Segue dalla seconda parte
Entra Narducci. Dopo la trasmissione alla procura di un riassunto dei fatti riguardanti le minacce telefoniche a Dorotea Falso (1° ottobre 2001), con la conseguente apertura del procedimento penale 9144/01, il cui codice risulta scritto a penna sul documento stesso, il 9 ottobre il capo della mobile Piero Angeloni scrisse ancora a Mignini (vedi, il pdf contiene anche la successiva lettera di invio a Firenze, che verrà comoda in seguito). Questa volta venne indicato il codice del procedimento nuovo, seguito dalla sigla 21 a significare contro persone note (senz'altro i due cognati, ma non ancora la nuova coppia a loro subentrata). In ogni caso è in questo documento che compare per la prima volta il nome di Francesco Narducci.
OGGETTO: procedimento penale nr. 9144/01 R.G.N.R. (Mod.21)
ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PERUGIA
(C.A. Dr. Giuliano Mignini)
Con riferimento al procedimento penale indicato in oggetto, nel proseguo delle attività di indagine inerente le telefonate minatorie e quant’altro esposto nel verbale di sommarie informazioni già trasmesso, si comunica quanto segue:
al fine di stabilire se le persone autrici del reato, allo stato degli atti ancora non identificate, facciano parte o meno della setta satanica a cui fanno riferimento nelle conversazioni telefoniche, nonché siano interessate o coinvolte nella morte di Pacciani e/o comunque legate all’attività della persona che fu definita “il mostro di Firenze”, si ritiene opportuno chiedere all’Autorità giudiziaria in indirizzo di volere valutare l’opportunità di concedere le seguenti deleghe di indagine:
1) acquisizione del fascicolo processuale inerente la persona del dr. Narducci Francesco, perito a seguito di probabile suicidio;
2) delega all’acquisizione di sommarie informazioni da parte della professoressa Barone, impiegata quale medico legale presso l’istituto di Medicina legale di Perugia.
Le richieste sono motivate dai seguenti motivi:
per quanto riguarda il cap sub a), come è ormai noto, voci insistenti avevano indicato il Dr. Narducci quale materiale esecutore dei “tagli” di parti del corpo, effettuati dal mostro di Firenze, e che per di più avrebbe conservato in modo e luoghi adatti; non solo, la “famosa” moto che venne vista sul posto dell’ultimo omicidio sarebbe stata uguale a quella in possesso del Dottore. Detto mezzo non fu mai ritrovato.
Per quanto invece concerne il capo sub b), ossia l’escussione a verbale del medico legale intervenuto, sembra che la Professoressa Barone sia al corrente di diversi particolari inerenti chiaramente la morte del Narducci, ma anche fatti specifici sulla sua vita, forse in considerazione anche del fatto che erano comunque colleghi.
Dunque, vediamo di puntualizzare, riprendendo peraltro una riflessione già fatta. Nonostante il procedimento penale riferito fosse stato aperto a modello 21, il documento parla di persone “ancora non identificate”, riguardo le quali si vorrebbe stabilire la veridicità della loro millantata appartenenza a una setta satanica coinvolta nella morte di Pacciani. Ma invece di identificare prima queste persone – condizione necessaria, altrimenti non si comprende come l’obiettivo di verificare la loro millantata appartenenza etc.… possa essere raggiunto – attraverso un percorso logico difficile da capire e condividere viene già chiesta delega per indagare sulla morte di Francesco Narducci!
Va innanzitutto osservato che ancora non si parla della presenza del nome di Narducci nelle minacce dei misteriosi telefonisti, il che ingigantisce il sospetto che quel nome non ci fosse affatto. Quella eventuale presenza, da sola, sarebbe comunque stata una giustificazione assai debole per inserire nelle indagini l’immediata riapertura di un caso vecchio di 16 anni – tanto più che due sospettati da cui partire c’erano già, i cognati della Falso – ma almeno sarebbe stato qualcosa. Qui, invece, la giustificazione è grottesca: “Voci insistenti avevano indicato il Dr. Narducci quale materiale esecutore dei tagli…”. In sostanza vengono invocate le chiacchiere della gente. Lasciamo perdere poi la storia della moto, ignota a chi scrive, probabilmente nient’altro più di una chiacchiera ulteriore.
Proviamo adesso a dare un’occhiata a quello che succedeva a Firenze negli stessi giorni. Il 3 ottobre era terminata anche la seconda fase della perquisizione nella villa dei C. a San Casciano, con la conseguente perdita di ogni speranza residua di trovarvi qualcosa di interessante. Il giorno dopo c’era stata una riunione in procura, presieduta dal procuratore capo Ubaldo Nannucci fresco di nomina, nella quale avevano prevalso scoramento e confusione, come venne poi dimostrato dalle patetiche dichiarazioni del giorno dopo sui cerchi di pietra di Monte Morello e dalla ridicola asportazione della scritta sul muro di via dei Serragli. Sembrava insomma che per le fortissimamente volute indagini sui mandanti stesse rintoccando la campana a morto.
Angeloni non poteva immaginarlo – altrimenti si potrebbe pensar male – ma con la sua richiesta di acquisire il fascicolo di Narducci stava per offrire al collega Giuttari, a capo come lui di una squadra mobile, una insperata via d’uscita per le moribonde indagini sui mandanti, con l’indubbio effetto collaterale di fargli anche un regalo grande come una promettente carriera di scrittore di gialli di successo (del cui decollo, senza la contemporanea presenza di indagini sul campo, c’è naturalmente da dubitare). Quello stesso 9 ottobre, infatti, il suo documento dette origine a un fascicolo provvisorio – il 5202/01, iscritto a modello 45, quindi per atti che non costituiscono notizia di reato – dedicato proprio al medico scomparso nel lago Trasimeno e ai collegamenti della sua morte con le vicende del Mostro di Firenze.
Perugia chiama Firenze. Riguardo il nuovo procedimento sulle minacce telefoniche, per prima cosa Mignini volle ascoltare Dorotea Falso (16 ottobre). Ecco le parti più significative del relativo verbale.
Mi riporto alle denunce da me presentate in relazione alle gravi minacce che mi sono state rivolte da persone sconosciute nell’arco di tempo che va dal 14/7/2000 al 28/9/2001.
Le persone che mi minacciano sono una o due donne e un uomo che parlano con voce alterata e che fanno riferimento ad una setta satanica e hanno rivendicato la paternità dell'uccisione di Pacciani, perché a loro dire avrebbe tradito questa setta. Sempre gli anonimi interlocutori mi parlano di una sorta di gran sacerdote della setta che risiede a Firenze e che a loro dire sarebbe presto venuto a Foligno, anzi a Sassovivo dove si svolgono i loro riti e dove, sempre secondo loro io dovrei essere sacrificata insieme a mio figlio e poi seppellita a Firenze. Talvolta invece mi parlano del loro proposito di far diventare mio figlio adepto della setta e mi avvertono che, se non li seguirà, venderanno i suoi pezzi. Mi hanno anche detto che io non posso far niente perché i miei amici poliziotti sono tutti corrotti e fanno parte della setta. […]
Qualche vago sospetto ce l’ho sui miei cognati che si chiamano B. Francesco e C. Nadia. Ricordo di aver visto una lettera contenente minacce di morte e posta davanti al finestrone di casa mia e questo mi fa pensare che gli autori sono a conoscenza del fatto che io apro tutte le mattine quella finestra. Ci sono anche altre coincidenze come ad esempio una telefonata in cui mi si chiedeva di salutare i medici che io avrei visto alle tre del pomeriggio. Di questa notizia era a conoscenza la baby-sitter che si chiama Tania […] e mia suocera […]. Tra febbraio e marzo del 2001 mi è stato incendiato il fienile e mia cognata disse a mia suocera che era stato incendiato anche il fienile di una famiglia vicina, cosa che non era vera.
Aggiungo che nella mia professione di estetista mi è capitato di sentire da una mia cliente che i carabinieri avevano trovato dietro casa sua a Perugia i resti di un rito di magia nera con bruciature di volatili. Per quanto mi riguarda però non mi sono mai interessata di queste cose né comunque di fatti di cronaca nera.
Non ho mai parlato con i miei cognati. Ricordo solo di aver parlato con loro in occasione delle prime telefonate quando mi sfogai con mia suocera e rimasi sorpresa nel constatare l'assoluta indifferenza di mia cognata.
Correndo il rischio di annoiare il lettore, si deve ancora una volta mettere in evidenza che la Falso parla di Pacciani ma non di Narducci, mentre segnala nei due cognati delle persone sospette. A questo proposito la donna dovette rimanere un po' frastornata dall'ingresso di elementi nuovi, poiché nell'audizione in questura del 29 settembre aveva parlato di due uomini e una donna, in questo frangente di un uomo e una donna, forse due.
In ogni caso alla poveretta interessava far cessare le minacce che la stavano tormentando da più di un anno, ma probabilmente era ormai entrata in un gioco molto più grande di lei, e non poteva immaginare che i suoi problemi sarebbero andati avanti tre o quattro volte tanto. È inevitabile chiedersi allora con quale faccia tosta poté poi Giuttari scrivere su Il Mostro “questa volta Dora è fortunata”, intendendo per l’intervento di Mignini!
Vedremo più avanti, per quanto risulterà possibile attraverso la scarna documentazione in possesso di chi scrive, come proseguirono le indagini sui misteriosi telefonisti. Per il momento concentriamoci sulla vicenda Narducci, e prendiamo in esame il seguente documento, datato 22 ottobre:
Alla cortese attenzione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di FIRENZE.
Oggetto: Procedimento n. 5202/01 R.G. Mod. 45
Per unione agli atti in possesso di codesto Ufficio, si trasmette copia dell'informativa in data 09.10.2001 della Squadra Mobile della Questura di Perugia.
Si fa presente che questo Ufficio procede in ordine alle circostanze relative alla scomparsa e al rinvenimento del Dr. Francesco Narducci. Manda alla Segreteria per quanto di competenza.
Perugia, 22.10.2001
IL PUBBLICO MINISTERO (Dr. Giuliano Mignini sost.)
Si tratta di una lettera di accompagnamento della nota con cui Angeloni aveva chiesto a Mignini delega per acquisire il fascicolo Narducci e interrogare la Barone. Con questa lettera Mignini avvertì i colleghi di Firenze che stava indagando sulla morte di Narducci e i suoi possibili legami con la vicenda del Mostro. Proprio quel 22 ottobre anche lui aveva sentito la Barone, ottenendo informazioni importanti sulle procedure irrituali con cui era stata autorizzata la sepoltura di Narducci. Ma anche tante dicerie e pettegolezzi sui collegamenti con la vicenda del Mostro. In ogni caso dopo altre audizioni, il 25 ottobre sarebbe stato iscritto a modello 44 – notizie di reato a carico di ignoti – un nuovo fascicolo, il famoso 17869/01, padre di tutta la gigantesca inchiesta sulla morte del medico umbro.
Ci si può immaginare l’entusiasmo degli inquirenti fiorentini quando ricevettero la lettera, considerando la bruttissima situazione in cui si trovavano riguardo le traballanti indagini sui mandanti. Avvertito da una telefonata anonima, quello stesso 22 ottobre Giuttari era andato a controllare il famoso casolare nella proprietà dei Corsini, rinvenendovi pipistrelli di plastica e materiale analogo: un “depistaggio”, secondo le sue dichiarazioni ai giornali, in realtà una burla atroce e nient’altro, secondo il semplice buonsenso. All’orizzonte rimaneva soltanto la debole speranza di ricevere buone notizie dalla perizia tossicologica sulla morte di Pacciani, ma il cui risultato avrebbe in ogni caso portato poco lontano, vista la totale mancanza di qualsiasi soggetto da indagare (però la sua presenza nelle telefonate alla Falso associata a una setta satanica che lo avrebbe ucciso costituiva un buon motivo di sospetto).
