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domenica 7 febbraio 2016

La macchina rossa (3)


Durante i processi di primo e secondo grado ai cosiddetti “Compagni di merende” la datazione del delitto degli Scopeti alla domenica sera non venne messa granché in discussione dalla difesa di Mario Vanni, più che altro perché mancavano validi elementi di contrasto. Il principale tra questi, il parere dell’entomologo Francesco Introna sullo stadio di sviluppo delle larve di mosca desumibile dalle foto dei cadaveri, è infatti di qualche anno dopo (2002), anche se qualcuno aveva già sfiorato l'argomento. La strenua battaglia di Nino Filastò e Antonio Mazzeo per dimostrare che Pucci e Lotti mentivano fu combattuta sulla questione della Fiat 128 coupé rossa. Il 16 marzo 1998, mentre il processo di primo grado stava terminando con le repliche delle parti civili, Filastò chiese la parola per annunciare una clamorosa scoperta: da una ricerca effettuata presso il PRA era risultato l’acquisto di una Fiat 124 da parte di Giancarlo Lotti il 3 luglio 1985, quindi due mesi prima del delitto degli Scopeti. Pertanto, a logica, l’8 settembre 1985 Lotti doveva già guidare l’auto nuova, anche se la vecchia risultava ancora in suo possesso, poiché fu demolita il 19 marzo 1986, come era emerso dalla deposizione del poliziotto Fausto Vinci (vedi).
La discussione orale fu quindi interrotta per ascoltare, il giorno dopo, la versione di Lotti e alcuni testimoni: Karl Schwarzenberg, precedente proprietario della 124, Gino Coli, rappresentante dell’officina “Bellini” che l’aveva venduta, i fratelli Roberto e Luigi Scherma, datori di lavoro di Lotti, che avevano anticipato i soldi e avevano visto per anni le due auto. Purtroppo la trascrizione delle udienze del 16 e 17 marzo 1998 non è ancora uscita su “Insufficienza di prove”, il mai troppo lodato sito che sta pubblicando l’intero processo, però l’argomento è stato affrontato dalla sentenza, alla quale quindi possiamo riferirci.
A quanto risultava dal certificato esibito dal difensore di Lotti, la Fiat 124 era stata assicurata con una nuova polizza a partire dal 20 settembre 1985, il medesimo giorno in cui scadeva la vecchia sulla Fiat 128. Dal canto suo il rappresentante dell’officina “Bellini” aveva affermato categoricamente che le auto venivano consegnate soltanto dopo la stipulazione della polizza assicurativa, quindi Lotti poteva aver ritirato la propria Fiat 124 non prima del 20 settembre. A sua volta Lotti lo confermò, mentre i fratelli Scherma non furono d’aiuto, poiché testimoniarono d’aver visto la Fiat 128 ferma a lungo davanti casa di Lotti, ma non seppero precisare a partire da quando.
Alla fine questo fu il parere dei giudici:

Sicché, sulla base delle predette risultanze, deve escludersi che il Lotti abbia avuto la disponibilità della FIAT 124 prima del 20 settembre 1985, essendo la copertura assicurativa di tale auto iniziata alle ore 24 di tale data ed essendo stato il teste Coli categorico nell'escludere che l'auto potesse essere stata consegnata al Lotti prima del 20 settembre, senza copertura assicurativa.

Nell’intervallo tra il primo e il secondo grado, le ricerche degli avvocati di Mario Vanni proseguirono, in particolare a opera di Mazzeo, il quale si recò presso l’agenzia assicurativa dove trovò ancora giacenti i dossier relativi alle due polizze. Poté così reperire un certificato dal quale risultava che, a partire dalle ore 10 del 25 maggio 1995, la copertura del 128 era stata girata sul 124. Come si vede la data era di oltre un mese anteriore a quella d’iscrizione dell’atto di vendita/acquisto al PRA (3 luglio), un fatto comunque normale.
La scoperta di Mazzeo poneva sul piatto della bilancia due elementi di grande rilievo. Il primo: domenica 8 settembre 1985 Lotti aveva la disponibilità della Fiat 124, per la cronaca di colore blu, già da oltre tre mesi. Il secondo: in quello stesso giorno la Fiat 128 era priva di copertura assicurativa. In più l’avvocato aveva potuto reperire la documentazione di due piccoli incidenti, entrambi a responsabilità di Lotti, nei quali era stata coinvolta la Fiat 124, uno il 22 giugno e l’altro il 31 luglio 1985. A suo parere quella era la prova che l’individuo circolava con la nuova auto, non con la vecchia.
In base ai nuovi importanti documenti, all’apertura del processo di secondo grado la difesa di Vanni chiese e ottenne la riapertura del dibattimento, di solito non previsto in sede d’appello. Fu quindi sentito per primo Alberto Bartoli, rappresentante della compagnia assicurativa (vedi), il quale consegnò la documentazione originale che attestava sia il trasferimento della copertura da 128 a 124, sia i due sinistri provocati dalla 124. Del secondo fu anche rintracciato e interrogato il proprietario dell’altra auto, il quale riconobbe la propria firma in calce alla relativa denuncia, ma, stranamente, del fatto disse di non ricordare nulla.
I nuovi elementi davanti ai quali si erano venuti a trovare i giudici della Corte d’Appello indubbiamente contraddicevano le affermazioni di Lotti in primo grado, secondo le quali fino al 20 settembre 1985 l’auto nuova era rimasta in officina perché priva d’assicurazione. Quindi l’imputato fu chiamato a renderne conto. Ma prima di dare un’occhiata alle sue spiegazioni una riflessione pare opportuna.

Con le nuove informazioni acquisite grazie alle ricerche dei difensori di Mario Vanni, si era delineato uno scenario del tutto nuovo sulla decisiva e delicata questione della Fiat 128 coupé rossa. Lotti era entrato nella vicenda grazie alla testimonianza di Gabriella Ghiribelli che sotto Scopeti aveva notato un’auto di identico modello e colore ritenendo che fosse la sua. Quando Vigna lo aveva interrogato, l’11 febbraio 1996, Lotti sapeva bene che gliene sarebbe stato chiesto conto, lo avevano avvertito la stessa Ghiribelli e prima ancora la Nicoletti. Ma se davvero già mesi prima del delitto aveva cambiato auto, perché non dichiararlo fin da subito? Alla richiesta di quali auto avesse posseduto l’unica che era rimasta fuori dal suo elenco era stata proprio la Fiat 128 coupé rossa, mentre alla susseguente contestazione aveva cercato di negare (“La macchina non era la mia... se dico no è no”), quindi non si comprende il perché non avesse aggiunto che da tempo non usava più quell’auto, avendone acquistata un’altra. È pensabile che se ne fosse dimenticato?
Quando, al termine del processo di primo grado, la difesa di Vanni aveva portato in aula la documentazione che attestava l’acquisto del 124 nel maggio 1985, Giancarlo Lotti avrebbe potuto approfittare dell’occasione per tentare di tirarsi fuori dagli impicci, buttando le carte per aria. Invece no: di fronte alle domande incalzanti di Mazzeo e Filastò aveva ribadito con forza che a quel tempo lui guidava la Fiat 128 rossa, anche nella serata del delitto degli Scopeti. Si trattava di un comportamento poco comprensibile per un individuo che aveva sempre cercato di minimizzare le proprie responsabilità, tanto più se era innocente, come ritenevano i due avvocati, i quali di conseguenza avrebbero fatto bene a interrogarsi sulla correttezza della loro impostazione difensiva.
Ma supponiamo pure che Giancarlo Lotti fosse stato speranzoso fino all’ultimo di potersela cavare con poco, magari senza neppure un giorno di galera, e per questo avesse rinunciato ad approfittare dei nuovi elementi emersi in suo favore. Ebbene, dopo la condanna a trent’anni avrebbe dovuto aprire gli occhi, lui e anche il suo avvocato, il quale invece aveva preparato l’appello chiedendo soltanto una riduzione della pena per la minima partecipazione e per il merito di aver confessato (tra l'altro senza successo).
Dello spostamento dell’assicurazione dalla Fiat 128 alla Fiat 124 mesi prima del delitto degli Scopeti, e dei due incidenti con la 124, naturalmente Lotti aveva sempre saputo, e quindi risulta assai strano che non l’avesse mai detto. In ogni modo, nel momento in cui fu chiamato a testimoniare in appello, quelle informazioni erano venute fuori da sole. Ebbene, nonostante il peso dei trent’anni di carcere rimediati in primo grado, Lotti continuò ad affermare di aver guidato la Fiat 128 rossa anche dopo l’acquisto della Fiat 124 blu! “Io le adoperavo tutte e due le macchine, il 128 e il 124”, rispose a domanda del Consigliere relatore, giustificandosi con il solito “forse non mi ricordavo preciso” per aver dichiarato tutt’altro in primo grado, ossia di aver usato fino al 20 settembre soltanto il 128. E di fronte agli agguerritissimi avvocati di Vanni non cedette di un millimetro. Questo fu l’inizio dello scambio con Filastò (vedi):

