Con questo post inauguriamo l’etichetta nuova
"Pacciani", il cui scopo sarà quello di discutere del personaggio
prima dell'avvento dei "Compagni di merende", quando veniva visto
come serial killer solitario, al massimo favorito dalla connivenza di qualche amichetto. Il lettore ricorderà che in quella veste era stato
condannato in primo grado e assolto in secondo. Nel guazzabuglio di sedicenti
prove e indizi che avrebbero dovuto dimostrare la sua colpevolezza, l'accusa e
i giudici avevano dato grande importanza a una sua presunta attività
di guardone, nell'intento di aumentarne la compatibilità con l’assassino delle
coppiette. Ma si era trattato di un'operazione grossolana, nella quale si cercava
di attribuire al soggetto una generica tendenza a qualsiasi perversione, tra cui incesto con le figlie e violenze sulla Sperduto (queste però soltanto presunte), dimenticando
che le perversioni lasciate intravedere dal comportamento del Mostro erano
tutt'altra cosa. Aveva scritto dieci anni prima l'equipe De Fazio:
Vi sono alcuni aspetti delle modalità dell'esecuzione dei delitti che contraddicono l'ipotesi che l'omicida sia essenzialmente un voyeur nel senso usualmente inteso nell'ambito della nosografia delle perversioni, vale dire in termini di struttura psicologica legata alle modalità ed abitudini per il conseguimento dell'eccitazione e della gratificazione sessuale.
Già di per sé il compimento di un duplice atto
omicidiario, vale a dire l'estrinsecazione di un atto in cui
vengono convogliate ed agite elevate cariche sadistico-aggressive, mal si
concilia con la struttura psicologica del voyeur, che è connotata
essenzialmente da passività, ed assimilabile perciò in un certo senso alla
personalità masochistica, e che nella ricerca di
gratificazione sessuale si colloca in una posizione passiva in cui le
cariche aggressive (e, se si vuole, sadistiche), sono investite e
convertite nell'azione del guardare senza essere visti, nella quale
generalmente si appagano e si esauriscono. Inoltre, va considerato che, nei
casi in esame, di fatto (casualmente o per scelta dell'autore dei
delitti) l'atto sessuale viene generalmente impedito e ciò contrasta
con quanto ci si aspetterebbe da un voyeur, vale a dire da una
persona che trae la massima eccitazione e la più intensa
gratificazione sessuale dall'atto di spiare un rapporto sessuale; in quanto un
individuo siffatto indulgerebbe all'attesa del compimento
dell'atto sessuale, o del suo pervenire ad una fase avanzata allo scopo di
aumentare l'eccitazione sessuale.,
Se ne deve quindi concludere che
difficilmente, quantomeno all'epoca dei delitti commessi dall'81 in poi l'omicida
ha manifestato abitudini di voyeur.
Da par suo Pacciani respinse sdegnato l’accusa, pronunciando sempre giudizi molto negativi nei confronti di chi aveva quelle abitudini, con una fermezza che avrebbe anche potuto apparire convincente se la sua perenne tendenza a negare sempre tutto non l’avesse già da tempo squalificata. In ogni modo i testimoni portati in aula dall’accusa non parvero troppo affidabili. Se davvero Pacciani si fosse dedicato all'attività di guardone, c'è da scommettere che sarebbero stati trovati testimoni ad abundantiam pronti a dichiarare di averlo notato in atteggiamento sospetto, e non una volta sola. Tutti i guardoni fanno presto a diventare noti per il loro vizietto. Invece per Pacciani furono rintracciate persone che forse l'avevano sorpreso, in un'occasione soltanto, molti anni prima, tantoché alla fin fine che davvero avesse fatto il guardone non apparve per niente dimostrato.
Sull’argomento
furono sentite le figlie, che per metter loro le mani addosso il padre portava
anche nei boschi. Il PM cercò in ogni modo di scoprire se nell’occasione
l'individuo guardava anche delle coppiette, riuscendo a far dire a Rosanna (vedi): “Guardava
qualche volta, si, quando c’era questi ragazzini che si baciavano, insomma…”. Un po’ poco per qualificarlo come guardone.
Anche a
Giuliano Pucci, un muratore che aveva lavorato in casa Pacciani, Canessa cercò
di tirar fuori qualcosa, ma l’uomo, guardone dichiarato, accennò soltanto a racconti
di donne spiate mentre facevano il bagno nude in un laghetto, il che non era
proprio un comportamento da guardone (vedi).
Maria
Antonietta Sperduto, dichiaratasi amante saltuaria dell’uomo per anni (ma non
solo di lui, a quanto sembra esercitava una forma casereccia di prostituzione),
raccontò di essere stata spiata nella piazzola degli Scopeti mentre era in
compagnia di altri uomini (vedi). Ma i monosillabi che il PM le tirò fuori a forza
rammentandole precedenti dichiarazioni rilasciate alla polizia non furono per
niente convincenti, tanto da far scrivere alla testimone oculare Liliana Elisei, nel suo interessante libro “Signori, la Corte”: “Più pilotata di
così questa teste si muore”.
Un po' più convincente poteva sembrare la deposizione di Romano Pierini (vedi), che una sera del '78-'79,
mentre era appartato in auto sulla piazzola di Scopeti con la fidanzata, divenuta poi moglie, sarebbe stato spiato da Pacciani. La difesa contestò la certezza del riconoscimento, in
una scena durata pochi istanti e con la torcia del guardone puntata
in faccia. In effetti pare difficile che nel buio chi si trova abbagliato
riesca a riconoscere chi lo sta abbagliando. La moglie non aveva avuto modo di
vedere bene, però avallò la testimonianza di Pierini, poiché lo avrebbe sentito
affermare già la sera stessa che l’uomo era Pacciani (vedi). Ma, a giudicare dalle loro deposizioni un po' esitanti, non si può eliminare il sospetto che i due testimoni fossero da porre tra coloro che si erano lasciati andare a una chiacchiera
di troppo, nel momento in cui la figura di Pacciani era divenuta famosa. Giunta la voce alle forze dell'ordine, erano stati convocati, e non avevano avuto il coraggio di
negare: non per niente la signora affermò di essere stata interrogata da ben quattro
o cinque persone, si può immaginare in quale difficile condizione
psicologica.
Un’altra
teste, Paola Lapini (vedi), raccontò di aver visto gli occhi dell’imputato dietro il
lunotto posteriore dell’auto dove si trovava in intimità con un ragazzo non rintracciato, su una piazzola vicina a quella di Scopeti. La donna conosceva Pacciani, ma il riconoscimento, effettuato
soltanto attraverso gli occhi, fu ritenuto non del tutto rassicurante dal
giudice Ferri, considerati per di più il buio e la brevissima durata della
scena. Anche in questo caso pare ragionevole ritenere che la donna fosse stata
segnalata alle forze dell’ordine da qualcuno cui doveva aver riferito delle
confidenze forse con troppo azzardo.