Di fatto l’iniziativa di Giuliano Mignini portava dentro la moribonda inchiesta fiorentina un elemento di assoluta novità e interesse. Si trattava ancora una volta di una vecchia storia, ma di grandissima suggestione e soprattutto non più condizionata dall’ostacolo che aveva sempre impedito di approfondirla, l’alibi di Narducci per il delitto di Calenzano, che nella nuova ottica del Mostro multiplo non contava più nulla.
Adesso forse parrà più chiaro il perché chi scrive non crede troppo alle affermazioni di Giuttari riguardo la spontaneità dell’iniziativa di Jorge Maria Alves, che proprio in quei giorni lo avrebbe cercato per parlargli di Narducci. Insomma, può succedere che ogni tanto qualcosa cada a fagiolo, soprattutto per le persone fortunate, ma qui la coincidenza sarebbe oltremodo straordinaria! In realtà abbiamo visto nella prima parte che Giuttari aveva inquadrato Narducci già da tre anni, pertanto diventa legittimo sospettare che, una volta venuto a conoscenza tramite la comunicazione di Mignini di quel che bolliva in pentola a Perugia, avesse contattato la Alves. In questo caso sarebbe però incomprensibile il perché della sua decisione di non dichiararlo. O forse non tanto, poiché nella vicenda inerente la partenza delle nuove indagini sulla morte di Narducci si avverte una ineliminabile sensazione di artificiosità.
Le cassette. A questo punto il lettore davvero interessato sarà molto curioso di sapere se il nome di Francesco Narducci c'era o non c’era nelle registrazioni delle minacce telefoniche dei sedicenti satanisti. Abbiamo visto che nei documenti fin qui esaminati non se ne fa menzione, ma questo non basta a concludere che quel nome non ci fosse, servirebbe ascoltare le telefonate. Ebbene, per fortuna chi scrive ha la disponibilità delle relative trascrizioni effettuate dagli uomini della questura di Perugia.
Il 29 settembre Dorotea Falso aveva consegnato le prime due audiocassette, che furono trascritte in un verbale datato 23 ottobre. Dal documento risultano 58 conversazioni, purtroppo non singolarmente datate. Va detto che la seconda cassetta, registrata sul solo lato A, è una copia parziale del lato A della prima, riportandone le prime 22 telefonate su 29 (ma, incredibilmente, pare che i tre incaricati alla trascrizione non se ne fossero accorti, come si evince dal documento...). A parlare, oltre alla Falso, un uomo e una donna, con il breve intervento in un solo caso di un’altra voce maschile, quasi sicuramente il marito della stessa Falso.
Cominciamo col dire che il nome di Pacciani risulta pronunciato in tre telefonate, queste:
Telefonata 11, parla la donna:
… Mi fai ridere…
… il tuo bambino è più brutto di…
… Bocchinara, lo sai noi sappiamo tutto… tutti i bambini con la testa rossa come tuo figlio ci piacciono, farà la fine di Pacciani per un nostro servo maleficio (?), puttana… la puttana la farai… con nostro signore satana e tuo figlio ce lo prendiamo noi. …
Non sai quello che dici......
… Puttana tuo figlio ce lo prendiamo noi.
Telefonata 12, parla l’uomo:
… Fai bene perché siamo qui ad aspettarti, mica hai paura?
Hai molta paura ehh tuo figlio lo riconosciamo anche se lo dipingi di nero, è rosso, tuo figlio è rosso, satana lo vuole, non capisci proprio un cazzo, non capisci un cazzo.
Ehh ehh, finirà come Pacciani che ha tradito ahh.
Ahh siamo qui ad aspettarti dai esci magari con il tuo amichetto così lo uccidiamo anche lui brutta buttana.
… Fa male a morire per te.
Telefonata 32, parla la donna:
… Non parli? ci vai dal tuo ciarlatano? sii, noi ti aspettiamo, siamo già lì.
Il tuo ciarlatano è un sacrilego, farà una brutta fine, anche tu, vi preleveremo il sangue il tuo e il suo, di quel ciarlatano la tua testa sarà portata e seppellita nelle colline di Firenze dove c’è anche quel bastardo di Pacciani.
Puttana sei finita…
Non crederai che questo sia uno scherzo, siamo molti e potenti.
Tu verrai uccisa in nome di satana, verrai uccisa e tuo figlio lo prenderemo.
Ahh ahh vedrai, vedrai, vedrai puttana, uccisa per niente puttanaccia maledetta.
Come c’era da aspettarsi, il nome di Narducci non compare mai, e neppure parole che in qualche modo possano richiamarlo, tipo “dottore” o “lago”.
Nelle settimane e nei mesi successivi Dorotea Falso consegnò altre cassette, nelle cui trascrizioni la numerazione delle telefonate andò avanti con un unico progressivo (quindi la prima della cassetta 3 prese il numero 59). A complicare le cose va segnalata la presenza di altri doppioni e di telefonate non pertinenti. In ogni caso il primo riferimento a Narducci si trova nella telefonata 166, presente nella cassetta numero 7. Ecco il verbale di consegna in questura, datato 21 maggio 2002 (qui il PDF):
Il 21.05.2002, alle ore 1,45 negli Uffici della Divisione Squadra Mobile della Questura di Perugia. Di fronte al sottoscritto Ufficiale di P.G. Ispettore Fantauzzi Furio, coadiuvato dall'Agente di P.G. Assistente capo Emili Salvatore, in forza all'Ufficio indicato in epigrafe, è presente la nominata in oggetto, la quale per ogni effetto di legge, denuncia quanto segue:
«Dopo circa un periodo di tempo che le telefonate minatorie erano cessate, all'improvviso, circa una settimana fa sono riiniziate le telefonate con lo stesso tenore di quelle di prima; nel particolare, in data 18.05.2002, verso le ore 12,36, mi è arrivata la solita telefonata fatta dalla voce dell'uomo in cui mi veniva detto che avrei fatto la stessa fine dell'amico di Pacciani seppellito nei Lago Trasimeno e che mi avrebbero buttato nel Lago per uccidermi.
«Durante una telefonata, quest'uomo che falsa la voce, mi ha detto che avrei fatto la fine dell'amico medico di Pacciani. Da Sabato scorso mi è stato ripetuto più volte che mi avrebbero ucciso e buttato nel Lago Trasimeno.[...] Voglio anche specificare che sulla cassetta che vi consegno, durante una di queste telefonate, queste persone mi dicono che il mio telefono è sotto intercettazione e che tutto è inutile perché i poliziotti sono amici loro.[...]»
Si dà atto che viene acquisita una cassetta audio marca Sony, modello HF 90, registrata solamente in parte sul lato "A", recante le telefonate in cui viene fatto riferimento a Pacciani ed al suo amico medico.
Il verbale di trascrizione riporta la data del giorno dopo, 22 maggio 2002.
Telefonata 166, parla un uomo:
Uomo: Ah. perché dici buonasera? Eh? Presto per te arriveranno le tenebre di satana. Hai capito?
Verrai uccisa e seppellita come l'amico di Pacciani… del lago Trasimeno.
Falso: Ma scusa ma chi è l'amico di Pacciani? Dimmelo?
Uomo: Ah, guarda bene.
[…]
Falso: Scusa scusami ma io che c'entro con Pacciani? Mi spieghi? Che c’entro io? Io so’ una semplice mortale.
Uomo: Guarda il tuo bambino e finirai nel lago uccisa. Le tenebre sono vicine per te maledetta pottana, ahh, ahh, ahh, ahh, ahh. Tu maledetta, ahh, ahh, ahh
Telefonata 167, frammento, parla un uomo:
[…]
Uomo: Stai zitta, fa silenzio. Tu ricorda il dottore amico di Pacciani.
Falso: Ma chi lo conosce? Che c’entro?
Uomo: È la tua fine.
Come si vede ci sono dei riferimenti a Narducci ma non ancora il suo nome (per inciso, si deve presumere che le notizie arrivate nel 2004 a Pino Rinaldi per il suo servizio su Puletti si fossero fermate qui). Per leggere la parola “Narducci” si deve aspettare la cassetta 9, contenente 30 telefonate, progressivi 180-209, consegnata dalla Falso il 27 giugno 2002 (vedi) e trascritta su un verbale che riporta la data del 15 luglio. Ecco qui le quattro conversazioni interessate:
Telefonata 180, frammento, parla un uomo:
Lo conosciamo molto bene il tuo bambino che prenderemo.
Sì è inutile brutta puttana che gli tagli i capelli, puttana.
No, non è il tuo. perché tu sei puttana e tuo figlio ce lo prendiamo noi in nome di satana e sempre in nome di satana maledetta sarai uccisa come i traditori Pacciani e il grande medico.
Hai capito? Maledetta?
Telefonata 183, frammento, parla un uomo:
Sei una bestia, il demone di satana è in te, sei sempre più brutta, fai schifo, flaccida, guardati bene ogni giorno diventi più brutta.
Il demone ti corrode la tua anima e presto la tua anima e la tua vita, sarà nostra, verrai uccisa, uccisa maledetta.
Il tempo nostro è infinito, è il tuo che finisce pottana, pottana.
Ahh, ahh, ahh, ahh
Finirai come i traditori di Firenze Pacciani e il grande dottore.
Telefonata 192, frammento, parla un uomo:
Ma dimmi i giornali li leggi?
Noi abbiamo parlato molte volte del grande dottore del lago ucciso.
Non li leggi i giornali?
Il dottore, il grande dottore Narducci…
Lui è un traditore come Pacciani di satana ed è morto, morto.
E tu farai la stessa fine pottana
Telefonata 194, frammento, parla un uomo:
Sei puttana e cornuta.
No, la tua morte non è fantasia, è realtà.
Sarai sacrificata in nome di satana come il grande dottor Narducci, come tutti gli amici di Pacciani traditori di satana.
Povera puttana deficiente, fai schifo.
Sei brutta, è la tua fine.
Di recente è comparso su Youtube un filmato con alcune telefonate (vedi), il lettore le può ascoltare anche qui.
Le registrazioni di Dorotea Falso proseguirono. Dal verbale di ricerca dei termini significativi contenuti nelle trascrizioni, redatto il 16 giugno 2004, si scopre che in totale le cassette furono almeno 18, in 8 delle quali c’erano riferimenti alla vicenda del Mostro. In particolare, dopo la 9, Narducci compare nelle cassette 11 e 13. La figura sottostante ne mostra le prime tre pagine.
Qui sotto si possono vedere invece le date di trascrizione delle cassette 1, 2, 7 e 9.
Il quadro è (quasi) completo, e consente di affermare una verità tanto clamorosa quanto inconfutabile: non è vero che le indagini sulla morte di Francesco Narducci furono riaperte dietro lo stimolo delle telefonate minatorie a Dorotea Falso, poiché in quelle telefonate il primo riferimento alla persona, sotto forma di “amico di Pacciani del lago Trasimeno”, è successivo di ben 7 mesi, da ottobre 2001 a maggio 2002.
Il lettore tragga da solo le conseguenze che ritiene opportuno trarre.
La causa diventa l’effetto. A questo punto si deve notare la sorprendente inversione dei fenomeni di causa ed effetto. Se non fu la comparsa del nome di Narducci nelle minacce telefoniche a far partire le indagini sulla sua morte, fu quasi sicuramente la partenza delle indagini sulla sua morte a far comparire il suo nome nelle minacce telefoniche. Altrimenti, al solito, dovremmo accettare una casualità poco plausibile. La spiegazione più ovvia di tale fenomeno potrebbe essere la comparsa sui mass media delle notizie relative alle indagini, dalle quali i molestatori sarebbero stati stimolati all’utilizzo della figura di Narducci accanto a quella di Pacciani. Ma non sembra così.
