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sabato 26 gennaio 2019

Autunno 1995

Di recente chi scrive è entrato in possesso della copia di alcuni documenti fino a oggi mai emersi, tramite i quali è possibile analizzare meglio la fase iniziale delle indagini sui compagni di merende, quella che portò all’interrogatorio di Gabriella Ghiribelli di fronte a Michele Giuttari, il 27 dicembre 1995. Come è ormai ben noto, in quell’occasione la donna raccontò di aver visto, la domenica sera del delitto, una macchina rossa parcheggiata sotto la piazzola di Scopeti. Di lì in avanti il cammino della nuova inchiesta divenne abbastanza facile e soprattutto obbligato, poiché quell’auto sportiva a coda tronca portava direttamente a Giancarlo Lotti, il personaggio chiave di tutta la vicenda, già interrogato un paio di settimane prima dallo stesso Giuttari che nell’occasione non si era reso conto appieno della sua importanza.
Raggiungere maggior chiarezza sul come si arrivò a individuare Lotti – attraverso la sua Fiat 128 Coupé rossa – è assai opportuno, soprattutto per verificare la teorizzata presenza di un diabolico piano degli inquirenti volto a costruire un “pentito” dal nulla. È senz’altro questa l’impostazione della grande maggioranza di chi oggi rifiuta la verità giudiziaria emersa dai processi. Come si vedrà, sembra però assai improbabile uno scenario di tal genere, poiché i documenti ci raccontano di indagini fatte a tentativi, quindi genuine, con la pista della 128 seguita dai pochi agenti rimasti alla SAM, mentre la procura e Giuttari parevano preferirne una alternativa. Fino a quando la testimonianza della Ghiribelli mise tutti d’accordo.

In cerca dell’auto prestata. Il 13 luglio 1994 al processo Pacciani aveva deposto il teste Ivo Longo, che si era detto certo di aver visto l’imputato guidare un’auto non sua la notte della domenica in cui si pensava fossero stati uccisi i due francesi a Scopeti. Il punto dell’avvistamento e la direzione nella quale si muoveva l’auto erano compatibili, secondo gli inquirenti, con un viaggio verso San Piero a Sieve, dove era stata imbucata la lettera con il frammento di seno di Nadine Mauriot. A quel punto si era supposto che qualcuno, subito dopo il delitto, avesse prestato la propria auto a Pacciani, intravedendo una nuova pista che era parsa assai interessante. Alcune ghiotte notizie sulle prime relative indagini sono desumibili da un’annotazione del 26 luglio (vedi) inviata dalla SAM in procura – quindi appena un paio di settimane dopo la testimonianza Longo –, sottoscritta da Riccardo Lamperi (ispettore principale poi ispettore capo), Alessandro Venturini (assistente capo poi sovrintendente) e Lidia Scirocchi (agente scelto), nella sostanza i soli tre componenti rimasti della vecchia struttura che aveva dato la caccia a Pietro Pacciani. Furono proprio loro a condurre le indagini, a quanto sembra in un clima di poca convinzione, con la procura che esitava a concedere deleghe, probabilmente perché già in attesa dell’arrivo di Giuttari.
Ma torniamo all’annotazione citata, dalla quale si viene a sapere che in un colloquio telefonico di qualche giorno prima il grande chiacchierone Lorenzo Nesi, oltre a ribadire quanto continui fossero stati i rapporti di frequentazione tra Vanni e Pacciani, aveva fornito due spunti che si sarebbero rivelati decisivi, introducendo nello scenario due personaggi nuovi: Filippa Nicoletti e Giancarlo Lotti. A dire il vero quest’ultimo era già stato interrogato quattro anni prima (vedi) in quanto amico di Pacciani, ma aveva tenuto un basso profilo riuscendo a defilarsi. Secondo Nesi poteva essere stato proprio Lotti il proprietario dell’auto vista da Longo, quindi gli uomini della SAM si erano prima informati al PRA sulle auto a lui intestate, poi erano andati ad ascoltarlo. Nell’occasione l’individuo si era detto sicuro di non aver mai prestato la propria auto a nessuno, quindi neppure a Pacciani, ma intanto aveva ammesso di aver posseduto quella Fiat 128 Coupé rossa la cui importanza nella vicenda si sarebbe presto rivelata decisiva.
Sempre nell’ambito della ricerca di eventuali auto non sue guidate però da Pacciani gli uomini della SAM andarono a recuperare vecchi verbali (è il caso di ricordare che il loro archivio conteneva migliaia di documenti catalogati in un personal computer). Tra di essi c’era anche quello di Giancarlo Rufo (vedi), nel frattempo deceduto, proprietario della colonica situata di fronte alla piazzola di Scopeti, dove si trovava il pomeriggio della domenica del delitto. Assieme a Rufo c’erano alcuni amici, dei quali il verbale nominava due coniugi, Marcella De Faveri e Vittorio Chiarappa, che l’11 ottobre Lamperi, Venturini e la Scirocchi andarono a sentire – separatamente, avrebbero specificato, come del resto buona norma comanda – nella loro casa di Firenze. Chi scrive è entrato in possesso del verbale dell’uomo (vedi), mentre di quello della donna, a tutt’oggi  irreperibile, è noto soltanto il sunto riportato da Giuttari nei propri libri. Da Il Mostro:

L'insegnante aveva confermato di essere stata la domenica dell'8 settembre 1985 nel primo pomeriggio, insieme al marito, alla casa colonica dell'amico e raccontò che, nel fare manovra per entrare nel cancello, avevano trovato difficoltà per la presenza di una vettura parcheggiata sul lato destro della carreggiata, una macchina «dalla forma tronca dietro, di colore rosso, sicuramente non più nuovo né brillante, ma sbiadito».
Nei pressi di quell'auto aveva visto due uomini dei quali aveva fornito queste descrizioni:
«Uno era un uomo di mezza età, di corporatura tipo squadrata, di media altezza, senza collo, con testa dal taglio rettangolare, che mi dava l'apparenza di essere un contadino. Costui stava appoggiato al cofano motore della macchina (cioè alla parte anteriore indirizzata verso San Casciano) guardando in avanti, lungo la strada. Mi dava l'impressione d'avere i capelli tagliati corti. Il secondo personaggio era appoggiato sul lato destro dell'auto e guardava il bosco. Questi dava l'impressione di essere un po' più alto del precedente e come figura sembrava meno grezzo dell'altro.»

Dal verbale di Vittorio Chiarappa:

Effettivamente quel pomeriggio io andai in visita da RUFO Giancarlo e vi giunsi intorno all'ora di pranzo. Con me si trovava anche mia moglie Marcella De Faveri. Della data sono sicuro per più di un motivo:
1) quel pomeriggio mi dovetti assentare temporaneamente, dalle 15.30 alle 17.30 circa, per far pubblicare a Firenze un necrologio per la morte del maestro di musica Franco FERRARA (effettuato presso LA NAZIONE);
2) essendo sia io che Giancarlo appassionatissimi di fotografia ricordo di aver portato con me in quella circostanza un teleobiettivo di 300 mm. di focale, cioè particolarmente potente;
3) perché́ collegai ciò̀ che vidi con il teleobbiettivo e che spiegherò qui di seguito con la notizia appresa dai giornali e dalla radiotelevisione riguardo al duplice omicidio dei cittadini francesi […].
Tornando a quel pomeriggio ricordo di aver inquadrato con il teleobbiettivo, intorno alle ore l5,00, 1'ingresso alla stradella che conduce alla piazzola del delitto […]. Notai che lì vi era parcheggiata parallelamente alla strada, con il davanti in direzione di San Casciano, una vettura di colore rosso sbiadito di forma squadrata, con il dietro tronco. Notai anche che c’era un uomo che, mostrando le spalle, guardava in direzione del viottolo che conduceva al luogo del delitto. Quest'uomo non si muoveva e stava appoggiato al tetto dell'auto, dalla parte dell'asfalto in modo tale che io potevo vederlo completamente di spalle.
Come ho già detto, osservai l'uomo anche quando scesi con la mia macchina a Firenze (da solo) per fare il necrologio e mi colpì molto il fatto di ritrovarlo nella medesima posizione dopo circa un'ora e mezza quando rientrai alla colonica del RUFO. Anzi lo ricordo bene perché, come si evince anche dalla foto a colori che mi mostrate, io ero costretto ad allargarmi un po' sulla destra per poter effettuare la manovra di ingresso a sinistra e la macchina dello sconosciuto mi ostacolava in una certa misura perché era sempre lì ferma.
Per quanto riguarda il misterioso personaggio egli era di corporatura grossa, di mezza età.

Come si evince dalla successiva nota inviata in procura (vedi), il racconto fece venire in mente agli uomini della SAM la Fiat 128 Coupé rossa che, secondo i registri del PRA, Giancarlo Lotti aveva posseduto dal 30 marzo 1983 al 2 aprile 1986. Una immediata richiesta agli organi storici della Fiat consentì loro sia la determinazione del tipo di rosso, molto simile a quello descritto nella testimonianza, sia l’ottenimento via fax dei vari profili dell’auto, mostrati ai coniugi e da essi ritenuti molto compatibili.
Poteva essere quella l’auto che Pacciani guidava la notte in cui sarebbe stato visto da Ivo Longo? Lamperi e i suoi colleghi dovettero ritenerlo possibile, poiché riportarono nella loro nota le seguenti dichiarazioni rilasciate dal teste in questura il 6 luglio 1994 (vedi): “Una macchina forse a due volumi, ma senza dubbio con un ripiano posteriore, dove si possono appoggiare oggetti, riviste o bagagli, ...la macchina non la ricordava chiara...”. Il documento ci dice altresì che gli uomini della SAM presero in esame anche due altre testimonianze, di persone che invece al processo Pacciani non erano state convocate.
Dopo un primo contatto informale, il 21 luglio 1994 i coniugi Tiziana Martelli e Andrea Caini avevano dichiarato (vedi) di aver visto transitare, in orario e luogo compatibili con il delitto di Vicchio, due auto sospette:

La prima auto aveva i fari anteriori rettangolari, poteva essere una due volumi, oppure anche una tre volumi, comunque con cofano della bauliera corto, tipo la Ford Escort prima serie, di colore scuro. La seconda auto poteva essere rossa, più chiara della precedente. Entrambe erano vetture di media cilindrata.

Ecco quindi ancora un’auto rossa, che peraltro pareva venir fuori anche da una seconda testimonianza sempre relativa alla notte del delitto di Vicchio, quella di Maria Grazia Frigo, che l’aveva incontrata in una via di campagna poco lontano dalla piazzola. In una telefonata a Canessa del 2 dicembre 1992 così la donna l’aveva descritta: “...un'auto rossa a fari spenti, forse una Ford od una Renault, ...non certo una FIAT. L'auto rossa era condotta da un uomo con i capelli brizzolati, a spazzola...”. Chi scrive non ha disponibilità della corrispondente nota redatta dal PM, ma soltanto delle dichiarazioni della teste in questura di due giorni dopo (qui) e della nota di invio del verbale in procura (qui).

