insieme al mio fidanzato, mi sono recata nella piazzuola degli Scopeti intorno alle ore 17 o forse un po’ prima in quanto faceva molto caldo, allo scopo di mangiare un panino ed una fetta. di torta in occasione del mio compleanno che ricorreva per l'appunto quel giorno.
Giunta sul posto, notai la Golf, da me descritta nel precedente interrogatorio, che si trovava parcheggiata a fianco ad una piccola tenda, ivi presente e che sembrava disabitata, in quanto si presentava sciupata e non ben stesa, nel senso che probabilmente i tiranti si erano un po’allentati.
Questa tenda mi è sembrata che fosse di colore grigio argentato, in quanto, in altra occasione, di notte, ebbi modo di notarne i riflessi alla luce dei fari dell'auto.
A.D.R.: Sicuramente avevo già notato la presenza di questa tenda in quel posto il giorno precedente e cioè il sabato sera, in quanto, transitando in auto da quel posto, ebbi modo di notarne la presenza.
La CARMIGNANI, quindi, prosegue nelle precisazioni:
Notai che la Golf si trovava con il frontale rivolto verso l'ingresso della piazzuola, per cui ritengo che fosse entrata a marcia indietro in considerazione della ristrettezza della stradina di accesso che non consente di fare agevole manovra all'interno della piazzola. Mentre mi trovavo in questo posto, ove mi sono intrattenuta, per i motivi che ho esposto, per circa mezz'ora, ho visto sopraggiungere un'autovettura, che, provenendo da San Casciano, si è immessa per un limitato tratto nella piazzuola, dopo di che, forse perché l'autista aveva notato la nostra presenza, ha fatto subito retromarcia posizionandosi più avanti, dopo pochi metri, a margine della strada asfaltata, sul margine della piazzuola con il frontale in direzione di Firenze.
Allorché ho lasciato il posto, dopo alcuni minuti dal sopraggiungere di quest'auto, uscita dalla piazzuola, nell'immettermi in direzione San Casciano, ebbi modo di notare di spalle la persona che si trovava alla guida e che mi diede l'impressione, dalla sua figura, che fosse di età matura e massiccio di corporatura.
Mi colpì il fatto che questa persona, pur essendoci molto caldo, indossava un giaccone del tipo di quelli che sono soliti indossare i cacciatori. Era comunque qualcosa di pesante e di colore verde. Posso affermare ciò in quanto ebbi modo di notare il braccio destro di questa persona che era appoggiato al volante nella parte alta.
A.D.R.: Ebbi modo di vedere l'auto allorché sporse con il frontale all'inizio della piazzuola. Tale frontale, per la presenza dei fari squadrati, mi sembrò simile a quello della Regata, tipo di macchina che era in possesso all'epoca di mia madre, ma posso affermare che non si trattava di Regata in quanto la macchina da me vista era più bassa.
In buona sostanza della Regata questa macchina aveva solamente i fari che mi sembrarono simili nel disegno. Notando l'auto nella sua parte posteriore quando uscii dalla piazzuola, vidi che essa presentava il retro piuttosto tronco.
Il colore di quest'auto era piuttosto sbiadito dal tempo ed era di una tonalità media, nel senso che non era né troppo scura e né troppo chiara. Era comunque una macchina che sicuramente era stata esposta alle intemperie, pioggia e sole, che ne avevano alterato il colore originale.
A questo punto l’Ufficio pone in visione alla CARMIGNANI due fotocopie, riproducenti il modello Fiat 128 Coupé sia nella parte frontale e laterale che in quella posteriore. La CARMIGNANI, dopo avere attentamente esaminato tali foto, dichiara:
Sì, il frontale ed il retro delle foto che mi si mostrano possono essere piuttosto compatibili con l'auto da me vista e descritta.[…]
A.D.R.: All'arrivo dell'auto di cui trattasi, posi attenzione solamente sulla vettura e quindi non posso escludere che vi fosse un'altra persona a bordo oltre al guidatore, da me notato particolarmente all'atto dell'uscita dalla piazzuola della mia vettura.

Ecco invece la parte delle dichiarazioni, riguardanti la tenda, rese in dibattimento durante l’interrogatorio di Canessa (30 giugno 1997):

PM: Vide la tenda? C'era? Si fermò lì?
SC: Sì, con la macchina io entrai proprio davanti alla tenda.
PM: C'era qualcuno?
SC: No, non c'era nessuno.
PM: Lei si trattenne un po' in questa...
SC: Sì, io andai lì davanti e non pensavo ci fosse nessuno, perché non sembrava una tenda abitata da persone, quindi volevo scendere. Però poi, un po' per il cattivo odore, un po' perché la tenda c'era tutto sporco, decisi di andare più indietro. Quindi mi spostai di lì e dopo... di lì a poco andai via.
PM: Quindi lei ebbe la sensazione se c'era qualcuno dentro o fuori questo non...
SC: La tenda era sciupata, era giù, non lo so… Non era tirata come una normale tenda. Era un po' sciupata.
PM: Quindi, lei non sa dire se c'era qualcuno dentro, ebbe l'impressione o... ?
SC: Più che altro l'impressione ci fosse dei materassini dentro, può darsi quelli che si usa, però non lo so.

Questo invece il controinterrogatorio del difensore di Vanni e una breve replica di Canessa:

Pepi: Lei prima parlando della tenda dei francesi ha detto che, nel giorno che poi si sarebbe verificato l'omicidio, di essere stata lì col suo fidanzato, mi sembra, e aver notato questa tenda come sciatta, un po' sciupata. Ecco, la domanda che le volevo chiedere, ma questa impressione l'ha avuta anche nei giorni precedenti, o nei giorni precedenti la tenda era montata come doveva essere, tirata, eccetera.
SC: No, no, nei giorni precedenti la tenda era una tenda normale, non era rotta e sciupata.
Pepi: Non è che abbia avvertito qualcosa di particolare già a quell'ora, tipo odori strani...
SC: Sì, era molto caldo quell'anno e mi ricordo che, appunto, era il mio compleanno, avevo delle torte, e non ci si poteva star lì perché c'erano molte mosche, poi era un puzzo veramente...
Pepi: Notevole.
SC: Sì.
Pepi: Ecco, non lo potrebbe specificare che tipo di odore è?
SC: Non lo so era un... cioè, più che altro dava l'impressione se c'è qualche animale morto da giorni, ecco, più o meno quello. È l'impressione che ho avuto al momento.
Pepi: Bene, la ringrazio, non ho altre domande.
PM: Scusi, un'altra domanda ancora: la tenda, se lei lo ricorda, era aperta o chiusa?
SC: La tenda era chiusa.
PM: Bene. E un'altra cosa, lei mi sembra abbia parlato che ha visto davanti un foglio di carta, qualcosa... ricorda?
SC: Sì, c'erano molti fogli, c'erano delle scarpe, mi sembra, un paio di scarpe da donna, mi sembra e c'erano anche dei pezzi di carta, cioè, c'era molto sporco davanti.
PM: Carta, mi scusi, come residui di mangiare. Carta o giornali o...
SC: Carta, pezzi di foglio, così, buttati per terra.
PM: Davanti alla tenda.
SC: Sì.

Sull’auto sopraggiunta:

PM: Lei quanto si sarà trattenuta in quel posto?
SC: Più o meno, 20 minuti, una mezz'oretta.
PM: Una mezz'ora. E ricorda, in questo periodo, se sopraggiunse qualcuno?
SC: Sì, quando stavo andando via arrivò una macchina che imboccò la piazzola lì.
PM: Ricorda qualcosa di questa macchina?
SC: Non so che macchina era, l'ho vista solo davanti.
PM: Ricorda qualche caratteristica particolare?
SC: Era una macchina che mi sembrava vecchia, con la vernice un po' scolorita, tipo queste macchine vecchie scolorite dal sole. Non era una macchina nuova, cioè del tempo. Sicuramente risaliva a molti anni prima come modello.
PM: La tonalità di questa macchina, se era chiara o scura. Lei ha dato indicazioni alla polizia su questa macchina. Ricorda qualcosa di più, vuole che... magari se lo ricorda lei è meglio, altrimenti io le posso sollecitare – se la Corte lo consente – ciò che ha dichiarato. Volevo capire se ricorda qualcosa di suo, invece che essere sollecitata da.
SC: Si, diciamo che io l'ho vista davanti e quindi...
PM: I fari, non lo so, le caratteristiche...
SC: Sì, era una macchina che a quel tempo mi ha dato l'impressione di una Regata come...
PM: Invece era una Regata, oppure...
SC: No, non era una Regata era simile il muso davanti.
PM: Il muso davanti perché è basso, alto...
SC: Perché era abbastanza basso.
PM: Lei ricorda se aveva fari tondi, fari rettangolari, non so, mi sembra su qualcosa lei abbia detto... nel dise...
SC: Probabilmente aveva dei fari rettangolari.
PM: Sul colore sbiadito lei ha qualche ricordo più preciso o ha solo questo ricordo sbiadito?
SC: Poteva essere benissimo, non so, un rosso molto sbiadito, decolorato proprio.
PM: Senta una cosa, e c'era qualche persona? Lei vide chi la guidava? Arrivò... Che manovra fece questa macchina?
SC: Questa macchina entrò... Veniva da San Casciano e girò per entrare nella piazzola. Però c'era la mia macchina lì, quindi fece marcia indietro e proseguì non per San Casciano, nella direzione opposta.
PM: Lei vide se c'era un solo guidatore, se c'erano altre persone?
SC: Sì, mi sembra che c'era una persona dentro.
PM: Su questa persona ebbe la possibilità di capire o di notare qualcosa, o assolutamente non ha ricordi, o non vide niente di particolare?
SC: Quello che ricordo è che, comunque, sembrava un cacciatore. Cioè, abiti...
PM: Non era uno elegante, insomma, ben vestito.
SC: No, no.
PM: Senta una cosa, questa era esile, grosso, lei qualcosa ha detto, non so se...
SC: Abbastanza grosso, cioè, abbastanza grosso, non era comunque... […] Non esile.
PM: Lei, mi sembra, abbia detto massiccio, di età matura. Può essere che aveva questo ricordo?
SC: Si, sì. Poteva essere un cacciatore, un pescatore, di questi signori così, vestiti da... con questi abiti.
PM: Questo più per l'abbigliamento.
SC: Sì.

Per completezza di documentazione, è infine il caso di trascrivere quanto è riportato nel libro di Cannella riguardo quel pomeriggio (si ricorda che l’intervista è del 1° aprile 2003):

L'8 settembre 1985, verso le 16:30 io e il mio ragazzo dell'epoca, siamo andati nella tristemente famosa piazzola degli Scopeti, portando con noi una torta. L'8 settembre è il giorno del mio compleanno e ricordo benissimo quel maledetto anniversario. Appena scesi dalla nostra auto, vidi che quella piazzola, dove io ero stata già altre volte, non mi sembrava la solita di sempre. Vidi dapprima, una Volkswagen Golf bianca, ferma sul lato sinistro e poco prima di una tenda da campeggio. Tutto intorno mi pareva sporco e malandato. Pieno di cartacce. Diedi una rapida occhiata.
Vidi subito, davanti all'ingresso della tenda dei ragazzi francesi assassinati, che era tutto sporco. Uno sporco innaturale, come se davanti alla tenda vi fosse dell'olio, dell'unto, insomma. Mi colpirono, in mezzo a quello “sporco”, un paio di scarpette rosse da donna.
Ora mi rendevo conto del perché tutto mi sembrasse brutto, diverso dalle altre volte: si sentiva un puzzo terribile, come di cadavere e c’erano mosche dappertutto, tante, ed io me ne intendo di puzzo di cadaveri... Io, ho fatto l'infermiera in un obitorio.
Vista la situazione, decidemmo di andare via, da qualche altra parte. Mentre stavamo tornando, abbiamo visto una macchina, scolorita, imbucare anche lei lo stradello, per raggiungere la piazzola. Quando l'autista ha visto che sul posto c'eravamo noi, ha fatto manovra e se n'è andato.