Durante i primi mesi le bocche degli inquirenti erano cucite. A quanto risulta a chi scrive l’unica fuga di notizie avvenne in concomitanza con l’audizione, il 22 gennaio 2002, di Gabriella Carlizzi da parte di Mignini. Fu quasi certamente la teste stessa a parlare, nonostante la secretazione del verbale. Dal “Tirreno” del 25:
L'inchiesta avviata a Perugia, dopo l'interrogatorio di dieci ore di Gabriella Carlizzi, sembra un po' come il capo di un filo: a tirarlo si dipana la matassa. E infatti il procuratore capo Giuliano Mignini pare aver iniziato proprio dal principio. Dal 1985, precisamente l'8 ottobre, quando un giovane medico, figlio del primario di ginecologia dell'ospedale di Foligno, scomparve nelle acque del lago Trasimeno. Secondo la procura di Perugia che avrebbe ricevuto alcune carte da quella di Firenze, la morte di Francesco Narducci, all'epoca 36 anni, potrebbe essere collegata con le vicende giudiziarie che vedono implicata la schola di esoterismo e magia che secondo gli inquirenti fiorentini avrebbe ordinato i delitti delle coppiette. Gli incartamenti sono stati ripresi dagli scaffali ma il filo che ne esce sembra avvolgersi sempre attorno alla rosa rossa. Il nome della congrega con base in Francia e a Firenze che firmerebbe i delitti più efferati lasciando il suo simbolo: la rosa. Solo ipotesi, naturalmente.
Narducci scomparve dalla sua barca un pomeriggio di ottobre. Il corpo fu ripescato qualche giorno dopo. L'indagine fu presto chiusa col suicidio. Ma che ragioni avrebbe avuto Narducci di suicidarsi? La storia non l'ha mai raccontato. Il nome del medico e docente universitario arrivò a Firenze già diciassette anni fa. Attraverso alcune lettere anonime che lo avrebbero indicato come implicato nella terribile vicenda dei duplici omicidi. La procura di Firenze svolse degli accertamenti – a quel tempo capitava con frequenza che anonimi indicassero personaggi anche i più stravaganti – non trovò nulla – anche perché il medico in occasione di uno dei delitti sarebbe stato all'estero – e chiuse le indagini. Ma di un medico morto affogato parlò anche Pietro Pacciani in uno dei suoi innumerevoli memoriali. Indicava nomi e personaggi, il «Vampa», per difendersi. E su alcuni gli inquirenti fiorentini, successivamente, avrebbero anche trovato riscontri. Come nel caso del medico perugino, se è vero che l'input a riaprire le indagini è partito da Firenze. Narducci potrebbe aver fatto parte della schola? E se avesse semplicemente visto ciò che non avrebbe dovuto vedere?
Come si vede compaiono anche notizie inesatte, la qual cosa conferma una fonte di tipo secondario, ben compatibile con la Carlizzi. Un articolo analogo comparve su “Repubblica”. Per i telefonisti satanici gli stimoli erano molti, tra notizie vere e notizie fasulle tutte orientate verso ipotesi settarie, eppure non ne approfittarono, quasi avessero voluto rispettare la secretazione del verbale della Carlizzi.
Prima di leggere ancora di Narducci si dovette aspettare i primi di giugno, quando filtrarono le notizie relative alla imminente esumazione della salma. A conoscenza di chi scrive il primo articolo è questo del “Corriere dell’Umbria” uscito il 1° giugno.
Verrà effettuata nella sala settoria dell'Istituto di medicina legale in via del Giochetto la perizia autoptica sui miseri resti di Francesco Narducci il medico perugino specialista in gastroenterologia, la cui riesumazione è fissata per il 4 giugno con provvedimento a firma del sostituto procuratore Giuliano Mignini. Il magistrato perugino, che aveva chiesto lumi ad alcuni esperti tra cui il professor Aristide Morelli, sulla efficacia di un esame autoptico a 17 anni dalla morte della vittima, ha nominato quale perito un luminare di Pavia, il professor Giovanni Pierucci. Anche la famiglia, i cui interessi morali e materiali sono tutelati dagli avvocati Antonio e Alfredo Brizioli, ha nominato i propri consulenti che sono Rino Froldi di Macerata, Giuseppe Fortuni di Bologna e Valter Patumi di Perugia.
Le operazioni inizieranno di buon mattino con l’apertura del loculo al cimitero monumentale di Perugia ed il trasporto della bara nell’Istituto. Qui la cassa verrà aperta ed inizieranno gli esami tecnici dei resti. La parte più importante del lavoro dovrebbe riguardare gli esami istologici e tossicologici. Il magistrato si è convinto, sulla scorta degli atti raccolti in questi cinque intensi mesi di indagini e di interrogatori, che il clinico, che aveva appena 36 anni ed era un provetto nuotatore, sia stato ucciso. […]
I tre elementi che hanno riportato l’attenzione su Narducci in questi ultimi mesi sono, da un lato, un’intercettazione telefonica nel quadro di un'inchiesta sull'usura svolta dalla squadra mobile perugina (in cui un estorsore minacciava, in maniera oggettivamente inquietante, la vittima di farle fare la fine del medico ritrovato nel lago Trasimeno), il fatto che nel giro dell'usura ci fossero soggetti legati a sette sataniche (umbro-toscane) e, infine, il particolare che agli inizi degli anni ‘80 il giovane clinico era stato in qualche modo sospettato dalla squadra antimostro anche se poi prosciolto e completamente scagionato (all'epoca dei delitti si trovava addirittura, per motivi di studio, negli Stati Uniti).
L’accenno all’intercettazione telefonica dà ragione delle notizie imprecise che si sarebbero perpetrate per anni sull’argomento. In ogni caso, lo abbiamo visto e lo dice l’articolo stesso, l’ingresso del “medico ritrovato nel lago Trasimeno” nelle minacce telefoniche c’era già stato, più o meno una paio di settimane prima. Quali stimoli potevano, allora, aver smosso i molestatori proprio in quei giorni? La risposta più logica è: il medesimo che poi avrebbe provocato i successivi articoli di giornale, e cioè il deposito della perizia effettuata sui vecchi documenti dal professor Giovanni Pierucci, nella quale venivano evidenziate le inquietanti anomalie nelle procedure inerenti recupero e inumazione del cadavere ritrovato nel lago.
Il parere dell’esperto medico legale aveva costituito il vero punto di svolta di un’inchiesta che fino a quel momento si era nutrita più che altro di vaghi sospetti e voci di popolo. Si può a ragione immaginare che, grazie a essa, Mignini si fosse definitivamente convinto sulla bontà della pista e quindi avesse deciso di abbandonare ogni esitazione e prudenza, tanto da mettere in programma la riesumazione del cadavere, un fatto clamoroso presto filtrato all’esterno. Guarda caso quello fu anche il momento esatto in cui nelle telefonate a Dorotea Falso fu introdotto “l'amico di Pacciani… del lago Trasimeno”. Le date sono compatibili. Quella ufficiale del deposito della perizia è il 20 maggio, ma si può presumere che un’anticipazione ufficiosa del contenuto avesse circolato tra chi di dovere già un po’ prima. Riguardo le telefonate, abbiamo visto che la consegna della cassetta era avvenuta anch'essa il 20 maggio. Dal verbale si apprende che la telefonata 166, quella in cui comparivano per la prima volta riferimenti alla vicenda Narducci, era del 18. Altra notizia di grande importanza è quella di una ripresa delle telefonate dopo un silenzio di un non meglio specificato periodo di tempo.
È dunque ineliminabile il sospetto che i telefonisti si fossero presi una pausa in attesa del consolidarsi della pista Narducci, per poi introdurne la figura nelle loro minacce. È parimenti ineliminabile il sospetto che avessero potuto contare su qualche aggancio nell’ambito delle forze dell’ordine, tale da consentir loro di conoscere la notizia sulla prossima esumazione del cadavere, addirittura ancor prima del deposito della perizia che l'avrebbe resa possibile. Sulle motivazioni del loro agire non è il caso di lanciarsi in ipotesi inverificabili, è meglio che ognuno si faccia la propria idea.
Le indagini sui telefonisti. Quali indagini furono effettuate per individuare gli autori delle minacce telefoniche? Abbiamo visto che alla fine, a quanto risulta dalle notizie emerse, l’unico condannato fu un certo Pietro Bini, mentre altre tre persone, tra cui i cognati di Dorotea Falso, sarebbero state assolte. Buio totale però su come si arrivò a questo risultato. I pochi documenti pervenuti nella disponibilità di chi scrive non aiutano molto, anche se possono offrire utili motivi di riflessione. Prima di proseguire è opportuna una premessa: è opinione personale che le molestie telefoniche siano da dividersi in due fasi ben distinte, legate ad autori e motivazioni differenti. Nella prima fase agirono soltanto i due cognati, spinti da ignoti rancori di presumibile origine familiare. Nella seconda subentrarono altri soggetti, forse affiancandosi ai primi due ma più probabilmente sostituendoli. Le nuove motivazioni sono difficili da immaginare, in ogni caso appaiono torbide, e in qualche modo legate alle indagini di Firenze sui mandanti. L’ingresso della figura di Pacciani potrebbe rappresentare il punto di giunzione tra le due fasi.
Ecco alcuni elementi desumibili dalla documentazione in possesso di chi scrive, tutti riferiti alla seconda fase:
Se si pensa che il destinatario delle minacce era un’anonima estetista, non si può fare a meno di domandarsi che cosa ci fosse sotto per mettere in piedi questa gigantesca rappresentazione. È anche strano che non risultino intercettazioni realizzate dalle forze dell’ordine, ma soltanto un tardivo suggerimento di Angeloni a Mignini in data 28 febbraio 2002 che non sembra aver avuto seguito.
In considerazione di quanto sopra e della gravità dei fatti esposti nei vari verbali resi dalla Falso Dorotea, nonché dalle minacce di morte, sia nei confronti della Falso che del figlio in tenera età, evinte dai primi verbali di trascrizione delle telefonate avvenute, è modesto parere di questo ufficio ritenere necessario di richiedere all’Autorità Giudiziaria in indirizzo di voler valutare l’opportunità di concedere l’autorizzazione a procedere ad intercettazione dell’utenza telefonica dell’utenza […] intestata a […] di Falso Dorotea, in uso alla stessa, per una durata di quindici giorni, senza blocco, da effettuare presso la sala intercettazioni di questa Questura, Divisione Squadra Mobile. Si fa altresì presente di voler valutare l’opportunità di fare acquisire anche il tracciamento telefonico in entrata ed in uscita dell’utenza interessata per tutto il periodo che verrà effettuata l’eventuale intercettazione telefonica.
Con l’enorme uso, per non dire abuso, delle intercettazioni telefoniche in moltissimi altri alvei dell’inchiesta, riesce davvero difficile capire il perché nel caso dei sedicenti satanisti esse non furono attuate.
Ma proviamo a scoprire qualcosa di questo nuovo personaggio, Pietro Bini – che sappiamo essere l’unico condannato – attraverso le parole di una collega di lavoro alla quale aveva fatto telefonate ingiuriose con voce camuffata tramite un congegno elettronico.
OGGETTO: Verbale di spontanee dichiarazioni rese da C. Luciana [...]
Il 9 gennaio 2003, alle ore 18:20, negli uffici della Divisione della Squadra Mobile della Questura di Perugia, innanzi al sottoscritto Ass. C. EMILI Salvatore è presente la nominata in oggetto la quale sentita in relazione ai fatti già denunciati in passato, relativi alle minacce e ingiurie ricevute dal suo collega di lavoro BINI Pietro, in altri atti generalizzato riferisce quanto di seguito:
Preciso che le telefonate minatorie che poi ho saputo che venivano effettuate dal BINI Pietro, la voce veniva distorta tramite un congegno elettronico di piccole dimensioni, della grandezza di un registratore portatile. La voce che veniva simulata era del tipo rauca, rantolante che poteva rimarcare la follia della persona che telefonava. Sono sicura di ciò in quanto lo stesso Bini mi ha raccontato come riusciva ad effettuare tali telefonate senza farsi riconoscere, ed infine mi ha anche mostrato l'apparecchio da lui utilizzato. Le telefonate in questione come confessato dal Bini le effettuava sia dall'utenza telefonica della sua abitazione che da cabine pubbliche. [...]