Arriva Giuttari. Reduce dai successi nelle indagini relative agli attentati mafiosi del 1993, nelle quali era stato coinvolto come responsabile del settore investigativo della DIA di Firenze, nel 1995 Michele Giuttari era in attesa di trasferimento alla questura di Bari, dove avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di capo della squadra mobile. Ma le cose andarono in altro modo, poiché Vigna lo volle assegnare alle nuove indagini sui presunti complici di Pacciani, con la speranza di ottenere dei risultati utili entro il processo d’appello – che immaginava già sarebbe finito male per la procura – previsto per il 29 gennaio 1996. Giuttari stesso, con indubbio orgoglio, ha raccontato più volte i contorni di quella scelta, da certi punti di vista assai sorprendente, considerati i tempi stretti e la sua minima conoscenza dei fatti sui quali avrebbe dovuto investigare. Da Il Mostro:

Capisco che Vigna deve avere apprezzato le capacità analitiche e investigative che mi hanno aiutato a individuare i responsabili degli attentati, e vi fa ora affidamento perché all'appello si giunga con nuovi elementi di prova che consentano di rendere più certa la reale posizione dell'imputato, la cui colpevolezza viene da più parti messa in dubbio. Ma non è tutto: da un lato, il procuratore ritiene estremamente positiva la mia totale estraneità alla vicenda del "mostro", che può permettermi di affrontarla con mente sgombra da pregiudizi e preconcetti. Dall'altro Vigna mi dà un'indicazione precisa, invitandomi a indirizzare le indagini sui possibili complici di Pietro Pacciani, ipotesi ventilata dai giudici nella condanna del '94.
In quel momento del "mostro di Firenze" sapevo effettivamente molto poco, più o meno quello che sapevano tutti gli italiani. […] All'epoca dei delitti (fino al 1985), per di più, mi trovavo lontano dalla Toscana, in Calabria, impegnato nella lotta ai sequestri di persona. E durante il processo ero preso dall'indagine sugli attentati di mafia.
Nei confronti dell'imputato non ho dunque alcun preconcetto: non mi ero mai schierato né dalla parte dei colpevolisti né da quella degli innocentisti. Certo, come uomo di legge non posso non attribuire un qualche peso alla prima sentenza che lo ha condannato, ma più di tutto mi stimola la pista appena indicatami dal procuratore e che potrebbe funzionare come quelle operazioni matematiche in cui si ricava il valore di un'incognita accertando quello di un'altra. In altre parole, se scoprirò che Pacciani non agiva da solo ma aveva dei complici, la sua colpevolezza sarà definitivamente provata.
Assicuro quindi la mia totale disponibilità garantendo che mi metterò subito al lavoro appena assunto l'incarico. Anche se, ce ne rendiamo conto entrambi, è un compito quasi titanico: per la brevità del tempo (tre-quattro mesi da ottobre a gennaio), per l'«antichità» del caso (tutti i delitti risalgono a oltre dieci anni prima) e l'immane mole di atti (verbali, testimonianze, sentenze eccetera) che dovrò studiare in via preliminare.
Varco così la soglia della Questura di Firenze in via Zara il 15 ottobre 1995 pronto a immergermi in un delicato lavoro di "archeologia investigativa".

A partire da quel 15 ottobre 1995, Giuttari si immerse a tempo pieno nello studio degli innumerevoli documenti che si erano accumulati in anni d’indagine, con la procura che attendeva speranzosa la maturazione della sua operatività. Intanto Lamperi e colleghi cercavano di seguire le tracce della macchina rossa, con gli occhi puntati su Giancarlo Lotti e sulla sua Fiat 128 Coupé. In procura però la pensavano in altro modo; a interessare i magistrati sembra fosse una diversa auto, anch’essa rossa e anch’essa in qualche modo collegata a Lotti, che ne aveva parlato nelle sue dichiarazioni del 19 luglio 1990. Dal relativo verbale (vedi):

Conosco di vista una persona che frequentava il Pacciani. Questa persona era un uomo alto 1,80 circa, grosso di corporatura, vestiva in modo elegante, veniva a San Casciano con un Volkswagen Maggiolino di colore rosso, non conosco il suo nome e non so dove abita. Questa persona si appartava a parlare con il Pacciani, non so di cosa parlassero, certe volte andavano via in macchina. Vanni Mario conosceva questa persona e qualche volta andavano via tutti e tre in macchina.

La descrizione dell’auto fatta dai coniugi De Faveri-Chiarappa non faceva certo venire in mente un Maggiolino, in ogni caso si volle chiedere alla donna, che il 14 novembre venne convocata in procura (vedi). La sua risposta fu perentoria: “La vettura della quale ho parlato non era sicuramente un Maggiolino Volkswagen, tipo di auto che è uno dei pochi che conosco bene”. Dal verbale si viene anche a sapere che all’epoca i coniugi avevano riferito del loro avvistamento a un conoscente della questura, Giovanni Cecere Palazzo, che evidentemente non aveva ritenuto opportuno farli convocare.
Gli agenti della SAM si recarono poi ad Arezzo, dove da qualche anno era andata ad abitare Filippa Nicoletti, la prostituta amica di Lotti già sentita nel luglio 1994. A quel colloquio informale, di cui a oggi non è ancora emerso alcun documento, seguì la convocazione della donna in procura, dove il 27 novembre venne interrogata dal pubblico ministero Paolo Canessa (vedi). Oltre alla conferma del possesso del 128 da parte di Lotti – “Il 128 Coupé di cui parlo che aveva il LOTTI è proprio la macchina che mi viene mostrata in fotocopia che viene allegata al verbale” –, la donna raccontò un fatto che, inevitabilmente, alimentò ulteriori sospetti sull’individuo:

Quando, nel luglio dell’anno scorso, fui sentita dalla SAM, telefonai ad uno dei bar di S. Casciano dove so che va sempre il LOTTI, gli parlai e gli dissi che ero stata sentita dalla Polizia e lui volle sapere cosa gli avevo detto e quali domande mi erano state fatte.
Anche ieri e ieri l’altro ho informato il LOTTI che ero stata convocata oggi e lui mi ha pregato di telefonargli l’esito dell’interrogatorio.

Il 2 dicembre Lamperi e Venturini andarono ad ascoltare Sabrina Carmignani, della quale avevano in mano la testimonianza del 9 settembre 1985 (vedi). È ormai universalmente noto che la Carmignani, in compagnia  del proprio fidanzato, si era avvicinata in auto alla tenda dei francesi il pomeriggio della domenica del delitto, ricevendo l’impressione che i poveretti fossero già stati uccisi. Ma in quel momento agli uomini della SAM interessava un altro particolare che emergeva dal verbale:

Siamo andati via dal posto dopo circa una mezz'ora dall'arrivo. Mentre stavamo andando via è arrivata un'altra autovettura con una persona a bordo. Era una macchina tipo la Regata, ma si trattava di un'auto che non so descrivere, anche perché non ho dato importanza alla cosa.

Si legge nella nota del 5 dicembre 1995 (vedi):

[...] gli scriventi mostravano alla CARMIGNANI la foto del modello FIAT 128 coupé con lo scopo di una eventuale individuazione del modello di vettura notato dalla ragazza in correlazione con le dichiarazioni già rese da altre persone (CHIARAPPA Vittorio e DE FAVERI Marcella): la giovane asseriva che avrebbe potuto trattarsi anche di quel tipo di vettura precisando che a suo tempo aveva parlato di FIAT REGATA solo perché tale modello, posseduto da sua madre, le richiamava alla mente l'auto sopraggiunta a causa dei fari squadrati.

Due giorni dopo Giuttari usciva dal suo lungo periodo di full immersion nella documentazione del caso consegnando una nota a Vigna (vedi). La lettura del documento, fino a oggi mai emerso, ci aiuta a capire le successive mosse dell’ancora acerbo – sul caso – investigatore. Balza agli occhi in modo eclatante la mancanza di qualsiasi riferimento alla Fiat 128 Coupé di Giancarlo Lotti, nonostante vengano citate le testimonianza dei coniugi De Faveri-Chiarappa e di Sabrina Carmignani che si erano dichiarati possibilisti sul relativo riconoscimento. Lotti compare invece sia per lo strano interesse manifestato verso gli interrogatori dell’amica Filippa – “il LOTTI continua a mantenere un atteggiamento quanto mai strano, dimostrando ancora di voler conoscere tramite terzi (nella specie la NICOLETTI) il contenuto di dichiarazioni rese all'A.G.” – sia per la questione del Maggiolino rosso, in questo caso assieme a un certo Salvatore Musso che pareva anch’egli aver visto accompagnarsi a Pacciani il medesimo uomo alto ed elegante che lo guidava.
Una buona idea di Giuttari fu quella di chiedere, nella nota stessa, l’autorizzazione a intercettare i telefoni di Mario Vanni e Filippa Nicoletti. Se dall’ascolto del primo non si sarebbe ottenuto alcun risultato utile, una conversazione tra la Nicoletti e la Ghiribelli avrebbe invece fornito il punto di partenza per i clamorosi sviluppi successivi dell’inchiesta.

Giuttari esce allo scoperto. Il 6 dicembre Giuttari condusse la sua prima operazione sul campo ascoltando Sabrina Carmignani in un drammatico interrogatorio protrattosi per ben sei ore. Questo blog se ne è già occupato in uno dei primi articoli (vedi), cercando di mettere in evidenza l’inopportuno tentativo di forzare la teste a dire di aver visto Mario Vanni sulla piazzola di Scopeti, addirittura alla guida dell’auto rossa, lui che neppure aveva la patente. Il reperimento della nota del 2 dicembre, dove Lamperi e Venturini riassumevano le dichiarazioni rese dalla donna ci aiuta a ricostruire meglio l’accaduto (vedi); vi si legge:

[…] per capire cosa avesse visto realmente la ragazza le si dava lettura delle dichiarazioni già rese dalle predette persone, omettendone i nomi, limitatamente alla presenza della vettura e degli individui visti da costoro accanto ad essa.
La giovane ascoltava in silenzio quanto verbalizzato dal CHIARAPPA, mentre, alla descrizione dell'individuo "... un po' più alto del precedente e meno grezzo dell'altro....", SPONTANEAMENTE, senza alcuna sollecitazione, dichiarava: "È quello lì di San Casciano... come si chiama... Torsolo..." precisando subito dopo che si trattava del suo compaesano VANNI Mario, personaggio a lei ben noto come "guardone" frequentatore della piazzola degli Scopeti. Di questo la CARMIGNANI era sicura perché anche lei si recava spesso in quel luogo di pomeriggio e di notte.

In sostanza la Carmignani aveva creduto di poter ravvisare la figura di Mario Vanni nella persona più alta descritta da Vittorio Chiarappa, avendo visto l’individuo più volte sulla piazzola in atteggiamento da guardone; ma certamente non disse di averlo visto quella domenica. Alla fine non volle firmare alcun verbale, dichiarando di non voler “entrare in alcun modo nel processo a carico di PACCIANI Pietro per timore di rappresaglie contro il suo bambino da parte di personaggi a lui collegati ancora in libertà”. Fu probabilmente questa scusa, che in realtà doveva nascondere la paura che potessero emergere in pubblico argomenti del tutto privati, a far immaginare a Giuttari la possibilità che la teste potesse nascondere qualcosa; da qui il drammatico e inopportuno interrogatorio, del quale ancora anni dopo Sabrina Carmignani si sarebbe lamentata.
Il 15 dicembre fu la volta di Giancarlo Lotti (vedi), in un interrogatorio nel quale non gli venne chiesto nulla della sua Fiat 128 Coupé rossa e della possibile sosta pomeridiana davanti alla piazzola di Scopeti, nonostante la presenza – ma soltanto formale – di Lamperi che aveva già fiutato da tempo la pista. Si potrebbe anche ritenere che quella di Giuttari fosse stata una scelta di strategia investigativa, un modo per non spaventare l’individuo e magari ascoltarne qualche successiva conversazione telefonica con la Nicoletti, come poi accadde davvero, ma l’emersione della nota del 4 dicembre dimostra invece che in quel momento il superpoliziotto non si era reso conto dell’importanza di quell’auto. Il fatto non è tanto significativo per valutare la qualità del fiuto di Giuttari, quanto per i suoi risvolti su un possibile indottrinamento di Giancarlo Lotti, che viene oggi ipotizzato dai più superficiali tra coloro che rifiutano la verità giudiziaria uscita dai processi. Ebbene, in base alla documentazione emersa, possiamo senz’altro affermare che quel 15 dicembre 1995 Giuttari non aveva affatto in mente di manipolare Lotti per arrivare a Vanni e Pacciani, almeno non attraverso la sosta a Scopeti.
Il giorno dopo Lotti telefonò all’amica Filippa (vedi). La corrispondente registrazione ci aiuta a ricostruire meglio l’interrogatorio dell’individuo, che dovette essere stato anche abbastanza duro, il che tra l’altro confuta una volta di più l’immagine di un Lotti fragile personaggio in mano agli inquirenti (“Madonna... io non è che tremo... lui alzava la voce e l'alzavo anch'io... mi diceva «io ti arresto... ti sequestro la macchina»... Che fai? mi sequestri la macchina?... erano le 8.30... non ce la facevo più”). Ma l’auto che interessava Giuttari era una Fiat 124 celeste, che Lotti poteva aver prestato a Pacciani, e di quella gli aveva chiesto
La conversazione telefonica cadde anche sulla 128, quando Lotti volle avere notizie sull’audizione dell’amica del 27 novembre:

G.: Che ti hanno detto più o meno?
F.: Quando ti ho conosciuto... come ho fatto a conoscerti.
G.: Ma te lo hanno detto subito di me?
F.: Eh no!... se io conoscevo a quelli della fotografia... se io non li conoscevo, se ti conoscevo... la macchina... la macchina era la tua...
G.: Come la mia?
F.: La macchina che hanno loro... hanno una foto della macchina.
G.: Ma che macchina è?
F.: È la macchina rossa, quella sportiva che avevi.
G.: La macchina rossa?
F.: Sì.
G.: Ah, sì... ah... io le ho avute... ah, quel coupé, il 128... ti hanno fatto vedere quello?... ma quello è da quindici anni e più...