Preparazione di un colpaccio. La nota della SAM (vedi), della quale si è già detto, è in grado di fornire maggiore chiarezza sull’interrogatorio del 6 dicembre. Il documento è datato 5, e rendiconta di un colloquio di tre giorni prima della Carmignani con Riccardo Lamperi e Alessandro Venturini. È il caso di evidenziarne la parte che avrebbe stimolato e condizionato il successivo interrogatorio, inerente la reazione della donna alla lettura delle dichiarazioni rese dai coniugi De Faveri-Chiarappa (il lettore ricorderà che la coppia aveva visto un’auto sportiva rossa e due individui stazionare per l’intero pomeriggio della domenica del delitto sotto la piazzola di Scopeti).

La giovane ascoltava in silenzio quanto verbalizzato dal CHIARAPPA, mentre, alla descrizione dell'individuo “... un po' più alto del precedente e meno grezzo dell'altro..”, SPONTANEAMENTE, senza alcuna sollecitazione, dichiarava: “È quello lì di San Casciano... come si chiama... Torsolo...” precisando subito dopo che si trattava del suo compaesano VANNI Mario, personaggio a lei ben noto come “guardone” frequentatore della piazzola degli Scopeti. Di questo la CARMIGNANI era sicura perché anche lei si recava spesso in quel luogo di pomeriggio e di notte.

L’uso dell’avverbio “spontaneamente” – in maiuscolo nel testo originale – vuole evidenziare l’assoluta mancanza di imbeccamenti da parte di Lamperi e Venturini, confermata dal primo a chi scrive; quindi senz’altro fu la stessa Carmignani a prendere l’iniziativa di pronunciare il nome di Vanni, avendo associato la sua figura a uno dei due individui descritti dai coniugi, e questo perché, a suo dire, era nota la sua fama di “guardone” e lei stessa lo aveva visto in precedenza sulla piazzola. È chiaro però che la donna non disse di averlo visto quella domenica.
Sappiamo già che Sabrina Carmignani non volle firmare il verbale di quel colloquio; perché? La sua motivazione dichiarata fu quella di non voler “entrare in alcun modo nel processo a carico di PACCIANI Pietro per timore di rappresaglie contro il suo bambino da parte di personaggi a lui collegati ancora in libertà”. Ma chi avrebbe potuto vendicarsi su di lei, Mario Vanni? È oltremodo difficile credere che davvero la donna avesse potuto temere la reazione di “Torsolo” o degli altri fantomatici fiancheggiatori di cui già i giornali avevano timidamente vociferato, mentre pare assai più verosimile attribuirle il desiderio, dovuto a ragioni del tutto personali e legittime, di evitare il proprio coinvolgimento nel circo mediatico cui aveva assistito durante il processo Pacciani. Ma proprio quel “timore di rappresaglie”, che in ipotesi poteva anche averla indotta a tacere qualcosa, dovette funzionare da grande stimolo per le speranze di chi in quel momento voleva trovare a tutti i costi nuovi spunti investigativi, quindi la testimone venne riconvocata in questura per il 6 dicembre.
In quel periodo Sabrina Carmignani stava affrontando problemi legali con il marito e padre del proprio bambino, da cui si era già separata (si trattava della stessa persona che aveva condiviso con lei l’esperienza sulla piazzola di Scopeti). Ad assisterla era lo studio legale in cui operava Aldo Colao, avvocato di parte civile per conto della famiglia Mainardi nel passato processo Pacciani e nel futuro processo ai compagni di merende, che però, da penalista, non doveva interessarsi direttamente al suo caso, che abbisognava invece di un civilista. Secondo le dichiarazioni rilasciate della stessa Carmignani a Cannella, Colao sarebbe stato convinto di averle sentito dire anni prima che aveva visto Vanni sulla piazzola. Nello stesso documento si legge che, la sera del 5 dicembre 1995, Colao le telefonò – “per puro caso”, secondo lei, ma vedremo che non era affatto così – venendo a conoscenza del suo previsto colloquio del giorno dopo con Giuttari. Alle 6 di mattina Colao la chiamò di nuovo, offrendosi senza successo di accompagnarla, e quando arrivò in questura e fu fatta attendere, lui era già dentro la stanza con Giuttari.
Nonostante quello che si legge sul verbale (“Si dà atto che la CARMIGNANI, debitamente invitata, è comparsa accompagnata dall’avv. Aldo Colao, che assiste all'audizione”) è evidente che il ruolo di Colao non dovette certo essere stato quello di assistere Sabrina Carmignani – che non ne aveva bisogno e neppure glielo aveva chiesto – ma di dare manforte nel tirarle fuori le informazioni che ci si attendeva da lei (“Disse: ci parlo io”, si legge nel rapporto Cannella). E a confermare tale ipotesi concorre il contenuto di un articolo di Amadore Agostini uscito sulla “Nazione” del 25 gennaio 1996 (vedi). L’informatissimo giornalista scrisse di una cena della sera precedente alla quale avrebbe partecipato addirittura Ruggero Perugini – presente anche lui all’interrogatorio, lo vedremo tra breve – assieme a “un legale di parte civile del processo e qualche altro personaggio che ruota attorno alla vicenda del mostro”. A quella cena si dovevano essere accese grandi speranze per un’inchiesta appena partita e ancora nebulosa – è bene ricordare che al momento Ghiribelli, Lotti e Pucci erano personaggi ancora di là da venire –, supportate magari da qualche progetto strategico per affrontare una testimone che, di fronte alla SAM, si era rivelata assai coriacea. Ecco perché è difficile pensare che la telefonata di Colao fosse stata casuale.

L’interrogatorio. A ulteriore dimostrazione delle grandi speranze riposte nella testimonianza di Sabrina Carmignani fu la presenza di una folla di giornalisti, fotografi e cineoperatori nei corridoi della questura, che non potevano essersi trovati lì per caso, ma erano stati debitamente avvertiti e poi fatti entrare dall’agente di guardia. Si può soltanto pensare, quindi, che qualcuno contasse su un clamoroso colpo di scena, del quale intendeva far partecipi tutti gli italiani (è facile per il lettore immaginare chi, considerando analoghi comportamenti futuri).
Non è ben chiaro quante persone fossero state presenti all’interrogatorio, che andò avanti addirittura per sei ore. Il verbale nomina Giuttari, Riccardo Lamperi e Aldo Colao, ma di sicuro c’era anche Ruggero Perugini, come scrissero i giornali del 7: “la Repubblica” (vedi): “I due sono entrati nell'ufficio del capo della squadra mobile, Michele Giuttari, e dopo qualche minuto, nella stanza sono stati raggiunti dai poliziotti più anziani della squadra antimostro, e da una vecchia conoscenza dell’ inchiesta: Ruggero Perugini”; “Corriere della sera” (vedi): “[…] questo nuovo capitolo della vicenda "mostro" […] ha richiamato a frotte giornalisti, fotografi e cineoperatori. Incuriositi anche dalla presenza all'interrogatorio, stando alle indiscrezioni non smentite, di Ruggero Perugini”;  “La Stampa” (vedi): “All'interrogatorio sarebbe stato presente, ma soltanto come osservatore, anche Ruggero Perugini”; “La Nazione” (vedi): “Nella stanza di Giuttari c’era anche l’ex capo della SAM, Ruggero Perugini”.
In un articolo di un mese dopo sulla “Nazione”, Amadore Agostini raccontò di più (25 gennaio 1996, vedi):

Ruggero Perugini arriva precipitosamente a Firenze nel segreto più assoluto. Incontra solo Giuttari, la pubblica accusa, un terzetto di fidatissimi. Ecco che lo stesso investigatore, ora ufficiale di collegamento della Dia con l’Fbi, si precipita a precisare di essere in città per affari strettamente personali. Eppure lo incontrano a una cena alla quale prende parte un legale di parte civile del processo e qualche altro personaggio che ruota attorno alla vicenda del mostro. La mattina seguente è sempre Ruggero Perugini a partecipare attivamente all’interrogatorio di una super test dell’85. È lui che fa domande che “consiglia” parte del verbale.

Del resto lo affermò anche la stessa Carmignani di fronte a Cannella: Perugini entrò dopo mostrandosi “molto interessato a questa cosa”. E che la presenza di Perugini non fosse stata dichiarata nel verbale posto agli atti conferma l’assoluta irritualità di quell’interrogatorio, già gravemente compromesso dalla presenza di Aldo Colao. Ma che cosa c’entrava con la nuova inchiesta il poliziotto che aveva inseguito Pacciani secondo vecchie logiche che si stavano ripudiando, e che per di più era stato trasferito a tutt’altro incarico? È opinione personale di chi scrive che Vigna considerasse Giuttari ancora troppo acerbo sulla vicenda, e che quindi avesse preferito affiancargli qualcuno già ben addentro. Sul ruolo di Perugini le cronache giornalistiche sono contrastanti, in ogni caso, fosse chi fosse a porre le domande, le pressioni per far dire alla donna che quella domenica aveva visto Mario Vanni sulla piazzola di Scopeti dovettero essere state enormi. Dal libro di Cannella:

Quando raccontai la cosa alla Polizia, questi, invece di ringraziarmi, mi misero subito sotto torchio: volevano che dicessi in tutti i modi di avere visto alla guida della macchina scolorita Mario Vanni. Io ho detto loro che non potevo dire quello che non avevo visto, ma loro hanno insistito pesantemente dicendomi... “Dillo che era lui alla guida dell'auto scolorita! Lei lo sa cosa ha fatto il Vanni? Via lo dica! Lei non parla perché ha paura!”. Io risposi: “Paura di cosa? Se avessi visto il Vanni Mario, in quella macchina o qualcuno che conoscevo ve lo direi, ma non posso dire quello che non ho visto!” Pensi che roba! E tutto questo, in quel periodo… quando stavo passando un momento difficile per la mia vita. Avevo un bambino piccolo e un mare di difficoltà di tutti i tipi.
Mentre mi trovavo in Questura, un poliziotto mi prese da una parte e senza troppi giri di parole mi disse che, se non avessi collaborato con loro, mi avrebbero tolto il bambino. Poi, non contenti, mi chiusero dentro ad una stanza, al buio e iniziarono a proiettami le diapositive dei due ragazzi assassinati, mentre si trovavano sul tavolo anatomico durante l'autopsia! Un poliziotto da dietro mi diceva: “Guarda cosa ha fatto. Tu lo vuoi proteggere! Dillo che lo hai visto nella piazzola.” Credo stessi per vomitare. Sono infermiera ma quelle immagini mi hanno letteralmente scioccata! Non avevo mai visto niente di simile in tutta la mia vita. Ma erano tutte quelle ingiustificabili pressioni, verso una persona che stava facendo il suo dovere… Ma loro volevano trovare uno che gli dicesse cose che uno non ha visto… Se uno vuole maneggiare le persone... Non va bene così!

Di tali pressioni non c’è però traccia alcuna nel verbale (vedi), che d’altra parte è reso in forma riassuntiva, come quasi sempre. Vediamo che cosa vi si trova riguardo Mario Vanni, argomento affrontato in conseguenza a domande sull’avvistamento di due individui da parte dei coniugi De Faveri-Chiarappa. Fin da subito si esclude che quel pomeriggio la Carmignani avesse visto persone differenti dal guidatore dell’auto sopraggiunta dopo il suo arrivo.