Filastò: Lotti, lei quando è stato interrogato il 17 marzo dell'anno scorso ha detto per 8 volte, 8, guardi è a pag.15, il Presidente le chiede "ha lasciato la 128 per prendere la 124?" e lei dice "si"...
Lotti: Si, ma l'ho lasciata l'anno prossimo, l'anno dopo ma l'adoperavo sempre, non l'ho spiegato ancora...
Filastò: Aspetti.
Lotti: Si, io l'è tanto che aspetto!
Filastò: A pag.24 lei dice "quando presi il 124 l'era ferma la macchina 128"...
Lotti: No unn era ferma la macchina!
Filastò: Allora non è vero questo!
Lotti: Chi lo dice che era fermo?
Filastò: Lei lo ha detto! Lei! A pag.24.
Lotti: No, unn è vero!
Filastò: Bene, non è vero nulla, registrate "non è vero nulla".
Lotti: L'ho adoprata e basta.
Filastò: Pag. 26...
Lotti: Si e pagina ventison!
Filastò: "Io quando presi il 124 l'era ferma." E due!
Lotti: NO
Filastò: Va beh, l'ha detto qui a pag.27, "quando presi la 124 il 128 l'era ferma".
Lotti: L'era ferma nel marzo dell'86.
Filastò: Quindi non quando ha preso il 124.
Lotti: O unn ho detto fino a ora, l'adopravo! Lo so solamente IO se l'adopravo o no. NON LO SA ALTRI!

L’interrogatorio andò avanti su identici toni e con identici risultati, con Filastò che alzava la voce e Lotti che faceva altrettanto, senza timori e soprattutto senza spostarsi dalla propria posizione. Poi fu la volta di Mazzeo, il quale, seppur dotato di nervi più saldi del collega, non ebbe maggior fortuna di lui.

Mazzeo: La domanda è questa: lei perché ha comprato la 124? Perché le piaceva oppure perché la 128 era rotta?
Lotti: No unn era rotta!
Mazzeo: Allora ha detto la verità oggi quando dice che non era rotta o ha detto la verità l'anno scorso quando ha detto che era rotta?
Lotti: Non alzi tanto la voce con me, sennò un dico più niente!
Mazzeo: Parlo lento, lento, piano, piano...
Lotti: Perché alza la voce?
Mazzeo: Mi risponde per piacere?
Lotti: O non gliel'ho detto già... Adopravo sia il 128 che il 124.
Mazzeo: No, la domanda è un'altra.
Lotti: No la domanda è questa! Però, la voce, perché non l'abbassa un pochino?
Mazzeo: Lei ha detto la verità l'anno scorso...
Lotti: Non mi ricordavo di preciso...
Mazzeo: Non mi lascia fare la domanda!
Lotti: Non alzi la voce con me, l'ho già detto! No, perché sennò un ci si capisce!
Mazzeo: È un'arroganza intollerabile presidente! Lei ha detto la verità l'anno scorso o l'ha detta oggi?
Lotti: L'andava anche quella lì, andava anche il 128.

Non si era mai visto un individuo difendere con tale ostinazione e veemenza i propri trent’anni di carcere, a maggior ragione se era innocente come ritenevano i due avvocati! Tra l’altro ci riuscì benissimo, poiché i trent’anni furono ridotti di ben poco, a ventisei, i quali, per un uomo di quasi sessanta, equivalevano a un ergastolo.

In questo scenario, tutto da interpretare, va comunque puntualizzato che le scoperte della difesa di Vanni sulle polizze assicurative non dimostravano affatto che Giancarlo Lotti non poteva essere andato domenica 8 settembre a Scopeti con la Fiat 128 rossa. Al massimo potevano ingenerare delle perplessità sul comportamento, in apparenza assurdo, di chi avrebbe usato un’auto non in regola avendone avuto a disposizione una in regola e più affidabile. È quanto ancor oggi sia Filastò sia Mazzeo sostengono, come quest’ultimo nella recentissima puntata di NeroToscana trasmessa da RTV38 (vedi), dove così risponde al conduttore Francesco Selvi:

Se lei fosse stato il chiamante in correità Lotti, e nel luglio del 1985, prima dell’ultimo delitto del Mostro, avesse avuto a disposizione una macchina vecchia, rotta, con la batteria finita, senza assicurazione, e contemporaneamente una macchina nuova, con l’assicurazione, in grado di circolare, con quale di queste due macchine lei sarebbe andato a commettere questo omicidio?

Mettersi nei panni degli altri è sempre molto difficile, ancor più a fronte di situazioni che si allontanano decisamente dall’usuale, sia per motivi interni (personalità dell’individuo), sia per motivi esterni (condizioni al contorno). Certamente Francesco Selvi non avrebbe agito come Giancarlo Lotti se fosse stato accusato ingiustamente, come ritiene Mazzeo, di aver partecipato ai delitti delle coppiette, confessando e prendendosi 26 anni di carcere. E allora perché Giancarlo Lotti avrebbe dovuto comportarsi come Francesco Selvi nella questione delle auto? In realtà, con qualche sforzo in più e soprattutto senza voler difendere a tutti i costi le proprie tesi, si può ipotizzare un plausibile perché nel suo comportamento.
Con in mano un’auto ormai a fine vita (“il 128 gli era quasi per finire”), la Fiat 124 blu che aveva visto dal “Bellini” era parsa a Giancarlo Lotti un’occasione da non perdere (“Perché la comprai? Perché la pagai poco e poi mi garbava quella macchina lì”). Per poterla ritirare l’aveva assicurata girando su di essa la polizza della Fiat 128, ancora valida fino al 20 settembre. Secondo le regole vigenti avrebbe dovuto restituire il vecchio tagliando esposto sul parabrezza, ma non lo fece (“ci avevo il coso, però non era assicurata”, “quando la tiensi ferma c'era sempre il contrassegno alla macchina”). In effetti quel tagliando non era stato rintracciato tra le carte presenti nei dossier in agenzia, e in dibattimento l’allora titolare, Roberto Longo, dichiarò che con clienti conosciuti la regola poteva anche non essere rispettata (vedi).
A partire dal 25 maggio 1985 Giancarlo Lotti si era così trovato in possesso di due auto, la nuova regolarmente assicurata, la vecchia no, ma con un tagliando sul parabrezza che gli avrebbe consentito, fino al 20 settembre, di superare i normali controlli delle forze dell’ordine, per le quali la situazione appariva regolare. Se di venderla non c’era speranza, essendo ormai troppo vecchia, l’auto comunque era ancora in grado di viaggiare, e a un soggetto che comperava soltanto mezzi con vita residua di due o tre anni (la 128 era stata acquistata nel marzo 1983, ad esempio), poteva sembrare un peccato non sfruttarla per qualche altro mese, allungando così la vita della nuova 124. Non è quindi irragionevole ritenere che Giancarlo Lotti, almeno fino al 20 settembre, avesse circolato soltanto o prevalentemente con la vecchia auto.
È vero che i sinistri del giugno e del luglio nelle denunce all’assicurazione Lotti li aveva attribuiti al 124, ma non avrebbe potuto fare altrimenti, poiché soltanto quell’auto risultava coperta da una polizza valida.  Lotti ne era ben consapevole, come dimostra questo scambio col Consigliere relatore: “Quindi col 128 circolava senza assicurazione?”, “Ma avevo l'assicurazione di quell'altra macchina!”. Anzi, la dichiarazione della seconda persona coinvolta di non ricordare nulla (l’altra non era stata convocata) lascia sospettare che Lotti fosse stato alla guida proprio del 128. Pare strana, infatti, quell’amnesia per un evento fuori dall’ordinario come un incidente automobilistico, considerando anche il tempo che il teste dovette avere a disposizione per far mente locale dopo essere stato convocato. Per questo pare lecito immaginare che dietro ci fosse stato un piccolo e comprensibile inganno. Se Lotti aveva provocato l’incidente con il 128, per lui poteva nascere un bel problema, ma anche il danneggiato avrebbe fatto fatica a recuperare i propri soldi, quindi per entrambi la soluzione migliore sarebbe stata quella di dichiarare il 124 al posto del 128. Se così era andata, affermando in aula di non ricordare nulla la persona aveva evitato di confessare il sotterfugio senza però commettere un reato di falsa testimonianza.