Da questo frammento si ottiene da una parte conferma che Giuttari a quell’auto ancora non pensava, dall’altra che Lotti, per la prima volta, doveva essersi reso conto che comunque gli inquirenti ne erano interessati. Quindi, se davvero la domenica di Scopeti l’auto era fuori uso sostituita da una 124, come la difesa di Mario Vanni avrebbe cercato di dimostrare e come ancor oggi sostengono molti commentatori, l’individuo poteva far mente locale e prepararsi alle future contestazioni, davanti alle quali invece non avrebbe opposto alcuna resistenza.

La testimonianza decisiva. Nell’interrogatorio del 15 dicembre Giancarlo Lotti aveva fatto il nome di Gabriella Ghiribelli, una prostituta che aveva frequentato e dalla quale, almeno una volta, si era recato anche Vanni. Lamperi e Venturini l’andarono a cercare nella sua abitazione di Firenze e poi, il 21 dicembre, la interrogarono in questura. Dallo scarno verbale (vedi) emerge la figura di Salvatore Indovino, per alcuni anni protettore e convivente di Filippa Nicoletti, nella cui stamberga di San Casciano si sarebbero svolte le sedute spiritiche utilizzate anni dopo come ingrediente della pista esoterica. Non c’è invece traccia dell’argomento 128 rossa. Possibile che gli uomini della SAM  non si fossero informati se la teste l’aveva  mai vista o no in mano a Lotti?
La sera stessa la Ghiribelli telefonò alla Nicoletti. È ormai notissimo il passaggio cruciale della relativa intercettazione (vedi), ma che in ogni caso è sempre bene riportare, poiché costituisce un macigno sul quale sono destinate a infrangersi tutte le congetture dei “negazionisti” (intendendo con questo termine chi non crede al coinvolgimento di Lotti nella vicenda):

G.: Io l'unica cosa che posso dire è che io una macchina arancione l'ho vista... sotto le luci piccole piccole di strada... sai, in una strada piccola potrebbe essere stata arancione... potrebbe essere stata rossa... scodata di dietro... mi hanno fatto vedere la foto... l'ho riconosciuta...
F.: Sì, ma è vecchia quella macchina.
G.: Appunto!... ma è una cosa assurda...
F.: Ma ha cambiate tante di macchine!... ne aveva una celestina, poi una arancione, poi una rossa, poi ora ne ha presa un'altra rossa... una gialla ce l'aveva.
G.: Senti... mi hanno domandato in questura... «Il LOTTI che macchina aveva?» Io gli ho detto rossa... una con una portiera rosa perché la portiera gli s'era rotta e lui ne aveva presa una al disfacimento e l'aveva messo questa portiera rosa.
F.: Sicura?
G.: Son sicura per quello.
F.: Ma è stata quell'altra macchina, quella che aveva prima di ora! Quell'altra ancora prima era una sportiva!

Quindi gli uomini della SAM le avevano chiesto della Fiat 128 Coupé rossa di Lotti, le avevano anche fatto vedere una foto e lei l’aveva riconosciuta. Ma il verbale non lo riporta, come non riporta, la qual cosa risulta assai più sorprendente, dell’avvistamento di quell’auto “sotto le luci piccole piccole di strada […] in una strada piccola”, quindi di sera o di notte. Si può soltanto ipotizzare che la donna avesse sì riconosciuto la macchina di Lotti nelle foto che le erano state mostrate, ma non lo avesse dichiarato, e soprattutto non avesse fatto cenno all’avvistamento, e che quindi il verbalizzante avesse deciso di non farne menzione.
Dopo aver ascoltato questa e una successiva telefonata tra le due donne (23 dicembre, vedi), Giuttari si convinse che era il caso di ascoltare la Ghiribelli direttamente; l’audizione venne programmata per il pomeriggio del 27 dicembre. Prima però di affrontare questo cruciale passaggio dell’inchiesta, vale la pena dare un’occhiata a questo documento, datato 27 dicembre, probabilmente della mattina ma in ogni caso precedente l’interrogatorio della Ghiribelli, che iniziò alle 16:30. Si tratta della richiesta di proroga per l’attività di intercettazione del telefono della Nicoletti, firmata da Giuttari e dal suo collaboratore Fausto Vinci. A giustificazione della richiesta vengono riassunte le tre telefonate del 16 con Lotti e del 21 e 23 con la Ghiribelli. Riguardo quella del 21 viene toccata anche la questione della 128, ma stranamente senza far cenno alcuno alla macchina arancione vista di sera dalla Ghiribelli in un strada piccola. Possibile che non si fosse capito l’importanza di quel passaggio?

Interessante, nello stralcio in questione, oltre ad una serie di nomi indicati dalla Gabriella come partecipanti alle sedute spiritiche, è nuovamente il riferimento alla macchina sportiva, rossa/arancione "scodata" del LOTTI. Ed è la Filippa a fare chiarezza circa il particolare della portiera rosa presa al disfacimento e montata sulla macchina rossa del LOTTI. La Filippa
dice che la portiera rosa non era montata sulla macchina sportiva, bensì sulla penultima macchina posseduta da Giancarlo (una FIAT 131).

Per la cronaca, è il caso di notare che Compagni di sangue non contiene alcun accenno a quella telefonata, mentre ne Il Mostro ne vengono riportate molte frasi (pagg. 113-114) ma non quella dell’avvistamento. In ogni caso tutto si chiarì durante l’interrogatorio del pomeriggio (vedi), nel quale la Ghiribelli raccontò di aver visto l’auto di Lotti la sera della domenica del delitto sotto la piazzola di Scopeti. Nel verbale si afferma che la donna lo avrebbe fatto spontaneamente, ma è lecito immaginare qualche precedente frase da cui aveva capito di essere stata intercettata, e che quindi non avrebbe potuto continuare a tacere.
Sulla genuinità dell’avvistamento della Ghiribelli i “negazionisti” hanno sempre condotto strenue battaglie. Proprio per fronteggiarne una – del comunque valido Frank Powerful – questo blog si è già occupato della questione (La teste “Gamma”); era più di due anni fa, quando ancora mancavano alcuni importanti documenti oggi disponibili, alla luce dei quali l’articolo sarebbe da revisionare, almeno in alcuni dei suoi passaggi. Per adesso esaminiamo almeno la trascrizione di una telefonata del 14 febbraio 1996 tra Gabriella Ghiribelli e uno sconosciuto amico di nome Mario (vedi).
Il documento ci fornisce innanzitutto un’informazione inedita: non sappiamo da quando, ma probabilmente non da molto, anche il telefono della Ghiribelli era stato messo sotto controllo. Riguardo il contenuto della telefonata, bisogna tener presente che quella stessa mattina sui giornali erano usciti a tutta pagina i resoconti dell’assoluzione di Pietro Pacciani in appello (13 febbraio), accompagnati dalla notizia dell’esistenza di due testimoni misteriosi che avrebbero visto Mario Vanni e lo stesso Pacciani mentre uccidevano. La Ghiribelli sapeva bene chi erano quei due testimoni; sulla loro identità le era stato imposto il silenzio, ma adesso che i giornali ne avevano parlato non vedeva l’ora di dirlo. Ecco alcune delle frasi più interessanti della telefonata:

Senti, ascolta Mario, io non ti avevo mai detto nulla… L’hai visto il telegiornale?... Lo sai chi sono i du’ testimoni?... È Ciccio, è Fernando… La macchina che io avevo visto quando tornavo a San Casciano… te lo ricordi? Stavo sempre con Galli… Ora te lo dico perché è di dominio pubblico, ma a me la polizia mi ci ha tenuto l’altra settimana fino alle 11 e mezzo lì in questura… e mi dissero di non dir nulla a nessuno… Ecco perché… ieri tu mi dicesti a me… ma Ciccio non viene più… e non ti potevo dire nulla perché non era di dominio pubblico… la storia… Io lo avevo raccontato a Dino… Dino lo sapeva, però anche Dino non ti diceva nulla perché glielo avevo detto io di non dirti nulla…

È significativa soprattutto la frase “La macchina che io avevo visto quando tornavo a San Casciano… te lo ricordi? Stavo sempre con Galli…”. Di quella macchina la Ghiribelli aveva parlato all’amico Mario prima di andarlo a raccontare a Giuttari, forse già all’epoca (“te lo ricordi?”),  la qual cosa rende il suo avvistamento del tutto genuino. Chi ancora si ostina a voler vedere la Fiat 128 Coupé rossa di Lotti parcheggiata con le ruote per aria in quel settembre 1985 inganna sé stesso.

Il mistero del verbale. Abbiamo visto che nel primo verbale sottoscritto dalla Ghiribelli non c’è alcun cenno all’avvistamento dell’auto rossa. Dopo la seconda di fronte a Giuttari, l’8 febbraio 1996 la donna fu protagonista di una terza audizione, nel cui verbale (vedi), sorprendentemente, si legge:

Circa l'auto che vedemmo sul ciglio della strada quella sera ho già spiegato l'episodio in tutti i suoi dettagli prima all'ispettore LAMPERI e al sovrintendente Venturini della PS, qui presenti, e riportato nel verbale del 21 dicembre 1995, di cui mi viene data integrale rilettura e che confermo. Ho poi rispiegato l'episodio al DR. GIUTTARI della Questura, nei dettagli e che confermo. 