Bisogna infine raccontare di
Benito Acomanni, “il
più grande venditore di automobili di Firenze", come lui
stesso si definì (vedi). A suo dire, l'uomo era stato protagonista di uno strano episodio,
avvenuto prima del febbraio 1981, mentre era appartato di giorno con una
ragazza sul suo furgoncino. Un individuo dal fare di guardone, guanti neri, un
cappellino con visiera e un paio d’occhiali privi di lenti (“assenza di riflessi
sulla superficie vetrosa”, così l’estroso
teste spiegò come l’aveva capito) era comparso tra i cespugli, inducendo la coppia ad allontanarsi di vari chilometri. Ma, inforcato un motorino rosso, il presunto guardone li
aveva seguiti, e una volta fermi li aveva affrontati con fare minaccioso muovendosi verso di loro “con il ventre proteso
verso il terreno”. Per niente impaurito,
Acomanni aveva reagito lanciandogli dei sassi, fino a farlo scappare.
Lo
strano comportamento dello strano individuo rendeva l’episodio già poco
credibile, ma il racconto proseguì con inverosimiglianza ancora maggiore. Nel
1982, infatti, Acomanni si era trovato per caso a tu per tu con Pacciani, che
non conosceva, in casa di comuni amici. L’incontro doveva essere stato
piuttosto lungo e ravvicinato, se è vero che il contadino lo aveva portato a visitare
la propria casa in Piazza del Popolo. Era trascorso appena un anno
dall’incontro con lo strano guardone, e Acomanni, soprannominato dai compagni
di scuola “Pico della Mirandola” per la sua memoria prodigiosa, non aveva fatto
alcun collegamento. Ma dieci anni dopo aveva visto Pacciani in un servizio televisivo,
in testa un cappellino con visiera molto simile a quello dell’antico
disturbatore, ed era stato proprio quel particolare ad accendergli in testa una
lampadina: i due erano la medesima persona!
Scrisse
il giudice di secondo grado:
Totalmente inattendibile, invece, è apparsa a
questa Corte la deposizione di Acomanni Benito, emblematica dei possibili
effetti nocivi che all'imputato possono derivare dalle suggestioni dei mezzi di
informazione. […]
Siffatta deposizione si commenta da sola. Il
racconto dell'episodio del guardone presenta aspetti di totale
inverosimiglianza, quali il persistere di quell'individuo nel voler spiare
proprio quella coppia fino ad inseguirla (laddove è noto che l'atteggiamento
del guardone è essenzialmente passivo, e privilegia la situazione di luogo e
non la coppia, e che il c.d. "mostro" a sua volta non si interessa
alla specifica coppia, ma alla situazione di luogo ed il procedere
dell'individuo ventre a terra, come nei più smaccati stereotipi dei film gialli).
Ma ciò che va più rimarcato è la totale inattendibilità di un riconoscimento
asseritamente operato dal teste non già a distanza di circa un anno
dall'episodio, quando aveva rivisto l'individuo e si era intrattenuto a lungo
con lui, ma a distanza di circa undici anni, quando televisione e giornali
avevano ormai messo in moto il meccanismo dello "sbatti il mostro in prima
pagina" ed il Pacciani era divenuto il possibile oggetto di tutte le
suggestioni popolari.
In ogni
modo la prova ritenuta più schiacciante su Pacciani guardone fu l’assegno
pubblicitario che gli era stato trovato nel portafoglio con sopra scritto, di
suo pugno, "coppia FI F73759"; persino il sempre
scettico giudice di secondo grado si sentì in dovere di ammettere in sentenza
che “l'attività
di guardone del Pacciani sembra essere comunque provata, documentalmente,
dall'appunto”. Perché infatti segnarsi il numero di targa dell’auto
di una coppia? Ma riflettendo un po’ sorgono consistenti dubbi su questa
interpretazione, tanto da portare a escludere che il contesto nel quale il
contadino aveva preso l’appunto fosse quello di una perlustrazione per boschi
alla ricerca di coppiette da spiare.
Fu appurato che quel numero di targa corrispondeva a una Fiat 131 appartenuta, negli anni
dal 1985 al 1988, a Claudio Pitocchi, un ragazzo al quale capitava sovente di
appartarvisi in dolce compagnia nei boschi attorno a Mercatale e San Casciano.
Da quanto fu detto in aula il 30 maggio 1994 (vedi) sembra di capire che l’auto, acquistata usata, avesse
avuto in origine una targa differente, di altra provincia (Forlì). Risultava
assicurata a nome Pitocchi a partire dal 21 novembre 1985, ma il cambio di
targa era stato effettuato soltanto il 17 giugno 1987. Il 30 luglio successivo
Pacciani entrava in carcere per la questione delle figlie, quindi poteva aver
preso l’appunto soltanto nel mese e mezzo scarso tra le due date. In quel
periodo Pitocchi aveva una ragazza fissa, Scilla Lapini, la quale confermò in
aula un rapporto di due anni a partire dal 1987, senza poter precisare il mese
d’inizio che non ricordava (vedi).
A varie
riprese, Pacciani aveva dato giustificazioni contraddittorie e anche
inverosimili per quel suo appunto, come quella di voler risalire agli occupanti
per avvertirli del pericolo Mostro. Tra tutte una però poteva sembrare plausibile, visto
anche il carattere del personaggio: Pacciani affermò di essere stato infastidito
dalle coppie che spesso sostavano in auto davanti casa sua, a suo dire per lo
spettacolo amorale cui le figlie dovevano assistere, in realtà probabilmente preoccupato che ne
potessero ricevere stimoli per sfuggire alle sue grinfie. Ecco come raccontò lui stesso l’episodio durante il quale avrebbe annotato
il numero di targa (dichiarazioni in aula del 18 ottobre 1994 riportate dalla sentenza di primo grado):
E allora io presi un catino d'acqua, dalla rabbia
gliene tirai sopra il tetto di questa macchina. Questo che gli era dentro, un
tangano, un ragazzaccio, venne fora, me ne disse di tutti i colori. Allora io
gli dissi le mie ragioni e poi gli presi il numero di targa. Ora, dico, con
questo numero di targa, se ci ritorna, lo fo cercare, perché con la targa e si
fa presto a vedere chi è e chi non è e compagnia bella. Ecco e allora presi un
biglietto, un foglio di un giornale, un mi ricordo, lì, che gli era sulla
tavola e scrissi: coppia, matricola tot di questa macchina; e gli presi il
numero di macchina.
Cinque mesi prima, in dibattimento, né Claudio Pitocchi né Scilla Lapini avevano accennato al fatto. C'è da dire però che le loro deposizioni erano apparse molto imbarazzate: non vedevano l’ora di alzarsi e andarsene. Anche la difesa non ne aveva parlato, ma può darsi benissimo che Pacciani avesse rammentato l’episodio in un secondo tempo, eventualità plausibile per l'età e per i sette anni trascorsi. In ogni caso, ragionando su alcuni elementi, si potrebbe anche ritenere veritiero il suo racconto.