So che pratica unitamente ad un gruppo di ragazzi maschi e femmine, la simulazione di guerra ed hanno una sede in Spello. Attualmente in azienda lavora come centralinista e posso dire che è un esperto nel campo della telefonia e ricetrasmittenti come da lui asserito e dimostrato.
Questa invece è un’informativa della questura, datata 25 febbraio 2003.
L’estrapolazione delle schede telefoniche interessate, grazie alla possibilità di evincerne il codice che lascia traccia della chiamata effettuata, ha permesso di focalizzare l’attenzione su alcuni elementi che potrebbero essere gli autori del reato; nello specifico è giusto segnalare che uno di loro, tale Bini Pietro, nato a Cannara […] ivi residente […], soprannominato “Tenente Kenne”, vista la sua passione e megalomania per le armi e tutto ciò che attiene l’esercito, anche se riformato, ha già precedenti specifici per aver ossessionato con telefonate anonime una donna, tale C. Luciana, minacciandola ed usando termini scurrili come viene fatto per la Falso. È anche da sottolineare che le sue fisime lo vedono come un fervido partecipante alle gare di “Soft air”, sia nella provincia di Perugia che in quella di Firenze e in quella di Reggio Emilia.
Oltremodo, una delle tante schede telefoniche usate per effettuare le minacce, viene usata diverse volte, anche in orari particolarmente tardi, anche per chiamare la C. Romina, sorella della C. Luciana. È evidente che la Romina C. non è ancora stata escussa a verbale, come la sorella (vedasi verbale allegato), perché sussistono validi elementi per ritenerla facente parte del sodalizio in parola, cosi come altri personaggi non sono stati chiamati, fino a che non esisterà la certezza della loro estraneità all'attività criminosa, onde non pregiudicare le indagini che si stanno effettuando. Si segnala anche che è la stessa Luciana C., che in sede di escussione a verbale, dichiara che il Bini è in possesso di tutti i numeri telefonici della sua famiglia e conosce i vari componenti.
Oltremodo si evidenzia che il Bini è stato indicato da più persone come un fervido praticante di messe nere e che, stranamente, le zone frequentate per le gare della “soft air” coincidono con i luoghi dove vengono praticati i riti satanici. Non è da sottovalutare neppure la tecnica che il Bini usò con la C.; infatti, durante le sue telefonate minatorie usava un distorsore vocale, necessario per non far riconoscere la propria voce, visto che la persona offesa e l’autore erano colleghi di lavoro e quindi perfettamente conoscenti l’una dell’altro. Tale metodo ha permesso al Bini di operare nella sua attività minatoria e denigratoria per ben due anni, senza che venisse scoperto e senza lasciare tracce particolari. L’elemento scatenante nel Bini questa perseveranza maniacale è da ricercare in un netto rifiuto, da parte della C., ad intraprendere una relazione sentimentale, stante le dichiarazioni rilasciate dalla stessa.
È davvero tutto molto strano. L'informativa racconta i precedenti del soggetto nel campo delle molestie telefoniche, ma non fornisce alcun elemento che possa collegarlo a Dorotea Falso. La quale a sua volta mai lo aveva chiamato in causa. Eppure sappiamo che tre anni dopo Bini avrebbe ammesso le molestie, concordando con Mignini una pena rifiutata peraltro dal giudice per la sua eccessiva esiguità. E infine nel 2012, secondo Fiorucci, avrebbe “patteggiato una pena di qualche mese spiegando: l’ho fatto perché ero invaghito dell’estetista che non ci stava”.
È chiaro che i conti non tornano. Se è vero che è sempre opportuno tenersi lontani da facili scenari di complottismo, in questo caso è ineliminabile il sospetto che Pietro Bini e Romina C. avessero agito per conto di qualcuno. Chi poteva essere questo qualcuno e quali potevano essere i suoi interessi allo stato della documentazione in mano a chi scrive non è possibile ipotizzarlo.
Firenze risponde. Nello stesso giorno dell’audizione di Jorge Maria Alves, 9 novembre 2001, partì la richiesta di Canessa a Mignini per collegare le rispettive inchieste. Tempo neppure un mese che Giuttari preparò una nota per la procura dove chiedeva nuove deleghe a effettuare interrogatori e intercettazioni, anche sulla base dei nuovi sviluppi dovuti all’inchiesta perugina. Tra l’altro con la Alves aveva già trovato nella figura dell’avvocato Jommi il primo possibile legame di Narducci con l’ambiente fiorentino.
Quelle deleghe le avrebbe attese a lungo, però, poiché il nuovo procuratore capo, Ubaldo Nannucci, non si fidava troppo, quindi, di lì a poco, sarebbero state scintille.
Entra Narducci. Dopo la trasmissione alla procura di un riassunto dei fatti riguardanti le minacce telefoniche a Dorotea Falso (1° ottobre 2001), con la conseguente apertura del procedimento penale 9144/01, il cui codice risulta scritto a penna sul documento stesso, il 9 ottobre il capo della mobile Piero Angeloni scrisse ancora a Mignini (vedi, il pdf contiene anche la successiva lettera di invio a Firenze, che verrà comoda in seguito). Questa volta venne indicato il codice del procedimento nuovo, seguito dalla sigla 21 a significare contro persone note (senz'altro i due cognati, ma non ancora la nuova coppia a loro subentrata). In ogni caso è in questo documento che compare per la prima volta il nome di Francesco Narducci.
OGGETTO: procedimento penale nr. 9144/01 R.G.N.R. (Mod.21)
ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PERUGIA
(C.A. Dr. Giuliano Mignini)
Con riferimento al procedimento penale indicato in oggetto, nel proseguo delle attività di indagine inerente le telefonate minatorie e quant’altro esposto nel verbale di sommarie informazioni già trasmesso, si comunica quanto segue:
al fine di stabilire se le persone autrici del reato, allo stato degli atti ancora non identificate, facciano parte o meno della setta satanica a cui fanno riferimento nelle conversazioni telefoniche, nonché siano interessate o coinvolte nella morte di Pacciani e/o comunque legate all’attività della persona che fu definita “il mostro di Firenze”, si ritiene opportuno chiedere all’Autorità giudiziaria in indirizzo di volere valutare l’opportunità di concedere le seguenti deleghe di indagine:
1) acquisizione del fascicolo processuale inerente la persona del dr. Narducci Francesco, perito a seguito di probabile suicidio;
2) delega all’acquisizione di sommarie informazioni da parte della professoressa Barone, impiegata quale medico legale presso l’istituto di Medicina legale di Perugia.
Le richieste sono motivate dai seguenti motivi:
per quanto riguarda il cap sub a), come è ormai noto, voci insistenti avevano indicato il Dr. Narducci quale materiale esecutore dei “tagli” di parti del corpo, effettuati dal mostro di Firenze, e che per di più avrebbe conservato in modo e luoghi adatti; non solo, la “famosa” moto che venne vista sul posto dell’ultimo omicidio sarebbe stata uguale a quella in possesso del Dottore. Detto mezzo non fu mai ritrovato.
Per quanto invece concerne il capo sub b), ossia l’escussione a verbale del medico legale intervenuto, sembra che la Professoressa Barone sia al corrente di diversi particolari inerenti chiaramente la morte del Narducci, ma anche fatti specifici sulla sua vita, forse in considerazione anche del fatto che erano comunque colleghi.
Dunque, vediamo di puntualizzare, riprendendo peraltro una riflessione già fatta. Nonostante il procedimento penale riferito fosse stato aperto a modello 21, il documento parla di persone “ancora non identificate”, riguardo le quali si vorrebbe stabilire la veridicità della loro millantata appartenenza a una setta satanica coinvolta nella morte di Pacciani. Ma invece di identificare prima queste persone – condizione necessaria, altrimenti non si comprende come l’obiettivo di verificare la loro millantata appartenenza etc.… possa essere raggiunto – attraverso un percorso logico difficile da capire e condividere viene già chiesta delega per indagare sulla morte di Francesco Narducci!
Va innanzitutto osservato che ancora non si parla della presenza del nome di Narducci nelle minacce dei misteriosi telefonisti, il che ingigantisce il sospetto che quel nome non ci fosse affatto. Quella eventuale presenza, da sola, sarebbe comunque stata una giustificazione assai debole per inserire nelle indagini l’immediata riapertura di un caso vecchio di 16 anni – tanto più che due sospettati da cui partire c’erano già, i cognati della Falso – ma almeno sarebbe stato qualcosa. Qui, invece, la giustificazione è grottesca: “Voci insistenti avevano indicato il Dr. Narducci quale materiale esecutore dei tagli…”. In sostanza vengono invocate le chiacchiere della gente. Lasciamo perdere poi la storia della moto, ignota a chi scrive, probabilmente nient’altro più di una chiacchiera ulteriore.
Proviamo adesso a dare un’occhiata a quello che succedeva a Firenze negli stessi giorni. Il 3 ottobre era terminata anche la seconda fase della perquisizione nella villa dei C. a San Casciano, con la conseguente perdita di ogni speranza residua di trovarvi qualcosa di interessante. Il giorno dopo c’era stata una riunione in procura, presieduta dal procuratore capo Ubaldo Nannucci fresco di nomina, nella quale avevano prevalso scoramento e confusione, come venne poi dimostrato dalle patetiche dichiarazioni del giorno dopo sui cerchi di pietra di Monte Morello e dalla ridicola asportazione della scritta sul muro di via dei Serragli. Sembrava insomma che per le fortissimamente volute indagini sui mandanti stesse rintoccando la campana a morto.
Angeloni non poteva immaginarlo – altrimenti si potrebbe pensar male – ma con la sua richiesta di acquisire il fascicolo di Narducci stava per offrire al collega Giuttari, a capo come lui di una squadra mobile, una insperata via d’uscita per le moribonde indagini sui mandanti, con l’indubbio effetto collaterale di fargli anche un regalo grande come una promettente carriera di scrittore di gialli di successo (del cui decollo, senza la contemporanea presenza di indagini sul campo, c’è naturalmente da dubitare). Quello stesso 9 ottobre, infatti, il suo documento dette origine a un fascicolo provvisorio – il 5202/01, iscritto a modello 45, quindi per atti che non costituiscono notizia di reato – dedicato proprio al medico scomparso nel lago Trasimeno e ai collegamenti della sua morte con le vicende del Mostro di Firenze.
Perugia chiama Firenze. Riguardo il nuovo procedimento sulle minacce telefoniche, per prima cosa Mignini volle ascoltare Dorotea Falso (16 ottobre). Ecco le parti più significative del relativo verbale.
Mi riporto alle denunce da me presentate in relazione alle gravi minacce che mi sono state rivolte da persone sconosciute nell’arco di tempo che va dal 14/7/2000 al 28/9/2001.
Le persone che mi minacciano sono una o due donne e un uomo che parlano con voce alterata e che fanno riferimento ad una setta satanica e hanno rivendicato la paternità dell'uccisione di Pacciani, perché a loro dire avrebbe tradito questa setta. Sempre gli anonimi interlocutori mi parlano di una sorta di gran sacerdote della setta che risiede a Firenze e che a loro dire sarebbe presto venuto a Foligno, anzi a Sassovivo dove si svolgono i loro riti e dove, sempre secondo loro io dovrei essere sacrificata insieme a mio figlio e poi seppellita a Firenze. Talvolta invece mi parlano del loro proposito di far diventare mio figlio adepto della setta e mi avvertono che, se non li seguirà, venderanno i suoi pezzi. Mi hanno anche detto che io non posso far niente perché i miei amici poliziotti sono tutti corrotti e fanno parte della setta. […]
Qualche vago sospetto ce l’ho sui miei cognati che si chiamano B. Francesco e C. Nadia. Ricordo di aver visto una lettera contenente minacce di morte e posta davanti al finestrone di casa mia e questo mi fa pensare che gli autori sono a conoscenza del fatto che io apro tutte le mattine quella finestra. Ci sono anche altre coincidenze come ad esempio una telefonata in cui mi si chiedeva di salutare i medici che io avrei visto alle tre del pomeriggio. Di questa notizia era a conoscenza la baby-sitter che si chiama Tania […] e mia suocera […]. Tra febbraio e marzo del 2001 mi è stato incendiato il fienile e mia cognata disse a mia suocera che era stato incendiato anche il fienile di una famiglia vicina, cosa che non era vera.