La contraddizione è clamorosa. Secondo questo passaggio già il 21 dicembre, di fronte a Lamperi e Venturini, la donna avrebbe raccontato dell’avvistamento dell’auto rossa, e non fuori verbale, poiché viene precisato: “[…] riportato nel verbale del 21 dicembre 1995, di cui mi viene data integrale rilettura e che confermo”. Quale dei due documenti dice il vero, quello del 21 dicembre o quello dell’8 febbraio? La questione non è affatto irrilevante, poiché l’affidabilità dei verbali è un elemento critico di ogni procedimento giudiziario e della successiva ricostruzione storica, tanto più in questa vicenda, dove i sospetti di manipolazione delle testimonianze sono all’ordine del giorno in tutte le discussioni.
I due documenti erano entrati in possesso di chi scrive, da oltre un anno, nel formato di trascrizione OCR. Anche se la fonte era più che affidabile – l’archivio digitale di Francesca Calamandrei – e i numerosi difetti di lettura ne attestavano ancor più la genuinità, si trattava pur sempre di file di testo, per loro natura manipolabili. Quindi, prima di trarre qualsiasi conclusione, era il caso di tentare il recupero delle immagini dei documenti originali. L’avvocato Vieri Adriani ha fornito la versione preparata per il processo d’appello a Pacciani (qui e qui), dove i nomi di Lotti, Pucci, Ghiribelli e Galli risultano sostituiti dalle ormai famose prime quattro lettere dell’alfabeto greco. A parte questo, nei documenti si leggono le medesime frasi della versione OCR, per di più con tanto di firma dei verbalizzanti. Una successiva ricerca della mai abbastanza encomiata Francesca nel proprio archivio cartaceo ha consentito il recupero anche della versione con i nomi veri (qui e qui), priva di firme dei verbalizzanti ma identica per contenuto alle altre.
Per andare ancora più a fondo della questione, chi scrive ha interpellato l’allora ispettore Riccardo Lamperi, oggi in pensione, che gentilmente ha autorizzato la pubblicazione di questo suo scritto:

Presa visione del verbale redatto con la teste Gabriella Ghiribelli in data 21 dicembre 1995, verbale in cui non appaiono riferimenti all'auto Fiat 128 di colore rosso, osservo che, comunque, di quell'auto con la donna ne parlai e che le mostrai anche le fotografie di quel modello, con quella verniciatura (questa mia affermazione è oggettivamente confermata dallo stralcio della telefonata intercorsa dopo, tra la stessa Ghiribelli e Nicoletti Filippa).
Tuttavia non ritenni opportuno, al momento, verbalizzare nulla riguardo alla macchina perché la Ghiribelli si dimostrò incerta, insicura e reticente, verosimilmente perché non voleva essere coinvolta in ulteriori testimonianze, convocazioni e dibattimenti.
Preciso che la mia scelta di non insistere, quando lei affermava di non ricordare, è stata dettata dalla opportunità di non ottenere un verbale contenente dubbi e incertezze che poi, in fase dibattimentale, in sede di controesame, sarebbe stato sicuramente utilizzato dagli avvocati per attaccare l'ipotesi investigativa dell'accusa.
Quindi la mia fu una scelta di strategia, ponderata e saggia.
Lasciava aperta la porta anche a futuri, prossimi ripensamenti della teste, come poi effettivamente avvenne nei verbali successivi.

Come si vede, Lamperi non fa cenno nella propria dichiarazione all’incongruenza contenuta nel verbale dell’8 febbraio, dove compare anche la sua firma; a ulteriore richiesta di chiarimenti, ha allora inviato questa mail:

Disattenzione dei magistrati, nulla di più. Io, che misi la firma su quel verbale lo feci perché il contesto era questo: venivano riletti alla teste i due atti, quello del 21 e quello del 27 dicembre e lei li confermava entrambi. Quindi io ero a posto per quanto riguardava il mio operato.
Poi, torno a dire, c'erano tre PM a dettare. Sicuramente quella incongruenza è stata dovuta a una disattenzione, ma nulla di più. Capisco che per chi vuole vedere cose losche a tutti i costi possa apparire strano, ma la cosa si spiega semplicemente così, una disattenzione e non un trappolone (tipo verbale del 21 fatto due volte e modificato ecc. ecc.).

La spiegazione di Lamperi sembra filare, anche perché non si vede quale utilità potrebbe aver avuto taroccare il verbale del 21 togliendogli la parte dell’avvistamento. In ogni caso il lettore ha davanti a sé il medesimo quadro dello scrivente, dal quale può trarre le proprie conclusioni che, se vuole, può condividere intervenendo.

Altre auto. Finora abbiamo utilizzato la pista “macchina rossa” per seguire la partenza delle indagini che portarono ai compagni di merende. Ma sappiamo bene che Pacciani aveva una macchina bianca, una Ford Fiesta, della quale si cercò qualche traccia. A dir la verità la materia doveva essere stata sviscerata già dall’inchiesta precedente, quella su Pacciani serial killer solitario, ma comunque qualcosa venne trovato lo stesso.
Come risulta dal corrispondente verbale (vedi) il 10 settembre 1985 una cittadina americana di nome Sharon Stepman (nel documento indicata erroneamente come Sharon Daliana) aveva rilasciato davanti ai carabinieri la seguente dichiarazione:

La sera dell’8 corrente, verso le ore 23.00, alla guida della mia autovettura percorrevo via degli Scopeti, diretta verso Firenze. Giunta poco prima del ristorante, denominato “La Capannina”, ho notato un’autovettura di colore bianco, probabilmente non di grossa cilindrata, ma di media cilindrata […].
La manovra del suo conducente mi ha attirato l’attenzione in quanto col sopraggiungere della mia auto ha fatto marcia indietro, riportandosi probabilmente nella stradina interna, dandomi la sensazione che il conducente non voleva essere notato.[…]
Sono venuta a San Casciano perché ho accompagnato in via degli Scopeti il mio amico RASPOLLINI Valeriano.

La donna si riferiva alla domenica sera del delitto. Purtroppo la trascrizione OCR del verbale non è completa, in ogni caso sappiamo che la donna aveva visto l’auto mentre stava uscendo da una stradina laterale. Il 28 settembre 1995 Lamperi, Venturini e Scirocchi andarono a trovare Valeriano Raspollini nella sua abitazione di San Casciano (vedi). Quella sera l’uomo si trovava in auto con l’amica Sharon, ma al momento dell’avvistamento era già sceso, quindi più di tanto non poté dire.
Il 2 ottobre fu la volta della stessa Stepman, che gli agenti della SAM condussero lungo via Scopeti in cerca della stradina da cui sarebbe uscita l’auto bianca. Va detto, per inciso, che questo blog si è già occupato dell’argomento nell’articolo La testimonianza Stepman, dove si dimostra che l’ipotesi, ritenuta valida dai giudici del futuro processo, che tale stradina avesse corrisposto allo slargo di accesso al cancello della proprietà Rufo posto esattamente di fronte alla piazzola del delitto, era del tutto errata. Torniamo però alle indagini e alla loro storia, che poi è il tema di questo articolo. Dopo il sopralluogo vennero raccolte in questura le dichiarazioni della donna, subito dopo ripetute davanti a Vigna e Canessa in procura (vedi).
Un’auto differente sia da quella di Lotti sia da quella di Pacciani venne fuori dalla consultazione di un verbale del 9 settembre 1985 (vedi), sottoscritto da James Taylor, cittadino americano, dove si poteva leggere:

Verso le ore 00.15 o 00.45, non posso essere più preciso, transitavo con la mia ragazza, Luisa Gracili, che vive in San Casciano, all'indirizzo ove sono ospite a bordo di una Citroen Dyane 2CV, di. proprietà della mia ragazza, sulla statale che conduce a San Casciano, provenendo da Firenze.
Giunti in località Scopeti, nello stesso luogo ove oggi ripassando ho visto un assembramento di persone, ricordo di aver notato sul ciglio della strada, lato destro, direzione San Casciano, una Fiat 131 di colore argento.

Da una loro annotazione del 3 ottobre 1995 (vedi) si apprende che Taylor venne risentito dagli uomini della SAM:

In ordine poi alla deposizione resa alle ore 19.50 del giorno 9 settembre 1985 dal cittadino statunitense TAYLOR James Robinson, meglio qualificato in oggetto, fotografo, […] si comunica che costui, risentito a tale proposito negli uffici della SAM, ha riconfermato integralmente il verbale già̀ sottoscritto in occasione del duplice omicidio, peraltro corredato di un disegno esplicativo. Il TAYLOR ha aggiunto di essere sicuro di avere notato nell'occasione, parcheggiata senza nessuno a bordo, una FIAT 131 grigia argento: infatti, essendo stato a sua volta possessore di una FIAT 124, gli erano ben noti i veicoli fabbricati dalla casa automobilistica torinese.

Vale la pena ricordare che sopra quella Fiat 131 color argento si sarebbe cercato di mettere il povero Giovanni Faggi, anche con l’aiuto delle fin troppo disponibili dichiarazioni di Fernando Pucci.

I testimoni dimenticati. Così si intitola un capitolo di Compagni di sangue. Scrive Giuttari, raccontando della sua rilettura degli atti non presentati al processo Pacciani:

Man mano che andavo avanti, ecco che, a poco a poco, affioravano, come dei fantasmi, diversi testimoni, dimenticati nei polverosi fascicoli della cosiddetta SAM, la Squadra Antimostro. Quella stessa Squadra Antimostro, che, d'altro canto, aveva scoperto il nome del Pacciani, indagandolo.
Chi erano questi testimoni?
Erano persone che avevano riferito fatti interessanti certamente per una fedele ricostruzione dei delitti e, in particolare, per quelli del 1984 e del 1985. Erano persone, quasi tutte, che non si conoscevano tra di loro e che avevano testimoniato, presentandosi spontaneamente alle Forze di Polizia, o subito dopo la scoperta dei delitti ovvero successivamente durante le indagini e il processo a carico di Pacciani.
Vediamole, adesso, singolarmente, queste persone risvegliandole da quel letargo in cui erano state fatte cadere e che erano destinate a rimanere per sempre nell'oblio giudiziario. Le distinguo in relazione ai delitti, così come si presentarono a me nel corso della prima lettura.

Il libro elenca quindi dodici persone – nell’ordine: Andrea Caini, Tiziana Martelli, Maria Grazia Frigo, Sharon Stepman, Valeriano Raspollini, Giuseppe Pordoli, Sabrina Carmignani, James Taylor, Petra Weber, Giancarlo Rufo, Marcella De Faveri, Vittorio Chiarappa – e presenta le loro testimonianze, concludendo poi:

I testimoni dimenticati, con le loro dichiarazioni fino ad allora completamente ignorate, erano finalmente usciti dal profondo sonno in cui erano stati fatti cadere e davano concretezza all'ipotesi segnalata nella sentenza di condanna del Pacciani, secondo cui, almeno per gli omicidi del 1984 e del 1985, potevano esserci stati dei complici.

Come si vede, e come si desume da altri suoi interventi – nella deposizione dibattimentale (vedi), ne Il Mostro, in Confesso che ho indagato e varie interviste – sembra che l’investigatore affermi di aver scovato tali persone durante il proprio “delicato lavoro di archeologia investigativa”. Ma nell’elenco il lettore avrà già notato la presenza di testimoni che erano stati sentiti, o comunque posti all’attenzione della procura, dagli uomini della SAM ben prima che Giuttari si rendesse operativo, addirittura prima del suo insediamento a capo della squadra mobile. Rimangono fuori soltanto due nomi, quelli di Giuseppe Pordoli (vedi) e di Petra Weber (vedi), dei quali chi scrive è in possesso soltanto di verbali del 1985.
Nell’ambito dell’intera vicenda la questione potrebbe apparire irrilevante, invece ha la propria importanza, poiché corrisponde comunque a una delle tante zona d’ombra sulle quali va fatta chiarezza. Torniamo quindi ai due unici nomi per cui non risultano, secondo i documenti in possesso di chi scrive, audizioni o comunque controlli da parte degli uomini della SAM.
Riguardo Petra Weber, non si sa bene quando e da chi venne riesumato il verbale del 1985. Ma in ogni caso la testimonianza appare priva di grande interesse, riguardando soltanto il presunto rumore di un unico sparo udito dalla donna verso le 24 della domenica del delitto dei francesi. In realtà sembra davvero difficile che lo schiocco, simile a quello di una bottiglia stappata, potesse aver avuto collegamenti con il paio di sequenze di colpi esplosi dall’assassino.
La testimonianza Pordoli, complessa e anche un po’ particolare, ma in ogni caso più interessante (racconta di una tenda a Scopeti diversa da quella dei francesi, e di una motocicletta e del relativo guidatore visti a lungo vicino alla piazzola), viene invece citata nella nota che Giuttari redasse alla fine del suo periodo di full immersion nei documenti, il 4 dicembre 1995 (vedi). Giuseppe Pordoli, quindi, potrebbe essere l’unico vero “testimone dimenticato” scoperto dall’investigatore durante il proprio lavoro di archeologia investigativa. C’è però da dire che la sua testimonianza non contribuì per nulla a individuare la pista dei compagni di merende.