Cinque mesi prima, in dibattimento, né Claudio Pitocchi né Scilla Lapini avevano accennato al fatto. C'è da dire però che le loro deposizioni erano apparse molto imbarazzate: non vedevano l’ora di alzarsi e andarsene. Anche la difesa non ne aveva parlato, ma può darsi benissimo che Pacciani avesse rammentato l’episodio in un secondo tempo, eventualità plausibile per l'età e per i sette anni trascorsi. In ogni caso, ragionando su alcuni elementi, si potrebbe anche ritenere veritiero il suo racconto.
Innanzitutto non si comprende quale sarebbe stato lo scopo, per un Pacciani guardone,
di segnarsi quel numero di targa. Si potrebbe ritenere per ricordarsi una macchina "buona". Dovremmo quindi pensare che
l'individuo, foglietto alla mano, una volta adocchiata una Fiat 131 tra i cespugli si
sarebbe avvicinato per verificare la targa ancor prima di
gettare un'occhiata all'interno: un'operazione che non ha molto senso già di per sé, e lo ha ancora meno per un numero solo. Semmai si potrebbe immaginare che dietro vi fosse l'opera di un guardone ben organizzato, il quale, una volta rientrato a casa, avrebbe inserito quel numero in un elenco di "auto buone", corredandolo di altre indispensabili informazioni, come luogo,
data e orario dell'avvistamento, modello e colore dell'auto, caratteristiche dei soggetti e così
via. Il
numero di targa sarebbe stato un di più, però ci poteva anche stare per un soggetto "precisino". Ma niente
di tutto questo fu mai trovato tra le cose di Pacciani. E poi, perché
scrivere accanto al numero la parola "coppia"? In questo scenario sarebbe stata una precisazione inutile.
Un altro elemento che stona è il supporto cartaceo: per un
appunto preso durante una perlustrazione nei boschi torna poco che si fosse
trattato di un foglietto pubblicitario. Pacciani si sarebbe dunque portato
dietro una matita ma non un block notes, però avrebbe avuto con sé quel
foglietto, chissà per quale motivo. La sua asserzione di averlo trovato sul
tavolo di casa appare ben più plausibile: sarà stato uno dei tanti che ancor
oggi riempiono le cassette delle lettere. Poi, perché conservarlo per più di quattro anni? Il foglietto gli fu sequestrato all’uscita
dal carcere, il 3 dicembre 1991, da una delle tasche del portafoglio, e quindi
pare logico considerarlo un appunto messo lì un giorno e poi dimenticato.
L’ipotesi che Pacciani, dopo una litigata, si fosse
segnato quel numero di targa per eventuali azioni future, riponendo il
foglietto nel portafoglio per non perderlo e magari chiedere informazioni a un amico carabiniere che pure aveva, nella sostanza appare plausibile, viste le
caratteristiche del personaggio. Ma l’elemento più favorevole alla sua
versione è il fatto che Scilla Lapini abitasse proprio vicino casa sua, e che
in dibattimento la donna avesse ammesso che sì, lei e Pitocchi si fermavano un
po’ in auto quando lui la riaccompagnava. Quindi l’episodio della baruffa ci
poteva anche stare.
In ogni caso, se si volesse percorrere comunque la strada
dell'appunto preso durante un appostamento nei boschi, si dovrebbe accettare
una singolare coincidenza, cui nessuno fino a oggi pare aver fatto caso,
neppure l’attentissimo giudice di secondo grado: tra tutte le auto di cui
l’imputato avrebbe potuto annotarsi il numero di targa, gli sarebbe capitata
proprio quella di un ragazzo che amoreggiava con la fidanzata sotto casa sua.
Lei ha perfettamente ragione sul fatto che il numero di targa annotato da Pacciani non fosse riconducibile alla sua attività (pur probabile per alcune testimonianze) di guardone. Ma paradossalmente è proprio la spiegazione data da Pacciani a gettare una luce inquietante sul suo rapporto con le "coppie". Quello che disse nell'interrogatorio del 6 luglio 1990, ad esempio: "Io non sono stato mai a guardare coppiette che facevano all'amore perché sono cose che mi fanno schifo ed urlavo quando vedevo delle coppiette che facevano all'amore nei giardini di Mercatale proprio davanti a casa mia..... non potevo sopportare che in un luogo pubblico dove tutti passano le coppie si facessero delle effusioni, per di più davanti alla porta di casa mia". In questa ottica si possono interpretare l'articolo "Le inquietudini dei fidanzati" trovato nell'auto di Pacciani dopo più di vent'anni dalla pubblicazione (che risaliva al 1968) e l'episodio del numero di targa: a tal punto era irritato dal vedere due giovani che si scambiavano effusioni davanti alla sua casa da annotare perfino la targa. Siamo evidentemente nel campo delle suggestioni, ma mi sembrano dei particolari trascurati perfino dall'accusa, che insistette su alcune scemenze, come il quadro o le residenze della Bugli, per non parlare poi della deposizione ridicola della Sperduto, cui si cercò di tirar fuori di tutto, perfino una forzatissima fissazione di Pacciani per il seno sinistro della donna. Credo che inquadrare le due personalità più inquietanti nella vicenda del mostro, Lotti e Pacciani, e a partire proprio dalle loro dichiarazioni, potrebbe essere utile per sbrogliare questa incredibile matassa.
RispondiEliminaMi sembra di capire che la sua ipotesi sia orientata verso il coinvolgimento di entrambi i personaggi. La mia è differente. Credo che Pacciani sia stato soltanto il tramite attraverso il quale il vero Mostro, che era Lotti, è entrato nelle indagini. I critici meno superficiali della mia ipotesi vedono nella singolare coincidenza di un Mostro vero che frequentava un Mostro falso un ostacolo pressochè insormontabile alla plausibilità dell'ipotesi stessa. Ma sbagliano, poiché ogni tanto le coincidenze ci sono davvero, e in una vicenda tanto complessa e articolata non possiamo escludere che qualcuna ci sia stata.
EliminaIn questo caso, peraltro, la coincidenza non sta tanto nel fatto che Lotti e Pacciani si conoscessero, quanto in quello che Pacciani andò, verso la fine degli anni '70, ad abitare abbastanza vicino a Lotti. Il resto venne da sè, poichè i due erano entrambi assassini, e non mi pare fuori luogo vedere un Lotti curioso che, approfittando del postino Vanni che conosceva tutti, volle conoscere un assassino come era lui.
La sua teoria è sostenuta con robusto ingegno, e sbaglia chi la rifiuta a priori. Mi pare di capire che si basi su un'analisi approfondita delle scene dei delitti (che la orienta verso il mostro unico) e delle dichiarazioni di Lotti, palesemente contraddittorie proprio quando il presunto pentito doveva assegnare un ruolo ai componenti della fantomatica banda.