La CARMIGNANI dichiara:
Quel pomeriggio non ho visto nessuna persona, all'infuori di quella da me descritta a bordo della macchina che corrisponde per quanto riguarda la coda tronca ed il colore sbiadito, che, per quanto riguarda l'auto da me notata, non era né troppo scuro né troppo chiaro.
A.D.R.: Non ho mai visto coppie di uomini rispondenti alle caratteristiche che mi dite e che sono peraltro piuttosto generiche, ma ho visto cacciatori, cercatori di funghi e di tartufi anche perché nella zona degli Scopeti vengono esercitate dette attività. Se ricordate bene chi scoprì la coppia di francesi uccisa, tale Luca Santucci, era andato in quel posto a cercare i funghi.

Si passa poi a Vanni e Pacciani, dei quali la teste si dice sicura di aver visto in paese il primo, di non ricordare se avesse mai visto il secondo, se non in televisione, e di poter escludere con certezza di averli mai visti assieme.

Mi viene chiesto se a San Casciano e dintorni e, comunque, in zona, io possa ricordare persone che presentano caratteristiche fisiche similari a quelle descrittemi e se, anche in epoca diversa, li abbia potuti notare nella zona degli Scopeti più volte.
Al riguardo posso affermare che, facendo mente locale ai noti personaggi venuti alla ribalta nel noto processo, da me seguito anche in televisione, mi viene in mente come descrizione tanto l'imputato del processo quanto un altro mio compaesano, che si chiama VANNI Mario, detto in paese “Torsolo”. Voglio però precisare che i due io non li ho mai visti insieme né in paese né nelle vicinanze della piazzuola degli Scopeti.
Mi viene chiesto se io, prima del processo, conoscessi queste due persone.
Riferisco che, quando vidi in televisione il PACCIANI, questi mi sembrò una faccia già vista ma non riuscii a focalizzare dove e in che occasione, mentre, quando vidi il VANNI, del quale non conoscevo il nome, riconobbi subito in questi la persona che in paese era conosciuta con il soprannome di Torsolo.
Voglio sottolineare di nuovo che né in paese né fuori ho mai visto il PACCIANI ed il Torsolo assieme e che mi son venuti alla mente soltanto grazie alla enorme pubblicità data da televisione e giornali alla vicenda giudiziaria del “Mostro”.

Infine le domande si fanno più specifiche sulla piazzola degli Scopeti. La testimone esclude di avervi mai visto Pacciani, mentre le era capitato di vedere Vanni mentre camminava lungo la strada prospiciente, ma in occasione di feste, quando vi stavano passeggiando anche altre persone.

Mi viene chiesto se avessi visto nella zona degli Scopeti singolarmente il PACCIANI ed il Torsolo.
Per quanto riguarda il PACCIANI, posso ribadire di non averlo mai visto nella zona degli Scopeti e di non avere memoria del dove e quando potessi, nel caso, averlo visto prima e comunque sono propensa ad escludere di averlo incontrato in quella zona.
Per quanto riguarda il Torsolo, invece, posso affermare che si tratta di un personaggio a me più familiare, anche se fra di noi non c'è mai stata conoscenza diretta, dico familiare perché era una persona di cui in paese si parlava sia per le sue vicende familiari, raccontavano infatti gli anziani che lui avesse buttato per le scale la moglie incinta ed avesse avuto dei problemi per questo motivo, sia perché era noto come uno dei guardoni del paese.
Mi chiedete se io abbia mai avuto occasione di vedere il Torsolo agli Scopeti ed io confermo che effettivamente ricordo di averlo visto in quella zona in diverse epoche e, per quanto possa ricordare, sempre a piedi che camminava lungo la strada. Tengo a precisare che collego queste occasioni, per quanto io ricordi, a giorni di festa, in cui diverse persone di San Casciano, non solo, quindi, il Torsolo, passeggiavano lungo quella strada.
Quello che voglio dire, cioè, è che io non l'ho mai visto solo o in atteggiamento che destasse in me il sospetto che stesse facendo il guardone e questo voglio precisarlo avendo prima riportato quella che era una voce del paese sulle sue abitudini.

Il verbale sintetizza due altri argomenti affrontati nel corso del lungo interrogatorio. Vediamo brevemente quello delle lettere anonime, che va a spiegare quanto riportato dalla “Nazione” del 25 gennaio 1996 (vedi).

Dopo qualche giorno dal delitto di Scopeti, a seguito di articoli di stampa che riferivano la mia presenza sul posto del delitto e pubblicavano anche la mia foto, pervennero presso la mia abitazione alcune lettere anonime dal contenuto molto strano. In particolare, in queste lettere, tre o quattro, si facevano apprezzamenti su di me e specificatamente su parti anatomiche del mio corpo e, quindi, il loro contenuto era a sfondo prettamente sessuale.
Nell'ultima di queste lettere, l'anonimo, adducendo che ciò era esclusivamente nel mio interesse, mi diede un appuntamento a San Casciano per le ore 11 nel piazzone dei giardini, invitandomi ad indossare la mini gonna ed una maglietta scollata.
Andai all'appuntamento con l'accordo dei carabinieri, ai quali mio padre aveva consegnato le lettere, anzi preciso forse di un gruppo di ex carabinieri, investigatori privati, ma non si presentò nessuno probabilmente perché era transitata e si era fermata nel posto convenuto un'auto della polizia.
Dopo l'ultimo episodio sopra riferito non ho più ricevuto lettere minatorie.

Quelle lettere sarebbero state poi oggetto di investigazione. La sera stessa venne interrogata la madre della Carmignani (vedi), che dette qualche labile indizio – tipo di pubblicità presente sulla “Nazione” – su come rintracciare l’agenzia investigativa alla quale erano state consegnate le lettere. Uomini della SAM si recarono quindi alla Biblioteca Nazionale di Firenze per effettuare ricerche sulle pagine del quotidiano, ma senza successo (vedi). In ogni caso sembra evidente che quelle lettere anonime nulla avessero avuto a che fare con il Mostro.
L’altro argomento è quello del motorino.

Agli Scopeti, ebbi modo di osservare anche nei giorni precedenti all'08.09.1985, appoggiato ad un albero proprio all'inizio della piazzuola entrando sul lato destro e proprio in corrispondenza al posto in cui ho notato l'autovettura da me descritta in sosta, un motorino di cui conservo ancora un ottimo ricordo e che descrivo come segue, precisando che già, circa tre quattro anni fa, lo avevo già descritto ai carabinieri di San Casciano. Si trattava di un vecchio modello, con serbatoio a goccia posizionato in diagonale sulla canna e sellino piuttosto largo nella parte posteriore di colore nero. Aveva i parafanghi larghi e grossi che coprivano le ruote ed era di colore sul rosso/mattone opaco, nel senso che il colore risultava sbiadito dall'usura e dalle intemperie.
Ho avuto modo di notare questo motorino fermo in quel posto per un periodo di tempo che colloco circa tre/quattro giorni prima del giorno 8 settembre 1984.

I lettori più informati ricorderanno di sicuro  il tormentone del camaleontico motorino di Pacciani, cangiante non soltanto per colore ma anche per marca, poiché, da Cimatti Minarelli qual era in origine, aveva assunto anche le sembianze di un Gilera e di un Beta. A Scopeti lo aveva visto il teste Edoardo Iacovacci, secondo la cui sospettosissima testimonianza sarebbe stato appoggiato alle frasche nella mattinata di sabato. Ma il motorino visto dalla Carmignani arrivava decisamente fuori tempo massimo, ormai tale tipo di indizi era destinato al dimenticatoio, quindi non ci fu alcun bisogno di fronteggiare l’ennesimo cambiamento di colore (rosso, contro il celeste di Iacovacci).

Un doppio verbale? A leggere il verbale si direbbe che per i giornalisti, fotografi e cineoperatori che avevano invaso la questura di Firenze di pappa ce ne fu davvero poca. Però a qualcuno arrivò un’indiscrezione clamorosa: la domenica del delitto la testimone aveva visto sulla piazzola di Scopeti un complice di Pacciani. Lo scrisse “La Stampa”: “La misteriosa testimone avrebbe raccontato di aver visto uno dei «compagni di merende» di Pacciani nella zona degli Scopeti a San Casciano”; “L’Unità” (vedi): “La testimone, secondo le indicazioni raccolte, avrebbe riferito che diverse ore prima del duplice omicidio della coppia francese […] ha notato nei pressi degli Scopeti dove i due turisti avevano una tenda canadese un amico del Pacciani”; magari anche altre testate non nella disponibilità di chi scrive, ma soprattutto “La Nazione”:

La ragazza a suo tempo avrebbe raccontato di aver notato una persona del posto aggirarsi nei paraggi degli Scopeti poche ore prima dell’omicidio della coppia di francesi l’8 settembre 1985. Si scoprirà più in là negli anni che quell’uomo era un “compagno di scorribande” del Pacciani, ascoltato anche al processo. Una testimonianza “dimenticata” e che in oltre sei ore è stata puntualizzata.

Autore dell’articolo era l’informatissimo Amadore Agostini, che nelle pagine di cronaca fiorentina rincarò la dose, parlando anche di “verbale”:

La ragazza infatti avrebbe messo a verbale allora un racconto che suonava all’incirca così: ho visto un tale (risulterà essere uno dei “compagni di merenda” di Pacciani) proprio sul luogo dove poche ore più tardi i due ragazzi sarebbero stati trucidati.

Una volta letti questi articoli, Sabrina Carmignani, arrabbiatissima, telefonò in questura, ottenendo un incontro con il PM per il 14 dicembre. Ecco la relativa nota (vedi):

Mi sono presentata spontaneamente stamattina previo appuntamento insieme al mio compagno Bacci Riccardo […] perché giorni fa sono stata sentita come persona informata sui fatti in Questura ed il giorno successivo sono apparse sulla stampa cittadina delle notizie relative alla mia testimonianza senza per la verità che si facesse il mio nome nelle quali mi si mettevano in bocca cose che io non avevo in realtà riferito alla polizia.
Ho avuto quindi il dubbio che il verbale da me sottoscritto in Questura e da me non riletto non riportasse correttamente il mio pensiero. Mi viene a questo punto data lettura dell'intero verbale datato 6.12.1995 e posso confermare che tale verbale riporta esattamente ciò che io ho dichiarato.

Si presume che Sabrina Carmignani avesse preso visione del verbale poi messo agli atti e la cui trascrizione OCR è stata resa disponibile qui. Ma era il medesimo da lei firmato alla fine dell’interrogatorio? A leggere il rapporto di Cannella si direbbe di no, poiché lei ne ricordava uno ben più corposo: “Il verbale era in più pagine e io dissi «Scusi e gli altri fogli dove sono?»”; “Non parliamo più di questa storia”, fu la risposta di Canessa.
Quasi un anno dopo, la Carmignani venne contattata da Pino Rinaldi, uno degli autori del programma televisivo “Chi l’ha visto”. Non venne realizzato alcun servizio, a quanto sembra per espresso desiderio della stessa donna, però il contenuto del loro colloquio fece da base a un articolo di Mario Spezi pubblicato dal settimanale “Gente” del 22 aprile 2004 (vedi), dove si legge:

Sabrina Carmignani, occhi e carattere fermi, non cedette di un millimetro, nonostante l’interrogatorio si fosse protratto per lunghissime ore, fino a notte fonda. Era sicura di quello che aveva detto e non aveva riconosciuto nessuno a bordo dell’auto rossa. Alla fine, esausta e confusa, firmò un verbale che, ricorda: “era un pacco di fogli alto mezzo centimetro”.
Qualche giorno dopo, leggendo “La Nazione”, trasalì […] si infuriò, telefonò al commissario Giuttari, disse che avrebbe raccontato tutto alla stampa, che sarebbe successo un “quarantotto”. […]
Sabrina Carmignani, comunque, fu gentilmente invitata in questura, dove fu ricevuta da un magistrato. Con lei era il suo nuovo compagno Riccardo […]. La giovane donna chiese al magistrato di vedere il verbale cui faceva riferimento l’articolo de “La Nazione” e quello le mostrò un solo foglio con poche righe molto vaghe. Sabrina si infuriò di nuovo, disse che quello non era il verbale che aveva firmato, ricco di molte più pagine. In quel foglio non c’era né quello che lei aveva raccontato, né quello che avrebbe letto il giornalista. Il magistrato sarebbe apparso confuso e si sarebbe scusato. Chissà, forse il verbale, di certo conforme alle dichiarazioni della testimone, era stato smarrito.
“Alla fine”, dice Sabrina Carmignani, “il magistrato fece firmare a me e a Riccardo un foglio in cui c’era una dichiarazione con la quale ci impegnavamo a non parlare mai con la stampa. Non volevamo più grane. Firmammo”.