Addendum 16 aprile 2019. Successive acquisizioni di verbali hanno consentito a chi scrive di chiarire il mistero della Wolkswagen Maggiolino di colore rosso sulla quale si erano appuntate in un primo tempo le maggiori attenzione prima della procura poi di Giuttari. Ebbene, l’uomo alto 1.80, grosso, capelli biondi brizzolati, ben vestito altri non doveva essere che Walter Ricci, marito di Laura Mazzei – la cui madre era cugina della madre di Vanni – entrambi già testimoni al processo Pacciani.


Ricci era stato un impiegato di banca, quindi è plausibile che si vestisse in modo elegante. Non è nota a chi scrive la sua altezza, però dall’immagine soprastante si vedono dei capelli che una volta dovevano essere sul biondo.
Si legge nel verbale dell’audizione di Ricci alla SAM del 5 novembre 1991 (vedi):

A volte mi chiedevano dei passaggi sulla mia VW Maggiolino di colore aragosta ed in particolare il VANNI Mario mi chiedeva di portarlo a Firenze dove si faceva lasciare nella zona di piazza Piave per andare da una prostituta che esercitava il mestiere in un appartemento vicino mentre il PACCIANI mi può avere solo chiesto dei passaggi per portarlo a casa.

Sentito quattro anni dopo, il 27 novembre 1995, in procura da Vigna e Canessa (vedi), così Ricci aveva risposto a domanda:

Ho avuto un Maggiolino Volkswagen color aragosta: a memoria l'ho posseduto intorno alla metà degli anni '80. Mi è capitato, a volte, con quella macchina di ríaccompagnare il PACCIANI da S. Casciano a casa a Mercatale.

Quella della Wolkswagen Maggiolino di colore rosso era una falsa pista, e certo, sorprende un po' che un segugio come Giuttari non se ne fosse accorto subito. Probabilmente il verbale del 5 novembre 1991 gli era sfuggito.

86 commenti:

  1. È davvero singolare pensare che forse tutto è iniziato dall'ipotesi di Pacciani che va a commettere omicidi con un auto prestata da qualcun'altro. Un ipotesi ovviamente assurda che però ha portato molto lontano. La preoccupazione che Lotti dimostra quando il discorso va a parare sulle sue auto è innegabile. Il comportamento che hanno avuto con la Carmignani fa impallidire il trattamento ricevuto da Stefano Mele. La ragazza negherà, al processo, di aver mai detto di aver visto "torsolo" agli scopeti. Alcune forzature, gravi, ci sono state ed è innegabile. La testimonianza di Lamperi è davvero preziosa, complimenti Antonio. Ma continua davvero a sembrarmi incredibile come abbiano fatto gli inquirenti a tralasciare tutti gli inidizi e le testimonianze che portavano a Lotti traslandole su Pacciani e Vanni. Più documenti escono fuori, più il quadro diventa complicato. Ma l'innocenza di Pacciani e Vanni appare francamente sempre più probabile.

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    1. In una scena ormai gravemente deteriorata, tra nostalgici delle sette che discutono sul nulla, vecchi e nuovi appassionati a figure che la storia ha messo da tempo da parte, e infine neofiti che tanto poco conoscono quanto tanto fantasticano, credo che sbattere la faccia contro i documenti sia l'unica speranza di poter arrivare a comprendere la vicenda.
      Riguardo l'allora ispettore Riccardo Lamperi e il suo intervento disinteressato, senz'altro ha ulteriormente impreziosito questa ricostruzione storica, della quale mi ha confermato la sostanziale correttezza.

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    2. Grande lavoro il tuo, complimenti. Sono inoltre totalmente d'accordo con circa chi continua a parlare di fumo e ad alimentare il fuoco del nulla, del pressappochismo, delle sette e delle congiure. Lasciassero stare i libri fantasiosi e si leggessero gli atti oiutpiutt.

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    1. La Carmignani al processo ha detto di non aver mai detto di aver visto "torsolo" agli scopeti, provocando grande imbarazzo al pm, che venne anche messo in difficoltà da un avvocato di parte civile La forzatura nei confronti della ragazza è evidente, e molto grave. Longo non è assolutamente attendibile, che ci faceva Pacciani nel giorno sbagliato con una macchina non sua? Questo nessuno ancora lo ha spiegato. L'auto rossa era di Lotti, i coniugi, anche se è strano che qualcuno resti tutto un pomeriggio vicino a dei cadaveri, non hanno certo visto Pacciani o il povero Vanni. Sul quale non c'è veramente niente, nemmeno indizi artefatti o spedizioni anonime. Come nel caso di Pacciani. Immagino che lei sappia che per la famosa asta guidamolla venne rinviato qualcuno a giudizio per frode processuale. Dalla lettura, senza pregiudizi ma non è il suo caso, di questi documenti emerge che c'erano molti più elementi su Lotti che su Pacciani. Come lei sa io condivido in pieno i sospetti di Ferri sull'asta e sulla cartuccia. Che a mio giudizio sono frodi processuali. E non solo a mio giudizio. Tolto questo viene fuori che Lotti era molto più sospetto di Pacciani. Non vuol dire che sia l'mdf. Ma è una figura da analizzare senza la convinzione che fosse un mitomane o lo scemo del villaggio. Una figura, insomma, molto sottovalutata. Al contrario del suo Pacciani, che davvero di realmente sospetto ha poco o nulla.

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    1. Per quale motivo secondo lei la donna avrebbe dovuto proteggere Vanni? Non è più semplice pensare che la sua uscita in sede di colloquio in questura fosse stata un po' azzardata, e, resasene subito conto, volle evitarne ogni strumentalizzazione? Riguardo la sua monacciata non collaboratività, ci sono ragioni personali che non è il caso di diffondere.
      E poi, non crede che dopo sei ore d'interrogatorio con Giuttari, se avesse avuto qualcosa da nascondere sarebbe venuta fuori? Non cerchi appigli dove non ve ne sono.

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    3. Fu assolto. Ma non vuol dire che non sia stato qualcun'altro a compiere quella frode processuale.

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    4. X Marletti
      Non può pretendere da me che dia valore a quelli che lei ritiene siano indizi contro Vanni e Pacciani e che io ritengo siano al massimo coincidenze.
      Contro Vanni non c'era proprio niente, contro Pacciani il massimo delle prove erano la pallottola e il blocco, delle quali ho discusso a lungo spiegando nei dettagli i perché non li ritengo prove.

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    5. Gli elementi di sospetto contro Vanni sarebbero il coltello da cucina nel forno e lo stivale numero 44?

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    1. Non sono d'accordo con lei. Facciamo un esempio sulla testimonianza Martelli-Caini. Se questa non vale si perde un elemento della ricostruzione che vede la carovana Pacciani(+Vanni)-Lotti procedere in fila indiana per strade impervie e polverose. Ma per la tesi Lotti serial killer unico quella testimonianza non serve. Lotti, dopo aver ucciso i due poveretti, aveva imboccato la strada normale e se ne era venuto via, magari passando prima dal fiume, vicino al quale aveva parcheggiato, a lavarsi.

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    3. il farmacista venne assolto perchè il fatto non sussiste, ovvero perchè non c'era nessun elemento che facesse pensare ai giudici l'esistenza di mandanti. L'asta guidamolla, a meno che non si sia automaterializzata dal nulla, qualcuno l'ha inviata. Per quanto riguarda il suo incredibile arroccarsi, per l'ennesima volta, dietro alle lettere dal carcere del povero Vanni non so che dirle. Anche Gramsci scriveva lettere quando era in carcere. Non capisco proprio cosa vuole dimostrare. La sua faziosità è davvero formidabile.

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    5. Ma insomma secondo lei cosa c'era scritto nella lettera:" vai uccidi una coppietta così mi scagionano"?

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  5. Parecchio nuovo materiale da digerire ... un sentito ringraziamento per averlo messo a disposizione di tutti. La prima notizia che viene confermata (lo avevamo capito, ma era comunque solo una supposizione) è che della macchina rossa si parlò già nel primo SIT della Ghiribelli. Un'altra considerazione è che la credibilità della stessa non viene per nulla confermata, viste le balle che racconta sulla casa di via Faltignano, i rapporti con Pucci e Lotti e altro.
    Su una cosa hai senza dubbio ragione: noi "negazionisti" :-) dobbiamo fornire una spiegazione sensata e non superficiale dell'iter accusatorio ed autoaccusatorio di Lotti; personalmente, non ho mai pensato o scritto che fosse un mitomane.

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  6. Vorrei ringraziare anzitutto per i numerosi documenti messi a disposizione di tutti gli appassionati e aggiungere una richiesta: è possibile chiedere all'ex ispettore Lamperi (se non lo ha già fatto) come mai della famosa conversazione Lotti-Ghiribelli (25 gennaio '96) furono riportate solo la frase "Non ci si può fermare neanche a pisciare... lo hai detto tu" e la risposta di Lotti?
    Immagino che solo quella parte fu ritenuta significativa, ma è bene fugare ogni sospetto.

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    1. Lamperi così mi ha risposto:

      "Se lo stralcio di conversazione è completo posso assicurare che io e Venturini (assolutamente scrupolosi ed attenti nell'ascolto) abbiamo riportato solo i passaggi di interesse investigativo.
      Mi rendo conto che l'esordio dello stralcio potrebbe far pensare che i due abbiano parlato più a lungo delle perquisizioni a cui erano stati sottoposti. Ma non è così, perché altrimenti lo avremmo riportato.
      Questa mia considerazione ovviamente vale nella ipotesi che il documento portato alla mia attenzione sia integrale.
      Allora, solo in tal caso, mi sento di poter assicurare chiunque che solo quei passaggi avevano rilevanza e che non ve ne erano altri utili.
      Quel gennaio 1996 era un periodo in cui eravamo (io e Venturini) sempre meno utilizzati per le indagini. Già da tempo io non redigevo più nessuna informativa per trasmettere atti investigativi al PM.
      Quindi non so dire con quale informativa fu trasmesso lo stralcio o fu riferito di questa telefonata alla A.G. e in quale modo.
      Aggiungo che Venturini ed io partecipammo ad una perquisizione a Lotti, ma molto tempo prima, quando Giancarlo abitava, ospite, negli alloggi parrocchiali di un sacerdote che stava in località Chiesanuova a San Casciano. Questo accadeva molto prima del 15 ottobre 1995, data di insediamento del nuovo dirigente.
      Dalla lettura dello stralcio appare chiaro che la Ghiribelli e Lotti parlino di perquisizioni recentissime alle quali a me e a Venturini non pare di aver preso parte.
      Tuttavia, al di là dello stralcio, ricordo che per ogni attività di intercettazione venivano depositati tutti i nastri magnetici utilizzati presso la segreteria del PM, unitamente al brogliaccio completo di ascolto". Quindi se qualche appassionato studioso volesse o potesse farne legittima richiesta penso che tale desiderio potrebbe essere accolto.
      D'altra parte un passaggio così interessante, che testimoniava della sosta di Giancarlo alla piazzola (quantomeno per mingere), avrebbe dovuto ragionevolmente essere richiamato, con conseguente richiesta di particolari, in sede dibattimentale.
      Da quel dibattimento però, io e Venturini, siamo stati tenuti rigorosamente fuori, nonostante che l'avvocato Giangualberto Pepi avesse richiesto la nostra audizione in aula".