EliminaA mio avviso, chiunque fosse, il mostro aveva senz'altro tre caratteristiche: conoscenza a menadito dei luoghi (boschi, campagne, stradine sterrate) frequentati dalle coppie in cerca di intimità; confidenza con le armi, sia da sparo che da taglio; fissazione maniacale per le coppiette. Nessuno possedeva questi requisiti più di Pacciani. C'è poi una singolare coincidenza: la prima segnalazione anonima su Pacciani fu inviata dopo il delitto dei francesi, e proprio nei pressi degli Scopeti molti testimoni (non tutti attendibili, ma neanche tutti bugiardi) sostennero in dibattimento di aver riconosciuto Pacciani. Questo mi fa pensare che in quei giorni i comportamenti strani di Pacciani abbiano insospettito alcune persone, di cui l'anonimo si fece portavoce.
Lotti merita un discorso a parte. Anche io lo ritengo molto scaltro: non diceva mai più del necessario e sapeva schivare le domande più "pericolose" di Canessa e Filastò. Ma alcuni fatti non mi tornano: soprattutto dopo la morte di Pacciani, avrebbe potuto accusarlo anche dei tre delitti precedenti, assegnandosi un ruolo marginale o riferendo "de relato" alcuni particolari sulle dinamiche degli omicidi. E avrebbe potuto raccontare qualcosa anche sulla pistola, attribuendo a Pacciani la paternità dell'impossessamento dell'arma. In questo modo avrebbe reso molto più solido il suo status di pentito, venendo totalmente incontro agli inquirenti, che avrebbero praticamente risolto il caso. Nell'ipotesi che fosse stato lui l'autore di tutti i delitti (escluso Signa, ovviamente), non correva certo il rischio che venisse fuori il vero assassino. Chi avrebbe potuto confutare le sue confessioni?
In che modo il mostro avrebbe dimostrato confidenza con le armi? Ha dato prova di possedere una determinazione implacabile, ma non mi pare che le sue azioni denotino particolare precisione o abilità con armi da taglio e da fuoco.
EliminaSicuramente non era necessaria una grande organizzazione logistica per uccidere delle persone inermi, appartate in luoghi isolati e nell'oscurità della notte; e neppure ci voleva molto a sfuggire alle forze dell'ordine. Ma io non vedo dilettantismo nelle azioni del mostro: ha mai lasciato a metà qualche impresa? Certamente avrà desistito molte volte quando le condizioni favorevoli non si erano verificate: quando la luce dell'abitacolo non era accesa, per esempio, come sostiene giustamente Segnini. Con confidenza intendo anche l'abilità nel disfarsi delle armi, dato che non sono stati trovati né i coltelli né soprattutto la famigerata beretta. Sempre che non si voglia credere che il mostro non sia mai stato scalfito dalle indagini, come purtroppo molti appassionati del caso continuano ostinatamente a fare.
Eliminapacciani era un maniaco sessuale: SI, violento ripetutamente x anni le figlie e la moglie anche con oggetti, obbligandole alle posizioni che lui vedeva su riviste pornografiche. Oltre a moglie e figlie violentó sicuramente una sua amante.
Eliminapacciani era in grado di uccidere? Si, ed è l'ha dimostrato nel 1951, in seguito all'omicidio fece l'amore a fianco del cadavere.
pacciani era abile con armi da taglio e da fuoco? : Si "perché di notte era solito uscire x andare a caccia, qualcuno lo definì abile tiratore di fagiani, inoltre come contadino e tuttofare aveva una grande manualità con i coltelli.
Pacciani era guardone: Si, è stato riconosciuto da diversi teste come spione di coppiette ed anche dalle stesse figlie... oltretutto possedeva molte immagini pornografico in cui evidenziava le parti intime e il seno sinistro.
pacciani conosceva molto bene i posti dove avvennero i delitti? SI, pacciani era soliti aggirarsi di notte tra i boschi e le campagne x andare a caccia perciò sapeva muoversi bene nell'oscurità.
Ammesso e non concesso che quello che lei scrive sia vero, e a mio modesto parere non tutto lo é, basterebbe questo per farlo diventare il Mostro? Se vuole intervenire ancora metta almeno una sigla nel testo, per farsi riconoscere.
Elimina@unknown.
Eliminasi ma mettetevi d'accordo un pò tutti quanti, eh!
Pacciani mostro 'ipersessuato': come è che lo fate a far combaciare con il mostro "iposessuato", che dovrebbe escludere la pista sarda ad esempio?
E come si fa a far combaciare la 'assai presunta'(=inventata dal nulla e dal nulla comprovata) "iposessuatezza" con il non far sesso con... con dei cadaveri [che chiamasi NECROFLIIA, ed è tutt'altra devianza] visto che il mdf la prima cosa che fa è scaricare un caricatore di colpi addosso alle vittime, uccidendole, e poi dandogli ancora qualche coltellatina per sicurezza?
Ma poi, ma i super-investigatori & super-PM, non ci han detto, che il PP sparava (e Vanni tagliava e Lotti faceva il palo mentre il Dottore aspettava di scavar fuori dalla buca e Pucci faceva la pipì) a prescindere dalla "sessuatezza, iper-o-ipo che fosse, ma perchè invece veniva pagato (per poi seppellir feticci nei pressi dei luoghi dei delitti, anche se nel 1968, 1974, 1982, 1983 di feticci non ne prese manco uno)?
GOD BLESS la Perizia Minervini (come se tutto il resto non bastasse già abbastanza per capire l'evidenza)
Chi si deve mettere d'accordo? che senso ha un intervento del genere? È logico che chi pensa che il mostro fosse Pacciani non crede all'ipotesi che il killer fosse un iposessuato. Lo stesso vale per Salvatore Vinci, che in comune con Pacciani ha anche la modesta statura, secondo molti incompatibile con alcuni indizi (come l'altezza degli spari sul pullmino dei tedeschi). La differenza è che Pacciani era un assassino ed è l'unico che ha ucciso un uomo a colpi di coltello. Gli altri, a quanto ne sappiamo, col coltello affettavano il pane e la frutta, non esseri umani. Prove non ce ne sono su nessuno, fare dell'ironia fuori luogo mettendo un po' di tutto nel frullato a cosa serve? Ovviamente il super-investigatore è riferito a Giuttari e non a Perugini, che non c'entra un fico secco con i gruppi e le sette.
Elimina@Giorgio:
Eliminachi pensa che il mostro sia Pacciani, appunto: lo'pensa' (lecitamente).
Ma il 'pensarlo' NON è portarne prove di colpevolezza.