Allo stato niente impedisce di ritenere che fossero proprio Giancarlo Lotti e Fernando Pucci i due individui che a bordo di una macchina rossa sportiva si aggirarono attorno alla piazzola di Scopeti domenica 8 settembre 1985. Si tratta di un dato che lo storico deve prendere in considerazione e spiegare. A chi scrive pare del tutto pretestuoso nascondersi dietro la mancanza di un riconoscimento certo, oppure attaccarsi alla inaffidabilità della testimone Ghiribelli, come pure fanno i due amici “mostrologhi” che sono intervenuti sulle puntate precedenti.
Nel primo caso si dovrebbe accettare una coincidenza enorme: nel 1995 gli inquirenti sarebbero stati così fortunati da aver trovato due personaggi, estranei alla vicenda ma disposti ad ammettere la loro presenza a Scopeti (Lotti e Pucci), la cui fisionomia era altamente compatibile con quella di due sconosciuti che effettivamente si erano aggirati attorno alla piazzola. E, di più, a bordo di un’auto del tutto particolare, sia per modello sia per colore, come del tutto particolare era la rara e desueta Fiat 128 coupé di Lotti.
Nel secondo caso ci sono le testimonianze dei coniugi De Faveri-Chiarappa, ben coordinate con quella di Sabrina Carmignani, a tagliare la testa al toro. In sostanza, se il fatto da dimostrare è lo strano interesse di Lotti e Pucci verso la tenda dei francesi in quella domenica, e non la loro partecipazione al delitto, l’avvistamento di Gabriella Ghiribelli è soltanto un di più. In ogni caso a chi scrive pare davvero fazioso ignorare la valenza della telefonata intercorsa tra Ghiribelli e Nicoletti la sera stessa dell’interrogatorio della prima. Non si capisce perché, nel parlare con l’amica, la Ghiribelli avrebbe dovuto mentire dicendo: “Io l'unica cosa che posso dire è che una macchina arancione l'ho vista sotto le luci piccole piccole di strada, sai è una strada piccola. Potrebbe essere stata arancione, potrebbe essere stata rossa, scodata di dietro. Mi hanno fatto vedere la foto e l'ho riconosciuta”.
Una volta accettato il fatto – la presenza di Lotti e Pucci sotto la piazzola di Scopeti a delitto già avvenuto da due giorni – è necessario tentarne un’interpretazione, soprattutto tenendo conto di quanto sarebbe accaduto dieci anni dopo. Per il momento vorrei fornire due spunti. Il primo è tratto da una dichiarazione televisiva rilasciata all’epoca da Giangualberto Pepi, storico avvocato di Mario Vanni poi ritiratosi all’arrivo di Filastò (la riprende il filmato di Paolo Cochi, visibile qui, al minuto 28): “vi potrebbe anche essere la possibilità che questi personaggi che si fanno vivi dopo 11 anni vogliano nascondere qualche cosa che forse potrebbe riguardarli anche direttamente”. Il secondo è il già noto pensiero di Vieri Adriani su Lotti, ribadito durante la puntata di NeroToscana di cui si è detto (vedi al minuto 62):

Non necessariamente lui ha detto il falso quando ha detto di essere lì la sera. Lui forse ha visto qualcosa, forse c’è stata una manomissione della scena criminis… però chi l’abbia compiuta non voglio dirlo né posso saperlo, però che sia completamente insincero su questa sua presenza la sera dell’8, che comunque sarebbe successiva al delitto, io mi sentirei di poterlo escludere.

53 commenti:

  1. certo e'che ce ne sono di coincidenze...troppe per non pensare che molto probabilmente i due erano Lotti e Pucci....mi viene da pensare che se non erano loro chi poteva essere? e che interesse avrebbero avuto nel sostare davanti alla piazzola per delle ore? ... e l'identikit fatto dopo l'omicidio della prostituta a Firenze? sembra il calco della faccia di Lotti ...l'unica volta che qualcuno nota una faccia sospetta ( era stato uno degli ultimi clienti ) guarda caso assomiglia a quella del cavatore di inerti..ovvero Lotti...altra coincidenza? qualcuno tra i magistrati , oltre agli avvocati Pepi e Vieri Adriani , se ne era accorto...o quantomeno gli era passato per la testa ...cioe' che il ruolo del mdf poteva benissimo essere ricoperto dal solo Lotti che in seguito avrebbe fatto ricadere la colpa su PP e MV...uno su tutti fu Daniele Propato...

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    1. Per amor di precisione, credo che Vieri Adriani pensi a qualcosa di diverso, mentre Pepi oggi è su tutt'altra lunghezza d'onda. Lotti non lo sospetta quasi nessuno, siamo noi due e pochi altri. Nondimeno questa storia della macchina rossa la devono spiegare, troppo comodo far finta di niente. Ciao.

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    2. Cosa dimostra la telefonata tra la Ghiribelli e la Nicoletti? Soltanto che la polizia l'ha interrogata, le ha chiesto della macchina rossa, che da tempo stava cercando, e che la teste ha detto di averla vista sul posto la sera del 8 settembre (cosa che poi confermerà nell'interrogatorio successivo, venendo questa volta verbalizzata sul punto).
      Cosa NON DIMOSTRA? Che la Ghiribelli vide davvero una macchina rossa tipo così e cosà quel giorno.
      La telefonata farebbe fede di un reale avvistamento solo se fatta prima dell'interrogatorio; dopo, vale ben poco se non a giustificazione all'amica di quello che è stato detto.
      Se, a ragione, dubitiamo della memoria o della buona fede dei testi ultradecennali, dobbiamo dubitare anche di quella della Ghribelli, della quale peraltro è ben nota l'affidabilità.

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    3. Secondo te la Ghiribelli avrebbe detto all'amica di aver visto l'auto per sentirsi meno bugiarda, in sostanza. Insomma, una seconda bugia avrebbe alleggerito la prima.
      A me sembra invece che il suo discorso suoni sincero, per come è strutturato. Se poi ci metti che davvero un'auto rossa simile a quella del Lotti al pomeriggio era stata vista da altri, e che il Galli confermò l'avvistamento della sua protetta e che la bloccò, anche se non il colore dell'auto che poteva aver visto con la coda dell'occhio, onestamente il tuo mi sembra un partito preso. Senza offesa, intendiamoci.
      In ogni caso che due tizi che altri non potevano essere se non Lotti e Pucci si erano interessati alla piazzola quella domenica è pacifico. Resta da stabilire il perchè.