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    2. La ringrazio per la sollecitudine. La risposta puntuale di Lamperi ci ha fornito (io almeno non ne ero a conoscenza) alcune informazioni interessanti: anzitutto che Lotti subì una perquisizione molto tempo prima dell'ottobre '95. Immagino nel luglio dell'anno prima, quando fu ascoltato alla presenza di Lamperi e Venturini. Escluderei che la perquisizione fosse avvenuta all'epoca del primo Sit di Lotti, luglio '90. Credo che Lotti già fosse ospite del prete in via Faltignano, ma proprio in quel periodo Lamperi entrava alla Sam (come disse nell'udienza del 14 luglio 1994).
      L'altra notizia interessante riguarda la richiesta non accolta dell'avvocato Pepi, che come sappiamo aveva sull'intera vicenda e in particolare su Lotti idee molto diverse da quelle di Mazzeo e Filastò.

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    3. Lamperi mi dice che probabilmente la perquisizione di Lotti avvenne proprio nel luglio 1990, presso l'abitazione che gli aveva dato il prete. Lui era entrato in servizio alla SAM il primo luglio 1990.

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  7. Ammetto che i tre fascicoli dell incidente probatorio di lotti sono a dir poco illuminanti per l ipotesi lotti serial killer unico! Se la tua interpretazione è giusta Antonio è lui il nostro... ma il 1968 ? A questo punto è piu facile che sia ancora opera sua.. piu che i sardi.. non credo che si sarebbero fatti soffiare la pistola cosi facilmente!

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    1. Al di là di chi fosse davvero l'assassino dal 1974 in poi, rimangono insuperabili le evidenze che indicano Stefano Mele e famiglia colpevoli per il delitto del 1968.

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    2. Ho letto l'articolo sugli elementi che portano a propendere per mele presente sulla scena del 68! Ma piu importanti sono, a mio avviso, gli elementi che portano ad escludere la sua presenza
      1 Natalino: fosse stato un delitto premeditato, data l esuberanza della locci, non lo trovi un rischio, per i familiari, agire in presenza del bambino?
      2 l indicatore di direzione rimasto acceso: con piu persone sul posto nessuno di questi lo spegne anche solo per rendere meno visibile l auto?
      3 se si considera come orario del delitto la mezza notte e le due è l orario in cui Natalino suona a de felice, è piu compatibile con un bambino che si dirige a piedi da solo e non accompagnato, come afferma lui stesso su presione di chi era intervenuto sul posto o in corso di sopralluogo, che gli dicono "se non dici la verità questa notte ti riporto qui e fai la strada di nuovo a piedi"
      4 i calzini: prima strappati e logori quando viene ritrovato da defelice piu puliti nel rapporto matassino.
      Scusami ma a questo punto dopo che seguendoti ho cambiato idea su lotti... il 68 opera dei sardi non ne sono piu cosi certo!

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    3. Prendo atto delle tue perplessità, spero più avanti di poter fornire in modo completo la mia ricostruzione che ritengo possa riuscire a superarle.

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    4. La presenza del bambino, a mio avviso, aumenta la probabilità che i colpevoli siano stati Mele e parenti. Chi altri avrebbe risparmiato un potenziale testimone? Se non ricordo male, nella stessa perizia De Fazio, si giudicava improbabile che un assassino, dopo aver appena fatto una strage, riesca a mantenere la calma e improvvisamente si trasformi, nel giro di pochissimi secondi, in un uomo pietoso che risparmia un testimone. Senza contare che il bambino era con loro al cinema e che chi ha ucciso quella sera appare improbabile non sapesse della sua presenza. Per quanto riguarda l'orario, due ore sono troppe anche per un bambino che cammina da solo. Anche perchè dovremmo ipotizzare che dopo aver camminato due ore sia arrivato sano e salvo senza nemmeno un graffio ai piedi o alle gambe, dopo due ore passate camminando al buio. Singolare il fatto che il bambino arrivi alle 2 in punto, proprio mentre il De Felice era sveglio, e che suoni proprio a lui.

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  8. Buonasera Antonio. Collegandomi alla sua ultima risposta ne approfitto per rivolgerle una domanda, non direttamente pertinente all'argomento della discussione ma, ovviamente, all'intera vicenda. La "comparsa" di due nuovi indiziati, Vigilanti e Caccamo, porterà secondo lei all'apertura di un nuovo processo? Come si è arrivati di fatto all'individuazione di questi due personaggi? Non c'è molto materiale in rete a riguardo. Grazie

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    1. Mi dispiace, non ne so molto. So che Vigilanti è un personaggio inquadrato da tempo dall'avvocato Vieri Adriani. Se avrò occasione di sentirlo magari gli chiederò qualche informazione in più.
      Riguardo la possibile apertura di un nuovo processo, si metta pure l'anima in pace. Forse soltanto il ritrovamento della pistola potrebbe, a seconda delle circostanze, portare alla riconsiderazione di tutto, quindi anche a un nuovo procedimento giudiziario.

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  9. La ringrazio molto per la risposta e l'interessamento. Sarebbe davvero interessante approfondire la posizione di Vigilanti, personaggio del quale "girano" in rete informazioni in alcuni casi davvero "curiose" (come ad esempio la presunta frequentazione, in passato, di uno dei fratelli Vinci...da leggere ovviamente come possibile elemento di collegamento per l'eventuale passaggio della pistola). Tuttavia l'apporto di informazioni da parte dell'ottimo avvocato Vieri Adriani aiuterebbe sicuramente a fare più chiarezza in merito. Concordo con lei che bisognerà quasi sicuramente mettersi l'anima in pace perché oltre alla pistola, che probabilmente non si troverà mai, è difficile capire quali altri elementi potrebbero eventualmente "inchiodare" il nuovo indiziato.

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  10. Su Signa e i suoi legami con la serie, ormai, mi pare che rimangano in piedi solo due tesi: quella più volte enucleata da Segnini;e quella continuistica di Scrivo, secondo cui anche Lastra a Signa è opera del MdF. La prima è quella più salda in punto di logica, a mio parere. la seconda ha un difetto strutturale, ma un indubbio elemento di fascinazione. Scrivo vede Signa non come la spiegazione causale della serie, ma come una sua parte che si spiega attraverso e unitamente ai seguenti delitti. In effetti il profilo d'autore e criminologico potrebbe indurlo a pensarlo e a postularlo. Ma argomentare così pone enormi e insuperabili problemi nel spiegare tante cose accadute dopo il 1974 e, soprattutto, il cittadino amico. Di quell'episodio si dovrebbe provare ad intuire un intento narcisistico e di legittimazione a posteriori di un delitto non attribuito al Mostro. Ma a questo punto si smarrisce del tutto il senso della confessione del Mele e le sue azioni in quei giorni dell'agosto del 1968 sono assurdi sotto tanti profili. E poi la pistola non dovrebbe essere quella di Villacidro, ma (forse) quella dell'armeria di Borgo San Lorenzo.

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  11. La figura della Carmignani - altro merito di questo Blog - appare finalmente per quello che è. Lei ha un problema alle spalle che attiene ai motivi per cui si recava agli Scopeti. Quindi non vuole assumere un ruolo che le determinerebbe nocumento, Ma detto questo, Vanni Lei non lo ha mai visto nella piazzola quel giorno. Su questo è stata sempre chiarissima. E coerente. Quando nominò Torsolo si riferì alla conferma dell'identificazione fatta da altri, conoscendone l'abitudine di guardone.
    Giudico questo frammento davvero decisivo, specie se lo si associa alla certezza per cui la domenica i Francesi erano già stati uccisi. Questo apre uno scorcio sul fatto che Pacciani e Vanni potessero avere un ruolo nelle vicende, ma non quello attribuitogli dal Lotti. Sul 1985, prenderebbe forma l'idea di un omicidio solitario compiuto il sabato e di una processione di visite successive sulla piazzola......da parte di alcuni ben informati.

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  12. Buongiorno, stavo riepilogando le date, spero che qualcuno mi corregga se ho sbagliato:
    11/9/85 lettera anonima che indica pacciani.
    19/9/85 perquisizione casa Pacciani,
    19//90 prima apparizione ufficiale di Lotti nelle carte.
    Non c'è traccia di colloqui, interrogatori, contatti anche informali di qualche tipo tra gli inquirenti e il Lotti in questi 5 anni tra l'85 e il 90?
    Mario Cremascoli

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    2. Ma le pare così improbabile che Lotti, nel 1978 già assassino di due persone, avesse avuto la curiosità di conoscere un altro assassino, facilmente contattabile attraverso Vanni e facilmente frequentabile essendo ancch'egli un emarginato come lui?
      Mi chiedo davvero dove stia la logica dell'appassionato medio, e con tutti mi scuso, ma quando ce vo' ce vo', incapace di divincolarsi da banali stereotipi che in una vicenda unica al mondo come questa non dovrebbero costituire il minimo ostacolo. Insomma, se dopo qualche decina di anni siamo ancora qui a fare dei conti che non tornano in alcun modo, si potrà supporre che la soluzione stia semplicemente dove non si sta guardando?

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    4. Vediamo però di non passare di palo in frasca. La coincidenza della quale discutevamo prima era sempre la solita del mostro vero che avrebbe frequentato proprio il mostro falso. Le altre sono quelle che lei ritiene siano prove che invece il mostro falso così falso non era. Secondo me non sono affatto prove, anzi. Per quale motivo Pacciani sarebbe dovuto andare proprio nei suoi luoghi d'origine a uccidere? Aveva paura di non conoscere bene i dintorni di San Casciano? E poi, perché addirittura andare là a imbucare la lettera? Chi andò là a imbicare la lettera è molto più facile che lo avesse fatto proprio per portare lontano dal luogo dell'ultimo delitto i sospetti degli inquirenti, il che vale anche per Pacciani, che però va proprio nel Mugello.
      La storia che smise di uccidere proprio quando è applicabile anche a Salvatore Vinci e Francesco Narducci, tanto per dirne due altrettanto famosi, e non vale un fico secco.

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    6. Il Mostro di Firenze che mima il ballo del capretto... Pacciani non aveva niente del mostro, e infatti i due unici profili validi stilati sono loantani anni luce da lui.

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    8. La sua logica mi è oscura. Cosa vuole che possa rispondere a uno che parla di atti criminali qualsiasi come se fossero prove del fatto che Pacciani era il Mostro? Sposa la tesi di Perugini che il delitto di Tassinaia era come quelli del Mostro? O peggio, che i cetriolini erano come il tralcio di vite? Chiuderei qui.

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    9. Prima di chiudere, riguardo i profili De Fazio e FBI, dieri che la loro parte di gran lunga più significativa era quella sulla situazione sentimentale e sessuale del Mostro, visto come un iposessuale senza famiglia. E mi pare che Lotti è sputato, Pacciani proprio no.

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    11. io mi stavo solo ponendo il dubbio se, in ipotesi lotti, la fine della serie degli omicidi fosse collegabile all entrata nelle indagini del conoscente pacciani
      mc

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    12. Marletti, lei a picche risponde sempre fiori, evidentemente perché non sa che cosa ribattere. Non si parlava di dimostrare che il Mostro era un iposessuato senza famiglia, ma che sia l'FBI sia De Fazio avevano ritenuto così.
      Questa discussione si chiude qui, eviti di ribattere.

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  13. Finalmente è chiarito il mistero (si fa per dire) dell'uomo visto da Lotti in compagnia di Pacciani e Vanni a bordo del Maggiolino rosso. Evidentemente Lotti conosceva l'uomo solo di vista, come in effetti aveva dichiarato nel 1990, ma non personalmente.
    Forse Giuttari quando redasse la nota non aveva ancora letto il verbale di interrogatorio di Ricci del 27 novembre.
    L'unico particolare che non combina (come diceva il tenente Colombo) è il fatto che i due uomini visti da Musso alla Cantinetta (uno dei quali per l'appunto alto e con i capelli biondi brizzolati) non erano secondo il teste di San Casciano, ma sono convinto anche io che l'uomo misterioso fosse proprio Walter Ricci.

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    1. Il particolare del Maggiolino rosso mi pare troppo specifico per corrispondere a due personaggi differenti, entrambi in rapporto con Pacciani.