In compenso ed al contempo, è però anche un 'pensare' di evitare di ricordarsi:
- della Perizia Minervini,
- del quadro 'bruto e cativo' affibbiato al PP che avrebbe dovuto dimostrare chissà che
- delle figlie portate a testimoniare in aula su un crimine che nulla aveva a che fare con quelli del mostro e per il quale il colpevole accertato aveva già scontato la sua condanna
- il fare uscire un libro, palesemente accusatorio, da parte di una parte in causa (Perugini) a processo PP non ancora terminato in ogni suo ordine e grado
- dell'assoluzione in 2°grado (ripresa sul filo del rasoio solo ed esclusivamente grazie al voler credere alle impossibilità fisiche raccontateci dal Lotti e compagni bella)
- dell'incongruenza fattuale sostanziale tra il racconto del Nesi e quello del Lotti
- dello scintillio di un proiettile interrato in un pomeriggio di cielo grigio
- dall'assenza di Minoliti proprio quando ritrovano il mezzo straccio a fiorellini combaciante
- del delitto degli Scopeti che non avvenne la domenica sul lunedì, ma ben prima
- del dimenticarsi di cosa il Ferri scrisse
- di cosa il Tony disse
- del perchè un taccagno come il PP, dalle escee dei crimini portasse vie robacce e lasciasse invece quelle di valore
- del non aver portato mai alcun elemento nemmeno minimamnete indiziario che gli mettesse in mano l'arma che sparò a Signa nel 1968
- iposessuatezza by Quantico e De Fazio e ipersessuatezza by Pacciani e Perugini (e anche by Giuttari, che lo pone ipersessuato al punto pure da inchiappettarsi il Lotti)
- del fatto che se come prima cosa uccidi le vittime, poi, a meno di non essere un necrofilo, è ovvio risulti una assenza di 'intervento' sessuale: e quindi come si fa a dire se il mdf era iposessuato o ipersessuato? si può giusto dire che non era necrofilo.
- etc. etc. etc.
Insomma, il PP lo si può vedere ('pensare') colpevole di essere il mdf, solo ed esclusivamente quando si accetta di credere ciecamente ed in modo assoluto ad ogni singola parola dei compagni di merende (cosa sinceramente impossibile anche solo per mezza frase), parole dalla prima all'ultima che però smentiscono il castello accusatorio del Perugini fino alle fondamenta. (del resto, già era stato smontato con l'assoluzione del 2° grado).
Quindi, come vedi, da qualche parte bisognerà pure che 'qualcuno si metta d'accordo' almeno sui punti principali (sessuatezza poca o tanta, compresa)
Hzt
Le solite cose trite e ritrite che nulla hanno a che fare con quanto ho detto. La perizia Minervini non la conosco, ma ritengo di nessun valore gli indizi a carico di Pacciani. Ho detto che non ci sono prove su nessuno. Signa è un mistero totale, non sappiamo se il Mostro commise quel delitto, vi partecipò da complice o da spettatore. Se pensiamo che Natalino Mele dice oggi di non sapere neppure se qualcuno lo accompagnò dal De Felice, stiamo freschi... Perugini aveva il diritto di scrivere quello che voleva, forse il libro era già pronto ma gli editori pensarono di farlo uscire in concomitanza col processo per un vantaggio commerciale, ma non mi interessa. Anche Ferri pensò bene di scrivere un libro quando la Cassazione doveva ancora pronunciarsi. Non mi piace sindacare sui comportamenti altrui. Sul mostro iposessuato il suo discorso è una contraddizione in termini: prima lo usa contro i paccianisti (di cui non faccio parte) poi ne ridicolizza le motivazioni perché il suo colpevole non era iposessuato. Anche io dubito che chi uccideva a sangue freddo e asportava parti intime alle donne fosse iposessuato, ma l'argomento non può essere usato secondo le proprie convenienze.
Elimina@Giorgio
Eliminaio non argomentato secondo le mie convenienze: io ho fatto notare che mettere su un piatto di una bilancia una "ipotetica caratteristica come possibile discriminante" sia argomentazione di talmente nullo valore che proprio non ha basi nemmeno per essere 'pensata'.
Le suggestioni non sono altro che suggestioni, ma i riscontri sono e restano riscontri (anche nella loro assenza).
Ed al momento, i riscontri dicono che nessuno sappia se il mdf fosse 'iposessuato', 'normalmente sessuato' o 'ipersessuato'.
[nè tanto meno quanto fosse alto: visti gli -ammessi- errori peritali nel valutare la posizione delle vittime per Giogoli; e visto che nessuno sa di chi siano nè quando siano state lasciate il paio di impronte di ginocchio per Vicchio]
Tuttalpiù dicono che pare non fosse interessato alla necrofilia. Punto.
Quindi, ergo: includere o escludere qualsiasi soggetto (noto o ignoto) tirando in ballo quella suggestione: vale meno di nulla nei fatti, nelle indagini e nelle discussioni.
Quello era ed è il succo di questi miei commenti. Non c'è altro dentro da leggerci (nè di pro nè di contro 'conveninetemente pro domo' parlando. Metodologia, riscontri, al limite paragoni esemplificativi, e basta).
PS:
Ferri, a differenza del Perugini, per dare alle stampe il suo libro prima ebbe il buon gusto, la signorilità e l'onestà intellettuale di dimettersi dalla funzione e carica che ricopriva.
Cosa di cui, invece, si guardò di fare bene il Perugini.
HzT
Continuo a non capire il senso delle osservazioni sul mostro ipo o ipersessuato, dal momento che nessuno in questa sede ha fatto considerazioni sull'argomento per includere o escludere qualche soggetto. Non sono d'accordo nemmeno su Perugini e Ferri. Se lei dice che Perugini, pubblicando un libro a processo in corso, rischiava di influenzarne lo svolgimento, lo stesso vale per Ferri. La Cassazione doveva ancora pronunciarsi sul ricorso della Procura avverso la sentenza di assoluzione di Pacciani. Perugini della SAM non faceva più parte da tempo. Doveva dimmettersi da poliziotto? e cosa sarebbe cambiato? Chiedo ad Antonio Segnini se non ritiene, da storico della vicenda, che il giudice Ferri abbia contribuito al giudizio di quasi tutti su Lotti e Pucci, dal momento che per primo ne parlò come di due mentecatti.
EliminaIo penso che poliziotti e magistrati non dovrebbero interferire in alcun modo con il destino delle persone al di fuori delle loro indagini. Se poi, a bocce ferme, vogliono contribuire alla ricostruzione della verità storica, va bene. Ma, ripeto, a bocce ferme. Quindi disapprovo la pubblicazione anche del libro di Ferri, rimanendo comunque ammirato della sua stupenda sentenza, una delle poche luci in questa storia di tenebre della ragione. Che purtroppo sta continuando.
Elimina@Antonio, @Giorgio
EliminaFrancesco Ferri ha PRIMA lasciato la magistratura (diventando così un comune cittadino) e POI pubblicato il libro.
Perugini per il suo libro: non ha lasciato nulla di nulla, nè prima nè dopo.
Differenza -umana e di correttezza- nè fa eccome.
@Giorgio
Vedi il commento a firma Unknown, del 2 agosto 2020 07:28
E' a quello che ho risposto in prima battuta.