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    4. più precisamente: mette le mani avanti, prepara il terreno, sa di averla detta grossa e avverte, sapendo che la cosa verrà fuori: io ho visto una macchina che potrebbe essere quella di giancarlo.
      sull'incongruenza della versione del riconoscimento con le altre dichiarazioni fatte a quell'epoca dalla ghiribelli avevo già accennato brevemente nel mio blog (date, portiera ecc).
      Comunque ammetto di non credere alla ghiribelli per partito preso, ma mi sembra un partito preso molto saggio.
      Sull'auto vista da De faveri e Chiarappa non so che dire; mi auguro che anche sulla 128 rossa il futuro ci riservi qualche novità.
      Ampiando il discorso, l'unico punto oscuro nella mia ricostruzione personale della vicenda CdM è il silenzio mantenuto dal Lotti anche dopo la sentenza di Cassazione; bisognerebbe però sapere che modi concreti aveva di farsi sentire. Peraltro, la tua domanda: <> trova una risposta ancor più difficile supponendolo colpevole, a mio modesto parere. Qual è l'interesse dell'assassino a guadagnarsi una condanna a 26 anni quando può uscirsene con un reato di calunnia? Se ho ben capito il tuo pensiero.

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    5. Ma come spieghi che Galli confermò di aver bloccato la Ghiribelli che voleva andare dai carabinieri a dire di aver visto un'auto sotto Scopeti? Che cosa ci guadagnavano Galli e Ghiribelli a raccontare entrambi quella frottola? In ogni caso, ripeto, una volta che si accetta la retrodatazione del delitto al venerdì, la testimonianza della Ghiribelli non diventa più essenziale, basta quella dei coniugi integrata con quella della Carmignani. Per tutto il pomeriggio Lotti e Pucci si erano aggirati sotto la piazzola, e questo è un fatto che esige una spiegazione, soprattutto alla luce del loro comportamento di dieci anni dopo. Non erano loro? Non è ragionevole invocare coincidenze a tutto spiano, tra sconosciuti che sembrano loro, auto che sembrano la 128 del Lotti, testimoni che giurano il falso davanti ai giudici, due mammalucchi del tutto estranei che si prestano al gioco degli inquirenti, uno addirittura prendendosi 26 anni di carcere... proprio te che non credi alle coincidenze.

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    6. se uscisse che l'auto FIAT 128 era già inservibile all'epoca? io aspetto con fiducia questa notizia... poi magari ne riparleremo. Sarebbe la pietra tombale su ogni ruolo del Lotti nella vicenda se non come falso chiamante in correità. Vediamo se succede qualcosa.

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    7. Aspettiamo con fiducia. Senza il dubbio che l'assassino era proprio Lotti molti dormiranno senz'altro sonni più tranquilli. Il contrario sarebbe da infarto, dico bene? Ma vedrai che nessuna notizia arriverà. Ciao.

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  2. La spiegazione piu' logica e' che Lotti e Pucci sapessero del delitto avvenuto e siano rimasti li a controllare la zona. Ritardare la scoperta dei corpi il piu' possibile per vedere se arrivava prima la lettera?

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  3. Voglio fare anch'io i complimenti al blog, utilissimo, informatissimo, e molto ben scritto.
    Certo e' interessante che l'autore sia convinto della colpevolezza di Lotti. A parer mio il problema della ricostruzione e delle considerazioni sopra e' che cercano di mettere un po' di logica nel comportamento di Lotti, dove invece logica mi sembra non ce ne sia punto. Il suo comportamento sarebbe comprensibile se si fosse trattato di un vero pentimento, ma perche' allora mentire su tutto e tutti? (c'e' anche da notare che, per quanto ne sappia io (e tutti voi pero' ne sapete molto di piu') Lotti non ha mai fornito agli inquirenti una sola informazione di cui non erano a conoscenza, e che si sia poi dimostrata rigorosamente esatta). Lo stesso Filasto', per spiegarne il comportamento, ha dovuto rifugiarsi in ipotesi alquanto fantasiose, tipo che Lotti stava meglio in galera che fuori, oppure che fosse un caso di "clausura volontaria" (o roba simile - cito a memoria). Sempre stando a Filasto', il fatto che la dimora di Lotti non sia mai stata perquisita, quando altre sono state piu' o meno sventrate, dimostra che gli stessi inquirenti non ci credevano. Se la circostanza e' vera, mi sembra difficile trarre altre conclusioni.

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    1. Il discorso su Lotti è complesso, ed esige, per essere seguito, l'abbandono di ogni conformismo e luogo comune.

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  4. Secondo mé la prova schiacciante che Lotti era il mostro la da il Vanni quando disse che lo stesso Lotti gli parló della piazzola di Vicchio in cui 2 ragazzi facevano l amore in una panda celeste pochi giorni prima che furono ammazzati ,sommato al profilo psicologico , sul fatto che sapeva i luoghi dei delitti e dove furono trascinati i cadaveri, la 128 rossa vista a Giogoli e a Scopeti, che si appartava con le sue conquiste nei luoghi degli omicidi ...

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  5. Ciao Antonio , nn ha mai preso in considerazione l ipotesi che Lotti si era portato appresso il Pucci anche nelle serate in cui uccise le coppiette? Secondo me disse a Vanni della panda celeste nella piazzola a Vicchio xé era in un momento di eccitazione totale e voleva dimostrare chi era veramente... Con Vanni gli andò male magari il Puggi lo ha assecondato a partire dal 1984...

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    1. Il rapporto tra Lotti e Pucci sarebbe da studiare a fondo. Personalmente escluderei la sua presenza nel momento dei delitti, ma che sapeva è indubbio. Da un certo momento in poi a Lotti non bastarono più gli articoli sui giornali, e in modo sibillino cominciò a vantarsi con l'amichetto.

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  6. Oltre a perché Pucci e Lotti hanno sostato davanti alla piazzola di Scopeti tt la domenica ... bisogna porsi un altra domanda xé Lotti ha accusato un suo grande amico forse l unico che ha avuto ,che l ha sempre aiutato... l unica ipotesi possibile é x pararsi il culo...xó poteva dire che aveva visto solo il Pacciani , oppure se era piú furbo negare fino alla morte che usava ancora il 128 e che lui a Scopeti in quella domenica nn c era stato...forse vedendo come hanno inchiodato Pacciani e Vanni senza prove e visto che la sua 128 era ricercata vedendosi spacciato ha incominciato a ad autoaccusarsi a piccole dosi ... Come diceva la signora nella trasmissione un giorno in pretura , il mostro nn aveva rimorsi nei confronti delle vittime , ma a quanto pare neanche nei confronti del suo migliore amico accusandolo fino alla fine dei suoi giorni...

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  7. Sig. Segnini, non riesco a capire questa storia della macchina. Se davvero il Lotti quella domenica aveva usato la 128 e poi è saltato fuori che l'assicurazione era per la 124 perche' ha insistito a dire che aveva usato la 128? Non gli conveniva dire che quel giorno aveva la 124 e quindi si sarebbe scagionato, oppure aveva paura che quello detto in precedenza non venisse piu' creduto?

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    1. Lotti era il vero ed unico Mostro di Firenze, ed approfittò dell'occasione offertagli dagli inquirenti per interpretare un ruolo secondario nell'ambito della inesistente banda capitanata da Pacciani. La sua speranza era quella di ottenere una condanna mite, parzialmente disattesa dalle sentenze (però, se non fosse morto prima, non credo che avrebbe scontato troppi anni di carcere, fra semilibertà e altro). Quindi non fece nulla per minare la ricostruzione degli inquirenti. In sostanza preferì la speranza di una mite condanna al pericolo che venisse fuori il suo vero ruolo di unico assassino.
      Questo è quanto ho capito io, con un grado di certezza direi totale, dopo anni di studio.

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  8. Il Lotti, per compiere l'ultimo efferato omicidio, avrebbe, perciò, utilizzato una macchina a mezzo servizio e non assicurata, al solo fine di non sgualcire il 124?
    Appare, francamente, una ricostruzione debole. Se come specificato dallo stesso Lotti "il 128 gli era alla fine" questi non avrebbe mai rischiato di rimanere con la macchina in panne dopo il compimento del delitto degli Scopeti. Si tratta di contemperare interessi confliggenti, parsimonia e libertà, scelta scontata per qualsiasi individuo capace di intendere e di volere.
    Segnalo, inoltre, come probabilmente saprai, che Lotti già in primo grado aveva rivelato di aver fatto un incidente col 124 blu, pur non collocandolo temporalmente. Potrebbe essere, dunque, successivo ai due incidenti che a noi interessano però...è un indizio curioso...