Tre mesi dopo, il 17 luglio, Sabrina Carmignani scrisse una lettera di smentita a Canessa: “Sono stata contattata alcuni mesi fa dal suddetto giornalista [Spezi] nonché da altro giornalista di nome Rinaldi, ai quali ho confermato di non aver nulla da aggiungere rispetto a quanto già narrato agli inquirenti ed alla Autorità Giudiziaria”. Chi scrive non ha certo la pretesa di stabilire se davvero esistettero due verbali, con il primo che conteneva la falsa ammissione di aver visto Mario Vanni e il secondo che era andato a sostituirlo. Si possono comunque fare alcune considerazioni.
Difficilmente Mario Spezi poté inventarsi le dichiarazioni della Carmignani, che, tra l’altro, per smentirle attese tre mesi. Del resto, seppur in modo indiretto, anche Pino Rinaldi avallò quelle dichiarazioni; lo fece il 5 maggio 2005 di fronte a Giuliano Mignini, nell’ambito dell’inchiesta Narducci dove risultava indagato per ostacolo alle indagini, quindi in un contesto nel quale non avrebbe avuto motivo per non smentirle. Dalla sentenza Micheli:

Ho avuto anche un aspro scontro con lo Spezi in quanto ha pubblicato a mia insaputa sul settimanale “Gente”, delle indiscrezioni avute da Sabrina Carmignani, teste del delitto degli Scopeti a proposito di un interrogatorio a cui la stessa era stata sottoposta. Io avevo deciso di rispettare la volontà della ragazza che non venissero pubblicizzate le sue indiscrezioni, ma Spezi ha voluto fare ugualmente lo scoop a mia insaputa.

Se vogliamo metterci dal punto di vista della Carmignani, c’è da domandarsi per quale motivo una donna che non aveva mai fatto niente per comparire sui giornali – al contrario di moltissimi altri testimoni – avrebbe dovuto inventarsi la storia del doppio verbale. Se poi si va a esaminare la sua deposizione si trova ulteriore conferma nello scambio con Aldo Colao (vedi). Eccone una estrema sintesi, più che sufficiente a capire:

Colao: Signorina scusi, lei ha visto anche altre persone, fisicamente, che giravano nei paraggi quand'era sul posto?
Carmignani: No.
Colao: E, un certo... una persona che aveva un nome curioso in paese. Un nome strano. L'ha visto? Che è qui presente in aula?
Carmignani: No, non mi ricordo. 
Colao: Ma, è contestabile perché nel verbale che la signorina rese, parla d'aver visto un certo “Torsolo”.
Carmignani: No. Io non ho mai detto di avere visto “Torsolo” il giorno... Io... Il signor Vanni è di San Casciano, l'ho visto più volte in paese, ma io quel giorno non l'ho mai visto.
Colao: In quel posto lì, nella piazzola... in fondo alla piazzola.
Carmignani: No.
Colao:  Ma, il PM dovrebbe contestarlo questo, perché nel verbale che lei rese...
Carmignani: Ma, quale verbale?
Colao: Nel verbale che rese, diciamo, alla Polizia Giudiziaria.

A questo punto intervenne Canessa, che non contestò alcun verbale.

PM: Volevo sollecitare, invece di fare contestazioni, eventuali ricordi suoi di aver visto persone, fra le quali Vanni, in zona, in epoche precedenti.
Carmignani: Sì, ho visto persone, ma non potrei dire che ho visto Mario Vanni.
PM: Benissimo.
Carmignani: Poteva essere chiunque, anche lei.
PM: Benissimo. Perfetto. Era questo che volevo sapere. Io la ringrazio.

Quindi fu di nuovo la volta di Colao.

Presidente: Avvocato Colao può continuare, grazie.
Colao: Ho finito, se il PM non contesta quanto già a verbale, io non ho il verbale.
Presidente: Io non lo so, io non ho il verbale.
Colao: Ma me ne ricordo bene dell'interrogatorio.
Carmignani: Scusate, quale verbale dice che io ho visto Mario Vanni sul luogo del delitto?
PM: No, no, non è...
Carmignani: Io non lo conosco, non so quale verbale sia.
PM: Siamo pienamente d'accordo, signora.

Come si vede, Colao stava parlando proprio dell’interrogatorio del 6 dicembre 1995 (“me ne ricordo bene dell'interrogatorio”), nel cui verbale era convinto apparisse l’avvistamento di Mario Vanni. Sarà stato un falso ricordo? Assai improbabile, era trascorso appena un anno e mezzo. Forse,  durante la verbalizzazione, Colao aveva capito male e non aveva riletto il documento. In ogni caso, se mai esistette, quel verbale venne fatto sparire subito, come dimostra la nota riassuntiva di Giuttari indirizzata a Canessa appena tre giorni dopo l’interrogatorio (vedi), che infatti non ne riporta traccia.

80 commenti:

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    1. Caro Marletti, lei dimentica che la macchina rossa al pomeriggio sotto la piazzola era più un motivo d'imbarazzo che un indizio, nello scenario descritto da Lotti. In ogni caso, vista la particolare refrattarietà della testimone ad adeguarsi alle esigenze degli inquirenti, non ritengo abbia fatto degli aggiustamenti sostanziali.

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    2. Tra l'altro l'avvistamento della Carmignani è perfettamente compatibile con quello dei coniugi De Faveri-Chiarappa, e racconta di un movimento dell'auto di andata e ritorno in direzione di San Casciano (per la Carmignani l'auto veniva da San Casciano), con estrema probabilità dovuto all'accompagnamento a casa di Pucci, che non era tanto contento di stare lì.

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    1. In questo articolo quello che mi premeva mettere in evidenza è l'irritualità di un interrogatorio che nulla di buono promette anche per i successivi. Ci fu qualcuno che cercò di falsare le carte in tavola fin dal principio. Quella volta non ci riuscì, ma in seguito?
      Riguardo gli articoli di giornale, sono ben consapevole che si tratta di una fonte molto delicata, da incrociare semmai con altre più affidabili. In questo caso, ad esempio, è l'unica da cui si desume la presenza di Ruggero Perugini, che non si può ritenere una falsa notizia, visto il numero di volte che viene citata. Nel verbale agli atti l'investigatore non compare, il che è gravissimo, poiché costituisce una deroga a una regola che giustifica il sospetto sull'affidabilità dei verbali stessi. Ad esempio, siamo proprio sicuri che Lotti, da indagato, fosse stato ascoltato sempre alla presenza di un legale? In almeno un caso è il verbale stesso a dire di no, negli altri? Poi, siamo sicuri che tutti i suoi colloqui vennero verbalizzati?

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    3. Ma dove vuole arrivare Marletti, a negare le abnormi pressioni cui fu sottoposta la teste per farle dire di aver visto Vanni? Vuole negare l'irritualità di un interrogario al quale era presente un inquirente senza che poi venisse dichirato sul verbale? Vuole ignorare la presenza di un avvocato delle vittime che cercò di aiutare gli inquirenti?
      A lei piace far tornare i solitari, caro Merletti, e adotta la tecnica più vecchia del mondo: rimproverare agli altri le sue stesse manchevolezze.

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    5. Mi faccia capire, lei ritiene che la Carmignani possa aver raccontato di pressioni mai ricevute? Nessuno di noi era in quella stanza ad ascoltare, ma ci sono sei ore d'interrogatorio a dimostrare che qualcosa di poco chiaro accadde. Ha presente Marletti quanto sono lunghe sei ore? C'è la presenza di Colao, che non era certo lì ad assistere legalmente la Carmignani. E la sua gaffe in dibattimento sul verbale che diceva di ricordarsi bene? Infine la presenza non verbalizzata di Perugini, letta sui giornali ma anche confermata dalla stessa Carmignani.
      La realtà è che lei vuol vedere quello che vuol vedere, rimproverando agli altri il suo stesso difetto, come quando mi aveva accusato di aver ricostruito il delitto di Scopeti a misura di Lotti.
      Su Lamperi lasci perdere, quello cha ha ritenuto di potermi dire me l'ha già detto.

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    7. Non siamo d'accordo affatto, poiché il 2 la donna aveva solo detto che uno dei due personaggi descritto dai coniugi le aveva fatto venire in mente Vanni, non che lo aveva visto. Una volta chiarito questo aspetto, e sarebbero bastati dieci minuti, il nuovo interrogatorio poteva finire.
      Riguardo la presenza di Perugini la mia oponione l'ho già espressa: secondo me era stato Vigna ad affiancarlo a Giuttari, essendo ancora dubbioso sulle sue reali capacità in un contesto in cui risultava ancora acerbo. Da notizie ufficiose penso di poter vedere un limitato intervento di Perugini, è però ugualmente grave che il suo nome non figuri sul verbale. L'affidabilità dei verbali dovrebbe essere un requisito essenziale di ogni inchiesta, ma purtroppo così non è (legga "Il cortocircuito", di Ilaria Cavo, le farà senz'altro bene), tantomeno in questo caso di evidente malagiustizia.

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  3. E' stato mai appurato se SC conoscesse Lotti, o meglio se fosse stata in grado di riconoscerlo nel caso in cui l'avesse visto da qualche parte? Mi pare strano che gli inquirenti non glielo abbiano mai chiesto; secondo me, una volta identificata la 128 di Lotti come l'auto vista dai coniugi Chiarappa-De Faveri, quella sarebbe stata la domanda più naturale. Seguita magari da una foto del Lotti.

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    1. L'identificazione di Lotti e Pucci nei due individui della macchina rossa non interessava né all'accusa né alla difesa, anzi, entrambe ne avevano paura. Per l'accusa quella presenza di ore e ore non si integrava per niente nel racconto di Lotti, per il quale c'era un appuntamento serale con Vanni e Pacciani, quindi non si capisce che cosa era stato lì a fare. In effetti lui ammise, ma cercò di ridurre al minimo la durata (un'oretta o giù di lì), e niente gli venne contestato.
      Per la difesa, ottusamente arroccata in uno scenario dove Lotti era del tutto estraneo, la sua presenza quel pomeriggio era difficilmente spiegabile. E infatti la ignorò. Fa piangere quanto scrisse Filastò nel suo libro: "quello che i due coniugi hanno visto ha poco a che fare coi delitti […] poiché il pomeriggio della domenica i due francesi sono già stati uccisi". Già, ma allora, se erano Lotti e Pucci, perché erano lì? E se non erano loro, chi erano, così simili e con una macchina così uguale? Già, ma quella macchina non aveva un'assicurazione valida, quindi non poteva essere lì... Povero Vanni.

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  4. Il trattamento riservato alla Carmignani farebbe impallidire la Gestapo. Che vergogna. Ho letto il libro di Cannella appena pubblicato e quando leggevo le dichiarazioni della donna non riuscivo a credere ai miei occhi. Una vera e propria tortura psicologica. Farle vedere quelle immagini, la presenza, vergognosa di un avvocato di parte civile, la forzatura sull'avvistamento di Vanni. La ragazza dimostrò coraggio però in dibattimento sbugiardando clamorosamente l'accusa. Forse uno dei pochi testimoni che in questa vicenda non ha ceduto alle pressioni degli inquirenti. Se fossero stati tutti così forse ci saremmo risparmiati sentenze così grottesche.