Aggiungo che nella mia professione di estetista mi è capitato di sentire da una mia cliente che i carabinieri avevano trovato dietro casa sua a Perugia i resti di un rito di magia nera con bruciature di volatili. Per quanto mi riguarda però non mi sono mai interessata di queste cose né comunque di fatti di cronaca nera.
Non ho mai parlato con i miei cognati. Ricordo solo di aver parlato con loro in occasione delle prime telefonate quando mi sfogai con mia suocera e rimasi sorpresa nel constatare l'assoluta indifferenza di mia cognata.
Correndo il rischio di annoiare il lettore, si deve ancora una volta mettere in evidenza che la Falso parla di Pacciani ma non di Narducci, mentre segnala nei due cognati delle persone sospette. A questo proposito la donna dovette rimanere un po' frastornata dall'ingresso di elementi nuovi, poiché nell'audizione in questura del 29 settembre aveva parlato di due uomini e una donna, in questo frangente di un uomo e una donna, forse due.
In ogni caso alla poveretta interessava far cessare le minacce che la stavano tormentando da più di un anno, ma probabilmente era ormai entrata in un gioco molto più grande di lei, e non poteva immaginare che i suoi problemi sarebbero andati avanti tre o quattro volte tanto. È inevitabile chiedersi allora con quale faccia tosta poté poi Giuttari scrivere su Il Mostro “questa volta Dora è fortunata”, intendendo per l’intervento di Mignini!
Vedremo più avanti, per quanto risulterà possibile attraverso la scarna documentazione in possesso di chi scrive, come proseguirono le indagini sui misteriosi telefonisti. Per il momento concentriamoci sulla vicenda Narducci, e prendiamo in esame il seguente documento, datato 22 ottobre:
Alla cortese attenzione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di FIRENZE.
Oggetto: Procedimento n. 5202/01 R.G. Mod. 45
Per unione agli atti in possesso di codesto Ufficio, si trasmette copia dell'informativa in data 09.10.2001 della Squadra Mobile della Questura di Perugia.
Si fa presente che questo Ufficio procede in ordine alle circostanze relative alla scomparsa e al rinvenimento del Dr. Francesco Narducci. Manda alla Segreteria per quanto di competenza.
Perugia, 22.10.2001
IL PUBBLICO MINISTERO (Dr. Giuliano Mignini sost.)
Si tratta di una lettera di accompagnamento della nota con cui Angeloni aveva chiesto a Mignini delega per acquisire il fascicolo Narducci e interrogare la Barone. Con questa lettera Mignini avvertì i colleghi di Firenze che stava indagando sulla morte di Narducci e i suoi possibili legami con la vicenda del Mostro. Proprio quel 22 ottobre anche lui aveva sentito la Barone, ottenendo informazioni importanti sulle procedure irrituali con cui era stata autorizzata la sepoltura di Narducci. Ma anche tante dicerie e pettegolezzi sui collegamenti con la vicenda del Mostro. In ogni caso dopo altre audizioni, il 25 ottobre sarebbe stato iscritto a modello 44 – notizie di reato a carico di ignoti – un nuovo fascicolo, il famoso 17869/01, padre di tutta la gigantesca inchiesta sulla morte del medico umbro.
Ci si può immaginare l’entusiasmo degli inquirenti fiorentini quando ricevettero la lettera, considerando la bruttissima situazione in cui si trovavano riguardo le traballanti indagini sui mandanti. Avvertito da una telefonata anonima, quello stesso 22 ottobre Giuttari era andato a controllare il famoso casolare nella proprietà dei Corsini, rinvenendovi pipistrelli di plastica e materiale analogo: un “depistaggio”, secondo le sue dichiarazioni ai giornali, in realtà una burla atroce e nient’altro, secondo il semplice buonsenso. All’orizzonte rimaneva soltanto la debole speranza di ricevere buone notizie dalla perizia tossicologica sulla morte di Pacciani, ma il cui risultato avrebbe in ogni caso portato poco lontano, vista la totale mancanza di qualsiasi soggetto da indagare (però la sua presenza nelle telefonate alla Falso associata a una setta satanica che lo avrebbe ucciso costituiva un buon motivo di sospetto).
Di fatto l’iniziativa di Giuliano Mignini portava dentro la moribonda inchiesta fiorentina un elemento di assoluta novità e interesse. Si trattava ancora una volta di una vecchia storia, ma di grandissima suggestione e soprattutto non più condizionata dall’ostacolo che aveva sempre impedito di approfondirla, l’alibi di Narducci per il delitto di Calenzano, che nella nuova ottica del Mostro multiplo non contava più nulla.
Adesso forse parrà più chiaro il perché chi scrive non crede troppo alle affermazioni di Giuttari riguardo la spontaneità dell’iniziativa di Jorge Maria Alves, che proprio in quei giorni lo avrebbe cercato per parlargli di Narducci. Insomma, può succedere che ogni tanto qualcosa cada a fagiolo, soprattutto per le persone fortunate, ma qui la coincidenza sarebbe oltremodo straordinaria! In realtà abbiamo visto nella prima parte che Giuttari aveva inquadrato Narducci già da tre anni, pertanto diventa legittimo sospettare che, una volta venuto a conoscenza tramite la comunicazione di Mignini di quel che bolliva in pentola a Perugia, avesse contattato la Alves. In questo caso sarebbe però incomprensibile il perché della sua decisione di non dichiararlo. O forse non tanto, poiché nella vicenda inerente la partenza delle nuove indagini sulla morte di Narducci si avverte una ineliminabile sensazione di artificiosità.
Le cassette. A questo punto il lettore davvero interessato sarà molto curioso di sapere se il nome di Francesco Narducci c'era o non c’era nelle registrazioni delle minacce telefoniche dei sedicenti satanisti. Abbiamo visto che nei documenti fin qui esaminati non se ne fa menzione, ma questo non basta a concludere che quel nome non ci fosse, servirebbe ascoltare le telefonate. Ebbene, per fortuna chi scrive ha la disponibilità delle relative trascrizioni effettuate dagli uomini della questura di Perugia.
Il 29 settembre Dorotea Falso aveva consegnato le prime due audiocassette, che furono trascritte in un verbale datato 23 ottobre. Dal documento risultano 58 conversazioni, purtroppo non singolarmente datate. Va detto che la seconda cassetta, registrata sul solo lato A, è una copia parziale del lato A della prima, riportandone le prime 22 telefonate su 29 (ma, incredibilmente, pare che i tre incaricati alla trascrizione non se ne fossero accorti, come si evince dal documento...). A parlare, oltre alla Falso, un uomo e una donna, con il breve intervento in un solo caso di un’altra voce maschile, quasi sicuramente il marito della stessa Falso.
Cominciamo col dire che il nome di Pacciani risulta pronunciato in tre telefonate, queste:
Telefonata 11, parla la donna:
… Mi fai ridere…
… il tuo bambino è più brutto di…
… Bocchinara, lo sai noi sappiamo tutto… tutti i bambini con la testa rossa come tuo figlio ci piacciono, farà la fine di Pacciani per un nostro servo maleficio (?), puttana… la puttana la farai… con nostro signore satana e tuo figlio ce lo prendiamo noi. …
Non sai quello che dici......
… Puttana tuo figlio ce lo prendiamo noi.
Telefonata 12, parla l’uomo:
… Fai bene perché siamo qui ad aspettarti, mica hai paura?
Hai molta paura ehh tuo figlio lo riconosciamo anche se lo dipingi di nero, è rosso, tuo figlio è rosso, satana lo vuole, non capisci proprio un cazzo, non capisci un cazzo.
Ehh ehh, finirà come Pacciani che ha tradito ahh.
Ahh siamo qui ad aspettarti dai esci magari con il tuo amichetto così lo uccidiamo anche lui brutta buttana.
… Fa male a morire per te.
Telefonata 32, parla la donna:
… Non parli? ci vai dal tuo ciarlatano? sii, noi ti aspettiamo, siamo già lì.
Il tuo ciarlatano è un sacrilego, farà una brutta fine, anche tu, vi preleveremo il sangue il tuo e il suo, di quel ciarlatano la tua testa sarà portata e seppellita nelle colline di Firenze dove c’è anche quel bastardo di Pacciani.
Puttana sei finita…
Non crederai che questo sia uno scherzo, siamo molti e potenti.
Tu verrai uccisa in nome di satana, verrai uccisa e tuo figlio lo prenderemo.
Ahh ahh vedrai, vedrai, vedrai puttana, uccisa per niente puttanaccia maledetta.
Come c’era da aspettarsi, il nome di Narducci non compare mai, e neppure parole che in qualche modo possano richiamarlo, tipo “dottore” o “lago”.
Nelle settimane e nei mesi successivi Dorotea Falso consegnò altre cassette, nelle cui trascrizioni la numerazione delle telefonate andò avanti con un unico progressivo (quindi la prima della cassetta 3 prese il numero 59). A complicare le cose va segnalata la presenza di altri doppioni e di telefonate non pertinenti. In ogni caso il primo riferimento a Narducci si trova nella telefonata 166, presente nella cassetta numero 7. Ecco il verbale di consegna in questura, datato 21 maggio 2002 (qui il PDF):
Il 21.05.2002, alle ore 1,45 negli Uffici della Divisione Squadra Mobile della Questura di Perugia. Di fronte al sottoscritto Ufficiale di P.G. Ispettore Fantauzzi Furio, coadiuvato dall'Agente di P.G. Assistente capo Emili Salvatore, in forza all'Ufficio indicato in epigrafe, è presente la nominata in oggetto, la quale per ogni effetto di legge, denuncia quanto segue:
«Dopo circa un periodo di tempo che le telefonate minatorie erano cessate, all'improvviso, circa una settimana fa sono riiniziate le telefonate con lo stesso tenore di quelle di prima; nel particolare, in data 18.05.2002, verso le ore 12,36, mi è arrivata la solita telefonata fatta dalla voce dell'uomo in cui mi veniva detto che avrei fatto la stessa fine dell'amico di Pacciani seppellito nei Lago Trasimeno e che mi avrebbero buttato nel Lago per uccidermi.
«Durante una telefonata, quest'uomo che falsa la voce, mi ha detto che avrei fatto la fine dell'amico medico di Pacciani. Da Sabato scorso mi è stato ripetuto più volte che mi avrebbero ucciso e buttato nel Lago Trasimeno.[...] Voglio anche specificare che sulla cassetta che vi consegno, durante una di queste telefonate, queste persone mi dicono che il mio telefono è sotto intercettazione e che tutto è inutile perché i poliziotti sono amici loro.[...]»
Si dà atto che viene acquisita una cassetta audio marca Sony, modello HF 90, registrata solamente in parte sul lato "A", recante le telefonate in cui viene fatto riferimento a Pacciani ed al suo amico medico.
Il verbale di trascrizione riporta la data del giorno dopo, 22 maggio 2002.
Telefonata 166, parla un uomo:
Uomo: Ah. perché dici buonasera? Eh? Presto per te arriveranno le tenebre di satana. Hai capito?
Verrai uccisa e seppellita come l'amico di Pacciani… del lago Trasimeno.
Falso: Ma scusa ma chi è l'amico di Pacciani? Dimmelo?
Uomo: Ah, guarda bene.