    Non comprendo, in secondo luogo, quale elemento probatorio preoccupasse Lotti a tal punto da spingerlo a confessare una falsa correità. Ragionando per assurdo ed ipotizzando che a Scopeti guidasse la 128 rossa...Perché non mentire fin dall'inizio? (Nel momento in cui la sua posizione era quella di persona informata dei fatti) Conscio che la 124 fosse già nella propria disponibilità? E perché, in appello, non cogliere la palla al balzo lanciatagli da Filastò, dopo che la corte d'assise in primo grado aveva pronunciato una condanna tutt'altro che mite? (Minando alle fondamenta il suo piano diabolico di scontare il meno possibile)

    Saluti.

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    1. Ragionare sul piano di quello che avrei fatto io al posto suo porta poco lontano. Io sono partito da un fatto che a me pare certo, la presenza di Lotti e della sua auto sotto la piazzola di Scopeti almeno alla domenica pomeriggio, il che irrobustisce anche la testimonianza Ghiribelli riguardo la sera. Non si trattava del giorno dell'omicidio, dunque problemi di panne non ce n'erano, in ogni caso non mi meraviglierei che avesse usata la stessa auto anche al venerdì per andare a uccidere.
      La spiegazione che mi sono dato per il suo continuare a usare l'auto vecchia a me pare logica, per uno che doveva fare i conti con uno stipendio modesto. Non si trattava di non "sgualcire" la 124, ma di procrastinarne il consumo (gomme e motore) fino a che l'altra ancora andava. Prevedibilmente Lotti sulle sue auto faceva tantissimi chilometri, quindi, strausate com'erano al momento dell'acquisto, più di tanto non poteva tenerle. Se era davvero lui l'assassino, come si può escludere che non temesse di andare in giro su un'auto non assicurata ma con il tagliando sul parabrezza? Era un rischio molto superiore a quello di andare a uccidere?

      Riguardo l'incidente del 124 raccontato in primo grado non vedo che cosa c'entri. Non era prima di Scopeti, altrimenti le ricerche della difesa di Vanni l'avrebbero scoperto.

      Lotti aveva un grosso punto debole, il suo amico Pucci, che sapeva. Quindi non poteva fare altro che quello che fece, pensaci bene. Anche quando si trovava in appello con una condanna a trent'anni sul groppone, il suo timore nel buttare le carte per aria era sempre quello che si sarebbe tornati a torchiare lui e soprattutto Pucci. Durante la deposizione di Pucci fu evidente come Lotti temeva un suo cedimento. "Gliel'ho dette io quelle cose a Fernando", si affrettò a dire di fronte ai suoi tentennamenti. La sua speranza rimaneva quella di ottenere il massimo dei benefici per il suo falso pentimento, in ogni caso non mi pare che gli andò troppo male. Quanta galera vera si sarebbe fatto se non ci avesse pensato il padreterno?
      D'altra parte vedere Lotti da completo innocente che combatte con le unghie e con i denti in appello per farsi ancora dichiarare colpevole è assurdo. Possibile che non si sarebbe confidato con il proprio avvocato per tentare di uscire dai casini in cui si era cacciato? Evidentemente temeva peggio.

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    2. Interrogato sulle macchine e sull'assicurazione, il Lotti mandò in bestia mezza corte e tutti gli avvocati. Non riuscirono a farsi spiegare perchè sostenesse di adoperare, nel settembre '85, anche il 128 rosso, quello che "la un andava" e privo di assicurazione, invece del solo 124 funzionante e assicurato. Infatti adoperava il 124 blu, come scoperto dalla difesa del Vanni, ma la Ghiribelli testimoniava di aver visto una macchina rossa sotto la piazzola e si proseguì nell'errore.

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    3. La difesa del Vanni non aveva affatto scoperto che usava la macchina blu, aveva scoperto soltanto che l'aveva acquistata. Che usasse soltanto la macchina blu è una supposizione, alla quale ognuno può assegnare la valenza che crede. Resta il fatto che una macchina del tutto particolare con a bordo due individui anche loro piuttosto particolari, l'una e gli altri ben compatibili con la 128 rossa di Lotti e con gli stessi Lotti e Pucci, stazionò sotto Scopeti per l'intero pomeriggio di domenica. Chi si batte come un disperato contro l'uso del 128 rosso da parte di Lotti se ne dimentica troppo facilmente.

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    4. Lotti era un personaggio singolare, ma determinate massime d'esperienza hanno valore universale indipendentemente da chi siano applicate. Possedendo due macchine una: scassata, non assicurata (forse c'era il tagliandino, sì) e facilmente riconoscibile ed una: "nuova", assicurata, e idonea a passare inosservata...Lotti o non Lotti, la scelta dovrebbe essere, sempre e solo, UNA.
      Tu continuerai ad essere fermo con la tua idea e perciò non mi permetto di andare oltre.

      Riguardo al secondo punto, perché Lotti concorda, ab initio, con Pucci di avere il 128 rosso? Possedeva anche il 124 blu, ed era al corrente dell'avvistamento di una macchina compatibile col 128. Avrebbe potuto cercare di districarsi dall'impiccio, con prove documentali alla mano, spiegando di non potere essere lui l'uomo avvistato, dato che il 128 non lo guidava più, vero o falso che fosse, tanto...palla più palla meno...
      Perché, invece, fare recitare al Pucci quel copione spiegazzato? Possibile non gli sia venuta in mente la soluzione più semplice? Dov'è finita
      la ,leggendaria, furbizia manipolatrice del Lotti?!
      Katanga ha dimostrato di potere "burattinare" il Pucci a suo piacimento, fallo bene almeno!

      Chiarisco che il mio intento non sia, assolutamente, quello di screditare o cercare di demolire la tua ricostruzione, ma di provare a capire qualcosa!
      I fatti non mi tornano né con la spiegazione che offri tu né con quella che, in origine, avevo prospettato io stesso...E questo è un problema.

      Saluti e complimenti per il blog.

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    5. Mettiamoci nell'ipotesi di Lotti assassino e Pucci che ne era a conoscenza o comunque l'aveva capito, sia per essere stato portato a Vicchio a spiare la coppia prima del delitto, sia per essere stato portato a Scopeti a vedere i cadaveri, la sera della domenica. Ripeto, mettiamoci in quest'ipotesi e in queest'ipotesi vediamo che cosa poteva fare Lotti.
      Lotti poteva soltanto, con probabili minacce di incolpare anche lui, mettere su una versione di comodo assieme a Pucci. Se si fosse dichiarato del tutto estraneo rintuzzando la testimonianza Ghiribelli, gli inquirenti avrebbero mollato Pucci? Manco pe u cazzo, dicono a Napoli. Lotti, da animale istintivo abituato a cavarsela in qualche modo, si buttò dentro il varco che gli inquirenti gli dettero, neutralizzando così sia la testimonianza Ghiribelli, sia e soprattutto il pericolo che Pucci si mettesse a cantare, mettendosi d'accordo con lui. A me il quadro pare di una semplicità estrema, non vedo alcun punto debole. Questa storia dell'auto che lui non avrebbe dovuto usare è una sciocchezza che è costata l'ergastolo al povero Vanni.

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    6. Attenzione, ricordiamoci poi qual'era il suo intendimento iniziale. All'inizio Lotti sperava di farsi passare per un semplice testimone occasionale, e proprio su questa versione si era accordato con Pucci. Poi pian piano calò sempre di più le braghe, dietro le sollecitazioni degli inquirenti che geni non erano ma nemmeno del tutto deficienti. E alla fine quello che più lo costrinse a cedere confessandosi almeno complice furono le ammissioni di Pucci sia su Vicchio sia sui tre delitti precedenti, dei quali Lotti gli aveva parlato.

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    7. Postulando l'onniscienza del Pucci su Scopeti(dato non da poco)il Lotti, piuttosto che apparire come testimone, avrebbe potuto "scegliere" di rimanere completamente estraneo ai fatti, sfruttando il salvifico 124.
      Gli inquirenti avrebbero torchiato il Pucci, ma questi doveva limitarsi ad asserire che nella piazzola di Scopeti non si erano mai fermati, al pari di come dichiarò di aver visto Pacciani e Vanni sul luogo del delitto. La procura, non aveva nulla di concreto in mano. In entrambi i casi, si trattava di bugie concordate, tali e quali. Se Lotti si rivelò al Pucci significa che si fidava di lui, sapeva come controllarlo, che si trattava di un oligofrenico non credibile al 100%
      In parole povere, continuo a pensare che per salvarsi il culo, Lotti avrebbe dovuto comportarsi come sopra esposto. Se non si "fosse messo in mezzo da solo" magari non sarebbe neppure stato processato.