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  5. Una domanda che nn centra nulla con l articolo, ma che mi sorge spontanea.
    È possibile secondo te, Antonio, che la procura , ad un certo punto, abbia capito chi aveva difronte,ma nn avevano elemneti concreti per ribaltare la sua posizione da correo nei dupplici omicidi a unico esecutore e quindi hanno deciso di proseguire per quella strada che tutti sanno?
    26 in cassazione per concorso in omicidio sono comunque troppi!
    Tu che ne pensi??

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    1. Innanzitutto credo che la estrema severità della condanna a Lotti (in primo grado ricordiamoci che non venne creduta la sua ammissione di aver sparato a Giogoli, quindi le sue presunte responsabilità erano limitate) sia dovuta al bisogno dei giudici di giustificare il loro credergli. E' chiaro che la sua chiamata in correità, unica "prova" sulla quale potevano contare, assumeva tanta maggior valenza quanto maggiore era la sua condanna a fronte dei presunti vantaggi ricevuti. Metti gli avessero dato 5 anni, sarebbe stato ancora più facile per Filastò e Mazzeo attribuire le sue "confessioni" agli agi del servizio di protezione, visto che alla fine di galera vera ne avrebbe fatta davvero poca.
      Riguardo invece il fatto che gli inquirenti e i giudici si fossero o no resi conto chi avevano davanti, siamo nel campo delle pure ipotesi. Da quello che emerge dai documenti, chi ci andò più vicino fu Daniele Propato, il PG del processo d'appello, i cui tormenti sono tangibili nella sua requisitoria: "Qua il miglior autore per questi reati è Lotti...". Per il resto probabilmente qualcuno aveva capito, ma soltanto a titolo personale. Ti confesso che da anni mi sto chiedendo se tra questi ci fosse stato o no Giuttari, e ancora non mi sono dato una risposta.

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    2. Antonio, bisognerebbe sperare che la risposta a questa domanda sia no. Altrimenti tutto quello che è successo dopo la condanna dei compagni di merende, sarebbe davvero di una gravità estrema, dall'errore si passerebbe al dolo con una miriade di aggravanti. Anche per un personaggio privo di scrupoli come il sopracitato.

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    3. L'alternativa è tra la mancanza di acume e la malafede, pensa alle sciocchezze sulle sette e sui doppi cadaveri... Il fatto che questi ultimi fossero venuti fuori proprio quando ce n'era bisogno (quando si dice: cadere a fagiolo) mi fa propendere per la seconda...

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    4. Anche a me. Mazzeo nell'arringa al processo di secondo grado, parlando della questione del dottore tirata in ballo da Lotti disse : " Chissà adesso cosa andranno a riesumare". Profetico.

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    5. "Don Abbondio nel mio sguardo, che si poggia sempre altrove, per paura che agli indizi poi si aggiungano le prove..." i versi della canzone di Brunori Sas, anche se composti per un argomento del tutto diverso, si applicano bene a questa vicenda.

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    6. Molto bella la canzone, non l'avevo mai sentita.

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  6. Se si considera la sua ostinazione a cercare i mandanti penso proprio di no!
    Nel suo libro "ll mostro "anatomia di un indagine" ne descrive cosi tanto i meriti per non essere caduto sotto le contestazioni degli avvocati di parte civile" che nn credo lo abbia mai minimamente pensato

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    1. Ma allora si ritorna sempre lì: o poco perspicace se credette davvero allo scenario risultante dalle dichiarazioni di Lotti, che oggi appaiono a tutti assolutamente non credibili, oppure molto disonesto se non ci credette affatto e, anzi, quelle dichiarazioni contribuì a costruirle mandando all'ergastolo un innocente.

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  7. E ma per come si erano messe le cose le vie erano due o tutti assolti e lui condannato per la sola calunnia aggravata o ergastolo a uno e concorso in omicio ad un altro!

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    1. Bisognerebbe aver vissuto i tormenti del procuratore generale Daniele Propato per capir bene la difficoltà di giudicare Lotti. Non per niente il magistrato parlò di "mistero Lotti".
      Di sicuro chi fece un madornale errore fu la difesa di Vanni, a mio personale giudizio prima responsabile della condanna del proprio assistito. Giocare il tutto per tutto cercando di dimostrare l'estraneità di Lotti fu una strategia fallimentare. E' probabile che se fosse rimasto Pepi, molto meno mostrologo e molto più avvocato, le cose sarebbero andate in modo diverso.

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    2. Ma cosa poteva andare in modo diverso, se erano comunque riusciti a convincere addirittura Propato dell'innocenza di Vanni, ed era ricaduto sulle parti civili sostenerne la colpevolezza? Non mi sembra che si possa fare di piu', visto che, se ho capito bene, le parti civili sono sempre colpevolisti per interesse. L'assurdo e' che si possa condannare qualcuno contro la richiesta dell'accusa.

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    3. Lotti andava messo di fronte alla possibilità che "quelle cose le avesse fatte lui", come aveva detto Vanni. Per prima cosa.
      Poi ci sono alcune sue contraddizioni per nulla evidenziate dalla difesa di Vanni. Secondo me la più clamorosa è quella di Baccaiano. Il traffico di testimoni davanti all'auto di Mainardi dimostra senza ombra di dubbio che non c'erano auto di altri parcheggiate sulla strada. Quindi Lotti aveva mentito. Non mi pare che la difesa di Vanni abbia evidenziato questo elemento.

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    4. Sinceramente, non sono d'accordo, detto naturalmente senza animosita'. Quello che penso e' questo: Filasto' era riuscito a provare che la macchina rossa era in verita' ormai fuori uso, ed era riuscito a trovare i barellieri che testimoniavano tutti che Mainardi era seduto sul retro dell'auto. Queste sono cose che non si possono confutare, l'unica era far finta di niente, come avvenne. Di fronte a queste, che peso avrebbe potuto avere il fatto che nessuno si ricordasse di aver visto auto parcheggiate in strada (perche' di piu' certamente non potevano dire)? Di fronte alla volonta' di condannare, mi sembra ben poca cosa. Ripeto: mi sembra che la difesa il suo l'avesse fatto, riuscendo a convincere persino l'accusa. Secondo me e' troppo ottimista pensare che un corso differente, come accusare Lotti di aver fatto tutto lui, naturalmente tutto senza la minima prova, avrebbe portato ed esiti diversi.

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    5. Bisognava vedere come avrebbero reagito Lotti e Pucci a un controinterrogatorio impostato sulla colpevolezza del solo Lotti, della quale a mio parere Pucci era perfettamente consapevole.
      Riguardo la macchina guarda che ti sbagli. Filastò non ha dimostrato proprio nulla, al di là che l'auto fosse stata priva di assicurazione. Secondo te chi erano i due tizi che per l'intero pomeriggio della domenica, con un'auto che era sputata il coupé di Lotti e con descrizione molto compatibile con Lotti e Pucci, stazionarono sotto Scopeti? Una coincidenza? Ma guarda un po', un'auto che avrebbe dovuto essere con le ruote per aria, secondo l'indimostrata opinione di Filastò, era invece sotto Scopeti...
      Riguardo Baccaiano, anche qui non sono d'accordo. La bugia di Lotti sarebbe stata indiscutibile, e Filastò e Mazzeo non ne approfittarono.

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    6. Purtroppo in rete non si riesce a trasmettere il tono dei commenti scritti, che garantisco sono assolutamente amichevoli. Il lavoro che stai facendo meriterebbe un'onoreficenza.
      E' vero, Filasto' non ha dimostrato che Lotti non ha usato la macchina rossa, ne ha solo dimostrato la bassissima probabilita', che nel contesto e' quanto di meglio si potesse fare, a mio parere.
      L'auto che era sputata il coupe' di Lotti secondo me era una delle migliaia di coupe' uguali a quello, e non aveva niente a che fare col delitto.
      Infine, anche dando per buono che la bugia di Lotti fosse stata riconosciuta tale, mi sembra chiaro che alla corte le bugie di Lotti non potevano interessare di meno.
      So bene che non ti faccio certo cambiare opinione, pero' secondo me sei ingeneroso nei confronti di Filasto'!

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    7. Tranquillo, siamo tutti tra amici, anzi, colgo l'occasione per invitare i miei lettori, nuovi e vecchi, a lasciar perdere le lodi al mio lavoro come anticipo alle critiche.
      La 128 coupè era una macchina non molto diffusa, non certo come la 127 e neppure come la 128 berlina. In più era fuori produzione da otto anni, nel 1985, quindi non credo proprio che in zona ce ne fossero migliaia.
      A me piace dire le cose come stanno, e riguardo Filastò sono convinto che non fece un buon servizio al proprio cliente. La linea di Pepi era assai più concreta, senza Maniac, mostro poliziotto e mostro alla guida a Baccaiano. Il fatto che i due si fossero scontrati e Pepi andato via la dice lunga.
      Gli avvocati di Faggi e Corsi furono molto più concreti, non si preoccuparono di dimostrare che Lotti era innocente, ma che erano innocenti i propri assistiti.
      Filastò e Mazzeo se la giocarono tutta nella convinzione che Lotti fosse stato completamente estraneo, quello cercarono di dimostrare, agli occhi della corte non ci riuscirono e il risultato fu la condanna di Vanni.
      Comunque la mia è una semplice opinione, poichè "con i se e con i ma la storia non si fa"...

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    8. Rifletti su questo passaggio dell'intervento di Pepi, all'inizio del processo, quando si trovava assieme a Filastò (durò soltanto pochi giorni). Tieni presente che prima aveva parlato Filastò, con tutti i suoi fantasioni argomenti di mostrologo. Senti invece Pepi

      Questa difesa cercherà, nell'ambito delle sue forze […], se gli sarà possibile continuare in questo tipo di difesa, cercherà di dimostrare che probabilmente Lotti, non solo non ha detto tutto, ma forse ha fatto anche qualcosa di più di quello che ha detto. […]
      Atteniamoci quindi a quella che è l'imputazione. L'imputazione è di concorso in omicidio aggravato e altro che viene mossa a Vanni e ad altri soggetti. […] Cercheremo di dimostrare che Mario Vanni non c'entra. Il signor Pubblico Ministero ha, nella sua relazione, individuato e ci ha detto che non vi è soltanto le dichiarazioni di Lotti, ma vi sono dei riscontri. Fra i vari riscontri viene anche indicata la famosa telefonata che viene intercettata tra il Lotti e la Ghiribelli. Questo difensore non è abituato a nascondersi dietro nessun dito. C'è questa dichiarazione, ma che cosa dice questa conversazione? Parla e dice che Lotti era lì. Ma da questo, a dire che c'era anche Vanni, il discorso è molto lungo. Che Lotti ci possa essere stato e che abbia fatto anche più di quello che ha dichiarato, lo valuteremo in dibattimento, sicuramente, attentamente. Ma tutto questo non implica che ci fosse anche Mario Vanni […]

      Mi sembra di un'evidenza lapalissiana. Purtroppo per Vanni, Pepi fu costretto a lasciare il posto a un avvocato mostrologo, più mostrologo che avvocato, a mio parere.

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    9. Questa difesa cercherà di dimostrare che probabilmente Lotti, non solo non ha detto tutto, ma forse ha fatto anche qualcosa di più di quello che ha detto.