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  14. Al termine di questo articolo mi pare molto probabile la presenza di Lotti e Pucci agli Scopeti e questo sembra avvalorare molto l'ipotesi di Antonio ma solo all'apparenza. Premetto che sono un grande fan di Antonio e del suo lavoro ma siamo sicuri che mettere Lotti agli Scopeti domenica 8 sia una prova della sua colpevolezza? Sinceramente a me pare quasi creargli un alibi. Ho letto attentamente i motivi per cui Lotti sarebbe tornato sul luogo del duplice omicidio ma non mi convincono per nulla. Queste testimonianze avrebbero valore se il giorno dell' omicidio fosse stato quello ma ormai sappiamo bene che va collocato al sabato o addirittura al venerdì. Sembrerebbe una grossissima ingenuità da parte di Lotti tornare lì la domenica ( e pure per un bel pò di tempo) per controllare i cadaveri portandosi dietro l'amico malato di mente forse con la voglia di raccontargli tutto. E' così improbabile pensare che Lotti e Pucci dagli Scopeti ci siano passati davvero per caso e poi hanno visto qualcosa? In fondo Lotti stava a 3 Km da lì...

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    1. Mi dia la sua spiegazioni affinchè una coppia di personaggi qualsiasi (non necessariamente Lotti e Pucci) avrebbe dovuto trascorrere l'intera domenica pomeriggio sotto la piazzola (ma uno dei due a metà si fece accompagnare via, con altissima probabilità) e poi tornarvi la sera.

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  15. Secondo me nel caso del Mostro purtroppo è obbligatorio premettere che qualsiasi teoria si debba scontrare con delle coincidenze che tendono a mettere in discussione molte cose. Persino gli irriducibili seguaci dello pseudo complotto e della fantomatica setta satanica hanno qualche fortunata coincidenza per accreditare le loro sciocchezze. Dico solo, nel caso specifico, che non è improbabile che Lotti e Pucci si siano davvero fermati nella piazzola magari vedendo la tenda e perchè no, anche i cadaveri pensando di essere finiti in qualche guaio. In fondo, negli anni 80 era risaputo che la piazzola degli scopeti era frequentata da spacciatori, prostitute e dagli immancabili guardoni. Quindi non si può escludere che nei loro giri domenicali i due bazzicassero spesso quella zona. Comunque, se Lotti fosse stato il Mostro, resterebbe da capire perché si sarebbe compromesso in un modo così banale. Ma ripeto: credo proprio che lei abbia ragione sul fatto che effettivamente erano presenti.

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    1. C'è sempre un perché nel comportamento delle persone, il rinunciare a cercarlo serve soltanto a imboccare strade sbagliate. Giancarlo Lotti era scemo e Stefano Mele era fragile, e con questo si giustificano le loro confessioni. Troppo facile.
      Stefano Mele si fece accompagnare a casa dal lavoro per un mal di stomaco sparito in un batter di ciglia. Quando mai si verifica un fatto del genere? La coincidenza che accadde proprio nel giorno in cui fu uccisa sua moglie lascia molti indifferenti. Non me, anche perché c'è molto altro.
      Giancarlo Lotti trascorse l'intera domenica, pomeriggio e sera, attorno alla piazzola di Scopeti. Quando mai si verifica un fatto del genere? La coincidenza che dieci anni dopo avrebbe confessato di aver partecipato al delitto lascia quasi tutti indifferenti. Non me, anche perché c'è molto altro.
      Non credo che Lotti e Pucci avessero avuto grande interesse per la piazzola di Scopeti, che era un luogo degradato dove gli spacciatori di eroina si davano appuntamento con i propri clienti e gente maleducata scaricava spazzatura. In ogni caso una sosta con quelle modalità non ha alcun senso in un contesto di prostituzione o voyerismo. Né per loro né per qualsiasi altro.
      Quindi le ripeto la domanda: perché una coppia di personaggi qualsiasi (non necessariamente Lotti e Pucci) avrebbe dovuto trascorrere l'intera domenica pomeriggio sotto la piazzola (ma uno dei due a metà si fece accompagnare via, con altissima probabilità) e poi tornarvi la sera?
      Sappiamo che c'erano due cadaveri dalla notte del venerdì. La ritiene una coincidenza? Non mi dica di sì, questi due cadaveri c'entrano senz'altro, non è che tutte le domeniche un paio di mammalucchi facevano una cosa del genere. E allora?

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    2. Siamo proprio sicuri che l'auto vista nel pomeriggio fosse la stessa auto vista qualche ora dopo dalla Ghiribelli? Non vorrei sembrare "negazionista" ma comincio a dubitare di tutto.

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    3. Non siamo sicuri di niente, ma che la Ghiribelli l'avesse descritta esattamente come avevano fatto i coniugi mi pare proprio tagli la testa al toro. A meno che si invochino le percentuali e con quelle si costruisca un albero di possibilità che lascerà tutto nella stessa confusione di sempre.

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    4. Antonio, non offenderti, ma credere alla testimonianza della Ghiribelli è come credere alle favole. Che ci fosse un'auto al pomeriggio all'imbocco della piazzola è certo, che ci fosse anche alle 23.30 è tutt'altro conto... e a dire il vero non vedo a cosa serve nella ricostruzione dei fatti.

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    5. Non capisco davvero come tu non voglia dare l'importanza che merita alla telefonata tra Ghiribelli e Nicoletti del 21 dicembre. Quella telefonata è la dimostrazione inequivocabile che la Ghiribelli aveva visto un'auto dello stesso tipo di quella dei coniugi: "arancione... rossa... scodata di dietro...". Vogliamo immaginare la donna che in quel contesto si inventa una storia di quel genere? Per che motivo?
      La testimonianza diretta di Riccardo Lamperi al sottoscritto dice che al pomeriggio non ci fu alcuna menzione di quell'avvistamento, che altrimenti lui e Venturini avrebbero verbalizzato. Venne invece mostrata la foto della macchina di Lotti, ma la Ghiribelli stette zitta.
      Certo, dopo quella telefonata attorno all'avvistamento cominciò a nascere del torbido, con verbali dove non si sa più quello che venne detto davvero, ma sappiamo già chi era subentrato e quali erano i suoi metodi. Tutta materia che per te è un invito a nozze, lo capisco, come nel caso di Mele. Si butta tutto per aria. Scusami, ma non è il mio metodo, personalmente preferisco esaminare e interpretare, cercando prima di tutto di individuare i fatti inequivocabili.
      Poi, che la presenza della stessa auto del pomeriggio anche alla sera sia un fatto irrilevante nella ricostruzione dei fatti è tutto da vedere. Ripeto, c'erano due persone morte sulla piazzola, un movimento così insistente di un auto che sosta a lungo nel primo pomeriggio, parte a metà e poi torna, sosta di nuovo a lungo e la sera è ancora lì (molto probabilmente dopo un secondo avanti e indietro, ma questo non lo sappiamo con certezza, lo si può solo presumere) non può non significare qualcosa. Cosa? La mia spiegazione è semplice: in molti caso l'assassino torna sulla scena del crimine. Punto. Una spiegazione sulla quale non sarai d'accordo, però mi aspetto che tu ne dia una alternativa senza avvalerti della confusione dei verbali per buttare per aria il tavolo voltando la testa dall'altra parte.

      Rinnovo la domanda: perché una coppia di personaggi qualsiasi (non necessariamente Lotti e Pucci) avrebbe dovuto trascorrere l'intera domenica pomeriggio sotto la piazzola e poi tornarvi la sera?

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    6. Però l'unico avvistamento serale dell'auto è quello della Ghiribelli (e di Galli, ma con le differenze che sappiamo) o sbaglio?
      E poi c'è la questione della 124, che non è di poco conto. Lotti aveva acquistato ben prima del settembre '85 un'altra auto e non usa questo argomento per contrastare le testimonianze Pucci-Ghiribelli. Poteva dirlo, ma non lo ha fatto. Evidentemente non lo ricordava.
      Per quanto mi riguarda, posso assicurare che non ho nessun pregiudizio nei confronti dell'ipotesi Lotti. Ci sono troppe cose però che non tornano. Ad esempio, è vero che un assassino può tornare sulla scena del crimine e nulla gli vieta di farlo in compagnia. Chi commette omicidi in serie, però, è molto strano che non cerchi di aggrapparsi a tutto ciò che può servire a scagionarlo. Dal momento che Lotti non lo ha fatto, e questo non si può negare, a me sembra più una vittima delle circostanze che un killer astuto e organizzato.

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    7. La stessa cosa può essere vista da molti angoli differenti, ognuno di noi tende a scegliere quello che si accorda meglio con il proprio modo di percepire la realtà. Naturalmente, se in un caso del genere si vuole arrivare alla verità, bisogna combattere a tutti i costi contro tale tendenza. Per quanto mi riguarda, cerco di farlo, non so se riuscendoci.
      Detto questo, che l'unico avvistamento serale sia quello della Ghiribelli che vuol dire? Che la Ghiribelli se l'è inventato? Più facilmente vuol dire che altri hanno visto la stessa auto ma sono stati zitti. Come per il pomeriggio, dove la testimonianza dei coniugi De Faveri-Chiarappa non credo che lei la metta in dubbio.
      Galli all'inizio dice cose diverse, è vero, ma a parte che poi, al processo, si avvicinerà molto alla testimonianza Ghiribelli, secondo me c'è una possibile spiegazione: entrambi avevano riconosciuto l'auto di Lotti, non avevano denunciato, e quindi temevano conseguenze penali. Ecco che Galli cercò di prendere le distanze in quel modo.
      L'alternativa è quella di approfittarne per buttare tutto per aria, senza il minimo tentativo di interpretazione, che, a mio giudizio, non può prescindere dalla telefonata Ghiribelli-Nicoletti del 21 dicembre sera, un macigno che non si può ignorare.

      La questione della 124 è una non questione. Appena trovo il tempo scriverò un nuovo articolo per confutare le conclusione di Omar Quatar. Ripeto, le cose si possono vedere da tanti angoli. Lotti tentò di difendersi di fronte a Vigna, "la macchina non era la mia, se dico non è no", però senza dire che quella 128 non la usava più. Perché? Non credo proprio potesse esserselo dimenticato, considerando che quell'estate aveva fatto ben due incidenti (non ricordava con quale auto? ma andiamo...) e che già da un mese e mezzo, dall'incontro del 23 dicembre a Firenze con la Ghiribelli, sapeva dell'avvistamento, quindi aveva avuto tutto il tempo di fare mente locale. A mio parere la 124 aveva iniziato a usarla a partire dal 21 settembre, per ragioni che ho già spiegato e che ripeterò nell'articolo in questione.

      Sull'ultima questione libero di pensarla così, la invito però a rileggere la parte iniziale della mia risposta. Poi, crede davvero di potersi mettere nei suoi panni quando si trovò di fronte a Vigna a scegliere la strada da seguire, nell'ipotesi fosse stato l'assassino? Non sappiamo quali fossero i suoi punti deboli. Di sicuro Pucci, ma credo ce ne fossero altri, che poi non emersero. Gliene dico soltanto uno. Diu sua iniziativa disse di fronte a Vigna: "Sabato sono passato agli scopeti da me, domenica ero con Fernando". Mi dia la sua interpretazione. La mia è che mise le mani avanti, ma, per sua fortuna, non ce n'era bisogno, poiché nessuna testimonianza era stata raccolta (ma lui in quel momento non poteva saperlo).