[…]
Falso: Scusa scusami ma io che c'entro con Pacciani? Mi spieghi? Che c’entro io? Io so’ una semplice mortale.
Uomo: Guarda il tuo bambino e finirai nel lago uccisa. Le tenebre sono vicine per te maledetta pottana, ahh, ahh, ahh, ahh, ahh. Tu maledetta, ahh, ahh, ahh
Telefonata 167, frammento, parla un uomo:
[…]
Uomo: Stai zitta, fa silenzio. Tu ricorda il dottore amico di Pacciani.
Falso: Ma chi lo conosce? Che c’entro?
Uomo: È la tua fine.
Come si vede ci sono dei riferimenti a Narducci ma non ancora il suo nome (per inciso, si deve presumere che le notizie arrivate nel 2004 a Pino Rinaldi per il suo servizio su Puletti si fossero fermate qui). Per leggere la parola “Narducci” si deve aspettare la cassetta 9, contenente 30 telefonate, progressivi 180-209, consegnata dalla Falso il 27 giugno 2002 (vedi) e trascritta su un verbale che riporta la data del 15 luglio. Ecco qui le quattro conversazioni interessate:
Telefonata 180, frammento, parla un uomo:
Lo conosciamo molto bene il tuo bambino che prenderemo.
Sì è inutile brutta puttana che gli tagli i capelli, puttana.
No, non è il tuo. perché tu sei puttana e tuo figlio ce lo prendiamo noi in nome di satana e sempre in nome di satana maledetta sarai uccisa come i traditori Pacciani e il grande medico.
Hai capito? Maledetta?
Telefonata 183, frammento, parla un uomo:
Sei una bestia, il demone di satana è in te, sei sempre più brutta, fai schifo, flaccida, guardati bene ogni giorno diventi più brutta.
Il demone ti corrode la tua anima e presto la tua anima e la tua vita, sarà nostra, verrai uccisa, uccisa maledetta.
Il tempo nostro è infinito, è il tuo che finisce pottana, pottana.
Ahh, ahh, ahh, ahh
Finirai come i traditori di Firenze Pacciani e il grande dottore.
Telefonata 192, frammento, parla un uomo:
Ma dimmi i giornali li leggi?
Noi abbiamo parlato molte volte del grande dottore del lago ucciso.
Non li leggi i giornali?
Il dottore, il grande dottore Narducci…
Lui è un traditore come Pacciani di satana ed è morto, morto.
E tu farai la stessa fine pottana
Telefonata 194, frammento, parla un uomo:
Sei puttana e cornuta.
No, la tua morte non è fantasia, è realtà.
Sarai sacrificata in nome di satana come il grande dottor Narducci, come tutti gli amici di Pacciani traditori di satana.
Povera puttana deficiente, fai schifo.
Sei brutta, è la tua fine.
Di recente è comparso su Youtube un filmato con alcune telefonate (vedi), il lettore le può ascoltare anche qui.
Le registrazioni di Dorotea Falso proseguirono. Dal verbale di ricerca dei termini significativi contenuti nelle trascrizioni, redatto il 16 giugno 2004, si scopre che in totale le cassette furono almeno 18, in 8 delle quali c’erano riferimenti alla vicenda del Mostro. In particolare, dopo la 9, Narducci compare nelle cassette 11 e 13. La figura sottostante ne mostra le prime tre pagine.
Qui sotto si possono vedere invece le date di trascrizione delle cassette 1, 2, 7 e 9.
Il quadro è (quasi) completo, e consente di affermare una verità tanto clamorosa quanto inconfutabile: non è vero che le indagini sulla morte di Francesco Narducci furono riaperte dietro lo stimolo delle telefonate minatorie a Dorotea Falso, poiché in quelle telefonate il primo riferimento alla persona, sotto forma di “amico di Pacciani del lago Trasimeno”, è successivo di ben 7 mesi, da ottobre 2001 a maggio 2002.
Il lettore tragga da solo le conseguenze che ritiene opportuno trarre.
La causa diventa l’effetto. A questo punto si deve notare la sorprendente inversione dei fenomeni di causa ed effetto. Se non fu la comparsa del nome di Narducci nelle minacce telefoniche a far partire le indagini sulla sua morte, fu quasi sicuramente la partenza delle indagini sulla sua morte a far comparire il suo nome nelle minacce telefoniche. Altrimenti, al solito, dovremmo accettare una casualità poco plausibile. La spiegazione più ovvia di tale fenomeno potrebbe essere la comparsa sui mass media delle notizie relative alle indagini, dalle quali i molestatori sarebbero stati stimolati all’utilizzo della figura di Narducci accanto a quella di Pacciani. Ma non sembra così.
Durante i primi mesi le bocche degli inquirenti erano cucite. A quanto risulta a chi scrive l’unica fuga di notizie avvenne in concomitanza con l’audizione, il 22 gennaio 2002, di Gabriella Carlizzi da parte di Mignini. Fu quasi certamente la teste stessa a parlare, nonostante la secretazione del verbale. Dal “Tirreno” del 25:
L'inchiesta avviata a Perugia, dopo l'interrogatorio di dieci ore di Gabriella Carlizzi, sembra un po' come il capo di un filo: a tirarlo si dipana la matassa. E infatti il procuratore capo Giuliano Mignini pare aver iniziato proprio dal principio. Dal 1985, precisamente l'8 ottobre, quando un giovane medico, figlio del primario di ginecologia dell'ospedale di Foligno, scomparve nelle acque del lago Trasimeno. Secondo la procura di Perugia che avrebbe ricevuto alcune carte da quella di Firenze, la morte di Francesco Narducci, all'epoca 36 anni, potrebbe essere collegata con le vicende giudiziarie che vedono implicata la schola di esoterismo e magia che secondo gli inquirenti fiorentini avrebbe ordinato i delitti delle coppiette. Gli incartamenti sono stati ripresi dagli scaffali ma il filo che ne esce sembra avvolgersi sempre attorno alla rosa rossa. Il nome della congrega con base in Francia e a Firenze che firmerebbe i delitti più efferati lasciando il suo simbolo: la rosa. Solo ipotesi, naturalmente.
Narducci scomparve dalla sua barca un pomeriggio di ottobre. Il corpo fu ripescato qualche giorno dopo. L'indagine fu presto chiusa col suicidio. Ma che ragioni avrebbe avuto Narducci di suicidarsi? La storia non l'ha mai raccontato. Il nome del medico e docente universitario arrivò a Firenze già diciassette anni fa. Attraverso alcune lettere anonime che lo avrebbero indicato come implicato nella terribile vicenda dei duplici omicidi. La procura di Firenze svolse degli accertamenti – a quel tempo capitava con frequenza che anonimi indicassero personaggi anche i più stravaganti – non trovò nulla – anche perché il medico in occasione di uno dei delitti sarebbe stato all'estero – e chiuse le indagini. Ma di un medico morto affogato parlò anche Pietro Pacciani in uno dei suoi innumerevoli memoriali. Indicava nomi e personaggi, il «Vampa», per difendersi. E su alcuni gli inquirenti fiorentini, successivamente, avrebbero anche trovato riscontri. Come nel caso del medico perugino, se è vero che l'input a riaprire le indagini è partito da Firenze. Narducci potrebbe aver fatto parte della schola? E se avesse semplicemente visto ciò che non avrebbe dovuto vedere?
Come si vede compaiono anche notizie inesatte, la qual cosa conferma una fonte di tipo secondario, ben compatibile con la Carlizzi. Un articolo analogo comparve su “Repubblica”. Per i telefonisti satanici gli stimoli erano molti, tra notizie vere e notizie fasulle tutte orientate verso ipotesi settarie, eppure non ne approfittarono, quasi avessero voluto rispettare la secretazione del verbale della Carlizzi.
Prima di leggere ancora di Narducci si dovette aspettare i primi di giugno, quando filtrarono le notizie relative alla imminente esumazione della salma. A conoscenza di chi scrive il primo articolo è questo del “Corriere dell’Umbria” uscito il 1° giugno.
Verrà effettuata nella sala settoria dell'Istituto di medicina legale in via del Giochetto la perizia autoptica sui miseri resti di Francesco Narducci il medico perugino specialista in gastroenterologia, la cui riesumazione è fissata per il 4 giugno con provvedimento a firma del sostituto procuratore Giuliano Mignini. Il magistrato perugino, che aveva chiesto lumi ad alcuni esperti tra cui il professor Aristide Morelli, sulla efficacia di un esame autoptico a 17 anni dalla morte della vittima, ha nominato quale perito un luminare di Pavia, il professor Giovanni Pierucci. Anche la famiglia, i cui interessi morali e materiali sono tutelati dagli avvocati Antonio e Alfredo Brizioli, ha nominato i propri consulenti che sono Rino Froldi di Macerata, Giuseppe Fortuni di Bologna e Valter Patumi di Perugia.
Le operazioni inizieranno di buon mattino con l’apertura del loculo al cimitero monumentale di Perugia ed il trasporto della bara nell’Istituto. Qui la cassa verrà aperta ed inizieranno gli esami tecnici dei resti. La parte più importante del lavoro dovrebbe riguardare gli esami istologici e tossicologici. Il magistrato si è convinto, sulla scorta degli atti raccolti in questi cinque intensi mesi di indagini e di interrogatori, che il clinico, che aveva appena 36 anni ed era un provetto nuotatore, sia stato ucciso. […]
I tre elementi che hanno riportato l’attenzione su Narducci in questi ultimi mesi sono, da un lato, un’intercettazione telefonica nel quadro di un'inchiesta sull'usura svolta dalla squadra mobile perugina (in cui un estorsore minacciava, in maniera oggettivamente inquietante, la vittima di farle fare la fine del medico ritrovato nel lago Trasimeno), il fatto che nel giro dell'usura ci fossero soggetti legati a sette sataniche (umbro-toscane) e, infine, il particolare che agli inizi degli anni ‘80 il giovane clinico era stato in qualche modo sospettato dalla squadra antimostro anche se poi prosciolto e completamente scagionato (all'epoca dei delitti si trovava addirittura, per motivi di studio, negli Stati Uniti).
L’accenno all’intercettazione telefonica dà ragione delle notizie imprecise che si sarebbero perpetrate per anni sull’argomento. In ogni caso, lo abbiamo visto e lo dice l’articolo stesso, l’ingresso del “medico ritrovato nel lago Trasimeno” nelle minacce telefoniche c’era già stato, più o meno una paio di settimane prima. Quali stimoli potevano, allora, aver smosso i molestatori proprio in quei giorni? La risposta più logica è: il medesimo che poi avrebbe provocato i successivi articoli di giornale, e cioè il deposito della perizia effettuata sui vecchi documenti dal professor Giovanni Pierucci, nella quale venivano evidenziate le inquietanti anomalie nelle procedure inerenti recupero e inumazione del cadavere ritrovato nel lago.
Il parere dell’esperto medico legale aveva costituito il vero punto di svolta di un’inchiesta che fino a quel momento si era nutrita più che altro di vaghi sospetti e voci di popolo. Si può a ragione immaginare che, grazie a essa, Mignini si fosse definitivamente convinto sulla bontà della pista e quindi avesse deciso di abbandonare ogni esitazione e prudenza, tanto da mettere in programma la riesumazione del cadavere, un fatto clamoroso presto filtrato all’esterno. Guarda caso quello fu anche il momento esatto in cui nelle telefonate a Dorotea Falso fu introdotto “l'amico di Pacciani… del lago Trasimeno”. Le date sono compatibili. Quella ufficiale del deposito della perizia è il 20 maggio, ma si può presumere che un’anticipazione ufficiosa del contenuto avesse circolato tra chi di dovere già un po’ prima. Riguardo le telefonate, abbiamo visto che la consegna della cassetta era avvenuta anch'essa il 20 maggio. Dal verbale si apprende che la telefonata 166, quella in cui comparivano per la prima volta riferimenti alla vicenda Narducci, era del 18. Altra notizia di grande importanza è quella di una ripresa delle telefonate dopo un silenzio di un non meglio specificato periodo di tempo.