      Inoltre, è lo stesso Katanga che il 6 marzo/96 durante un interrogatorio conferma agli inquirenti che la macchina rossa vista da certi testimoni INSIEME alla Fiesta di Pacciani, in occasione del delitti di Vicchio, è la sua! Ma se vuoi rimanere il meno coinvolto possibile...(A questo punto della storia il Lotti è ancora sentito come persona informata del solo fatto di Scopeti) di' alla polizia che non è la tua per Dio! Anche perché la tua NON può essere dato che l'hanno vista a braccetto con quella di una persona che, in quel posto, tu sai non ci sia.
      Solo successivamente, il 18 Aprile/96 Pucci conferma di conoscere i particolari di Vicchio.
      A me sembra che il Pucci, più che rappresentare una minaccia, sia la sua "ancora di salvezza" (tra mille virgolette)

      Purtroppo a mio avviso, i dubbi restano

      Saluti.

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    8. Non ho ben capito questo intervento, a partire dal punto di vista. Provo a supporre che sia quello di un Lotti che a Scopeti la sera della domenica si era fermato davvero con il suo 128 rosso, come aveva raccontato la Ghiribelli e come lui sapeva che aveva raccontato. Dopo essere stata interrogata per la prima volta dagli uomini di Giuttari il 21 dicembre 1995 (vedi articolo "La testimone Gamma") e prevedibilmente non aver ancora parlato della 128 rossa, la donna si affrettò a chiamare Lotti per chiederglielo. In quel frangente uscì la nota scusa (che era un'ammissione) "ma non ci si può neanche fermare a pisciare!". Conscio che Pucci poteva essere convocato, Lotti si affrettò a cercarlo, e la scusa che aveva accampato con la Ghiribelli costituì il punto di partenza attorno a cui i due concertarono la nota storia da raccontare, in cui Lotti ancora sperava di passare da testimone fortuito. Questa la mia ricostruzione.
      Veniamo a quello che ho creduto di capire del tuo intervento. Secondo te l'alternativa sarebbe stata quella di dire: "ma no, io ai tempi avevo acquistato già la 124, diciamo che la 128 non la usavo più, così ci tiriamo fuori dai guai". Ho capito bene? E ti sembra che facendo assaggiare anche un solo giorno di carcere a Pucci questi avrebbe retto? E' chiaro che, se c'era stata davvero, quella sosta a Scopeti non poteva essere nascosta. L'unica era tentare di accodarsi alle esigenze della Procura, confermandola sosta e accusando chi si voleva che fosse accusato, come poi avrebbe fatto Pucci di lì a poco alla sua prima convocazione. Tra l'altro indizi importanti dicono che in quel primo interrogatorio le cose non andarono proprio come gli inquirenti dissero, poichè da parte loro ci furono un'attenta strategia e un'attenta gestione del testimone allo scopo di fronteggiare nel miglior modo possibile il vicino appello Pacciani. Non dimentichiamoci che dietro c'era la gran testa pensante di Vigna. In un futuro non so ancora quanto lontano pubblicherò i miei studi.

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    9. Secondo te come ci incastrano col delitto degli Scopeti le testimonianze di Giuseppe Zanetti e di Italo Buiani? Il primo, nella settimana precedente al fatto, passando giornalmente in bicicletta da corsa sulla via degli Scopeti, vide varie volte una Ford Fiesta chiara come quella del Pacciani ed una volta col guidatore accanto. Negò anche che potesse trattarsi del Pacciani stesso. Il secondo, venerdì 6 settembre '85 alle 21:30, quasi si scontrò con una Ford Fiesta chiara a 300 metri dalla piazzola del delitto. E riconobbe , con buona approssimazione, il solo Pacciani alla guida. Secondo me, se dalla montagna di informazioni estraiamo fatti singoli non ne usciamo fuori. Tu che ne pensi?

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    10. La testimonianza Zanetti dimostra soltanto che qualcuno residente in zona aveva un'auto simile a quella di Pacciani.
      La testimonianza Buiani non vale nulla. Aveva visto l'auto al buio solo per qualche attimo. Miracolosamente sette anni dopo riconobbe in una foto di Pacciani sul giornale l'individuo visto quella notte al buio per pochi istanti dentro un auto. Si tratta di uno dei soliti testimoni indotti in suggestione. Tra l'altro in aula dichiarò di essere un sensitivo e di aver avuto un presentimento riguardo il delitto, il che dimostra che si trattava di persona molto soggetta alle influenze della sfera empatica.

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    11. Il mio intento era di ragionare per assurdo postulando la presenza di Lotti e Pucci nei pressi della piazzola degli Scopeti, al fine di valutare la coerenza logica dei comportamenti del Katanga nella situazione ipotizzata.
      Dunque, hai ben compreso quale fosse il senso del mio intervento.

      Vediamo se ho capito io adesso. Secondo la tua ricostruzione, il Lotti sarebbe stato forzato a confermare la sua presenza a Scopeti, poiché preoccupato dalle rivelazioni che avrebbe potuto narrare il Pucci.
      Ma il Pucci cosa avrebbe potuto dichiarare di così sconvolgente? Forse (Ed è tutto da dimostrare) conosceva certi particolari di Vicchio...Ma allora perché il Lotti quei particolari li rivelerà di propria spontanea iniziativa agli inquirenti? Senza che sia emerso alcun riscontro probatorio ad indurlo a parlare...Tanto vale confidare sulla reticenza del Pucci, se c'è solo una speranza che non parli sfruttala no? Perché anticiparlo? ed abbandonare, progressivamente, la posizione di testimone, comunque gradita alla procura, per "elevarsi" a quella di indagato? Amenoché il Pucci conosceva del "Lotti Killer solitario" ma in tal caso avrebbe dovuto esserne complice, ti pare una situazione ipotizzabile?

      La tua teoria reggerebbe meravigliosamente, se la Procura fosse stata in possesso di un elemento probatorio schiacciante, ed a noi sconosciuto, che dimostrasse la responsabilità in solitaria del Lotti, e per evitare di attribuirsi imperdonabili errori investigativi, relativi al processo Pacciani, si fosse accordata con il Katanga. “Tu ti autoaccusi testimoniando contro Pacciani e Vanni e noi ti diamo il minimo della pena”. Ma, francamente, mi sembra una ricostruzione fantasiosa che presupporrebbe una massiccia alterazione di verbali e, perciò, un substrato logico del tutto alieno alla realtà ad oggi indagabile. Ergo, non mi interessa.
      Saluti.

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    12. Quello che avrebbe potuto raccontare Pucci non lo sappiamo. La mia ipotesi è che sapesse abbastanza da inguaiare pesantemente Lotti, inducendolo ad accordarsi con lui per una versione di comodo da presentare alla polizia. Questo spiega perchè la storia della fermata per pisciare passò da Lotti a Pucci. Questo è un dato di fatto, e dimostra che i due si erano messi d'accordo.
      Certamente che Pucci sapeva di Lotti killer solitario, anche lui si adattò allo scenario di Vanni e Pacciani responsabili principali quando raccontò delle confidenze di Lotti su di loro. Questo almeno secondo la mia ricostruzione.
      Lotti pian piano ammise qualcosa, ma con la copertura del ruolo secondario. In sostanza cercò sempre di giocare al ribasso, abbandonando la pretesa di rimanere testimone ma cedendo il meno possibile.
      Non credo affatto che la Procura si fosse accordata con Lotti, e neppure che avesse costruito un falso colpevole dal nulla.
      A questo punto però mi viene il dubbio che tu creda allo scenario dei Compagni di merende. Mi sbaglio?