      Che Lotti ci possa essere stato e che abbia fatto anche più di quello che ha dichiarato, lo valuteremo in dibattimento, sicuramente, attentamente. Ma tutto questo non implica che ci fosse anche Mario Vanni

      Così deve parlare un vero difensore!!! Concentrato sul pezzo, che per lui è la difesa del proprio assistito, non la ricerca di un ritratto del Mostro.

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    10. Antonio personalmente sono d'accordo con te. Anzi tra Filastò e Mazzeo quello che si è comportato meglio e che è stato più concreto e incisivo nelle arringhe è senza dubbio il secondo. C'è da dire però che rispetto agli avvocati di Faggi e Corsi, la situazione del loro cliente era sicuramente più grave e difficile. Vanni era il trait d'union tra Lotti e Pacciani. Sarebbe stato difficile, forse impossibile, teorizzare la colpevolezza del Lotti con Pacciani (perchè tutta l'inchiesta si basava su Pacciani, senza Pacciani niente cdm) senza Vanni. Probabilmente se si fosse scelta la linea di Pepi, la difesa avrebbe dovuto non solo difendere Vanni, ma indirettamente anche Pacciani, nonostante non fosse imputato.

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    11. Caro Antonio, se lodo il tuo lavoro e' perche' te lo meriti! Poi le mie non sono critiche, spiego soltanto perche' non sono d'accordo con te.
      Non sono un avvocato, per cui posso prendere certamente delle cantonate, ma accettare l'ipotesi della colpevolezza di Lotti mi pare un bel po' piu' rischioso, per il difensore di Vanni, di cercare di smontarne le farneticazioni - cosa che, ripeto, a Filasto' alla fine e' riuscita, non dimentichiamocelo! E mi parrebbe anche la via piu' facile: un conto e' dimostrare che Lotti vaneggia, ben piu' difficile accettare che dica la verita', cercando pero' di estricarne Vanni.
      So che secondo te Lotti si trovava senza via d'uscita, ma qui proprio dissento: se era veramente scaltro come mi sembra che pensi tu, gli sarebbe bastato dire qualcosa tipo "ma voi siete piu' ubriachi di me", che l'accusa aveva in mano solo le visioni notturne di una che era piu' ubriaca di lui (ma, visto come sono andate le cose, forse gli sarebbe bastato).

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    12. Di sicuro la situazione di Vanni era molto più delicata di quella di Faggi e Corsi, e non so se una linea difensiva impostata come quella di Pepi sarebbe riuscita a salvarlo. Secondo me tutto dipendeva dall'interrogatorio di Pucci e Lotti, più del primo che del secondo.
      Lotti era terrorizzato durante l'interrogatorio di Pucci, non a caso intervenne in suo aiuto mi pare almeno due volte ("quelle cose gliele ho dette io a Fernando..."). Si doveva prospettare a Pucci una sua possibile incriminazione, aprendo una crepa e stando a vedere quel che succedeva.
      Riguardo Lotti, si doveva convocare la cugina di Scandicci, e chiederle se ricordava quando era stato a trovarla prima del delitto di Giogoli. L'avvistamento di una 128 rossa accanto al furgone la mattina del delitto avrebbe dovuto far scattare un campanello d'allarme nella difesa di Vanni, chiedendone conto a Lotti, che passava da quella strada per andare dalla cugina. A domanda di Canessa, tra l'altro, Lotti ammise di essere andato dalla cugina e passato da quella strada pochi giorni prima, anzi, a domanda precisa non negò che poteva essere proprio il giorno prima, quindi in linea con l'iotesi di una scoperta fortuita del furgone da parte di un assassino che passava per caso. La difesa di Vanni non ci pensò neppure a insinuarsi lì.
      Un altro esempio eclatante è la testimonianza dei coniugi De Faveri-Chiarappa. Lotti non venne messo di fronte all'intero pomeriggio che aveva passato sotto la piazzola. A domanda del PM ammise di esserci stato, ma un'oretta. E invece mentiva, e sarebbe stato il caso di chiedergliene conto. Nell'ipotesi dell'appuntamento con Vanni e Pacciani alla sera quel lungo lasso di tempo sotto la piazzola era fuori luogo. Ma nella loro infinita e azzardata certezza che l'individuo fosse estraneo alla vicenda i difensori di Vanni fecero finta di nulla.

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    13. Oltre all'avvistamento della sua macchina sotto Scopeti, Lotti doveva giustificare la sua frequentazione della piazzola di Vicchio, sperduta e nascosta, fin dal 1981, una coincidenza piuttosto inquietante. E in ogni caso aveva il suo vero tallone d'achille in Pucci, che sapeva, e non parlava, favorito dall'impostazione dell'accusa alla quale andava bene così, per paura di essere incriminato anche lui.

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    14. Non ritengo molto significativa l'ammissione di Lotti di essere passato da Giogoli nei giorni precedenti al delitto. Lotti trovò la spiegazione più semplice per giustificare l'avvistamento della sua auto, ma si tenne sempre sul generico.
      Fu Canessa, in dibattimento, ad insistere sperando di dare sostegno alla tesi accusatoria. Non trovò nessuna sponda in Lotti, come sempre elusivo e possibilista, ma per nulla imbarazzato (questa è la mia impressione). Con ogni probabilità, per altro, sentire la cugina di Lotti a riguardo sarebbe servito a poco. Cosa poteva ricordare dopo tanti anni?
      Nella parte finale del video si trova il passaggio che ci interessa. https://www.youtube.com/watch?v=tYVOvBI9UMM

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    15. Ad aiutare la memoria della cugina poteva senz'altro contribuire la notizia del delitto. Se Lotti era andato da lei il giorno prima con tutta probabilità le sarebbe venuto in mente.

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    17. Non si tratta dell'avvistamento della sua auto, bensì dell'avvistamento di una normale Fiat 128, che nella tesi accusatoria diventa l'auto del Lotti, tesi alla quale Lotti si adegua, come al solito, di buon grado, dicendo che magari anche, poteva andare a trovare una sua fantomatica cugina di cui ma aveva parlato, anzi si lamentava di essere ignorato dagli altri familiari.

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    18. Secondo te avrebbe ammesso di aver avuto una cugina a Scandicci che andava a trovare due volte all'anno e che sarebbe andato a trovare anche nei giorni precedenti il delitto, se non addirittura il precedente, per quale motivo?
      Il destino malefico si accanisce contro un individuo che confessa la partecipazione ai delitti del Mostro seminando coincidenze quà e là, dunque. Perché i due tedeschi furono con grande probabilità avvistati per caso e non su perlustrazione apposita da un Mostro che passava di lì. Il giovedì sera era la prima volta che dormivano sulla piazzola, e la mattina dopo l'auto accanto al loro furgone era lì a far che? Di sicuro non lo posso dimostrare, ma che la sera prima chi la guidava fosse passato e avesse visto il furgone e la mattina dopo fosse andato a vedere chi c'era dentro lo ritengo molto plausibile, viste le circostanze. Ed ecco qui il diavoletto che ce l'aveva con Lotti, perché quell'auto non era una 127 o una 124, ma una 128 rossa, e lui aveva una 128 rossa. Poteva essere una 128 berlina? Certo, la testimonianza non lo specifica, in ogni caso numero e colore coincidevano. Ma non è finita. Il diavoletto ci mette anche una cugina che Lotti andava a trovare passando proprio di lì.
      Insomma Giuttari, nel cercare qualcuno che potesse fare il complice pentito aveva trovato proprio la persona giusta, pronta a prendersi 26 anni di carcere per un piatto di minestra e in qualche modo gravata di indizi che servivano per decorare il piatto (auto sotto Scopeti e frequentazione della piazzola di Vicchio). E non dimentichiamo la presenza di Pucci, pronto a supportarlo!
      Sono in ansiosa attesa del tuo libro per vedere come il tuo assoluto negazionismo di principio se la caverà con la compilazione di un quadro organico completo.

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    19. X Marletti
      Che Pucci avesse avuto paura di Vanni e Pacciani ne dubito molto. Di vanni di sicuro no, essendo anche andato, negli anni successivi a Scopeti, a pitturargli la casa.
      Se poi si va a vedere il dibattimento, più volte Canessa cerca di dargli l'assist sull'argomento paura, per giustificare le sue amnesie, ma lui non raccoglie.

      PM: Ma lei ha ancora paura di quell'episodio?
      Pucci: Ero talmente impaurito... ha capito, non... E di molte cose un me le ricordo, ecco.
      PM: Ma ha paura anche ora?
      Pucci: Come?
      PM: Ha ancora paura?
      Pucci: No, mah, paura... Ora...

      PM: Ha ancora paura, signor… le chiedo.
      Pucci: No, paura no.

      PM: E come mai, quando lo ha raccontato, se lo ricordava? Che motivo ha oggi? Ha paura di qualcosa?
      Pucci: No, non è questione della paura. Non mi ricordo nemmeno icché mangiai ieri sera a cena, glielo dico un'altra volta.

      Alla fine Filastò intervenne:

      Questa è la quarta volta che il pubblico ministero chiede al testimone se ha paura. E il testimone gli risponde di no

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    20. Tornando sulla 128 di Giogoli, non abbiamo ovviamente la certezza che fosse un Coupè come l'auto di Lotti, ma neppure che non lo fosse. Sappiamo che il colore era lo stesso. E la testimonianza di Nenci non può essere stata costruita dagli inquirenti, essendo il teste deceduto nel 1990.
      Credo che Canessa abbia cercato, per rafforzarne la posizione di correo e al contempo spiegare la genesi dell'omicidio, di far dire a Lotti che era transitato da Giogoli il giorno precedente il delitto.
      Come sempre Lotti risponde in modo sfuggente ma senza alcun imbarazzo e Canessa rinuncia.
      Immaginando Lotti nei panni del mostro, non mi pare geniale aver ammesso di passare abitualmente da quella strada per fare visita alla cugina, se voleva far credere di essere stato coartato da Pacciani e Vanni.
      La mia impressione è che l'ingenuità di Lotti in questo caso (e in molti altri) fosse autentica.


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    21. A meno che non temesse la testimonianza della cugina.

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    22. Nei documenti a noi noti, la storia della cugina esce fuori per la prima volta nella telefonata famosa con la nicoletti 24 marzo 1996. è chiaro che gli è stato già detto che la "sua" auto è stata vista sul luogo del delitto, in un colloquio non verbalizzato (uno di molti?). La ingenua reazione di Lotti è di giustificarsi dicendo che passava a volte da quella strada per andare a trovare una cugina a scandicci. E' equivalente a quando la ghiribelli gli dice che la "sua" auto è stata vista a Scopeti e lui dice mi sarò fermato a pisciare.
      Ma né la G. poteva riconoscere l'auto di Lotti (riconosce, come ben sappiamo, quella che lui aveva nel 95) né il teste Nenci ebbe mai la possibilità di riconoscere l'auto di Lotti in quanto deceduto.
      Si tratta di trappole abbastanza comuni nel corso delle indagini nelle quali l'astuto SK Lotti casca come una pera cotta. Quando è cotto al punto giusto, gli si fa capire che se non parla andrà a far compagnia a Vanni e prossimamente a Pacciani; certo non gli si dice che in galera ci finirà comunque.