È dunque ineliminabile il sospetto che i telefonisti si fossero presi una pausa in attesa del consolidarsi della pista Narducci, per poi introdurne la figura nelle loro minacce. È parimenti ineliminabile il sospetto che avessero potuto contare su qualche aggancio nell’ambito delle forze dell’ordine, tale da consentir loro di conoscere la notizia sulla prossima esumazione del cadavere, addirittura ancor prima del deposito della perizia che l'avrebbe resa possibile. Sulle motivazioni del loro agire non è il caso di lanciarsi in ipotesi inverificabili, è meglio che ognuno si faccia la propria idea.
Le indagini sui telefonisti. Quali indagini furono effettuate per individuare gli autori delle minacce telefoniche? Abbiamo visto che alla fine, a quanto risulta dalle notizie emerse, l’unico condannato fu un certo Pietro Bini, mentre altre tre persone, tra cui i cognati di Dorotea Falso, sarebbero state assolte. Buio totale però su come si arrivò a questo risultato. I pochi documenti pervenuti nella disponibilità di chi scrive non aiutano molto, anche se possono offrire utili motivi di riflessione. Prima di proseguire è opportuna una premessa: è opinione personale che le molestie telefoniche siano da dividersi in due fasi ben distinte, legate ad autori e motivazioni differenti. Nella prima fase agirono soltanto i due cognati, spinti da ignoti rancori di presumibile origine familiare. Nella seconda subentrarono altri soggetti, forse affiancandosi ai primi due ma più probabilmente sostituendoli. Le nuove motivazioni sono difficili da immaginare, in ogni caso appaiono torbide, e in qualche modo legate alle indagini di Firenze sui mandanti. L’ingresso della figura di Pacciani potrebbe rappresentare il punto di giunzione tra le due fasi.
Ecco alcuni elementi desumibili dalla documentazione in possesso di chi scrive, tutti riferiti alla seconda fase:
- la lettura dei tabulati Telecom relativi all’utenza Falso permise di appurare che venivano sempre usate schede telefoniche in cabine pubbliche;
- soltanto in un caso e per un motivo fortuito si arrivò a un numero di cellulare con prefisso 335 (contratto “Tim business”) che però, almeno a un primo controllo, risultò inesistente, poi non si sa; era forse quell’utenza in uso a un poliziotto di cui parla il libro Setta di stato?
- vennero usate almeno 42 cabine telefoniche, quasi tutte dislocate in paesi poco lontani dalla statale che conduce da Foligno al lago Trasimeno: Foligno (11), Spello (5), Bastia Umbra (2), Santa Maria degli Angeli (8), Assisi (6), Ospedalicchio (1), Casaglia (1), Collestrada (1), Ponte San Giovanni (2), Perugia (1), Sant’Andrea delle Fratte (1), San Feliciano (dove scomparve Narducci, 1). Paesi un po’ discosti: Ponterio (1) e Bevagna (1);
- con le stesse schede telefoniche furono chiamati altri numeri, tra i cui intestatari la questura evidenziò: a Vicchio “Il Forteto” e l’abitazione di un parroco, a Firenze l’istituto “Pio X” nella ben nota via dei Serragli e due società di taxi, infine a San Casciano la “Cooperativa di Solidarietà Lautari”;
- alcune schede vennero usate anche da Firenze per chiamare una casa di ritiri spirituali, “Oasi del Sacro Cuore”, situata in Assisi.
Se si pensa che il destinatario delle minacce era un’anonima estetista, non si può fare a meno di domandarsi che cosa ci fosse sotto per mettere in piedi questa gigantesca rappresentazione. È anche strano che non risultino intercettazioni realizzate dalle forze dell’ordine, ma soltanto un tardivo suggerimento di Angeloni a Mignini in data 28 febbraio 2002 che non sembra aver avuto seguito.
In considerazione di quanto sopra e della gravità dei fatti esposti nei vari verbali resi dalla Falso Dorotea, nonché dalle minacce di morte, sia nei confronti della Falso che del figlio in tenera età, evinte dai primi verbali di trascrizione delle telefonate avvenute, è modesto parere di questo ufficio ritenere necessario di richiedere all’Autorità Giudiziaria in indirizzo di voler valutare l’opportunità di concedere l’autorizzazione a procedere ad intercettazione dell’utenza telefonica dell’utenza […] intestata a […] di Falso Dorotea, in uso alla stessa, per una durata di quindici giorni, senza blocco, da effettuare presso la sala intercettazioni di questa Questura, Divisione Squadra Mobile. Si fa altresì presente di voler valutare l’opportunità di fare acquisire anche il tracciamento telefonico in entrata ed in uscita dell’utenza interessata per tutto il periodo che verrà effettuata l’eventuale intercettazione telefonica.
Con l’enorme uso, per non dire abuso, delle intercettazioni telefoniche in moltissimi altri alvei dell’inchiesta, riesce davvero difficile capire il perché nel caso dei sedicenti satanisti esse non furono attuate.
Ma proviamo a scoprire qualcosa di questo nuovo personaggio, Pietro Bini – che sappiamo essere l’unico condannato – attraverso le parole di una collega di lavoro alla quale aveva fatto telefonate ingiuriose con voce camuffata tramite un congegno elettronico.
OGGETTO: Verbale di spontanee dichiarazioni rese da C. Luciana [...]
Il 9 gennaio 2003, alle ore 18:20, negli uffici della Divisione della Squadra Mobile della Questura di Perugia, innanzi al sottoscritto Ass. C. EMILI Salvatore è presente la nominata in oggetto la quale sentita in relazione ai fatti già denunciati in passato, relativi alle minacce e ingiurie ricevute dal suo collega di lavoro BINI Pietro, in altri atti generalizzato riferisce quanto di seguito:
Preciso che le telefonate minatorie che poi ho saputo che venivano effettuate dal BINI Pietro, la voce veniva distorta tramite un congegno elettronico di piccole dimensioni, della grandezza di un registratore portatile. La voce che veniva simulata era del tipo rauca, rantolante che poteva rimarcare la follia della persona che telefonava. Sono sicura di ciò in quanto lo stesso Bini mi ha raccontato come riusciva ad effettuare tali telefonate senza farsi riconoscere, ed infine mi ha anche mostrato l'apparecchio da lui utilizzato. Le telefonate in questione come confessato dal Bini le effettuava sia dall'utenza telefonica della sua abitazione che da cabine pubbliche. [...]
So che pratica unitamente ad un gruppo di ragazzi maschi e femmine, la simulazione di guerra ed hanno una sede in Spello. Attualmente in azienda lavora come centralinista e posso dire che è un esperto nel campo della telefonia e ricetrasmittenti come da lui asserito e dimostrato.
Questa invece è un’informativa della questura, datata 25 febbraio 2003.
L’estrapolazione delle schede telefoniche interessate, grazie alla possibilità di evincerne il codice che lascia traccia della chiamata effettuata, ha permesso di focalizzare l’attenzione su alcuni elementi che potrebbero essere gli autori del reato; nello specifico è giusto segnalare che uno di loro, tale Bini Pietro, nato a Cannara […] ivi residente […], soprannominato “Tenente Kenne”, vista la sua passione e megalomania per le armi e tutto ciò che attiene l’esercito, anche se riformato, ha già precedenti specifici per aver ossessionato con telefonate anonime una donna, tale C. Luciana, minacciandola ed usando termini scurrili come viene fatto per la Falso. È anche da sottolineare che le sue fisime lo vedono come un fervido partecipante alle gare di “Soft air”, sia nella provincia di Perugia che in quella di Firenze e in quella di Reggio Emilia.
Oltremodo, una delle tante schede telefoniche usate per effettuare le minacce, viene usata diverse volte, anche in orari particolarmente tardi, anche per chiamare la C. Romina, sorella della C. Luciana. È evidente che la Romina C. non è ancora stata escussa a verbale, come la sorella (vedasi verbale allegato), perché sussistono validi elementi per ritenerla facente parte del sodalizio in parola, cosi come altri personaggi non sono stati chiamati, fino a che non esisterà la certezza della loro estraneità all'attività criminosa, onde non pregiudicare le indagini che si stanno effettuando. Si segnala anche che è la stessa Luciana C., che in sede di escussione a verbale, dichiara che il Bini è in possesso di tutti i numeri telefonici della sua famiglia e conosce i vari componenti.
Oltremodo si evidenzia che il Bini è stato indicato da più persone come un fervido praticante di messe nere e che, stranamente, le zone frequentate per le gare della “soft air” coincidono con i luoghi dove vengono praticati i riti satanici. Non è da sottovalutare neppure la tecnica che il Bini usò con la C.; infatti, durante le sue telefonate minatorie usava un distorsore vocale, necessario per non far riconoscere la propria voce, visto che la persona offesa e l’autore erano colleghi di lavoro e quindi perfettamente conoscenti l’una dell’altro. Tale metodo ha permesso al Bini di operare nella sua attività minatoria e denigratoria per ben due anni, senza che venisse scoperto e senza lasciare tracce particolari. L’elemento scatenante nel Bini questa perseveranza maniacale è da ricercare in un netto rifiuto, da parte della C., ad intraprendere una relazione sentimentale, stante le dichiarazioni rilasciate dalla stessa.
È davvero tutto molto strano. L'informativa racconta i precedenti del soggetto nel campo delle molestie telefoniche, ma non fornisce alcun elemento che possa collegarlo a Dorotea Falso. La quale a sua volta mai lo aveva chiamato in causa. Eppure sappiamo che tre anni dopo Bini avrebbe ammesso le molestie, concordando con Mignini una pena rifiutata peraltro dal giudice per la sua eccessiva esiguità. E infine nel 2012, secondo Fiorucci, avrebbe “patteggiato una pena di qualche mese spiegando: l’ho fatto perché ero invaghito dell’estetista che non ci stava”.
È chiaro che i conti non tornano. Se è vero che è sempre opportuno tenersi lontani da facili scenari di complottismo, in questo caso è ineliminabile il sospetto che Pietro Bini e Romina C. avessero agito per conto di qualcuno. Chi poteva essere questo qualcuno e quali potevano essere i suoi interessi allo stato della documentazione in mano a chi scrive non è possibile ipotizzarlo.
Firenze risponde. Nello stesso giorno dell’audizione di Jorge Maria Alves, 9 novembre 2001, partì la richiesta di Canessa a Mignini per collegare le rispettive inchieste. Tempo neppure un mese che Giuttari preparò una nota per la procura dove chiedeva nuove deleghe a effettuare interrogatori e intercettazioni, anche sulla base dei nuovi sviluppi dovuti all’inchiesta perugina. Tra l’altro con la Alves aveva già trovato nella figura dell’avvocato Jommi il primo possibile legame di Narducci con l’ambiente fiorentino.
Quelle deleghe le avrebbe attese a lungo, però, poiché il nuovo procuratore capo, Ubaldo Nannucci, non si fidava troppo, quindi, di lì a poco, sarebbero state scintille.
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Ringrazio Francesca Calamandrei per la disponibilità nel fornirmi la documentazione in suo possesso, augurandole che dopo il riconoscimento da parte della legge dell'assoluta estraneità di suo padre a questa brutta vicenda, cessino anche i sospetti ingiustificati che si alimentano di inesistenti ombre nere.
Grazie per questa ricostruzione Antonio!(e grazie a Francesca per i documenti 🙏)
RispondiEliminaGrazie a te Damiano per averla apprezzata.
EliminaAnche a me sono piaciuti tantissimo gli articoli. Tra l'altro sto (ri)leggendo quelli relativi a Pacciani e cdm.
RispondiEliminaHai davvero un'ottima capacita' di scendere nel dettaglio e di mettere in ordine le date. Dal punto di vista della narrazione storica tu e Omar siete un patrimonio mostrologico.