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    13. Se Pucci conosceva del Lotti killer solitario...Da un punto di vista logico, la ricostruzione mi sembra valida. Pur concedendoti numerosi assiomi(non solo relativi alla vicenda di Scopeti).
      Uniche obiezioni:
      1)Pucci, in fin dei conti, avrebbe potuto parlare, in ogni caso, di interrogatori ne ha subiti numerosi.
      2)Non so fino a che punto avrebbero retto le dichiarazioni pronunciate da un oligofrenico in dibattimento, ma questo, d'altra parte, non lo poteva sapere neppure Lotti.
      3)A Scopeti Katanga avrebbe commesso una summa di errori imperdonabili, tutti concentrati in unico delitto.
      Ma mi rendo conto che si tratta di obiezioni deboli.

      Sui compagni di merende...Paradossalmente, il mio scetticismo, massimo da ignaro dei fatti, si è ridotto quando il caso ho cominciato a studiarlo.
      Affermare che creda allo scenario dei compagni di merende è esagerato, ma nonostante le innumerevoli contraddizioni e incertezze mi sembra un'ipotesi quantomeno da valutare e non abbandonare a priori.
      Compagni di merende, sia chiaro, depurati dalle influenze giuttariane di mandanti, servizi segreti, mafia, Narducci...Perché queste, permettimi la presunzione, sono puttanate!

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    14. Lo scenario dei Compagni di merende, se corredato dai mandanti, è assurdo, al massimo potrebbe andar bene come trama di un film dell'orrore di serie C. Lo stesso scenario privo dei mandanti è ridicolo; in questo caso il film potrebbe essere comico, se non ci fossero di mezzo i poveri ragazzi morti.
      Mi domando come si possa prendere sul serio una scalcagnata banda di quasi pensionati che andava "a dare una lezioncina a quelli di Vicchio"...
      I risultati processuali della vicenda sono stati un grande inganno che investigatori e giudici men che mediocri hanno perpetrato ai danni di un'intera nazione. Tantochè oggi nessun esperto del settore, nè italiano nè internazionale, si azzarda a mettervi mano in modo scientifico. Eppure la particolarità del caso lo richiederebbe.
      Qui le cose sono due: o fu costruito da zero un finto colpevole che trascinò con sè altri finti colpevoli, e in questo caso logicamente non si potrebbe pensare a una costruzione inconsapevole, oppure il colpevole era vero e, a questo punto sì in modo più o meno inconsapevole, ma di sicuro idiota, vi si costruì attorno il ridicolo scenario. I miei studi mi hanno convinto, senza alcun timore di smentita, che le cose stanno in questo secondo modo. Purtroppo non so se il tempo che ancora mi resta (mi tengo in ottima forma fisica ma gli anni passano lo stesso) mi consentirà di dimostrarlo. Mi chiedo infatti quando si potrà tornare a parlare pubblicamente in modo critico di questa vicenda, forse soltanto quando tutti quelli che se ne dovrebbero vergognare non ci saranno più...

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    15. Per concludere, non ho mai affermato di credere, ciecamente in uno scenario preciso.
      Determinati frammenti della macabra vicenda mi sembrano compatibili con l'ipotesi dei merendai, altri con quella del Pacciani o Lotti killer solitari ed altri ancora a quella del mostro sconosciuto mai toccato dalle indagini (troppo comoda, me ne rendo conto). Non riesco, per quanto mi possa definire un esperto del caso, a formulare una teoria che mi convinca pienamente.

      Citandoti: "Mi domando come si possa prendere sul serio una scalcagnata banda di quasi pensionati che andava a dare una lezioncina a quelli di Vicchio". A queste frasi, personalissime e perdonami, un po' qualunquiste ti consiglierei di non adagiarti troppo...Il comportamento umano non è schematizzabile in griglie fisse, e questo vale sia per Lotti che per tutti gli altri, a buon intenditor...

      Invidio la convinzione che dimostri e spero che tu stesso, o qualcun altro, riuscirà a fare luce su un caso che, ormai, sembra essere destinato all'oblio.

      Auguri!

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    16. Esiste una possibilità che Pucci non fosse oligofrenico grave pur ricevendo la pensione?
      Questo mi pare emerga dalla deposizione di Lagazzi e Fornero.
      Intanto i periti sostengono che l'oligofrenia grave non avrebbe consentito al Pucci di esprimersi in termini comprensibili per il prossimo. Aggiungono che lascia tracce, poiché si manifesta dalla nascita per motivi neurologici, negli esami come l'elettroencefalogramma. Accertano poi che i medici che certificarono la patologia parlarono esclusivamente con la sorella del Pucci.
      Ovviamente questo è un aspetto che attiene alla verità storica e non intendo assolutamente sostenere che possa invalidare (o confermare) l'ipotesi di Lotti S.K. solitario. Però è interessante, a mio parere, questo aspetto "laterale" della vicenda.

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    17. Più che una possibilità mi pare una certezza. Una vera oligofrenia grave non gli avrebbe neppure consentito di deporre. Era un po' bambino, a me sembra questa la definizione più corretta della sua personalità.

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    18. In effetti ci sono precisi riscontri alla tua lettura su Pucci: aveva orari da rispettare per il rientro (mi pare ne parlò la Ghiribelli) ma usciva da solo e con gli amici come un oligofrenico grave non avrebbe mai potuto. Ti ringrazio per il chiarimento.

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  9. Nel loro libro, Cochi e Cappelletti offrono una ricostruzione dei fatti sostanzialmente identica alla tua, ma la conclusione è diametralmente opposta: Lotti quella sera non poteva essere a bordo della 128 rossa. Stessi dati, interpretazioni differenti.
    Ringrazio te e il Barone per il vostro scambio di vedute, che ho trovato molto civile e stimolante. Sottoscrivo questa frase: «Il comportamento umano non è schematizzabile in griglie fisse», sulla quale invito tutti a una riflessione. Con il Barone condivido anche la difficoltà a formulare una teoria che mi convinca pienamente. Dopo aver letto i tuoi articoli, una cena su Lotti la scommetterei, ma sapendo di rischiare.

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    1. Cochi e Cappelletti sono molto scettici sul coinvolgimento di Lotti nella vicenda, il che li rende propensi a escludere la possibilità che l'individuo avesse potuto usare l'auto vecchia senza assicurazione piuttosto che la nuova assicurata. Però, come già Mazzeo e Filastò ai tempi, non sono riusciti a portare una prova decisiva che conforti il loro punto di vista. A mio parere mai come in questo caso è necessario ricordarsi della frase riportata dal Barone.
      La stessa frase può certo applicarsi anche allo scenario dei Compagni di merende, al quale però assegnerei una plausibilità davvero bassa. Se accetto che in linea teorica un sodalizio di persone di quel genere avrebbe anche potuto trovare godimento nel compiere misfatti di quel tipo, in pratica lo ritengo impossibile.

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    2. Hai detto bene: manca la prova decisiva. Mettendo da parte per un attimo la mia atavica propensione al dubbio, credo proprio che i due individui avvistati quel pomeriggio agli Scopeti fossero Lotti e Pucci. Quattro testimonianze non sono poche, soprattutto se compatibili con le fisionomie dei due personaggi e con le caratteristiche di un’automobile che, fino a prova contraria, Lotti avrebbe ancora potuto utilizzare.
      Quello che non mi è chiaro è se la Ghiribelli, nel 1985, abbia ricollegato o meno a Lotti l’auto rossa parcheggiata sotto la piazzola, e se questo possa in qualche modo aver avuto a che fare con la decisione di non recarsi in questura. È naturale che una testimonianza rilasciata a dieci anni di distanza dai fatti possa alimentare dei sospetti, per quanto probabilmente ingiustificati.

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    3. Nell'articolo "La teste Gamma" ho già affrontato il problema della testimonianza Ghiribelli. Tra i vari fatti che confermano la presenza dell'auto di Lotti sotto la piazzola ce n'è uno fondamentale: la sera stessa del suo primo interrogatorio del 21 dicembre'95 la Ghiribelli chiamò Lotti e lo invitò a Firenze per avere chiarimenti. Un paio di giorni dopo lui andò, e si giustificò dicendo: "Non ci si può neanche fermare a pisciare". Questa frase emerse soltanto a febbraio per bocca della Ghiribelli, quando un mese prima già Pucci aveva utilizzato la medesima scusa. E' evidente che dopo l'incontro a Firenze con la Ghiribelli Lotti si era affrettato a cercare Pucci mettendosi d'accordo per una versione comune da riferire agli inquirenti quando sarebbero stati convocati.