(poi, non so se Unknown sia tu o altri, tu sei intervenuto successivamente in risposta al mio a lui commento e da lì si è sviluppata la chiacchierata)
Come ha detto Segnini, cambia poco, perché il libro di Ferri non uscì a bocce ferme. Inoltre Ferri aveva settant'anni, Perugini meno di cinquanta. Doveva aspettare di andare in pensione per scrivere un libro, ho capito. È questo manicheismo tipicamente italiano che non amo. Da una parte ci sono i buoni, dall'altra i cattivi. Bisogna essere più equilibrati. L'utente unknown non sono io, mi scuso se ne ho preso impropriamente le difese. Semplicemente, pur non condividendo del tutto il suo intervento, non vi ho visto nessuna contraddizione. Semmai chi ritiene Pacciani innocente usa l'argomento dell'iposessualità del mostro, che personalmente considero tutt'altro che risolutivo. Saluti
Elimina@Giorgio
EliminaFerri NON ha aspettato di andare in pensione per scrivere il suo libro.
Si è volontariamente e appositamente dimesso (proprio per evitare possibili sovrapposizioni di ruolo/giudizi).
Nessuno, io meno che meno, ha detto che Perugini "Doveva aspettare di andare in pensione per scrivere un libro, ho capito."[cit]... mi sa proprio di no.
MI sembra inoltre dimostrato che Pacciani non avesse nessuna fissazione per le coppiette.
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RispondiEliminaSe lei scrivesse un numero su un foglietto non sapendo se mai le sarà utile, non metterebbe anche un qualcosa per ricordarsi a che cosa si riferisce?
EliminaMettiamoci invece nella situazione di un Pacciani che fa il guardone. Guardone di che, di capre? No, di coppie, quindi scrivere "coppia" era quasi come scrivere "palla" sopra una palla.
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EliminaCon quante coppie pensa che Pacciani possa aver avuto problemi? Avrebbe dovuto scrivere: lui moro capelli lunghi, lei bionda occhi azzurri, altezza 1.80 lui, lei bella gnocca e così via?
EliminaA me la situazione pare chiara. Pacciani litiga con qualcuno sotto casa, teme che questo qualcuno gli possa procurare noie, oppure vuole informarsi chi è con l'aiuto di qualche amico carabiniere, sale in casa, prende un foglietto pubblicitario tra i tanti che riempono sempre la cassetta della posta e vi scrive il numero di targa con un breve promemoria, "coppia", appunto.
Poi lo mette in una taschina del portafoglio per darlo all'amico carabiniere alla prima occasione, oppure per tenerlo da parte in caso di bisogno. Infine lo dimentica, pronto per le malevoli interpretazioni future.
Ecco, provi lei a descrivermi delle possibili circostanze in cui un guardone scriverebbe un numero di targa con accanto la parola coppia su un foglietto pubblicitario. Se lo era portato dietro per boschi, quel foglietto? Apposta per usarlo come block notes, quindi con tanto di matita? E per farne che, per riportare quel numero su un registro? E una volta riportato su un registro, che ne avrebbe fatto?
La prego Marletti, dia fondo alla sua inventiva e ipotizzi uno scenario plausibile in cui quell'appunto possa assumere un senso compiuto. Ma non glissi, stavolta voglio delle spiegazioni chiare e plausibili. Altrimenti lasci perdere l'argomento.
L'invito vale anche per gli altri miei lettori "paccianisti".
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EliminaLe chiacchiere hanno lo strano potere di moltiplicarsi.
EliminaMa non mi ha risposto Marletti su che cosa se ne sarebbe fatto Pacciani guardone di quel numero di targa. Forza, ci provi, e se non ci riesce lo ammetta, farà miglior figura.
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EliminaNon cambi discorso Marletti, mi spieghi come Pacciani guardone avrebbe potuto utilizzare quell'annotazione di numero di targa, oppure dichiari che non lo sa, quindi che quell'annotazione niente dimostra che sia stata fatta per uno scopo differente da quello che lui ha raccontato. O qualsiasi altro, ma non che riguardasse la sua attività di presunto guardone.
EliminaCome spiega bene il mio articolo, niente dimostra che Pacciani fosse un guardone, e io personalmente non lo credo.
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EliminaInsomma, alla fine mi par di capire che l'unica spiegazione che lei riesce a dare è che Pacciani collezionasse numeri di targa come qualcuno colleziona autografi. Direi che ulteriori parole non sono necessarie per offrire a tutti i lettori la sua splendida capacità di arrampicarsi sugli specchi!
EliminaLa sequenza è strana: se io litigo con qualcuno e non ho con me un foglietto e una penna pronta al uso, la prima cosa che vado a scrivere una volta trovato tutto l'occorrente è, sicuramente, il numero di targa, perché è possibile che me lo dimentichi o che lo trascrive male.
RispondiEliminaSe la sequenza di scrittura è come sopra citata ossia: coppia, matricola e targa, personalmente a me pare strano.
Ripeto io avrei scritto la targa e basta perché del fatto successo e di chi erano i "colpevoli" non me ne sarebbe importato nulla visto che me lo sarei ricordato a prescindere.
È come se scrivessi:" ladro, matricola e targa" su un foglietto per appuntarmi la macchina di un ladro che mi ha appena derubato.
PS: è stata fatta una perizia calligrafica sul foglietto per capire se fosse la scrittura del Piacciani?
Saluti.
Non ho ben capito. Che c'è di strano a scrivere accanto a un numero di targa un promemoria che gli dia un senso per utilizzi futuri? In questo caso era una parola che ricordava a Pacciani una coppietta colta ad amoreggiare davanti alla finestra delle figlie. Magari si era appuntato altri numeri di targa di altri alterchi, e quelli non ci sono stati tramandati perché non interessavano.
EliminaD'altra parte la coincidenza che la ragazza abitasse accanto a Pacciani la trovo di una significatività enorme nel rendere plausibile la versione di Pacciani. Non capisco come possa essere trascurata.
Io non credo che Piacciani fosse il mostro, ma che fosse un guardone credo proprio di sì.
EliminaIl Piacciani non scrisse accanto al numero di targa la parola coppia, ma scrisse prima di tutto coppia poi tutto il resto.
Vado chiaramente a sensazione ma se io litigo con qualcuno non scrivo per prima cosa che ho litigato e poi la matricola e la targa; casomai, se ho problemi di memoria gravi, scrivo prima la targa e poi che ho litigato.
Mi sembra che ci sia una netta differenza tra la descrizione dei fatti e la conseguente annotazione sul foglietto.
La descrizione è molto particolareggiata, quindi è rimasta bene impressa nella mente del Piacciani (sempre che sia vera) e il fatto di scrivere come prima cosa coppia non ha alcun senso se consideriamo l'accaduto.
Io vorrei, ma non so dove e se possibile trovarle, delle informazioni sul "modus operandi" dei guardoni, non tanto sul atto ma piuttosto su come erano organizzati e poi vorrei sapere da che periodo a periodo girassero le coppie di poliziotti in borghese appartate come finte coppiette.