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    8. Attendo il suo articolo, ma non ritengo irrilevante la questione della 124. Lotti poteva servirsene, anche nell'ipotesi che avesse soltanto fermato l'auto e avesse circolato fino al 20 settembre solo con la 128, per fronteggiare le testimonianze sfavorevoli. "La Ghiribelli ha visto un'auto rossa con la coda tronca? Io avevo da mesi una macchina di colore e modello diversi, quindi non poteva essere la mia". Io credo che davvero non lo ricordasse.
      Avrei qualcosa da dire anche sul tema degli incidenti, ma preferisco aspettare il suo contro-articolo.
      Perché Lotti disse di essere passato agli Scopeti da solo il sabato? Non lo so davvero: forse voleva svalutare l'avvistamento dell'auto adducendo il fatto che ci passava spesso; ma a quel punto aveva già ammesso di essersi fermato con Pucci, di aver subìto minacce ecc. Devo ammettere che è una spiegazione poco convincente.
      Però, se Lotti era il mostro, poteva dire di esserci passato anche venerdì. Cosa sarebbe andato a fare il sabato?

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    9. Guardi, "quello che avrei fatto io al posto suo" lascia il tempo che trova, ritengo abbastanza inutile avventurarsi in un campo irto di insuperabili difficoltà, sia quelle di replicare il comportamento di un altro (e qui si sta parlando di un ipotetico serial killer, non del ragioniere Giovanni) sia quelle di conoscere a fondo le circostanze nelle quali egli doveva muoversi. A meno di illogicità evidenti.
      Personalmente ritengo davvero improbabile il fatto che non ricordasse che auto usava un'estate di 10 anni prima nella quale aveva anche fatto due incidenti, avendo avuto tempo e motivo per fare mente locale. Ad aiutarlo c'era poi il cambio di assicurazione. Nell'agenda che il 23 gennaio gli era stata sequestrata conservava i certificati, molto probabilmente anche quello di sostituzione, che in procura opportunamente avevano messo da parte. Non le puzza che l'agente fosse una persona dell'officina Bellini? Tante, troppe coincidenze in questa storia, per un personaggio che si vorrebbe del tutto estraneo ai fatti.
      Non so perché avesse messo le mani avanti sul sabato, credo che pensare a un idiota che dà uno spunto gratuito agli inquirenti (che non raccolsero, per loro interesse, ma che poteva almeno farlo la difesa di Vanni, la più ottusa che gli poteva capitare) rientri in quelle illogicità cui accennavo prima. Probabilmente era stato attratto dalla stessa voglia di assistere alla scoperta dei cadaveri, e aveva sostato sotto la piazzola, senza che nessuna testimonianza fosse stata raccolta (ma, ripeto, lui non poteva saperlo).
      L'analisi dell'interrogatorio con Vigna svela molto altro, e la dice lunga sull'accordo che Lotti doveva aver fatto con l'amico Pucci. Naturalmente non è questa la sede per discuterne.

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  16. Mi scusi ma non è stato proprio lei a dar credito a Giuttari quando sostenne che Lotti conosceva bene quel posto? Perché sembra sospetto che una persona che abitava a 3 Km da lì conoscesse quella piazzola? Le testimonianze che lo collocano lì 2 giorni dopo il delitto che valenza possono avere? Ha ragione nel dire che cercare di non capire non porta a nulla e proprio per questo le chiedo come sia possibile che un serial Killer che non lascia traccia di se per più di 10 anni una domenica decide di portare l'amico oligofrenico a vedere 2 cadaveri per confessargli di essere il Mostro lasciando oltretutto la macchina (facilmente riconoscibile proprio a causa dello sportello di colore diverso) visibile a chiunque per ore ed ore. Ripeto che tutto questo avrebbe un senso se il duplice omicidio fosse accaduto quel giorno... ma sappiamo che non è così! Io, onestamente le ho detto che è probabile la loro presenza lì ma credo che questo quasi li scagioni perché non ha senso che una persona che uccide in un modo così brutale passi il giorno dopo a vedere... cosa? Se erano morti? Se aveva lasciato qualcosa sul posto? Mi spiace ma questo argomento è uno dei pochi buchi neri della sua ipotesi che resta, peraltro, encomiabile...

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    1. Anche lei, come tutti, continua a non voler dare una spiegazione alternativa di quei fatti. Cosa vuole che le dica...

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  17. Per me dobbiamo accettare che c'è un a possibilità che passarono di lì per caso. Se no ha ragione lei. Comunque sia la ringrazio a nome di tutti quegli appassionati che grazie a lei e al suo blog (un autentica Bibbia sul Mostro) possono confrontarsi in maniera civile parlando di cose concrete e non di stupidaggini come sette, massoneria e antichi papiri egiziani. Il solo fatto che anche Giuliano Mignini legga questo blog la dice lunga su quanto è arrivato in alto. Continuerò a seguirla!

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    1. L'ipotesi che fossero passati di lì per caso fermandosi per ore regge davvero poco.

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  18. Provo io a rispondere alla domanda di Antonio, ben sapendo che più che andare avanti a tentoni, con ipotesi più o meno plausibili, non si può fare. Mia convinzione personale è che il fatto che sulla piazzola ci fossero dei cadaveri, alla domenica fosse già noto a molti. Essendo la piazzola molto frequentata, per discutibili motivi, senza assolutamente voler fare del moralismo, è possibile, secondo me probabile, che in certi giri, e in certi ritrovi, come le taverne frequentate anni prima dai personaggi noti del 1981, che niente avevano visto o avevano a che fare coi delitti, la notizia si fosse sparsa. Nessuno crede più ormai, almeno spero, che il delitto sia avvenuto la domenica sera. Dando per acquisito, per quanto possibile, il delitto al venerdì, vista l'assiduo via via nella piazzola, mi sembra davvero difficile che in quei 2 giorni nessuno si sia accorto che c'erano due cadaveri. Diversamente da altri utenti, non credo proprio che i due personaggi visti dai coniugi "passassero di lì per caso". Erano lì perchè sapevano che c'erano due cadaveri, chiunque essi fossero. Magari uno dei due li aveva scoperti, e ha portato il compare curioso per farglieli vedere. Forse all'epoca, ma anche oggi ce ne sono, c'erano persone che si divertivano così. In questa ricostruzione, criticabile quanto si vuole, è possibile che i personaggi non fossero coinvolti nei delitti. Anche perchè poi la s.b vede una macchina simile, è vero, ma nota un solo personaggio, forse l'altro se n'era andato. La Ghiribelli vede l'auto all'imbocco, la s.b la vede proprio nella piazzola, se non ricordo male. Che nella giornata di domenica c'era qualcuno nei pressi dei cadaveri, mi sembra ormai fuori discussione. Visto che Antonio, giustamente, ha chiesto più volte una spiegazione alternativa io ho scritto la mia, che da un bel po' ho in mente. Fermo restando che una spiegazione alternativa non vale affatto a confutarne un'altra. Quella di Antonio resta senz'altro valida. E se ne potrebbero trovare anche delle altre. Ma personalmente non credo ad una sosta casuale, a due passi da due cadaveri.

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    1. In effetti credo che quella di una morbosa curiosità di "vedere quello che succede quando li scoprono" sia l'unica possibile soluzione alternativa. Quanto plausibile ognuno può giudicare da sé. A mio giudizio molto poco, soprattutto se ci mettiamo dentro anche la sera, quando l'unica motivazione di tornare era per vedere i cadaveri.

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  19. A me la spiegazione di Lorenzo Franciotti non sembra tanto campata in aria come dice Antonio. Anche pensavo a qualcosa del genere.

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  20. Antonio non so se ha sentito delle ultime notizie riguardo al dna nella tenda di Scopeti. Riassumo brevemente: hanno isolato un dna maschile sui pantaloni della ragazza e lo hanno confrontato con quello dei maggiori sospettati di essere il Mostro. Ebbene questo dna non corrisponde a nessuno di loro. Le farà piacere sapere che non lo hanno confrontato con Lotti e Vanni perché non ne sono in possesso. Incredibile no? Comunque che ne pensa lei di questo? E' ragionevole credere che quel dna sia del vero assassino? Se no di chi altri potrebbe essere?

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    1. Non ho seguito la vicenda, non saprei. Ha un bell'articolo da segnalarmi?

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    2. Ho trovato l'articolo di Giallo. Qualche possibilità che sia stato l'assassino a lasciare il DNA c'è. Però anche no. Potrebbe aiutare la determinazione dell'etnia di appartenenza.

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  21. Sono usciti per due giorni di fila sulla Nazione 2 settimane fa. Il dna è sicuramente maschile ed lo hanno confrontato con quello di Pacciani, Narducci, Vigilanti, Caccamo, Jean Micheal K., Rolf R. La notizia ha fatto rizzare le orecchie ai sardisti perché c'era anche scritto che avevano trovato il sangue di S.V. nel famoso straccio trovato a casa sua. Quindi il giorno seguente il giornalista ha precisato che il dna nella tenda non è suo ma di uno sconosciuto. Lascia sconcertati che gli inquirenti non presero il dna degli unici due condannati in via definitiva ma hanno detto che non avranno problemi ha trovarlo. A me sembra la novità più importante da almeno 20 anni. Cerchi gli articoli, vorrei sapere cosa ne pensa.

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    1. secondo te Vanni o Lotti avrebbero potuto comporre la busta alla Della Monica ? non c'è bisogno del dna fidati

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    2. Non capisco, bisognerebbe essere dei professori x comporre una lettera infarcita di errori?

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  22. Ciao, grazie per questo interessante articolo.
    Segnalo che il link che dovrebbe mandare all'intercettazione fra la Ghiribelli e la Nicoletti non funziona.
    Grazie ancora e buon lavoro

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    1. Non ho trovato il link che non funziona. Eventualmente riportame la frase entro la quale si trova.
      Ciao.
      Ricordo a tutti gli Unknown di mettere almeno una sigla dentro il testo per farsi riconoscere.

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    2. Ciao Antonio, il link è quello contenuto in questo passaggio:

      "La sera stessa la Ghiribelli telefonò alla Nicoletti. È ormai notissimo il passaggio cruciale della relativa intercettazione (vedi), ma che in ogni caso è sempre bene riportare, poiché costituisce un macigno sul quale sono destinate a infrangersi tutte le congetture dei “negazionisti” (intendendo con questo termine chi non crede al coinvolgimento di Lotti nella vicenda)"

      Grazie ancora per il tuo lavoro!

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    3. A me risulta funzionante, che messaggio ti da?

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    4. Mi da l'errore:

      "404. That’s an error.

      The requested URL was not found on this server. That’s all we know."

      Qui uno screenshot https://ibb.co/YZgGjNc credo sia un problema facilmente risolvibile su Google Drive, forse il file non è abilitato alla condivisione.

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    5. La condivisione c'era. Comunque ho provato a toglierlo e rimetterlo, prova adesso.

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  23. Buongiorno dottor Segnini, in merito all'"appunto" dell'osservazione di una 128 rossa da parte di Luisa Gracili agli Scopeti, citato dal PM nel processo ai cdm si potrebbe dire qualcosa di più? Ci furono sviluppi o si riuscì a contestualizzarlo meglio?

    Link fonte: http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2013/05/luisa-gracili-processo-contro-mario.html

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  24. Ciao Antonio, ho letto qui:

    http://i-compagni-di-merende.blogspot.com/2009/12/istruttoria.html?m=1

    che
    "..Risentito informalmente (Lotti) il 21\7\94 (L'oggetto delle domande sarebbe in merito all'eventualita' che avesse prestato nel tempo una delle sue auto a Pacciani)..."

    Sai dirmi se l'informazione e' corretta e, se si, dove potrei trovarne la fonte?

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    1. https://drive.google.com/file/d/1zp0tJ_grLPDHVez-q5gsilKJCrUbzfCM/view
      Trovi il link al capoverso "In cerca dell'auto prestata"

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  25. Non pubblichi questo commento. Vorrei solo segnalare un errore che ho notato nell’addendum all’art. Autunno 1995.
    La madre di Mario Vanni non è la cugina della moglie di Walter Ricci, ma della suocera Pietrini Flora, come lo stesso dichiara nel SIT del 5-11-1991.
    Approfitto per ringraziarla e farle i complimenti per il suo lavoro, sicuramente il migliore per la conoscenza del caso.
    Saluti, Cesare

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