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    4. Anzi, meglio, la frase emerse in una intercettazione telefonica Lotti-Ghiribelli di fine gennaio, dopo la quale, al successivo interrogatorio, la Ghiribelli la ammise collocandola cronologicamente. Questo mi pare che porti alla logica conclusione che il fatto è veritiero, quindi anche a chiedersi il perchè di fronte all'amica prostituta Lotti ammise la fermata.
      Ora, quale valore può avere la considerazione che non avrebbe avuto senso per Lotti usare la macchina vecchia al posto della nuova? "Cosa fatta capo ha", dicono a Napoli, Lotti la usò e parcheggiò sotto la piazzola, sia al pomeriggio che alla sera. Sull "a far che" si può poi discutere.

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    5. Vorrei ricordare che la Ghiribelli era quella che, per sua stessa ammissione, si "stonava" di Sambuca.
      Non tutti i testimoni hanno la stessa valenza. IMHO.

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    6. Sambuca o meno, tutto lascia pensare che i due si siano incontrati per davvero. L’intercettazione di cui parla Antonio è del 25 gennaio, e fa chiaramente riferimento a un episodio precedente («Non ci si può fermare neanche a pisciare, lo hai detto tu»). Il senso di quell’incontro – che a detta della Ghiribelli sarebbe avvenuto il 23 dicembre, quindi a cavallo tra i primi due interrogatori – era chiedere conferme a Lotti circa la sua presenza agli Scopeti il giorno del delitto. Questo potrebbe significare che nel 1985 la Ghiribelli non aveva capito chi fosse il proprietario dell’automobile rossa? O invece lo aveva capito, quantomeno supposto, ma preferì tacere? Questo passaggio non mi è chiaro.
      Attendo lumi da chi ne sa più di me. Nel frattempo, vado a leggermi La teste Gamma.

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  10. Qualche tempo fa lessi un articolo sulla Nazione online, datato 18 ottobre 2016, nel quale si parlava di un tal Luca Giaggiolo, che sarebbe in procinto di pubblicare un libro incentrato proprio sulla figura di Giancarlo Lotti. Ne sapete nulla? Qualcun altro sta indagando sul Katanga?

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    1. Ho letto anch'io delle molestie alle coppiette in Versilia, ma non so altro.

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    2. Ciao Antonio, sto leggendo il tuo blog e trovo molte cose davvero interessanti e ricostruzioni realistiche. Colgo quindi l'occasione per chiederti se il libro/libri da te scritti siano disponibili per l'acquisto, eventualmente anche in formato elettronico. Prediligo la carta comunque.

      p.s. io sono stato oggetto ormai 10 anni fa delle "molestie in Versilia", o meglio diciamo che sono convinto di esserci andato molto vicino..mi piacerebbe sapere a cosa ti riferisci tu, e in caso se ti interessa sapere cosa accadde quella sera.

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    3. Sir John si riferiva a questo

      http://www.lanazione.it/viareggio/cronaca/mostro-firenze-lotti-giancarlo-1.2604058

      ma credo proprio che nulla abbia a che fare con la vicenda del Mostro. In ogni caso si parla di oltre vent'anni fa.
      Una volta avevo pubblicato un ebook autoprodotto, ma era una prova "giovanile", se così si può dire data la mia età, e da tempo non lo distribuisco più.

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  11. La ricostruzione fornita nei tre articoli è molto interessante ed a me pare obiettivamente difficile negare che Lotti si trovasse sul luogo del delitto domenica 8 settembre. Resta da capire cosa ci facesse domenica sera agli Scopeti dato che l'omicidio era stato commesso il venerdì (o, al più tardi, il sabato). Una possibilità potrebbe essere quanto ipotizzato da Scrivo (che non sostiene la colpevolezza di Lotti, nel suo libro si riferisce ad un generico SK): il Mostro sarebbe tornato più tardi sulla piazzola degli Scopeti per manipolare i cadaveri ed impedirne, o comunque renderne estremamente improbabile, il ritrovamento. Tutto ciò in linea con la beffa che aveva in mente, vale a dire quella di spedire il frammento di seno alla Procura.

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    1. Tutto quanto sto per scrivere parte dal presupposto che fosse Lotti il famigerato serial killer delle coppiette, e che le sue motivazioni all'uccidere non fossero da ricercarsi in una scellerata deviazione sessuale, ma in un'altrettanto scellerata volontà di rivalsa contro un mondo che lo aveva messo ai margini.
      Nell'inquadrare il comportamento di Lotti durante quella domenica non si può prescindere dalla presenza di Pucci. La chiave della comprensione di quegli eventi sta, a mio parere, nel loro rapporto. Il tapino Lotti aveva ricevuto dalla sua identità nascosta di serial killer ampie soddisfazioni mediatiche, ma soffriva per non poterla rivelare a tutti coloro che quotidianamente lo guardavano con sufficienza e magari disprezzo. Avrebbe voluto vantarsi, ma non poteva. Si accontentò quindi di qualche ammiccamento a Pucci, divertendosi a lasciarlo dubbioso sulla verità. A Scopeti voleva dimostrargli di saperla lunga, assaporando la sua reazione alla scoperta dei cadaveri al pomeriggio. Che non ci fu, e che lo indusse a tornare alla sera con lo stesso Pucci per fargli vedere direttamente i cadaveri. Va tenuto presente che i due non si sarebbero più visti fino alla domenica successiva (causa le limitazioni delle uscite di Pucci), il che avrebbe tolto a Lotti la soddisfazione di gongolare per lo sconcerto del compagno di scorribande.

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    2. Grazie Antonio, questa ipotesi spiega la presenza di Pucci notata dai coniugi Chiarappa nel pomeriggio, ma stride con la testimonianza della Carmignani, la quale riconobbe una sola persona alla guida della macchina rossa circa un'ora dopo (presumimilmente Lotti). Quindi Lotti sarebbe ritornato da solo agli Scopeti dopo aver riaccompagnato Pucci a San Casciano. La mia idea è, come anticipato nel post precedente, che Lotti, una volta resosi conto che l'omicidio non era ancora stato scoperto, sia tornato da solo per manipolare i cadaveri ed organizzare la beffa alla Procura. Resta da verificare se in un'ora fosse possibile andare dagli Scopeti a San Casciano, tornare agli Scopeti e (tentare di) manipolare i cadaveri. Dalla testimonianza di SC, mi pare che lei abbia visto Lotti quando ormai era in procinto di ritornare a San Casciano, aveva quindi appena terminato di fare quello che aveva in mente e probabilmente aveva il frammento di seno con sè!

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    3. La Carmignani vide l'auto che stava arrivando. Se era Lotti aveva appena accompagnato Pucci.
      Al lunedì mattina la lettera fu vista dall'addetto, dopo lo svuotamento del sacco in cui era finita la corrispondenza della cassetta postale, in cima al mucchio, il che voleva dire che era stata una delle prime ad essere imbucata.
      In ogni caso può anche essere quello che pensi tu.

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  12. Grazie per la precisazione, ricordavo male e nella fretta di rispondere ho dimenticato di controllare la testimonianza. Tra l'altro SC afferma pure che lei ed il fidanzato notarono una protuberanza all'interno della tenda, come se qualcuno stesse dormendo. Si trattava credo del corpo della povera Mauriot, che era stata già uccisa e posizionata dal Mostro nella tenda in posizione fetale. Quindi dobbiamo escludere la possibilità che il MdF fosse tornato per manipolare il corpo della vittima femminile; sarebbe potuto tuttavia tornare per tentare di cambiare la posizione di JMK, magari cercando di posizionare anche lui all'interno della tenda, ma dovette desistere a causa del rigor mortis. Mi rendo conto che questa ipotesi è impossibile da verificare in base ai dati a disposizione.

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