La domanda è questa: se nel tuo gruppo di guardoni c'è anche qualche rappresentante delle forze del ordine e tutto il gruppo è stato informato da questo che circolano queste coppiette di poliziotti in borghese, è possibile che un annotazione come quella del Piacciani servisse proprio a capire quale coppie spiare e quali, invece, no?
Ripeto in conclusione che la mia idea non è quella di Piacciani mostro di Firenze, mq semplicemente di Piacciani guardone.
Saluti
Prima di tutto vorrei capire quale sarebbe, secondo lei, il contesto in cui Pacciani avrebbe preso quel numero di targa: mentre i due amoreggiavano sotto casa sua o durante una perlustrazione per boschi?
EliminaChiarito questo, mi dovrebbe poi spiegare il possibile utilizzo di questa informazione. Le dico subito che quella di andare a colpo sicuro evitando coppie di poliziotti la trovo poco ragionevole. Come minimo in quel caso avrebbe messo almeno modello e colore dell'auto, che si vedono da lontano, la targa invece bisogna andar lì. Però attendo sue spiegazioni.
Per quanto riguarda la prima domanda non credo che il contesto sia quello raccontato da Piacciani, quale sia il reale contesto, sinceramente, non saprei.
EliminaIl numero di targa può servire a risalire al proprietario della macchina e forse a quel punto anche al mestiere.
Io non sono ferratissimo sul argomento "coppiette di poliziotti" ma non mi pare di ricordare che arrestarono qualcuno, anche solo un incauto guardone, e allora mi vengono in mente due considerazioni: la prima è che queste false coppiette fossero veramente molto poche e posizionate in punti poco "strategici", la seconda considerazione, invece, mi porta a pensare che questo gruppo di guardoni fosse molto vasto e comprendesse membri di diversa estrazione sociale e dai mestieri più disparati e che quindi fosse diventata una sorta di organizzazione che condivideva informazioni e manteneva un silenzio omertoso grazie al quale tutti si coprivano a vicenda.
Saluti
Però il contesto è importante per il significato che si vuol dare all'azione di Pacciani. L'uso di un assegno pubblicitario come supporto lascia pensare che l'appunto fosse stato preso in casa, con la macchina parcheggiata sotto. Il che si accorda bene con il fatto che la ragazza abitasse proprio lì.
EliminaSe Pacciani avesse scritto quel numero vedendo l'auto durante qualche sua perlustrazione boschiva dovremmo innanzitutto giustificare l'uso del biglietto pubblicitario, poco plausibile in quel contesto, poi la grande coincidenza che la ragazza dentro l'auto fosse proprio una sua vicina di casa. Sorprendente, no?
Quindi direi che dovremmo vedere Pacciani mentre segna il numero di un'auto parcheggiata vicino casa sua.
Quale uso avrebbe mai potuto fare di quell'informazione nell'ambito di una attività di guardone?
Si sarebbe appuntato il numero di targa per poter riconoscere l'auto andando per boschi? Come dire, spero di incontrare questi e li voglio riconoscere?
Guardi, io non trovo ragioni, quindi mi appello a tutti i miei lettori affinchè propongano qualche buona ipotesi.
Se avesse scritto: "coppia, matricola, targa" stando a casa a me sembra inverosimile che lo abbia scritto su un biglietto pubblicitario perché Piacciani aveva diversi quaderni dove annotava un po' di tutto, quindi rientrando a casa è difficile che abbia scelto proprio un biglietto pubblicitario piuttosto che i vari quaderni o fogli che sicuramente aveva.
EliminaQuesto non significa che lo abbia annotato per forza durante una perlustrazione boschiva ma, per esempio, lei dice che questi biglietti affollavano le cassette della posta di chiunque ed è certamente vero ma spesso si trovano anche "incastrati" tra i tergicristalli della macchina.
Quindi, paradossalmente, avrebbe potuto averli sia a casa che in macchina.
Il fatto che la coppia non si ricordi la particolare discussione che ebbe con Piacciani mi fa pensare che il fatto non sia mai accaduto o che sia accaduto con un altra coppia che il Piacciani confonde.
Quindi il biglietto lo può aver scritto in qualsiasi altra occasione che a noi non è dato sapere.
Saluti
Uno tirchio come Pacciani? Io non mi stupirei affatto che avesse avuto un pacchetto di foglietti con qualche spazio bianco da usare per i suoi appunti.
EliminaLe deposizioni dei due furono molto imbarazzate, è assai plausibile che, non essendogli stato chiesto, non abbiano tirato fuori quella storia.
Però ripeto, qui va affrontato l'argomento principe: che cavolo se ne sarebbe fatto, da guardone o anche da Mostro, di quel numero di targa?
Da mostro sicuramente nulla perché non era il mostro.
EliminaDa guardone, le ripeto, quel biglietto sarebbe potuto servire come informazione, magari non per lui che già li conosceva visto che erano vicini di casa, ma piuttosto per altri guardoni.
Però mi rendo conto che non è una spiegazione bastante, anche se sembra strano che le coppiette finte non abbiano mai beccato nessuno.
Quando lei dice che,allora, sarebbe stato meglio appuntare il colore o il tipo di macchina non dice, certamente, una cosa scontata ma i guardoni sarebbero stati molto più sicuri avendo un elenco di numeri di targa che sapevano essere appartenuti a coppie che non erano poliziotti.
Il guardone non rimane distante 30 metri dalla coppia che spia, anzi si avvicina il più possibile ( un mio amico mi ha raccontato una storia incredibile che gli è successa circa un anno fa) quindi riconoscere un numero di targa "conosciuta" piuttosto che un numero di targa sospetto non è poi così difficile.
Spero si renda conto anche lei della debolezza delle sue argomentazioni. Se le prove su Pacciani guardone fossero state inequivocabili, si poteva anche pensare a quell'appunto come un qualcosa dal significato poco chiaro ma comunque inerente all'attività in questione. Ma proprio quella è la prova principale di Pacciani guardone, altre non ne esistono (Sperduto? Acomanni? Pierini il boccalone che si sarebbe rimangiato volentieri le sue improvvide vanterie?) quindi mi consenta di guardarla con molto distacco.
EliminaLe finte coppiette c'erano. Ma non credo proprio che si spogliassero e si lasciassero andare a preliminari o tanto meno si spingevano oltre. Anche perché all'epoca le donne in polizia erano poche, non credo proprio che ordinassero ad agenti, magari sposati, di spogliarsi e simulare un rapporto sessuale. Molto probabilmente le finte coppie chiacchieravano, si fumavano una sigaretta e al massimo si davano due bacetti. Sempre con un occho vigile e la mano libera sulla fondina, visto che in teoria stavano rischiando la vita. I guardoni esperti si accorgeranno sicuramente che non erano una vera coppia. E quelli meno esperti si saranno ritrovati a stare ore ad aspettare mentre non succedeva niente. Il Mostro stesso non è mai caduto in trappola. Evidentemente queste finte coppie erano facilmente riconoscibili.