Complimenti e auguri di buon anno
Grazie, auguri anche a te.
EliminaBuongiorno @Phoenix, avrei il desiderio di contattarla, vorrei farle qualche domanda. La mia mail è vladimirrebikov@protonmail.com La ringrazio e la saluto
Elimina@Gab
EliminaCertamente. Le mandero' presto una mia e mail.
Antonio grazie per questo resoconto che forse potrà diradare un poco di nebbia che avvolge questo intricato guazzabuglio. Comunque che casino che questa storia, sinceramente non so come avrà fatto a non perdere la bussola. Lei sa qualcosa riguardo tale Biagio D. A. che qualcuno ha etichettato come braccio destro del Narducci? Grazie ancora!
RispondiEliminaAl momento niente.
EliminaNon mancherò di ringraziarla una volta di più per la sua meritoria opera di divulgatore, senza la quale saremmo davvero molto meno informati.
RispondiEliminaA me però quelle su Narducci non sembra fossero “chiacchiere”, e mi sarebbe piaciuto saperne di più sulla moto (noto con sconforto che non ne sa nulla neppure lei).
Ma quello di cui sono convinto è che il comportamento della Procura di Perugia nel 2001 sia al di sopra di qualsiasi sospetto (non voglio mettere il dito nella piaga, credo e spero che lei si sia già chiarito con l’interessato).
Caso mai, avrei più di qualche dubbio sull’operato degli inquirenti umbri del 1985, a cominciare dall’incredibile rinvenimento del cadavere neppur foto segnalato (autopsia sì/autopsia no a parte, con tutto il corredo di pressioni più o meno lecite di cui parla anche il libro di Fioroni).
Ma torno al Dr. Mignini, che così scriveva (riportato dalla sentenza Micheli):
“La stessa Squadra Mobile di Perugia non se ne sta inerte e, in una delle note che accompagnano la strana evoluzione della vicenda FALSO DOROTEA, richiama la morte del gastroenterologo e i suoi ipotetici rapporti con la tragica sequenza omicidiaria fiorentina. Alla luce di tale nota, sempre nell’ambito del procedimento sulle minacce telefoniche, riprende, anzi, questo PM prende per la prima volta, lo scarno fascicoletto “Atti relativi alla morte di FRANCESCO NARDUCCI”, esistente in Tribunale (ve ne è anche uno della Procura) e si comincia ad assumere a informazioni alcuni soggetti che possono fornire indicazioni su quella morte e, su indicazione della Mobile, la Prof.ssa FRANCESCA BARONE, appartenente all’epoca all’Istituto di Medicina legale di Perugia, di turno, ma stranamente non chiamata in occasione del rinvenimento del cadavere attribuito al NARDUCCI.”.
Quindi, il PM dice in modo chiaro che il collegamento Narducci-Pacciani gli viene suggerito dalla Squadra Mobile, il che è documentato dalla nota del 9 ottobre 2001 che riferisce delle voci insistenti sui tagli, sui feticci ed anche sulla “moto”, in ottica “Narducci”.
La nota della Squadra Mobile suggerisce che la Dr.ssa Barone “sembra” sia a conoscenza di circostanze utili sulla morte del Narducci, il che evidentemente non può che derivare da informazioni già acquisite.
Si tratta di quella Squadra Mobile che già aveva seriamente valutato il collegamento Narducci/Mostro nel 1985, come dimostrano le indagini “Napoleoni”, rimaste sempre in un quadro di mistero soprattutto circa la genesi delle stesse ma anche per quanto riguarda gli approdi.
Mignini, dunque, non fa altro che sviluppare un suggerimento investigativo che gli giunge da quegli ambienti investigativi che già avevano fortemente dubitato del Narducci (anche se certamente la Mobile del 2001 non era quella del 1985).
Apre il fascicolo e, procedendo con le indagini, trova obiettivamente di tutto. Non sto dicendo che sia stata rinvenuta la certezza di un collegamento tra Narducci ed il MDF, ma le incredibili incongruenze dell’annegamento del 1985 sono sotto gli occhi di tutti (tra doppi cadaveri, doppi certificati, doppi ripescaggi, sensitivi, poliziotti smemorati o con memoria selettiva - “prima non ricorda nulla, e poi ricorda pure troppo” – Micheli dixit, a proposito del caso De Feo, e quant’altro).
Che altro doveva fare, se non indagarci sopra?
Auguri di buon anno.
Alberto
Ciò non toglie che la vicenda delle telefonate minatorie all'estetista venga sbandierata come il punto di partenza delle nuove indagini su Narducci, perché non è vero. O perlomeno non lo è nei termini creduti fino ad oggi.
EliminaFacciamo una banale ipotesi. C'era un Mostro vero o una congrega di Mostri, quel che vuole, che aveva interesse a indirizzare le indagini su un caso di dubbio suicidio del 1985. Questi fanno una telefonata all'estetista raccontando qualche balla su Pacciani e la magia nera. E la polizia e la magistratura, invece di lavorare per individuare il telefonista e capire cosa c'era sotto, cadono come pere cotte nella trappola? E' uno scenario davvero poco credibile, io, da semplice ricercatore dilettante, non ci credo. E mi fermo qui.
Auguri anche a lei.
Lei ha fatto un lavoro eccellente demolendo la leggenda. Io stesso ero convinto che fosse andata così, prima di prendere atto della sua ricerca.
EliminaQuello che volevo soltanto dire è che del perpetuarsi della leggenda non mi sembra colpevole Mignini.
Sul perchè Angeloni abbia segnalato a Mignini il fascicolo Narducci, lo sa il diavolo.
Cero, mantenere viva la pista esoterica poteva far comodo a qualcuno, lei lo scrive con diplomatica oculatezza ("altrimenti si potrebbe pensar male"), e si coglie che Giuttari non le stia troppo simpatico.
Il fatto è che una volta iscritto a RG NR il fascicolo (MDF connection o meno), non fu certo il pretesto iniziale (ammesso che fosse tale) a mantenere in vita l'indagine. Fu l'incredibile serie di incoerenze che Mignini via via scopriva a giustificarlo.
Per me la cosa vergognosa fu il comportamento degli inquirenti ad ottobre 1985, sul lago, non certo il lavoro di Mignini.
E grazie ancora una volta per quello che fa.
Ci tengo però a precisare che non sono parte in causa in questa vicenda in nessun modo, quindi non ho simpatie o antipatie. Cerco soltanto di portare avanti una ricostruzione storica. Certo, non posso negare di trovarmi ad applicare il mio codice morale, ma cerco di tenerlo ben distinto dai fatti e dalla loro interpretazione.
EliminaGentile Dott. Segnini,
RispondiEliminaNonostante il suo modo sgarbato di porsi con il sottoscritto, mi sento obbligato a farle i miei più sinceri complimenti per il presente articolo che io definirei - senza mezze misure - il suo capolavoro.
Lei è riuscito a fare luce su una vicenda (quella delle telefonate in primis, e non solo) su cui da 20 anni circolano informazioni "sbagliate". La sua è stata una vera e propria rivoluzione copernicana, come la compì Kant nella filosofia.
Adesso capisco la sua "ritrosia" a pubblicarlo: si tratta di una vera e propria bomba!
Mi permetto di chiederle se per il futuro sono previsti altri articoli sulla vicenda Narducci. Se approfondirà il discorso sul "doppio cadavere" (visto che su vari blog e forum serepeggiano leggende metropolitane su un fantomatico "messicano) et similia.
Dai perdoniamoci a vicenda, però lei mi deve promettere di non insistere per i prossimi articoli su pista esoterica e Narducci, che verranno, stia pur certo che verranno, compatibilmente con le mie risorse che sono limitate. Io scrivo per pura passione, animato dalla voglia di far luce su una vicenda vergognosa, ma anche di restituire a qualcuno, come l'ammirevole Francesca Calamandrei, tutta la pulizia che si merita.
EliminaGrazie come sempre Antonio, continui così, è la nostra unica speranza!
RispondiEliminaGrazie a te Riccardo, non darmi del lei che mi fai sentire più vecchio! Ciao.
EliminaSalve Antonio, mi chiedevo se hai visto questo video https://www.youtube.com/watch?v=HtmglHdXSwM di Francesco.
RispondiEliminaSi fa finalmente un po' di chiarezza sulla faccenda Spezi-Mignini sulla quale vige una gran confusione in rete (fra garantisti e innocentisti). Mi chiedevo se potresti portare ulteriore chiarezza sulla faccenda con le tue ricostruzioni.
Grazie
Non ho ancora visto il video, ma naturalmente lo guarderò. Ho in programma di interessarmi alla questione, anche se non sarà prestissimo, perché nei miei articoli sulla pista esoterica e Narducci vorrei seguire un criterio temporale (i tre articoli su frattura, abbigliamento e ombra nera sono di vecchia data).
EliminaNon mi illudo di portare chiarezza, farò, comunque del mio meglio dal punto di vista della persona non del mestiere che però cerca di capire. In verità in una sua comunicazione personale Giuliano Mignini mi ha rimproverato per la mia pretesa di intromettermi in materie che non conosco, ma io ritengo che invece la mia inesperienza possa essere un valore aggiunto, se correttamente utilizzata.
Giusto per poter attribuire gli interventi, chi non ha un profilo nominale è meglio che inserisce nel testo una sigla. Ciao.
Ho ascoltato il video. Mi trovo completamente d'accordo con la valutazione che viene data della vicenda Spezi, la dimostrazione migliore di come una struttura come il GIDES, in mano a un investigatore fin troppo interessato a rimanere sulla breccia e per nulla calmierato da un pubblico ministero di manica troppo larga, avesse buttato via i nostri soldi indagando sul nulla. E perseguitando persone innocenti, come il povero Francesco Calamandrei.
EliminaC'è però da dire che Traversi racconta un'inesattezza quando dice che la Cassazione avrebbe accettato tutti i proscioglimenti di Micheli escluso uno, poi andato in prescrizione. Non è vero, la Cassazione respinse tutte le archiviazioni, accettando soltanto quella del reato di associazione a delinquere, senz'altro il più grave, che era poi stato l'escamotage con il quale Mignini sperava di portare in giudizio la vicenda dell'irrituale tumulazione della salma di Narducci. I reati connessi erano infatti tutti prescritti, di per sé, mentre l'eventuale associazione a delinquere nell'ambito della quale sarebbero stati commessi secondo lui era ancora in atto in anni recenti, quindi perseguibile assieme a tutti i suoi reati, compresi quelli del 1985. Un gioco che non aveva alcuna speranza di riuscita, non essendoci stata alcuna associazione a delinquere, un sodalizio che la legge vuole si caratterizzi per ben altri elementi che non il solo nascondimento dell'eventuale omicidio di una persona. Tanto per sintetizzare, un'associazione a delinquere è un gruppo di persone (almeno tre) dedito al crimine in genere, di qualsiasi tipo e continuato nel tempo, non un gruppo che si mette assieme per un singolo reato e poi si scioglie.
Dimenticavo. Vorrei far notare la vicenda Puletti. Ne ho già parlato nel mio articolo, ma non posso fare a meno di evidenziare un fatto clamoroso: il tentativo di Rinaldi e Spezi di cambiare il "grande medico" da Narducci a Puletti, che costò loro le note accuse di depistaggio, non avrebbe avuto alcun motivo di esistere se i due giornalisti fossero stati a conoscenza di quello che emerge da questo articolo. Loro volevano dimostrare che le indagini su Narducci erano partite da un equivoco, qui si dimostra molto di più: erano partite da una gabola.
EliminaQuesto trittico di articoli "Firenze-Perugia solo andata" è un gran pezzo, da giornalismo d'inchiesta co gli atttributi. L'ho apprezzato tantissimo.
RispondiEliminaAndrea.
Mi perdoni, le segnalo un'altra mancata censura dei C. (Primo capitolo).
RispondiEliminaGrazie
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