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    24. Omar, la tua infinita sicurezza sull'estraneità di Lotti ti fa interpretare ogni elemento del tutto a senso unico. Non te la prendere, la mia vuole essere anche una critica costruttiva a fronte del tuo tentativo di storicizzare la vicenda senza voler dimostrare una tesi. Sei incerto e possibilista su tutto, ma nel caso Lotti non c'è proprio niente da fare: si parte sempre dal presupposto che fosse completamente estraneo, e in questa chiave si interpreta ogni cosa.
      In sostanza fai esattamente come me ma all'opposto. Però devi ammettere che la mia certezza della sua colpevolezza nasce da indizi di sicuro interpretabili anche in quel modo, questione di opinioni, la tua certezza della sua innocenza da dove nasce? Dalla certezza che il colpevole fosse un altro? No. Dalla sua esclusione essendo da qualche parte in almeno uno dei giorni dei delitti? No. La tua è una certezza di principio, viscerale, che rischia di farti vedere soltanto quello che vuoi vedere.
      Veniamo al caso della cugina, che è proprio un bell'esempio calzante. Supponiamo che qualcuno, fuori verbale, avesse detto a Lotti che un'auto simile alla sua era stata vista FERMA accanto al furgone dei tedeschi. Ora, se gli avessero detto che era stata vista PASSARE, tirar fuori la storia della cugina poteva anche essere stato un modo per giustificare tale passaggio. Ma dovendo giustificare una FERMATA, confessare di aver avuto una cugina che andava a trovare passando da quella strada era darsi la zappa sui piedi. Per quale motivo avrebbe dovuto fermarsi?
      Del resto non capisco dove vuoi arrivare. Che la cugina se l'era inventata per far contenti gli inquirenti? Oppure ce l'aveva ma che l'andare a trovarla era una balla sempre a beneficio degli inquirenti? Ma poi perché se in seguito avrebbe raccontato di essere stato portato sul posto la sera stessa del delitto, senza saperne nulla prima? Semmai avrebbe dovuto inserire la cugina in una storia di avvistamento da parte sua e riferimento agli altri, come a Vicchio.
      Pensaci bene, perché tutte queste forzature a senso unico nell'interpretazione del comportamento di Lotti ti portano poco lontano. Stiamo tutti aspettando il tuo libro sui compagni di merende, adesso di materiale ne hai in abbondanza, vediamo lo scenario che riesci a mettere in piedi. Ti confesso che mi piacerebbe davvero leggerlo, per me sarebbe una grande occasione di verificare le mie convinzioni, al di là delle solite superficiali considerazioni sulla stupidità di Lotti.

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    25. X Marletti
      I verbali degli interrogatori di Pucci valgono quel che valgono, come fu dimostrato ampiamente dalla sua deposizione.

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    27. La certezza dell'innocenza di Pacciani me la dà la certezza della colpevolezza di Lotti. Omar non può contare su niente di analogo. Lei ha uno strano modo di ragionare signor Marletti, riesce sempre a perdere un pezzo del quadro logico.
      Alla seconda parte del suo intervento si applica la prima. Quel che sembra a lei non sembra a me, e non credo che ci possiamo spostare di molto da questa contrapposizione. A meno che non si voglia dare un valore ai rispettivi sembrare, ma questo può darlo solo chi legge, soprattutto se riesce a guardar bene alle condizioni al contorno, ad esempio alla perizia Fornari-Lagazzi, che dice tutto il contrario rispetto a lei sulla consapevolezza di Lotti.

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  8. Io ritengo assai probabile che il ruolo di Lotti sia stato del tutto diverso da quanto emerso dalla verità giudiziaria. Come ritengo assai probabile che quello di Vanni fosse differente. E'un esperimento assai interessante che non credo abbia tentato nessuno, quello di invertire le posizioni nel processo e nella ricostruzione dei fatti. Dico subito che si spiegano molte cose: a. le testimonianze a grappolo sulle due auto e sulla Ford Fiesta di Pacciani rimangono credibili; b. la pistola che passa di mano si spiega se non del tutto, almeno in modo più probabile; c.la vicenda centrale del 1974 assume contorni assai meno nebulosi; d. le omertà reciproche e le linee negazioniste in toto sostenute nei processi si leggono in modo più plausibile e logico (incluso Pacciani).
    Il filo delle cose si spiegherebbe senza contraddizioni. Un singolo (uno dei due che conosceva la Pettini) apre la serie nel 1974; poi le cose si trasformano quando i due (Lotti e Pacciani) sicuramente (e anche altri, probabilmente) si trovano in una sede particolare in cui la condizione patologica assume contorni collettivi, cioè di gruppo ristretto. Per questo la vicenda muta dal 1981 e prende vie sempre più cruente e frequenti. Se si guarda con attenzione alla vicenda del cittadino amico e al crescendo con toni da sfida agli inquirenti, si capisce che si tratta di una escalation legata a variazioni di equilibri di gruppo, con qualche soggetto un poco più istruito e intelligente, uno scaltro dotato di ferocia di campagna e un contorno di leggeri oligofrenici e dissimulatori. Il profilo criminologico si sposerebbe con risultanze processuali frammentarie, ma solide. Poi si intuisce, sempre sullo sfondo, un embrionale e rudimentale organizzazione che però non manca di produrre episodiche delazioni e manovre incrociate, in grado di mettere in pericolo il sodalizio e la fiducia reciproca, comunque fondata sul fatto che il cedimento di uno avrebbe determinato la caduta di tutti. Il movente esoterico e le indagini larghe sono assurde; al massimo si può pensare a schemi di patologia condivisi e a rituali di campagna assai semplificati e beceri, comunque non decisivi.

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  9. La ringrazio, Sensini, per la documentazione che ha raccolto e per le sue riflessioni su questo caso e che sto studiando con avidità e umiltà.

    Lo scopo delle perplessità che espongo qui di seguito è solo di capire di più, e mi perdoni se magari le risposte avrei potuto trovarle nel resto del forum (ma ci vuole tempo).
    Riguardo alla tesi che il Lotti abbia mentito accusando Pacciani e Vanni ingiustamente, qualcosa mi lascia perplesso: la sensazione che si ha leggendo i verbali degli interrogatori ed ascoltando le sue deposizioni, infatti, è che si tratti di un ignorante illetterato, e per nulla geniale. Per mentire su tante cose, resistendo ad innumerevoli controinterrogatori senza essenzialemtne contraddirsi, avrebbe dovuto essere invece molto intelligente… e questo potrebbe anche essere (non pochi addirittura ritengono che fosse lui lo scaltro ed accortissimo Mostro).
    Ma ecco la presenza di Pucci : addirittura oligofrenico e sicuramente tutt’altro che geniale. Lotti avrebbe dovuto istruire il Pucci su molti particolari da raccontare… ma come poteva un intelligente ed accorto Lotti contare sulla tenuta del Pucci ?
    Inoltre, normalmente la logica richiederebbe uno scaltro Lotti che racconta e un povero Pucci che conferma. Ma ho capito che per molte cose è avvenuto il contrario : Lotti costretto ad ammettere ciò che aveva dichiarato Pucci.

    Inoltre, se riteniamo Lotti intelligente, prudente ed accorto tanto da sfuggire a chissà tante indagini e trappole, come mai sarebbe caduto nella leggerezza di farsi vedere da tanti, in pieno giorno, sul luogo del delitto degli Scopeti (indipendentemente dal fatto se sia stato commesso domenica sera o in precedenza) ?

    Un’ultima cosa sul dubbio « mostro singolo » o « team di assassini » .
    Leggendo le perizie sui delitti, in diversi passi lo stesso estensore adombra la forte possibilità di un team di assassini, piuttosto che un assassino solitario. Per esempio nella perizia su Scopeti si legge :
    “A questo riguardo si rileva, incidentalmente, che in questa occasione l’omicida ha dovuto affrontare situazioni impreviste e potenzialmente molto rischiose (come sia pure in misura minore, è accaduto in alcuni casi precedenti) che avrebbero comportato la collaborazione di eventuali complici, ove fossero stati effettivamente presenti”.
    Inoltre l’oscurità e la precisione richiesta nelle escissioni suggerisce la presenza di qualcuno che illuminava la scena delle scure notti di novilunio…
    Infine, da delitto di Scandicci in poi colpisce l’apparente disinteresse dell’assassino per il corpo della vittima, suggerendo che l’escissione fosse lo scopo di tutto, il che potrebbe avallare in qualche modo la tesi di omicidi su commissione.

    Spero di avere commenti per capire se e cosa mi sfugge nei miei ragionamenti.
    Grazie ancora.

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    1. Sulla figura di Lotti ognuno può dire la sua, senza per questo illudersi di averla compresa. Il che vale anche per Pucci, che oligofrenico non era. Si legga bene la definizione di oligofrenia e le due perizie di Fornari e Lagazzi con le relative deposizoni al processo.
      Su Scopeti ho dato la mia ricostruzione, che non ha bisogno di alcun complice. Provi a trovarvi delle falle.
      Sulla luce per le escissioni, una semplice torcia posata a terra sarebbe stata sufficiente, non è che si trattava di un'operazione chirurgica dove si doveva stare attenti a non tagliare dei vasi sanguigni. Lo stesso Maurri ne era convinto, lo disse chiaro in questa intervista che può trovare su insufficienza di prove

      http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2010/04/mauro-maurri-intervista-su-la-citta-7.html

      E' stato detto che è impossibile compiere le mutilazioni senza una fonte di luce. Che ne pensa?

      Penso che è inutile fantasticare su occhiali a infrarossi e diavolerie del genere. Con una piccola torcia portatile, una lucciola, è possibile illuminare perfettamente l'abitacolo di una macchina. Appoggiandola per terra si ottiene un chiarore diffuso invisibile a pochi metri di distanza ma più che sufficiente alle necessità dell'assassino. Lo abbiamo verificato durante il sopralluogo compiuto a Vicchio e abbiamo provato una volta per tutte che l'assassino non ha nessun bisogno di un complice nè di strumenti raffinati.

      Infine, riguardo il disinteresse dell'assassino per i corpi, la mia teoria è nota: non si trattava di un vero lustmurderer, ma di un imitatore che uccideva per rabbia e divertimento, e godeva nel constatare il successivo sconcerto dell'opinione pubblica.

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  10. Avendo ora riletto con attenzione le note e i verbali della Sabrina C. non trovo traccia, salvo errore, della famosa puzza di morto da lei sentita, che in tal caso comparirebbe ufficialmente (e inopinatamente) soltanto nella deposizione a processo del 30 giugno 97. Siccome mi sembra che la sabrina fosse un teste dell'accusa, alla quale il particolare della puzza di animale morto certo non faceva piacere, se ne dovrebbe concludere che la PG verbalizzava solo quello che riteneva utile. O mi sfugge qualcosa?

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    1. A dire il vero ho sempre avuto il sospetto che qualcuno, fin dall'inizio, avesse premuto per collocare il delitto alla domenica, per evitare eventuali critiche sul ritardo della scoperta. Tipo, ma che controlli avete fatto del territorio? Quindi non mi meraviglierei che la Carmignani fosse stata indotta a mettere un po' da parte le sue senzazioni di delitto già avvenuto.

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    2. Ma è un discorso più generale. Se si interrogano possibili testimoni occorrerebbe farlo risultare anche se le testimonianze sono negative (negative per chi, poi?). Mi riferisco qui, ad esempio, alla mancata verbalizzazione dei coniugi Bianchi che hai citato in altro articolo e al marito della sig.a Frigo. Inoltre, in colloqui informali, non verbalizzati per nulla o solo parzialmente, vi possono essere suggerimenti e condizionamenti, anche in buona fede, che indirizzano un teste influenzabile per vari motivi e che mai risulteranno agli atti. La carmignani non si fece convincere, ma altri sì.Non vado oltre per opportunità.

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    3. Il dibattimento dovrebbe mettere poi a posto le cose, nello spirito del nuovo rito accusatorio. Non so adesso, di sicuro ai tempi del processo Pacciani e compagni di merende non fu così, i verbali dell'istruttoria furono sempre determinanti, e su quelli le perplessità sono infinite.
      Il caso più scandaloso fu quello di Pucci. Di fronte al giudizio della sentenza di primo grado nella quale il test venne considerato di totale affidabilità non si può che inorridire.

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  11. Antonio non riesco a contattarti in privato, è possibile ricevere l invito per accedere al blog cosi da poter leggere il tuo ebook. Da insufficienza di prove non posso accedere al link del libro poiché non invitato.