EliminaUna domanda: ma secondo lei perché la strategia delle coppiette finte non ha portato a nulla, neanche alla scoperta di qualche fastidioso ma innocuo guardone?
EliminaVorrei solo una sua opinione senza nessun retropensiero.
Saluti
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EliminaNon ho i verbali dei due testimoni, ma da quel che si capisce dalle deposizioni la moglie fu sentita per prima e due volte, il marito una volta. Innanzitutto come arrivarono a loro? Non furono loro a farsi avanti, furono cercati, molto probabilmente perché qualcuno che li aveva sentiti raccontare l'episodio aveva poi parlato alle forze dell'ordine. Quindi la possibilità che il tutto fosse stata una vanteria di Pierini una volta che era uscita la storia delle accuse a Pacciani è reale. Una vanteria dalla quale poi i due, interrogati da una task force di agguerriti inquirenti, non poterono più tirarsi indietro.
EliminaPoi nella sua prima audizione la moglie non disse che il tizio era Pacciani. E' vero che non l'avrebbe riconosciuto lei ma il marito, però poi disse che il marito gliel'aveva detto che era Pacciani, e allora perché nella prima audizione no?
Ci sono poi le incongruenze tra i due coniugi su ora e lato, e soprattutto le perplessitò sul fatto che di notte, in una frazione di secondo, uno riesca a vedere chi tiene in mano una pila che lo sta illuminando.
x PeppeNimrod
EliminaCondivido le considerazioni di Lorenzo Franciotti. In più credo che queste coppiette dovessero essere state molto poche.
Ma il Mostro di Firenze, serial killer di giovani coppie, aveva bisogno di scrivere "coppia" su un fogliettino, per ricordarsi che uccideva le coppie? Come se un attaccante, come promemoria prima di una partita, scrivesse sulla lavagna dello spogliatoio "fare gol".
RispondiEliminaQui siamo nella confusione più totale, sia che si voglia vedere quel foglietto come promemoria per una presunta attività di guardone, sia come promemoria per una presunta attività di mostro.
EliminaIn realtà questa storia dimostra solo che su Pacciani le interpretazioni malevole di ogni sua azione sono state l'asse portante del processo.
Personalmente ritengo molto probabile che Pacciani fosse un guardone ma, come scrissi tempo fa, non per il numero di targa: che ha scarso valore perché fu l'unico trovato nelle varie abitazioni di Pacciani associato alla parola "coppia".
RispondiEliminaPacciani era a mio avviso un guardone perché alcune testimonianze lo confermano ed era voce di popolo che lo fosse: evidentemente qualcuno lo aveva visto, non è una leggenda che può essere nata dal nulla.
L'episodio del numero di targa ci dice semmai un'altra cosa interessante: che Pacciani era un personaggio davvero singolare. Le figlie non dovevano assistere a scene d'amore tra giovani, pena gravi turbamenti psichici e sessuali: un comportamento da genitore irreprensibile... Conoscendo il resto della storia ci sarebbe da ridere, se non fosse una vicenda drammatica.
Alle interpretazioni malevole ha contribuito anche Pacciani, mentendo e smentendosi a più non posso.
Ricordo una precedente discussione sul masochismo di Pacciani: le frasi sulle coppiette (da me riportate nel primo commento al post) si commentano da sole. Colpevole o innocente che fosse.
Quando ero un baldo giovincello senza macchina, come molti altri nelle mie medesime condizioni nella buona stagione mi appartavo nelle pinete della Maremma toscana. Ho una certa esperienza di guardoni, quindi, da noi detti anche "saltamacchioni" (macchione = folto cespuglio), poiché era in pineta, appunto, che lavoravano di più. Il guardonismo è quasi una malattia, i guardoni vanno ogni giorno a guardare, io credo che abbiano il pensiero in testa in ogni momento, e sono conosciuti da tutti. L'attività di un guardone è complessa, l'improvvisazione non le appartiene, deve sapere dove vanno le coppie, le cura, e deve anche tener conto dei suoi colleghi e rivali.
EliminaVeniamo a Pacciani. Fosse stato un vero guardone la sua conseguente attività sarebbe stata pesante, anche le sue stesse donne di casa se ne sarebbero accorte, e in ogni caso le testimonianze sarebbero fioccate. Ora, quali sono le testimonianze di Pacciani guardone? Sopra le ho riportate e sono del tutto inconsistenti. Ne ho dimenticata qualcuna? La prego di segnalarmelo.
In realtà il personaggio Pacciani, già chiacchierato di suo, divenne un enorme catalizzatore di ogni maldicenza del circondario, e la maldicenza dei toscani, quale anch'io sono, è di livello astronomico. I toscani godono di cuore a parlar male degli altri. Come un ronzio dei cui ti accorgi soltanto quando cessa, di quanto tremendo fosse questo brutto vizio me ne sono reso conto soltanto poco dopo essermi trasferito in Lombardia, dove la gente si fa molto di più i fatti propri.
Salve Antonio, innanzitutto mi fa molto piacere vedere che è tornato operativo dopo un periodo difficile. Una domanda che vedo viene ancora molto dibattuta dagli appassionati è se Pacciani è morto innocente o colpevole. Quando io sostengo che è morto innocente arriva il Paccianista di turno che ribatte che la corte di cassazione ha annullato l' assoluzione in secondo grado quindi P.P è da considerarsi colpevole. Detto che ciò non cambierebbe nulla sul fatto che io personalmente lo ritengo innocente secondo lei come stanno le cose in senso giuridico?
RispondiEliminaBella domanda la sua. Purtroppo non sono la persona giusta per risponderle, ma forse farebbe fatica anche un giurista. Posso risponderle secondo logica.
EliminaIo comincerei a escludere Pacciani dai processi ai CdM, dove non ebbe alcuna possibilità di dire la sua. La legge non può condannare una persona senza darle la possibilità di difendersi, quindi per lui quei processi non contavano. Chi afferma che Pacciani risulta giuridicamente colpevole perché, nel condannare Vanni e Lotti, i giudici lo avevano considerato loro complice, è nel torto.
Quindi dobbiamo pensare solo ai due processi a Pacciani in quanto tale. L'appello venne annullato, quindi rimane valido soltanto il processo di primo grado. Credo quindi che tecnicamente si sia nella condizione di chi viene condannato in primo grado, chiede e ottiene l'appello e poi muore. Colpevole o innocente? Credo colpevole.
Personalmente ho sempre evitato di addentrarmi in queste sottigliezze giuridiche, che non portano da nessuna parte. A mio parere Pacciani è morto innocente come serial killer solitario, è morto colpevole come componente della scalcagnata banda dei compagni di merende. Per un'aberrazione giuridica che la storia condannerà duramente.