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    1. Mi dispiace ma il mio vecchio ebook non è più in distribuzione. Siamo tutti in attesa di novità. Ciao.

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  12. Ragazzi, suvvia, ma c'è ancora qualche credulone che sia convinto che il delitto degli Scopeti avvenne domenica 8 settembre? Siate seri. Il duplice omicidio della coppia francese, ribadisco, è collocabile con elevata probabilità, non oltre la mezzanotte di venerdì 6 settembre. E non fu un'azione premeditata e programmata, ma decisa in poche ore (i ragazzi avevano piantato la loro canadese nel pomeriggio di venerdì). Il MDF li individuò e colse l'occasione al volo per colpire. Come a Baccaiano. In entrambi i casi la dinamica fu concitata, convulsa, con colpi sparati all'impazzata e le vittime che tentano la fuga: analogie simile, il che sta a provare che non vi un assalto premeditato e programmato, ma il concorrere di circostanze (favorevoli all'assassino) per colpire. Dove sei finita, SANTA LOGICA?!

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  13. Domanda: ma come mai non viene mai citato il compagno della Carmigiani? Come mai lui non è mai stato sentito /interrogato?

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    1. In fondo a questo verbale si dice qualcosa di Mauro Galli

      https://drive.google.com/open?id=19yadje3fN3t2Awpotx_l7J3_n0xNLpV1

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  14. Con questo metodo "investigativo" confermi le tue idee preconcette, piuttosto che cercare la verità fattuale.
    La SC ha mostrato un coraggio ed una determinazione non comuni, altri testimoni meno rocciosi possono ben essere stati influenzati e/o intimiditi da questo modo di fare.
    Per certi aspetti la vicenda giudiziaria del MdF mi fa ancora più orrore di quella prettamente criminale.

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    1. Il suo è un intervento molto criptico, mi accusa di avere idee preconcette ma quali? Anch'io ritengo che la Carmignani abbia mostrato grande coraggio, il che le fa onore.

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    2. Vedo solo ora la tua risposta, scusa Antonio, intendevo dire che con questo modo di condurre indagini ed interrogatori l'inquirente cerca di vedere confermate dallo sfortunato testimone le sue idee preconcette, piuttosto che cercare la verità fattuale.

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  15. Buonasera signor che non Antonio..Quello che non capisco nel collocare il lotti come mdf è qual'era la sua convenienza a dichiarare alcune cose false ed altre vere..ad esempio perché nel confessare il concorso in omicidio degli scopeti non dichiarare che le cose avvennero il venerdì o il sabato come quasi sicuramente avvenne?.. siccome è consuetudine pensare che l'omicida fosse un tipo freddo e meticoloso in ogni sua mossa non solo durante le aggressioni..presumo che anche al processo questa sua indole sarebbe venuta fuori.. nonostante si possa credere in maniera ovvia che non era il lotti a chiamare LA dopo baccaiano... buonasera ringrazio in anticipo per la risposta..

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    1. 1. Come ho più volte ribadito, mettersi nei panni degli altri è molto difficile, soprattutto di un assassino che teme di essere incastrato.

      2. Per giudicare i racconti di Lotti, bisogna tener conto del loro intreccio con le esigenze degli investigatori. L'individuo disse il meno possibile cercando di non contraddire la visione che tali investigatori avevano della vicenda, poiché in questo caso avrebbe avuto soltanto da perderci. Quindi non vedo perché nrl caso d Scopeti avrebbe dovuto inventare un omicidio a opera di altri in un giorno differente da quello che si aspettava chi andò a interrogarlo, che tra l'altro lo mise subito di fronte all'avvistamento della sua auto la sera della domenica.

      3. Per quanto riguarda le chiamate dopo Baccaiano, immagino quelle ad Allegranti, lei crede sia stato il Mostro? Io no. Legga qui:

      https://quattrocosesulmostro.blogspot.com/2015/12/mitomane-o-burlone.html

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    2. Scusi, Segnini, ma con questa considerazione lei annienta in partenza ogni possibile critica. È certamente vero che non ci si può mettere nei panni degli altri, ma per tentare di spiegare una storia come questa è inevitabile compiere l'azzardo. Lei non si mette nei panni di Lotti per spiegare il suo comportamento? Se Lotti aveva un'altra auto e non lo disse se non dopo che il fatto gli fu sbattuto in faccia dai legali di Vanni, bisognerà pur spiegare questo strano comportamento. E, in qualunque modo lo si faccia, ci si deve proprio mettere al posto del personaggio in questione. Lei lo fa, legittimamente, partendo dal presupposto che Lotti è l'unico assassino; che, però, è tutto da dimostrare. Giorgio

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    3. Scusi, ma cosa mi rimprovera, non ho capito? Non pensa anche lei che mettersi nei panni di un Lotti colpevole che cerca di barcamenarsi alla meglio in mezzo alla vicenda giudiziaria sia molto difficile?
      Che si possa tentare è senz'altro vero, anzi, si deve tentare, ma non in modo dozzinale, come ha fatto il lettore sopra immaginando che avrebbe dovuto contraddire la magistratura.
      Riguardo la storia della macchina rossa e della macchina celeste, a tempo debito una mia ricostruzione ipotetica, che gli appassionati non inquadrati credo apprezzeranno. Le anticipo che Lotti prese la 124 solo dopo il 20 settembre, e che non sapeva nulla dei traffici che vennero fatti dall'officina.
      Ma ripeto, a tempo debito.

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    4. Ecco, forse qui è il punto della questione. Io credo che sia molto difficile (ma inevitabile se dei fatti si vuol dare un'interpretazione, come fa lei, non limitandosi a un'arida ricostruzione storica) mettersi nei panni di Lotti. E in ogni caso, che fosse colpevole o innocente. Anche un innocente può essere costretto a barcamenarsi, quando si trova invischiato in una situazione terribile. Sono molto curioso di leggere, e attenderò pazientemente, la sua ricostruzione complessiva sulla vicenda delle auto e delle assicurazioni.

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  16. Grazie per la risposta mi chiamo Carlo non so come inserire il nome.. volevo rispondere a mia volta in maniera rispettosa.. non sono d'accordo sul fatto che il lotti non trovasse conveniente il contraddire la procura sulle reali ricostruzioni... innanzitutto si deve pensare per assurdo e cioè che il lotti sia l'unico responsabile e quindi non si capisce il suo intento di condividere il suo operato con altri responsabili dal momento della sua presa decisione di confessare... perché in questa maniera se si pensa ad un adattamento forzato alle ricostruzioni e alle idee della magistratura allora si pensa ad una malafede intrinseca della magistratura stessa che non cerca una verità assoluta pur di non contraddirsi..per il fatto che se il lotti avesse avuto come intenzione quella di rimanere ai margini della vicenda (tra virgolette) essendo stato confusamente coinvolto poteva farlo raccontando la verità sul reale andamento degli attacchi come testimone o semi partecipe..ad esempio nel caso degli scopeti poteva estrenearsi maggiormente in quanto la sua auto era stata avvistata probabilmente due giorni dopo il delitto il che lo poneva come un semplice curioso che sapesse più di altri...la ringrazio anticipatamente

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    1. Lei scrive: "si deve pensare per assurdo e cioè che il lotti sia l'unico responsabile e quindi non si capisce il suo intento di condividere il suo operato con altri responsabili dal momento della sua presa decisione di confessare"

      Ma come non si capisce? Fosse stato incriminato come unico responsabile addio regime di protezione e addio speranze di cavarsela con pochi anni di prigione!
      Riguardo la malafede della magistratura i sospetti sono più che legittimi.
      L'ultima parte non l'ho capita bene, o forse sì. Lei parte dal presupposto che lo scenario di Lotti complice di Vanni e Pacciani sia esatto?

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  17. Buongiorno ciò che volevo spiegare era che ipotizzando lotti unico colpevole..nel caso dell'omicidio scopeti..e considerata la sua situazione di ritrovarsi al terzo o secondo processo se non sbaglio in condizione di complice trascinato ..pur volendo sfruttare a suo modo (in maniera ingenua secondo me perché comunque era complice e avrebbe pagato caro come effettivamente è stato il suo esser complice e ciò si addice poco allo status del mdf così attivo e informato sugli eventi investigativi e processuali) avrebbe tratto maggior vantaggio nel dire la data esatta dell'omicidio (che lui doveva ben sapere secondo il nostro ragionamento mentre Pacciani e vanni non si sono espressi) ..in questo modo il suo avvistamento confermato da testimonianze nei riguardi di una macchina simile alla sua..lo avrebbero collocato sul luogo del delitto due giorni o un giorno dopo l'omicidio(insolito questo a delitto non ancora scoperto peraltro) pertanto avrebbe avvalorato maggiormente la sua finta tesi di complice spettatore... è questa ipotesi la mia molto psicologica come vede e che non mi tornava...solo questo..per il resto la seguo con interesse viste le sue dinamiche spiegate bene degne di un bravissimo perito e in taluni casi all'altezza se non di più del lavoro svolto dagli inquirenti... Li

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    1. Mettiamoci nei panni di un Lotti colpevole che viene interrogato da Vigna il 12 febbraio 1996. Viene messo di fronte a due fatti: la sua auto era stata vista la sera della domenica sotto Scopeti e il suo amico Pucci aveva raccontato di essere stato assieme a lui e assieme a lui di aver visto Vanni e Pacciani uccidere. Che cosa avrebbe potuto fare se non confermare questo scenario? Qualsiasi altra iniziativa sarebbe stata densa di pericoli, perché avrebbe contraddetto le convinzioni di chi lo stava interrogando.
      E questo vale anche per il prima. Lo scenario in parte era già stato preparato con Pucci prima del primo interrogatorio di questi (la comune scusa del pisciare lo prova), ma con tutta probabilità con dentro il solo Pacciani. Vanni in qualche modo fu il prodotto della perversa interazione tra Giuttari e Pucci al primo interrogatorio di Pucci. Lotti sapeva che la Ghiribelli l'aveva visto alla domenica sera. Perché andare a costruire una storia più complessa di quella semplicissima di ammetterlo affermando di aver visto qualcun altro che uccideva, peraltro nella sera in cui tutti pensavano fosse avvenuto il delitto? Perché cercarsi grane andando a scalzare questa certezza degli inquirenti, che poi avrebbero fatto mille domande?

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  18. Avrebbe per me ...sempre che fosse vero il suo avvicinamento domenicale al luogo del delitto.. ripeto strano se fosse lui l'omicida del venerdì.. potuto benissimo dire che aveva saputo dal Pacciani che i cadaveri erano sempre lì e da buon guardone quale perverso spettacolo poteva godersi...in ogni caso indipendentemente dalle nostre idee la ringrazio per il tempo che mi ha dedicato..ho voluto intrattenere questo argomento soltanto perché è talmente precisa la sua analisi delle dinamiche e di altri fatti inerenti questa vicenda..basati per altro da un immenso lavoro di documentazione e sperimentazione che l'ipotesi di un omicida..un nome ..stona un po' con il resto
    ..in quanto effettivamente anche nel caso che lei avesse ragione..e lo spero perché così il mdf non avrebbe eredi e avrebbe in parte pagato i suoi crimini.. sul lotti non ci sono prove sostanziali...restano soltanto indizi ancora più vaghi che quelli del Pacciani e solo per alcuni delitti.. arrivederci e buon lavoro... spero di incontrarla un giorno per una educata e civile nuova discussione

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    1. Le posso assicurare che lo stesso rigore che ho adottato per le mie dinamiche e le mie critiche alle indagini l'ho messo anche nella ricostruzione dello scenario Lotti-Mostro. Spero di poterne dare dimostrazione, presto o tardi.
      Saluti e buon lavoro a lei.

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